LIBRARY OF CONOREbb 027 250 828 8 4 m m SI/: ^5X J>y ■fifcii LIBRARY OF CONGRESS, 3T>^» > Chap^-QzSJA- Shelf :~fej^-X4 — >> SS UNITED STATES OF AMERICA. ->• ;> \y> • > » : ) .■■■>> > >> mg y»> si» >■» Uh 3D1D aL_ ; >-> » So >3fe >> >>o j . > j> > > > > > > ^ > > > > > > ) » X>^ I : »o >xo o > ) > > > O;o >_ 2 z > ^ > : > > ìm » > ; >~> ) >> D 3 >' ^> o 3. } ^> >> y >>j) » > 'Sw -O > ^Z^ iS i I 3 >Y 2X3* IP m ^ ? 1 1 ?m > ji> *m ^ -> y ^tf ff< ySjyry ^ ^ y~~j fi>^ £$> ^n -^ ) j m^ ^ » J ^ -tìa • :> 33>> _>} ^ > 3 »>■■ ^■_x> > ^ > -8 i > 'i3p ■v.-- - ^ ^T) \ -^^? - ,-» >} S> » "iW% i ^ to' t ^4_ i» ^ ^ > ^ .o -< V r.3>v" m -A ^i:>;.o " > ; ì > j àVì%.Tì *j ' ò) 5 1 -> "i - .jt$ o , à >^ ^> ^ - » : ■ j : " ; " > ^ ~ì> > i) ">" ffi: X" .. -> ) > 7^ li y £>3) 3o ■:■> r i^ >pl> -- --^ -^ J >- ,^ ^kD li: 3^ 7> >3 : >;.T> > ■> > > > 3 > > ^> .> > "> ■■■> i*v : o^> Jj » > X) > > T; 5> ^ >3 » 3 >.> -f> ^i >3 >^ ■ 1 / I? T r •v TO MY AMERICAN SCHOLARS. To you whose profòund study of the Italian Language impressed your mind with' iespect towards my dear country, and for which, the garden of the Fine Arts, after having read Muratori, Galileo, Machiavelli, Filangeri, Paruta, Beccaria, Galvani, Volta, Parini, Alfieri, Scarpa, Botta, is no more the effeminate land which dandies attempted to debase, but, the writers' land of the alto sentir, politicai economy, gov- fernment, jurisprudence and phiìosophy, I take the liberty to dedicate Ifigenia, not as a Tragedy worthy to stand with the Italian Classics I had the honor to point òut the beauties : my Ifigenia comes to you, bénevolent Pupils, as a modest saggio of your faithful teacher, claiming the right of your patronage. May the study of Lan- guages, a study which am proud to profess, unite in one feeling of friendship' ali the nations of the world, and place aside the preventions narrowing the mind of those, who see nothing good, nothing grand, but their own country. The ancient government of China, though in many rèspects better than ours, should not suffer now, had they not disdained to learn from our nations, that which was deficient among them. We shall always be kept back from the happy destination to which God did create us, not only by the dissentions originated from man's individuai selfishness: there is stili a greater selfishness keeping back the very progress of human under- standing! It is the selfishness of blind patriotism, for which ali nations, more or less,' have not yet generally felt that generous còsmopolitism tending to unite in brotherly love, wisdom and comfort ali Adam's children. With feeling of respect, your raost obedient. Joseph, Jiocchietti, Teachcr ofthe Italian Language. 400 Broadway. November, 1842. New-YorL PERSONAGGI. : cf=^c TOANTE. IFIGENIA, CREUSA. ORESTE. PILADE. Sacerdoti. Greci. Soldati. Scena, il tempio di Diana in Tauride. • IFIGENIA ATTO ^HSM©. §eena Prima. Oreste. Di rampognar me cessa . . Vista ! — Dove Sono ? Oh ! perchè non m'inghiottirò i flutti ? Pilade. Parla. Amico, ove sei? Gli antri Fan solo eco a mia voce ! — Di Toante Eccomi fra le rupi insanguinate. Fato avverso ; a che, tu, sperar mi festi Di liberarme dalle odiose furie, Ove di questo tempio il distruttore Fossi, se per rapirmi il caro amico Qui me spingevi 1 Meglio era lasciarme Con Pilade fra il pianto e affanni eterni. Stolto, quai detti imprendo ? Dare Oreste Fede mai non doveva ai Numi avversi. I nembi ; i nembi stessi a me fan guerra? T'intendo, onnipossente Giove : — queste Procelle, e questi lampi che or mi scagli, II fai per vendicar di Clitennestra Il sangue eh' or placar tento col pianto l'- Alto delitto scontar puote il pianto? — Perchè seguisti un parricida, amico ? Ahi, la tua morte piango ? Ingiusto cielo l Tu fulminar dovevi Oreste lordo D' impuro sangue materno. Mi annienta ! Oh! tu non doni morte a me che bramo, Se mille, prima di morir, sentirne Debbo. Vita d'inferno ognora sento ! — Deh ! madre, quel cipiglio volgi altrove Un Dio la man condusse, il colpo ! Madre, Cessa un istante d' infuriar sul figlio . . Ma che? Rampogni chi madre t' appella? Perchè dell' empio petto scudo festi Al scellerato Egisto? Tu serbargli In un col trono la vita volevi, E i figli tuoi raminghi veder lungi Dal tradito paterno tetto?. Vanne, Snaturata, a quetar l'ombra del padre. Non havvi più per me che pianto e notte- Eterna. Scena II. ORESTE, PILADE. Pilade. Invan di rinvenirlo cerco. Feroce pasto alle marine belve E forse fatto. Sol mi restan gli occhi | Di pianger l' insepolto amico mio. Oreste. Al cuor scende una voce. . Pilade. Se l' incauto Sbattuto fosse qua da ria fortuna, Certo che al solio dell' inospitale Toante ei presentossi. Ahi, che fra duri Ceppi, se di rancor non cadde, stassi ! — Si cerchi mentre velo mi fan 1' ombre. Di quai pensier mi pasco ? In braccio al crudo ;■ A morte inevitabile mi dono Tentando di salvare Oreste — spento ! . . Ma viver posso senza il caro amico ? — Si : pria eh' io cada venga ei vendicato. Oreste. Q,ualvoce è questa?. Ciel ! — Vana speme ! Pilade. Orme Là , stampan caute. Ignote queste vie Mi sono. Forse han tesi lacci. — Indietro. Parla ; chi sei ? Oreste. Pilade. . Vieni al seno! IFIGENIA Pilade. Ciel !. E ver eh' io t' abbraccio, amato Oreste Oreste. Ancor tu vivi] tu?. Ineffabil gioia! Pilade» A tuo scampo pietoso il ciel mi serba. — Deh ! Potessi — alleviarti il duolo! Oreste. Al fianco Del caro amico credi che infelice Oreste sia? Su questo cuore — spargi Piacere inesplicabil. Quanti affanni, Oimè, per te soffersi ! Già sepolto Ti credeva neh" onde. Ora ti abraccio ? Pilade. Senza speranza d'invenirti in traccia Di te, solo conforto mio, qui venni. Ma dimmi, Oreste, eome tu approdasti Illeso'? Più del tuo che del naufragio Mio tremava. Di lampi accesa vidi Neil' alto ciel tua vacillante nave, E sprofondata in un neh" imo fondo Del vorticoso mare : un monte d' acqua, Benefico, la vista del gran danno Orribil mi coperse, e più non vidi. Oreste. Dall' incessante lampo fu sdruscita Mia nave. Quindi profondò, lasciando Tutti li miei guerrier nell' onde salse, — Io, che la vita abborro, e morte cerco, Mi trovai salvo. Egual sventura a quella De' miei compagni era a pensar costretto Che tu sofferto avessi, e bramai tomba Neil' onde ove, per mia cagion, sepolto Già ti credea. Pilade. Nascosta la mia nave, E i Greci nostri in riva il mare stanno Occulti, ove nessun veder li puote. Al nostro cenno sorgeranno in questa Vegnente notte, e involerem felici Di Triviail simulacro. Vieni: giova, S' or non vogliam cader sotto la sacra Scure, essere ben cauti. Oreste. Dunque aperta Guerra di far ricusi ? L'ombra abborro D'un tradimento or troppo ! Al chiaro sole 1 Lascia eh' io lavi questo intorpidito, Nel crudel sangue, inonorato braccio. Pilade. Venimmo è ver per fargli guerra aperta ; Or sconsigliato ardir sarebbe il nostro. . Oreste. Condannati sarem noi di appigliarci Sempre a sì vili mezzi 1 Pilade. Viltà nomi Se in guerra non dobbiam rischiarsi? Impresa Ardua è la nostra, sebben di soppiatto Il tiranno s' uccida. A lui vi stanno Soldati, forza, brandi e leggi. Il mezzo Nostro vile non è. Barbare leggi ; Romper veniamo leggi inospitali. E quale crudeltà più infame 1 Questo Infausto suolo ognora di straniero Sangue si tinge. E sempre illustre impresa, Anzi grande l'uccider un tiranno. Pochi li Greci nostri son rimasti Per tanta guerra. Oreste. Ma di valor sommo. . Pilade. Troppo il sai : tuo bollor soventi, Oreste, Al precipizio strascinotti. Fummo Per tua cagione incatenati in faccia All' empio Egisto : e se d'Elettra il pianto Mosso li Greci non avesse, entrambi Invendicate ed insepolte salme, Ahi ! saremmo noi, forse in pasto ai cani. Oreste. Si tristi eventi — spargi ornai d'obblio ! Pilade. Ma tu perchè mi sforzi?. . Oreste. Seguirotti Ovunque. Prove n' avrai certe : il giure. T R A G E D I A Pilade. Vedi se il ciel cura di noi non prende : Ne' viaggi nostri sempre abbiam disastri ; Eppur siam salvi, e qui già noi giungemmo. Inesplicabil gioia in petto sento Al sol pensier che in breve Oreste mio Agitato non più verrà da furie Infernali, rapito che avrem quindi Di Trivia il simulacro. Si : tranquillo Vedrotti un dì sul trono degli argivi : In te riposa il mio gioir futuro, Ove il bollor frenar ti piaccia. Trama Al tuo venir s' ordisce in questa terra. L' oracol suo Toante interpretava, E gli predisse che il minore Atride ' Il regio scettro d' involargli tenta. In su le spiaggie tiene i delatori E onore, e guiderdon promise immenso Al primo annunciator di tua venuta : Di propria man sacrificar ti vuole. Oreste. Donde il sapesti ? Contro a' re stranieri Nuova mi giunse sol eh' ei serba 1' odio Dal dì che un santo Nume a lui prediva Morte tremenda per straniero brando. Ei trema ; il so. Pilade. Fra queste piante al raggio Di quella ora cadente Luna, morte Bramando anch' io, la tua piangeva. A destra Mi volgo e bianciccar fra macchie il lembo Veggo di pura veste. Aspetto, 1' alta Vergine avea di venerabil Diva : Stava, le mani al ciei porte, invocando. In profonda tristezza immersa, a Cinzia Volgeva i lumi, e in silenziose note Piangeva sì, che pianger femmi. Stato Indegno d' un gran cuor ella spiegava : Per confortarla tendo amica mano, E tutta stupefatta volge un guardo Di timor pieno. Prego che mi narri Suoi mali in breve, e mio voler non sdegni, Ove mai sollevarla possa. "Vano, Ella responde, è il soccorso mortale Alle sventure mie. Ma, dimmi : forse stranier se' tu 1 — Da questa infesta terra Fuggi." Voleva proseguir : un stormo Di frondi sospicciar fé' che ivi armati Uomini ver noi fosser spinti, e un ermo Luogo, in tremola voce, ella additommi, Ove in breve di porgermi sollievo Mi assicura. Ma lungi d' arco un tratto Essa non era ancor, che fra le piante Apparir veggo un uom che a me s' affretta. L' afferro, e grido : Invan tenti sfuggirmi. Esterrefatto prega eh' io 1' ascolti, E mi narrò gli avviluppati intrighi Che ora tende il tiranno all' esterminio Tuo. Oreste. Siam perduti!. Ove costui lasciasti? Pilastei Stassi coi Greci nostri sulla sponda Del mare : suo consiglio giovar molto Puote. Contro Toante è sommamente Irato. Sdegna vedere quel sangue Umano che'si versa ognora. Preci Mandava in questa notte calde al cielo. Miste di sdegno, e il fulmine di Giove Invocava del fero all' esterminio. Die segni d' amistade. Oreste. I detti finti Saranno forse ?- 11 sai tu pure quanto E quella di scrutar diffidi opra, L' umano cuor. Pilade. Se veduto 1' avessi, Dubbiar non ti vedrei d' alcun sospetto : Nulladimeno a ciò pensai ; t' accerta, E in mio poter il tengo. — Vieni : 1' alba Comincia. Puote un delator vederci. Oreste, Quanto mi è duro strascinar cotesta Vita ! De' sommi Atridi, illustri tempi, Ove n' andaste ? Per me più non havvi I Altra reggia che selve, e rupi, solo I Asilo de' misfatti miei. Tu, amata | Ifigenia, destin più mite avesti Di Elettra, edelgerman,ciel ! — abborrito, Il tuo sangue placò 1' ira di Trivia, E scatenava i venti imperversanti, Sì trattenendo in Auli Agamennone 8 IFIGENIA E i bellicosi Achei lungi da Troja. Pianta di vere lacrime tu fosti, Che il sangue tuo scontò quel della Grecia Tutto. Egual sorte io ben merlava pria Che divenissi orror di me, del mondo Intero. Pilade, Fama corre che Ifigenia Ancora vive. Oreste. Vive? Ove ?.. Infelice ! Pilade. Dove, 1' ignoro. So eh' ella abbassava Il capo al ferro di Calcante, e Trivia In un di nembi avvolta venne, e intatta Portolla in cielo appien placata. Oreste. Ovunque, Corse la ria novella di sua morte : Meco tu forse non piangesti il caso Funesto ? Pilade' E ver ; or altre è più sicure N' ebbi. Tu il sai quanto nascosti, ad occhio Profano, i sacri misteriosi eventi, Tiene lo scrutator de' fati : ei solo, Ch' entro legge li più cupi recessi, Vide il tutto, e a tuo padre ascoso il tenne Perfin. Svelava quindi il vero, allora Che davan mesti il tergo ad liio, Oreste. S' ella Vive non sappia almeno le sventure Della paterna reggia. Lungi tragga Dì felici di tanto lutto ignara. . D' Atride figlia puote viver lieta? . Vendetta grida il ciel sulla Pelopea Schiatta, e di vena in vena scorre 1' ira Celeste finché spenti sarem tutti. Pilade. INon disperar, Oreste. Oreste. Altra speranza Per me non resta, che morte. Li sogni Mi funestano, amico, i sogni stessi, Le intere notti lunghe, e crude, ahi, troppo ! L' ansante madre pingon essi irata, E scompigliato il crin. Il petto veggo Che il latte diemmi, laniato. Odi ! Cogli Occhi pregni di sangue il padre mio, Qual degno figlio dell' odiata donna, Mi scaccia. Invano piango il mio delitto. Agli occhi miei più truci ognor si fanno, Finché pieno d' orror mi sveglio, smanio, Grido, ti abraccio, e non ti veggo, o sento. Pei sventurati non havvi, mi credi, Sollievo mai. Qui, bolle in petto, doglia Inesplicabil. Pilade. Rammentar non giova Ciò che più spiace- A risanarti pensa Solo. Vieni. Non più s' induggi. Vedi ! L' alba spunta. — Ma pare. .Si : una donna In mesto aspetto or qui s' inoltra . . Forse . . Parlai poccanzi a dessa. Non m' inganno. ; Triste ella stassi ancora. .In quella rupe I Che m' additò, ne andiam. Mediteremo Là noi con agio nostro il sacro furto. Oreste. Quanto m' invoglia il sollevarla. — Lungi Un altra veggo più oltre. Di perduta Traccia sembra che vada in cerca. .Sparve In quelle macchie. Pilade. Se scoperti siamo, Vietato ne verrà 1' util sollievo Che noi recar potremmo ad essa, ad altri, Ed a noi stessi. L' oriente albeggia E innaveduti aguati ovunque stanno. TRAGEDIA ATTO II Scena Prima Ifigenia. Persecutrice notte, alfin biancheggi 1. . Oh ! no : fra queste insanginate rupi, Ove Ifigenia vive, eterna regna : II caldo pianto che a stillare vado Copri, su quell'inulto sangue. — Diva Possente, cessa ornai d' odiarmi. Umano Cuore non può seguir voglie divine ; De' sventurati a' lai piange Ifigenia.— Oh! chi s' appressa 1 ?.. Se Toante, invano Mi tenta al ministerio. Ma si sfugga.. Voglio serbarmi immacolata, oppure Morire in questo giorno — ultimo mio. Scena II. IFIGENIA, CREUSA. Creusa. Ifigenia, ove corri, mia Ifigenia 1 Sempre da me t' involi] Perchè spregi Miei sollievi 1 . .T' offesi mai 1 Dal giorno Che ti connobbi sempre al fianco mio Fosti, ed ora mi sfuggi ? Vieni al seno ; Non rifiutar di Creusa i caldi affetti. Se t' amo il sai : scevra da te, no : lieta Viver non posso. Sempre vuoi eh' io sia In pianti, e angoscie 1 Ah, tu non m' ami ! Ifigenia: Mia Consolatrice, frena gli agitati Spirti . . Ma scapigliata, ed anelante 10 ti stringo, mia Creusa ! Appena spunta 11 giorno, e sorta già se' tu ? Creusa. Tranquilla Starmi deggio, se qua sola t'avvolgi Turbata, e mesta ? ' Ifigenia- Ad altro non 1* ascrivi Che a brama di spirar aura più grata. ] In questa notte tregua mai non ebbi I Nello stancato letto ; oltre 1' usato Il caldo posa non lasciando al lasso Mio fianco, qui venni. Creusa. Perchè tu il vero Mi nascondi 1 Ben sai : tu mei dicesti, Che degli umani scemasi il dolore, ! Ove si versi in sen d'amica il pianto, ' In cui, pur troppo ! spesso siam dannate i Noi che in preda a Toante siamo. Quando : La fonte sviar del mio dolor cercavi j Con tanto affetto, tei nascosi forse 1 i Con quale brama, pure il sai, Toante i Chiedeva la mia man di sposa, e quanto j Era per lui di Creusa il cuore avverso. Sommo conforto, tu nel dì mi fosti Che a forza strascinata venni al letto Odiato ; ed or non vuoi che teco pianga ? Il mal che ti auge dunque in me il deponi. Se ne' giorni che tu cotanto oppressa Ancor non eri, nomarmi degnasti L' amica fida del tuo cor secreto ; Ora perchè nell' incessante pianto Me rifiuti ? Si : degna non son io Per dimezzar le tue lacrime . . Piangi ? Ifigenia. Non piango, no. Per or . . Creusa. Si : il ciglio sgorga Pianto. Ifigenia. Tu sei la sola in cui 1' amaro Calice versar possa, che qui, stammi, Qui dentro rinserrato nel mio petto. Per or, sola me lascia. Creusa. Ch' io te lasci Invan lo speri. Insoportabil, lungi Da te, mi sembra un solo istante. Ch' io .Mai t' abbandoni, il soffri. Vedi a tue ;o IFIGENIA Mescersi le mie lacrime 1 In continui Spasmi vuoi eh' io etrascini questa indegna Vita] Sempre eagion mi sei di strani, Spaventevoli sogni in eh' io le notti Intere traggo. Questa ornai già scorsa Fammi raccapricciar allor che penso. Ifigenia. Narra : quale ?.. Saper lo posso ? Creusa. Ed havvi Pensier eh' io noi deponga in tuo cor? Lassa Jersera a coricar ne andava piena Di doglia. In tenebria di silenziosa Notte, eri tu 1' oggetto de' miei cupi Pensieri, allorché il sonno, con fantasmi Vani, mi chiuse i lumi a maggior pena. Per questi luoghi, vaga ognor di pianto, Giva mio spirto, quand' ecco sul monte, Dell' aite quercie allo stormir gli occhi alzo. Vista ! Di cruda rupe, in mar sporgente, Sull' orlo, oimè ! te vidi colle aperte Braccia lì per scagliarti in atto. Morte Sul tuo volto era scu'rta, e intrepidezza ; Tento gridar : invan la voce spingo. Per afferrarti corro : un bronco aggrappa Della veste la fimbria e avvitichiata Mi tenne. Ansante tutta, inutil sforzo Faceva in un per svilupparmi. Desta Dai non mai stanchi colpi che su questo Mio petto il cuor battea ; del sogno quasi Avverata, mi vesto qual me vedi, E non v' è loco dove andar tu suoli Gh' io non calchi, ma — invan ! Cerco, ricerco ; Corro, ricorro, e il mai vederti, ognora Cresceami più 1' insopportabil pena. — Parlar di pena deggio s' or t' abraccio ? Ifigenia, Se la mia vita scpportabil sento, Per te la sento. Tu mi afferri, cara, Allor che sulle soglie del sepolcro Stommi. Quanto mi è grato esser compianta Da vera amica ! Di celeste gioia Sento innondarmi l'affannato petto ! — Per me tu soffri ? Creusa. No, die lieta al fianco D 1 Ifigenia ognor sono. Se ti stringo La pena è sgombra. Di' : quale sventura Oltre 1' usato ornai ti attrista? Invano Mi celi il pianto ora eh' io stessa, il letto Di lacrime suffuso scorsi. In parte So in quali angoscie hai sempre il cor sbattuto Ma da ben altre e più funeste certo, Agitata sei tu. Ifigenia. Di pianto eventi Sulla paterna mia reggia, preveggo Ne' sogni miei. Creusa. Sognai pur io tua morte ; Ed or illesa qui ti veggo. Scaccia Vani pensier che funestarti ponno : Vuoi tu eh' io tremi sempre di tua vita ? Ifigenia. Se non penando ognor a che più vivo? Alle notti li giorni eguali io passo Sempre in mestizie, pianti, e lai. Creusa. Deh cedi ! Ten prego, Non f ignori : ad un tiranno Resister mal si puote. Schiava quale Io sono, gemerai fra 1' incessante Lutto, s' or le sue voglie non secondi. Ifigenia. No : fine avrà in quest' oggi il pianto mio. in questo giorno spenga ornai 1' ingiusto Sdegno suo nel mio sangue. Creusa. E quali detti Escon dal labro d'Ifigenia? Accetta Di Cinzia il sacro rito, e sì frattanto . . Ifigenia. Nei sangue uman le mani vuoi eh' io lordi ì Commandano gli Dei misfatti ? E s' anco Ciò fosse, che delitto è interpretarli, Sensibil cor essi mi dièro, e orrore Mi preme allorché veggo quel rappreso, Invendicato sangue. Chiudo appena Al sonno i iumi, che fantasmi vani Intorno vagolando al capo mio, E chi col monco busto, e chi col petto Squarciato 1' ampie ferite mi addita. " Non t' iniziare, gridan essi, in tali Delitti. " Indi mia madre . . Raccapriccio ! TRAGEDIA 11 Ognor veder mi sembra, amala Creusa, I figli, le consorti, fratei, e padri Di questi approdatori e disgraziati Stranier, irati tutti, e con scortati Ferri, vibrar il colpo a que' ministri Che dièron morte al loro amato e caro . . A saziar pur venite ornai lo sdegno Vostro, che luogo e tempo additerovvi. Creusa. Di vendicar quell' ombre invan Io speri. L' inesorabil mio consorte, oh nome ! Deludi ancora. Forse in Argo fama Aggiungerà che tu qua vivi, e '1 padre Tuo amato a liberar verratti. Ifigenia. Questa E la speranza che finor nutrimmi ; Ora è spenta, pur troppo ! Della Grecia II re de' re sotto le mura certo, Vittima cadde di Troja superba , . D' Agamennon mio padre questo è il fine \ Creusa. Il sai to pur qual fama corse in Tauri D' Ilio combusta, e che felice auindi Il padre tuo diede le vele ai venti, In Argo ritornando colla sposa • Di suo fratei minore, Menelao. Ifigenia. Il sai tu pur che le novelle giuste Non vengon mai, dove frapposto lungo Terreno e mar ci parta.. A mio sollievo Questa novella sparsa avranno forse : E s' anco certa la vittoria fosse ; Fra invidia tanta chi mei rende illeso ? Della conquista i beni li guerrieri, Divisi avranno ; e vedendo che al rege Mio padre la maggior parte toccogli, I finti amici, in un rivali, ucciso JL' avranno. Troppo questo cuor mi parla Con voce aita di pianto, Creusa-. In male cangi Tu sempre il bene certo. Ove siam noi Tristi, crediamo aver sempre sciagure Maggiori. Ma s' appressa a noi Toante : Con lui ti lascio : ancor in breve almeno, Per ì' amor mio ten prego, or il deludi. Ifigenia. ; Qui statti. Havvi poche ore giunse incauto Uno stranier in questa orribil terra. Dietro coteste rupi asil sicuro Io gli diedi. Mi lascia : a sovvenirlo Vado. Creusa. Arretra : il consorte or già ti vide ; Se tu lo sfuggi, sempre vieppiù truce A te farassi. Lascia a mela cura Dello stranier. Parlarti vuol Toante. Scena III- Ifigenia. Odiosa vista ! In que' suoi lumi veggo Furie d' averno. Al vulgo cieco sembra Uman Toante. Quanta oscuritade Avvolge noi mortali ! Ciel, non tarda Di vendicar chi piange amaramente : Bceim TWm IFIGENIA, TOANTE. Toante. Giunto egli è pur quel dì tanto bramato In cui da te saper io possa, quale E alfin tua scelta. Ifigenia. Col delitto, udissi Quando, comprar un' infelice vita? Toante. Avrai la morte che tu brami ; 1* imo Fondo d' averno spalancato stassi, E spira fiamme sol per te. Ifigenia. Se a bada Tenni 1' orgoglio indegno tuo col dirti Che un dì sacerdotessa d' empio rito Mi sarei fatta, e tempo scelsi lungo Pria d' iniziarmi in tai misfatti, oh ! forte Speranza allor pascevami che giunto A liberarne il padre mio sarebbe : j In questo, sempre vissi, pensier saldo : j In mente volgo Gr altri e più funesti. -* 12 IFIGENIA *#< Toante. • Non Troja è la mia reggia : Agamennone Sarebbe insano, se fin qua giungesse Il male suo talento. Ifigenia. Parli audace E n' hai ben donde, il so , tu non 1' ignori Ch' egli sotterra giace più anni sono ; Ma s' ei non vive, del fratel mio trema. Toante. Or or giungesse, che di un sol colpo ambo Cadreste in questo dì. L' oracol, credi ; Compito non verrà. Talvolta male Interpretossi. Venga; temer deggio 1 — Se ti soffersi, il feci a sicurezza Mia maggior. Di futura guerra ostaggio Tenerti volli, e patti al riscattarti In mio favore meditava in capo. Or vani questi pensier scorgo : Oreste ; La Grecia tutta teme il valor mio ; E inutile giacché vivi al mio scettro, In questo dì n' avrai morte qual brami. Si : tempo è or ben, che un olocausto si offra All' assetato Nume. §cena ?. TOANTE, IFIGENIA, CREUSA. Toante. Donde tanta Tristezza in te deriva ? E quel pallore Che sul tuo volto allo timor scolpito Stassi ! Parla. Greusa. Di ferri carcar vidi Da tuoi soldati due stranieri or ora. Toante. Di qual region 1 . . Creusa. Neil' un non altro scorsi Che furor d' alta generosa doglia : L' altro, sebbene in ferri, confortava L' amico. Ifigenia. Nelle mRni di Toante Quai conforti? Toante. Dovuto è il loro sangue, Ifigenia. Ornai de' tuoi delitti il cielo è stanco. Degna di punizion qual è lor macchia 1 Da imperversanti nembi approdan spinti Cercando asilo, e tu li danni a morto Indegna, inevitabile. Toante. Dipende Dal fato tutto : e se il loro destino Questo non fosse, or il tuonante Padre Li spingerebbe in altre terre lungi, Che in man divise stanno i venti tutti. Ifigenia. Se inscrustabili son gli alti pensieri, Come inferir puoi tu che offrir si debba Su questo simulacro umano sangue ? Ma gli ospiti non ama forse Giove 1 Toante. Tutti i stranier che giungon qua per darmi Morte, Giove non ama. L' alta voce Del Nume che sulla mia Tauri veglia, Ben mei predisse che straniera mano Il regio mio serto, ove non sia cauto, Involerammi : tu, la cieca fede, Ma sacra, solo venera, che sotto Ai misterii celata sempre staesi La verità celeste, Ifigenia. Ma, se amici Li stranieri ti fosser ; li faresti Parimenti sgozzar sull' ara? Ammetti Che tali or non ti sian : pur sai, si compra Dell' uomo col ben far il cuore. Toante. Fugge L' amicizia dal trono a passi ratti ; E quei che tal si vanta è fìnto. Kguali Non soffre unquanco un rege. — Garrir teca Io non voglio. Di Trivia all' ira trema Se all' odio mio non tremi. Ifigenia. % In crude pene Avvezza, no : l' ira del ciel non temo. Odio vita cotanto grama ; venga : tSAGED t A 13 A che pia vivo or mai se non soffrendo Ognora) Veggo or si che fra delizie *Di vile ambizion travedi. Il solo Pensar che il popol tuo perisce in pianto Nello squallor di povertade, mentre Fra gozzoviglie e soperchiami fregi Tu vivi ; questo sol pensier d' amaro I beni ingiusti tuoi non te li asperge ? Compiangere non sa chi non sofferse, E tal se' tu, superbo. Misto il sangue,, Col pie profano tu calpesti al pianto, Di sollevar senza degnarti mai Chi a te si prostra umile. Un cor mi dièro Li mali miei, che libar fammi vita Celeste ove conforto esser io possa D' un simil mio : le facoltà mi strappi Tu, di questa dolcezza a me sì cara ; A qual vantaggio dunque vivo 1 Vano, Or che alla umanità giovare anelo, E eh' io possente venga : inutilmente Vivo se di fuggir, perfìn la speme, Dalle tue mani tu m' hai tolta. Toante. L' ira Giusta del eiel soffrire fatti : il merti. Le pene che tu senti per le ambascié Altrui, ben sta che tu le senta ognora, Tu, che ti sei sacrilega renduta, • E spergiura al voler alto di Giove. Delitto era l'opporsi a ciò eh' ei brama ; E ricusando ilministerio sacro Ch' ei t'imponeva, assai tu P oltraggiasti. Udì di sua vendetta è giunto. Or ampio Terribil sdegno già già squassa e gronda. Ifigenia. . Lascia eh' io vada sola a versar l' ira Mista d' amara insuperabil doglia Che rode il petto mio. Fonti di pianto Son fatte queste pupille. D' inferno ; Tutto 1' orror non vai quanto il vederti» Toante. : L' indegno pianto a versar vanne, ingrata. Dall' aspetto mio lungi, tei concedo. ; Pensa : rifletti chi oltraggiasti, e tempo Di sceglier vita, o morte ancor ti lascio, §ceiia VI. TOANTE, CREUSA, Creusa. Soffrir la devi ancor in breve almeno : Se in Argo di sua morte fama giunge, Come evitar la perigliosa guerra 1 Mite farassi al voler tuo. Toante. Lo bramo. . I Vanne : e scorta le fa che non s' uccida, Creusa. ' (D' Agamennon la possa ei teme.) Scena VII. Toante. Troppo Il popol V ama. Questa plebe fammi Tremar sovente ! A brani, il sol pensiero | Di non potermi vendicar con tutta L'assetata mia voglia, il cuor mi squarcia A brani ! Eppur al sacro culto fora Necessaria Ifigenia : del re d' Argo La figlia, venerabil più, lo rende . . O serto quanto costi ! . .Entro miei stati Solo per esplorarli giungon tutti Li stranieri . . Tremando vivo ! E il sangue Che verso forse m' assicura il trono / ILTTQ III. •Scasa Prima. TOANTE, CREUSA, soldati. Toante. In te sola riposo. Svolger puoi Ifigenia dal suo pensier di morte : ! Salvarla bramo. Ma se mia clemenza ; Disdegna, tremi. — Venga or qui la figlia ; D' Argo. Ne' ferri stretti sian condotti ! Li due stranieri a me, 14 E F I Q ERTA Scema IX» TOANTE, CREUSA. Creusa. Di grande illustre Schiatta figli son essi : generosa, Alma indomita tengon rinserrata; In petto : ben li vidi, chiusi in stretto Calle, la folla de' soldati immensa, Con arte tutta sostener di guerra. Sangue, ovunque cadea lor brando, a fiumi Scorre : chi metter puote a valor tanto Impero ? II lungo guerreggiare, solo Li vinse, contro innumerabil gente. Ma il forte braccio lor vano veggendo, Loro stessi, le mani ai ferri han porte.— Ecco : Ifigenia viene. Deh ! suo pianto Moverti possa alfin. Pensa, Toante, Pria che sposa di te venissi, al sacro Giuramento che tu mi festL— Solo, Se il vuoi, ti lascio. Toante. Su mia fé riposa. Creusa. In te mia speme ho tutta. (Tacer, mentre Suo pianto veggo . . Può tradirmi un guardo.) Scena III B Toante. Di questi stranier parmi che Ifigenia N' abbia contezza. Creusa mi ama forse? Dfigli occhi miei non sfugga un solo cenno. Scena IV. TOANTE, IFIGENIA. Ifigenia* Dalle stanze del pianto a che mi strappi? Nelle ultime ore d' angosciata vita, Almen sola me lascia. Toante. Quant' io ti ami Non ignorar lo devi, e viva prova N' abbi in quest' oggi - . Ifigenia. Oh, quai pesanti ferri! Scena W* TOANTE, IFIGENIA, ORESTE, ' PILADE, Soldati, Toante. L' alta divina legge l'ignoraste Voi che in Tauri s' onora ? Pilade. Ovunque fama ' Corre di questa legge. Tornite. Duolmi, e troppo, Sempre veder sulì' ara scorrer sangue Umano, ove mio cuore ascolti. Ma. oggi Si debbe un olocausto offrire a Trivia. 13 secondo di voi, se il primo fia Accetto, il giuro, libero n' andrassi : Ma pria che da esti lidi il pie rivolga, Giurar, e il giuramento santo fia, Ai numi dee di non rivolger 1' armi A questa terra. — Quale intenzione Mi spiega, qua vi trasse. — Ove non menti Il loro labro, sceglierai tu poscia La vittima fra di essi. (Oh non m' inganno !) Ifigenia. Lo spargi tutto se mio sangue basta A lor salvezza : ecco la scelta. Oreste. Queste Aure, nel primo dì che il sol vedesti, Certo tu non spiravi. Ifigenia. Rinovelli Q,uì in cor, straniero, piaga che mi stringe Al pianto ! Oreste. Ma la tua, mortale— quanto La profonda che m' apri, non te rode / Ifigenia. Deh ! tua patria se lice . . Pilade. Grecia. Ifigenia. Dimmi . . Oreste- Oh ! tu chi sei ? La tua tristezza scende Neil' alma mia : tu mi trasfondi o donna, T SAQEDI A 15 Ahi ! dolce rimembranza allo terrore Congiunta. Ifigenia. (Moti insoliti qui . . ) Dimmi : Agamennone vive ancora ì Vive D' Argo il re 1 Oreste, Ch' egli giace fra gli estinti Più di due lustri or sono. Ifigenia. Ciel ! Che narri ? E di qtial morte giace 1 Oreste. Non mi chiedi Gli eventi suoi terribili, — funesti ! Ognor raccapricciar mi fanno. Ifigenia. (Cielo !) E Clitennestra la fedel consorte Q,ual vita mena nell' orbata reggia ì Spiegami il tutto, deh ! saper lo bramo. Oreste, (Inusitata forza d' abbracciarla Mispinge.) Pilade. Se hai tu cuor non dimandarci Cotal novella. Ifigenia. Narra ornai ; ten prego. Pilade. Scusa ; nel dì di tanto lutto, noi Non fummo in Argo ; famajncerta corse A noi di sua morte. Toante. Comunque incerta Narra. Non havvi molto, tal novella Diemmi un Greco eh' io tengo stretto in ceppi : Qual più di voi che al ver s' accosti, il lascio In vita. Pilade. D' Ettore combusta V alta Reggia ; vittorioso Agamennone Diede le vele ai venti, e pien di gloria Giunse nell' anelata magion. Quivi Dal dì che inna morta il fero Egisto Di sé, vide 1' afflitta Clitennestra, Un colpo atroce tale meditava In capo, da eguagliar la trista cena Che Atreo diede a suo fratel Ti'este. Finse amistade eterna al vincitore D' Ilio superba. Ma allorché la notte la placido riposo, dalle lunghe Fatiche avvolto ilretenea : la donna, Punta d' insano amor da impura fiamma, La sciagurata donna ansante lascia Tacita ii letto maritale ; volge Lo sguardo intorno, e il vile Egisto, stando JNon lungi in viso fosco, atroce, vide Solo allo rampognar esperto : taccia Le dava d' amor poco, e debolezza Troppa. . Oreste. Tu fremi 1 . .Forsennata afferra Sanguigno pugnai, dono che 1' iniquo Amante dato le avea, e tutto in petto Glielo immerse. . Ifigenia. Non più. .Taci ! — Empia donna, Tu l'uccidesti ? Oh quale orror mi prende ! Li divini prestigi ahi, non mentirò ! . . Al mio pianto ma tu chi sei che piangi ? Inusitata forza a me tu spiri, E sostener io per te posso, doglia Cotante grande — che m' innonda il petto 1 ? Oreste. Saper tu brami di'. . Pilade. Del nostro rege Ancor te cruccia l' immatura morte ì Ifigenia. Dimmi : qual vita 1' empia e scellerata Donna vive ? Di' ; lieta vive in braccio Al fero Egisto, oppure vendicato Dorme tranquillo il cenere d' Atride 1 Ma come vendicar cotanto oltraggio 8' ella stassi su reggio solio, cinta Di satelliti, accanto ad un tiranno ] Oimè ! che dico ì Ahi Clitennestra madre Pilade. (Ferma che fai ? Oreste. Mancanle forze io moro !) Ifigenia. Ancor mi sei : sol 1' empio Egisto, io stessa, 4. 16 IFIGENIA Con queste mani trucidare agogno ; Tu, che al delitto atroce la spingesti.-^- 11 solo Oreste vendicar potrebbe L' amato padre. — Inerme giacerassi In career tetro, spirando la vita Fra il pianto, e le mortali angoscie. Oreste. L' ombra D' Agamennone vendicata appieno. . Ifigenia. Oreste dunque col sangue d' Egisto Placò 1' ombra dei padre? Deh potessi Stringerlo in questo seno, indi spirassi L' ultim' aura di vita! — tu, che giaci Per man trafitto di crudel consorte, Con quali sguardi, tu, tu la mirasti Aìlor che gorgogliava il caldo sangue? Ad afferrar perchè, perchè non corsi, Il micidiale braccio ? — E per un empio O donna, Agamennon trafiggi] — Al mio Petto unirti potuto avessi almeno Nel punto che esalavi, o Dio ! per sempre L' ultimo fiato tuo. — Ma Elettra, Oreste, La sciagurata prole vive ancora? Pilade. Si vive, ma nell' inesausto lutto. — (Oh ! taci.) Ifigenia. Deh ! parlar 1' amico lascia. 11 vedi come egli arde, e fissi immoti Su me tiene gli sguardi ? — Irrequieto Misti d' amor, d' ira, ed orror, e sdegno Al suol gli adimi ? Si : meco, tu, piangi. . Saper già il puoi chi sono. A voi non volli Scoprirmi anzi che mi narraste tutta La doglia amara che mi squarcia il petto. — Del trucidato Agamennone figlia. . L' etade. .11 volto. .Si, 1' ardir, — la smania. Parla . . Tronca la voce hai tu ? Deh ! . . Cielo! Mira . . Sorella Oreste. Pilade. ' (Oimè non v' è più scampo !) Silenzio. Toante. Ornai conosco la venuta vostra ; Incauti : ma di ferri carchi siete. — Altro, gioia ! bramar deggio ?— Soldati ; Traggansi in negro carcere. Nessuno Fia salvo. Ambo cadranno. Pilade. Inaspettato » M' è il tuo parlare o sire : or eh' io credeva Che salvi intrambi noi faresti, a morte Ci danni tu ? Toante. Se fermo in capo avevi D' esser salvi ove conosciuti foste ; Perchè a scoprirvi pena tanta aveste ? Pilade. Sul timore che troppa gioia arrechi Danno, propizio il tempo aspettavamo Ove agitata da cotante pene Ella non fosse. Toante. Astuto parli. Dunque Non spinti da procelle qui veniste : Ma per rapirla voi veniste. Pilade. Il giuro ; Ignoravamo noi eh' ella qua fosse: Cauti non già ; siam solo avventurati. Toante. Crederti no : non voglio. La venuta Vostra dammi sospetto. Pilade. Siamo inermi. Mite ti mostra. Ricovrar in tua Magion non potrem noi ? Non siam nemici. Contra di te li Greci ebber mai guerra ? Più miseri. Toante, deh, non farci ! Toante. Di greche trame il fato femmi esperto : Ma debbo, ove si tratti mia salvezza, Un mondo risparmiar intero? Pria L' universo s' annienti anzi eh' io tremi. — < S' ella vive, miei sensi udite : Al casto Voler di Trivia non creduto avrei Che rifiutar volesse; altre lusinghe, Per risparmiare d' un ingrata il sangue, Non ebbi. Ad ampia sua vendetta veggo TRAG E DIA IT Or ben che il ciel serbolla. Mai non vassi Impunito un profanatore. Pilade. In tuo Poter siam noi ; che tu già promettevi Di salvare da morte, sol rifletti, Toante, qual de' Greci, tuoi prigioni, D' Agamennon nel raccontar lo scempio, Fora più veritiero. Toante. Mi ritraggo Coi traditori sempre. Ifigenia* Fra tue braccia!. . Oreste. Dal giorno che fanciulli ci vedemmo, Quanto diversa al sen ti stringo ! Il riso. Nella paterna reggia, sul tuo labro Fioriva ; ed or sul ciglio stavvi il pianto ? Ifigenia. A pene atroci nati siam, fratello. Toante. Dal ciel qual vita voi sperate ? Prole D' Atride, ben stavvi sugli occhi il pianto. Oreste. Io sol merto cotal rampogna, e morti Mille. Sappi che il padre dell' amico E Strofio, e vive . . Ifigenia. Pilade tu ? . Sento Amareggiar la gioia in aobracciarti ! Pilade. Quanto bramai vederti ! Tu mia morte, Se morir deggio, or men cruda mi rendi. Toante. Ardito parli, giovin garzon. Oreste. Credi Di sottrarti da giusta guerra 1 Parlo Di me non già ; 1' alta magion d' Atride, Del forte suon dell' armi or muta, piange. D'un caro figlio, in questi, orbi possente Re, e sol vivrà per vendicarlo. Toante. Pria Morir pensate : indi fortuna è dubbia : In mio favore arridere potrebbe. Debile son io forse 1 . . Ma che vado Mai rammentando 1 Chi mettere puote In questa terra il piede che sconfìtto Non sia ? Pilade. Tuo piccol stato è debil contro La Grecia tutta. Pensa chi tu uccidi Se indi non vuoi scontare il tuo delitto A lacrime di sangue. Toante. Il cielo chiama Il vostro sangue. Pilade. 11 cielo no : non chiama Li tuoi misfatti. Toante. E i sacrificii sulla Pira del morto Patroclo per mano D' Achille 1 I vostri, i vostri stessi Greci Non chinar di Diana al giusto, sacro Voler la fronte, allorché furon giunti In Auli per placar P ira de' venti ì Se i nostri sacrificii nomi ingiusti ; Il vaticinio di Calcante giusto L' appelli 1 Se delitto; a che il seguiste ? , . Contender teco non voglio. Potrei Mostrarti quanto dalla ragion lungi Se' tu : ma ite frattanto in stretti ceppi. In vostre mani stari. Su lor vegliate. E tu, di regal ceppo indegna, meco Vieni. Pilade. Ti frena., Oreste. Toante. Vieni, ornai. — * Tarda, ma compie il ciel or sua vendetta. * Due soldati conducono Ifigenia dalla parte opposta di Oreste e Pilade. Scena Prima. ORESTE, PILADE, Soldati che partono mesti. Oreste. Tua troppa ed incorrotta amistà grande A.TTO iir. Ove ti trasse ! Né valgon consigli, Se invaso da infernali fune sono Vieppiù dal dì eh' a Egisto stava innanzi, E P ira frenar mai, non potea mai ! Alta divina forza a' miei nemici 18 IFIGENIA Mi svela, e dona in preda, e crudi contro Me gli fa, quali merta un parricida. Io, che stanco di questa luce, solo Dovea, non tu, morir : io che mi veggo Tutti gli orror di stige avverso al fianco. D' inviperate chiome Furie immani Sempre veggo nel caldo sangue intrise. L' una mi branca il petto : 1' altra mi arde D' insolito furor ; la terza in braccio Porta — la spenta madre a me dinanzi, E questa, la gran piaga vuol eh' io palpi. Il ciel punisce il mio delitto ! — Il solo Io non sono che piango ! Ma con quale Ardire di mio padre innanzi all' ombra Potrò mostrarmi ? " Vanne, egli dirammi, Obbrobrioso oggetto di presenti Future età. .Non sol, o tu che il merti, Infelice ti festi ; ma di Strofio A morte il figlio strascinasti teco." Simil rampogne sostener deggio oltre Illacrimato avello. Pìlade. A tua salvezza Mi fosser state morti mille al fianco, Le avrei tutte incontrate. Caro Oreste, Tel dissi io già quest' era un alta impresa ; Eppur teco morir io volli. Oreste. Almeno Or li guerrier nostri dall' empie mani Sottrarsi possan ! Pilade. Questo pensier mi ange. Se veduti son essi come all' ira Atroce fuggiranno di quest' empio ! Il valor manca dove manca un duce. Oreste. La speme di tornar in Argo è spenta ?• Oh, come lacerar mi sento !— Stassi Grecia scevra di chi da' suoi nemici Salvarla puote. Amor di patria in petto Sento suonarmi in flebili lamenti ! Straniere spade inonderan di sangue Argivo il caro suolo : inermi spose Strascinate, la polve da' consorti Insanguinata, ngheran gementi Coi lor fanciulli al seno. Elettra, Elettra, Oreste per salvarti or più non vive? Con questi occhi già già veder mi sembra Romper li marmi ove riposa il sacro Cener dei padre mio. e scagliarlo al vento, Mischiato a quel d' Egisto. — Nessun mezzo Aver possiam ? Alla nascosta nave Inviamo un fido messo. Dir potessi A' guerrier nostri d' arrecar la nuova Di morte infame a Strofio, e in Un sapesse Che alla difesa di nemici brandi Lo eleggo in trono. Pilade. Invano parli. Amati Siam troppo dai bollenti guerrier : pria ! Uccider si faran, che abbandonarci, Coli' armi in pugno. Q,ual pena per noi Più truce a cotal vista ?. . Eppur io spero . . Sperar? Vegliati in questa nera grotta J Siam noi : di speme un raggio più non vive Di veder Ifigenia cui potremmo . . Oreste. Nome che il cuor mi lania a brani, a brani ! Or dunque, oimè ? 1' amata mia germana A morte si condanna? Perchè, amico, Tu mi vietasti eh' io immergessi il ferro In questo petto, fumante di sangue Materno ? Meno cruda morte allora Stata mi fora. — Vista ! Chi tu sei ?. . D' Eumenidi la madre cinta mira. Sboccar vedi da quelP ampia ferita Il negro sangue ? — Ma che ! Inoperoso Stai ! Non vedi le furie a me d' intorno ? Oh si ! venite : il crin, il crin stracciate A ciocca, a ciocca ! — Il fero matricidio Punisci: merto si, maggiori strazii. — Voi, che il giusto mio stato compiangete, Lungi da me sgombrate. Punizione Che il mio delitto pareggi, non Dite L' egual rinserra. — Ciel ! T' invola! PUtidé. Oreste, Nel solito furor non ti trasporta ! Il sai tu pure . . Oreste. E chi se' tu? Ecco il petto: A che tardi ferire ? Vibra : uccidi. Pilade. Già più non mi ode ! Oreste. Induggi 1 Pilade. Al fianco statti L' amico , . TRAGEDIA 19 Oreste, E chi se' tu che il sacro nome B' amico profanar osi ? — Disgiunse L' irrevocabil legge di Minosse Da me per sempre il caro, unico amico ! Pilade. Non vedi eh' io t' abbraccio ? Oreste. Oh gioia ! D' onde Sorgi tu ?— Deh non mi abbandona ! L' ombra Irata del tradito padre, teco Accoglierammi con più mite sguardo. Scena II. ORESTE, PILADE, IFIGENIA, un Soldato. Pilade. Tu qui ! Ciel ! Come facesti ? Ifigenia. Di Creusa Alle lacrime libera renduta Mi hanno i soldati del tiranno. Tutti Quei che a me vigilavano d' intorno Bramavan mia salvezza ; ma nessuno Il suo pensier secreto 1' un nell' altro Deporre osava. Un delator ciascuno Neil' istesso compagno aver temea : Ma allorché la mia fida, amata Creusa Coi nostri Greci gli additò sicuro Asilo, loro stessi feron scorta Al mio venire qui, e parte coi Greci Stan sulla nave intenti a nostro scampo, Per quindi abbandonare con noi, questa Dal ciel protetta, terra infame. — Indegni Ferri, cadete ornai. Oreste. Tu a lacerarmi Vieni ? Pilade. Deh ! non perdiam tempo. Ei vaneggia Non passa un dì che agitato noi vegga. Ecco, Ifigenia, il mio dolor più crudo ! Invano speri d' ammansar sue furie Finché scevro di forze ei non si trova. Oreste. Qui, qui del padre V ombra insanguinata Non veggo ancora? Ifigenia. Nelle braccia vieni, Fratello mio. Ci è sacro il tempo : in questo Ponto, Fratel, un solo istante a tutti Costa la vita. Oreste- Oltre la tomba debbo Morire ancora ? Ifigenia. In braccio ad Ifigenia Sei : non fammi tremar : salvarti vengo. Oreste. Io?. .Tuo compianto no : non merto. .Vanne. Deh ! non proteggi 1' uccisor di — tua — Madre. Ifigenia. Di Clitennestra 1' uccisore Se' tu ? Oreste. Pur troppo ! Pilade. Suo voler non era : Ei la trafisse è ver; ma d' ira cieco, Ei non vide che del suo petto scudo Ad Egisto fea. Ifigenia. Quale orror mi prende ! Tu matricida ?.. In bando vanne agli occhi Miei ! Oreste. Del tuo sangue mira lorde ancora Le mani. Questo è quel sangue che scorre Nelle vene mie slesse : grida questo Con voce or cupa, ed or terribil, morte ; Vendetta nel mio cuor profondo. Vedi ? Ombre noi qui siam già ; pure lo sparso Mio sangue compro ancor non ha il misfatto D' un disperato figlio. Ifigenia. Parricida Tu ? — Porta da noi lungi il tuo gran cuore O troppo amico ! Va : 1' infausta prole D' Atride, infernal seme, no : non merta Amistade sì grande . . In tempo sei Tu ancora. Vanne, ten prego ; non fammi Infelice vieppiù, deh, col vederti In preda a mali che tu non merti ! — Ecco, Sferrate le tue mani. Se mai tardi Un solo istante, perdi ancor que' pochi Greci : anelanti stanno ad aspettarti. — 20 IFIGENIA Sulla sponda del mar, ecco là un antro Che ti mena ; per tua salvezza Creusa Veglia. — Di noi ? — Si : la memoria sperdi. Addio ! Pilade. Non fia giammai eh' io vi abbandoni.— Che ti scateni lascia . . Oreste. Invan 1' attenti. — A che truce mi guardi? E non è dessa Che lacerotti il petto ? Tu non fosti Che gridavi dall' Èrebo profondo Colla or cupa, terribil voce, ed ora Flebil, morente, vendetta, — vendetta ? La mira come al fianco statti d' empi Rimorsi lacerata. — Spinta o donna, D' insano amor il colpo, meditato D' un intero bilustre, tu drizzasti Al petto di colui che al fianco statti. E ver : ti uccisi, oh giorno ! ma il delitto Mio del tuo al paragon che vai ?.. A destra Vedi P iniquo ? Dentro al cuore infame Or cerca, se il puoi tu, mi trova in esso Stilla d' amor che a te giurava, oh sdegno ! Portarti sempre. — Il volto vedi eh' ei Nasconde colla man tremante? Il suo Amor non era. Coi misfatti affetto Non si compra , . Ma piangi ? Madre, nome ! Ancor mi sei. Deh, vieni al seno mio,, Purché quell' empio, il vile Egisto scacci. Ifigenia. Oimè i cancelli s' aprono. Toante Viene. Deh ! fuggi, Pilade, sei in tempo Ancora. La novella trista in Grecia Porta : 1' ultimo addio dalle ad Elettra. . Ah no ! Tu non le narra . . Ma già . . Fuggi ! Pilade. Guerrier, vien meco: pel cammin più tosto Me guida. Scena III. IFIGENIA, ORESTE, TOANTE, Soldati. Toante. Dov' e Pilade?— Dovuta Pena ne pagherai, perfida, e quelli Che su i tuoi passi non vegliàro a guardia. (Oh rabbia ! Anco da' miei tradito or sono ?) Del fuggitivo in traccia ite, mei fidi. Da voi qui strascinato sia : ne avrete Dell' opra vostra guiderdon ; onore. Scena IV, TOANTE, IFIGENIA, ORESTE, DUE TERZI DE' SOLDATI. Toante. Come, spergiura, aver potesti ardire Cotanto ? Alto rancor ornai t' oprime ? Tardi, ma ti raggiungo in tempo. Tenta Pilade invan, sottrarsi da' miei forti : Dal mio furor sepolti ora cadrete. Oreste. Li miei nemici qui, meco più truci Si fanno ! Toante. Dalia mia Tauri non puoi Fuggir. Il cielo, veglia a mia salvezza, E il vostro sangue brama in olocausto : Con man possente i fulmini vi scaglia Dell' ira sua. Frattanto vanne al tempio ; Di Trivia sostener, or t' apparecchia, Li minacciosi sguardi. Ifigenia. Piombar sento Su questo capo, oimè, 1' ira divina ! Toante. A voi la fido ; ma tremate voi Se ad emular gT ingrati mai tentaste. Ma qual dubbio, se fidi sempre foste ? Ite, e n' avrete premio anco del vostro Fido, alto oprar. Farem de' fuggitivi Ampia terribil strage : invano mia Vita e vostra insidiar tentano. — Stretto In raddoppiati ferri Oreste venga. Scena V. TOANTE., ORESTE, un terzo de' Soldati. Oreste. Degli Atridi, inimico mortai, vanne Ornai lungi dall' odio mio . . Non vedi ? — Anime felle, a che piangete voi ?— Tua prole a eterno pianto o Clitennestra, Dannasti. Di quel sangue maritale Ognor lorda ti veggo o Donna. — Dove Sono? Toante. In Tauri ; Toante incatenotti. TRAGEDIA 21 Oreste. Toante. Argo. Catene. Tauri. . Egisto. . Ma tenebre son queste ?— Nulla veggo ! Toante. Di sangue in atre note a scriver vieni Della spergiura suora il gran delitto, A quel dell' incostante vostra madre. Oreste. Un Egisto tremar non fammi. Toante. Fidi Miei, da voi strascinato venga al tempio. Oreste. Rabbia ! . . Sferrarmi non posso ! . .Si, vengo ! Scena VI* Toante, Temo sul popol mio. Fremer il veggo Allor che il sangue uman si versa. — Frema. . E quale tema s' io su tutti impero 1 Viver non posso se non mi disseto Di sangue ognora. Cada il trono ; tutto Meco cada, purché mie voglie affatto Tutte goder le possa, finché 1' aura Di vita spira in quest' aito mio petto. ATT© V, =>< §cena Prima Toante. Oreste parricida 1 Gioia ! Tempo Di adoprar tutta V arte è questo ornai, Or che manca la cieca fede al culto. Sembran dal ciel tessuti i loro eventi. Funesta cena Tantalo apparecchia Ai Numi : sposa Pelope Ippodamia Uccisor del di lei padre : al fratello, Atreo il sangue bever fa del figlio D' Erope : Clitennestra uccide Atride : Oreste Egisto, e la Madre. Nessuno Dubbiar dovrebbe, esser voler del cielo Che or Ifigenia di sua mano sveni; Oreste. Gioia ! ed havvi maggior pena Ch' io darle possa ? Questo sol pensiero Di mia vendetta, tutti i lunghi oltraggi Or dimenticar fammi. Scena II. TOANTE, CREUSA. Toante. Alfin tu vedi, Creusa, avverati della Diva i sensi. Eppur mi sento a lacrimar costretto, Or che per man d' una germana, brama Un fratello veder svenato. E troppo ! . . Oh, che dir oso ì Troppo ! Il voler alto Di Giove a caso mai non opra. — Sconta, Spergiura, ornai 1' offesa che tu festi Al divin Nume. Creusa. D' Ifigenia parli Or tu? Toante. Di colei si, per cui tu soffri. Ma tempo è or ben che tu la scacci in bando Dal cuor sensibii tuo. Merta compianto Se il ciel la danna a' suoi rimorsi in preda 1 D' un matricida mira in Ifigenia La suora. Creusa. Oreste ! . . Toante. Oreste si, la madre Uccise : ed or per mano d' Ifigenia Comanda il ciel che Oreste cada. Ecco : ella Viene : Dolor la preme : ma fia vano, Se non m' ascolta, il pianto. (Oimè, si vegli Or sull' instabil fé de' miei soldati.) Ma strascinato qui non veggo ancora lì fuggitivo? §eena III. Creusa. Forse invan lo speri ! — Ognor tremo vedermi innanzi agli occhi Svenar il crudo. .Eppur ei mi è consorte. . Chi lo salva, ove giungan guerrier molti Per trucidarlo ? Il merta, è vero. .Cielo ! Terribil troppo fora cotal vista! — Da questi lidi fuggire mi è forza. . 22 IFIGENIA Lungi di qua con Ifigenia, giorni Felici almen vivrò col ciglio asciutto. Scena UT. CREUSA, IFIGENIA, Soldati. Creusa. Bramo sola parlar con lei : vegliate Fra le colonne, accanto al sacro tempio. — * Di Creusa al sen deh vieni o tu, che nata Alle sventure soffri ognora pene Infernali. Di vita un raggio vive. . Ifigenia, Qual speme ? Inseparabili compagni Ebbi dal nascer mio — delitto, e pianto ! D' Atreo e Tieste 1' ombre il ciel punisce, E miron esse lor vendette antiche Ne' figli. Veggon dal profondo regno La consorte vibrar un cieco colpo Nel petto di colui che ebra di gioia Un dì, col verecondo labro, fede D' eterno amor giurogli. Un forsennato Figlio quindi di Furie avvolto, squarcia Il fianco da cui, li giorni ebbe infausti. . Di tanto sangue or paghi i Dei son forse 1 L' orme de' padri miei seguire debbo Con lo vibrar nello fraterno petto, Un crudo ferro. Creusa. Deh ! noi credi : il cielo Spietato no : non è. Si : un Nume veglia Ognor serbando 1' innocenza oppressa. Ifigenia. Anzi perversi a me gli sgorgo i Numi. Dai chiostri sotterranei mi chiedeva 11 fato con voce eccheggiante, il sangue D' Oreste, e per mia man lo brama. Creusa. lì credi Che tanto avverso il ciel ti sia !'M' ascolta . . Ifigenia. Ascoltai ; vidi — la madre. Vendetta Per mia man chiede ! Creusa. Orrori atroci pinge Tua mente or che se' triste. Ifigenia. Appien non sai Miei mali : il cielo a caso no : non opra. Sol la vita serboinmi affin che immerga Queste mie mani, nel sangue d' Oreste. L' alto voler di Trivia in questa terra Per vendicar, portommi, 1' odio antico Di Febo suo fratel : ei ben sei membra Allorché vede in gli ultimi rampolli L' ira fraterna di Tieste e Atreo, Per cui preso d' orrore, volse altrove L' aurato carro. Creusa. Tai pensier deh lascia ! Pria che noi pensi tergerai quel pianto. Ifigenia. Speme di morte infame a me non altro Resta. Sfuggir poss' io degl' immartali L' ire divine 1 — Ma bieco cipiglio Tu mi scagli, terribil Diva 1 Sento Pur tutta sul mio capo piombar l'ira Tua possente. Creusa. Ma dunque ciò che feci Finor per te, lo vuoi tu render vano ? Deh ! m' ascolta, Ifigenia, — In salvo trassi Pilade già : coi pochi Greci vuole Salvarci ad ogni costo : eimi promise Di non svenar 1' odiato mio consorte, E a questi patti contro il re congiuro. Fuggirem tosto, amica. Entro la reggia Ordini diedi; e s' induggiare or posso Brevi istanti la vostra morte, il tutto Farassi. Ifigenia. Invan t' adopri. Tu sepolta Verresti meco in mar. Non sai qual pena Dal ciel s' appresta a odiata stirpe. Creusa. Grata Morte teco sarammi. . * l Soldati sì ritirano. Cessa ! Mia Madre vuol sangue, e su quest' ara il vuole. - | Ai sacri chiostri accanto, dell' oppresso ! Mio stato lassa, or or vibrava un ferro l Per darmi morte. — Vista! Ancor t' affacci?. Lo suol sprofonda: Clitennestra sorge, | E in un mi afferra colle mani scarne. Un brivido per tutte 1' ossa scorre. E immota resto piena d' orror. Vista ! Grondava il sangue vivido dal petto Misto di negra tabe. Gli occhi fisi, Incavati, terrore spiran. L' irto Crine stillante sangue, or sulle spalle In lunga lista scende, ora flagella L' aèr cupo. Già 1' orco ansante addita. Gementi spire di fiamme invano alto : In eccheggianti orribili urli tutta TRAGEDIA 23 Intruonava la vasta roventata Caverna. " Mira, disse, ove i tuoi passi Affretti se di tua mano qui giaci. Le colubrate Erinni mira. Mira Queir ombra in negre fiamme avvolta. Figlia ! Frena il pugnale, il tuo dovere compi : Di Cinzia al sacro rito vola. Il cielo Ti vuol sacerdotessa ; te lo impera ; Ed — io pur voglio per tua man — vendetta." Un pallor freddo tutta mi ricerca : Cadde il pugnai, e col vietarmi un solo Abbraccio P ombra s' invola. §ceoa V. TOANTÈ, ORESTE, Dette, Sacerdoti, Soldati. Ifigenia. — T' intendo ; Or sangue brami, e per mia mano. E quale Sangue brami ! Me misera ! Sepolta, Deh, fossi ornai ! Toante. Scaccia 1' inutil pianto : Gli Dei son giusti- Non sentisti il grido Dell' immutabil fato 1 Noi scrutasti Testé col labro tuo !' Placare brami L' ombre avite 1* Ecco il sol mezzo. Da eterne Fiamme salvata in un verrai, mertata Pena di poca fede che finora Avesti a Lei per cui tu vivi. — Prendi.f L' ira fraterna de' Nepoti il seme Regal macchiava ; i Dei voglion col sangue Lavar, ma per fraterna man, or macchia Di sangue. L' ombre eh' oltre stige lunghi Anni gemon straziate de' vostri avi In un tu salverai. Ifigenia. Dunque ai misfatti Misfatti accresci o Diva 1 In che t' offesi ì Delle mi calde preci il premio è questo Che a me tu riserbavi ! Troppo avversa ! Allor che di Calcante in alto stava La scure per piombare sul mio capo, Perchè tu m' involasti 1 Perchè % A passo Odioso me strascini'? . . Ma che ; darti D' Oreste il sangue posso ! — Fia giammai Che i Numi avversi ascolti. Oreste. Erger la fronte L' inulta madre non vedi 1 A che tardi Più di vendicar chi t' amai Altra mano No, squarciar questo mio petto non debbe Che tua non sia. Come ti spinge contro Di me 1' irata donna, mira. Or via A che più tardi 1 Vedi 1 Spiccia sangue Materno, e in un rampogna tuo oprar lento, Nascondi il ferro, infino al pugno, in questo Petto. Ifigenia. Fratel, se tu la madre scorgi, Che mi trattiene il genitore sento. Vedi ì Discordi entrambi sono . . E vero : Di Clitennestra or odo i pianti, i lai ; Ma il padre ha più poter ! L' orribil tuono Di sua voce mi schianta il cuor dal petto, E vieta in un tua morte. Oreste. Tutto voglio Me tuffar in quel fiume di bollente Sangue. Cielo ! Sen corre mista, irata, E in vorticosi giri la sanguigna M' appella onda d' averno. — Dalle piaghe De' genitori nostri sgorga il fiume ì Ifigenia. Al cenere unirai d' Oreste o Creusa, Il mio : non tributarlo di tuo pianto : D' odiata stirpe, obblio mertan 1' ombre. — Morte chiedi tu ? — Madre ! . . Oh, quai lamenti ! Terribil forza . . Chi, mi spinge 1— Furie Immani, ornai cessate di straziarme . . Che 1 Voi, possenti Numi, sangue ., Muori.* Creusa. T' arresta. Toante. Che fai, Creusa 1 Creusa. Deh ! perdona.— Ma vuoi che nel fraterno sangue lordi 1 . . Ifigenia. Oh qual tremito ! Manco. f Toante. Il pianto imbelle? E gì' importuni lai soffrir non soglio. Le sacre leggi ; i Numi abbian vendetta. Ministri, olà, s' adempia . . Creusa. Ciel! ..Fermate.—* Al pianto deh ! che verso amaro, cedi, Toante. * Piglia il ferro dall' altare. t Le dona il ferro. * Repentinamente si avventa ad Oreste, f Sviene in braccio di Creusa. 24 IFIGENIA TRAGÈDIA Toante. Ma il voler del ciel chi il frange ? Creusa. Tu già mei promettesti di serbarla In vita. Toante. Donde sdegno e ardir cotanto ? Creusa. Con quella man eh' or trucidare agogni, Tu mi giurasti di serbarla in vita, Pria che sposa di te venissi. I patti Rompi or che in pegno mia mano possiedi ? Toante. Rammenta che al consorte parli. Creusa. Santo, Oh ! di consorte fora per me, il nome, S' ei profanar non 1' osa : ma vedermi Debbo su gli occhi trucidare mille E mille giusti, e nullo dir ? Di padre Di consorte, e fratelli ai cari nomi Insensibil è Creusa, ove il consorte, Il padre ed il germano sian infami. Toante. Ma qual parlar inusitato scocchi ? . . Creusa. Ma qual ferocia esce dagli occhi tuoi ? — D' un re lo giuramento è questo. Toante. (Indegna !) Inutilmente garri meco o donna. Creusa. Il petto mio passar tu devi, pria Che del lor sangue rosseggi la scure. In un con essi ornai tronca mia vita : Eccomi : a che s' induggia ? Toante. Traditrice ! Questo è 1' amor che tu mi serbi, ingrata ? . . Creusa. Credi che amar ti possa ? Se copersi L' ira che mi bolliva in petto, appieno Or te la svelo. Se di sposa dava La mano a te, non per tuo merto ; solo Io te la dava, affin che tu sbandisti L' odio che all' infelice amica nutri. Un tiranno chi puote amar? Io, mai. — D' orribil rito, freddi Esecutori ; E non vi move ancora il nostro pianto? . . Che dico ? E quando umanità sentiste In cuor? Invano altero aspetto impone Silenzio a me. Vidi le trame inique Che voi tessete ognor col trono : note Appien mi furo. A che si tarda ?.. Il debbo . ; Toante. Chiudi quel labro. — Irrequieta tremi ? Creusa. Scusa vivi trasporti . . Cedi a mie Preci . . T' invola. Lascia a me la cura . . (Ciel ! Un pugnai? . - T' arresta . .) Toante. Stolto ! Fede In te prestava ? Perfida ! Tradisci : . Creusa. Io? Toante. Si : P incerto tuo parlar mei dice. L' amor in odio, tu, mi svegli — Io stesso . .* Oh ! Ma rosso veder lo devi pria, Fumante uscir dal costei petto. — Fiumi Di sangue ornai, ornai f si versi. — Quale Fragor m' assorda ? — All' armi : all' armi. Scena Tf H Greci, Soldati, Toante. Detti- Cielo Scena Ultima. PILADE, Betti. Toante. Chi me tradisce ? Pilade. I II traditor son io. Toante. Oh rabbia! . . Gronda, il sangue Al fianco vostro Che fan que' brandi ? . . Rabbia ! . - Moro . . Moro Invendicato ! . . Creusa in - . gra . . ta ! [i Creusa. Vista ! Ei spira ! . . Ciel !_Perchè tu 1' uccidesti? " Pilade. D' altra morte morir debbe chi tutti Tradisce, e terror sparge, pianto, e sangue ? * Raccoglie il ferro. t Creusa si framette nel punto che alza il ferro per ferire Ifigenia ancora svenuta fra le sue braccia. Tu- multo de Greci mischiati coi coldati di Toante che s' appressano dalla destra. X Repentinamente viene dalla sinistra ed affer- rando Toante lo ferisce. Il Cade. *■>■•' W'- 1 \j»^ < : » >. ? -^ ,-. ,;•) .)> ;^ 33 > yy>x* 7f>J> SK*^? -< * yySrjs*-* 3 _ > >> ^ >> >>> >> I» > > 3* ) >:> .,>*►> » 5) av > > ■■■"> 5 » a&> > > » ;> >> > ! ))» > » > ■»> ': tt > >'>A, 5^ 3 -). :*m^^ y ' I n^>> > :> >3 i>>:^5 3> >> r> - : Ì5S'Y> » >) >5> ^ 3P ^ ^> o*> 3> ^*> >> '->S">> . JS ^,, » :OT*;jbu- -35l j> ^3^ r 23^ r> wa>^ì ~^st " ) ) ; , , » -» > ra ) » X> > 3 > J V -' ;> X* 2 > » 5 > x> ■> > yy :> 0> > » » » ..> ► » :>:> j > > ? » "■J; » >/i ^> > :» OK> ^1> )ì :«> » «5 ^> 3* 3) " ìr..^ ^»vo 33 *« ?2 LIBRARY OF CONGRESS 0027250 828 8 SSSOBBtL LIBRARY OF CONGRESS mi imi imi il 027 250 828 8