TBC e migranti nella ASL di Viterbo

Silvia Dari 1, Flavia Verginelli 2, Silvia Aquilani 1, Orlando Armignacco 3, Luciano Caterini 3, Luca Bonelli 1, Tiziana Salimbeni 3

1 Coordinamento Vaccinazioni, Dipartimento di Prevenzione, ASL di Viterbo

2 Scuola di specializzazione di Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

3 Malattie Infettive, ASL di Viterbo

Abstract

Tuberculosis is still considered a worldwide health problem. In recent years, the stable decrease of tuberculosis notification in Europe is probably due to a particular underlying epidemiological trend: increase of tuberculosis notification in foreign born people living in low endemic countries, and a proportional decrease in the native population. This trend exists also in Italy, where tuberculosis incidence is low (5.2/100.000 inhabitants).

Considering the high number of migrants in Viterbo Province after the humanitarian operation “Mare Nostrum”, we analyzed the local health unit (ASL) database to calculate tuberculosis notifications in this area. During the period 2013-2014, Viterbo Province data were similar to European data. Data on age, gender, and nationality are provided and discussed.

It is noteworthy the identification of two cases in Nigerian patients that triggered a difficult epidemiological investigation due to the high number of people (migrants, social and healthcare workers) with whom they came into contact (174) and the problems in locating migrants moved to other Italian regions, thus highlighting the need for a constantly updated record of the migrant-hosting facilities.

Keywords: Tuberculosis; Migrants; Mare Nostrum; Epidemiology

Tuberculosis and migrants in the local health unit of Viterbo

CMI 2015; 9(1): 27-32

http://dx.doi.org/10.7175/cmi.v9i1.1166

Gestione clinica

Corresponding author

Dott.ssa Silvia Dari

silvia.dari@asl.vt.it

Disclosure

Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito agli argomenti trattati nel presente articolo

Introduzione

La tubercolosi è ancora oggi uno dei maggiori problemi di salute pubblica nel mondo. Nel 2011 è stata responsabile di 8,7 milioni di nuovi casi in tutto il mondo [1-3].

Cardini dei programmi di contrasto alla TBC, con lo scopo di ridurre la trasmissione del Mycobacterium tuberculosis nella comunità, sono la sorveglianza con rapida diagnosi e la gestione dei contatti ai fini dell’invio dei pazienti con TBC polmonare bacillifera a una cura efficace [4,5].

Nonostante questa strategia abbia portato a una forte riduzione di incidenza, il controllo della malattia è ancora fuori portata, e sono necessari enormi investimenti e risorse [6].

Il declino della malattia è stato massimo tra la fine degli anni Novanta e la prima decade del nuovo millennio [6] e ha riguardato soprattutto i Paesi maggiormente industrializzati. Si è assistito, tuttavia, a una brusca frenata negli ultimi 4-5 anni. Infatti, in Europa, la tendenza alla riduzione dell’incidenza osservata nel corso negli ultimi 20 anni si è stabilizzata. La ragione di questo andamento risiede probabilmente nel rallentamento del declino in diversi Stati membri europei e nell’aumento delle notifiche in altri; inoltre, in questi stati si è osservata una particolare tendenza di fondo: una percentuale maggiore di denunce di TBC tra i migranti provenienti da Paesi con un alto tasso di incidenza della stessa, contro un’incidenza decrescente nella popolazione autoctona [7,8].

Ciò vale anche in Italia [1,2] dove, nel decennio 1998-2008, il numero di casi di tubercolosi in persone nate all’estero è più che raddoppiato e rappresenta una percentuale vicina al 50% dei casi totali. In generale, nonostante l’incidenza sia diminuita negli ultimi anni, la popolazione immigrata ha ancora un rischio relativo di contrarre la tubercolosi 10-15 volte superiore rispetto alla popolazione italiana [9-11].

Secondo i sistemi di rilevazione nazionali e internazionali, l’attuale situazione epidemiologica della tubercolosi in Italia è caratterizzata da una bassa incidenza nella popolazione generale, dalla concentrazione della maggior parte dei casi in alcuni gruppi a rischio [12] e in alcuni classi di età e dall’emergere di ceppi tubercolari multi-resistenti (Multi-Drug Resistant – MDR) [3]. In Italia l’ultimo rapporto ufficiale, emanato dal Ministero della Salute, sull’andamento della TBC risale al 2008, con una incidenza stimata pari a 7,41 su 100.000 abitanti [10].

I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 2013 collocano l’Italia tra i Paesi a bassa incidenza, con un tasso stimato di 5,7 casi su 100.000 abitanti, con rapporto maschi:femmine pari a 3:1. I casi di forme MDR sono stimati al 2,6% [13]. Secondo il rapporto ECDC (European Centre for Disease prevention and Control) con dati relativi all’anno 2012, l’incidenza in Italia corrisponde a 5,2 casi su 100.000 abitanti; il 58% dei casi si riscontra negli stranieri, che hanno un’età media di 35,5 anni, più bassa dei casi italiani, pari a 56,1 anni [14].

La precarietà dell’inserimento sociale, l’irregolarità e la clandestinità, un’estrema mobilità e la scarsità di risorse economiche fanno sì che i normali schemi di controllo e di chemioprofilassi non possano spesso essere adottati [15].

Inoltre non è possibile progettare per i migranti, così come per l’intera popolazione, una campagna vaccinale ampia e sistemica, in quanto i dati ad oggi disponibili indicano una bassa efficacia del vaccino vivo attenuato antitubercolare BCG (Bacillo di Calmette-Guérin) nei confronti della TBC polmonare negli adulti [15].

Sulla base di quanto evidenziato nei citati dati ufficiali di sorveglianza, si è proceduto ad analizzare le notifiche di TBC pervenute nella ASL di Viterbo (ASL VT) negli anni 2013 e 2014 allo scopo di valutare alcune caratteristiche e l’andamento dei casi, vista la notevole presenza di stranieri originari di paesi UE ad alta incidenza (es. Romania) e di migranti provenienti da zone più o meno endemiche per TBC dell’Africa, ospitati in centri di accoglienza a seguito dell’operazione umanitaria denominata “Mare Nostrum”.

Materiali e metodi

Di tutte le notifiche pervenute alla ASL VT nel biennio 2013-2014 (dati SIMI, Sistema Informatizzato Malattie Infettive) relative ai residenti della Provincia di Viterbo, sono state prese in considerazione solo le diagnosi accertate con isolamento colturale del Bacillo di Koch (BK) al fine di produrre dati consolidati. Per il calcolo dei tassi di incidenza sono stati presi come riferimento i dati di popolazione ISTAT [16] relativamente ai residenti della Provincia di Viterbo.

A seguito di ogni notifica di TBC con positività per BAAR (Bacilli Alcol-Acido Resistenti) all’esame diretto dei campioni biologici respiratori, è stata attivata immediatamente un’inchiesta epidemiologica nei confronti dei contatti, mirata ad accertare sia gli eventuali casi secondari, sia la presenza di altri casi ancora misconosciuti nelle comunità frequentate. Tali soggetti, classificati per livello di esposizione e per appartenenza a categorie di rischio, identificati tra coloro che hanno condiviso lo stesso spazio aereo ristretto con il caso indice, di norma nei tre mesi antecedenti la comparsa di segni e sintomi o del primo reperto di malattia compatibile con TBC, sono stati sottoposti al test tubercolinico (TST) di I livello, tramite il metodo di intradermoreazione secondo Mantoux [17,18].

Il TST è stato definito positivo (o, più correttamente, significativo) quando, dopo la somministrazione, per via intradermica, di 5 Unità Internazionali (UI) del Derivato Standard di Proteina Purificata (PPD-S), nella regione anteriore del polso, a distanza di 72 ore si è osservato un infiltrato con un diametro medio pari o superiore a 5 mm [17].

Test sierologici, come il test IGRA (Interferon-γ Release Assay), sono stati effettuati come supporto al TST solo nei casi in cui il soggetto, risultato positivo al TST, presentasse documentazione di eseguita vaccinazione per TBC o precedenti test positivi.

In caso di significatività del test di Mantoux, sono state effettuate come indagini di II livello Rx torace, visita infettivologica e analisi ematochimiche. Ai soggetti risultati positivi al test di Mantoux e negativi alle altre indagini, è stata proposta la terapia preventiva con isoniazide in base anche ai fattori di rischio individuali [19].

I soggetti risultati negativi al test di Mantoux sono stati invitati a ripetere tale test a distanza di 8-10 settimane [17] per valutare un’eventuale cuticonversione.

Tutti i migranti, entro 48 ore dal loro arrivo nei centri di accoglienza della provincia di Viterbo, sono sottoposti a una visita di screening da personale sanitario qualificato, ponendo particolare attenzione ai segni e sintomi ascrivibili alle 13 sindromi oggetto di sorveglianza speciale da parte del Ministero della Salute, utilizzando anche un questionario per l’individuazione di patologie critiche come la TBC [20,21].

Risultati

2013

2014

Biennio

Casi (maschi)

23 (16)

17 (14)

40 (30)

Residenti (n) al 1° gennaio*

315.623

322.195

 

Incidenza (n/100.000 ab.)

7,3

5,3

 

MDR/tot

0

5,9%

2,5%

Stranieri/tot

43,5%

76,5%

57,5%

Età media stranieri

38

32

35

Età media italiani

48

61

51

Fasce di età più colpite^ 

18-29 (17,4%)

18-29 (35,5%)

18-29 (25%)

30-39 (26,1%)

30-39 (23,5%)

30-39 (25%)

 

40-49 (23,5%)

40-49 (17,5%)

Tabella I. Dati relativi alle diagnosi accertate di tubercolosi nella ASL di Viterbo negli anni 2013 e 2014

MDR = Multi-Drug Resistant; *da banca dati ISTAT; ^(valori superiori al 15%)

Come riportato nella Tabella I, le notifiche di TBC con diagnosi accertata pervenute nella ASL VT negli anni 2013 e 2014 sono state rispettivamente 23 e 17.

Considerando i dati di popolazione ISTAT relativamente ai residenti della Provincia di Viterbo, l’incidenza può considerarsi in linea con i dati OMS ed ECDC. Infatti per il 2014 si ha un numero di casi pari a 5,3 su 100.000 abitanti, molto vicino alla rilevazione ECDC (5,2 su 100.000) [14]. Nel 2013 si sono invece verificati più casi di TBC nel territorio di Viterbo, con un’incidenza di 7,3 casi su 100.000, prossimo all’ultimo dato ufficiale del Ministero della Salute, risalente però al 2008 [17].

2013

2014

Italia

13

4

Albania

1

0

Burundi

1

0

Camerun

1

0

Cina

0

1

Filippine

0

1

Gambia

0

1

India

1

1

Moldavia

0

1

Nigeria

0

2

Polonia

1

0

Romania

5

6

Totale

23

17

Tabella II. Casi di tubercolosi rilevati nella ASL di Viterbo negli anni 2013 e 2014 suddivisi per nazionalità dei pazienti

Si riscontra inoltre una prevalenza di notifiche dei maschi, che nel 2013 rappresenta quasi il 70%, e nel 2014 l’82%, con un rapporto maschi-femmine biennale pari a 3:1 conformemente ai dati OMS ed ECDC (Tabella I) [13,14]. Le fasce di età più colpite sono state quelle dei giovani adulti, con un’età media più alta negli italiani (Tabella I).

Gli stranieri rappresentano la maggior parte dei casi del 2014 (76%), una percentuale inferiore rispetto al 2013 (43%).

Il Paese di origine più rappresentativo tra i migranti è la Romania, che copre circa la metà dei casi in entrambe le annate considerate (Tabella II).

Il 2014 si è distinto in particolare per un evento che ha richiesto un notevole impegno lavorativo da parte degli operatori che gestiscono le notifiche di TBC.

Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre 2014, infatti, sono pervenute 2 notifiche di tubercolosi polmonare bacillifera in due migranti nigeriani ospiti di una stessa struttura di accoglienza in cui entrambi sono arrivati nel mese di giugno 2014. Non è nota purtroppo la data di arrivo effettivo di questi soggetti in Italia, risalente comunque ai primi mesi del 2014. Il primo è stato ricoverato presso l’Ospedale L. Spallanzani di Roma. Il secondo (notificato a distanza di 5 giorni dal primo), risultato peraltro HIV+ (probabilmente effettivo caso primario dell’evento), precedentemente ricoverato per altra patologia prima all’ospedale di Tarquinia poi in una clinica privata accreditata di Viterbo, è stato infine trasferito presso il reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Belcolle di Viterbo.

Le notifiche hanno comportato una complessa indagine epidemiologica, con l’individuazione di un notevole numero di contatti: 67 migranti di varia nazionalità, 105 operatori assistenziali socio-sanitari (medici, infermieri, mediatori culturali, volontari, ecc.) e 2 pazienti che hanno condiviso la stanza con il secondo caso.

Tutti i contatti citati sono stati invitati a sottoporsi al test di I livello.

Tra i migranti hanno effettuato il TST 43 soggetti: di questi ne sono risultati positivi 31. Degli altri 107 contatti, 86 hanno accettato di sottoporsi al test di Mantoux: la maggior parte è risultata negativa (Tabella III).

Operatori

Migranti

Positivo

10

31

Negativo

76

12

Non eseguito

21

26

Totale

107

69

Tabella III. Operatori e migranti a contatto con i due casi di TBC e relativi risultati del test di Mantoux

Tutti i casi positivi hanno intrapreso le indagini di II livello. È stato effettuato il test IGRA a un solo operatore sanitario.

Nonostante i migranti risultino per il 72% positivi (rispetto a solo il 12% degli operatori), dopo l’esecuzione di tutte le indagini di II livello, non è emerso nessun altro caso secondario di malattia polmonare bacillifera.

A tutti i cutipositivi considerati a rischio di malattia, è stata proposta la terapia preventiva con isoniazide e sono state pianificate le successive visite di controllo (primo controllo dopo 15 giorni e successivamente a cadenza mensile).

Tutti i migranti che sono stati in contatto con i due pazienti affetti da TBC sono stati trasferiti in altri centri di accoglienza, anche fuori dal territorio ASL. Tra questi, 26 al momento del trasferimento non avevano ancora completato le indagini di screening necessarie. È stata effettuata idonea segnalazione di quanto avvenuto alle rispettive ASL di destinazione, specificando gli iter diagnostico/terapeutici intrapresi o da intraprendere.

Discussione

Per quanto la provincia di Viterbo risulti nell’ultimo biennio globalmente in linea con i dati epidemiologici più recenti, si evidenzia come all’interno di ogni singolo anno pochi casi possano mutarne notevolmente l’andamento.

Sarebbe quindi interessante poter avere un report annuale quantomeno regionale con dati sia cumulativi sia più specifici per quei casi che possano essere considerati dei campanelli di allarme dal punto di vista epidemiologico e gestionale.

I due migranti nigeriani, pur rappresentando solo il 12% di tutte le inchieste epidemiologiche effettuate, hanno richiesto un lavoro di controllo, di gestione e un impiego di risorse umane molto più importante rispetto agli altri casi.

Basti pensare al numero di soggetti inseriti nel primo screening (174). Questo elevato numero negli operatori è dovuto anche a una oggettiva difficoltà a inserire i singoli nella definizione di “contatto a rischio” sia per la difficoltà nell’estrapolazione dei dati da report amministrativi (es. turni, fogli presenze, ecc.) riguardanti il personale che ha avuto un reale e prolungato contatto con i soggetti infetti, sia perché l’aspetto emotivo ha contribuito indubbiamente a un eccesso di richieste di controlli da parte dei potenziali contatti.

La somministrazione del questionario volta all’individuazione precoce dei casi di TBC è risultata poco efficace poiché sono subentrati problemi di comunicazione linguistico-culturale che hanno ostacolato l’instaurarsi di un rapporto fiduciale tra mondi a volte così diversi; ciò si traduce spesso nella difficoltà di applicazione dei protocolli diagnostico-terapeutici prescritti [15].

Un altro problema riscontrato è stato quello del trasferimento dei migranti, ancora sotto inchiesta epidemiologica, in altre strutture anche al di fuori della regione Lazio.

Nonostante si sia instaurata un’ottima collaborazione con gli organismi della Prefettura di Viterbo che individuano i centri di accoglienza, si sono tuttavia verificate alcune criticità nel tempestivo scambio di informazioni e si è resa evidente la necessità di poter disporre di un censimento, costantemente aggiornato, delle strutture deputate a ospitare i migranti. Difficoltà maggiori sono sorte nel comunicare i dati relativi ai migranti in contatto con i casi, trasferiti in alloggi fuori regione prima ancora di iniziare gli accertamenti di screening, anche se, dopo onerose ricerche, è stato possibile rintracciare tutti i luoghi di trasferimento e le relative ASL di competenza territoriale. Le problematiche descritte hanno comportato la perdita di informazioni e la mancanza di dati di ritorno sul proseguimento degli accertamenti per quei soggetti risultati negativi al primo controllo di cui si doveva quindi valutare un’eventuale sieroconversione a distanza di 8-10 settimane, e dei controlli diagnostico-clinici per quelli che avevano iniziato la chemioprofilassi con isoniazide.

Sarebbero quindi auspicabili sia la realizzazione di una mappa dei centri di accoglienza, che non fosse solo una fotografia istantanea ma un quadro “dinamico” a disposizione di tutti gli attori deputati alla gestione e alla salvaguardia dei diritti di questi soggetti fragili, sia l’individuazione, in queste strutture, di una figura definibile come “responsabile sanitario” a cui attribuire le funzioni di gestione degli aspetti sanitari di prevenzione e cura.

Punti chiave

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