L’arresto cardiaco intraospedaliero: ottimizzare l’organizzazione
Mauro Mennuni 1
1 Responsabile UOS UTIC Ospedale Parodi Delfino, Colleferro, Roma. Responsabile nazionale Corsi ANMCO Intermediate Life Support
Editoriale
Disclosure
L’autore dichiara di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo
L’arresto cardiaco rappresenta una delle principali cause di morte nel mondo, attestandosi al primo posto nei Paesi industrializzati e annoverando tra le cause più comuni la fibrillazione ventricolare e la tachicardia ventricolare senza polso.
Per quanto riguarda gli arresti cardiaci che avvengono all’interno del contesto ospedaliero, cioè 1-5 casi su 1.000 pazienti ricoverati, la sopravvivenza è inferiore al 20%, con grosse disparità a seconda del territorio e dell’ospedale in cui si verificano. Tali disuguaglianze indicano che la qualità delle cure risulta talora di scarso livello. Nasce pertanto la necessità di ottimizzare il primo intervento di soccorso, con l’obiettivo di portare la sopravvivenza a percentuali vicine al 50% [1].
Ma come può essere raggiunto questo traguardo?
Negli ultimi 50 anni diverse organizzazioni hanno cercato di dare una risposta a questa domanda. Nel 1963 l’American Heart Association (AHA) costituiva la prima Commissione sulla rianimazione cardiopolmonare [2] e nel 1966 pubblicava le prime linee guida sull’argomento [3]. Altre organizzazioni nazionali stilavano proprie linee guida, finché nel 1992 si costituiva la International Liaison Committee on Resuscitation (ILCOR) [4]. Questa riuniva organizzazioni provenienti dai cinque continenti e si poneva lo scopo di discutere, coordinare e uniformare le nozioni e le procedure sull’argomento. Nel 2000 l’ILCOR, in collaborazione con l’AHA, promulgava le prime linee guida proprie [5], facendo poi seguire revisioni nel 2005 [6] e nel 2010 [7].
Un concetto basilare contenuto nelle linee guida ILCOR è che per migliorare l’efficienza del primo intervento di rianimazione cardiopolmonare è indispensabile standardizzare le conoscenze: bisogna, cioè, che tutti gli operatori sanitari abbiano in mente una strategia comune per intervenire, basata sul corretto ordine delle priorità, consentendo un rapido riconoscimento dell’emergenza clinica e una risposta pronta e adeguata. Le fasi del supporto vitale di base sono riassunte nella Figura 1.
Figura 1. Schema riassuntivo delle fasi del supporto vitale di base e defibrillazione [1,7]
A livello operativo, i soccorritori devono, perciò, essere in grado di:
L’uso di algoritmi, come ad esempio quello illustrato in Figura 1, fa parte delle strategie individuate per facilitare la memorizzazione delle operazioni da svolgere e l’ordine con cui metterle in atto. Un’altra tecnica che si è dimostrata proficua consiste nell’uso di regole mnemoniche e di acronimi: ad esempio “MoToRe” consente di ricordare che i segni vitali da ricercare nella vittima di un arresto cardiaco sono il Movimento, la Tosse e la Respirazione, mentre la regola delle 5 “i” permette di tenere a mente che le possibili eziologie di un arresto cardiaco sono Ipovolemia, Ipossia, Ipo/iperpotassiemia, Ipotermia e Intossicazioni [1].
Inoltre, poiché bisogna agire in modo tempestivo e organizzato con azioni che devono avvenire contemporaneamente, è importante definire i ruoli all’istante e sapere che cosa ci si attende che ciascuno faccia. Il soccorritore leader del team di soccorso eseguirà la rianimazione cardiopolmonare di base e coordinerà il team, mentre il secondo soccorritore farà il massaggio cardiaco, si occuperà della somministrazione di farmaci, della preparazione dei materiali necessari, aiuterà nella ventilazione e registrerà i tempi. Al suo arrivo, il terzo soccorritore eseguirà la defibrillazione, alternandosi con il secondo membro del team nel massaggio cardiaco. Ciascun membro del team deve così conoscere e saper svolgere il proprio compito in modo “sincronizzato” o “coreografico” con gli altri.
In questa interazione di squadra ricoprono un ruolo importante anche le capacità di cooperazione di ogni membro, le cosiddette soft skills: modi di porsi inadeguati da parte del leader o degli altri soccorritori possono dar luogo ad attriti che rischiano di interferire con l’esito dell’operazione di soccorso.
Un’attenzione particolare deve essere posta anche nei confronti della sicurezza del malato, così come dei soccorritori e degli eventuali astanti: spazi precisi devono essere individuati per consentire di effettuare le manovre senza rischi.
Per migliorare i singoli interventi d’urgenza, è necessario ricorrere alla valutazione sistematica, effettuata al termine di ogni episodio di rianimazione cardiopolmonare, nella quale vengano analizzati la situazione clinica, l’operato del team di soccorso e l’outcome. Un aiuto per procedere arriva da protocolli validati e dai form che sono stati appositamente studiati per raccogliere i dati del paziente, quali ad esempio quelli secondo il modello Utstein [8]. In occasione della compilazione di queste schede da parte dei membri del team, appena terminato l’intervento di soccorso, si può anche effettuare il defusing, cioè una breve discussione su quanto accaduto con lo scopo di neutralizzare gli effetti psicologici potenzialmente traumatici che possono essere stati causati dall’evento, generalmente grave e improvviso. Un ulteriore incontro con obiettivi simili ma questa volta più approfondito deve essere condotto 24-72 ore più tardi: si tratta del debriefing.
I risultati della performance devono essere confrontati con quelli ottenuti in eventi simili nello stesso ospedale e in ottica nazionale e internazionale. Occorre, inoltre, individuare gli anelli deboli della catena e i singoli errori commessi per poterli correggere. Gli errori possono essere di tre tipi:
È impossibile eliminare completamente gli errori. Tuttavia un approccio sistematico e strutturato consente di ridurne drasticamente l’incidenza.
In particolare per limitare gli errori di esecuzione occorre effettuare frequentemente simulazioni di intervento, servirsi di aiuti mnemonici e check-list, evitando distrazioni e interruzioni e disponendo l’attrezzatura in modo logico e ordinato. Gli errori di progettazione si possono ridurre mediante l’ausilio di una formazione costante del personale, la supervisione dei membri meno esperti e l’uso di flow-chart per l’esecuzione delle procedure. Gli errori di percezione possono essere limitati se il personale affronta gli episodi con umiltà, cercando sempre una seconda opinione, anche contrastante, e provando a cambiare prospettiva.
Quando un operatore è consapevole di agire in modo difforme da quanto suggerito dalle raccomandazioni o dalle regole commette una violazione: per cercare di evitarle, è fondamentale che il personale sanitario riceva spiegazioni esaustive sulle motivazioni alla base delle procedure. Occorre inoltre aumentare il monitoraggio, controllare l’attrezzatura e migliorare l’ambiente di lavoro, anche incoraggiando la discussione dei problemi riscontrati.
Attuando in modo sistematico questi cicli di valutazione, interpretazione, feedback e miglioramento continuo si può aumentare notevolmente l’efficienza operativa della rianimazione cardiopolmonare.
Bibliografia
1. Mennuni M. Manuale dell’arresto cardiaco intraospedaliero. Torino: SEEd Medical Publishers, 2013
2. American Heart Association. Visitabile all’indirizzo: http://www.heart.org/HEARTORG (ultimo accesso novembre 2013)
3. American Heart Association. Cardiopulmonary resuscitation: statement by the Ad Hoc Committee on Cardiopulmonary Resuscitation, of the Division of Medical Sciences, National Academy of Sciences, National Research Council. JAMA 1966; 198: 372-9
4. International Liaison Committee on Resuscitation. Visitabile all’indirizzo: http://www.ilcor.org/home (ultimo accesso novembre 2013)
5. American Heart Association in collaboration with the International Liaison Committee on Resuscitation (ILCOR). Guidelines 2000 for cardiopulmonary resuscitation and emergency cardiovascular care. An International consensus on science. Circulation 2000; 102(Suppl. I): I-1–I-384
6. ECC Committee, Subcommittees and Task Forces of the American Heart Association. American Heart Association Guidelines for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiovascular Care. Circulation 2005; 112(Suppl): IV1-203
7. 2010 American Heart Association Guidelines for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiovascular Care. 2010 American Heart Association Guidelines for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiovascular Care. Circulation 2010; 122: S640-S933
8. Cummins RO, Chamberlain D, Hazinski MF, et al. Recommended guidelines for reviewing, reporting, and conducting research on in-hospital resuscitation: the in-hospital ‘Utstein style.’ American Heart Association. Circulation 1997; 95: 2213-39. Disponibile all’indirizzo http://circ.ahajournals.org/content/95/8/2213.full?ijkey=e4eb3fd6b95d346c30a64f720f156cb5a7421ff0&keytype2=tf_ipsecsha (ultimo accesso novembre 2013)
Per chi desidera approfondire
Manuale dell’arresto cardiaco intraospedaliero
A cura di Mauro Mennuni
Prezzo: 22,00 € (cartaceo) | 16,99 € (ebook)
ISBN: 978-88-9741-943-3 (cartaceo) | 978-88-9741-944-0 (ebook)
Acquistabile su www.edizioniseed.it
Prima edizione maggio 2013
Prima ristampa ottobre 2013 con l’endorsement di ANMCO “Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri”
Su 1.000 degenti in ospedale 1-5 va incontro ad arresto cardiaco, con prognosi troppo spesso infausta. Aumentare la sopravvivenza è possibile, e questo volume, basato sulle linee guida ILCOR del 2010, illustra le strategie più condivise per migliorare l’efficienza del primo team di soccorso, in attesa prima e in aiuto dopo, del team di soccorso avanzato.
Il massaggio cardiaco, la ventilazione, la defibrillazione e la somministrazione di farmaci vengono affrontate da un punto di vista operativo e grande importanza è data all’organizzazione del lavoro di squadra, alla valutazione sistematica e alle strategie per affrontare le fasi della rianimazione cardiopolmonare secondo le giuste priorità senza dimenticare alcun passaggio.
Si tratta di una guida dal taglio pratico e schematico, dotata di numerose istruzioni operative, algoritmi, box e schemi volti al training del personale sanitario ospedaliero.