Rivista semestrale online / Biannual online journal http://www.parolerubate.unipr.it Fascicolo n. 7 / Issue no. 7 Giugno 2013 / June 2013 Direttore / Editor Rinaldo Rinaldi (Università di Parma) Comitato scientifico / Research Committee Mariolina Bongiovanni Bertini (Università di Parma) Dominique Budor (Université de la Sorbonne Nouvelle – Paris III) Roberto Greci (Università di Parma) Heinz Hofmann (Universität Tübingen) Bert W. Meijer (Nederlands Kunsthistorisch Instituut Firenze / Rijksuniversiteit Utrecht) María de las Nieves Muñiz Muñiz (Universitat de Barcelona) Diego Saglia (Università di Parma) Francesco Spera (Università di Milano) Segreteria di redazione / Editorial Staff Maria Elena Capitani (Università di Parma) Nicola Catelli (Università di Parma) Chiara Rolli (Università di Parma) Esperti esterni (fascicolo n. 7) / External referees (issue no. 7) Simone Albonico (Université de Lausanne) Alfonso D’Agostino (Università Statale di Milano) Fabio Danelon (Università di Verona) Piero Floriani (Università di Pisa) Claudio Milanini (Università Statale di Milano) Progetto grafico / Graphic design Jelena Radojev (Università di Parma) Direttore responsabile: Rinaldo Rinaldi Autorizzazione Tribunale di Parma n. 14 del 27 maggio 2010 © Copyright 2013 – ISSN: 2039-0114 INDEX / CONTENTS Speciale Ariosto IL LABIRINTO DELLA CITAZIONE. L'“ORLANDO FURIOSO” DA ARIOSTO A CALVINO a cura di Anna Maria Cabrini Presentazione 3-11 Esibire o nascondere? Osservazioni sulla citazione nel “Furioso” MARIA CRISTINA CABANI (Università di Pisa) 13-25 Quale Virgilio? Note sul finale del “Furioso” CORRADO CONFALONIERI (Università di Padova) 27-38 “Il Diporto piacevole” di Giulio Cesare Croce. Strategie di citazione dal “Furioso”. GIUSEPPE ALONZO (Università Statale di Milano) 39-53 Angelica sul Bacchiglione. Gli affreschi di Tiepolo a Villa Valmarana CRISTINA ZAMPESE (Università Statale di Milano) 55-77 Ariosto e il Settecento. Un sondaggio pariniano MARIANNA VILLA (Università Statale di Milano) 79-95 Le citazioni del “Furioso” nei commenti danteschi del Settecento DAVIDE COLOMBO (Università Statale di Milano) 97-110 “C’è un furto con scasso in ogni vera lettura”. Calvino’s Thefts from Ariosto MARTIN MCLAUGHLIN (University of Oxford – Magdalen College) 111-135 RISCRITTURE / REWRITINGS da “La Nuova Spagna ovvero il Tempo della Rosa” FEDERICO LORENZO RAMAIOLI (Università Cattolica di Milano) 139-180 LIBRI DI LIBRI / BOOKS OF BOOKS [recensione/review] Janis Vanacker, Non al suo amante più Diana piacque. I miti venatori nella letteratura italiana, Roma, Carocci, 2009 DANIELA CODELUPPI 183-191 [recensione/review] Scarlett Baron, “Strandentwining cable”. Joyce, Flaubert and Intertextuality, Oxford – New York, Oxford University Press, 2012 ELOISA MORRA 193-198 Parole Rubate / Purloined Letters http://www.parolerubate.unipr.it Fascicolo n. 7 / Issue no. 7 – Giugno 2013 / June 2013 CORRADO CONFALONIERI QUALE VIRGILIO? NOTE SUL FINALE DEL “FURIOSO” A fronte di una relativa facilità di identificazione, la valutazione del significato dei materiali virgiliani nell’impianto dell’Orlando furioso si distingue per una complessità specifica, essendo il tavolo su cui più alta è la posta in riferimento al problema del genere letterario, dibattuto con fervore dalla metà del Cinquecento e ancora attuale negli ultimi anni.1 Sebbene, infatti, del Furioso sia stato scritto che “solo chi non ha occhi per vedere e cervello per intendere potrebbe assimilarlo ai prodotti della letteratura classicistica”,2 critici di orientamenti ed epoche tra loro distanti hanno ripetutamente fatto ricorso all’Eneide, archetipo del poema epico 1 Si veda S. Jossa, La Fantasia e la Memoria. Intertestualità ariostesche, Napoli, Liguori, 1996; M. C. Cabani, Osservazioni su alcuni procedimenti di riscrittura delle fonti classiche nel Furioso, in Riscrittura intertestualità transcodificazione, Atti del seminario di studi, Pisa, gennaio-maggio 1991, a cura di E. Scarano e D. Diamanti, Pisa, TEP, 1992, pp. 81-112; Ead., Ovidio e Ariosto: leggerezza e disincanto, in “Italianistica”, XXXVII, 2008, pp. 13-42 (importante per la questione del genere anche se – o proprio perché – focalizzato sul rapporto tra il Furioso e Ovidio). 2 Cfr. E. Saccone, Cloridano e Medoro. Con alcuni argomenti per una lettura del primo “Furioso”, in Id., ll soggetto del “Furioso” e altri saggi tra Quattro e Cinquecento, Napoli, Liguori, 1974, p. 184. Parole Rubate / Purloined Letters 28 classico, per illuminarne la sempre imprendibile e “incerta natura”.3 Tanto le prime difese quanto i primi attacchi cinquecenteschi, come del resto le più recenti indagini teoriche, hanno trovato in Virgilio un asse portante delle loro multiformi strategie di lettura del testo, il termine di confronto in grado di fornire affidabili strumenti di misurazione per rilevare analogie e differenze, le novità e insieme le modalità attraverso cui tali innovazioni si manifestano.4 3 Cfr. T. Tasso, Apologia della “Gerusalemme liberata”, in Id., Prose, a cura di E. Mazzali, Milano-Napoli, Ricciardi, 1959, p. 418. 4 È doveroso, su questo argomento, segnalare i contributi fondamentali di K. W. Hempfer, Diskrepante Lektüren. Die Orlando Furioso-Rezeption im Cinquecento: historische Rezeptionsforschung als Heuristik der Interpretation, Stuttgart – Wiesbaden, Franz Steiner Verlag, 1987 e D. Javitch, Ariosto classico. La canonizzazione dell’“Orlando Furioso”, trad. ital. Milano, Bruno Mondadori, 1999. Del primo si veda anche Dekonstruktion sinnkostitutiver Systeme in Ariosts “Orlando Furioso”, in Ritterepik der Renaissance, Akten des deutsch-italienischen Kolloquiums Berlin 29.03 bis 03.04.1987, herausgegeben von K. W. Hempfer, Stuttgart – Wiesbaden, Franz Steiner Verlag, 1989, pp. 277-298. Del secondo si vedano numerosi altri contributi: The “Orlando Furioso” and Ovid’s Revision of “Aeneid”, in “Modern Language Notes”, XCIX, 1984, pp. 1023-1036; The Imitation of Imitations in “Orlando Furioso”, in “Renaissance Quarterly”, XXXVIII, 1985, pp. 215-239; Narrative Discontinuity in the “Orlando Furioso” and its Sixteenth Century Critics, in “Modern Language Notes”, CIII, 1988, pp. 50-74; Pioneer Genre Theory and the Opening of the Humanistic Canon, in “Common Knowledge”, III, 1994, pp. 52-67; La nascita della teoria dei generi poetici nel Cinquecento, in “Italianistica”, XXVII, 1998, pp. 177-197; The Assimilation of Aristotle’s Poetics in Sixteenth-Century Italy, in The Cambridge History of Literary Criticism, vol. 3: The Renaissance, edited by G. P. Norton, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 53-65; Italian Epic Theory, ivi, pp. 205-215; The Grafting of Virgilian Epic in “Orlando Furioso”, in Renaissance Transactions. Ariosto and Tasso, Edited by V. Finucci, Durham, Duke University Press, 1999, pp. 56-76; Lo spettro del romanzo nella teoria sull’epica del sedicesimo secolo, in “Rinascimento”, XLIII, 2003, pp. 159-176; Reconsidering the Last Part of “Orlando Furioso”: Romance to the Bitter End, in “Modern Language Quarterly”, LXXI, 2010, pp. 385-405; e infine la recente raccolta di alcuni contributi tradotti in Saggi sull’Ariosto e la composizione dell’“Orlando furioso”, Lucca, Maria Pacini Fazzi, 2012. A questi titoli si possono aggiungere D. S. Carne-Ross, The One and the Many: a Reading of the “Orlando Furioso”, in “Arion”, n. s., III, 1976, pp. 146-219; P. Parker, Inescapable Romance. Studies in the Poetics of a Mode, Princeton, Princeton University Press, 1979 e D. Quint, The Figure of Atlante: Ariosto and Boiardo’s Poem, in “Modern Language Notes”, XCIV, 1979, pp. 77-91. Sulla critica americana, largamente presupposta nell’impostazione del presente lavoro, è ancora prezioso il bilancio di J. A. Cavallo, L’“Orlando Furioso” nella critica anglo-americana (1986-1991), in “Lettere Italiane”, XLV, 1993, pp. 129-149. Per l’Italia occorre citare almeno l’importante Corrado Confalonieri, Quale Virgilio? 29 E tuttavia questa direzione di ricerca deve essere temperata separando le due diverse fasi della produzione e della ricezione del poema ariostesco, la seconda presto coinvolta in un orizzonte culturale che alla prima era rimasto sostanzialmente estraneo: per quanto non direttamente generato dalla piena riscoperta della Poetica di Aristotele, con quel recupero il dibattito sul genere letterario guadagna possibilità di articolazione in precedenza sconosciute (e quindi irrilevanti al momento della stesura);5 questa circostanza consiglia una certa cautela nell’interpretare il testo alla luce delle categorie di epica e romanzo, prodotte in larga misura proprio dalle spinte contrastanti dell’aristotelismo regolare da un lato e dell’ormai dilagante uso romanzesco dall’altro. Chiedersi come si comporti il Furioso rispetto a tali categorie, assenti nell’atto del suo farsi,6 rischia di apparire intempestivo. Più corretto, semmai, potrebbe risultare il tentativo di comprendere quali forme di resistenza esso offra a un’operazione che comunque gli viene imposta a posteriori, quando detrattori e sostenitori si trovano intenti a letture magari opposte, ma reciprocamente solidali perché animate da una logica simile: quella cioè che non esita a stendere il poema sul letto di Procuste della teoria, con lo scopo di rivelarne a seconda dei casi la conformità, la volume di S. Zatti, Il “Furioso” fra epos e romanzo, Lucca, Maria Pacini Fazzi, 1990 e il recente contributo di G. Sangirardi, Quanti sono i generi dell’“Orlando Furioso”?, in “Allegoria”, XXI, 2009, pp. 42-55 (si veda già Id., Ludovico Ariosto, Firenze, Le Monnier, 2006, pp. 118-129). 5 Si veda G. Sangirardi, Quanti sono i generi dell’“Orlando Furioso”?, cit., p. 44. Che si sostenga con Weinberg che la riscoperta della Poetica fu determinante nell’elaborazione teorica dei generi, o con Javitch (come si assume qui) che il trattatello aristotelico “non fu né la causa né l’origine delle speculazioni sulla codificazione” ma semplicemente “un aiuto”, il risultato cambia di poco: la teoria letteraria, dopo il Furioso ma con il Furioso, giunse a definire con modalità del tutto nuove la questione dei generi. Si veda B. Weinberg, A History of Literary Criticism in the Italian Renaissance, Chicago, The University of Chicago Press, 1961, p. 349 e cfr. D. Javitch, La nascita della teoria dei generi poetici nel Cinquecento, cit., p. 194. 6 Si veda D. Javitch, Reconsidering the Last Part of “Orlando Furioso”: Romance to the Bitter End, cit., p. 389. Parole Rubate / Purloined Letters 30 difformità o l’alterità rispetto alla norma classica.7 Il meccanismo congiuntamente attivato dai difensori di una regola in verità tutta da costituire, e dai fautori dell’uso impegnati contro quella stessa regola, conduce necessariamente alla creazione della norma che abilita a distinguere ciò che vi si attiene da ciò che la trasgredisce: la codificazione epica tuttavia, ottenuta come è noto per estensione della disciplina aristotelica della tragedia e per contrasto rispetto al romanzo, procura uno schema interpretativo efficace ma non esente da controindicazioni, soprattutto se usato in via retroattiva. Isolare due diverse componenti, epica e romanzesca, è infatti un’operazione che allontana dalla prospettiva di un poeta del primissimo Cinquecento come Ariosto, non ancora alle prese con le doverose distinzioni con cui qualche decennio più tardi ogni autore sarebbe stato costretto a fare i conti: basta pensare all’esempio illustre del Tasso, la cui originalità risiederà proprio nel saper combinare ciò che (in teoria) non avrebbe più potuto stare insieme.8 Per rimanere ad Ariosto, Daniel Javitch, sviluppando alcune osservazioni di Patricia Parker,9 ha dimostrato come l’intertestualità del Furioso non possa essere indagata entro una dimensione diadica di rapporto uno-a-uno con un singolo testo, poiché essa prevede in realtà 7 Nella nostra prospettiva, che il Furioso risulti conforme o difforme nei confronti delle regole, risulta sostanzialmente indifferente: anzi, ciò che bisogna considerare è una particolare (e implicita) alleanza tra sostenitori di posizioni diverse a livello di presupposti in qualche misura comuni, come per esempio nel dare per scontata la validità di una norma classica che invece sarebbe opportuno ancor oggi ridiscutere a fondo. Nel corso del Cinquecento, in quest’ultimo senso, un tentativo di rilievo fu condotto da Leonardo Salviati, autore della cosiddetta Stacciata prima, sul quale si veda almeno D. Javitch, Ariosto classico. La canonizzazione dell’“Orlando Furioso”, cit., pp. 187-217. 8 Per uno studio del poema tassiano condotto su questa impostazione, si veda G. Baldassarri, “Inferno” e “Cielo”. Tipologia e funzione del “meraviglioso” nella “Liberata”, Roma, Bulzoni, 1977. 9 Si veda P. Parker, Inescapable Romance. Studies in the Poetics of a Mode, cit., p. 39. Corrado Confalonieri, Quale Virgilio? 31 l’ibridazione o il compromesso10 fra più fonti in un medesimo contesto: nel caso di Virgilio questa proposta di studio consente di uscire dall’angusto steccato di un’alternativa netta fra citazione autorizzante e citazione parodica, in termini di semplice fedeltà o semplice rovesciamento.11 Impostando la questione secondo un punto di vista logico e attenuando la portata del dualismo tra epica e romanzo, si tratta di abbandonare la disgiunzione (aut…aut) a favore della congiunzione (et…et) e di cogliere la complementarità tra fonti di tradizioni diverse sulle quali è strutturato il Furioso.12 Un risultato compatibile con questo, in riferimento a Virgilio e a ciò che il nome significa se inteso come metonimia del genere epico, si può raggiungere concentrandosi, invece, proprio sulla relazione diadica: in tal senso occorrerà mostrare come Ariosto potesse rivolgersi a Virgilio leggendolo in una versione ancora non del tutto assurta a rango di Modello- Codice, per dirla con Gian Biagio Conte.13 L’Eneide, per Ariosto, era senz’altro una fonte essenziale, ma non per questo già resa paradigma di un genere intero: essa costituiva piuttosto un importante Modello-Esemplare e 10 Si veda D. Looney, Compromising the Classics. Romance Epic Narrative in the Italian Renaissance, Detroit, Wayne State University Press, 1996. Sulla questione di una coesistenza di fonti diverse, si veda anche J. A. Cavallo, The Romance Epics of Boiardo, Ariosto, and Tasso. From Public Duty to Private Pleasure, Toronto-Buffalo- London, University of Toronto Press, 2004. 11 Si veda D. Javitch, The Grafting of Virgilian Epic in “Orlando Furioso”, cit., pp. 69-71. 12 Per una lista di opposizioni tutte riferibili alla dicotomia epica-romanzo si veda T. Greene, The Descent from Heaven. A Study in Epic Continuity, New Haven, Yale University Press, 1970, p. 203. Per un bilancio e un ripensamento dei concetti di epica e romanzo, si veda M. Fusillo, Fra epica e romanzo, in Il romanzo, a cura di F. Moretti, vol. II: Le forme, Torino, Einaudi, 2002, pp. 5-34. Ricordo inoltre che nell’intreccio di più fonti è stata vista la capacità di Ariosto di minare il primato di un singolo ipotesto: si veda P. Parker, Inescapable Romance. Studies in the Poetics of a Mode, cit., p. 29; D. Javitch, The Imitation of Imitations in “Orlando Furioso”, cit., p. 239; G. Sangirardi, Quanti sono i generi dell’“Orlando Furioso”, cit., p. 55. 13 Si veda G. B. Conte, Memoria dei poeti e sistema letterario, Torino, Einaudi, 19852, pp. 121-122. Parole Rubate / Purloined Letters 32 dunque un testo sì fondamentale, eppure non idealizzato come archetipo della forma-poema. Questo processo teorico e astrattivo, che avrebbe costruito in gran parte sull’Eneide l’idea di epica, era di là da venire: Virgilio, prima di quel processo, rappresentava una parole senza dubbio autorevole, ma comunque non più di una parole della langue epica che soltanto dopo qualche anno sarebbe stata ricavata dal suo testo. E come la parole realizza non tutte le possibilità della langue ma solo alcune e non altre, così l’Eneide, una volta che la si guardi attraverso il filtro del codice elaborato ex post, appare una attualizzazione (tra le tante possibili) del codice che su di essa si fonda. C’è di più: poiché per creare un codice da un singolo testo occorre agire per astrazione, risalendo dalla concretezza della realizzazione a un paradigma – astratto, appunto – dei possibili, il testo concreto è insieme qualcosa di meno e qualcosa di più di quel codice- paradigma. Qualcosa di meno, per il motivo che si è detto: l’attualizzazione sceglie tra le possibilità; e tuttavia qualcosa di più, perché, a rovescio, la codificazione seleziona alcuni tratti che vengono ritenuti distintivi per creare il modello, che appare così una rarefazione dell’opera a cui è ispirato. Da ciò deriva che le due opzioni di Modello-Codice e Modello- Esemplare, se risalgono allo stesso testo, possono essere in tensione reciproca, perché ciascuna delle due alternative è in grado di fornire versioni diverse del testo-matrice comune. Trattando l’Eneide come Modello-Esemplare, insomma, il Furioso non lascia leggere l’intertestualità virgiliana che lo contraddistingue nella prospettiva di Modello-Codice: anzi, proprio citando il testo di Virgilio prima che esso assuma carattere normativo, Ariosto può citarne e recuperarne aspetti destinati a cadere o a rimanere inespressi nella riduzione a modello. Può sembrare un paradosso, ma citare Virgilio prima che esso diventi il modello che solo la canonizzazione crea – quella che, ripetiamo, Ariosto non sperimentò in fase Corrado Confalonieri, Quale Virgilio? 33 di scrittura – fa apparire la citazione quasi anti-virgiliana nella prospettiva del lettore successivo, tanto cinquecentesco quanto moderno. Strettamente legata alla questione (già dibattuta nel Cinquecento) dell’unità e della varietà, la dimensione teleologica è stata considerata negli ultimi anni un elemento costitutivo dell’epica, funzionale alla sua struttura sia a livello narratologico che ideologico.14 Risulta evidente, lo ha notato Franco Moretti ragionando sul romanzo di formazione,15 che la teleologia comporta uno sbilanciamento del senso sul finale, perché è proprio il finale a compiere l’insieme, luogo verso cui ciascun evento converge trovando la sua giustificazione, ultima parola che sigilla l’opera sciogliendo ogni tensione. Su queste basi e in qualche occasione, la critica ha letto il finale del Furioso e il suo manifesto rapporto con quello dell’Eneide sottolineando una forte consonanza: se il genere epico, esemplarmente rappresentato dal poema virgiliano, è chiuso e teleologico, anche il finale del Furioso (che cita l’Eneide) è chiuso e teleologico.16 Una lettura simile ha però il difetto di considerare il testo di Virgilio, e l’epica nel suo complesso, come un oggetto chiuso e non interpretabile, usandolo come 14 Si veda M. Fusillo, Fra epica e romanzo, cit.; S. Zatti, Il modo epico, Roma- Bari, Laterza, 2000; Id., L’ombra del Tasso. Epica e romanzo nel Cinquecento, Milano, Bruno Mondadori, 1996. La discussione contemporanea è spesso influenzata dal classico contributo di M. Bachtin, Epos e romanzo. Sulla metodologia dello studio del romanzo, in Id., Estetica e romanzo, trad. ital. Torino, Einaudi, 1979, pp. 445-482: uno studio organizzato per contrasto e per giunta con dichiarato intento valutativo (il romanzo è superiore all’epica). L’epos, studiato da Bachtin sulla scorta di letture romantiche che non c’è modo di discutere qui, diventa l’opposto della modernità e dell’apertura e finisce per opporsi al novel oltre che al romance: si vedano in proposito due ulteriori lavori di Sergio Zatti, ‘Epos’, ‘novel’ e ‘romance’: conflitto di codici e trasformazioni di “genere”, in Le immagini della critica. Conversazioni di teoria letteraria, a cura di U. M. Olivieri, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, pp. 135-159 e L’epica, in “Rassegna europea di letteratura italiana”, XXXVIII, 2011, pp. 19-43. 15 Si veda F. Moretti, Il romanzo di formazione, trad. ital. Torino, Einaudi, 1999, p. 8. 16 Si veda D. S. Carne-Ross, The One and the Many: a Reading of the “Orlando Furioso”, cit., p. 205. Parole Rubate / Purloined Letters 34 presupposto non problematico per leggere (misurandone le analogie e le differenze) il poema di Ariosto. Sull’argomento, Joseph Sitterson ha scritto qualche anno fa un saggio importante,17 riassumendo le quattro diverse posizioni circa la conclusione dell’Eneide e del Furioso: finale chiuso in entrambi i poemi, finale virgiliano chiuso e quello ariostesco aperto, finale dell’Eneide aperto e quello del Furioso chiuso, finali aperti in tutti e due i casi. Nel suo bilancio lo studioso individua dei precursori cinquecenteschi per ciascuna di queste interpretazioni, circostanza che mostra certamente la raffinatezza dei primi lettori, ma anche la difficoltà di articolare oggi in modo nuovo il problema dell’ipertestualità e con esso la questione dei generi letterari. Sitterson mostra in conclusione che l’ironia ariostesca, corrodendo ogni punto di riferimento e la stessa figura del narratore, fa entrare nel gioco del finale tutte e quattro le opzioni che abbiamo ricordato, suggerendo tuttavia (contemporaneamente) l’inadeguatezza di ognuna: questa mossa consentirebbe al Furioso di leggere l’Eneide recuperandone la dimensione di poema imperiale ma al tempo stesso misurando i limiti di questa aspirazione politica.18 L’analisi è condivisibile perché ha il merito di conservare all’Eneide la sua intrinseca ambiguità: come ha scritto Alessandro Barchiesi, il poema si conclude infatti su un episodio costruito per “generare un’interpretazione 17 Si veda J. C. Sitterson Jr., Allusive and Elusive Meanings: Reading Ariosto’s Vergilian Ending, in “Renaissance Quarterly”, XLV, 1992, pp. 1-19. Sul finale del Furioso si veda anche G. Baldassarri, Il sonno di Zeus. Sperimentazione narrativa del poema rinascimentale e tradizione omerica, Roma, Bulzoni, 1982, pp. 78-86; R. Bruscagli, Studi cavallereschi, Firenze, SEF, 2003, pp. 75-101; D. Delcorno Branca, La conclusione dell’“Orlando furioso”: qualche osservazione, in Boiardo, Ariosto e i libri di battaglia, a cura di A. Canova e P. Vecchi, Atti del Convegno di Scandiano-Reggio Emilia-Bologna 3-6 ottobre 2005, Novara, Interlinea, 2007, pp. 127-137. Sui mutamenti lungo le tre edizioni del poema si veda A. Casadei, Il percorso del “Furioso”. Ricerche intorno alle redazioni del 1516 e del 1521, Bologna, il Mulino, 1993, pp. 72-87. 18 Si veda J. C. Sitterson Jr., Allusive and Elusive Meanings: Reading Ariosto’s Vergilian Ending, cit., pp. 16-17. Corrado Confalonieri, Quale Virgilio? 35 problematica”, con le ultime parole di Turno e la scena eticamente contraddittoria dell’uccisione “di un guerriero supplice”.19 Quest’ultimo tratto è invece sconosciuto al Furioso, dove Rodomonte prima rifiuta senza “far motto” la proposta di resa del cavaliere cristiano e poi addirittura “tenta ferir Ruggier sotto le rene”20 quando ormai è spacciato; ed è proprio tale gesto che conduce Ruggiero a uccidere Rodomonte, correggendo così l’errore che avrebbe potuto commettere se avesse indugiato nel dubbio di risparmiare un nemico tutt’altro che disposto a desistere. A quest’altezza, probabilmente, Eneide e Furioso non sono nemmeno misurabili l’uno sull’altra; ma se si volesse tentare la comparazione, si dovrebbe sostenere che il carattere ambiguo del poema virgiliano non rivive nella scena ariostesca. Certo, entrambi i testi si chiudono con un duello, ma la differenza è tale che solo gli ultimi quattro versi del Furioso, recuperando immagine e lessico del distico conclusivo virgiliano, istituiscono una certa comparabilità.21 Se il Furioso ha un finale aperto, e dunque se il duello in sé ha un che di irrisolto, ciò non deriva dall’imitazione di Virgilio ma dalla struttura interna del poema ariostesco, articolata su tre azioni principali (amore di Orlando per Angelica, rapporto tra Ruggiero e Bradamante, guerra fra Agramante e Carlomagno), che a quel punto, anche se in tempi e modi diversi, sono già tutte concluse.22 Lo scontro tra Rodomonte e Ruggiero, più che perfezionare una Bildung oramai completa, sembra allora 19 Cfr. A. Barchiesi, La traccia del modello. Effetti omerici nella narrazione virgiliana, Pisa, Giardini, 1984, p. 106 e p. 109. 20 Cfr. L. Ariosto, Orlando furioso, a cura di C. Segre, Milano, Mondadori, 1976, p. 1241 (XLVI, 137, 8 e 139, 5). 21 Sull’analogia tra i due episodi condivido appieno la prudenza mostrata in D. Javitch, Reconsidering the Last Part of “Orlando Furioso”: Romance to the Bitter End, cit., pp. 388-389 e pp. 401-405. Per lo svolgersi del duello, come i commenti segnalano, il modello principale è costituito dal combattimento tra Tideo ed Enida nella Tebaide di Stazio (VI, 826-899). 22 Si veda C. P. Brand, L’entrelacement nell’“Orlando Furioso”, in “Giornale Storico della Letteratura Italiana”, CLIV, 1977, pp. 511-514. Parole Rubate / Purloined Letters 36 collegarsi a quelle fosche ombre che fin dall’avvio del poema gravavano sull’imminente futuro del cavaliere cristiano. È un finale oltre il finale, insomma, che chiudendo il testo due volte, finisce per riaprirlo ad “un altro giro della ruota”,23 a ciò che, nel testo prefigurato, al testo seguirà.24 La moderna critica ha rimproverato Ariosto per aver contraddetto la forma stessa del suo poema, costringendone la struttura romanzesca, quindi digressiva e aperta, entro un finale epico, dunque teleologico e chiuso.25 Questa tesi, alla luce di quanto osservato fino ad ora, può essere corretta.26 Innanzitutto il finale non collide con la struttura aperta dell’opera e contribuisce anzi alla sua stessa apertura, grazie alla forma internamente problematica del testo e a prescindere dai suoi rapporti esterni con altri testi: l’apertura, insomma, è più intratestuale che intertestuale. Inoltre, anche quello dell’Eneide non è un finale chiuso: la struttura teleologica del poema virgiliano non esclude il carattere problematico e ‘infinito’ della sua 23 Cfr. E. Saccone, Il “soggetto” del “Furioso”, in Id., Il soggetto del “Furioso” e altri saggi tra Quattro e Cinquecento, cit., p. 241. In questo saggio si sostiene che il Furioso resiste a farsi leggere in categorie date: in accordo con tale ipotesi, anticipo che la citazione virgiliana, lungi dall’essere una patente di genere, può contribuire a una messa in questione dello stesso Virgilio, in un gioco che accosta senza possibilità di arresto definitivo “uno e due: due superfici e una sola; l’una dentro e l’altra fuori, una che si oppone all’altra, ma anche l’una che continua l’altra: che la estende, che ne forma il sorprendente prolungamento” (cfr. ivi, p. 247). 24 Su questo meccanismo di prefigurazione della morte di Ruggiero si veda D. Quint, The Death of Brandimarte and the Ending of the “Orlando Furioso”, in “Annali d’Italianistica”, XII, 1994, pp. 75-85. Sulle ambiguità del finale del Furioso si veda anche A. R. Ascoli, Ariosto’s Bitter Harmony. Crisis and Evasion in the Italian Renaissance, Princeton, Princeton University Press, 1987, pp. 361-393. 25 Si veda D. S. Carne-Ross, The One and the Many: a Reading of the “Orlando Furioso”, cit., p. 205. 26 Javitch, critico verso l’utilizzo della distinzione tra epica e romanzo a proposito del Furioso, contesta l’idea di Carne-Ross sostenendo che nella sezione finale Ariosto impiega materiali ancora romanzeschi con i quali gli elementi virgiliani vengono rifusi, senza cioè che questi ultimi provochino una torsione epica del romanzo: si veda D. Javitch, Reconsidering the Last Part of Orlando Furioso: Romance to the Bitter End, cit., pp. 394-405. L’idea è condivisibile e rafforza l’impressione che i concetti di epica e romanzo, per rimanere in vita nella teoria attuale, debbano essere in parte riformulati. Corrado Confalonieri, Quale Virgilio? 37 conclusione, che suggerisce anzi una contraddizione inestricabile. Considerare chiuso il finale dell’Eneide significa leggere Virgilio nella prospettiva modellizzante e unilaterale (come Modello-Codice, appunto) che ne è stato ricavata successivamente per fini polemici di teoria letteraria. Ariosto non commette questa imprecisione: il Furioso – che se misurato unicamente sul segmento conclusivo dell’Eneide ne apparirebbe come una variante più chiusa – non è chiuso né aperto a causa della citazione virgiliana. Esso trae da ragioni interne la sua ‘apertura’ ed è questa a consentirgli di poter replicare, nelle battute estreme, l’explicit del testo latino, con l’immagine dell’“alma sdegnosa” di Rodomonte che fugge “alle squalide ripe d’Acheronte”,27 rimodulando la “vita indignata” di Turno che “fugit […] sub umbras”.28 L’ombra verso cui corre l’anima di Rodomonte si allunga su Ruggiero ed è pronta, come sappiamo, ad accoglierlo; le “umbrae” dell’Eneide offuscano o quantomeno rendono problematica la vittoria di Enea. La citazione convoca nella prima ombra (intratestuale) la seconda (intertestuale), e con essa il carattere ambiguo e non completamente risolutivo del finale dell’Eneide: un accordo, come si vede, in nome dell’apertura, nel segno di un’epica non ancora necrotizzata29 dalla lettura che la vuole opposta al romanzo. Scrivendo prima di operazioni teoriche ingombranti, Ariosto riusciva a leggere l’Eneide come dopo, purtroppo, sarebbe stato difficile fare: come un testo non diversamente dal proprio, capace di cantare l’“incomponibilità delle contraddizioni” e “riprodurre le glorie del vincitore, ma insieme il suo 27 Cfr. L. Ariosto, Orlando furioso, cit., p. 1242 (XLVI, 140, 5 e 7). 28 Cfr. Virgilio, Aeneis, XII, 952. 29 Il termine, usato da Bachtin a proposito dell’epos in opposizione alla vitalità del romanzo, intende suggerire qui che l’esser-necrotizzato non è un carattere intrinseco al testo epico, quantomeno all’Eneide, ma, al contrario, l’esito di riletture critiche successive. Si veda M. Bachtin, Epos e romanzo. Sulla metodologia dello studio del romanzo, cit., p. 456 Parole Rubate / Purloined Letters 38 doloroso affermarsi”,30 di essere “esaltante, perché è la vittoria del valore ch’esso celebra” e “malinconico perché di questa non può, né vuole, celare il prezzo ch’è costata”.31 Anche quando è diadico, insomma, il rapporto fra due testi non è di necessità univoco poiché i termini della relazione, ipotesto e ipertesto, possono essere già doppi in se stessi. La citazione moltiplica le potenzialità che ha il testo citante di produrre significato, ma anche il testo citato contiene in sé molteplici percorsi di senso: suggerimenti che gli usi successivi possono cristallizzare e offuscare, ma anche rivitalizzare e arricchire, come avviene nel finale dell’Orlando furioso. 30 Cfr. G. B. Conte, Virgilio. Il genere e i suoi confini, Milano, Garzanti, 1984, p. 77 e p. 96. Una lettura dell’Eneide antiaugustea, o almeno problematicamente augustea, è frequente in area americana: si vedano almeno i lavori di A. Parry, The Two Voices of Virgil’s “Aeneid”, in “Arion”, II, 1963, pp. 66-80 e di J. H. Bishop, The Cost of Power. Studies in the Aeneid of Virgil, Armidale, University of New England Press, 1988. Da ultimo si veda M. C. J. Putnam, Anger, Blindness, and Insight in Virgil’s “Aeneid”, in Id., Virgil’s “Aeneid”. Interpretation and Influence, Chapel Hill and London, The University of North Carolina Press, 1995, pp. 172-200 e Id., The Humanness of Heroes. Studies in the Conclusion of Virgil’s “Aeneid”, Amsterdam, Amsterdam University Press, 2011. 31 Cfr. E. Saccone, Cloridano e Medoro. Con alcuni argomenti per una lettura del primo “Furioso”, cit., p. 200. Copyright © 2013 Parole rubate. Rivista internazionale di studi sulla citazione / Purloined Letters. An International Journal of Quotation Studies indice_Fascicolo_7 3. 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