POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 231 «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti Francesca Polacci Resumo: Questo saggio si propone di mostrare il ruolo svolto dal trompe-l’œil in seno alla produzione cubista di Picasso. Cercheremo di metterne in luce il ruolo centrale sia nell’articolazione degli spazi della rappresentazione sia per la realizzazione del primo collage. Sarà centrale la relazione tra mimesi e trompe-l’œil laddove sul supporto è iscritto un frammento di tela cerata, come nel primo collage, ma proveremo altresì a mostrare, passando attraverso le analisi, come il collage sia anche un’operazione teorica, che si fonda su di una discontinuità di ordine plastico (cromatico, tattile, etc.). Parole chiave: semiotica visiva; teoria dell’arte; Trompe-l’œil; Picasso; Cubismo Abstract: “Tricking the eye” or presenting it the regard? The trompe-l’œil through Cubist collages - This paper highlights the role of trompe-l’œil in Picasso’s cubist production. In particular, on its role in the articulation of spaces in the representation and in the first collage’s realiza- tion. The analysis will focus on the relationship between mimesis and trompe-l’œil, where an oilcloth fragment is present on the support like in the first collage. Moreover, we will try to demonstrate that the collage is also a theoretical operation founded on a plastic discontinuity (chromatic, tactile, etc.). Keywords: visual semiotics; art theory; Trompe-l’œil; Picasso; Cubism POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 232 Introduzione Il trompe-l’œil svolge un ruolo centrale nell’ambito della scomposizione volume- trica cubista, proponendosi, inoltre, come elemento su cui si incardina una parte della trasformazione che rende possibile il primo collage. Attraverso una simile ipotesi, che proveremo a sviluppare anche con analisi di singole opere, vorremmo porre in luce i rapporti tra trompe-l’œil e cubismo1 con particolare attenzione alla produzione di Picasso. Cercheremo di mostrare, inoltre, come il collage sia prioritariamente un’operazione teorica, che si fonda su di una discontinuità di ordine plastico (cromatico, tattile etc.), indi- pendentemente dalla presenza o meno di un frammento di stoffa o tela inserito sul supporto. Peraltro attraverso quanto incollato o dipinto si innesta la cultura di massa all’interno delle opere cubiste, e vedremo come l’introduzione del colore sia fondamentale in tal senso. È centrale, inoltre, la relazione tra trompe-l’œil e articolazione dei piani, in quanto strettamente imbricata con la realizzazione del collage: ne costituisce una delle chiavi di accesso formali. L’artificio del trompe-l’œil sembra essere funzionale ad aprire un movimento «presentativo»2 – nell’accezione di autoriflessivo – in rapporto alla rappre- sentazione. Ma non solo: l’utilizzo del trompe-l’œil è inoltre da porre in relazione con un genere classico, la natura morta, al quale Picasso attinge costantemente per rivisitarlo e riflettere sul dispositivo della rappresentazione. Si intravede sin d’ora una tensione che vena gran parte del lavoro del Picasso cubista, ovvero, quella tra una costante sperimen- tazione intorno alle dimensioni della rappresentazione e la concomitante presenza della tradizione classica, convocata e continuamente rimessa in discussione. Il collage come operazione teorica La modulazione di grigi e ocra che prevale nelle opere cubiste di Picasso e Braque (a partire dal 1908) è sospesa nella primavera del 1912 mediante una serie di artefatti in cui la reintroduzione del colore è relazionata alla rappresentazione di elementi appartenenti alla cultura di massa. A questo proposito sono interessanti le considerazioni che Buchloh (1992) avanza per Paysage aux affiches3, 1912 (D.-R. 501): «There [in Paysage aux affiches] we have one of the quintessential pre-collage moments of mass-cultural incorporation, which is also one of quintessential pre-collage moments signaling the reincorporation of colour» (BUCHLOH, 1992, p. 165)4. 1 Questo contributo prende le mosse dalle pagine che Calabrese (2010) dedica al trompe-l’œil cubista. 2 Il riferimento implicito è alle formulazioni di Marin (1994). 3 Un’immagine dell’opera è reperibile al seguente indirizzo: http:��blistar.net�images�photos�medium�f2e4ec0e-Un’immagine dell’opera è reperibile al seguente indirizzo: http:��blistar.net�images�photos�medium�f2e4ec0e- 9a8c670f8110a60b6e58d415.jpg 4 L’argomentazione di Buchloh così prosegue: «One could speculate that, after the systematic decomposition (to avoid the word «deconstruction») of representation, space, pictorial practices, colour was the most resis-«deconstruction») of representation, space, pictorial practices, colour was the most resis-deconstruction») of representation, space, pictorial practices, colour was the most resis-») of representation, space, pictorial practices, colour was the most resis-) of representation, space, pictorial practices, colour was the most resis- tant element of painting for the reinvestigation of the conceptual and the tactile, the two perspectives within which Cubism operates in the Analytic phase. Colour was so highly invested and overdetermined, even in its most advanced scientific status within Neo-Impressionism, that none of its options was literally practicable or POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 233 Colore funzionale a porre in rilievo i tre prodotti commerciali: «Kub 10 c», «PERNOD FILS», «Leon»5. Le tre porzioni colorate emergono e si differenziano dal paesaggio retrostante non solo per cromatismo e proporzioni, ma anche in virtù dell’ombra portata dietro ciascuna di esse che le rende percettivamente più vicine allo spettatore, il quale peraltro viene interpellato dall’elemento in trompe-l’œil parzialmente sovrapposto alla bottiglia di Pernod. Inoltre il trompe-l’œil, insieme ai caratteri alfabetici, svolge un’importante funzione nell’articolazione dei volumi: la tipografia «evoca sistematicamente la piattezza letterale»6 e il trompe-l’œil descrive uno spazio in aggetto. È così aperto un piano intermedio che permette al volume descritto dalle sfaccettature-piano di non appiattirsi sulla superficie geometrica dell’opera. In Paysages aux affiches è narcotizzato il modellato a favore della griglia disegnata dai contorni delle case – e ciò principalmente in virtù della vernice bianca che con contorni irregolari sospende la possibilità di iscrizione di una profondità (in quanto interrompe la modulazione cromatica) e apre a un movimento di verticalizzazione dell’opera all’interno del quale si iscrivono i tre frammenti colorati7. Come anticipato, nella proposta di Buchloh la reintroduzione del colore segna un esito centrale dell’incorporazione della cultura di massa in funzione anche della realizzazione dei collages. Nel caso di Paysage aux affiches (1912) non si tratta di una precedenza di ordine cronologico (il primo collage infatti è di poco precedente), quanto di uno scarto di ordine logico, ossia il cromatismo sembra svolgere la stessa funzione di un frammento di carta ritagliato e incollato sul supporto. Un simile punto di vista è interessante in quanto mette a fuoco un esito formale dell’incorporazione della cultura di massa e offre, contemporanea- mente, una chiave interpretativa circa il valore della reintroduzione del colore nelle opere accessible or manageable for the Cubist project, at the time. When it comes back into Cubism, it is linked to mass culture and material surfaces. It’s a totally new kind of colour reading» (BUCHLOH 1992, pp. 165-166 corsivo mio). Riflessioni che non sono ulteriormente sviluppate dall’autore in quanto presentate durante una discussione nel corso di un convegno al MoMA dedicato a Picasso e Braque e poi trascritte negli atti, cfr. Rubin (1992). Si tratta tuttavia di una delle più significative considerazioni proposte circa il valore del colore nelle opere precedenti o coeve ai collages di Picasso e Braque che merita pertanto di essere ripercorsa. 5 Le etichette rimandano rispettivamente a una marca di prodotti alimentari, «Kub» e il suo relativo prezzo «10 c», di assenzio «Pernod Fils» e di cappelli, «Léon». Si veda a proposito Daix (1979). Il lettering è fedele a quello delle marche rappresentate e i tre elementi sono disposti su di una diagonale ascendente da sinistra verso destra, che termina con il colore più brillante, il rosa di «Leon», «etichetta» che si istalla nella parte in «non finito» dell’opera. 6 Si veda il saggio Collage (1958) di Greenberg. E, ancora, a proposito del trompe-l’œil: «Il trompe-l’œil poteva essere utilizzato per disilludere, oltre che per ingannare l’occhio. Poteva cioè essere utilizzato sia per palesare sia celare la superficie reale» (GREENBERG, 1958; trad. it. 1991, p. 72). 7 Si noti la differente modalità di stesura del bianco rispetto alle due porzioni cromatiche coincidenti con le etichette dei prodotti industriali: il bianco è irregolare, maculato, crea un gioco di intravisione con lo sfondo, viceversa il verde e il rosa sono uniformi, saturi e brillanti. Una simile difformità contribuisce a creare un effetto di messa in rilievo delle due etichette poste in alto a destra. La porzione che reca la scritta «Kub 10 c» sembra svolgere una funzione di mediazione tra lo sfondo e le altre due sezioni cromaticamente evidenti. L’etichetta «Kub» non solo è dello stesso colore del fondo, ma accoglie al proprio interno un frammento di tinta bianca, impostando una continuità con il paesaggio che la ingloba. POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 234 cubiste8. Proposta che si differenzia rispetto alla più classica interpretazione del cromatismo nei termini di «colore locale», originariamente formulata da Kahnweiler (1920), e che, al contempo, prende fortemente le distanze sia da letture «mimetiche», in cui interessa sem- plicemente indicare l’effetto di verosimiglianza ottenuto, sia da altre interessate al significato simbolico del colore, come ad esempio quella fornita da L. Nochlin (1980)9. Buchloh apre su di un problema più generale che concerne la realizzazione di un «ef- fetto collage» indipendentemente dall’effettiva presenza di ritagli di carta o stoffa incollati sul supporto, rivolge pertanto lo sguardo alla possibilità di installare una discontinuità all’interno dell’omogeneità della pittura a olio (peraltro l’olio è un materiale viscoso, omogeneo, che restituisce un effetto di forte uniformità). Si profila dunque una dimensione propriamente teorica e sintattica del collage, dimensione che prende forma nelle relazioni tra unità plastiche. Il collage nella discontinuità plastica A partire dalle brevi considerazioni appena ripercorse prenderemo in esame quelle opere, composte nella primavera del 1912, in cui si ipotizza sia realizzato un effetto colla- ge, mimando l’eterogeneità materica di un frammento «già fatto» di carta o tela. Si tratta di realizzazioni in cui, principalmente mediante l’utilizzo della lacca («Ripolin»10), è messa in forma una discontinuità rispetto al resto della composizione, simulando la frattura rea- lizzata con l’inserimento di un materiale eterogeneo come sarà poi con il collage. È quanto avviene ad esempio in Nature morte espagnole11, (1912), dove il Ripolin12, utilizzato per i colori di una bandiera (in basso a destra), ha un aspetto più liscio, più uniformemente saturo e brillante rispetto all’olio, tale da creare una cesura rispetto al resto della composizione. Per quanto concerne l’articolazione dei volumi è particolarmente significativo il trat- tamento delle lettere alfabetiche e, nella parte bassa, il pennello in trompe-l’œil, elementi che, unitamente alla porzione colorata con la lacca13, creano un effetto di voluta ambiguità circa la disposizione reciproca dei piani. 8 Per quanto concerne i papiers collés uno dei primi a portare l’attenzione sul valore del colore è stato Braque, nella riflessione che consegna a D. Vallier: «La mise au point de la couleur est arrivée avec les papiers collés. C’est un fait que la critique n’a jamais bien compris. Là on est arrivé a dissocier nettement la couleur da la forme et à voir son indépendance par rapporte à la forme, car c’était ça la grande affaire: la couleur agit simultanément avec la forme, mais n’a rien à faire avec elle» (VALLIER 1954, p. 16). 9 A proposito della serie: Notre Avenir est dans l’air, 1912, Nochlin (1980), offre una lettura attenta unicamente al significato veicolato dalla bandiera francese e dunque interpreta queste opere come espressione di un forte nazionalismo. 10 Si tratta di una pittura a smalto inventata da Riep (da cui il nome) e impiegata per usi industriali poi introdotta in pittura. Picasso ne sfrutta l’effetto cromatico brillante anche in funzione del contrasto con la pittura ad olio. 11 Un’immagine dell’opera è reperibile al seguente indirizzo: http:��blistar.net�images�photos�medium�93af4d8fb bb2eab5a886c2e8d9f1f3c4.jpg 12 Di differente tenore è lo sfondo rosa, dipinto a olio (e non con la lacca), in cui è visibile l’irregolarità delle pennellate. Qui il colore indica il piano più retrostante della composizione, il suo sfondo. 13 Porzione che riproduce i colori della bandiera spagnola alla quale è sovrapposta la scritta in capitali: “SOL” e “SOMB[RA]” (“sole” e “ombra”, possibile rimando all’universo della corrida). Scrittura in capitali in cui il profilo bianco dà consistenza volumetrica alle lettere alfabetiche con il risultato di proiettarle in avanti e creare una rima con il pennello in trompe-l’œil. POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 235 Le opere in cui Picasso usa la lacca, precedenti al primo collage, pur non essendo numerose, sono significative di una trasformazione in corso14. L’utilizzo del Ripolin secondo un procedimento analogo a quello presente in Nature morte espagnole ritorna in Violon, verres, pipe et ancre15, 1912 (D.-R. 457) e Souvenir du Havre16, 1912 (D.-R. 458). In questa seconda, peraltro, Picasso realizza per la prima volta il falso legno mediante l’utilizzo del pettine (introdotto da Braque), a conferma di una ricerca volta a simulare un’eterogeneità materica e percettiva insieme. Le strette continuità tra l’introduzione di una discontinuità cromatica e l’inserzione di un frammento «già fatto» sembrano essere esplicitamente dichiarate da Picasso nella serie di opere Notre avenir est dans l’air. Si tratta di composizioni che precedono immediatamente17 il primo collage, in cui è riprodotta una brochure di propaganda dell’aviazione militare: «Notre Avenir est dans l’air», i cui frammenti di scrittura hanno come sfondo i colori della bandiera francese – La coquille Saint-Jacques18, 1912 (D.-R. 464), come rappresentante l’intera serie. Il formato ovale e alcuni degli elementi riprodotti all’interno delle tre nature morte sono i medesimi di quelli presenti in Nature morte à la chaise cannée19, 1912 (D.-R. 466): nello stesso pe- riodo Picasso utilizza il medesimo formato – che dispone in orizzontale20 – per realizzare quattro opere con soggetto simile (di cui però solo una di esse è un collage). La coquille Saint-Jacques presenta esplicite continuità formali con il primo collage, Nature morte à la chaise cannée, continuità che non si limitano alla cesura cromatica introdotta con la brochure in lacca alla quale corrisponde il frammento di tela cerata, ma convoca anche il dispositivo di visione. In entrambe sono infatti co-presenti una visione frontale (veicolata dalle sfaccettature-piano) e una visione dall’alto (introdotta dal fram- mento di tela cerata e dalla riproduzione della brochure). Inoltre, nel momento in cui Picasso mette in causa i limiti del dispositivo rappresen- tazionale (sino a introdurre un frammento di tela cerata), contemporaneamente riflette sul trompe-l’œil. 14 In questo stesso periodo l’indagine sul colore non muove solo in tale direzione (che qui interessa indagare in funzione anche della stretta analogia con il collage), ma in alcune opere il cromatismo interviene nell’articola- zione dei volumi per evidenziarne le sfaccettature-piano, come ad esempio Femme nue (“J’aime Eva”), 1912 (D.-R. 541), o in Bouteille, guitare, pipe, 1912 (D.-R. 510). La scansione ritmica messa a punto attraverso il colore presenta forti affinità con le nature morte composte da Léger nello stesso periodo (si veda ad esempio Contraste de formes, 1913). 15 Un’immagine dell’opera è reperibile al seguente indirizzo: http:��blistar.net�images�photos�medium�af1e6c272 b627065ad9bb93280c64fc0.jpg 16 Un’immagine dell’opera è reperibile al seguente indirizzo: http:��blistar.net�images�photos�medium� fa033c2f0acdf77736375f206a920d5b.jpg 17 Per quanto concerne la datazione si veda Daix (1979) e Daix (1995, p. 629). 18 Un’immagine dell’opera è reperibile al seguente indirizzo: http:��www.berbec.com�rberbec�images�Picas-Un’immagine dell’opera è reperibile al seguente indirizzo: http:��www.berbec.com�rberbec�images�Picas- so963works�Picasso%201910-19�Picasso%201912�slides�Picasso%20La%20coquille%20Saint-Jacques%20 (Notre%20Avenir%20est%20dans%20l’a.html 19 Un’immagine dell’opera è reperibile al seguente indirizzo: http:��blistar.net�images�photos�medium�0e9c2816 6fbfbf1c9df5b7db3d08c05f.jpg 20 La disposizione in orizzontale del formato ovale (prevalentemente utilizzato in verticale, soprattutto per i ritratti) è con ogni probabilità non casuale. L’orizzontalità assunta dal formato rende ancora più complesso il gioco tra verticalità vs orizzontalità dei punti di vista iscritti in queste opere. POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 236 Trompe-l’œil e mimesi in Nature morte à la chaise cannée (1912) Se, come anticipato in apertura, il trompe-l’œil nelle opere del cubismo analitico permette di aprire lo spazio in cui collocare le sfaccettature-piano (diversamente i volumi squadernati sulla tela tenderebbero a coincidere con la superficie bidimensionale), ne La coquille Saint-Jacques e in Nature morte à la chaise cannée la pipa in trompe-l’œil inter- viene attivamente nell’articolazione della struttura dell’opera. Inoltre, in Nature morte à la chaise cannée, la pipa contribuisce a iscrivere due differenti punti di vista che definiscono due «spettatori modello», deputati ad accogliere la rappresentazione. A questo proposito si dimostra densa di ricadute la riflessione di Calabrese: Si tratta dell’unico genere pittorico che prende il nome non dal contenuto delle figure rappresentate o dalla tecnica di rappresentazione, ma dall’allusione al fruitore. Gli occhi «ingannati» dal trompe-l’œil sono per forza gli occhi di chi lo guarda. Le varietà che si manifestano nel corso della storia finiscono dunque per corrispondere a una differente idea di spettatore che ogni epoca ipotizza: quello delle visioni teatrali, quello delle feste patrizie, quello del coinvolgimento emotivo delle comunità religiose nelle chiese, quello delle abitazioni borghesi, quello delle città metropolitane. Ecco apparire, dunque, un ulteriore motivo di interesse, quello di capire come ogni società presupponga un comportamento visivo particolare da parte dei suoi membri, e definisca per loro il ruolo di uno spettatore ideale, di uno spettatore-modello (CALABRESE, 2010; trad. it. 2011, p. 6, corsivo mio). Nature morte à la chaise cannée prevede un doppio punto di vista: la parte in alto, in virtù delle sfaccettature-piano e della pipa in trompe-l’œil, inscrive una profondità, suggerisce una verticalità, versus la tela cerata posta nella parte bassa fa ruotare l’opera in orizzontale, impostando una visione dall’alto verso il basso. Peraltro si tratta dei due assi di visione che convocano le dimensioni culturalmente previste di scrittura e immagine21. Lo spettatore modello di Nature morte à la chaise cannée è uno spettatore che viene interrogato sul concetto di mimesi, concetto rispetto al quale il primo collage offre un’indagine complessa. Ci preme rimarcare come la lettura proposta prenda le distanze rispetto a una più classica interpretazione di Nature morte à la chaise cannée, tesa a porre in luce il gesto rivoluzionario – in rapporto alla storia della pittura – dell’inserzione di un frammento di tela cerata, indicando nell’introduzione di un oggetto «reale» la carica rivoluzionaria del collage22. Viceversa, per il punto di vista qui assunto, un grumo materico di pittura è altrettanto «reale» di un frammento di tela cerata, e la distinzione è semmai inerente alla costruzione o denegazione di effetti di mimesi e all’introduzione o meno di una discon- tinuità in seno alla rappresentazione. Ci sembrano quindi particolarmente interessanti 21 Non ho modo di sviluppare in questa sede una simile tematica, tuttavia il riferimento è allo scritto di Benjamin Malerei und Graphik 1910-1918 (BEN�AMIN, 1972) dove sono indicati due diversi assi che contraddistinguo-1910-1918 (BEN�AMIN, 1972) dove sono indicati due diversi assi che contraddistinguo- dove sono indicati due diversi assi che contraddistinguo- no rispettivamente pittura e disegno�scrittura, ossia l’asse longitudinale e quello trasversale (alias verticale e orizzontale). Per un’approfondita premessa al saggio di Benjamin, si veda Y. A. Bois (1990). 22 Si veda ad esempio la proposta di Golding (1959). POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 237 quelle interpretazioni che aprono una riflessione sulla trasformazione dello statuto della rappresentazione, come proposto dai lavori di Bois (1992), Krauss (1971; 1980; 1998), Steinberg (1972; 1979; 2007). Tornando a rivolgere lo sguardo a Nature morte à la chaise cannée il trompe-l’œil sembra svolgere un ruolo di mediazione tra i livelli di mimesi costruiti, in cui la tela cerata riproduce l’impagliatura di una sedia, la quale trova il proprio corrispettivo materico nella cornice in corda. L’indagine sui livelli di mimesi chiede di porre in relazione una serie di elementi: la scomposizione dei volumi degli oggetti rappresentati, l’inserimento di un frammento di tela cerata, la cornice in corda e la pipa in trompe-l’œil. Essi contribuiscono infatti a riformulare le soglie della «frontiera estetica»� sino a quel momento stabilita. Picasso la- vora a ridefinire i contorni epistemologici di ciò che è rappresentazione e lo fa mettendo in scena un problema di «cornici». Detto altrimenti, manipola la distinzione tra «realtà» e «finzione» per renderne incerti i confini. Ad esempio la tela cerata è inserita in quanto «oggetto» all’interno del quadro, anch’esso oggetto del mondo. Tuttavia la sua funzione viene trasformata. Essa non significa infatti semplicemente in qualità di elemento «già fatto». Al contrario, ad assumere rilevanza è la riproduzione dell’impagliatura di una sedia che dà forma a una tessitura di luce e ombra, mentre un diverso trattamento è riservato alla cornice in corda di cui vengono magnificati la consistenza oggettuale e l’effetto tattile prodotto. La corda, inoltre, è lasciata evidente in quanto tale e traspone, amplificandone la portata, quanto mimeticamente riprodotto sulla superficie della tela cerata. Una simile dinamica, che vede un lavoro volto a rendere complessi i limiti e lo statuto dell’opera d’arte quale sino a quel momento concepita, è ulteriormente articolata attraverso la pipa in trompe-l’œil. Questa infatti deborda l’effetto di mimesi mediante un’«ipersimulazione» che non solo invade lo spazio dell’osservatore, ma ne ridefinisce la posizione privilegiata dello sguardo: non più occhio che domina la rappresentazione, ma occhio «invaso» da una presenza simulacrale (BAUDRILLARD, 1977). Se, come vuole Calabrese (2010), per il trompe-l’œil non è corretto parlare di un effetto di «illusione», ma di un effetto di «presenza», può essere interessante cercare di porre in luce le ricadute di un simile effetto di «presenza». Il trompe-l’œil spinge la rappresentazione al suo colmo, collocandosi sul limite della rappresentazione stessa: se la rappresentazione mimetica prevede un dominio, un controllo da parte del soggetto conoscente sugli oggetti rappresentati, viceversa, il trompe-l’œil nel suo eccesso di mimesi fa sì che la «cosa» stessa sia presente in pittura. Non si tratta di un effetto di «realtà», ma di un effetto di «presenza». Ma ancora, una riflessione sul trompe-l’œil, intesa come indagine sui limiti della rappresentazione, pone un interrogativo sulla rappresentazione mimetica stessa, e a questo proposito può essere proficuo intrecciare la riflessione di Calabrese con quella di Marin, proposte che presentano, a nostro avviso, molti punti di contatto. L’effetto del trompe-l’œil, secondo Marin, non è «quello di farci credere alla presenza della cosa nel quadro, ma di farci sapere qualcosa sulla posizione del soggetto che pensa POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 238 e contempla il quadro» (MARIN, 1994; trad. it. 2001, p. 147). Dunque ogni rappresenta- zione è intesa come riflesso del soggetto epistemico che l’ha prodotta: L’imitazione rappresentativa conserva in effetti la distanza la tra copia e il modello, proponendo all’ispezione della mente il dominio della mimesi, la legge di produzione e controllo delle apparenze nella profondità aperta sulla superficie della tela. [...] In un certo senso ogni rappresentazione, ogni mimesi, è regale o teorica. Con essa si istituisce un soggetto dominatore dell’apparenza, che in questo modo se ne appropria e in questa stessa appropriazione si costituisce come soggetto giuridico di verità (ibidem, pp. 149- 153, corsivo mio). È a partire da una simile accezione di rappresentazione, in cui gli «oggetti» sono cos- truiti sulla tela a partire da uno sguardo teorico che li produce e li domina, che Marin isola la specificità del trompe-l’œil, inteso come rovesciamento della rappresentazione, ovvero, come il «doppio» della cosa che si manifesta sulla e oltre la superficie della tela. Rovescia- mento in quanto non si dà un «oggetto» costruito da uno sguardo teorico, ma è lo sguardo che accoglie quanto rappresentato: «La “cosa” sporge dalla tela, l’apparizione viene incontro allo sguardo» (ibidem, p. 159), secondo un movimento speculare e inverso. Ecco allora un effetto di «presenza» che si sostituisce all’effetto di «realtà», di mimesi della rappresentazione. In Nature morte à la chaise cannée il rovesciamento della rappresentazione si com- pie attraverso il trompe-l’œil, ma non solo. L’effetto di presenza restituito da quest’ultimo è tale da denegare lo spessore materico della tela cerata, spessore effettivo che, in virtù dell’aggetto simulato dalla pipa, è – paradossalmente – respinto in profondità. Schizofrenia del dispositivo rappresentazionale in cui la costruzione mimetica riposa su di uno spessore materico in aggetto (il frammento di tela cerata su cui è stampata l’impagliatura di una sedia), il quale, in virtù dell’effetto di «presenza» costruito dal trompe-l’œil, è spinto su di un piano posteriore, più lontano rispetto al soggetto osservatore23. La cornice in corda sembra installarsi proprio nella sincope del dispositivo rappre- sentazionale appena descritta, in quanto rima con il trompe-l’œil, ne rende iperbolico l’effetto di «presenza» e, contemporaneamente, dà consistenza materica alla mimesi della sedia impagliata. Nature morte à la chaise cannée condensa una riflessione sullo statuto della rappresen- tazione articolata su più livelli: mette in discorso una tensione tra un dispositivo mimetico e un effetto di «presenza» che contraddice la mimesi appena costruita. Contraddizione, questa, che si intensifica nella presenza «oggettuale» della cornice che costituisce il «colmo» della rappresentazione, luogo troppo pieno, in cui l’elemento utilizzato signifi- ca denotativamente se stesso e contemporaneamente sussume quanto messo in discorso attraverso il trompe-l’œil e l’inserzione del frammento di tela cerata. 23 Generalizzando i tratti più significativi di quanto appena descritto, ossia il dispositivo di denegazione sotteso, risulta che Picasso istalla uno spazio materiale in aggetto e contemporaneamente lo nega mediante uno simulato in aggetto e tale andamento per denegazione contraddistingue molta parte della sua produzione cubista. POLACCI, F. «Ingannare l’occhio» o presentare lo sguardo? Il trompe-l’œil attraverso i collages cubisti. Galaxia (São Paulo, Online), n. 24, p. 231-240, dez. 2012. 239 Francesca Polacci è dottore di ricerca in Semiotica presso l’Università degli Studi di Siena, dove attualmente è assegnista e docente a contratto di Semiotica delle Arti. È stata borsista post-dottorato presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane (SUM) di Firenze e ha svolto soggiorni di ricerca all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. francesca.polacci@gmail.com Referências BAUDRILLARD, J. (1977). Le trompe-l’oeil. In: Documents de Travail et pré-publications - Università di Urbino, n. 6, serie F. BEN�AMIN, W. (1972). Malerei und Graphik. In: Gesammelte Schriften. Frankfurt am Main: Surhrkamp [Trad. it.: (1982). Pittura e grafica. In: Metafisica della gioventù. Scritti 1910-1918. Torino: Einaudi. p. 202-203]. ______. (1982). Das Passagen-Werk. Frankfurt am Main: Surhrkamp [Trad. it.: (1986). TIEDEMANN, R. (Ed.). Parigi, capitale del XIX secolo. 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