key: cord-350151-s75d1hat authors: Wiramus, S.; Martin, C. title: Rianimazione e influenza grave: pandemia influenzale A (H1N1) date: 2013-04-30 journal: EMC - Anestesia-Rianimazione DOI: 10.1016/s1283-0771(13)64502-8 sha: doc_id: 350151 cord_uid: s75d1hat Durante la pandemia influenzale A (H1N1) nel 2009-2010, il 20% dei pazienti ospedalizzati ha presentato delle forme gravi con trasferimento in rianimazione. L’età mediana di questi pazienti era di circa 30 anni, con una percentuale leggermente inferiore al 10% di donne gravide. Si riscontrava circa un 80% di comorbilità, essenzialmente malattie cardiorespiratorie e obesità. Il tempo mediano tra la comparsa della sindrome influenzale e il trasferimento in rianimazione era di un giorno. I test di diagnosi rapida sono realizzabili a partire da semplici campioni respiratori, ma la loro sensibilità rimane bassa. La durata mediana del ricovero in rianimazione era dell’ordine di 11 giorni. Circa il 70% dei pazienti ha richiesto una ventilazione meccanica (durata mediana di dieci giorni). Oltre il 95% di questi pazienti ha ricevuto un trattamento antivirale e oltre il 95% degli antibiotici, a fronte di un 20% soltanto di infezioni batteriche documentate, soprattutto da Streptococcus pneumoniae e Staphylococcus aureus. La mortalità globale a 28 giorni era del 17%. Il tempo mediano tra la comparsa della sindrome influenzale e il decesso era di 14 giorni. Fra questi decessi, la maggior parte dei pazienti aveva ricevuto un trattamento antivirale, ma non sempre nelle prime 48 ore, il che appare un fattore prognostico infausto. Così, il trattamento antivirale è consigliato nelle forme gravi; il virus pandemico A (H1N1) era sensibile ai due inibitori della neuraminidasi. Sono stati riscontrati dei casi sporadici di resistenza, il che spinge a sviluppare altre molecole attive sui virus influenzali. L'influenza è una malattia presente in tutto il mondo; in Europa, essa è responsabile di epidemie. Può anche manifestarsi sotto forma di epidemie mondiali chiamate pandemie al momento della comparsa di un nuovo virus influenzale di tipo A. Si tratta di un'infezione respiratoria acuta, contagiosa (attraverso le secrezioni respiratorie), dovuta ai virus influenzali e di cui gli uccelli selvatici rappresentano il serbatoio principale. I virus influenzali sono dei virus ad acido ribonucleico (RNA) classificati in diversi tipi: A, B e C. Solamente il virus A è responsabile di pandemie. I virus influenzali di tipo A sono classificati secondo due proteine di membrana, l'emoagglutinina (H, 16 differenti) e la neuraminidasi (NA, 9 differenti). I virus (H1N1) sono i più frequenti. La variabilità genetica dei virus influenzali spiega il fatto che una variazione di una di queste subunità di proteine virali possa generare una pandemia mondiale con forti tassi di morbimortalità dovuti a un'immunità naive per questa nuova variante e all'assenza di un vaccino efficace all'inizio dell'epidemia. Il periodo di incubazione della malattia varia da 1 a 3 giorni. Nella Francia metropolitana, la rete Sentinelles stima che in media 2,5 milioni di persone si presentano a visita per una sindrome influenzale ogni anno. Negli Stati Uniti, il 5-20% della popolazione è infettato in occasione di ogni epidemia influenzale. La morbimortalità non è trascurabile (36 000 morti e 226 000 ricoveri in ospedale all'anno, soprattutto nei soggetti di meno di 2 anni e di più di 65 anni) [1] . In Francia, l'epidemia si verifica tra i mesi di novembre e aprile e dura, in media, nove settimane. Delle complicanze gravi sono riscontrate nei soggetti a rischio (persone anziane o fragilizzate) e oltre il 90% dei decessi si verifica nei soggetti di più di 65 anni. Così, l'influenza stagionale uccide in Francia ogni anno tra le 3 000 e le 5 000 persone. Questa patologia infettiva è, quindi, un problema importante di salute pubblica. Il più delle volte, i sintomi influenzali compaiono improvvisamente: ipertermia, astenia, mialgie e cefalee; essi scompaiono in una-due settimane. Si tratta, allora, di un'influenza semplice o benigna. Nel caso di un'influenza grave o maligna, le complicanze sono dovute alla lesione virale in se stessa o alle sovrainfezioni batteriche (soprattutto polmoniti) che si possono generare. Il trattamento è, prima di tutto, sintomatico. Esiste un trattamento specifico antivirale, ma il suo utilizzo deve rimanere limitato. Assunto precocemente, esso diminuirebbe la durata e l'intensità dei sintomi [1] . Tuttavia, non sostituisce in alcun caso la vaccinazione antinfluenzale, che rappresenta il migliore mezzo di protezione contro l'influenza stagionale. Essa va realizzata almeno due settimane prima dell'inizio della stagione influenzale e deve essere rinnovata ogni anno. È raccomandata per le persone a rischio di complicanze fin dall'età di 6 mesi. I vaccini utilizzati in Francia sono dei vaccini inattivati. A causa delle mutazioni costanti dei virus influenzali, la composizione del vaccino è generalmente diversa da un anno all'altro: ogni anno, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) emette una raccomandazione sui ceppi che devono essere inclusi nel vaccino. La vaccinazione è efficace dopo circa 14 giorni. Dato che questa efficacia dipende dalla sua adeguatezza con gli antigeni virali, un vaccino previene il 50-80% dei casi di influenza [2, 3] . Nel 1976, la vaccinazione contro un nuovo tipo di virus influenzale A (H1N1) suino è stata associata a un aumento significativo di sindrome di Guillain-Barré nelle sei settimane successive alla vaccinazione [4] . Negli Stati Uniti, durante l'epidemia del 2009-2010, è stato instaurato un programma di controllo per seguire questa incidenza di sindrome di Guillain-Barré dopo la nuova campagna vaccinica. Dopo l'analisi dei risultati dell'Emerging Infectious Program (EIP), l'incidenza di questo quadro neurologico è rimasta simile alle conseguenze abituali della vaccinazione per l'influenza stagionale [5] . Il 19 novembre del 2009, l'OMS ha segnalato meno di dieci casi di sindrome di Guillain-Barré in pazienti vaccinati. Resta difficile confermare l'associazione di questi casi con la vaccinazione antinfluenzale. Tutti questi pazienti hanno conosciuto un'evoluzione neurologica favorevole [3] . [6] . La prima pandemia mondiale di influenza del XXI secolo è dovuta a un Myxovirus influenzae del gruppo A, nuova variante detta A (H1N1) soiv (swine origin influenza virus). Per quanto riguarda il virus dell'influenza A (H1N1), esso proviene da un riarrangiamento tra segmenti di origine suina, aviaria e umana (H3N2). Il virus si è diffuso rapidamente in tutto il mondo nei mesi che hanno seguito la sua comparsa e l'OMS ha definito la situazione come pandemia, livello di allarme 6 (trasmissione dell'infezione in almeno due continenti), l'11 giugno del 2009. Alla fine del novembre del 2009, l'OMS segnalava 622 482 casi confermati, di cui 8 768 morti in 207 paesi diversi [7] . Con sintomi simili all'influenza stagionale, questa nuova variante ha provocato nel 2009 delle forme gravi nell'adulto giovane, tali da richiedere una gestione in rianimazione per il 20-25% di essi [7] . Le donne gravide e le persone obese hanno presentato un rischio aumentato di forme gravi. Gli anziani (più di 65 anni) hanno conosciuto ceppi simili in passato e sono stati parzialmente protetti. Questa fascia d'età è stata, pertanto, meno colpita (il 70% dei pazienti aveva meno di 50 anni e solo il 10% aveva più di 65 anni) rispetto al resto della popolazione, ma, quando lo è stata, il suo rischio di morte era molto più elevato. L'86% dei pazienti deceduti aveva meno di 65 anni, mentre, per l'influenza stagionale, il 90% dei decessi interessa, di solito, dei soggetti di più di 65 anni [7] . L'OMS ha, quindi, definito cinque gruppi da vaccinare prioritariamente (in ordine intercambiabile) [8] : • personale paramedico e medico: rischio importante di riduzione del personale disponibile negli ospedali e rischio maggiore di infettare dei pazienti fragili; • donne gravide: rischio elevato di complicanze gravi e di morte; • bambini di meno di 6 mesi e persone che se ne occupano; • persone da 6 mesi a 24 anni; • persone da 25 a 64 anni che hanno delle comorbilità: enfisema polmonare, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), asma, obesità patologica, insufficienza cardiaca, diabete instabile, immunodepressione e malattie neurologiche. L'OMS ha dichiarato la fase postpandemica nell'agosto del 2010. Il virus non è scomparso, ma dovrebbe comportarsi come i virus influenzali stagionali. L'importante morbimortalità di questa pandemia è in parte legata ad autentiche polmoniti virali che possono evolvere verso una SDRA. Solo i soggetti poco o non immuni nei confronti del virus sono suscettibili di essere colpiti in questa maniera ed è per questo che la vaccinazione contro l'influenza stagionale sembra conferire una protezione contro queste forme più gravi [6] . La definizione delle forme gravi di influenza è precisa: dal momento in cui il paziente presenta una tachipnea, è necessaria una gestione particolare, in quanto il rischio di aggravamento è rapido. Si parla di forma grave quando la saturazione pulsata in ossigeno (SpO 2 ) è inferiore al 92% in un soggetto senza precedenti respiratori; nel bambino di meno di 2 anni, la gravità del quadro clinico si stabilisce, il più delle volte, in base all'associazione di segni clinici non specifici (frequenza respiratoria, SpO 2 , coscienza, segni di lotta respiratoria, ecc.). Tuttavia, la percentuale di pazienti infettati dal virus A (H1N1) e che richiedono un ricovero appare molto inferiore all'1%. Le indicazioni al ricovero sono le seguenti [9] : • iposmia (SpO 2 < 95%); • tachipnea (frequenza respiratoria > 24 per minuto); • infiltrati polmonari alla radiografia del torace. Le indicazioni al ricovero in rianimazione sono le seguenti: • frazione di ossigeno nei gas inspirati (FiO 2 ) superiore a 0,5; • ossigenoterapia > 10 l min -1 per mantenere una SpO 2 superiore al 92%. Le complicanze neurologiche del virus influenzale stagionale sono delle encefalopatie (sindrome di Reye), delle encefalomieliti, delle mieliti trasverse, delle meningiti, dei disturbi neurologici focali e delle sindromi di Guillain-Barré. Queste complicanze compaiono in particolare nel bambino. Le punture lombari sono, in genere, normali [10] e le particelle virali sono individuate raramente [11] . Sono stati segnalati dei casi di neuropatie muscolari assonali acute [12] dopo un'infezione da influenza A (H1N1). Si tratta di una variante della sindrome di Guillain-Barré con un profilo di anticorpi antiganglioside [13] . I trattamenti disponibili sono le immunoglobuline endovenose e gli scambi plasmatici, ma il loro successo rimane incerto. In uno studio prospettico, il 50% degli adulti affetti da influenza senza sintomi cardiaci presentava un'ecocardiografia anomala al ricovero [10] . La maggior parte di questi esami si normalizzava entro 28 giorni e nessun paziente aveva lesioni miocardiche o una riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra alla sua dimissione. L'insufficienza renale acuta è frequente in questi pazienti di rianimazione, con un terzo di essi sottoposto a depurazione extrarenale [14] . • Lesioni neurologiche possibili, soprattutto nei bambini • Complicanze cardiache possibili, ma senza sequele, nella maggior parte dei casi • Un terzo dei pazienti ricoverati in rianimazione ha avuto un'insufficienza renale acuta tale da richiedere una depurazione extrarenale Le donne gravide non sono note per avere un rischio aumentato di infezione da virus influenzale A (H1N1). Tuttavia, a causa dell'alterazione fisiologica del loro sistema immunitario, esse sono a maggior rischio di sviluppare delle complicanze, se sono infettate da questo virus [3] . Le donne gravide sono iper-rappresentate nel gruppo dei pazienti ricoverati in rianimazione secondo dei dati americani [15] , canadesi [16] e australiani [17] : 7-9% dei ricoveri. Le indicazioni alla rianimazione per le donne in gravidanza sono le seguenti [3] : • dispnea intensa e ipossiemia con pressione arteriosa in ossigeno (PaO 2 ) inferiore a 60 mmHg, nonostante un'ossigenazione massimale; • polmonite virale, altamente predittiva di complicanze (insufficienza di organi, morte); • ipercapnia; • ipotensione arteriosa sistemica refrattaria; • shock settico; • acidosi grave con pH inferiore a 7,26; • punteggio di Glasgow inferiore a 10 o disturbi della coscienza progressivi. I bambini di meno di 5 anni o che hanno delle patologie croniche sono a maggior rischio di complicanze e di morte per l'influenza A (H1N1) [18] . Dall'aprile all'agosto del 2009, sui 477 decessi associati all'influenza A (H1N1) negli Stati Uniti, 36 casi hanno coinvolto dei pazienti minorenni (7,6%). Delle colture di secrezioni bronchiali sono state realizzate su 23 bambini: è stato riscontrato un 43% di coinfezioni batteriche (tra cui cinque da Staphylococcus aureus e tre da Streptococcus pneumoniae). Ora, otto tra questi pazienti (35%) non presentavano alcun fattore di rischio particolare. Ciò suggerisce che l'infezione batterica, associata all'influenza A (H1N1), possa provocare delle malattie gravi in bambini altrimenti in buona salute. Se si instaura una terapia antibiotica, è opportuno, quindi, utilizzare degli antibiotici attivi su S. pneumoniae e S. aureus. Si raccomanda anche fortemente di vaccinare contro lo pneumococco i bambini di più di 2 anni con dei fattori di rischio. Il 4% delle infezioni batteriche secondarie è stato identificato e i germi più spesso presenti erano S. pneumoniae, S. aureus, streptococchi del gruppo A e bacilli Gram negativi. Esiste un'interazione diretta tra il virus influenzale e i batteri coinfettanti. Alcuni ceppi di S. aureus producono una proteasi che attiva direttamente l'emoagglutinina virale, mentre altri batteri attivano il EMC -Anestesia-Rianimazione Tabella 1. Riassunto delle forme gravi di influenza A (H1N1) nel mondo (%: percentuale del totale dei casi). Stati plasminogeno, che induce la replicazione virale. D'altra parte, il virus dell'influenza induce delle lesioni dell'epitelio delle vie aeree, con un aumento dell'esposizione allo pneumococco [19] . " Punto importante Sul piano anatomopatologico, per quanto riguarda le polmoniti virali influenzali primitive, si sono potute osservare diverse forme di lesione del parenchima polmonare: delle polmoniti virali emorragiche, delle lesioni alveolari diffuse, delle bronchioliti necrotizzanti, un'infiammazione interstiziale e delle embolie polmonari [20] . Uno studio su dei pazienti deceduti si è dedicato ai casi di infezioni polmonari batteriche secondarie a un'infezione da virus influenzale A (H1N1). Dopo l'autopsia di 77 casi, la prova di un'infezione batterica è stata riscontrata in circa il 30% dei casi, dieci dei quali causati da S. pneumoniae (13%) e sette (9%) da S. aureus. La durata mediana della malattia era di sei giorni e l'età mediana era di 31 anni. Oltre il 20% dei pazienti aveva delle comorbilità, in particolare respiratorie, che rispondevano alle indicazioni di vaccinazione antipneumococcica. Ciò conferma la frequenza aumentata di infezioni batteriche nei casi fatali di influenza A (H1N1) e sottolinea l'importanza della vaccinazione antipneumococcica e la necessità di una diagnosi precoce delle polmoniti batteriche associate. Sono state segnalate anche delle sovrainfezioni polmonari da microrganismi inabituali. Uno studio giapponese [21] ha segnalato che le polmoniti da Chlamydia hanno rappresentato la terza sovrainfezione batterica in ordine di frequenza dopo S. pneumoniae e Haemophilus influenzae. Si riscontrano anche delle infezioni simultanee tra influenza e Legionella pneumophila, mentre una coinfezione da Mycoplasma pneumoniae sembra essere insolita (effetto antagonista tra i due microrganismi?) [10] . Sono state segnalate delle aspergillosi invasive secondarie e sono associate a una mortalità elevata [21] . In Francia [22] Secondo i rilievi dell'Istituto nazionale di Vigilanza Sanitaria (InVS) dell'aprile del 2010, in rianimazione sono stati ricoverati 1 334 pazienti, di cui 312 sono deceduti (23%). Non si riscontrano fattori di rischio noti per il 21% di questi casi. I principali fattori riscontrati sono: • una patologia respiratoria cronica (32%); • un diabete (10%); • un'insufficienza cardiaca (7%). Complessivamente, circa il 10-30% dei pazienti ospedalizzati è stato ricoverato in rianimazione. L'insufficienza respiratoria era spesso in primo piano, con un 65-90% di ventilazione meccanica. Lo scompenso emodinamico era al secondo posto, anche se una proporzione di pazienti compresa fra un terzo e due terzi richiedeva un sostegno con vasopressori. L'influenza stagionale è responsabile di 36 000 morti e di più di 200 000 ricoveri all'anno. Fino all'aprile del 2010 sono stati censiti 300 000 casi confermati e 3 917 decessi, con un tasso di mortalità dell'1,3%. In confronto, la pandemia influenzale del 1918 ha conosciuto un tasso di mortalità superiore al 2,5%. Il tasso di mortalità è stato globalmente di 0,12 decessi per 100 000 abitanti negli Stati Uniti, il che corrisponde a una mortalità più bassa rispetto all'influenza stagionale (80-100 decessi per 100 000 abitanti) ma che colpisce soprattutto i soggetti di meno di 65 anni [7] . È stato studiato il 25% dei pazienti ricoverati per influenza: il 25% è stato ricoverato in rianimazione e il 7% vi è deceduto (l'età mediana di morte era di 29 anni). I dati disponibili suggeriscono che il trattamento antivirale è stato benefico per i pazienti ricoverati, soprattutto se iniziato precocemente, ma solo il 39% dei pazienti lo ha ricevuto nelle prime 48 ore. La durata mediana tra l'inizio della malattia e il decesso era di 15 giorni (4-52 giorni). Il 68% dei pazienti deceduti presentava una comorbilità associata, il 90% aveva ricevuto un trattamento antivirale e tutti avevano ricevuto degli antibiotici, ma nessuno nelle prime 48 ore. Ora, in analisi multivariata, questo è il solo fattore associato a un miglioramento prognostico osservato. Le principali cause di morte sono le seguenti: • cause polmonari (62%): • polmonite • SDRA • esacerbazione di BPCO • asma • shock settico, coinfezione batterica, insufficienza multiorgano (15%); • cause cardiovascolari (12%): • arresto cardiaco • insufficienza cardiaca In uno studio prospettico osservazionale tra l'aprile e l'agosto del 2009 [16] , sono stati studiati 168 casi gravi. L'età media di questi pazienti era di 32 anni e il 30% era costituito da minatori. La mortalità globale in questi pazienti a 28 giorni era del 14% (9,5-20,7%). Su 50 bambini, solo quattro sono deceduti (8%). Si riscontra, nei diabetici, un rischio di ricovero tre volte superiore (odds ratio [OR] = 3,10) e di rianimazione quattro volte superiore (OR = 4,29) [23] . Gli inibitori della neuraminidasi (INA) sono stati somministrati a 152 pazienti (91%) e degli antibiotici a 166 pazienti (99%). La prova clinica di una polmonite batterica secondaria è stata ottenuta in 41 casi (24%), di cui 18 infettati da S. aureus e cinque da S. pneumoniae. La mortalità globale in questi pazienti a 90 giorni era del 17%. In Messico [24] Uno studio osservazionale [25] in sei ospedali tra il marzo e il giugno del 2009 ha censito 5 029 casi, di cui 97 fatali e documentati (19%). A 60 giorni, 24 pazienti erano deceduti (41%). Dopo aver eliminato i pazienti deceduti prima di avere ricevuto un INA, il trattamento ha permesso di aumentare la sopravvivenza nel gruppo trattato (OR = 8,5), il che sembra in accordo con altri studi [26] . Dal giugno all'agosto del 2009, in Australia e in Nuova Zelanda, sono stati censiti 722 pazienti con infezione da influenza A (H1N1) confermata [17] . Il 93% di essi aveva meno di 65 anni e il 9% era costituito da donne gravide, mentre esse costituiscono solo l'1% della popolazione generale. Il maggior numero di ricoveri in rianimazione è stato realizzato nei pazienti nella fascia d'età tra i 25 e i 49 anni. Circa la metà dei pazienti ha presentato una SDRA o una polmonite virale. Il tasso di mortalità era del 14%. In analisi multivariata, risultavano tre fattori indipendenti di mortalità in ospedale: • la ventilazione meccanica invasiva (OR = 5,51); • le comorbilità preesistenti (OR = 2,56); • l'età avanzata (OR = 1,02 all'anno). Uno studio si è incentrato sui primi 32 pazienti adulti ricoverati in rianimazione tra il giugno e il luglio del 2009 [27] . L'età mediana era di 36 anni, la metà dei pazienti aveva tra i 18 e i 40 anni e solo un paziente aveva più di 65 anni. Il 91% presentava una polmonite virale primitiva, il 6% un'esacerbazione della malattia respiratoria e il 3% una polmonite batterica secondaria a S. pneumoniae. Il tasso di insuccesso della ventilazione non invasiva era elevato (> 75%), motivando l'intubazione tracheale molto rapidamente [27] . [3] . Routinariamente, questi due test sono i più utilizzati, per la loro semplicità di utilizzo, la loro riproducibilità e la rapidità dei risultati (circa 30 minuti). I pazienti con segni clinici compatibili con un'infezione da virus pandemico A (H1N1) e con un test di diagnosi rapida negativo devono essere trattati empiricamente in base al sospetto clinico, soprattutto se sono portatori di comorbilità e a rischio di complicanze. A titolo d'esempio, un'equipe australiana ha realizzato in 21 pazienti colpiti da influenza A (H1N1) nel 2009, che richiedevano una ventilazione meccanica, un test di diagnosi rapida su campioni nasali e degli escreati: solo il 25% dei prelievi è stato positivo; analogamente, soltanto il 25% dei pazienti testati è risultato positivo con la tecnica di immunofluorescenza diretta su campioni bronchiali. Tuttavia, con la tecnica di RT-PCR, dei campioni delle vie aeree alte e basse sono risultati positivi rispettivamente nell'81% e nel 100% dei casi [28] . Così, per aumentare la sensibilità della diagnosi laboratoristica, sono disponibili dei metodi di RT-PCR o di isolamento virale, ma devono essere migliorati [20] . In pazienti sotto ventilazione meccanica, devono essere realizzate prioritariamente le aspirazioni tracheali. Dei prelievi ripetuti consentono di aumentare la sensibilità dell'esame diagnostico, agevolano la comprensione della cinetica virale e permettono di diagnosticare eventuali resistenze agli antivirali [20] . Le lattato deidrogenasi (LDH) sono quasi sempre aumentate [25] . La maggioranza dei pazienti non presenta iperleucocitosi; due terzi di essi presentano, addirittura, una linfopenia [15, 16, 25, 27] . Un aumento della creatina fosfochinasi (CPK) è abituale in questi pazienti affetti da influenza A (H1N1). Nei pazienti di rianimazione, un terzo aveva un tasso anomalo di CPK, con un tasso mediano di 999 UI l -1 (51-6 572 UI l -1 ) [10] . In Australia, durante l'inverno 2009-2010, i tassi di PCT e di CRP al ricovero in rianimazione erano confrontati tra due gruppi di pazienti: un gruppo affetto da polmonite batterica comunitaria e un gruppo affetto da polmonite influenzale A (H1N1) [29] . La misurazione della PCT potrebbe potenzialmente contribuire a discriminare un'infezione grave batterica e influenzale delle vie respiratorie basse, ma in maniera meno efficace rispetto alla CRP. Dei valori bassi di PCT, particolarmente quando sono associati a valori bassi di CRP, rendono poco probabile la diagnosi di infezione batterica, sola o associata al virus influenzale. In associazione, dei tassi di PCT superiori a 0,8 ng ml -1 e di CRP superiori a 200 mg l -1 hanno una sensibilità del 100%, una specificità del 94%, un valore predittivo negativo del 100% e un valore EMC -Anestesia-Rianimazione I -36-983-L-10 predittivo positivo del 90% per diagnosticare una polmonite batterica. Inoltre, in questo studio, dei tassi elevati di PCT erano associati a una prognosi più sfavorevole. Tuttavia, questo studio era retrospettivo e la dimensione del campione era limitata a soltanto 25 pazienti. In una revisione della letteratura [24] , la PCT e la CRP erano entrambe aumentate nella maggioranza dei pazienti. Combinato alla clinica, l'utilizzo di tali bioindicatori permetterebbe di differire l'instaurazione di una terapia antibiotica. Per quanto riguarda i dati radiologici, la radiografia toracica era anomala in tre quarti dei casi, con un infiltrato interstiziale o alveolare bilaterale predominante alle basi [24] . Antivirali Il trattamento antivirale precoce è consigliato nelle forme gravi (grado C). Si attribuiscono alla NA tre ruoli [30] : • essa facilita la penetrazione, attraverso le mucine, nel tratto respiratorio superiore e, quindi, favorisce l'infettività del virus [31] ; • essa permette la liberazione del virus fuori dalla cellula infettata per invadere nuove cellule [31] ; • essa impedisce l'aggregazione dei virioni di recente formazione per potenziare l'infezione di nuove cellule [32] . Nell'influenza stagionale, l'oseltamivir (Tamiflu ® ) è utilizzato a titolo curativo per via orale, meno di 48 ore e di preferenza entro 12 ore dopo l'inizio dei sintomi. L'oseltamivir, un profarmaco, è rapidamente trasformato in un metabolita attivo, il carbossilato di oseltamivir (OC), che è, allora, distribuito ai siti potenzialmente infetti (biodisponibilità dell'80% circa) [33, 34] . Questo farmaco è somministrato in due dosi quotidiane alla posologia di 75 mg per gli adulti e di 30-75 mg per i bambini (2-3 mg/kg, massimo 75 mg) per almeno cinque giorni. Escreto soprattutto per via renale, è opportuno aggiustare i dosaggi in funzione della clearance della creatinina, se questa è compresa tra 10 ml min -1 e 30 ml min -1 [34] . Non è necessario alcun adattamento terapeutico in caso di insufficienza epatica. È stato confermato molto presto dall'OMS che il virus pandemico A (H1N1) era sensibile ai due INA, oseltamivir e zanamivir (Relenza ® ) e resistente all'amantadina (Mantadix ® ) e alla rimantadina (Flumadin ® , Roflual ® ) (inibitori della proteina 2 del nucleocapside virale) [30] . Le prime raccomandazioni si sono incentrate su un trattamento precoce e sistematico di tutti i pazienti che presentano delle forme gravi. La posologia poteva, allora, essere aumentata a 150 mg per due volte al giorno ed essere prolungata fino a dieci giorni in caso di risposta insufficiente. L'oseltamivir è stato raccomandato in prima intenzione riservando lo zanamivir ai casi di resistenza all'oseltamivir. La gestione delle forme gravi può basarsi anche sull'utilizzo degli INA per via endovenosa: zanamivir, 600 mg due volte al giorno per 5-10 giorni, in autorizzazione temporanea di utilizzo (ATU) o peramivir (Emergency Use Authorization negli Stati Uniti). Dato che il zanamivir endovenoso è disponibile solo in quantità limitate, esso è stato riservato ai pazienti che presentano delle forme gravi e che non rispondono a un trattamento con oseltamivir oppure non in grado di ricevere la sua forma orale [30] . In effetti, il zanamivir ha una scarsa biodisponibilità per via orale (2%) e la sua somministrazione si fa, dunque, per inalazione; tuttavia, questa via limita il suo utilizzo in rianimazione nei pazienti sotto ventilazione meccanica, in quanto il lattosio contenuto nel suo eccipiente rischia di ostruire i condotti dei ventilatori [20] . Solo il 10-20% della dose inalata è assorbito per via sistemica, da cui la scarsa distribuzione di questo farmaco agli organi extrapolmonari. Le dosi standard sono di 10 mg due volte al giorno a scopo curativo. Questi dosaggi sono adeguati per evitare un rischio di broncospasmo, che controindica questo farmaco nei pazienti asmatici o affetti da BPCO. Sono in corso degli studi clinici di fase I per studiare il zanamivir endovenoso. Per quanto riguarda l'efficacia di questi antivirali, non esiste alcuno studio randomizzato nei pazienti ricoverati, ma uno studio prospettico osservazionale in 327 pazienti canadesi ricoverati con influenza stagionale confermata ha mostrato una riduzione del rischio di mortalità (OR = 0,21) [10] . Essi permettono anche di ridurre la durata del ricovero [30] . Esistono pochi dati relativi all'assorbimento degli antivirali e alla loro efficacia in rianimazione, quando sono somministrati tramite sonda gastrica [35] . In linea generale, l'OMS non consiglia l'utilizzo degli antivirali in profilassi. Un'alternativa alla profilassi postesposizione è un trattamento precoce fin dalla comparsa dei primi sintomi [3] . D'altra parte, l'OMS ha allertato i medici su due situazioni a rischio di emergenza di resistenza all'oseltamivir [3] : • dopo un trattamento profilattico postesposizione in pazienti che sviluppano in seguito un'influenza; • in pazienti immunodepressi gravi che hanno ricevuto oseltamivir in maniera prolungata ma che avrebbero ancora una replicazione virale attiva. Sono stati segnalati casi sporadici di virus A (H1N1) del 2009 resistenti agli INA. Questi virus erano tutti resistenti all'oseltamivir ma sensibili allo zanamivir. Nella maggior parte dei casi, non si è avuta una trasmissione interpersonale e questi virus non presentano una maggiore virulenza. Tuttavia, dei virus resistenti all'oseltamivir sono stati isolati in pazienti non trattati a Hong-Kong [36] , in Danimarca e in Giappone [30] , il che suggerisce che i virus resistenti potrebbero comunque trasmettersi. È fondamentale anche proseguire lo sviluppo di molecole attive sui virus influenzali. Nuovi INA sono in corso di valutazione, come il peramivir (per via intramuscolare). Corticosteroidi L'OMS non consiglia la terapia corticosteroidea, tranne che per le forme gravi con shock settico e insufficienza surrenalica grave. Nello studio «Cortiflu» in rianimazione, 28 pazienti affetti da una polmonite virale A (H1N1) ricevevano o un placebo o un protocollo regressivo di idrocortisone: la terapia corticosteroidea ha migliorato la sopravvivenza nei pazienti che richiedevano una ventilazione (OR = 0,31) [37] . Tuttavia, lo scarso numero di soggetti non permette di concludere per una stretta efficacia dei corticosteroidi. Peraltro, è importante utilizzare i corticosteroidi per via sistemica con cautela nel trattamento delle malattie respiratorie virali: l'utilizzo precoce di corticosteroidi potrebbe prolungare la replicazione virale nelle polmoniti atipiche come la SARS (severe acute respiratory syndrome) [38] e l'infezione influenzale (H3N2) [39] . In queste patologie, una terapia corticosteroidea prolungata potrebbe attivare anche un'aspergillosi invasiva [40] . Analogamente, l'utilizzo di corticosteroidi per via sistemica nel quadro di un'esacerbazione di una BPCO su un'infezione influenzale A (H1N1) potrebbe prolungare potenzialmente l'escrezione virale [30] . La ventilazione meccanica è un fattore di cronicizzazione della lesione polmonare nel corso della SDRA [41] , da cui lo sviluppo del concetto di ventilazione protettrice [42] : l'ECMO permette di porre a riposo il sistema respiratorio e di limitare i volobarotraumi polmonari. La SDRA grave fa ormai parte delle sue indicazioni riconosciute [43] . Diversi studi hanno tentato di dimostrarne l'interesse: lo studio CESAR riporta dei tassi di sopravvivenza che superano il 50%, ma le ECMO erano attuate molto precocemente in soggetti ventilati soltanto da alcuni giorni [44] . In effetti, occorre ricordare che l'interesse dell'ECMO è stato dimostrato quando essa è istituita nei primi giorni della SDRA (meno di 5 giorni di evoluzione) e, più particolarmente, in pazienti che non hanno altre insufficienze di organi principali, eccetto l'insufficienza respiratoria [24, 44] . Dal giugno all'agosto del 2009, in Australia e in Nuova Zelanda [45] , un terzo dei pazienti ricoverati in rianimazione e sotto ventilazione meccanica è stato posto sotto ECMO. Il tasso di mortalità era del 21% al termine del periodo dello studio. Ora, il tasso di mortalità delle SDRA che erano state trattate con ECMO in un registro internazionale si situa tra il 30% e il 48% [46] . Tuttavia, molti pazienti erano ancora ricoverati in rianimazione al termine dello studio, il che può spiegare un tasso di mortalità così basso. • La terapia corticosteroidea non è raccomandata tranne che per le forme gravi con shock settico e insufficienza surrenalica grave. • L'ECMO sembra essere un trattamento interessante, se è istituita precocemente (meno di 5 giorni di evoluzione della SDRA) da un'equipe esperta. Una migliore conoscenza della replicazione virale ha anche permesso di prendere in considerazione nuovi bersagli terapeutici come gli inibitori della polimerasi virale o dell'adesione virale [30] . Il T-705 (favipiravir) è un inibitore della polimerasi virale efficace sui virus influenzali A, B e C e su altri virus a RNA quali i virus delle febbri emorragiche [47] . Un'altra molecola in grado di separare i recettori presenti sulla superficie delle cellule epiteliali per prevenire l'adesione dei virus influenzali è stata valutata nel topo e ha mostrato una buona efficacia nella profilassi come nel trattamento curativo [48] . L'influenza aviaria ha avuto un tasso di mortalità tra il 71% e il 100%, malgrado il trattamento con l'oseltamivir [49] . Una delle altre possibilità terapeutiche è la somministrazione di anticorpi antinfluenzali provenienti da pazienti che sono guariti da un'infezione da virus dell'influenza. In una metanalisi di studi condotti durante il periodo dell'influenza spagnola (1918) (1919) (1920) (1921) (1922) (1923) (1924) (1925) , era stata riscontrata una riduzione del 21% della mortalità [10] . Oggi, dei sopravvissuti dell'influenza del 1918-1919 producono ancora degli anticorpi efficaci contro il virus (H1N1). Le statine hanno delle proprietà antinfiammatorie e immunomodulatrici. Queste molecole sono, quindi, state proposte come terapia potenziale e profilattica delle influenze pandemiche; ciò si basa su studi osservazionali con un aumento del tasso di sopravvivenza nei pazienti che ricevono delle statine e che sviluppano delle sepsi o delle polmoniti [50] . In topi infettati dai virus (H5N1), (H3N2) e (H1N1), una miscela di statina e caffeina ha migliorato le lesioni polmonari e ha inibito la replicazione virale ed è stata efficace quanto il trattamento con oseltamivir e ribavirina [51] . Sono necessari altri studi per confermare l'interesse delle statine in questa indicazione. Fin dall'inizio della gestione ospedaliera di un paziente, è opportuno attuare alcune misure di protezione, oltre alle precauzioni standard. Le misure di base dell'isolamento «Aria» sono: • l'isolamento del paziente in una stanza individuale con la porta chiusa, idealmente una stanza a pressione negativa; • l'uso di una maschera di protezione respiratoria FFP2 per ogni curante che entra nella stanza; • l'uso della maschera chirurgica da parte del paziente se esce dalla sua stanza. Le maschere FFP (filtering facepiece particles) fungono da protezione contro le fini particelle e varie malattie (i virus influenzali come l'influenza aviaria, l'influenza A [H1N1] e la SRAS o contro la tubercolosi). Si valuta la loro efficacia in funzione del tasso di filtrazione e del tasso di perdita verso l'interno. Per le FFP2, la percentuale di filtrazione degli aerosol è del 94% minimo e la percentuale di perdita verso l'interno è dell'8% al massimo. Per quanto riguarda l'isolamento «di contatto», dei guanti monouso non sterili devono essere indossati per ogni contatto con il paziente. Questi guanti devono essere rimossi prima di uscire dalla stanza e devono essere gettati nei contenitori idonei. Gli avvisi «Isolamento tipo aria» e «Isolamento di contatto» devono essere posti sulla porta della stanza. Prevenzione della contaminazione attraverso un isolamento respiratorio e di contatto • Isolamento del paziente in una stanza individuale, con la porta chiusa • Uso di una maschera di protezione FFP2 e di guanti monouso non sterili da parte dei sanitari • Uso della maschera chirurgica da parte del paziente, se esce dalla sua stanza Secondo i dati epidemiologici dell'InVS, la distribuzione dei virus nella popolazione generale ha permesso l'individuazione di 1 963 virus influenzali differenti dall'inizio del monitoraggio: • 54% di virus influenzali A (40% H1N1, 6% H3N2, 8% non tipizzati); • 45,7% di virus influenzali di tipo B; • 0,3% di virus influenzali di tipo C. A livello antigenico, i virus A (H1N1) erano sensibili agli INA. Sono stati evidenziati solo tre casi di virus A (H1N1) resistenti all'oseltamivir in pazienti immunodepressi e trattati con oseltamivir. Settecentodiciannove casi gravi sono stati ricoverati in rianimazione, con un tasso di mortalità del 15%: • il 56% dei casi gravi era da virus A (H1N1); • il 71% aveva un'età compresa tra i 15 e i 64 anni; • il 37% non aveva fattori di rischio evidenziati; • il 41% presentava i fattori di rischio indicati dalle raccomandazioni vaccinali; • il 91% dei casi gravi non era stato vaccinato; • l'82% aveva avuto un trattamento antivirale dopo 48 ore. I fattori di gravità riscontrati erano, nel 64% dei casi, una SDRA, nel 10% dei casi con ricorso a un'ECMO. A livello mondiale, il 73% dei virus influenzali era di tipo A e il 27% di tipo B. Tra i tipi A, il 96% era H1N1 e il 4% era H3N2. Dopo una rassegna epidemiologica dei vari paesi del mondo della pandemia influenzale del virus A (H1N1) del 2009-2010, circa il 20% dei pazienti ospedalizzati ha presentato delle forme gravi che richiedevano un trasferimento in rianimazione. Questi pazienti avevano un'età mediana di 30 anni ed erano suddivisi in maniera uguale tra i sessi, con meno del 10% di donne gravide. Si osservava, in questi pazienti, un 80% di comorbilità, essenzialmente delle malattie cardiorespiratorie e un'obesità; da cui l'interesse di una campagna di vaccinazione in questi pazienti fragilizzati. Il tempo mediano tra la comparsa della sindrome influenzale e il trasferimento in rianimazione era di un giorno. La durata mediana di soggiorno in rianimazione era dell'ordine di 11 giorni. Circa il 70% dei pazienti ha richiesto una ventilazione meccanica la cui durata mediana era di dieci giorni. Per quanto riguarda le terapie antinfettive, oltre il 95% dei pazienti ha ricevuto un trattamento antivirale e oltre il 95% un trattamento antibiotico, per un 20% soltanto di infezioni batteriche documentate riscontrate, principalmente da S. pneumoniae e da S. aureus. La mortalità globale a 28 giorni era dell'ordine del 17%. Il tempo mediano tra la comparsa della sindrome influenzale e il decesso era di 14 giorni. Fra questi decessi, la maggior parte dei pazienti aveva ricevuto un trattamento antivirale, ma non sempre nelle prime 48 ore, il che appare chiaramente come fattore di prognosi infausta. L'influenza resta, quindi, una malattia infettiva dal tasso di morbimortalità elevato, per la quale la ricerca terapeutica rimane molto attiva. Oseltamivir in seasonal influenza: cumulative experience in low-and high-risk patients Vaccines for preventing influenza in healthy adults Pandemic (H1N1) 2009 influenza Preliminary results: surveillance for Guillain-Barré syndrome after receipt of influenza A (H1N1) 2009 monovalent vaccine -United States Guillain-Barré syndrome after influenza vaccination in adults: a population-based study Severe « malignant » influenza in the light of past history Epidemiology of 2009 pandemic influenza A (H1N1) in the United States Vaccines against influenza A (H1N1) pandemic Life-threatening respiratory failure from H1N1 influenza 09 (human swine influenza) Complications of seasonal and pandemic influenza Detection of influenza virus RNA by reverse transcription-PCR and proinflammatory cytokines in influenza-virus-associated encephalopathy Acute motor axonal neuropathy associated with pandemic H1N1 influenza A infection Axonal Guillain-Barré syndrome: relation to anti-ganglioside antibodies and Campylobacter jejuni infection in Japan Acute kidney injury and 2009 H1N1 influenza-related critical illness Hospitalized patients with 2009 pandemic influenza A (H1N1) virus infection in the United States Critically ill patients with 2009 influenza A(H1N1) infection in Canada Critical care services and 2009 H1N1 influenza in Australia and New Zealand Surveillance for pediatric deaths associated with 2009 pandemic influenza A (H1N1) virus infection -United States Insights into the interaction between influenza virus and pneumococcus Clinical management of pandemic 2009 influenza A(H1N1) infection Successful treatment of post-influenza pseudomembranous necrotising bronchial aspergillosis with liposomal amphotericin, inhaled amphotericin B, gamma interferon and GM-CSF Hospitalized patients with 2009 H1N1 influenza in intensive care unit over the world Diabetes and the severity of pandemic influenza A (H1N1) infection ARDS and influenza A (H1N1): patients' characteristics and management in intensive care unit. A literature review Critically ill patients with 2009 influenza A(H1N1) in Mexico Infection and death from influenza A H1N1 virus in Mexico: a retrospective analysis Intensive care adult patients with severe respiratory failure caused by influenza A (H1N1)v in Spain Rapid-test sensitivity for novel swine-origin influenza A (H1N1) virus in humans Procalcitonin and C-reactive protein in severe 2009 H1N1 influenza infection Role of neuraminidase inhibitors for the treatment of influenza A virus infections Neuraminidase inhibitors for influenza Influenza virus neuraminidase inhibitors Clinical pharmacokinetics of the prodrug oseltamivir and its active metabolite Ro 64-0802 The use of antiviral agents for the management of severe influenza Oseltamivir is adequately absorbed following nasogastric administration to adult patients with severe H5N1 influenza Detection of an oseltamivir-resistant pandemic influenza A/H1N1 virus in Hong Kong Designing and conducting a randomized trial for pandemic critical illness: the 2009 H1N1 influenza pandemic Effects of early corticosteroid treatment on plasma SARS-associated coronavirus RNA concentrations in adult patients Viral loads and duration of viral shedding in adult patients hospitalized with influenza Fatal aspergillosis in a patient with SARS who was treated with corticosteroids Effect of mechanical ventilation on inflammatory mediators in patients with acute respiratory distress syndrome: a randomized controlled trial Ventilation with lower tidal volumes as compared with traditional tidal volumes for acute lung injury Extracorporeal membrane oxygenation for severe acute respiratory failure Randomised controlled trial and parallel economic evaluation of conventional ventilatory support versus extracorporeal membrane oxygenation for severe adult respiratory failure (CESAR) Extracorporeal membrane oxygenation for 2009 influenza A(H1N1) acute respiratory distress syndrome Extracorporeal Life Support Registry Report In vitro and in vivo activities of anti-influenza virus compound T-705 DAS181, a novel sialidase fusion protein, protects mice from lethal avian influenza H5N1 virus infection Avian influenza A (H5N1) infection in humans Confronting the next influenza pandemic with antiinflammatory and immunomodulatory agents: why they are needed and how they might work Evaluation of the efficacy and safety of a statin/caffeine combination against H5N1, H3N2 and H1N1 virus infection in BALB/c mice The 2009 H1N1 Influenza Vaccination Campaign: Summary of a Workshop Series, Institute of Medicine (US) forum on medical and public health preparedness for catastrophic events Les hospitalisations associées à la grippe en France Grossesse et grippe pandémique A(H1N1) 2009. Actualités pour les anesthésistes réanimateurs Le suivi de la pandémie grippale en France par la surveillance syndromique Grippe A (H1N1) 2009 Praticien hospitalier (sandrine.wiramus@ap-hm.fr) Service d'anesthésie réanimation, Hôpital Nord, Assistance publique-Hôpitaux de Marseille, chemin des Bourrely Rianimazione e influenza grave: pandemia influenzale A (H1N1)