Quaderni d'italianistica : revue officielle de la Société canadienne pour les études italiennes = official journal of the Canadian Society for Italian Studies, 1990 Piccola biblioteca 151 nell'artificio dichiarato nel sottotitolo del volume e si offre come chiave interpretativa, se non dcll'inlcra civiltà barocca, dei suoi prodotti narrativi più estesi. Il punto di partenza e Tasso, o meglio la struttura "diparabolica," a parabola rove- sciata, della Liberata, che mostra una iniziale "catadromìa" del racconto, e cioè una corsa verso il basso che giunge al termine estremo con la siccità in campo cristiano, cui succede una "anadromia" (15), che corrisponde ad una risalila culminante con la conquista della rocca e lo scioglimento del voto. La doppia direzione del narrato è il segno più evidente di una serie di opposizioni, a tutti i livelli retorici, sparse con dovizia nell'intero poema. Il motivo dell'antitesi si accentua in Oraziani, che aveva tra l'altro alle spalle l'espe- rienza ancora vitalissima écWAcionc mariniano, fino alla presentazione di una molte- plicità di punti di vista sul medesimo evento che gioca contro la linearità dell'azione. Notiamo quindi che "la ripetizione dello stesso lasso temporale si accompagna ali ado- zione successiva di fuochi prospicienti, cóll'ultimo risultato di rendere essi reciproci, e commutabili cause ed effetti" (23). Ecco quindi in Oraziani, "vero teoreta di dif- ferenziali e integrali," erede del Marino, precisata, nel passaggio da meccanicismo a finalismo, la tensione dello spirito barocco: ". . . in Oraziani ... è effettivamente sottesa alla maniera di raccontare una concezione organismatica del reale e dei nessi che vi si intrecciano, visti (al di là d'un determinismo capace di riguardare non più che l'apparenza) nella loro infinibile interrelazione, cioè dall'alto di una metastoria la quale discorra per intenzioni e insomma teleologicamentc" (23). Le sapide conclusioni sono avallate da una ricca ed elaborata esemplificazione. Il materiale d'analisi si raccoglie in un riassunto dettagliato dei 26 canti del poema, inserito nel volume e opportunamente frazionato in segmenti numerati. La parte sag- gistica consta in effetti di quaranta densissime pagine di ardua lettura (zeppe di termini che invano si cercherebbero nel Nuovo Palazzi e in un comune manuale di retorica). Notevole ricchezza di riferimenti, con schede rare ma sempre pertinenti, si registra nelle note a pie' di pagina. FRANCESCO GUARDIANI University of Toronto Gregory L. Lucente, Beautiful Fables: Self-consciousness in Italian Narrative from Manzoni to Calvino. Baltimore: The John Hopkins University Press, 1986. Pp. 390. While self-consciousness is undeniably more pervasive in our self-indulgent and frag- mented world, it is unwise, if not self-consuming, for critics to mirror this abortive state of affairs. Prof. Lucente has mercifully not pursued this self-destructive course, nor has he pedantically tried to catalogue his theme. What he has done, and done well, is to demonstrate how the question of worldly praxis and literary representation affect both narrative and linguistic consciousness in selected Italian authors. It is not a standard critical account; it does not claim to be so. Lucente is not interested in the "narrative o/ self-consciousness" per se but rather the "history of self- consciousness in narrative" (18). This explains his choice of texts which range from the highly self-conscious meta-commcntary of Oadda, to the more concrete and repor- torial fiction of Silone. This asymmetry may initially lead one to question Lucente's 152 Piccola biblioteca seemingly all inclusive approach: Will he find self-consciousness everywhere? Yet by very shrew/dly manipulating the paradigm of self-consciousness, Lucente develops a unique methodological tool for weighing the import of this style in individual texts where the performance, in itself, does not constitute a genre. He thus admirably suc- ceeds in rendering a seemingly arbitrary collection of familiar works into a subjective and poignant reappraisal of modern Italian literature. Lucente has limited himself to Italian authors because he wishes to examine "real historical changes" not "a priori paradigms ... of literary genealogies" (21). In doing so he fills a lacuna in Italian criticism which has self-consciously (no pun intended) avoided critical inquiry into the fundamental question of Literary self-consciousness. The 1 1 chapters of the book (plus Introduction and Conclusion) are devoted to the following authors: 1: Manzoni; II: Verga; III: Dossi and D'Annunzio; IV: Pirandello; V: Svevo; VI: Silone; VII: Lampedusa; Vili: Gadda; IX: Morante; X: Calvino; XI: Samona, Manganelli, Eco. The sections on Verga, Morante, and Calvino are perhaps the best parts of the book. Beautiful Fables is a major contribution to the study of self-conscious narrative. Lucente provides not only a sustained and informative reading of the texts he exam- ines but collates detail with personal impressions which flesh out the more narrow component theme of self-consciousness. In truly humanist fashion, Lucente affirms the "why" of narrative hors texte while eloquently leading his reader into the post- modern realm of Narcissus, where writing is pure desire. A highly readable style communicates a sense of authority and freshness. FRANCO RICCI University of Ottawa Matilde Serao. // romanzo della fanciulla. A cura di Francesco Bruni. Na- poli: Liguori, 1985. Pp. 264. Il presente volume raccoglie sei racconti tutti appartenenti alla prima maniera della Serao, e cioè ai suoi esordi naturalistici. Telegrafi dello stato, Per monaca, Nella lava. Scuola normale femminile e Non più furono tutti pubblicati su riviste dell'epoca fra il 1884 e il 1885. La virtù di Checchina apparve, invece, per la prima volta a puntate nel 1883, e non fa parte, propriamente, del Romanzo della fanciulla. Ambientati quasi esclusivamente nella piccola borghesia napoletana, e considerati unanimamente fra le cose migliori scritte dalla Serao, questi racconti sono notevoli anche perché costitui- scono una testimonianza importante delle difficoltà incontrate dalla Serao nella sua breve ricerca di una voce letteraria al di fuori degli stereotipi collaudati dalla tradizio- ne. Difficoltà tali, che, come ben si sa, la scrittrice finì per abbandonare la felice vena naturalista per accostarsi sempre di più al romanzo di consumo. Non però, come si è soliti pensare, per pigrizia e per mancanza di disciplina (fu Renato Serra a suggerire questa formula per primo), ma per ragioni obbiettive, legate alla sua posizione di donna, e più particolarmente di donna-scrittrice. Vorrei cogliere l'occasione offertami dalla ristampa di questi racconti per fermarmi su quest'ultimo punto e proporre un'interpretazione un po' diversa dell'evoluzione — o piuttosto involuzione — della Serao, e cioè del motivo per cui ha finito, nonostante gli esordi felici, per dedicarsi ad una narrativa tutta scontata e di scarso valore letterario,