JLIS.it Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015) DOI: 10.4403/jlis.it-10908 Sapere digitale e pensiero critico. Intorno al convegno “Noetica versus Informatica: le nuove strutture della comunicazione scientifica” (Roma, 19-20 novembre 2013) Luigi Catalani Merito di Alfredo Serrai, direttore scientifico del convegno internazionale “Noetica versus Informatica: le nuove strutture della comunicazione scientifica”, non è stato soltanto quello di aver riunito venti rinomati docenti ed esperti, tra filosofi, docum entalisti, scienziati e tecnologi per discutere intorno alle questioni più attuali relative alla gestione della conoscenza e alla trasmissione del sapere scientifico, ma anche quello di aver offerto, fin dall’enunciazione del titolo del convegno, una chiav e di lettura funzionale ad una riflessione interdisciplinare sulle profonde trasformazioni che la cultura digitale sta generando non solo nelle pratiche dei professionisti del settore ma, ad un livello filosoficamente più pregnante, nei processi cognitivi dei fruitori della conoscenza 1. 1 Il conve gno, promosso e orga nizza to da P romoroma, si è svolto il 19 e il 20 nove mbre 2013 a Roma , ne lla splendida cornice de l T e mpio di Adria no. Ringra zio Fia mme tta L. Ca ta la ni, Sapere d igitale e pensiero critico. JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 208 1 Il conflitto epistemico Ponendo con la sua consueta nitidezza intellettuale la questione del conflitto epistemico in atto fra noetica e informatica, Serrai (L’informazione può essere indipendente dalla Noesi? ) ha posto all’ordine del giorno di tutti gli addetti ai lavori l’urgenza di un approfondimento teorico dell’impatto delle nuove tecnologie dell’informazione sull’insieme delle scienze della documentazione, che sono chiamate ad elaborare in tempi brevi strategie effica ci non solo di ‘resistenza’ ma anche di rilancio del proprio ruolo in un contesto culturale, professionale e informazionale che negli ultimi due decenni è radicalmente cambiato. Il riconoscimento della contrapposizione, forse inevitabile, tra l’impianto noetico tradizionale e le regole delle reti informatiche, non è dunque una distaccata presa d’atto di uno stato delle cose neutrale, bensì una chiave di lettura critica, ossia epistemicamente problematica, che l’intensa due giorni romana ha non solo legittimato ma rinforzato nelle sue ragioni speculative e nei suoi presupposti concettuali di fondo. Come sfruttare gli indiscutibili vantaggi derivanti dalle nuove tecnologie informatiche senza abdicare alla propria funzione culturale e alla propria autorevolez za sociale? Mediatori dell’informazione, data scientists e gestori della conoscenza condividono un misto di entusiasmo e disagio, ma è solo da una riflessione comune provocata da un malcelato senso di inquietudine che può nascere una nuova consapevolezza e un rafforzamento delle proprie prerogative professionali. Se è vero che l’informazione non può considerarsi indipendente dalla noesi, in quanto i dati si fanno informazione solo a fronte di un sistema cognitivo e ricettivo, è altrettanto vero che l’evoluz ione Sa bba , coordina trice scie ntifica de l conve gno, e Fiore lla Ca rne va le , se gre ta ria orga nizza tiva , pe r a ve rmi a ge vola to ne lla ra ccolta de i ma te ria li de l conve gno. JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015) JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 209 informatica non dovrebbe trascurare il plurisecolare contributo teorico proveniente dalla «scienza delle scienze», la bibliografia, da intendersi, come avvertì già Gabriel Naudé nel 1633, non come un mero elenco alfabetico di autori e opere, bensì com e la loro «disposizione ordinata e sistematica» (oeconomia), come metastruttura logico-noetica, ossia come la disciplina che presiede all’organizzazione scientifico-teoretica delle conoscenze (Serrai 1973). Serrai auspica dunque che informatici e bibliogra fi cooperino per l’allestimento di strutture informazionali universali, facendo tesoro dell’inadeguatezza dei sistemi classificatori tradizionali, e delle potenzialità cognitive legate alla prospettiva di una mente allargata. La predisposizione di un’enciclopedia informatica del sapere universale è in fondo un’impresa essenzialmente bibliografica e non meramente elettronica, giacché presuppone l’individuazione e la classificazione del corpus testuale esistente. 2 Quale intelligenza? In gioco non c’è soltanto il destino della nostra tradizione bibliografica bensì, come ha mostrato con grande efficacia Luciano Floridi (Presente e futuro prossimo dell’intelligenza artificiale), la centralità stessa dell’uomo nel processo di gestione dell’informazione, che la rivoluzione informatica (battezzata dal filosofo la «quarta rivoluzione») ha definitivamente ridimensionato, in seguito alla diffusione esponenziale di macchine che processano e manipolano informazioni in modo autonomo (Floridi 2012). In un mondo avvolto da tecnologie, alle quali affidiamo settori sempre più consistenti e sensibili della nostra esistenza, Floridi avverte che occorre ed occorrerà sempre più intelligenza, intesa come la capacità di interrogare l’enorme mole di dati (dai quali rischiamo a ltrimenti di essere travolti senza riuscire ad estrarne informazioni L. Ca ta la ni, Sapere d igitale e pensiero critico. JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 210 epistemologicamente produttive) che nella maggior parte sono prodotti, elaborati e comprensibili soltanto dalle macchine. Se dunque la rivoluzione dell’informazione ci consente di comprendere meglio non tanto il futuro prossimo delle presunte macchine intelligenti, quanto alcuni aspetti rilevanti del nostro stare nel mondo, la metafora della «mente estesa», ripresa da Alberto Oliverio (Cervello, tecnologie e mente estesa), serve a ricordar ci che la nostra produzione intellettuale dipenderà in misura sempre maggiore dall’apporto di tecnologie capaci di aumentare le potenzialità della mente umana. È la prospettiva del filosofo della mente Daniel Dennett, che ha definito gli esseri umani «macc hine cognitive», e del filosofo cognitivo Andy Clark, che ha utilizzato il termine «wideware» per indicare la struttura allargata della mente intesa come frutto dell’incontro di cervello, corpo e realtà esterna. Una prospettiva che lo stesso Floridi giudica interessante (prima che lo dimostrassero i neuroscienziati, già Platone – come ha ricordato Flavia Cristiano – riflettendo nel Fedro sul passaggio dall’oralità alla scrittura, aveva intuito che gli strumenti di cui si serve la mente umana producono inevitabilmente effetti sulla mente stessa), ma sulla quale lo stesso filosofo esprime qualche riserva, motivata da due considerazioni: i filosofi della mente non hanno finora elaborato una definizione concorde della mente; la teoria della mente estesa è basata sulla centralità della mente, che in realtà oggi, come si è visto, appare ampiamente compromessa. 3 Quale informatica? D’altro canto la rivoluzione informatica è un fenomeno tutt’altro che neutrale e monolitico: anche la sua manifestazione più recente, ossia il w orld w ide w eb, capace di modificare radicalmente in appena vent’anni le strutture della conoscenza scientifica, ha già alle sue spalle una storia piuttosto sfaccettata (Castellucci 2009), nella quale JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015) JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 211 la biblioteconomia si è inizialmente riconosci uta, per poi ritrarsi dinanzi alle recenti derive di massificazione e commercializzazione. Alberto Petrucciani (Convergenza o divaricazione? La crisi dei paradigmi di organizzazione dell’informazione) ha mostrato come il passaggio dal primo w eb, inteso principalmente come strumento di documentazione, al secondo w eb, inteso come strumento di comunicazione, abbia comportato il progressivo, netto allontanamento dalle funzioni bibliografiche cui spontaneamente veniva accostato dagli addetti ai lavori. E così qu ella che inizialmente appariva come una possibile convergenza tra l’elaborazione concettuale della scienza bibliografica e la realizzazione di infrastrutture tecnologiche per la gestione dell’informazione, si è poi rivelata come una divaricazione sempre più ampia tra un paradigma volto a favorire lo sviluppo di conoscenza ed un altro orientato al business. Una critica agli sviluppi recenti della net society che nel contributo di Osvaldo Duilio Rossi e Gabriele Alese (Rete, cultura e dissenso. L’autorete della Net Society) appare ancora più circostanziata, corroborata da modelli di pensiero critico (Adorno, Debord, Baudrillard, Foucault, Heidegger) che appaiono particolarmente appropriati alla denuncia dei social network come nuova industria di un sapere pragmatico, conformista e omologante, che nulla a che fare con il sapere scientifico. Il w eb 2.0 è una rete opaca e pervasiva, che si piega alle istanze di profitto dell’industria culturale attraverso un sofisticato controllo sociale e una sistematica espulsio ne del dissenso (Metitieri 2009). L’ambiguità epistemica dei social netw ork in quanto collettori decentralizzati di informazioni e di preferenze provoca un’asimmetria informativa, laddove gli utenti devono invece rassegnarsi a perdere le tracce dei propri comportamenti online. Le conseguenze delle ultime tendenze della rete si estendono a vari livelli: il deprezzamento della merce intellettuale, la disgregazione della paternità e dell’autorevolezza del pensiero , la messa in L. Ca ta la ni, Sapere d igitale e pensiero critico. JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 212 discussione dell’attendibilità delle informazioni – su cui si è soffermata Judith Simon (Trust, knowledge and technologies of information, communication and computation) – infine la necessità di nuove specializzazioni professionali e la produzione di un nuovo sapere, il know ledge management, per la gestione dell’enorme patrimonio di dati e di informazioni posseduto dalle organizzazioni. Come ha sottolineato Domenico Bogliolo (Lo Zen e l’arte della manutenzione del Knowledge Management), nell’ambito del know ledge management, la produzione di conoscenza è l’esito di un processo fluido, caotico (quindi non replicabile da un calcolatore), per cui ne deriva una concezione dell’informazione intesa come potenziale epistemologico in divenire piuttosto che come dato codificato, ordinato e cristallizzato in un database. Non meno riuscito è risultato il tentativo di Paola Castellucci (S ense AND Sensibility: l’algoritmo di Google) di svelare alcuni meccanismi tutt’altro che trascurabili di Google, analizzato come fenomeno insieme tecnologico e culturale, ossia come macchina narrativa e interfaccia cognitiva capace di stimolare, attraverso strumenti simbolici (che la Castellucci decodifica mediante il confronto con le questioni epistemologiche che emergono dalla lettura del celebre romanzo Sense and Sensibility), tanto gli umanisti quanto i tecnologi. Come nel romanzo di Jane Austen, le nuove modalità di conoscenza rendono inadeguati gli strumenti interpretativi tradizionali e richiedono l’utilizzo combinato di codici cognitivi diversi, capaci di cogliere nuove chiavi di lettura e di produrre altri strumenti di conoscenza. 4 Biblioteche, trasparenza, condivisione Per quanto riguarda gli aspetti più legati alla pratica professionale, le nuove tecniche di memorizzazione e comunicazione informatica hanno provocato un ripensamento e una ridefinizione dei servizi bibliotecari, costretti a confrontarsi con l’offerta della rete e a JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015) JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 213 ripensarsi per continuare a offrire, in un contesto informazionale profondamente rinnovato, la garanzia della conservazione dei documenti e del rinvenimento dei corrispondenti nuclei semantici, favorendo così la generazione di nuova conoscenza. Come ha messo in evidenza Giovanni Solimine (La comunicazione scientifica, le promesse dell’informatica e la funzione formativa delle biblioteche), gli utenti della rete, inebriati da un senso di ‘onnipotenza informazionale’, tendono a perdere di vista il contesto nel quale vengono prodotti i contenuti, rinunciando a quelle operazioni di analisi, selezione e validazione delle informazioni , tipiche di ogni agenzia di intermediazione culturale, che agli addetti ai lavori appaiono invece come attività indispensabili per chiunque voglia districarsi nel mare magnum del docuverso o dell’infosfera, per usare i due efficaci concetti teorizzati ris pettivamente da Ted Nelson e Luciano Floridi. Per far sì che i raffinati servizi messi a punto dalla comunità bibliotecaria non restino sottoutilizzati, penalizzati paradossalmente proprio dalla loro ‘trasparenza’, Solimine suggerisce di accentuare la funz ione formativa delle biblioteche incoraggiando le attività di information literacy (Solimine 2010). D’altro canto, Alberto Petrucciani ha ricordato che il mondo delle biblioteche, mosso da sincero interesse verso le nuove tecnologie informatiche, ha saputo cogliere con grande rapidità le opportunità messe a disposizione dalla rete. Emblematico il caso delle biblioteche digitali – che Anna Maria Tammaro (Biblioteche digitali come strumento per gli studi filologici) ha descritto con particolare riferimento a lla filologia computazionale inaugurata intorno alla metà del secolo scorso da padre Roberto Busa (Tammaro e Salarelli 2006) – ossia collezioni che prendono le mosse da un’inevitabile selezione dei contenuti (operazione sempre rischiosa o discutibile, come avverte Serrai), ma che si basano su un’attività realmente collaborativa e capace di coinvolgere gli stessi utenti secondo modalità di interazione ben diverse da quelle consentite dai sistemi di condivisione delle informazioni tipici del w eb 2.0, nei qual i Osvaldo L. Ca ta la ni, Sapere d igitale e pensiero critico. JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 214 Duilio Rossi e Gabriele Alese hanno riconosciuto, come detto, una nuova, subdola modalità di esercizio del controllo (e del potere). Un’altra buona pratica è rappresentata dalla strategia dell’accesso aperto alla conoscenza scientifica, ossia del la libera circolazione dei risultati della ricerca, in merito alla quale Paola Gargiulo (L’accesso aperto alla conoscenza tra opportunità e barriere) ha evidenziato opportunità e possibili sviluppi: il modo stesso di fare ricerca può avvantaggiarsi delle potenzialità delle nuove piattaforme di condivisione di contenuti nella misura in cui sposa con convinzione il concetto di trasparenza. Un concetto che invece Google, come è emerso dalla relazione di Paola Castellucci, esalta mimando in realtà l’etica dell’open access, giacché custodisce le sue infrastrutture tecnologiche con rigidi brevetti. 5 Semantica, ontologie, metadati Un punto irrisolto, su cui informatici, bibliografi e bibliotecari dovranno impegnarsi ancora a lungo in un lavoro auspicabilmente sinergico, è quello relativo alla traduzione semantica della conoscenza, ossia ad una mappatura della noesi concettuale. Se è vero, come ha ricordato Alfredo Serrai, che la conoscenza è formalizzabile (e quindi informatizzabile) soltanto per segmenti limitati e che i metodi tradizionali di indicizzazione bibliografica e documentaria appaiono oggi ancora più inadeguati di fronte all’impetuoso incremento dell’informazione scientifica, è altrettanto vero, come ha fatto notare Luciano Floridi, che i computer sono a semantica zero, o quasi. C’è da chiedersi allora, come ha invitato a fare Flavia Cristiano, se l’evoluzione del w eb semantico potrà restituire una centralità al ruolo delle biblioteche, rinnovando magari l’ideale della biblioteca come luogo di conservazi one del sapere universale preconizzato nel 1715 da Leibniz nel frammento Apokatastasis panton (Givone 2005). JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015) JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 215 Il passaggio dal web di documenti (i cui dati sono fusi con il testo), al w eb semantico o w eb di dati, inteso come un contenitore di cose reali e di concetti astratti (ontologie) nel quale i collegamenti hanno un loro specifico significato formalizzato in una struttura interpretabile e utilizzabile da una macchina (la grammatica delle triple RDF), può rappresentare, come ha spiegato Mauro Guerrini (Classificazioni del sapere e ontologie nel web semantico), una straordinaria occasione per favorire l’integrazione dell’enorme mole di dati contenuta nei cataloghi delle biblioteche con il vastissimo contesto informativo del w eb (Di Noia et al. 2013) La strada indicata da Guerrini, che riprende le raccomandazioni sull’argomento della Library of Congress, è l’adozione della tecnologia dei linked data, che consente anche ai bibliotecari di pubblicare i propri dati sul w eb in una modalità leggibile, interpretabile e utilizzabile da una macchina (Guerrini e Possemato 2012, Iacono 2014). Se i dati bibliografici non diventeranno aperti, granulari e linkabili, ammonisce Guerrini, le risorse bibliografiche a cui i dati bibliografici si riferiscono e le stesse biblioteche saranno destinate a un rapido declino e ad un futuro di marginalità. Tuttavia, ha avvertito Aldo Gangemi (La semantica del Web: tecnologia, fatti e narrazioni), la semantica del w eb appare ancora oggi decisamente inadeguata rispetto alla semantica della realtà (diremmo all’ontologia in senso forte). Nonostante i linked data siano capaci si sviluppare nuova conoscenza attraverso modalità grafiche di esplorazione anche molto accattivanti, le triple RDF da sole non bastano a spiegare i fatti. Ciò che manca, secondo Gangemi, è una capacità semantica più complessa di aggregare queste triple, ovvero una semantic data science che consenta alle macchine di leggere dati strutturati e di percepire i contesti dei termini. Giovanna Granata (A cavallo della tigre? Il catalogo tra web 2.0 e semantic web) ha espresso nel suo intervento una posizione particolarmente critica, e non priva di motivi di vero interesse, mettendo in guardia dai rischi derivanti dall’eventuale confluenza L. Ca ta la ni, Sapere d igitale e pensiero critico. JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 216 dei metadati bibliografici nel mare magnum dei dati del w eb semantico, che potrebbe configurarsi nella sua visione come un abbraccio mortale. I sempre più diffusi discovery tools testimoniano come la logica del w eb 2.0 stia snaturando gli Opac, allontanandoli dalla logica dei database e della metadatazione strutturata, e assimilandoli progressivamente ai sistemi di information retrieval che semplificano, impoverendola, la possibilità di ricerca. Per cui l a liberazione dei metadati nel web semantico potrà servire a collegare dati provenienti da ambiti diversi, ma non dovrà incidere sul modello biblioteconomico di conoscenza, a meno che non si voglia abdicare alla propria specificità in cambio di una maggior e accessibilità e popolarità, che però comporta, avverte la Granata, una perdita di efficacia, un aumento di rumore e un incremento di quell’ambiguità semantica che tutti dicono di voler ridurre. Nel momento in cui il w eb ha scoperto i metadati (che nel web semantico sono comunque pensati come dati) e quindi i limiti dell’information retrieval classico, sarebbe paradossale, se non addirittura masochistico, se i bibliotecari pensassero di entrare in competizione con il w eb agevolando la fuoriuscita dei dati bibliografici dal loro contenitore naturale (il catalogo) e la diluizione informativa delle miniere di metadati strutturati e vocabolari controllati nel grande mare della rete. 6 Bibliografia e organizzazione della conoscenza Dovrebbe apparire chiaro, a questo punto, che per affrontare e provare a risolvere nel modo più indolore possibile le sfide lanciate dalla rivoluzione informatica, occorre considerare, come suggerisce Fiammetta Sabba (La Biblioteca digitale tra risorsa e aspirazione del bibliografo), il futuro della comunicazione scientifica non tanto in relazione a problemi di natura materiale, quanto a questioni inerenti l’ordinamento e la ricerca delle testimonianze culturali. L’avvento delle nuove tecnologie non ha fatto altro che amplificare i nod i JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015) JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 217 problematici dell’organizzazione scientifica, che tuttavia restano – come ha ricordato Serrai – di competenza bibliografica e non di pertinenza informatica. Lungi dall’essere relegata ad occuparsi dei soli testi a stampa, la bibliografia – il cui esercizio come prassi di esplorazione e di conoscenza è stato oggetto della relazione di Raphaële Mouren (e- bibliographie: le bibliographe peut-il abandonner le papier?) – dovrebbe riaffermare il suo impegno e la sua vocazione a garantire la reperibilità delle testimonianze documentarie, a prescindere dalla diversità dei supporti e delle tecniche di registrazione dei testi. Se pertanto l’oggetto di interesse della bibliografia è la bibliotheca nel duplice senso di elenco segnaletico ma soprattutto di collezione, i l bibliografo può proporsi, dinanzi al moltiplicarsi dei progetti di biblioteche digitali, come l’architetto dell’infrastruttura cognitiva del sapere scientifico, colui che è in grado di offrire, secondo la Sabba, quel coordinamento teorico e progettuale di cui si avverte la mancanza e che le biblioteche hanno creduto di poter trovare nel w eb. A chi, come David W einberger (2011), crede che la conoscenza non risieda nelle biblioteche ma nella rete, andrebbe ricordato che l’accesso aperto alla conoscenza rich iede una capacità di critica, valutazione e contestualizzazione delle fonti anche maggiore che in passato, per cui, avverte ancora Serrai, se da un lato le nuove tecniche di memorizzazione e comunicazione informatica sembrano poter fare a meno delle tradiz ionali impalcature semantiche e cognitive, dall’altro le mappe dell’universo bibliografico restano strumenti irrinunciabili per chiunque voglia attingere la sostanza noetica, testuale e scientifica dei libri. La ‘bibliografia indicale’, come la battezzò Serrai nella sua Storia della bibliografia, ossia l’insieme delle strutture indicali allestite dai bibliografi (dai loci di Conrad Gessner in avanti) può esser fatto confluire, se si segue l’indicazione fornita da Maria Teresa Biagetti (L’organizzazione della conoscenza, tra le esigenze della ricerca semantica e L. Ca ta la ni, Sapere d igitale e pensiero critico. JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 218 le soluzioni offerte dall’Informatica), nel vasto campo della know ledge organization, intesa come teoria generale dell’organizzazione del sapere, che si fa carico delle problematiche legate all’organizzazione della conoscenza registrata in qualsiasi tipo di documento (Gnoli 2006). L’organizzazione della conoscenza può esser fatta rientrare a sua volta nella scienza dell’informazione, che studia più in generale gli aspetti relativi alla raccolta, all’organizzazione, all’interpretazione e alla disseminazione della conoscenza registrata, e che contempla anche i sistemi di information retrieval e multimedia information retrieval (come lo strumento per la ricerca della musica digitale SoundHound, analizzato da Alberto Salarelli (Il Multimedia Information Retrieval in ambito musicale: alcune considerazioni sul caso SoundHound), la bibliometria e le ontologie (Salarelli 2012). Per esprimere il potenziale epistemologico dei documenti, in particolare nel campo delle humanities, si rivela ancora oggi fondamentale l’operazione dell’indicizzazione semantica, che allo stato attuale non può fare a meno del lavoro intellettuale dell’essere umano, l’unico che può garantire una pluralità di approcci interpretativi e di prospettive di ricerca (Gnoli 2008). Per non perdere la connessione intellettuale dell’uomo con la sostanza noetica dei libri, cui fa riferimen to nel 1492 Giovanni Tritemio nel suo Elogio degli amanuensi, occorre ripulire il granaio della mente dalle cose inutili (seguendo la metafora dello stesso Tritemio, evocata nella relazione di Giorgio Montecchi Scrivere e leggere con la mente: la voce, la pagina e il testo dal manoscritto al libro tipografico) per riempirlo di contenuti ricchi di potenziale epistemologico, stabili, accurati e durevoli, che il bibliografo benedettino, il quale pure ammetteva i vantaggi della stampa tipografica, riconosceva s oltanto nel libro manoscritto (Tritemio 1997). Apparirà allora meno azzardato, in un’epoca caratterizzata anch’essa, cinque secoli dopo, da profonde trasformazioni delle strutture e delle forme della comunicazione scientifica (alcune delle quali sono appena agli albori, come ha mostrato la relazione di Fabio JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015) JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 219 Venuda (Testi, Rete e modalità di lettura) sull’attuale fase ‘incunabolistica’ della diffusione del libro digitale, il richiamo dello stesso Montecchi al modello degli enciclopedisti altomedievali (Cassiodoro, Beda il Venerabile, Ugo di san Vittore), la cui sensibilità intellettuale si è tradotta in una mirabile opera di categorizzazione del reale e di organizzazione logica del sapere2. Bibliografia Castellucci, Paola. 2009. Dall’ipertesto al web. Storia culturale dell’informatica. Roma: Laterza. Di Noia, Tommaso, Roberto De Virgilio, Eugenio Di Sciascio, e Francesco Maria Donini. 2013. Semantic web. Tra ontologie e Open Data. Milano: Apogeo. Floridi, Luciano. 2012. La rivoluzione dell’informazione. Torino: Codice. Givone, Sergio. 2005. Il bibliotecario di Leibniz. Torino: Einaudi. Gnoli, Claudio, Vittorio Marino, e Luca Rosati. 2006. Organizzare la conoscenza. Dalle biblioteche all’architettura dell’informazione per il Web . Milano: Hops Tecniche Nuove. Gnoli, Claudio, e Carlo Scognamiglio. 2008. Ontologia e organizzazione della conoscenza. Introduzione ai fondamenti teorici dell’indicizzazione semantica. Lecce: Pensa multimedia. Guerrini, Mauro, e Tiziana Possemato. 2012. "Linked data: un nuovo alfabeto del W eb semantico.", Biblioteche oggi 30 (3): 7-15. Iacono, Antonella. 2014. Linked data. Roma: Associazione Italiana Biblioteche. Metitieri, Fabio. 2009. Il grande inganno del web 2.0. Roma: Laterza. 2 Gli a tti de l conve gno, a cura di Fiammetta Sa bba, sono in corso di sta mpa pre sso la ca sa e ditice Olschki. L. Ca ta la ni, Sapere d igitale e pensiero critico. JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 220 Salarelli, Alberto. 2012. Introduzione alla scienza dell’informazione. Milano: Bibliografica. Serrai, Alfredo. 1973. Biblioteconomia come scienza: introduzione ai problemi e alla metodologia. Firenze: Olschki. Solimine, Giovanni. 2010. La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio. 5th ed. Roma: Laterza. Tammaro, Anna Maria, e Alberto Salarelli. 2006. La biblioteca digitale. 6th ed. Milano: Bibliografica. Tritemio, Giovanni. 1997. Elogio degli amanuensi. Palermo: Sellerio. W einberger, David. 2011. Too Big to Know. Rethinking Knowledge Now That the Facts Aren’t the Facts, Experts Are Everywhere, and the Smartest Person in the Room. New York: Basic Books. (W einberger, David. 2012. La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della rete. Torino: Codice.). LUIGI CATALANI, Biblioteca Provinciale di Potenza. lcatalani@unisa.it Catalani, Luigi. "Sapere digitale e pensiero critico. Intorno al convegno “Noetica versus In formatica: le nuove strutture della comunicazione scientifica" (Roma, 19-20 novembre 2013)”. JLIS.it 6, 1 (January 2015): Art. #10908. doi: 10.4403/jlis.it -10908. ABSTRACT: Scopo di questo contributo è quello di esporre le risultanze del convegno internazionale "Noetica versus Informatica: le nuove strutture della comunicazione scientifica", svoltosi a Roma dal 19 al 20 novembre 2013. Alla luce del conflitto epistemico enunciato nel titolo, si è cercato di evidenziare i principali nodi concettuali emersi durante le quattro sessioni di lavoro, che invitano ad un'attenta riconsiderazione del ruolo della bibliografia, dei servizi bibliotecari e dei paradigmi tradizionali dell'organizzazione http://dx.medra.org/10.4403/jlis.it-10908 JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015) JLIS.it. Vol. 6, n. 1 (Ja nua ry 2015). Art. #10908 p. 221 dell'informazione, soprattutto alla luce delle tendenze più recenti legate allo sviluppo del web semantico, dei discovery tool, dei social netw ork, dell'open access e delle biblioteche digitali. Vengono sottolineati in particolare i contributi capaci di stimolare una riflessione in merito allo stato attuale e alle prospettive della conoscenza nell'ecosistema digitale, considerato che appare imprescindibile l'adozione di ontologie semantiche, mappe cognitive e infrastrutture indicali capaci di far ‘esplodere' il potenziale epistemologico dei documenti registrati. KEYW ORDS: noetica; ecosistema della conoscenza digitale; ontologie semantiche; mappe cognitive; infra strutture indessicali; conoscenza registrata. Submitte d: 2014-04-15 Acce pte d: 2014-05-18 P ublished: 2015-01-15 Sapere digitale e pensiero critico. Intorno al convegno “Noetica versus Informatica: le nuove strutture della comunicazione scientifica” (Roma, 19-20 novembre 2013) 1 Il conflitto epistemico 2 Quale intelligenza? 3 Quale informatica? 4 Biblioteche, trasparenza, condivisione 5 Semantica, ontologie, metadati 6 Bibliografia e organizzazione della conoscenza Bibliografia