La malattia minima (disseminata e residua) può essere un utile marcatore di prognosi nei linfomi non-Hodgkin pediatrici?
Lara Mussolin 1,2, Marta Pillon 2, Giuseppe Basso 2
1 Istituto di Ricerca Pediatrico – Fondazione Città della Speranza, Padova
2 Clinica di Oncoematologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera – Università di Padova
Abstract
Minimal Disseminated Disease (MDD) represents the small number of tumour cells in the patients' bone marrow at the time of diagnosis, whereas Minimal Residual Disease (MRD) represents the small number of tumour cells remaining in the bone marrow during treatment. Generally, MDD and MRD are measured by polymerase chain reaction, a highly sensitive technique. For a long time, bone marrow involvement has been considered an uncommon event in solid tumours. However, in recent years, several studies demonstrated that MDD and MRD could be powerful tools in paediatric non-Hodgkin lymphoma for stratifying patients in different prognostic groups. Risk stratification in future clinical trials on non-Hodgkin lymphoma based on these newly identified risk categories should be useful to improve therapies in order to increase survival for high-risk patients and decrease toxicity for low-risk patients.
Keywords: Minimal Disseminated Disease; Minimal Residual Disease; Non-Hodgkin lymphoma; Prognosis
Could (Disseminated and Residual) Minimal Disease be a useful prognostic marker in non-Hodgkin paediatric Lymphomas?
CMI 2014; 8(2): 37-44
http://dx.doi.org/10.7175/cmi.v8i2.902
Gestione clinica
Disclosure
Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo
Introduzione
Il progressivo miglioramento delle tecniche di indagine molecolare rappresenta uno dei fattori più importanti che hanno contribuito al raggiungimento dei risultati terapeutici oggi ottenuti in molti tumori dell’età pediatrica. Il progredire delle conoscenze sulla biologia dei tumori ha consentito l’identificazione di parametri importanti per la classificazione e la stratificazione dei pazienti e per una terapia sempre più mirata.
Le leucemie costituiscono un esempio oramai indiscusso di come parametri biologici, e non solo clinici, consentano di identificare gruppi di pazienti con diversa prognosi; tra questi parametri il più importante di tutti è senza dubbio la malattia minima residua (MMR)[1-8]. Con il termine “MMR” si definisce la quota di cellule neoplastiche presenti nel midollo osseo o nel torrente circolatorio di un paziente durante le diverse fasi della chemioterapia, che è al di sotto del livello identificabile con le tecniche convenzionali citomorfologiche. La ricaduta della malattia è infatti molto spesso espressione della persistenza di una quota di cellule residue resistenti alla terapia, le cui caratteristiche sono rimaste a lungo sconosciute proprio per la limitata sensibilità delle tecniche di analisi disponibili.
La capacità di distinguere cellule maligne residue in una popolazione di cellule normali è strettamente dipendente dalla disponibilità di marcatori specifici per le cellule neoplastiche.
La leucemia acuta promielocitica rappresenta un esempio eccellente di applicazione clinica dei risultati ottenuti dalla MMR [9], così come nella leucemia linfoblastica acuta la presenza di MMR > 10-3 al giorno +78 di terapia rappresenta uno dei parametri fondamentali per definire il paziente “ad alto rischio” e quindi per avviarlo a una terapia molto più aggressiva rispetto ai pazienti “a rischio standard” [10].
Un altro importante parametro è la malattia minima disseminata, MMD, che si definisce come la quota minima di cellule blastiche presenti nel midollo osseo all’esordio di malattia, quindi prima che il paziente inizi il trattamento chemioterapico.
Nei linfomi non-Hodgkin (LNH), nell’ultima decade, sono stati fatti molti progressi nella caratterizzazione molecolare e nell’utilizzo delle anomalie tumore-associate come target molecolare per il completamento del quadro diagnostico. In particolar modo in questi ultimi anni diversi studi condotti a livello internazionale [11-16] hanno dimostrato che anche nei LNH, la MMR può essere introdotta nella pratica clinica e può giocare un ruolo fondamentale nella stratificazione terapeutica iniziale dei pazienti e nel monitoraggio del follow-up.
Linfomi non-Hodgkin pediatrici
Stadiazione e prognosi
Tra i numerosi tipi istologici di LNH che oggi vengono riconosciuti dai patologi, quelli che insorgono nel bambino sono in genere il linfoma di Burkitt (LB), il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL), il linfoma linfoblastico (LL) e il linfoma anaplastico a grandi cellule (ALCL) (Tabella I).
Istologia |
Fenotipo |
Citogenetica |
Localizzazione |
Burkitt; Burkitt-like; a grandi cellule B |
Cellule B |
t(8;14) e varianti |
Addome |
Linfoblastico |
Pre-T |
Molte |
Torace, linfonodi, ossa |
Pre-B |
Molte |
||
Anaplastico a grandi cellule |
Celllule T o null |
t(2;5) e varianti |
Linfonodi, cute, organi parenchimatosi, tessuti molli, ossa |
Altri linfomi T-periferici |
Cellule T |
Non note |
Variabile |
Tabella I. Classificazione dei LNH in base al sottotipo istologico
I distretti anatomici più spesso colpiti sono il mediastino, soprattutto nei LL o DLBCL, e l’addome nel LB.
Le procedure della stadiazione non differiscono in modo sostanziale da quelle dei linfomi degli adulti. L’unica differenza risiede nel diverso ruolo della chirurgia: infatti i LNH dell’età pediatrica si presentano molto spesso con una grossa massa addominale e/o mediastinica, per cui in molti centri si ricorre alla laparotomia esplorativa e/o alla mediastinoscopia per effettuare prelievi bioptici, soprattutto quando non ci sono linfonodi superficiali da sottoporre a biopsia. Alla fine del bilancio esteso (chiamato “stadiazione”) si potrà definire lo stadio della malattia. Quello attualmente in uso nei linfomi pediatrici è il sistema di stadiazione adottato dal Saint Jude Children’s Research Hospital, in cui si distinguono gli stadi I, II, III o IV a seconda dell’estensione di malattia [17].
Diagnosi di certezza e stadio di malattia sono parti integranti, insieme a selezionati parametri di chimica clinica (valori di lattico deidrogenasi – LAD sierica), della categorizzazione di questi pazienti in specifici gruppi di rischio. L’appartenenza a uno specifico gruppo di rischio permette l’assegnazione del bambino a un definito programma terapeutico.
Il LB era gravato da una prognosi molto grave negli anni ’70, quando la percentuale di guarigione si attestava attorno al 10%. La probabilità di guarigione salì a circa il 35% nei primi anni ’80 per raggiungere valori di 80-90% negli anni ’90, valore che, con qualche oscillazione, si è mantenuto stabile nell’ultimo decennio [18-20].
Per quanto riguarda la terapia dell’ALCL, da diversi anni i risultati raggiunti si attestano su un Event Free Survival (EFS) di circa 70-75% e una Overall Survival (OS) di circa 90%, a 5 anni. Ciò è vero indipendentemente dall’uso di una terapia simile a quella utilizzata per la leucemia linfatica acuta, ossia di lunga durata ma di dose-intensità ridotta, oppure di una terapia breve, basata sul concetto di cicli brevi e intensi, come quelli per il linfomi a cellule B [21-23].
Anche per il LL sono state utilizzate diverse strategie terapeutiche in questi anni basate sul modello francese LSA2L2 o su quello tedesco BFM (Berlin-Frankfurt-Münster), ottenendo una EFS variabile tra il 65% e il 90% [24-26].
Entrambi i protocolli sono divisi in varie fasi (induzione, consolidamento, reintensificazione e mantenimento) e includono l’utilizzo di corticosteroidi, vincristina, antracicline, ciclofosfamide e L-asparaginasi, metotrexato, citarabina, 6-mercaptopurina e 6-tioguanina. Le principali differenze consistono nell’utilizzo precoce della L-asparaginasi e nell’utilizzo di metotrexato ad alte dosi nel modello BFM. La durata di entrambi i protocolli varia tra 18 e 24 mesi. La fase del mantenimento nel modello francese prevede ancora l’utilizzo di ciclofosfamide e antracicline, mentre nel modello tedesco vengono utilizzati solo 6-mercaptopurina e metotrexato [27].
I miglioramenti più sensibili in termini prognostici si sono avuti grazie agli studi collaborativi internazionali, e questi miglioramenti sono avvenuti nonostante non fossero disponibili farmaci nuovi rispetto a quelli utilizzati negli anni ’80. Gli studi di MMD e MMR condotti a livello internazionale hanno dimostrato come oggi l’oncologo pediatra possa usufruire di strumenti importanti (MDD-MRD) per discriminare pazienti con prognosi diversa.
Approccio tecnologico per lo studio della MMR
Le tecniche per lo studio di MMD e MMR devono soddisfare criteri di specificità (discriminazione rispetto alle cellule normali), di sensibilità (identificazione di una cellula tumorale su 1.000-100.000 cellule normali), di riproducibilità e di applicabilità, che consentano la standardizzazione e il successivo utilizzo in un numero elevato di pazienti per indirizzare le scelte terapeutiche.
Nelle leucemie sono stati applicati metodi di immunologia, di citogenetica molecolare e di biologia molecolare che hanno permesso di identificare in modo sempre più specifico e sensibile la quota di MMR. Le tecniche di indagine molecolare permettono di rilevare la persistenza di una cellula tumorale su 100.000 cellule normali e ciò rende ragione della straordinaria potenzialità di tali indagini, se si considera che, al contrario, la valutazione morfologica ha una sensibilità inferiore, pari a 1 cellula su 100.
Diversi sono i geni target che possono essere utilizzati come marcatori clonali specifici per le cellule tumorali. In particolare, i geni coinvolti nelle traslocazioni cromosomiche che si associano alle diverse patologie oncoematologiche sono i bersagli ideali per tale approccio.
Un approccio alternativo è rappresentato dallo studio dei riarrangiamenti somatici dei geni del recettore T per l’antigene (TCR) o delle catene leggera (IgK) e pesante (IgH) delle immunoglobuline. Analogamente a quanto si verifica nella normale differenziazione dei linfociti T e B, anche le malattie linfoproliferative presentano un riarrangiamento di tali geni, la cui natura clonale rende possibile lo sviluppo di una sonda specifica [28]. Lo studio di clonalità, tuttavia, è molto più indaginoso e costoso rispetto allo studio delle traslocazioni cromosomiche (Tabella II).
Metodo |
ALCL (% dei casi) |
LB (% dei casi) |
LL (% dei casi) |
Sensibilità |
Vantaggi |
Svantaggi |
Amplificazione di trascritti di fusione o geni mediante PCR [11,12] |
~95% |
~75% |
- |
10-4-10-6 |
Alta sensibilità Velocità di esecuzione Basso costo |
Assenza di quantificazione Degradazione dell’RNA |
Amplificazione delle regioni di giunzione del riarrangiamento Ig/TCR mediante PCR [28] |
- |
~95% |
~95% |
10-4-10-5 |
Alta sensibilità Quantificazione accurata |
Elevata laboriosità Alto costo |
Analisi citofluorimetrica di uno specifico fenotipo [29] |
~95% |
- |
~95% |
10-4 |
Basso costo Velocità di esecuzione |
Necessità di elevata esperienza |
Tabella II. Metodi di laboratorio per lo studio di MMD/MMR nei LNH pediatrici. Viene riportata la percentuale dei casi in cui è possibile lo studio di MMD e MMR, a seconda del sottotipo istologico e del metodo utilizzato
ALCL = linfoma anaplastico a grandi cellule; LB = linfoma di Burkitt; LL = linfoma linfoblastico; LNH = linfomi non-Hodgkin; MMD = malattia minima disseminata; MMR = malattia minima residua; PCR = Polymerase Chain Reaction; TCR = T Cell Receptor
Nei LNH pediatrici i risultati più importanti ottenuti in questi ultimi anni, in termini di applicabilità alla pratica clinica, si basano sull’utilizzo delle traslocazioni cromosomiche come marcatori di malattia. A scopo esemplificativo in Figura 1 è mostrato il monitoraggio, mediante Polymerase Chain Reaction (PCR), di un caso di linfoma anaplastico a grandi cellule.
La ricerca mediante PCR del trascritto chimerico NPM-ALK, derivante dalla traslocazione cromosomica t(2;5), permette di valutare la presenza di cellule tumorali nel sangue midollare e periferico durante le diverse fasi della terapia, e di dimostrare la persistenza o la ricomparsa di malattia molecolare anticipando la recidiva clinica. Il paziente di cui in Figura 1 è riportato lo studio di MMD e MMR ha mostrato non solo una positività della MMD all’esordio, ma anche una positività della MMR dopo il primo ciclo di chemioterapia, nonostante il raggiungimento della remissione clinica. Questo paziente è recidivato dopo 3 mesi dallo stop terapia e successivamente è stato avviato al trapianto di midollo osseo.
Figura 1. Elettroforesi che illustra lo studio mediante PCR di MMD e MMR in un caso di linfoma anaplastico a grandi cellule per la ricerca del trascritto chimerico NPM-ALK derivante dalla traslocazione cromosomica t(2;5)
a.m. = aspirato midollare; β2-microglobulina = gene housekeeping utilizzato per valutare la qualità del campione e l’efficienza della reazione di retrotrascrizione; CA46 = linea cellulare tumorale di linfoma B usata come controllo negativo; Karpas 299 = linea cellulare di ALCL usata come controllo positivo; s.p. = sangue periferico; T = biopsia tumorale
Un aspetto importante che vale la pena sottolineare è che il monitoraggio della MMR richiede che essa sia validata in studi clinici controllati e che le tecniche molecolari utilizzate siano standardizzate [30-32]. Grazie agli studi condotti dall’European Intergroup for childhood non-Hodgkin lymphoma (EICNHL), è stato possibile definire le condizioni più appropriate per l’utilizzo della PCR e per lo studio della MMR in determinati sottotipi istologici di LNH. In particolare, per quanto riguarda l’ALCL, l’EICNHL ha stabilito che lo studio di MMR, utilizzando come target la traslocazione t(2;5), deve essere condotto mediante PCR qualitativa e non quantitativa in quanto quest’ultimo saggio risulta poco riproducibile tra i diversi gruppi europei. Per quanto riguardo il LB, lo studio deve essere condotto mediante PCR, utilizzando come target la traslocazione t(8;14).
La malattia minima come nuovo fattore di prognosi
L’identificazione di fattori prognostici deve rappresentare l’obiettivo principale della ricerca in onco-ematologia pediatrica. La stratificazione dei pazienti in gruppi di rischio basati su questi fattori dovrebbe contribuire a migliorare i risultati consentendo di dare a ciascun paziente il minimo della terapia efficace, riducendo così gli effetti collaterali della chemioterapia. A partire dagli anni ’90 sono comparsi i primi studi su casistiche, in seguito sempre più ampie, di nuovi fattori prognostici soprattutto molecolari, nell’ambito delle leucemie [1,33,34]. Nell’ambito dei LNH, si è progressivamente cominciato a utilizzare le anomalie tumore-associate come target molecolare per il completamento del quadro diagnostico [35,36].
Come detto precedentemente, le anomalie tumore-associate rappresentano ottimi marcatori per gli studi di MMD e MMR.
Tra i LNH B, i più frequenti, come già menzionato, sono i linfomi a piccole cellule non clivate (Burkitt e simil-Burkitt) che costituiscono circa il 45% dei LNH pediatrici. L’aberrazione cromosomica più frequente è la traslocazione t(8;14)(q24;q32) che coinvolge il gene MYC sul cromosoma 8 e il locus per la catena pesante delle immunoglobuline (IgH) sul cromosoma 14. Uno studio dell’Associazione Italiana di Emato-oncologia Pediatrica (AIEOP) condotto in un’ampia casistica di LB (134 casi pediatrici) ha dimostrato come la presenza di MMD, basata sulla ricerca della traslocazione t(8;14) tramite PCR nel midollo osseo all’esordio, rappresenti in analisi multivariata un fattore prognostico negativo con un rischio relativo di recidiva pari a 4,7: pertanto i pazienti con MMD positiva all’esordio hanno un rischio di recidivare circa 5 volte maggiore rispetto ai pazienti con MMD negativa [14]. La Progression-Free Survival (PFS) a 3 anni è risultata essere del 68% (±10%) nei pazienti positivi per MMD e del 93% (±5%) per i pazienti negativi (p = 0,03) [14]. Sulla base di questo importante risultato lo studio di MMD e MMR è stato introdotto nel nuovo trial internazionale randomizzato per i linfomi non-Hodgkin B ad alto rischio e per la leucemia linfoblastica acuta B (Inter-B-NHL Ritux 2010).
Gli ALCL rappresentano invece circa il 15% dei LNH pediatrici. L’aberrazione cromosomica più frequente è la traslocazione t(2;5)(p23;q35) presente in circa il 95% degli ALCL pediatrici [37]. Questa traslocazione coinvolge sul cromosoma 5 il gene NPM, che codifica per la proteina ubiquitaria nuclefosmina o B23 e il gene ALK (Anaplastic Lymphoma Kinase) che si trova sul cromosoma 2. La traslocazione porta alla formazione sul cromosoma derivativo 5 di un gene di fusione NPM-ALK attivo dal punto di vista trascrizionale, il quale rappresenta un ottimo marcatore molecolare per lo studio di MMD e MMR. Il primo lavoro sull’impatto prognostico della MMD è stato condotto in 52 pazienti pediatrici italiani affetti da ALCL. In questo studio ben il 61% dei pazienti è risultato positivo per MMD nel midollo osseo alla diagnosi. La PFS a 5 anni è risultata essere del 41% per i pazienti MMD positivi e del 100% per quelli negativi (p = 0,001) [12].
Accanto agli studi di MMD e MMR, a partire dalla fine degli anni ’90 sono stati pubblicati alcuni lavori molto interessanti anche per quanto riguarda la risposta immunologica. Nel 2000 Karen Pulford e i suoi collaboratori, mediante un saggio immunocitochimico, hanno dimostrato per la prima volta la presenza di anticorpi anti-ALK in 11/11 pazienti adulti affetti da ALCL studiati. Tuttavia, a causa del numero esiguo di pazienti su cui era stato possibile condurre lo studio, non sono stati in grado di arrivare a nessuna conclusione in merito al significato clinico che questa risposta umorale può avere, sottolineando l’importanza di estendere lo studio a una casistica più ampia [38].
Già all’inizio degli anni ’50, gli scienziati avevano dimostrato che era possibile indurre una risposta immune contro tumori sperimentali murini autologhi, suggerendo la presenza sulle cellule tumorali di antigeni riconosciuti come estranei dal sistema immune e definiti quindi “antigeni tumore-associati” (TAA). Esempi ben noti di TAA riconosciuti sia a livello di immunità cellulo-mediata sia umorale sono Her-2/neu e NY-ESO-1 [39,40].
Quando nel 1999 iniziò in Italia e negli altri Paesi europei l’arruolamento dei pazienti nel nuovo protocollo internazionale ALCL-99, si sapeva che il coinvolgimento mediastinico, viscerale e cutaneo rappresentavano dei fattori prognostici negativi, e per questo motivo il trattamento dei pazienti era stato differenziato in base alla presenza o assenza di queste caratteristiche, mancando dati più prettamente biologici che potessero permettere una migliore stratificazione dei pazienti. Lo studio di MMD, MMR e gli studi immunologici hanno permesso di far luce su alcuni aspetti biologici di questa neoplasia. Grazie a una stretta collaborazione tra il gruppo italiano AIEOP e il gruppo tedesco BFM, recentemente è stato dimostrato, su una casistica di 128 pazienti, che queste due variabili biologiche possono essere combinate assieme per individuare pazienti con prognosi grave (ossia MMD-positivi e titolo anticorpale anti-ALK basso, PFS a 5 anni del 27%±9%) o con prognosi molto buona (ossia MMD-negativi e titolo anticorpale anti-ALK alto, PFS a 5 anni del 90%±4%) [15]. Lo studio collaborativo AIEOP-BFM ha inoltre dimostrato il valore prognostico della MMR valutata dopo il primo ciclo di chemioterapia. I pazienti che persistono positivi per MMR hanno un rischio di recidiva circa 6 volte superiore agli altri (l’EFS a 5 anni per i pazienti MMR-positivi è del 19%±8%; per i pazienti MMR-negativi ma MMD-positivi è del 69%±9%; infine per quelli MMD-negativi risulta essere dell’82%±5%) [16]. L’ALCL pediatrico rappresenta un esempio di eccellente applicazione dell’espressione from bench to bedside; infatti il nuovo protocollo internazionale per il trattamento degli ALCL pediatrici baserà la stratificazione iniziale dei pazienti, e quindi il conseguente regime chemioterapico, su questi risultati biologici.
Infine per quanto riguarda il LL, i risultati ottenuti da Coustan-Smith e collaboratori su una casistica pediatrica di 99 casi dimostrano che la MMD, analizzata tramite analisi citofluorimetrica, ha un valore prognostico in analisi univariata (EFS per pazienti con MMD > 5%: 68%±11%; EFS per pazienti con MMD < 5%: 91%±4%). Resta tuttavia da confermare il dato in analisi multivariata [41].
L’ultimo aspetto su cui vale la pena fare una riflessione è il tipo di campione biologico. La malattia minima è sempre stata studiata a livello di midollo osseo, tuttavia per quanto riguarda i linfomi, in particolar modo l’ALCL, diversi studi hanno dimostrato come anche il prelievo di sangue periferico possa rappresentare un ottimo campione biologico [13,15]. Il confronto tra la MMD studiata a livello di aspirato midollare e di sangue periferico ha mostrato un’elevata concordanza; per tale motivo nel nuovo protocollo internazionale che l’EICNHL sta disegnando per il trattamento dell’ALCL pediatrico, lo studio di MMD e MMR, fondamentale per la stratificazione dei pazienti, potrà essere eseguito nel campione di aspirato midollare o nel sangue periferico.
Conclusioni
Concludendo, sia la MMD sia la MMR rappresentano per i LNH pediatrici degli ottimi marcatori di prognosi.
I risultati ottenuti in questi studi hanno dimostrato come il laboratorio sia in grado di fornire una quantità enorme di dati biologici, la conoscenza di molti dei quali è e sarà sempre più importante in futuro per la gestione dei protocolli terapeutici. Poiché le caratteristiche biologiche di un tumore sono quelle che ne determinano le manifestazioni cliniche, il laboratorio e la terapia devono essere considerati due entità che cooperano per affrontare lo stesso problema. Lo scopo finale è quello di avere il maggior numero di informazioni possibili, costruendo una griglia di dati biologici e clinici che permettano di poter eseguire un trattamento terapico su misura per il paziente.
Punti chiave
Ringraziamenti
Un ringraziamento particolare al prof. A. Rosolen, a colui che è stato il mio maestro per più di dieci anni, che mi ha trasmesso la passione per la ricerca e con cui ho intrapreso il progetto per lo studio della malattia minima residua nei linfomi non-Hodgkin.
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