Epilessia nel paziente anziano: focus sulla terapia

Annalisa Amidei 1, Isabella Righini 1, Loredana Petrucci 1, Melania Guida 1, Alfonso Iudice 1

1 Università di Pisa, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Neurologia

Abstract

Epilepsy is a disorder widely distributed across all age groups, although its incidence and prevalence favours elderly patients. In this population the development of epilepsy is mainly related to other brain disorders that facilitate the occurrence of late seizures, mostly of focal onset. Apart from the difficulties faced in current practice with the appropriate diagnosis of the epileptic nature of the episodes, old subjects require an individualised drug treatment, tailored on their characteristics, such as comorbidity, polytherapy, age-associated biological impairment and compliance. Among the various antiepileptic drugs available for the treatment of epilepsy, rational selection and combination of drugs should drive both initiation and maintenance of the treatment. Choice of antiepileptic drugs should first focus on avoidance of adverse effects and potential drug interactions. The pharmacological control of seizures is usually favourable at this age, with a good prognosis. However, alternative therapeutic options should be considered as soon as drug-response is unsatisfactory.

Keywords: Epilepsy; Elderly patients; Drug therapy

Epilepsy in elderly patients: focus on treatment

CMI 2012; 6(3): 83-90

Gestione clinica

Corresponding author

Dott. Alfonso Iudice

Università di Pisa, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Neurologia

Via Roma 67 – 56126 Pisa

a.iudice@med.unipi.it

Disclosure

Gli autori dichiarano di non avere alcun conflitto d’interessi di natura finanziaria.

Introduzione

L’epilessia, generalmente considerata una condizione propria del giovane, è invece una patologia di frequente riscontro anche nella popolazione anziana. Infatti negli ultimi due decenni studi epidemiologici hanno dimostrato in modo consistente che, per le crisi epilettiche in generale e per l’epilessia in particolare, la più alta incidenza in assoluto si riscontra nell’anziano [1]. In uno studio condotto da Hauser e collaboratori [2] su una popolazione di Rochester, Minnesota (USA), è stata documentata, in pazienti di età superiore a 60 anni, un’incidenza di crisi non provocate di 150 su 100.000 persone/anno, in contrasto con il dato riferito alla popolazione generale di 61 su 100.000. Tale pattern di distribuzione risulta essere indipendente dal sesso, relativamente indipendente dalla definizione di disordine convulsivo e stabile nel tempo.

Con l’avanzare dell’età aumenta l’incidenza di fattori di rischio per l’epilessia, quali lo stroke, le neoplasie cerebrali, l’encefalopatia vascolare ischemica cronica, le demenze; queste patologie risultano fortemente correlate allo sviluppo di crisi epilettiche ed epilessia nella tarda età. Infine l’invecchiamento stesso della cellula nervosa è considerato un fattore di rischio per le crisi parziali e probabilmente anche per le crisi generalizzate [3].

Il trattamento delle crisi in questa particolare classe di pazienti risulta particolarmente importante poiché eventuali traumatismi conseguenti alle manifestazioni critiche possono portare a prognosi sfavorevole e perdita di autonomia. Inoltre misconoscere la causa alla base delle crisi può determinare non solo il ricorso a terapie inutili, con i relativi effetti collaterali, ma anche conseguenze fatali che possono occorrere se non si discriminano patologie come sincopi cardiogene, attacchi ischemici transitori (TIA) subentranti, insulti tossico-metabolici. Nell’anziano più che in altre classi di pazienti si possono avere conseguenze più gravi, rispetto al giovane, dovute a uno stato post-critico più prolungato, più frequente insorgenza di stato epilettico e maggiore rischio di ricorrenza dopo una prima crisi. Di contro, questa fascia d’età mostra una migliore risposta terapeutica ai farmaci antiepilettici, ancorché associata a una maggiore suscettibilità agli effetti collaterali dei farmaci.

Caratteristiche dell’epilessia nell’anziano

In primo luogo la diagnosi di epilessia nell’anziano non è immediata. L’approccio iniziale al soggetto con crisi epilettica vede come primo step l’identificazione della natura della crisi: crisi provocata (o acuta sintomatica) o non provocata (sintomatica remota), ancorché nell’anziano sia possibile che l’eziologia delle crisi rimanga criptogenica. Si stima che un’elevata proporzione di crisi epilettiche sia provocata da fattori identificabili, come insulti vascolari, metabolici o tossici, patologie sistemiche, infezioni opportunistiche, la cui incidenza è correlata all’età. Le crisi sintomatiche acute, in quanto manifestazione di un danno neurologico acuto, hanno la tendenza a ricorrere per l’intero periodo in cui tale disturbo è in atto. In concomitanza di un ictus cerebrale o di un’infezione a carico del SNC, il 5-10% dei soggetti avrà anche una crisi epilettica. Le condizioni che più frequentemente causano crisi sintomatiche acute, oltre all’ictus cerebrale, sono le anomalie metaboliche come lo stato uremico o l’anossia cerebrale associata ad arresto cardiaco. Inoltre numerosi farmaci hanno un potenziale epilettogeno molto alto, in particolare clozapina, fenotiazine, ciclosporina [4].

Le cause più comuni di crisi sintomatiche remote sono costituite da tumori cerebrali (8-45%), traumi cerebrali (2-21%), patologie cerebrovascolari croniche (40%), atrofia cerebrale (5-13%) e malattia di Alzheimer (9-17%) [5]. Le patologie cerebrovascolari sono la causa più frequente di epilessia sintomatica remota nell’anziano, con una frequenza intorno al 40%, in relazione maggiormente con stroke ischemico ed emorragico, aterosclerosi, emorragie cerebrali post-craniotraumatiche. Le neoplasie cerebrali primitive o metastatiche cerebrali risultano essere anch’esse una delle cause più frequenti di epilessia nell’anziano. I tumori cerebrali con potenzialità epilettogene sono più spesso tumori maligni come l’astrocitoma anaplastico e il glioblastoma, ma anche astrocitomi a basso grado, e in particolare meningiomi localizzati in sede frontale e temporale, linfoma cerebrale e metastasi da carcinoma del polmone, mammella, stomaco, e da melanoma. Altra causa identificata di epilessia propria dell’anziano è la malattia di Alzheimer. Esiste infatti un incremento temporale di crisi epilettiche proporzionalmente alla durata e alla progressione della malattia di Alzheimer, in relazione diretta con l’atrofia corticale e sottocorticale, e con le alterazioni patologiche specifiche. Sebbene l’utilizzo delle neuroimmagini, soprattutto la risonanza magnetica cerebrale, abbia notevolmente aumentato la definizione eziologica, una significativa percentuale di crisi nell’anziano è tuttora classificata come criptogenica [6].

Diagnosi differenziale

La principale difficoltà nella diagnosi dell’epilessia nell’anziano è costituita da una serie di condizioni che possono mimare le crisi epilettiche, le quali sono spesso non testimoniate e non descritte dal paziente o dai familiari con la necessaria accuratezza. Nella Tabella I sono categorizzate le principali patologie da porre in diagnostica differenziale.

Classe della patologia

Patologia

Patologie neurologiche

  • Attacco ischemico transitorio (TIA)
  • Emicrania
  • Amnesia globale transitoria

Disturbi cardiovascolari

  • Lipotimie-sincopi vasovagali
  • Lipotimie-sincopi da ipotensione ortostatica
  • Sincopi cardiogene
  • Cardiomiopatie strutturali
  • Sindrome del seno carotideo

Disordini endocrini e metabolici

  • Episodi ipo- o iperglicemici
  • Iponatremia
  • Ipokalemia

Patologie psichiatriche

  • Crisi psicogene non-epilettiche (pseudocrisi)

Disturbi del sonno

  • Sindrome delle apnee ostruttive
  • Sindrome delle gambe senza riposo
  • Movimenti periodici degli arti in sonno (Periodic Limbs Movements)
  • Comportamenti in fase REM (REM Behaviour Disorders)

Tabella I. Patologie da porre in diagnostica differenziale con l’epilessia nel paziente anziano

Frequentemente le manifestazioni epilettiche parziali nell’anziano vengono attribuite a TIA, in territorio carotideo o vertebro-basilare, così come le manifestazioni neurologiche associate a cefalea emicranica (ad es. disturbi visivi). I diversi quadri di amnesia globale transitoria, se non sono tipici nella loro manifestazione, possono essere interpretati come sintomatologia ictale e post-ictale di crisi parziali semplici o complesse. Nella categoria dei disturbi cardiovascolari l’ipotensione ortostatica e le lipotimie/sincopi vaso-vagali e cardiogene possono essere non correttamente interpretate, così come altre patologie cardiache, strutturali o da alterazioni del ritmo per difetti della conduzione atrio-ventricolare. La patologia del sonno nell’anziano pone spesso un problema interpretativo diagnostico: le manifestazioni che accompagnano le apnee ostruttive del sonno possono essere riferite dal partner di letto in maniera non adeguata, così come i periodici movimenti degli arti in sonno e i comportamenti motori associati alla fase REM. Più infrequente è invece l’interpretazione non corretta della sindrome delle gambe senza riposo.

Una serie di squilibri metabolici, e in particolare l’iponatriemia e le condizioni di ipo/iperglicemia, può provocare crisi epilettiche in età avanzata. Per quanto riguarda l’iponatriemia, le crisi epilettiche sono più frequentemente osservate quando le concentrazioni del Na+ diminuiscono rapidamente (valori inferiori a 125 mEq/l) rispetto ai casi di iponatriemia cronica. L’ipoglicemia e l’iperglicemia non chetonica possono essere associate a crisi focali, che tuttavia non si osservano nell’iperglicemia chetonica, probabilmente a causa dell’azione anticonvulsivante della chetosi. Cambiamenti nello stato mentale sono patognomonici dell’encefalopatia uremica, che coinvolge simultaneamente la depressione (ottundimento) e l’eccitazione neuronale (spasmi, mioclonie, convulsioni generalizzate). L’intossicazione da alcol, così come la sua brusca sospensione negli etilisti, che ha un picco d’incidenza nella quinta e sesta decade di vita, possono causare crisi sintomatiche acute. Le crisi epilettiche da astinenza di etanolo si verificano in genere entro le prime 48 ore, e nel 66% dei casi si verificano tra 7 e 24 ore.

Difficoltà diagnostiche

Nel paziente anziano la diagnosi della natura epilettica delle manifestazioni critiche non è semplice ed è spesso errata, perché frequentemente gli episodi vengono riferiti indirettamente, per le difficoltà nel report soggettivo dovute ai deficit attentivi/cognitivi: si evidenziano segni/sintomi ambigui, si tende ad attribuire eccessivo significato ai fattori di rischio, inevitabilmente presenti a questa età, e soprattutto alla comorbilità. Pertanto la diagnosi di epilessia nell’anziano è frequentemente ritardata di più di 2 anni rispetto al giovane/adulto. Per effettuare una corretta diagnosi differenziale occorre in prima istanza porre attenzione alla semeiologia delle crisi, che sono più frequentemente parziali (1/4 dei casi a pronta generalizzazione) e con maggiore frequenza ad origine extratemporale (lobo frontale), mentre sono più rare le “aure” e gli automatismi. Inoltre si osserva una più alta percentuale di segni e/o sintomi sensori-motori (crisi post-ischemiche, tumori) e spesso una semeiologia “vaga” costituita da sintomi confusionali, dismnesici e/o cognitivi, con stato post-critico prolungato (anche giorni).

Tra le indagini strumentali per la corretta diagnosi sono di fondamentale importanza l’ECG, gli esami ematologici ed ematochimici (emocromo, indici di funzionalità renale, elettroliti sierici, glicemia). L’EEG risulta assai poco specifico: è noto infatti che il 12-38% dei soggetti senza epilessia presenta anomalie elettriche, e che solo il 10-20% dei pazienti con epilessia sintomatica (stroke, tumori) presenta anomalie specifiche. Se l’EEG standard non dà informazioni, anche nell’anziano è necessaria l’esecuzione di un EEG in sonno (spontaneo o dopo deprivazione ipnica notturna). La videoEEG può essere fondamentale per la diagnosi differenziale e l’approccio terapeutico, sebbene la sua potenzialità diagnostica sia direttamente proporzionale alla frequenza della crisi. La tendenza delle crisi epilettiche alla recidiva spontanea in presenza di fattori di rischio per la loro ricorrenza è condizione sufficiente per l’inizio precoce di un trattamento farmacologico antiepilettico.

Terapia

Nonostante la rilevanza epidemiologica dell’epilessia nel soggetto anziano, mancano evidenze terapeutiche robuste circa l’efficacia dei farmaci antiepilettici per la limitatezza degli studi clinici condotti in questa fascia di pazienti. La presenza di comorbilità tende infatti a escludere a priori gli anziani nei trial clinici. Ad oggi, infatti, sono stati pubblicati solo due trial prospettici, randomizzati e controllati, in doppio cieco. Il primo è stato condotto da Brodie e collaboratori nel 1999 [7] e ha incluso 150 soggetti anziani con epilessia di nuova diagnosi, suddivisi in due gruppi paralleli di trattamento con lamotrigina e carbamazepina in monoterapia. In tale studio lamotrigina è risultata superiore a carbamazepina per efficacia e minori effetti collaterali: a 24 settimane il 71% dei pazienti che assumevano lamotrigina aveva completato lo studio rispetto al 42% dei pazienti in terapia con carbamazepina. Il 39% circa dei pazienti in terapia con lamotrigina era libero da crisi in confronto al 21% dei pazienti in terapia con carbamazepina. L’altro trial disponibile è stato condotto dalla Veterans Administration statunitense (VA Coop Study) [8] ed è iniziato prima della disponibilità in commercio di levetiracetam e oxcarbazepina; in questo trial carbamazepina è stata confrontata con lamotrigina e gabapentin. Lo studio, multicentrico, in doppio cieco, condotto in pazienti anziani (età media = 72 anni), ha valutato il controllo delle crisi e il numero di interruzioni per eventi avversi per ciascun farmaco. I risultati hanno mostrato un’efficacia comparabile dei tre farmaci, con una migliore tollerabilità di lamotrigina e gabapentin rispetto a carbamazepina.

La risposta terapeutica ai farmaci antiepilettici convenzionali nel paziente anziano è stata valutata in due trial in singolo cieco. Nello studio di Cameron e Macphee [9] carbamazepina, fenitoina e valproato sono risultati associati a eventi avversi nel 27% dei pazienti, mentre Tallis e colleghi [10] hanno evidenziato eventi avversi cognitivi e comportamentali nel 30% dei pazienti trattati con fenitoina (≤ 300 mg/die) e valproato (≤ 1.000 mg/die).

La gestione dell’epilessia nell’anziano richiede la comprensione dell’unicità delle caratteristiche mediche di questi pazienti. Il paziente anziano presenta problematiche di gestione che includono le variazioni fisiologiche nella funzionalità dei principali organi (specie fegato e rene) e che si riverberano nella farmacocinetica e farmacodinamica dei farmaci antiepilettici (Tabella II).

Variazioni fisiologiche

Modificazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche

 acidità gastrica, ritardato svuotamento gastrico e alterazione della motilità intestinale

Inefficace assorbimento

 tessuto adiposo (donne: da 33% nella giovane a 48% nell’anziana; uomini: da 18% nel giovane a 36% nell’anziano),  albumina sierica

 volume di distribuzione dei farmaci liposolubili ( emivita),  volume di distribuzione dei farmaci idrosolubili ( margine di sicurezza)

 funzionalità epatica

 metabolismo dei farmaci (lamotrigina e valproato controindicati in caso di insufficienza epatica)

 filtrato glomerulare

 escrezione dei farmaci (evitare gabapentin, levetiracetam e topiramato, escreti totalmente a livello renale)

Tabella II. Modificazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche nel soggetto anziano in relazione ai cambiamenti fisiologici

L’elevato numero di comorbilità e la conseguente politerapia farmacologica costituiscono un altro aspetto da considerare nell’impostazione della terapia. In uno studio di Ramsay e colleghi [11] in 593 pazienti anziani con epilessia di nuova diagnosi, il 64% dei pazienti era affetto da ipertensione arteriosa, il 50% circa dei pazienti aveva avuto un precedente ictus, la metà dei soggetti presentava una patologia cardiaca, circa un terzo era diabetico e meno di un quarto aveva una storia di pregressa neoplasia. Gli antiepilettici convenzionali presentano un potenziale di interazione molto elevato con farmaci comunemente usati nella pratica clinica: antivirali, chemioterapici, antidepressivi, anticoagulanti, immunosoppressori, ipolipemizzanti, antipertensivi e antiaritmici [12]. Ciò è in relazione principalmente all’induzione del metabolismo epatico attraverso il citocromo P450, deputato al metabolismo di vari farmaci. L’ottimizzazione della terapia con i farmaci antiepilettici si rende quindi necessaria in particolari situazioni di comorbilità e coterapia, frequentemente osservate nel paziente anziano.

La valutazione delle funzioni cognitive nell’anziano risulta di fondamentale importanza prima di iniziare una terapia farmacologica. Circa il 6% dei pazienti affetti da epilessia presenta disturbi psichici e la percentuale aumenta fino al 10-20% se si prendono in considerazione pazienti con epilessia farmaco-resistente. La maggior parte dei farmaci antipsicotici può deteriorare il controllo delle crisi epilettiche, specie in relazione alla dose utilizzata. Gli antiepilettici convenzionali presentano un potenziale di interazione molto elevato e di conseguenza i livelli ematici di molti farmaci, come gli antidepressivi triciclici e i neurolettici convenzionali (aloperidolo e clorpromazina) e quelli di più recente introduzione (clozapina, risperidone, olanzapina e quetiapina) possono risultare ridotti fino a valori sub-terapeutici [13]. Gli psicofarmaci possono d’altro canto alterare la farmacocinetica degli antiepilettici (carbamazepina, fenitoina e valproato) mediante un’inibizione degli enzimi della famiglia dei citocromi [14,15].

Le interazioni farmacologiche tra gli antiepilettici di prima generazione e i farmaci comunemente usati nella prevenzione secondaria dello stroke (anticoagulanti orali, antiaggreganti, antiaritmici) complicano la gestione del paziente anziano con epilessia e malattia cerebrovascolare. Warfarin, ad esempio, per il suo ristretto range terapeutico, l’elevato legame proteico e il suo metabolismo mediato da CYP2C9 e CYP3A4, può facilmente interagire con gli antiepilettici: mentre levetiracetam, lamotrigina, gabapentin e topiramato mostrano un basso potenziale di interazione, i vecchi antiepilettici risultano interferire più facilmente nel metabolismo di warfarin. Non esistono conferme sugli effetti degli antiepilettici sul metabolismo di ticlopidina; tuttavia, per la sua azione inibitoria nei confronti del CYP2C19, sono possibili interazioni in associazione con fenitoina e carbamazepina [16]. Gli inibitori delle colinesterasi, utilizzati nel trattamento delle demenze, hanno effetti limitati sugli enzimi implicati nel metabolismo dei farmaci, e quindi minime sono le interazioni potenziali con gli antiepilettici. Tra i β-bloccanti, atenololo e sotalolo non sono metabolizzati per via epatica, e pertanto hanno un potenziale di interazione molto basso; viceversa i farmaci β-bloccanti lipofili (propranololo, metoprololo e timololo) possono incrementare la clearance degli antiepilettici. Interazioni non trascurabili sono state documentate anche per i bloccanti dei canali del calcio. Diltiazem e verapamil sono inibitori del CYP3A4 e aumentano i livelli circolanti di carbamazepina [17]. È stato dimostrato che l’uso concomitante dei classici antiepilettici determina una diminuzione nei livelli plasmatici dei calcioantagonisti diidropiridinici, substrati del CYP3A4 [18]. Gli inibitori dell’HMG-CoA reduttasi (atorvastatina, lovastatina e simvastatina) sono metabolizzati principalmente mediante reazione di ossidazione (CYP3A4); in un recente studio condotto in volontari sani, carbamazepina ha mostrato di ridurre la concentrazione plasmatica di simvastatina e dei sui metaboliti rispettivamente del 75% e 82% [19].

Nella gestione terapeutica dell’epilessia nel paziente anziano in politrattamento vanno quindi attentamente considerate le possibili interazioni farmacologiche, e nel corso della terapia le concentrazioni plasmatiche degli antiepilettici dovrebbero essere monitorate più frequentemente (Tabella III).

CBZ

PHT

VPA

PB

OXC

TPM

LTG

GBP

LEV

Warfarin

+

+

+

+

+

+

?

-

-

Digossina

+

+

+

+

+

+

?

-

-

Neurolettici

+

+

+

+

?

?

?

-

-

Antiacidi

+

+

+

+

?

?

?

?

-

Antibiotici

+

+

+

+

?

?

?

-

-

Tabella III. Possibili interazioni di alcuni farmaci antiepilettici con altri farmaci frequentemente utilizzati nei pazienti anziani (+ interazione accertata; ? interazione dubbia; - interazione non documentata)

CBZ = carbamazepina; GBP = gabapentin; LEV = levetiracetam; LTG = lamotrigina; OXC = oxcarbazepina; PB = fenobarbital; PHT = fenitoina; TPM = topiramato; VPA = valproato

L’utilità di iniziare la terapia farmacologica dopo una singola crisi epilettica non provocata va valutata individualmente, considerando principalmente le possibili conseguenze fisiche e psicologiche di una ricorrenza delle crisi [20]. È importante altresì considerare i dati relativi a morbilità e mortalità associati alla ricorrenza delle crisi; una maggior incidenza di morte improvvisa è stata dimostrata in soggetti anziani con epilessia [21]. Se da un lato i benefici della terapia antiepilettica sono sostanziali, i rischi legati alle possibili reazioni avverse in questa fascia di età sono ugualmente importanti. I farmaci antiepilettici, soprattutto quelli di vecchia generazione, sono tra quelli che più comunemente causano reazioni avverse negli anziani [22].

Scelta del farmaco antiepilettico nell’anziano

Tutti gli antiepilettici di vecchia generazione, con l’eccezione di etosuccimide, sono risultati efficaci nel controllo delle crisi parziali, con o senza secondaria generalizzazione (la tipologia di crisi che più di frequente si riscontra nell’anziano). Negli ultimi anni, tuttavia, un interesse crescente si è sviluppato intorno alla scelta dei farmaci antiepilettici di seconda generazione quali farmaci di prima linea nel trattamento dell’epilessia nell’anziano ancorché, ad oggi, pochi abbiano dimostrato di avere una risposta terapeutica superiore rispetto a quelli di prima generazione, sia nelle crisi parziali sia nelle crisi generalizzate tonico-cloniche [23]. Gli antiepilettici di seconda generazione tuttavia hanno una maggiore biodisponibilità e un miglior profilo farmacocinetico (Tabelle IV e V). Le limitate evidenze disponibili sulla scelta dei trattamenti antiepilettici in questa fascia di età non consentono di suggerire criteri univoci nella selezione dei farmaci di prima, seconda e terza linea, né in monoterapia né in add-on. La personalizzazione della cura, primariamente sulla base dei criteri di tollerabilità e secondariamente su quelli di efficacia, costituisce il miglior indicatore disponibile nel trattamento dell’epilessia dell’anziano.

Farmaco

Biodisponibilità orale (%)

Legame proteico (%)

Via di eliminazione principale

t½ h adulti

Cinetica

Fenobarbital

100

50

Ossidazione e renale

50-150

Lineare

Fenitoina

90

90

Ossidazione

20-100

Non lineare

Carbamazepina

80

75

Ossidazione

10-30

Non lineare

Etosuccimide

100

0

Ossidazione

40-75

Lineare

Valproato

100

90

Ossidazione e coniugazione

10-20

Non lineare

Tabella IV. Principali parametri farmacocinetici degli antiepilettici classici

Farmaco

Legame proteico (%)

Via di eliminazione principale

Tempo allo steady-state (giorni)

Gabapentin

0

100% renale

2

Lamotrigina

55

90% epatica (UGT)

3-15

Levetiracetam

< 10

66% renale, 24% epatica (idrolisi)

2

Oxcarbazepina

40

50% epatica (UGT)

2-4

Topiramato

15

60% renale

5

Zonisamide

40

70% epatica

< 14

Lacosamide

< 15

95% renale

3

Tabella V. Principali parametri farmacocinetici dei “nuovi” farmaci antiepilettici

UGT = UDP-glucuroniltransferasi

Tra i farmaci di nuova generazione gabapentin è un farmaco che non viene metabolizzato a livello epatico ma escreto a livello renale, e non determina interazioni con altri farmaci. Per questo motivo è potenzialmente utile nel trattamento del paziente anziano. Tuttavia a causa della ridotta funzionalità renale legata all’invecchiamento, le posologie devono essere necessariamente ridotte negli anziani. Uno dei problemi pratici di gabapentin è la sua breve emivita e quindi la necessità di somministrazioni giornaliere multiple, che possono costituire un impedimento alla corretta compliance nell’anziano. Oxcarbazepina ha una particolare tendenza a determinare iponatriemia, fattore fortemente limitante nella terapia dell’anziano. Levetiracetam non è metabolizzato a livello epatico e per tale motivo non ha interazioni con il metabolismo di altri farmaci. Il ridotto legame alle proteine plasmatiche (< 10%) evita i potenziali rischi di interazione con i farmaci altamente legati alle proteine (warfarin). Per tali aspetti levetiracetam è ben tollerato nella popolazione anziana, ancorché siano stati segnalati effetti collaterali sul profilo comportamentale. La dose media giornaliera consigliata nell’anziano è di 750-1.500 mg. Zonisamide e topiramato hanno generalmente un maggior potenziale di effetti avversi sulle funzioni cognitive rispetto ad altri farmaci di nuova generazione; tuttavia una attenta titolazione delle dosi e posologie adeguate possono limitarne i possibili effetti collaterali [24,25].

Una corretta terapia antiepilettica nell’anziano richiede l’adeguamento della posologia del farmaco alle caratteristiche del singolo paziente. La variabilità della tollerabilità ai diversi trattamenti è attribuibile, in gran parte, alle differenze interindividuali riguardanti la farmacocinetica. Pertanto risulta utile considerare in questo gruppo di pazienti il ricorso al monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche per valutare la risposta clinica. I farmaci antiepilettici per i quali il monitoraggio viene più comunemente utilizzato sono i farmaci di vecchia generazione (fenobarbital, fenitoina, carbamazepina). Il monitoraggio risulta utile anche per la ridotta compliance tipica dell’anziano, spesso per deficit di memoria o visivi. È raccomandabile pertanto fornire al paziente istruzioni scritte, monitorando con l’aiuto dei familiari l’aderenza alla terapia e scoraggiando la sospensione incontrollata dei farmaci [26].

Naturalmente nel paziente anziano oltre alle epilessie di nuova insorgenza possono persistere forme di epilessia esordite in età giovanile/adulta. I relativi pattern elettro-clinici, gli aspetti sindromici, e la terapia farmacologica attuata vanno rivalutati e riconsiderati in rapporto ai diversi aspetti – medici, pratici, sociali, assistenziali – che l’invecchiamento del paziente aggiunge alla patologia pre-esistente.

Il ricorso ad altre opzioni terapeutiche non farmacologiche (chirurgia, stimolazione vagale, stimolazione cerebrale profonda) va considerato più precocemente possibile nei casi di insuccesso terapeutico, valutando individualmente la risorsa più appropriata.

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