Microsoft Word - 6. NISI - Petrarca Rivista semestrale online / Biannual online journal http://www.parolerubate.unipr.it Fascicolo n. 19 / Issue no. 19 Giugno 2019 / June 2019 Direttore / Editor Rinaldo Rinaldi (Università di Parma) Comitato scientifico / Research Committee Mariolina Bongiovanni Bertini (Università di Parma) Dominique Budor (Université de la Sorbonne Nouvelle – Paris III) Roberto Greci (Università di Parma) Heinz Hofmann (Universität Tübingen) Bert W. Meijer (Nederlands Kunsthistorisch Instituut Firenze / Rijksuniversiteit Utrecht) María de las Nieves Muñiz Muñiz (Universitat de Barcelona) Diego Saglia (Università di Parma) Francesco Spera (Università Statale di Milano) Segreteria di redazione / Editorial Staff Maria Elena Capitani (Università di Parma) Nicola Catelli (Università di Parma) Arianna Giardini (Università Statale di Milano) Chiara Rolli (Università di Parma) Esperti esterni (fascicolo n. 19) / External referees (issue no. 19) Armando Antonelli (Università di Ferrara) Daniele Artoni (Università di Verona) Alvaro Barbieri (Università di Padova) Sonia Maura Barillari (Università di Genova) Anna Bognolo (Università di Verona) Mauro Bonazzi (Università Statale di Milano) Manuel Boschiero (Università di Verona) Sergio Bozzola (Università di Padova) Alberto Camerotto (Venezia Ca’ Foscari) Clizia Carminati (Università di Bergamo) Fabio Danelon (Università di Verona) Stefano Genetti (Università di Verona) Rosanna Gorris Camos (Università di Verona) Chiara Melloni (Università di Verona) Antonio Musarra (Harvard Center for Renaissance Studies I Tatti) Stefano Neri (Università di Verona) Nicola Pace (Università Statale di Milano) Paolo Rinoldi (Università di Parma) Arnaldo Soldani (Università di Verona) Franco Tomasi (Università di Padova) Martina Tosello (Ferrara) Carlo Varotti (Università di Parma) Luciano Zampese (Université de Génève) Emanuele Zinato (Università di Padova) Progetto grafico / Graphic design Jelena Radojev (Università di Parma) † Direttore responsabile: Rinaldo Rinaldi Autorizzazione Tribunale di Parma n. 14 del 27 maggio 2010 © Copyright 2019 – ISSN: 2039-0114 INDEX / CONTENTS Speciale TRACCE, MEMORIE E SINTOMI. LA CITAZIONE TRA FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA a cura di Marco Duranti, Jacopo Galavotti, Marco Magnani, Marco Robecchi Presentazione 3-9 Forme e tipologie dell’autocitazione negli scritti di Epicuro VINCENZO DAMIANI (Universität Würzburg) 11-31 La voce di Omero. Tecniche della citazione nei dialoghi filosofici di Luciano MICHELE SOLITARIO (Eberhard Karls Universität Tübingen) 33-54 La citazione in cancelleria. Il comune di Roma nel Medioevo DARIO INTERNULLO (Università di Roma Tre) 55-79 I “Vers de la Mort” di Hélinant de Froidmont: citazione e diffusione di una forma metrica MICHELA MARGANI (Università di Macerata) 81-101 Dal latino al volgare. Echi catulliani nei “Rerum Vulgarium Fragmenta” DONATELLA NISI (Università del Salento) 103-115 “Mutatio caparum”. Las citas de origen latino en el “Quijote” de Cervantes BEATRIZ DE LA FUENTE MARINA (Universidad de Salamanca) 117-145 Storia dell’endecasillabo infame. “Sudate, o fochi, a preparar metalli” FRANCESCO SAMARINI (Indiana University – Bloomington) 147-165 Ammirazione o rivalità? Silvio Pellico nei “Mémoires d’outre-tombe” MARGUERITE BORDRY (Sorbonne Université – Paris) 167-178 Curzio Malaparte e i Russi. Citazioni e allusioni nel “Ballo al Kremlino” CARLA MARIA GIACOBBE (Università Statale di Milano) 179-191 Poesia nella prosa. Citazioni esplicite e implicite in Luigi Meneghello ANNA GALLIA (Università di Pavia) 193-202 La citazione meccanica. Una rassegna sul fenomeno dell’ecolalia GRETA MAZZAGGIO (Università di Trento) 203-212 MATERIALI / MATERIALS “Droit au gué de l’Espine vait”. Testi e parole in prestito nel “Lai de l’Espine” MARGHERITA LECCO (Università di Genova) 215-229 Micòl e Felicita. Guido Gozzano nel “Giardino dei Finzi-Contini” VALTER BOGGIONE (Università di Torino) 231-258 Il Raskol’nikov afghano di Atiq Rahimi. Una riscrittura dostoevskiana GIULIA BASELICA (Università di Torino) 259-269 Parole Rubate / Purloined Letters http://www.parolerubate.unipr.it Fascicolo n. 19 / Issue no. 19 – Giugno 2019 / June 2019 DONATELLA NISI DAL LATINO AL VOLGARE. ECHI CATULLIANI NEI “RERUM VULGARIUM FRAGMENTA” 1. Petrarca cita Catullo? Esiste una cospicua bibliografia critica e filologica che tratta delle connessioni fra Catullo e Petrarca, e in particolare della reale consistenza del corpus dei carmi catulliani posseduti dall’umanista.1 In mancanza di 1 Si veda P. de Nolhac, Pétrarque et l’humanisme, nouvelle édition, remaniée et augmentée, Paris, Champion, 1907, t. I, pp. 163-213; R. Ellis, Catullus in the XIVth Century, London, H. Frowde, 1905, pp. 3-24; R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV (1914), edizione anastatica con nuove aggiunte e correzioni dell’autore, a cura di E. Garin, Firenze, Sansoni, 1967; D. R. Stuart, Petrarch’s Indebtedness to the “Libellus” of Catullus, in “Transactions of the American Philological Association”, XLVIII, 1917, pp. 3-26; U. Bosco, Il Petrarca e l’umanesimo filologico (Postille al Nolhac e al Sabbadini), in “Giornale Storico della Letteratura Italiana”, CXX, 1942, pp. 65-119; B. L. Ullman, Petrarch’s Acquaintance with Catullus, Tibullus, Propertius, in Id., Studies in the Italian Renaissance (1955), second edition with additions and corrections, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1973, pp. 181-200; Giuseppe Billanovich, Il Catullo della Cattedrale di Verona, in Scire Litteras. Forschungen zum mittelalterlichen Geistesleben, a cura di S. Kramer, M. Bernhard, München, Bayerische Akademie der Wissenschaften, 1988, pp. 35-58. La discussione critica verte su due posizioni opposte: alcuni sostengono che Petrarca aveva una Parole Rubate / Purloined Letters 104 testimonianze dirette le prove del fatto che Petrarca conoscesse tutto il Liber sono da ricercarsi nelle citazioni o richiami alla poesia di Catullo disseminate nella trama delle opere petrarchesche.2 Questo tipo di ricostruzione indiziaria contribuisce a mettere in risalto l’aspetto che qui più ci interessa sottolineare, vale a dire quello della tecnica compositiva dell’imitatio umanistica.3 L’esito più comune e immediato dell’imitatio è sicuramente l’intertestualità, ma è proprio grazie ai padri della lingua italiana e alla necessità di strutturazione del volgare in lingua letteraria, con il conseguente rivolgersi all’antichità classica come modello per la funzione sia creativa che rappresentativa del linguaggio, che questa tecnica maturerà la sua esecuzione più alta. L’imitatio umanistica si rivela, perciò, come un atto fondante per la costruzione di strutture profonde tanto della lingua quanto del prodotto letterario trecentesco. In questo studio mi propongo quindi di riesaminare gli echi catulliani nel Petrarca volgare, valutati nel complesso della storia redazionale del Canzoniere e tenendo conto del ruolo centrale dell’umanesimo petrarchesco nella riscoperta della cultura classica, come nuovo cominciamento (anche grazie alla mediazione bembesca) per la lingua e la poesia italiana.4 I commentatori recenti del Canzoniere convergono sull’idea che la lettura del Liber di Catullo, fatta a Verona nel 1345,5 influenzi Petrarca conoscenza limitata di Catullo, altri ritengono che l’umanista possedesse una copia del Liber. 2 Si veda per esempio V. Di Benedetto, Probabili echi di Catullo in Petrarca, “Quaderni petrarcheschi”, IV, 1987, pp. 225-227 e Guido Billanovich, Petrarca e il Catullo di Verona, in Petrarca, Verona e l’Europa, Atti del convegno internazionale di studi (Verona, 19-23 settembre 1991), a cura di Giuseppe Billanovich e G. Frasso, Padova, Antenore, 1997, pp. 179-220. 3 Si veda V. Fera, L’‘imitatio’ umanistica, in Il latino nell’età dell’umanesimo, Atti del convegno (Mantova, 26-27 ottobre 2001), a cura di G. B. Perini, Firenze, Olschki, 2004, pp. 17-33. 4 Si veda M. Santagata, I frammenti dell’anima. Storia e racconto nel “Canzoniere” di Petrarca, Bologna, il Mulino, 20042, p. 35. 5 Si veda Giuseppe Billanovich, Il Catullo della Cattedrale di Verona, cit., p. 47. Donatella Nisi, Dal latino al volgare. Echi catulliani in Petrarca 105 nella revisione di alcuni testi più antichi eseguita intorno alla metà del Trecento, con l’introduzione di scatti sensuali la cui matrice appare evidente nella trasposizione dal latino al volgare di alcuni versi catulliani. Questo è il caso della sestina A qualunque animale alberga in terra che richiama il carme VII di Catullo, come segnala Lodovico Castelvetro: “Con lei foss’io da che si parte il sole, et non ci vedess’altri che le stelle, sol una nocte, et mai non fosse l’alba”. “aut quam sidera multa, cum tacet nox, furtivos hominum vident amores”.6 Affine, per il tema sensuale, è la sestina Non à tanti animali il mar fra l’onde, la cui composizione potrebbe risalire allo stesso periodo intorno al 1345. Qui il proemiale susseguirsi di immagini che rappresentano alcune grandi quantità non numerabili: “Non à tanti animali il mar fra l’onde, né lassù sopra ’l cerchio de la luna vide mai tante stelle alcuna notte, né tanti augelli albergan per li boschi, né tant’erbe ebbe mai campo né piaggia, quant’à ’l mio cor pensier’ ciascuna sera”;7 ripropone la stessa figura retorica presente nel carme VII di Catullo: “Quam magnus numerus Libyssae arenae lasarpiciferis iacet Cyrenis, oraclum Iovis inter aestuosi et Batti veteris sacrum sepulcrum, 6 F. Petrarca, Canzoniere, nuova edizione commentata aggiornata a cura di M. Santagata, Milano, Mondadori, 2004, p. 88 (XXII, 31-33) e G. V. Catullo, Le poesie, a cura di F. Della Corte, Fondazione Lorenzo Valla, Milano, Mondadori, 1977, p. 16 (VII, 7-8). Si veda Le rime del Petrarca, brevemente sposte per L. Castelvetro, Basilea, Pietro de Sedabonis, 1582, p. 42. 7 F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 978 (CCXXXVII, 1-6). Parole Rubate / Purloined Letters 106 aut quam sidera multa, cum tacet nox, furtivos hominum vident amores, tam te basia multa basiare vesano satis et super Catullo est”.8 Petrarca capovolge la struttura concettuale del carme (“quam multa [...] tam multa est”) e la connota in negativo (“Non à tanti [...] quant’à”); mentre la parola-rima notte è legata come in Catullo al il campo semantico del vedere e delle stelle, ritornando più tardi (“per lo dolce silentio de la notte”)9 come un possibile riuso della silenziosa notte catulliana. I baci reali di Lesbia, insufficienti a soddisfare il poeta, si trasformano in Petrarca nel desiderio irrealizzabile di baci impossibili, diventano i “pensieri” dei baci metaforici di Laura che affollano il cuore del poeta, in un processo di avvicinamento non tanto fisico quanto fantasticato alla figura della donna. La tensione che scaturisce da un simile desiderio, fisico e metafisico al tempo stesso, alimenta la speranza della morte (“Di dì in dì spero omai l’ultima sera”)10 ed evoca il mitico Endimione, con l’auspicio che Laura possa raggiungerlo per baciarlo e farlo addormentare per l’eternità: “Deh or foss’io col vago de la luna adormentato in qua’ che verdi boschi, et questa ch’anzi vespro a me fa sera, con essa et con Amor in quella piaggia sola venisse a starsi ivi una notte; e ’l dì si stesse, e ’l sol sempre ne l’onde.”11 Petrarca si augura che il sole non risorga per stare vicino a Laura un’interminabile notte, riecheggiando così la medesima figura che appariva nel carme V di Catullo: 8 G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 16 (VII, 3-10). 9 Cfr. F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 978 (CCXXXVII, 28). 10 Cfr. ibidem (CCXXXVII, 7). 11 Ivi, p. 979 (CCXXXVII, 31-36). Donatella Nisi, Dal latino al volgare. Echi catulliani in Petrarca 107 “Soles occidere et redire possunt; nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Da mi basia mille, deinde centum.”12 Che il mito di Endimione sia richiamato da Petrarca come un’invocazione alla morte, in opposizione alle di parole Catullo che alludono invece alla gioia di vivere e alla fugacità del tempo, è confermato da un passo del De finibus ciceroniano.13 Ed è suggestivo questo finissimo intreccio delle fonti, dove i motivi classici sono reimpiegati non già direttamente ma attraverso un processo dialettico di rimandi e allusioni,14 con una vera e propria oppositio in imitando simile a quella utilizzata nell’ambito della poesia alessandrina.15 È noto come Petrarca, per una sorta di finzione letteraria, non perda mai occasione di relegare la sua produzione volgare nella prima parte della sua carriera, quando in realtà la redazione della raccolta definitiva lo terrà impegnato fino alla morte. Tale finzione connota anche il sonetto S’i’ fussi stato fermo a la spelunca, composto anteriormente all’incoronazione capitolina (1341), dove il poeta si rammarica di non aver perseverato nell’esercizio della poesia latina, privando Firenze del suo poeta latino (l’unico degno di laurea poetica) in concorrenza con la Verona di Catullo, la Mantova di Virgilio, la Sessa Arunca di Lucilio: 12 G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 12 (V, 4-7). 13 Cfr. M. T. Cicerone, De finibus bonorum et malorum, V, xx, 5: “Itaque, ne si iucundissimis quidem nos somniis usuros putemus, Endymionis somnum nobis velimus dari, idque si accidat, mortis instar putemus”. Si veda C. Acucella, Luna, Endimione e la ‘morte nel bacio’. Poetiche e filosofie a confronto in alcune declinazioni cinquecentesche del mito, in “Griseldaonline”, XIV, 2014, all’indirizzo elettronico www.griseldaonline.it/temi/lune/luna-endimione-morte-nel-bacio-acucella.html. 14 Si veda A. Noferi, L’esperienza poetica del Petrarca, Firenze, Le Monnier, 1962, p. 191. 15 Si veda G. Velli, La memoria poetica del Petrarca, in Id., Petrarca e Boccaccio. Tradizione, memoria, scrittura, Padova, Antenore, 1979, p. 9. Parole Rubate / Purloined Letters 108 “S’i’ fussi stato fermo a la spelunca Là dove Apollo diventò profeta, Fiorenza avria forse oggi il suo poeta, non pur Verona et Mantoa et Aurunca”.16 Il richiamo a Catullo potrebbe non essere un semplice topos letterario, ma il sintomo di un rinnovato interesse per questo autore, sulla scorta delle comunicazioni filologiche che fin dal 1335 Petrarca intratteneva con Guglielmo da Pastrengo, che lo informava sui preziosi codici conservati nella cattedrale veronese, fra i quali anche i carmi catulliani.17 Tra tutte le definizioni utilizzate da Petrarca per evocare i suoi componimenti la più nota e caratteristica è nugae (“Nugellas meas vulgares”),18 che oltre a metterle in relazione proprio con l’opera catulliana, assume nell’umanista l’esatto significato classico del termine: produzione sparsa e occasionale.19 Pur non essendo un termine impiegato solo da Catullo, nugae ritorna in Petrarca come un eco del carme proemiale del Liber (“meas esse aliquid putare nugas”)20, proprio nella lettera proemiale delle Familiares del 1350 (“Sed fieri potest ut nugas meas tibi habere”).21 16 F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 761 (CLXVI, 1-4). 17 Si veda Giuseppe Billanovich, Petrarca e i libri di Verona, in Petrarca, Verona e l’Europa, cit., pp. 137-143. 18 Cfr. F. Petrarca, Lettres de la vieillesse. Tome IX. Livres XII-XV, édition critique d’E. Nota, traduction de J.-Y. Boriaud, présentation, notices et notes de U. Dotti mises en français par F. La Brasca, A.-P. Segonds, Paris, Les Belles Lettres, 2006, p. 177 (XIII, 11, 3). 19 Per le occorrenze della parola nugae nelle Familiares si veda V. Pacca, Petrarca, Bari, Laterza, 1998, p. 57. Per la presenza del termine in Orazio e S. Agostino si veda Giuseppe Billanovich, Petrarca letterato. I. Lo scrittoio del Petrarca, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1947, p. 14. 20 Cfr. G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 6 (I, 4). 21 Cfr. F. Petrarca, Familiarium Rerum Libri, in Id., Opere. “Canzoniere” – “Trionfi” – Familiarium Rerum Libri” con testo a fronte, Firenze, Sansoni, 1975, p. 244 (I, 1, 18). Su questa coincidenza si veda Guido Billanovich, Petrarca e il Catullo di Donatella Nisi, Dal latino al volgare. Echi catulliani in Petrarca 109 Del resto non è forse un caso che certi aspetti della fenomenologia erotica petrarchesca (il fuoco che consuma le midolla, la lingua legata in presenza dell’amata”) siano di derivazione catulliana (si pensi ai carmi XXXV e LI), e che molti ossimori nel Canzoniere, figure della contraddittoria complessità dell’amore e del dolore, abbiano un riscontro nella poesia del veronese (si pensi al famoso “odi et ami” del sonetto Di dì in dì vo cangiando il viso e ’l pelo che riprende il celebre incipit “Odi et amo” del carme LXXXV, o il “dolce amaro” della canzone Di pensier in pensier, di monte in monte erede del catulliano “non est dea nescia nostri, / quae dulcem curis miscet amaritiem” del carme LXVIII).22 2. L’‘imitatio’ di Petrarca Considerando il problema dell’imitazione Petrarca si richiama a quanto già espresso da Orazio e Seneca, come leggiamo nella famosa lettera inviata a Giovanni Boccaccio il 28 ottobre 1366: “Utendum igitur ingenio alieno utendumque coloribus, abstinendum verbis; illa enim similitudo latet, hec eminet; illa poetas facit, hec simias. Standum denique Senece consilio, quod ante Senecam Flacci erat, ut scribamus scilicet sicut apes mellificant, non servatis floribus sed in favos versis, ut ex multis et variis unum fiat, idque aliud et melius.”23 Nel Canzoniere sono dunque frequenti i casi in cui il tema di un autore classico è filtrato da una sapiente variazione verbale e altri in cui Verona, cit., pp. 209-212 (lo studioso dimostra che Petrarca conosceva direttamente il testo del carme e non solo la citazione pliniana nel primo libro della Naturalis Historia). 22 Cfr. rispettivamente F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 849 e p. 631 (CXCV, 7 e CXXIX, 21); G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 200 e p. 172 (LXXXV, 1 e LXVIII 17- 18). 23 F. Petrarca, Familiarium Rerum Libri, cit., p. 1233 (XXIII, 19, 13). Parole Rubate / Purloined Letters 110 agisce una raffinata contaminatio.24 Questo processo di recupero multiplo della tradizione, “in un amalgama che niente più conserva degli ingredienti originari”,25 scavalca ogni argine fra fonte latina e fonte volgare, fra prosa e poesia. Nel sonetto Beato in sogno et di languir contento, per esempio, la serie di impossibilia è corroborata da una ricca tradizione proverbiale e letteraria, classica e medievale, ma l’immagine dello scrivere nel vento è anche presente nel carme LXX di Catullo: “Beato in sogno et di languir contento, d’abbracciar l’ombre et seguir l’aura estiva, nuoto per mar che non à fondo o riva, solco onde, e n’ rena fondo, et scrivo in vento”. “Dicit; sed mulier cupido quod dicit amanti in vento et rapida scribere oportet aqua”.26 Analoga mescolanza è visibile nel sonetto Vago augelletto che cantando vai, dove Petrarca rivolgendosi all’ “augelletto” dice “verresti in grembo a questo sconsolato”.27 Si può qui ipotizzare un ricordo del famoso passer catulliano: “quicum ludere, quem in sinu tenere, cui primum digitum dare adpetenti et acris solet incitare morsus”;28 24 Si veda G. Velli, La memoria poetica del Petrarca, cit., p. 16. 25 Cfr. M. Santagata, Introduzione, in F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. LIII. 26 F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 910 (CCXII, 1-4) e G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 186 (LXX, 3-4). Si veda Il Petrarcha, col commento di M. S. Fausto da Longiano, con rimario et epiteti in ordine d'alphabeto, Venezia, Bindoni e Pasini, 1532, p. 79. La citazione ritorna in F. Petrarca, Invective contra medicum, in Id., Invective contra medicum. Invectiva contra quendam magni status hominem sed nullius scientie aut virtutis, a cura di F. Bausi, Firenze, Le Lettere, 2005, p. 54: “vos, si glorie cupiditate tangimini, in vento et aqua scribite” (II, 18). Si veda P. de Nolhac, Pétrarque et l’humanisme, cit., p. 169. 27 Cfr. F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 1352 (CCCLIII, 1 e 7). 28 G. V. Catullo, Le poesie, cit., pp. 6-8 (II, 2-4). Donatella Nisi, Dal latino al volgare. Echi catulliani in Petrarca 111 ma l’immagine, con una marcata corrispondenza lessicale petrarchesca, è presente pure nel carme III (“nec sese a gremio illius movebat”),29 vicino al sonetto anche per il tema del compianto del defunto. È stato del resto Ludovico Castelvetro a richiamare per primo questa medesima poesia, come riferimento per i versi iniziali del sonetto Piangete, donne, et con voi pianga Amore in morte di Cino da Pistoia: “Piangete, donne, et con voi pianga Amore; piangete, amanti, per ciascun paese, poi ch’è morto collui che tutto intese”. “Lugete, o Veneres Cupidinesque et quantum est hominum venustiorum. Passer mortuus est meae puellae”.30 La contaminazione avviene spesso fra più testi classici paralleli, fra i quali il Liber catulliano è ben presente. Pensiamo per esempio all’esordio della canzone Che debb’io far? Che mi consigli, Amore? (“Tempo è ben di morire”), che suggerisce sì un richiamo a Catullo (“Quid est, Catulle, quid moraris emori?”),31 ma al tempo stesso evoca – più da vicino ancora – il famoso “Quid mori cessas?” oraziano.32 Analogamente il sonetto Al cader d’una pianta che si svelse presenta un’immagine che riporta a Virgilio: “vidi un’altra ch’Amor obiecto scelse, subiecto in me Callïope t Euterpe; 29 Cfr. ivi, p. 10 (III, 8). Per una discussione sulla conoscenza diretta o indiretta del passer catulliano da parte di Petrarca, sul filo di altre citazioni, si veda P. de Nolhac, Pétrarque et l’humanisme, cit., p. 165 e U. Bosco, Il Petrarca e l’umanesimo filologico (Postille al Nolhac e al Sabbadini), cit., pp. 210-211; e da ultimo Guido Billanovich, Petrarca e il Catullo di Verona, cit., pp. 193-195. 30 F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 450 (XCII, 1-3) e G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 8 (III, 1-3). Si veda Le rime del Petrarca, cit., p. 176. 31 Cfr. F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 1079 (CCLXVIII, 2) e G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 78 (LII, 1). Si veda F. Petrarca, Canzoniere. Rerum vulgarium fragmenta, a cura di R. Bettarini, Torino, Einaudi, 2005, vol. I, p. 1205. 32 Cfr. Orazio, Odae, III, xxvii, 58. Parole Rubate / Purloined Letters 112 che ’1 cor m’avinse, et proprio albergo felse, qual per trunco o per muro hedera serpe.” “ […] atque hanc sine tempora circum inter victrices hederam tibi serpere lauros”;33 ma anche a Catullo: “mentem amore revinciens, ut tenax hedera huc et huc arborem implicat errans”.34 E questo stesso carme trova un’eco pure nel sonetto petrarchesco Se bianche non son prima ambe le tempie: “Se bianche non son prima ambe le tempie ch’a poco a poco par che ’l tempo mischi”; “usque dum tremulum movens cana tempus anilitas”;35 ma il passo ricorda anche Ovidio: “Iam mihi canities pulsis melioribus annis venerat, antiquas miscueratque comas”.36 Così nella canzone Chiare, fresche et dolci acque il verso “a le dolenti mie parole extreme” ricalca di Virgilio “Haec precor, hanc vocem 33 F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 1225 (CCCXVIII, 5-8) e Virgilio, Eclogae, VIII, 12-13. Si veda A. Daniele, Lettura del sonetto petrarchesco “Al cader d’una pianta che si svelse” (CCCXVIII), in “Revue des Études Italiennes”, XXIX, 1983, pp. 42-57. 34 G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 92 (LXI, 33-35). 35 F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 424 (LXXXIII, 1-2) e G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 102 (LXI, 161-162). Si veda R. Ellis, Catullus in the XIVth Century, cit., p. 22. 36 Ovidio, Tristia, IV, x, 93-94. Si veda F. Petrarca, Canzoniere. Rerum vulgarium fragmenta, cit., vol. I, p. 417. Donatella Nisi, Dal latino al volgare. Echi catulliani in Petrarca 113 extremam cum sanguine fundo”,37 ma vicino è anche il catulliano “atque haec extremis maestam dixisse querelis”.38 Tutte le citazioni petrarchesche di questa poesia, l’epitalamio di Peleo e Tetide, sono tratte dalla descrizione del letto con l’episodio di Arianna39 e tre postille di Petrarca nel codice del Virgilio Ambrosiano vi fanno riferimento con il titolo Peplon (estraneo alla tradizione).40 Due luoghi del carme, durante il racconto del mito di Arianna abbandonata da Teseo, evocano l’immagine del vento che porta via le parole insieme con le promesse d’amore. La seconda occorrenza ha un’eco nel sonetto petrarchesco Oimè il bel viso, oimè il soave sguardo, dove la morte di Laura priva l’amante di ogni speranza: “Di speranza m’empieste et di desire, quand’io partì’ dal sommo piacer vivo; ma ’l vento ne portava le parole”. “At non haec quondam blanda promissa dedisti voce mihi, non haec, miserae, sperare iubebas, sed conubia laeta, sed optatos hymenaeos 37 Cfr. Id., Canzoniere, cit., p. 588 (CXXVI, 13) e Virgilio, Aeneis, IV, 621. Si veda Sonetti Canzoni e Triomphi di M. Francesco Petrarca, con la spositione di B. Daniello da Lucca, Venezia, Nicolini da Sabbio, 1549, p. 85. 38 Cfr. G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 134 (LXIV, 130). Si veda Le rime del Petrarca, cit., p. 231. 39 Si veda U. Bosco, Il Petrarca e l’umanesimo filologico (Postille al Nolhac e al Sabbadini), cit., p. 208. Castelvetro propone anche LXIV, 72 e LXIV 238-240 rispettivamente per per la canzone Se ’l pensier che mi strugge (CXXV, 2) e per la sestina L’aere gravato, et l’importuna nebbia (LXVI,16). Si veda Le rime del Petrarca, cit., p. 225 e p. 133. 40 Si veda F. Petrarca, Le postille del Virgilio Ambrosiano, a cura di M. Baglio, A. Nebuloni Testa e M. Petoletti, Roma-Padova, Antenore, 2006, vol. I, p. 340 e p. 456 e vol. II, p. 613. Per una ricostruzione del dibattito sul rapporto di Petrarca con questo carme si veda U. Bosco, Il Petrarca e l’umanesimo filologico (Postille al Nolhac e al Sabbadini), cit., pp. 208-209; B. L. Ullman, Petrarch’s Acquaintance with Catullus, Tibullus, Propertius, cit., pp. 193-194; Giuseppe Billanovich, Il Catullo della Cattedrale di Verona, cit., pp. 41-42; M. Fiorilla, Postille a Pomponio Mela tra Petrarca e Guglielmo da Pastrengo, in “L’Ellisse”, III, 2009, pp. 11-26. Un riferimento inappropriato al carme LXIV per un verso del sonetto O giorno, o hora, o ultimo momento, mostrato per primo da Nolhac, è stato giustamente escluso da D. R. Stuart, Petrarch’s Indebtedness to the “Libellus” of Catullus, cit., p. 16. Parole Rubate / Purloined Letters 114 quae cuncta aerii discerpunt irrita venti”.41 La prima occorrenza invece (“irrita ventosae linquens promissa procellae”) è collegata dallo stesso Petrarca a Stazio in una postilla al Virgilio Ambrosiano (“Irrita ventose rapiebant verba procelle”),42 con una citazione ulteriore nel Secretum (“Rapiant venti tamen ista que loquimur, et spargat augurium procelle”).43 La fonte staziana, con il vento che dissolve le parole di Achille separato da Deidamia, sembra essere all’origine del sonetto O giorno, o hora, o ultimo momento: “Or conosco i miei danni, or mi risento: ch’i’ credeva (ahi credenze vane e ’nfirme!) perder parte, non tutto, al dipartirme; quante speranze se ne porta il vento!”44 Ma le speranze corrispondono ancora ai promissa catulliani come nell’occorrenza precedente, e del resto i verba staziani portati via dal vento trovano ancora una volta riscontro nei dicta di un altro carme, come se in Petrarca agisca qui un incrocio intertestuale45 ovvero una duplice memoria poetica: 41 F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 1076 (CCLXVII, 12-14) e G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 134 (LXIV, 139-142). Sottolineature nostre. Si veda Sonetti Canzoni e Triomphi di M. Francesco Petrarca, cit., p. 160. 42 Cfr. G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 128 (LXIV, 59) e Stazio, Achilleis, I, 960. Sottolineature nostre. Si veda F. Petrarca, Le postille del Virgilio Ambrosiano, cit., vol. I, p. 456. 43 Si veda Id., Secretum, a cura di E. Carrara, introduzione di E. Martellotti, Torino, Einaudi, 1977, p. 120 (III). 44 Id., Canzoniere, cit., p. 1284 (CCCXXIX, 5-8). Si veda R. Ellis, Catullus in the XIVth Century, cit., pp. 22-23. 45 Meno probante è la corrispondenza fra il sonetto Signor mio caro, ogni pensier mi tira (“portato ò in seno, et già mai non mi scinsi”) e il Liber catulliano (“quem in sinu tenere”), poiché Petrarca pensa piuttosto ad una lettera ciceroniana (“Mihi crede, in sinu est neque ego discingor”). Cfr. F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 1072 (CCLXVI, 14); G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 6 (II, 2); Cicerone, Epistulae ad Quintum fratrem, II, xiii, 1. Analogamente la canzone Standomi un giorno solo a la fenestra evoca la morte di Euridice (“punta poi nel tallon d’un picciol angue, / come fior Donatella Nisi, Dal latino al volgare. Echi catulliani in Petrarca 115 “Idem nunc retrahis te ac tua dicta omnia factaque ventos irrita ferre ac nebulas aerias sinis”.46 Tutto ciò concorre a mettere in risalto nell’opera petrarchesca la tecnica compositiva della mellificatio senecana. Se è vero, in conclusione, che lo scenario interpretativo degli echi catulliani nel Petrarca latino si presenta vasto ed aperto, anche lo studio dei riferimenti catulliani nella poesia petrarchesca in volgare, di fatto, ha dimostrato il frequente ricorso del poeta all’imitatio umanistica, con lo scopo di creare il ‘nuovo’ che formerà la base della lingua poetica italiana. colto langue”) rinviando a Ovidio ma soprattutto a Virgilio (“purpureus veluti cum flos succisus aratro / languescit moriens” e “qualem virgineo demesum pollice florem / seu mollis violae seu languentis hyacinthi”),45 mentre il passo catulliano parallelo (“cecidit velut prati / ultimi flos, praetereunte postquam / tactus aratro est”)45 agisce semmai nella memoria virgiliana. Cfr. F. Petrarca, Canzoniere, cit., p. 1244 (CCCXXIII, 69-70); Virgilio, Aeneis, IX, 435-436 e XI, 68-69; G. V. Catullo, Le poesie, cit., p. 24 (XI, 22- 24). 46 Ivi, p. 50 (XXX, 9-10). Sottolineatura nostra. Copyright © 2019 Parole rubate. Rivista internazionale di studi sulla citazione / Purloined Letters. An International Journal of Quotation Studies Blank Page