j A 1 »''\- \ 1 Digitized by thè Internet Archive in 2016 https://archive.org/details/storiadellabadia01tost_0 STORIA DELLA RADIA DI MONTE-CASSINO DALL’ ANNO DI SUA FONDAZIONE FINO AI NOSTRI GIORNI. Pag. 55 Pag. lot Pag. loG Pag. io8 Ivi Pag. no E 11 R A T A CORRIGE V. 3o V. 1 V. 12 V. i4 V. 17 V. 27 V. 34 V. i3 V. 16 V.' 34 V. 28 V, 26 — volle intilolala ■ testantur . • . fissis .... . 'T!I(I1)I'ZIU.\K Iiifalli nel primo nascere della Chiesa hirono nomini che si ap|)igliarono a questo consiglio, il numero ’ Padri del deserto se fu utile allaCdiiesa, non rimase sterile verso la grande compagnia degli uomini: imperochè aiutata e (piasi direi nu- tricata la Chiesa dalle virtù di loro, si tenne vigorosa e fiorente pei’ santità, e potette nel quinto secolo (piasi donna locarsi tra le rovine del romano impero c la harharie, recarsi in mano i destini della società, ed avviarla a novella civiltà. Ed appunto in questo tempo per (pieH’(/5cc//,s/7m orien- tale , mantenuti in fer\ore i seguaci di Cristo, la Chiesa con una forza morale combatteva la foi’za materiale de’ harhari , colla santità de’ suoi ministri attraeva su di se lo sguardo di cento popoli, che travolti c rimescolali da (piesta forza, non sapevano se un’assetto di cose cscisse da (pie! disordine; e mostrando loro la propria legislazione , feceli amatori di re- gola e di ordine. 11 Cristianesimo nella Chiesa Romana fu come il nucleo attorno a coi si andarono ricomponendo le generazioni di occidente dissociate, a formare la pn'senti' società cotanto incivilita. A grande opera si posero! ministri della Beligione; e poiché (piesta non era a condursi colle armi e colla forza , AltA STORIA DELLA RADIA 1)1 MOATECASSIAO. Y iTi;i bensì colle convinzioni , che dovevano ingenerarsi negli animi , della santilà della Religione c de’ ministri di lei ; era mestieri , che alcuni fossero nella Chiesa , i ([iiali meno colle parole che colle opere ritraessero quo’ beatissimi tempi apo- stolici. Questi appunto furono in Occidente i monaci di S. Benedetto. Non fu tardo il bene che derivò alla società dalle compagnie di loro. La vista di alcuni nomini che si gittavano dietro le spalle le ricchezze, che volenti se ne privavano ]ier amor di Dio, anziché accresceide colla rapina; che si univano per vincolo di leggi c per fraterna cariti, e che pei- questo godevano della paco , mentre al di fuori delle Badie non era che guerra e turbamento ; fece avvisati i barbari di nulle leggi morali, che nell impcto delle invasioni non ricordavano. Il dispregio delle ricchezze de’ monaci feceli maravigliare, e nella marav iglia cominciò ad apparir loro deforme ed ingiusto l’ accrescimento del proprio coll’ alluni per la forza. La pace de’ chiostri, frullo delle leggi, piacque loro, c cominciarono a chiarirsi, che la prepotenza e la forza come faceva infortunali ([uelli che n’ erano vittime, non faceva sicuri quelli che l’ado- jieravano senza le leggi. In una parola , si raumiliarono qui;’ spiriti selvaggi sotto il giogo della Religione , che loro dolce- mente imponev-a l’esempio de’ monaci. Que’ barbari che ven- nero guastaloi’i di ogni umana c divina cosa , apparvero al tutto rimnlati in altra natura ; entrarono devoti lo cpiele Badie che innanzi avevano abbruciate , e vi adorarono il Dio della pace e della carità; rapitori dello alimi, divennero donatori del proprio a Dio c ai Santi. Così la Religione nei chiostri di S. Benedetto come in sicuro luogo indirizzava i popoli a civiltà. Intanto la Chiesa generalmente, ed in particolare i Pon- tefici, ponendo opera più immediata a fare umani i costumi de’ barbari , riceveva un bel rincalzo dalla santità de’ monaci. Questa fu novella vita che corse per le memhi-a della Chiesa, ed i capi di lei , cioè I Pontefici , perchè confidimli in ipielli eletti drappelli, piìi poderosi alfronlarono la barbarie. In que’ VI INTRODUZIONE tempi gli anatemi non sarebbero valuti ad iiiTrenare la cupidità e la ferocia, ove gli uomini non avessero attinto ne’ chiostri la idea di una santa religione che poneva quelle armi spirituah in mano dei papi. Ma mentre il clero durava nella grande impresa , intese ad un tratto venirgli meno la forza, e combattendo il vizio e l’ignoranza, infermò egli stesso di questi mali, quando per simonia e concubinato invili, e soggiacque alle potestà della terra. Allora i monaci benedettini escirono dai chiostri a sin- golare rimedio non solo della Chiesa , ma bensì della società civile : e fu visto come S. Gregorio Yll S. Pier Damiano S. Pernardo la rilevassero da quello invilimento , la purgassero e la tornassero al governo della civile compagnia. La vita di ({uesti tre stupendi uomini basterebbe solo a chiarire quello che vado affermando de’ monaci. Adunque considerando al grande e benefico ministero esercitato dalla Chiesa nel medio evo , a’ suoi svariati casi , ed all’ alimento di morale virtù che le venne dal monachiSmo , conseguita, che questo è a riguar- dare come principale strumento di che usò la Chiesa a rat- temprare la baldezza di fanciulle generazioni. Ma come, innanzi venissero i monaci ai pubblici negozi, erano stali arricchiti dalle pietose oblazioni de’ barbari con- vertiti alla fede, cosi vennero dappoi onorati delle dignità della Chiesa, perche questa ne aveva mestieri, e perchè voleva rimeritarli de’ servigi di loro. Molti i Papi benedettini, moltis- simi i vescovi ; anzi gli abati per privilegi papali tolti dalla soggezione degli altri vescovi , occuparono nella Chiesa un seggio distinto , e direi che venissero più potenti degli stessi vescovi , essendo essi come baluardo alla potestà dei papi , a tenere in rispetto quella de’ vescovi. Dalle cose anzidelte appare, come il monachiSmo s’avesse avuto un doppio periodo di esistenza , il primo di puro ascc- iismOj il secondo di calda opera; in entrambi benefico alla Chiesa ed ai popoli , in entrambi beneficalo di ricchezze e di onori. Non v’ha dubbio, che la rimunerazione istcssa fu il ALli STOHIA DELLA DADIA DI MDXTELASSIAO,. All germe onde nacque lo scadimento morale del monachiSmo ; ma era una rimunerazione necessaria alla Chiesa ed allo Stalo. 1 popoli barbari di fresco venuti alla fede volevano uno sfogo alla pietà di loro, e l’ebbero in quelle pie largizioni, che frut- tarono allo stato l’incremento della agricoltura operato dai monaci. I.;a Chiesa tribolata dalla simonia e dal concubinato voleva ministri incorrotti , e si fidò tutta ai monaci ; e questi soccorrendo alla Chiesa, si trovarono levati a cima di dignità e di onori. Se adunque i monaci infermarono anche essi di qualche vizio, non è a gridare loro contra cos'i aspranienle come fecero i volteriani che volevano giudicare del medio evo cogli occhi volti al secolo XVIII , contenti di aver fallo ridere con qualche epi granirne Ito. Ma i vizi de’ monaci di quel tempo sono a compiangersi , come le ferite nel (,*orpo di guerriero che fortemente ha combattuto. Peraltro allorché i monaci di S. Benedetto arricchirono, e furono tratti agli onori , e cominciai-ono a dilungarsi dalla prima santità di vita , se furono a compiangersi por qualche vizio, furono anche a lodarsi per molte virili benefiche allo Stato , le quali io trovo in quello appunto , in cui taluni non. trovarono omlira di bene, dico nella feudalità. E perchè non sembri strano il mio avviso , è mestieri volgere la monte alla origine di questa maniera di governo , c vedere come lesse varia ne’ suoi effetti in mano de’ laici e do’ monaci. Considerando alle condizioni dc’barbari che irruppero nel Romano impero, della imizione che fecero, e dei popoli che trovarono nelle terre Invase, è chiaro, la feudalità non essere forma di governo vecchia tra i popoli di tramontana , e jier loro introdotta nel rimanente dell’Europa, ma bensì nata dalle anzidetto condizioni. Da quella logge di natura la quale spinge gli uomini ad una continua mutazione di stato , o che pro- grediscano al bone, o che si accostino al male, sono da de- rivare quelle emigrazioni di popoli , dello quali non di rado parla la storia del genere umano. Tullavolia non sono sempre le stesse lo cagioni immediate, per cui gli uomini si assog- vili IXTRODl'ZIONE geUano a questa costante disposizione della natura ; la quale è inanilcsta si nel trabboccamento de’ barbari nel medio evo , come in qualunque altra trasmigrazione di popolo ; ma quello diirerisce da questa per peculiari cagioni che la produssero. L’accrescimento delle generazioni accrescendo la povertà del suolo che abitavano , spinse alle porte del Romano impero i barbari : non potevano cessarsi perchè erano fiacchi i propul- santi : non potevano fermarsi , perchè le leggi di natura , per cui le famiglie umane debbono rimanersi in quella economia di sito e di numero in che furono locate dal tempo della crea- zione , non si distruggono colle armi e colle battaglie. Io non so quale fosse stato il codice delle leggi , quale la forma del governo di loro ; ma qualunque legge e governo fosse stato , non poteva ])iù esistere quando i popoli barbari erano giunti a quel periodo di loro esistenza , in cui potentemente agitati , c direi quasi incalzati da natura, perdevano ogni attitudine a soggiacere alle leggi umane. Adunque erano ferocissimi e pro- cellosi come il bisogno che sentivano. La natura della invasione doveva essere quella degl’in- vadenti. Quella non era una guerra che i popoli del setten- trione rompevano ai Romani , non era un conquisto cui muovevano , poiché nè di guerra nè di conquisto i sogni appaiono nella irruzione de’ barbari ; non erano principi che conducevano eserciti a dilatare loro stali, ma erano popoli che volevano terra ad abitare. Perciò scomposto il moto, nessuna forza pubblica , tutta forza individuale ; c sebbene uno era lo scopo cui mirava l’intero popolo, vari erano gl’ interessi come era varia la forza di ciascuno. Infatti lostochè occuparono le romane terre , non furono leggi agrarie , ma vi stettero buona pezza ondeggianti e commossi dal primo moto della invasione. I Romani , ed i barbari erano due popoli che trovavansi nello stesso periodo di esistenza: entrambi lontani da civiltà, rimo per troppa giovinezza, l’altro per decrepitezza, rimo fe- roce , r altro corrotto: ma la ferocia ed il coirompimenlo li ALLA STORIA DELLA RADIA DI MOATECASSINO. IX faceva simili in quanto al punto donde erano per muovere a tendere a morale e civile perfezione. Laonde se è sempre mutazione tra gli uomini, e se v’ha un limite nelle cose delle nazioni di estrema elevazione e di estremo abbassamento , e barbari e Romani , poiché avevano toccato il periodo ultimo del morale abbassamento, dovevano offerire in se stessi i segni di una natura invilita, ma che tende a perfezionarsi. Ma quale de’ due popoli doveva primo muovere all’ immegliamento morale, e fare il primo passo verso la ricomposizione civile? I Barbari : poiché oltre che popolo vergine sia piìi robusto al progresso , di quello che sia popolo coi-rotto e vecchissimo , che era venuto in basso dopo avere attinta la cima di ogni civiltà , ne troviamo la cagione ne’ bisogni che provava il pri- mo dopo avere occupate le terre del Romano impero. Sebbene, come fu detto , i barbari fossero venuti alla sbrigliata ad oc- cupare l’altrui, tuttavolta non potevano durare nelle stesse condizioni di scompigbo e di disordine , per conservare l’ oc- cupato. Erano domi ed oppressi i Romani, ma rilullaiiti ; c se essi barbari irruppero nell’impero , altri barbari vi potevano irrompere, e spostarli : da ciò nacque il bisogno di tutelare il proprio. E poiché non era unità , ed erano dissociali per di- fetto di pubblica forza, la forza individuale fu quella clic con- sigliò la forma di governo da scegliersi ; c (piindi i plìi forti c valorosi uomini furono i capi, perché piò acconci al bisogno. Intorno a costoro si assembrò il popolo, ad essi prestò servigio a premio della difesa che prendevano di loro ; e sebbene fosse unità di capo nel popolo , non fu unità di assembramento , per la moltitudine de’ capi , i quali se dolxili ci-auo , dipende- >ano dalla comune autorità , se forti ribellavano , e perciò erano sempre pericolosi nemici della civile armonia : c questi erano i signori feudali. La feudalità in sul nascere fruttò un doppio bene, l’assembramento degli uomini sgominati c di- spersi , ed un’ impedimento ad una stemperala monarebia ; adunque fu un germe di futuro incivilimento. Allorché Carlo Magno venne a togliere ai Longobardi \ INTRODUZIONE ritalia, trovò in questa tali germi di civiltà, e non li distrusse; anzi conservò ed accrebbe i feudi ; conservolli , perchè non poteva far corpo vastissima signoria senza di loro , accrebbeli per conservar questa. Imperocché rese i Papi signori di beni temporali , onde , come l’ ebbero aiutato a salire sul trono de’ Longobardi, fossero guardiani del suo conquisto. Donò feudi ai Vescovi ed agli Abati, perchè questi gratificati dall’ impero, all’ impero più strettamente si unissero , e lo guarentissero da coloro che non per favore ma per conquisto tenevano i feudi. Ora avendo considerato come la feudalità fosse stato aspro ma necessario mezzo di civiltà nell’assembrare che fece i bar- bari, e nell’ avere impedito una universale monarchia , e me- stieri che la riguardiamo in mano dei cherici, e specialmente degli abati benedettini , per conoscere come questo elemento civilizzatore abbia acquistato una maggiore energia ed uno più ampio sviluppo. Se la Chiesa, e massime le congregazione dei monaci prime avviarono i barbari a civiltà , è chiaro , che quanto maggiori , e più immediate fossero state le relazioni della Chiesa colla grande società , tanto più subito e certo sarebbe stato queir avviamento ; e perciò i feudi ecclesiastici ponendo ad uno più immediato contatto la Chiesa coi popoli , conse- guitava verso (h questi un bene maggiore. L’apostolico vivere dei primi monaci congregati mise ne’ barbari riverenza ed amore di composta società. Questo era esempio di ben fare cui si accostavano per solo conforto di religione ; e perciò questa era il solo legame che univa il bene del monachiSmo col male della barbarie : ma era debole , e sarebbesi rotto af- fievolendosi il sentimento religioso ne’ cuori di uomini di fresco convertiti alla fede. Era dunque necessario im’ altro vincolo non morale, ma materiale, non variabile ma fermato dalle leggi , e questo fu il vassallaggio che alcuni uomini co- minciarono a prestare alle Badie. Costoro erano nelle stesse condizioni in cui versavano i soggetti a signore laicale , ma i ALLA STORIA DELLA BADIA DI MONTECASSINO. XI buoni effetti della feudalità si moltiplicavano , ed erano più reali verso di loro. L’ isolamento , ossia il terminare i diritti del popolo In quelli del signore , e perciò la distruzione di ogni pubblico diritto era ciò che rendeva di ferro il giogo feudale, e in mano del laico e in mano degli Abati. Tuttavolla se i vassalli badiali non godevano di un pubblico diritto, almeno non ignoravano qual fosse : essi ne toglievano la notizia dalFislesso signore di loro, il quale era una piccola società rappresentala e governata da un’ Abate , cui correva l’ obldigo di una reddizione di ragione ai monaci che moderava. Questa era una conoscenza la quale sebbene rimaneva sterile nel presente , tuttavia frut- tava a poco a poco nelle menti il pensiero di associarsi qual- mente erano assembrate quelle compagnie monastiche : ed è pur vero che questa notizia non poteva attignersi, come nelle Badie , nelle rocche baronali , in cui uno era il signore e di sfrenato talento. Conseguitava ancora un bene presente. Ai primi monaci di S. Benedetto era imposto l’ obbligo del lavor manuale, e lo esercitarono coltivando la terra. Venuti signori, a qiiesto ufficio deputarono i vassalli ; e bene seppero indiriz- zarli in quelle pacifiche opere, che rammollivano gli animi, e disvezzavali dal sangue e dalla rapina : e non si tennero al solo deputarli alla gleba, ma li affamigllarono in colonie, per averne opera più efficace e duratura. Ora se è vero , che ci- viltà non può essere nella dispersione ma nella congregazione degli uomini , quelle terre e castella che sorsero attorno alle Badie sono argomento chiarissimo del mollo bene derivato da queste su i popoli per la esercitata feudalità. Al contrario il signore laico irrequieto di spiriti , ambizioso , uso ad avvan- Uiggiare se stesso colla spada, cupido de’ frutti della guerra, non conosceva quelli deiragrlcoltura, e perciò questo l'imcdio della feudalità nelle mani di lui diveniva meno salubre ai soggetti. Queste poche cose discorse del monachiSmo in occidente, panni che portino a queste conseguenze , cioè : i monaei nel Ili INTRODl'ZIOXE medio evo avere esercitalo im salutevole ministero nella società ed averlo compiuto nel doppio periodo di esistenza , di asce- tismo e di aperosilà ; per onori c ricchezze stemperati , non avere fallito alla missione che loro conQdò la Provvidenza d’immegliare Tumana razza. 1 veri studiosi della storia del medio evo , non parlo di romanzieri e di poeti , sono appunto coloro , che studiano al progredire che fanno le presenti generazioni nella via della civiltà. Costoro per agevolarne il corso, vanno a cercare dopo la caduta del Romano impero d onde j>i’esero le prime mosse, quale la mo , secondo la sentenza di molti, o perciò era papa Simplicio, ed Odoacre signore d’Italia (i). Come costui fu al- (pianto proceduto negli anni , i ])arenti lo menarono in Roma per farlo educare alle lettere. Ivi stanziò il giovanetto incon- taminato da’ vizi ; e dopo alcun tempo preso da timore di jioii poterla durare bene in mezzo a molti che vivevano assai ma- lamente , e dal fastidio dello umane coso , divisò fuggirsene dalla casa del padre all’ insaputa di tutti, e menar vita eremi- tica in lontano e sconosciuto paese. Prese la volta del Lazio, e ^ enne nella regione detta Campagna Romana , o senza sa- pere del luogo ove andasse a posai'e, vagava tra i monti Sim- bniini presso Subiaco. E per caso si abbattette in un monaco che aveva nome Romano, al quale il giovanetto apri l’ animo suo : gli disse della sua fuga e del suo divisamento di voler essere tutto cosa di Dio in quelle desertissime lande , pregan- dolo da ultimo a non manifestare ad alcuno il suo proponi- mento. Romano piacipiesi della pietà di lui, e racconfortatolo d’ogni santa parola , lo vesti dell’abito della santa conversa- zione, che in que’ tempi suonava abito da monaco { 2 ). Chiaritosi per questo, Iddio benedire ai suoi divisamenti, niisesi a salire il monte che sovrasta la città di Subiaco , c trovatovi una spelonca, vi discese avivere gioiaii di penitenza. Solo Romano sapeva della sua dimora , il (piale gli veniva i-ecando di tanto in tanto pochissima vittuaglia. Avvenne un gioi’iio che ei fosse veduto da alcuni man- driani , i quali a prima vista credettero , lui essei-e una helva, ma poi fattiglisi dappresso , e fermatisi ad ascoltarlo , tale' e tanta fu la dolcezza e la santità delle parole con cui il giovami romita li andò ammaestrando delle cose di Dio , che noii no- ni), ma angelo di Paradiso il credettero. Cos'i il nome di lui (.) Mahill. All. OrJ. S. 15. (2) S. Grog. Uial. lib. 2. * i STOIÌIA DELIA IMIÌlA DI AIOA'TE-CAS’SIAO (‘oniiiiclò a spaiuK'rsi pi'l \iciiio paose , in lauto , che inorlo l’ahale di un inonislero che non ei’a lontano dalla sua grolla, i monaci vennero in comune sentenza di sceglierlo a loro abate, e lo vennero ])i'egando, che voh'sse accellare cpiell’ uf- ficio. L’uomo di Dio, perchè ahhoi’riva dagli onori, o pei’chè sapeva che que’ monaci non erano buona cosa , rllultante e di malissima voglia si arrese ai preganti, lobo il governo di elulaule j)e’ suoi mauaci , fermò parlirsene co’ suoi più caia discepoli, tra i (piali Mauro (* biMcido. Adunque lasciali i dodici monasteri chi' per [>arecchi anni fi STiiniA DKLLA ilAilìA U1 M(l.\'TE-llASSi.\'(l obbe giivomali, venne nella Campania iilla leiTa di Casino, a lei-marvi sua stanza. Perchè egli appunto a (juesta regione indirizzasse il cammino , e lermassesi in (piella tei-ra , non trovo nelle antiche scritture. Marco poeta discej)olo del Santo, e Paolo Diacono lasciarono scritto, che due Angeli lo avessero scorto in quello parti: ma nulla di (piesto S. Civgorio; perciò jui è dato congetturare. Leggesi in una Polla di Papa Zaccaria emanata a lavoro dei Cassijiesi (i), come la Padia ili Monte Cassino fosse sorta nel patrimonio di Tcrtullo ( in nolo Terlul- li ) : perciò credo, che quando il patrizio condusse il figHuolo al Santo, lui facesse devota oblazione del Monte-Cassino, e sturl)ato dallo disoneste persecuzioni di Florenzio , ditllato venisse a quello , come a luogo che già gli apparteneva per donazione di Tertullo. Era in quella terra popolo invilito ed alfranto da sciagui’e per guei’i’e e forestiere devastazioni : doloravano i corpi, infermavano le anime por un avanzo di gentilesimo, che rincacciato dagl’imperiali decreti, tra di loro era esercitato con riti e cirimonie. Tempio era alla vetta del monte che sovrastava alla terra ; adoravasi Appallo ; la moj’i- dionale cresta imboschiva di vecchie piante , in mezzo alle quali soi-geva un’ara sacra a Venere. Nè è a stupire che verso il ventesimo anno del sosto secolo io parli di j)aganesimo in luogo tanto vicino a lloma : conciossiachè la guerra rotta al politeismo da Costantino c da’ suoi successori, se chiamò alfa- porto il cristianesimo e ne favorì la propagazione , non valse a disvezzare dei tutto i j)opoli dal gentilesimo. Specialmente lloma, che aveva congiunte al paganesimo le memorie della passata gloria, e la ipiale era stata provocata a dispetto dal primo imperadore cristiano, con toglierle la sedia delfimjiero; molto lungamente riluttò a togliere che che sapesse di paga- nesimo. Sicché (piando llatgaiso v inceva , ed Alarico assog- gettava lloma, pubblico ragionai'c facevasi, (pici mali venire dagli Iddii di Numa messi in non cale. Se aduiupie la ojiiuione (i) Vedi i Docimi, Dell, di Zacc. MM) DXWill. 1 del popolo l’oniano lermava la caduta del paganesimo, ferma- vasi anche dai Casinati , che mali anche sotfrivano , e di me- morie di passata grandezza non mancavano, (i) Terra fu nominata Gasino nel sesto secolo , ma in tempi più remoti fu città di hen’altro splendore. La sua denomina- zione veniva da voce Osca Cascum che suona vecchio ; c nominandosi grecamente , giova argomentare , prima della caduta di Troja essere stata ; poiché le greche voci finirono in questa parte d’Italia, quando Enea ebbe morto Latino re degli Ahorigini , e dal nome di lui Latini volle adidiinandati quo’ popoli, e della favella di loro, volle, usassesi nella con- quistata regione. Osci abitarono Gasino , poi Volsci , indi Sanniti, e finalmente i Romani la dominarono. Nell’anno dalla fondazione di Roma vi fu mandata una colonia di Ro- mani ; ed allora erebhe in isplendore di edilìzi, in frequenza di cittadini: o per molto e decoroso niaestrato, per amplissimo ordine di sacerdoti , per tempio teatro ed anfiteatro molte italiche città avanzò. In ]>rosieguo di tempo fu dichiarata municipio: e teniicsi in piedi lino a quel fatale trahboccamento di bai’bari. Gerto , che non si rimase in jiacc al i-ipetuto soq- ipiadro patito da Roma per Genserico c Ricimero negli anni 4.53 e 4.72: siccome la furia de’ guastatori trasandò il Tevere, fu anche guasta Gasino e andò in basso. Gonio ruomo di Dio fu giunto in questo paese, misesi a dare una volta pel monte , 0 vedendo come i terrazzani durassero ancora nelle tenebre ilella idolatria , preso d’ un santo sdegno , poso mano a crollare il tempio di Appollo ed abbruciare il bosco di Venere. Tolto ralinionto al matto culto, con tutta raniina intese alla conversione di (pici popolo al vero Dio con incessanti predicazioni. Spianata cosi la via, aiutalo dai discepoli, e forse dai nuovi credenli, sulla cima del monte ove era il tempio di Apollo fece alzare una chiesiuola che sacrò a S. Gio : Battista, e che oggi è appunto la Basilica (i) Vedi Dociiin. A. s STORIA DELLA RADIA DI MONTE- CASSINO Cassiiiose , od un altro oratorio a S. Martino di Tonrs. Poi cominciò a curare Tabilazione pe’snoi discepoli, che dapprima non fu altro che una torre , come piu sicura a starvi , e gua- rentirsi dalle scoi-reric del l>arhari. Tali furono i principi della Jhulia di Monte-Cassino, (i) Accrescendosi un dì piìi che l’altro il numero dei disce- poli , e con essi la santità dei costumi e la fratcllevole carità, cadde in animo al pio abate perpetuare e fermare con leggi (piclla compagnia che rendeva si bei frutti di virtù. Misesi alla scrittura di una nuova Regola ; e sebbene molte ne avessei’o scritte in Oriente ed in Occidente, egli non volle usarne, forse perchè le orientali fatte per uomini assai dediti ad un mistico ascetismo, ci-edesse poco convenirsi a suoi monaci 5 le occi- dentali perchè poco adatte ad uomini operosi. Egli con molto accorgimento , ed è a credere , che si avesse avuto peculiare assistenza di Dio, temperò talmente i canoni che scrisse, che gli osservanti di questi so ne stessero sempre con Dio, e dalla contemplazione di lui, loro venisse un forte amore de’ loro slmili, e desiderio di giovarli. Volle distratti gli animi dalle cose terreno, e curanti solo le celesti, perciò penitenti; e siccome è massimo sagrifizio lo infrenare il proprio talento, prepose un abate alla congregazione de’ monaci , per cui potesse esercitarsi obbedienza. A questo fidò sua Regola come a primo osservatore espositore e conservatore di ([nella : im- perciocché le leggi non sono centro ove le menti convengano al ])eu fare , ma mezzo a venirvi ; e nella suprema pot(}stà è come il nodo donde dipartono le relazioni di comando e di soggezione. Perchè poi queste per umano vizio non si scpiili- hrassero, pensò a temperamento. « (Quantunque volle, cosi (( egli, grave negozio è da trattarsi nel monastero , l’ abate (C chiami a [variamento lutl;i la congregazione, ed es|)onga la (( cosa da deliberarsi Io dissi, dov(!rsi assembrar tulli, (( poiché S()csso il Signori' a giovani menti maturi consigli (.) Vedi Due. B. ANSO CCCCLXXX. 9 (( rivela TiiUavoUa i fratelli tlicano loro sentenza con (( umile soggezione ». E conchiude. « Laonde (juanli sono (( la Regola , che è a tutti maestra , seguano , e nissuno da (( questa presumente trasvada ». Ma perchè i capi non si traessero dallobbllgo delle convocazioni , togliendo rilievo ai negozi , e perciò la necessità alle comuni deliberazioni , sog- giunge. (( i^e poi siano a trattarsi meno gravi negozi, che (( anche mirano a vantaggiare il monastero , l’abate usi de! (( consiglio de’ seniori, trovando scritto: Opera tutto con con- (( sigilo, c del fatto non avrai a pentirti ». Dell’orazione, del cibo, del lavoro, degl’ infermi, degli ospiti, e di tutto quello chi; riguardava la disciplina sapientemente discorre, con grande temperanza e carità. Bello è ciò che dice della preghiera. (( Abbiamo por fermo, non per molto parlare, ma per purezza « del cuore, e per compungimenlo delle lagrime Dio ascol- (( tarcl. Laonde breve e pura è mestieri che sia la jiregbiera, « salvo che non la faccia prolissa ispirazione di divina grazia, (c La orazione comune sia brieve : e dato il segno dal Priore (( tutti si levino ad un tempo ». DI cibo e di lievanda dava ai suoi monaci tanto quanto non facesse balda la carne , e la carjie sulllcientemente aiutasse : in una parola tutto sapienle- jnente dispose a condurre a salute uojiiini infermi di umanità, e non angeli. In questo aureo volume della Regola troviamo quale fosse la interna ordinazione della Badia, quale la vita che menassej-o que’ primi Cassinesi. Le porte del monastero orano aperto ad ogni sorta di uomini volenterosi di l>ene : non guardavasi ;ul età od a rango, erano tutti uguali agli occhi di quel legislatore. Dappoi In alcuni monasteri si vollero monaci patrizi ; ma S. Benedetto non li volle. Tutta la congregazione dividevasl in Ire compagnie, dei fanciulli, de’ novizi e de’professi. I lanciulli erano coloro che da’parenti venivano offerti a Dio, e Un dalla piK'rizia si consagravano a lui per la vita monastica. 1 novizi ciano (pielli che si mettevano a prov;i per conoscere della loro \ocazione, innanzi si votassero a Dio. I pi'ofessi erano i veri Ili STURI A UBILA UAlllA U1 MUNTE- CASSINO monaci che avevano volalo caslilà poverlà ecl uhbidienzii ; ma i voli non erano solenni ossia perpelui ; dappoi si per- peluarono, e perciò divennero insolubili. Cosloro veslivano una Ionica ed una cuculia che slringevaiio ai lombi con una cinlura, e nei lavori del giorno sovrap]X)nevano uno scapo- lai-e , ossia cerla roba che dalle spalle scendeva per gli omeri c pel pello ; e di queslo usavano a curare la mondezza delle vesti. Queste erano di nessun pregio e varie di colori, perche del colore S. Benedetto volle che i monaci non si prendessero pensiero. Purtultavia cjuando per alcun negozio questi esci- vano di monastero , indossavano una veste meno povera per non dar vista troppo singolare ai secolari. Tutti erano laici, e coloro che provatissimi di virtù erano daUabale deputali al sacerdozio, avevano raso il capo in guisa che quella tonsura rendeva vista di corona. Si levavano la notte alle salmodie : le altre ore notturne passavano leggendo sacri libri e medi- tando ; al rompere del giorno tornavano a salmeggiare , poi si pono\ano al lavor delle mani, cioè, a coltivare la terra, a raccoglierne i frutti ed a rifiorirla ; chiudevano il giorno colle consuete salmodie. Sedevano a mensa comune : due pulmenti colli ossia vi- vande mangiavano, e alcune volte loro so ne concedeva un’al- tra. Bevevano vino: si astenevano dalla carne de’ quadrupedi; però ne mangiavano grinlèrmi: non era logge sulla quantità delle vivande; lacevalo più abbondante il lavoro più prolungalo od altra cagione a talento dell’abate. Dormivano vestili in [)ecidiari letti, ne’ quali non era cosa che accennasse a trojipa comodità de’ giacenti , ma neppure a singolare rigore. Sulli- cienle il sonno della notte , e quello del giorno nella stato. Nulla avevano di proprio, tutto comune, ma anche di nulla di fetta vano, essendo tale la provvidente carità de’ capi, che i bisogni c lo inchieste erano prevenuto. Non si chiamavano d’altro nome che con quello di Fratello, e i seniori. Padri, Signore e Padre l’Ahale addimandavano. 1^’ infermo e l’ospile era tenuto come cosa di Dio , anzi Cristo istesso curavasi ed m[] tìxxxii. Il aocogiicvasi nella persona eli loro. Se goilessero paco, e ren- dessero IrnUi di buone opere <(ue’ primi monaci in si bella ordinazione d’ogni loro cosa, non è a dire. Ma se era tanta copia di argomenti alla santilieazione de’ cuori, non è a credere clic le menti torpissero, e non vi Tosse il come coltivarle con qualche disciplina di lettere o di arti. Va era nel monastero una libreria, donde i monaci toglievano i codici e no facevano pubblica e privata lettura dopo la refe- zione della sera. E nel tempo della quaresima correva obbligo di leggere tutti i codici (i) : lo che, se mostra la pochezza di questi , tuttavia ne cbiarisce che ponevasi alcuna opera nello studio dei libri c nel copiarli per mollipliearne gli esemplari. Infatti troviamo nella Regola che i monaci avevano il neces- sario a scrivere , come lo stile c lo tavolette (graphium et iabulce). Leggesi anche in quella un capitolo che riguarda gli arlelici , ossia monaci , che, volente FAbate, esercitavano alcun’ arte ; c le manifatture di loro si usavano a comodo comune, oppm’o si portavano a vendere a scarso prezzo, per cessare il vizio dell’avarizia, c perchè ne venisse gloria a Dio dai secolari. Così questa compagnia di monaci sicura e guar- data da Religione, che leggevano, coltivavano la terra , eser- citavano le arti in mezzo alla grande società che scomponevasi per barbarie, preparava il germe della futura civiltà e ricom- posizione de’ popoli. Narrammo come Tertullo avesse offerto al Santo un suo figliuolo di nome Placido : colui risaputo del felice andare ili ogni cosa nel monastero Cassinese, mosse di Roma con Equizio, Gordiano, Vitaliano, e que’due famosi Simmaco e Roezio, e trasse a Monte-Cassino a rivedere il suo figlio (532), a visitare quella congregazione di monaci, che sotto tanto maestro ren- deva immagine di Paradiso. A testimoniare la sua devozione al Santo, gli donò dodici corti ossia poderi in Sicilia, (2) c questa ( 1 ) tU'g. S. 15. Gap. .i8. ( 4 ) Leo Osi. Cu[). I. Goni. Vita S. Plac, 12 STIIKIA DELLA BADIA DI MONTE -CASSI Ad donazione conlldò ad una scrittura di cui avanza copia ( t ) fatta nel secolo X, ed In cui leggonsi i nomi di Simmaco e di lioezio. A curare queste terre spedi poi S. Benedetto il disce- polo Placido, il quale, levato un monastero presso Messina, propagò r ordine Benedettino in Sicilia ; e poi per mano di Saraceni venuti di Spagiva fu ucciso con Flavia sorella , con Yillorino ed altri in odio della fede. Secondo l’ opinione di alcuni il buon patrizio Tcrtullo fini i suoi giorni nella Badia Cassinese nel di i4 di Luglio dell’ anno 536, e fu seppellito innanzi la porta del refettorio ( 2 ). Certo è che la memoria di Ini come di singolare benefattore non è caduta dairanimo dei Cassinesi; e da ifuattordici secoli con solenne annuale pregano ri'ipiie alfanima di lui. E por testimoniare ai posteri la cono- scenza pia- le pietose donazioni , gli levarono una statua nell’ atrio della Basilica nello scorso secolo. Era pace in quella beata Badia , ma guerra al di fuori die disei-tava il bellissimo paese. Goti e Greci vi condvattevano, (‘(I ei-a molta rovina ; perchè Totila re di quelli era forte bat- lagliem , e spesso usava da barbaro della vittoi’ia. Costui venendo di Toscana in questa parte cistibeiina con poderoso esercito, (54-2) e udito della santità dell’alxite del monastero Cassinese, volle chiarirsene, saggiando se avesse o nò spirito di pi'ofezia. Fece vestire alla reale un suo scudiero di nome Biggo, e con molto seguito, come se vero re fosse, lo mandò ;h 1 inchinare il Santo, per certificarsi so per supei-no lume potesse in ipielle vesti mentite discernere il servo dal padi'one. Ma come rnonio di Dio l’ebbe alllsato da lungi, gli gridò contra (( Togliti quella roba, o figlinolo, che non è tua. » Colui maravigliò di quello scoprimento che non poteva fai'si da altro che da un profeta, ristette tutto confuso, e non osò ajipi-essar- glisi ; ma tornò su i suoi passi a rapportar al re l’avvi'uuto. Allora Totila certificato della santità di Beneiletto , venne a (A Vnl. Doc. C. (i) Burmun. Tius. Aiiliq. Voi. 22 coliim. 54- .WNO DXIII. 13 \isilarlo; o vorgn£;nando del lallo, riverente gli si giltò ai j)iecli come a chiederlo di perdono. Il Santo lo levò con molta dolcezza di modi: poi ripensando al molto sangue che spargeva quel conquistatore , ed ai mali che pativa Italia pei‘ lui , tolse lihei-amenle a dirgli : che rallemprasse le ire della guerra ; non infuriasse contro l’ infelice paese; raumiliasse gli spiriti : conquisterehhe Roma ; varcherehhc il mare ; a capo di dieci anni perderebbe c regno e vita. Queste parole graudemenle (‘ommossero l’ animo del re , che riputandole come delle da Dio, nmdmentc pregò il Santo , che lo raccomandasse a lui, e si partì, (i) La predizione si verificò a capello; e Tolda andò |)oi cosi raltenuto e pietoso verso i vinti, che non che harhai’o, ma neppur nemico lo provarono i Napolitani quando vennero in sua balia ( 2 ). Con questo fatto il santo abate dava a’suoi monaci nn bel documento di patria carità, quasi esortandoli a non chiudere l’animo alle calamità della patria, ma polendo, a questa soccorrere. Vivendo ancora il Santo, l’Ordine di lui cominciò a pro- pagarsi in più lontani paesi. Accennai della deputazione di S. Placido in Sicilia, e de’ monasteri per sua cura fondati in quell’isola. Oltre a questi fu a petizione di certo uomo devoto levalo un altro monastero presso Terracina che andai’ono ad abitare alcuni discepoli del Santo (3). Mentre a questo godeva l’ animo per la propagazione della Regola, Iddio gli rivelò, come, scorsi quaranfanni dalla sua morte sarebbe stato messo a soqquadro (pici caro monastero di ìMonle - Cassino , in cui aveva posto tutto il cuor suo. Avvenne nn giorno , che un Tcoproho, essendosi fatto alla celletta di lui, lo trovò tutto traugosciato e amaramente lamentando : maravigliò colui , non ne sapendo la cagione, ma richiestala. « Ahimè ! rispose (( il Santo, veri’à tempo in cui tutto questo monastero, fiorente (( come il vedi, ed ogni altra cosa che ho fatto pe’miei fratelli, ( 1 ) S. Greg. DIalog. lib. 2 . ( 2 ) Procop. lib. 111. De bello Gol. (3) Leo. Osi. Il STORIA OEUA DADIA 01 AIOXTE- CASSILO (( V(‘rrà (lalo in hnlin do’ barbari o disIrnUo ; solo ni’obbi da (( Dio salva la^ila do’ monaci. Vodroino conio in prosii'^no av^onisso il la^riniovolo caso lalo conio l’ebbo prodoUo. TAIa Dio collo lomporargli qnolFainarozza elio gli iniso in animo la provoggonzadoll’avvoniro, con prcsonle consolazione. Krasi sparsa in Francia la lama di Monle- Cassino , o della nuova Kogola olio mirabilmcnlo condneova gli spirili a porfo- ziono ovangelioa. Por la qnal cosa ad Innocenzo vescovo di lAIans proso vaghezza di avero nella sua diocesi i monaci di S. Iloiu'doUo ; 0 a lalo uopo spedi Flodogario arcidiacono della sua chiesa ed Ardoralo Visconlc in Monte-Cassino. (o4-^) T quali come furono ginnli, si misero caldamcnle a pregare il Santo, che loro concedesse menare in Francia monaci prova- tissimi del suo monastero , avendo già il vescovo Innocenzo deslinalo una terra, ove potessero costruire una badia. L’uomo di Dio coiiseiilì con allegro animo a quo’ preganti , ed elesse alenili de’suoi monaci, cui deputò abate Mauro, che in giovane età era assai maturo di senno e di pietà, o loro comandò, che seguissero i legali di Mans , ed intendessero alla propaga- zione deir Ordine in Francia. Ma come tra i monaci si fu sparsa la voce di quella delezione e partenza di alcuni fratelli, vi fu un santo accorarsi , e un lamentare quella separazione, essendo qne’ congregali strettamente eongiunti in Cristo per carità. Della qual cosa avvedutosi il Santo, e dolorando anche egli, poiché di singolare amore amava lAIauro, avendolo avuto fanciullo a condurlo nella via della perfezione ; convocò i monaci , e come grave negozio era quello smembramento di congregazione , lo espose ; e con queste parole andava gli anipiii racconsolando. « Se vi ha alcuno coi debba tornar dura « ed acerba la di|)arlila di costoro, o dilettissimi fratelli e (( figliuoli miei, io sono quel desso: poiché non patisco solo (( il separarmi da cari figliuoli, ma anche, il perdere conforlo (.( o\e le presenti condizioni me ne fanno piò bisognoso. Ma « voi é pur gran tempo che siete istruiti di (pie’ documenti di (( carità, che alle proprie comodità le altrui piaqim're comanda. T * rf' . • ■ •* a- è fi .. ^ » Maui’( e I coiiipaoin si mistro g-moccliioni ; e l’ Uomo di 1)k benedicendoli , li artomulava nel Signore ANNO DXllI. la (( Dell! non vof^lialo andare in lagrime : io vi cerlilieo, che (( Iddio sopperii-à a (piedi i (piali come perdali piangcle. Nè (c poi v’ accori il perdere la personale presenza di coloi'o dai (( (piali lontananza di luogo non vi dissocierà, ove starà saldo (( il vincolo di carità. E voi ( volto ai deputati per Francia ) (( cui Iddio a santo ministero destina , levate gli animi , e (( durate nel tolto proposto di santa religione, che quanto più (( aspre cose patirete per Cristo, tanto piìi splendido guiderdo- e no vi aspetta. Del rimanente henchè moi-lo verrà fra poco a (c separare anche me da voi, tutlavolta non cadete di s|)irilo: « io allora, deposta questa travagliata carne, Dio concedente, « pili d’accosto aiutatore e più che padre sarovvi ». Gii) dello, rolli grindugi , Mauro e i compagni si misero ginocchioni, e ruomo di Dio hencdicendoli, li accomiatava nel Signore; poi levatisi , ahl)racci areno e baciarono gli altri fratelli, e con in mano il santo volume della Regola si dipartirono, (i) Dopo vari casi, essendo morto il vescovo Innocenzo, Mauro cogli altri monaci si fermarono presso Angiò , ove in una terra della Glannafolio, che loro donò un certo Floro, fondarono il monastero Glannafoliense , che poi restò sempre suggello a Monte-Cassino. Gmne si propagasse da quella Badia in Francia l’Ordine Renedellino trovasi nel Mahillon ed in altri, e come quello in prosieguo, e specialmente nel XVII e XVIIl secolo meritasse bene della Chiesa e delle lettere, non è alcuno che lo ignori. Da questo amore alla vita monastica furono prese anche le donne ; e ne faceva testimonianza in que’ tempi la sorella del Santo di nome Scolastica, la quale erasi ridotta con alcune altre in separato luogo nella valle che soggiace al ]\lonte-Cas- sino , e non molto lontano da questo. Se veramente costei menasse vita monastica non sappiamo; certo che era tutta in- tenta ad opere di pietà, ed un’anlichissima tradizione porla, che la casa o monastero della Santa fosse in quel luogo della valle, (i) Acla SS. OrJ. S. B. Tom li. Fausl. Vita S. Mauri. ir. STORIA DELIA BADIA DI MONTE -CASSILO elio in romolissiino lenipo, come oggi, in chiamato Piiimarola. Usava ima M.lla laimo questa divota femmina venire in certo luogo a piè del monte verso ponente , ove incontravala il fra- tello, e s’intrattenevano in santi discorsi , da quali veniva ad entrambi nn maggiore accendimento di animo per le cose celesti , e fastidio delle terrene. Quali dolcezze di paradiso as- saporassero que’due cuori fraterni in que’ colloqui addimostri) Scolastica. Erasene stata tutto un giorno col santo fratello piamente ragionando di Dio, e ad ora ad ora salmeggiando : già annottava , e come usavano , fatta la refezione della sera, l’uomo di Dio prendeva commiato da lei per tornare al mona- stero. Nla quella: Non te ne partire, o fratei mio, statti meco tutta questa notte a discorrere de’gaudi celestiali fino a giorno — E quegli — Che è mai questo che mi dici , o sorella? non posso a venni patto rimanermene fuori di monastero — Ma non (piietata pel niego , la santa femmina sulle mani conserte chinò il capo , e fece a Dio una preghiera, per cui da sereno che era il cielo , annugolò lutto , e si mise una cosi furiosa tempesta, che al Santo era impossibile l’andata. E poi ad un chinare o levare di capo che faceva colei , posava o infuriava il mal tempo. Nel qual fatto il Santo si chiari della volontà di Dio, che accoglieva cosi bene le preghiere di lei, e si acconciò a restare con essa , dicendole — Che Dio tei perdoni : che è mai ipiesto che mi fai ? — E quella — Io ti ho pregato , e mi negasti ascolto ; ho pregalo il Dio mio , e mi ascoltò : ora vattene sei puoi. Quel desidei-io di più prolungati colloqui forse veniva da certo presentimento della vicina sua morte. Infatti scorsi appena tre giorni da que’ santi abboccamenti, standosi ruom di Dio nella sua cellelta , Iddio gli dette a vedere Tanima della morta sorella , che sotto forma di bianchissima colomba prendeva il volo al Cielo. Per la quale visione certificato della gloria a cui saliva l’amatissima sorella, andò tutto in lagrime di con- tentezza , e con salmi ed inni ne riferì grazie a Dio. Poi fatti consapevoli i discepoli della morte di lei , comandò loro , che m\) iixui. li aialassero a proiutonie il corpo , e glie lo poi’lassoro , peivliè voleva i-i porlo nel sepolcro che colle proprie mani aveva scavalo per se. Cosi fu Tallo ; ed avvenne, che qne’due i quali vivenli ehhero sempre iinilo lo spirilo in Dio , morti , non iscompa- gnassero i corpi per comune sepolcro, (i) (54.4) Correva ranno in cui era per uscire di vita il Santo aliate, e poiché aveva avuto da Dio contezza del giorno di sua morte, lo .significò ad alcuni suoi discepoli presenti e ad altri lontani. Tacendo ipicsli avvisali del suo trapasso per certo segno che avrehhei’o veduto. Ed un giorno, sano e non punto cagio- nevole , comandò ai monaci che gli aprissero il sepolcro , che molto innanzi si aveva pi’eparato. Come l’ehhe visto scoper- chiato , gli si mise una Tehhre ardente che in sei giorni lo condusse all’ estremo della vita. Allora raccolto nelle braccia de’ cari discepoli, si Te portare nella chiesa ; prese a viatico delTelei’nità il corpo od il sangue di Cristo sotto la doppia specie, 0 sorretto da que’suoi figliuoli, distese lo braccia verso il Cielo , e colla preghiera sul labbro rese l’anima a Dio nell’ oi-alorio di S. Ciò : Battista, che era la chiesa della Badia. [ monaci seppellirono il corpo di lui accanto a quello di S.“’ Scolastica , ove per tulli i secoli che seguirono fino ail oggi vennero i Tedeli a venerarlo, e non altrove. Dopo la morte di S. Benedetto gli abati Costantino Sim- plicio e Vitale ressero successivamente la Badia. Nulla dello cose operate da (juesli ne tramandarono gli antichi : ma è a credere, che santamente governassero ; poiché erasi ancora in sul Terv oro, e viva rimasieva la memoria del morto maestro. Al dolore che sentivano i Cassinesi per la morte di S. Benedetto si aggiunse il timore in cui li aveva messi la predi- zione di lui della rovina del monastero. Adunque stavansi sospesi d’animo ed aspettanti le predette calamità. E cei’to che guardando essi ai casi in cui era travolta tutta Italia, avevano bene a temere che non Tosse lontano il liàslo avvenimento. (i) S. Grog. Dial. lib. 2.“ TOV! . I . ‘2 IS STORIA 1 )E!.L\ lìAiliA DI AIOATE-CASSIA'U (j()8) l’oic-lic Tu dislniUa la domiiui/ioiio de’ (Ioli, soprav- venne un’ altra gejierazione di barl)ari i Longobardi in Italia sotto il comando di Alboino, il (piale signoreggiì) tutto (piesto jiaese fino al Tevere. Cielo successore di lui stese il (ìonipiisto nella parte meridionale, che oggi è il reame di Napoli: e come innanzi crasi Ibrmato il Ducato del Friuli dato a reggere a Cisullo, cosi ora sorse ipiello di Benevento, di cui fu primo duca Zotone. Erano (piesti ducili una sorte di vice re , che con poca dipendenza dal re amministi-avauo le cose. Questi invasori portavano animo assai feroce, e specialmente verso i monaci si addimostrarono ci-udeli. (i) (fiSp) Non so se odio o cupidigia traportasse quel duca Zotone a cori-ere sopra la Badia di Monte-Cassino, essendo abate Bonito. Fna notte se ne stavano i monaci nella pace del Signore , ed eccoti il duca di Benevento a capo di una mano di Longobardi farsi allo porte del monastero, entrarle, e incontanente mettere tutto a ruba e soqipiadro. Levatisi i monaci, come meglio seppero, si dettero a fnggii-e, portando con loro il volume della Regola scritto dal Santo, alcuni codici, il peso del pane, la misura del vino, e qnalcbe alti-a massei-izia. Lo (piali cose riputato da essi jiiìi preziose io tene- vano in serbo per portarle al primo apparire di*’ bai-bari , sapendo e per la predizione del Santo , e jier quello che udi- Aano dire de’ costumi de’ Longobardi , dio questa sciagura erano per soffrire per truculenti forestieri. CII sturbali monaci vennero a Roma, ove benignamente li accolse lAipa Pidagio ; il quale commiserando alla sventura di loro, permise che si costruissero un monastero presso la Basilica ibd Laterano , in cui per circa cento trenta anni abitarono i Cassinosi ( 2 ) retti da questi abati Valentiniano, (Iregorio, Teododo, Giovanni, Leone, Urso, Agapito, Leone, (i)Dialog. S. Greg. 1.4. (-i) l’aiil. Diac. ])(! gosl. tjongob. Iib. 4. Gap. 18 — Leo Gii. lib. i. Gap. 2. — Aliasi Bibl. Vila Pelag. II. ANXO DLXniX. (liovaiiiii, Romano, Teofilo, Adriano. ( i)xNIon(io i monaci pol- si lungo tempo si stettero al Laterano, non è a credere che rimanesse deserta la Radia di Monte-Cassino ; peroccliè, non a\ endo seco portato i i uggiti monaci le ossa di S. Benedetto, che pure era più preziosa cosa della Regola e di altro, pos- siamo affermare che alcuni de’ campati, passata quella tem- pesta Zotoniana, tosto si radducessero alla guasta Radia per conservare (piel santo deposito. ( 2 ) Infatti ciò è chiaro nella vita di abate Bonito scritta da Pietro Diacono (3) che alcuni monaci restassero a guardia delle sante ceneri: aggiungi, che quando i Cassinosi dal Laterano tornarono a Monte-Cas- sino, vi trovarono certi monaci, che erano semplici e devoti uomini. (4) La cacciata de’ monaci da Monte -Cassino non arrestò la propagazione dell’ Ordine Benedettino : imperciocché ])apa S. Gregorio appunto tra i rifuggiti al Laterano scelse alcuni che deputò a predicare il Vangelo in Inghilterra. Questa deputazione avvenne sotto il governo di abate Valentiniano successore di Bonito : (5) pei-ciò coloro che portarono la luce del Vangelo in quell’isola furono Cassinesi. Ignoriamo d perchè i Cassinesi si tenessero lontani per circa cento trent’anni dalla prima loi'o Badia, in cui e la me- moria delle cose operatevi da S. Benedetto, c le sante ossa di lui avrebbero dovuto tornarli più pi-esto. Corto è che grande desiderio avevano di ricondurvisi come a culla deli’ Ordine, e ('he forti ragioni impedivano loro l’andata. Ma finalmente, essendo Papa Gregorio 11, venne in Roma a visitare i santi luoghi un Petronace nobile e ricco uomo di Brescia, il qua'e per la sua pietà piacque al pontefice, in guisa che lo riputò (1) Pclr. Diac. Catalog. Ahi). MS. 257. (2) Pratilll in iiot. ad cxcerp. Pauli Diac.Toin.i . pag. 3 1 . Itisi. tjong. ( 3 ) Da orili et obilu Jusl. Casio. MS. ( t) Paul. Diac. llist. Luiig. 1,3) Pel. Diac. Culai. Abb. MS. 2^7 sub hoc ( Vnlenliniano ) lìritlaince et Scul.ee ardo esund tur. 20 ST01U\ r.EM.V lì'.IIU Di MDXTE-C.iSSlM) allo a loiMiarc in pio;'! !a Ba'lia o larvi rifiorire la \ila niona- slica. Adiinijue lo conl'oi’lò a (|iiosr opera iniprometlemloi^li ot;MÌ suo favore'; e (psegli di huou’auiino aecetlò la pia destina- zione /folse a compai^ni alcuni monaci del Laleraao, eoi (piali fallosi a dIonU'-Cassino (718) \'\ troNÌ) alcuni semplici romiti : i (piali non si sarebbero l'ermali su ([nel monte, se fosse rimasto vuoto il sepolcro d('\Sanli lienedelto e Scolastica. La fama che alcuni monaci per papali conforti erano \cnuli a rile\are la famosa Ifadia, mise ardente desiderio ne’ monaci di S. Vincenzo a Volturno di aiutare a ({nella pietosa opera. Onesta Hadia di S. Vincenzo, ebe poi ^enne in grande celebrità, era stala fondata (piin Ilei anni innanzi da Ire fratelli di IfeneAento Paldo Taso e dato, che vi spesero il ricco loro patrimonio. AduiKpie qu(?sti con altri confratelli Vnltnrnesi, C(jn danaio c coU ojiera delle loro braccia soccorsero al buon Pelronace; (1) c in {loco (li tempo sulle rovine dell’aniica sorsi* nuova Badia sul Monte (lassino, fncominciarono subito ad ac(‘orrere a quel monte per im'tlersi sotto il magistero di Pelronace, e tanto fu il numero de’monaci, ebe jioi come sciami d’api che escono dagli esnbe- ranti alveari, se no andarono alli’ovc moltiplicandosi, secondo dico il Haronio, il quale così prosieguo. (( xMa ciii eb(* (ler (( fermo e;l a ragione puii dirsi senza timor di menzogna si (( è , non essere mai stalo in tulio il mondo Cristiano aicim (( monastero, da cui tanti e cosi fatti nomini chiari per dul- ie li-ina c pietà siano stali condotti a r(^gge]-e la santa Sede {( apostolica. Da Bonovenlo venne Zoione ai danni della Badia, Cisulfo altro Duca a riparazione. Erano andate perdute tulle quelle possessioni della Badia avute per donazione di Terlullo dopo la luga al Laterano. Pelronace operava per {vapali soccorsi, ma lont(' di ricchezza non aveva, dico terre ed altro. Cisulfo, e per ammenda al male fatto da Zoione, e {)cr caldezza di divozione In s{)lendidissim:) donatori'. J*<)ia'ossi egli in eoinpa' (i) Clip. Viill. Leo Osi. Paul. Diac. Itisi. Lang. ino iiccnwiv. 21 ijnia (11 S(.‘aiinipGrga(i)m()glie di lui in i\lontc-Caesiuo (yl-i) g ( rovato molli monaci rcUi da Pclronacc sanlamcnto vivere, l'ii preso da grande venerazione per loi'o. e Inori niisura apri il seno ai doni. Lungo sarebbe rapportare ipn i nomi delle donate lerre: mollissimo paese donò, che fino a Fresinone slcnde^asi, e dal Gai-igliano e dai monti di tramontana con^Ina^asi, (;on tutte le castella le case e le chiese che vi si levavano. Espresse il duca beneventano in tre Privilegi (jneste oblazioni, i (inali pei'() originali non giunsero a noi. (^ 2 ) Forse chi mi legge (Inbilerà di tatto (piesto largheggiare del barilaio verso i monaci : ma i Longobardi non erano piìi (|uelli di Zotone. bamniliati (jiie’ spiriti feroci erano venuti cristiani ; e stando in sul primo fervore, non è stupore ebe di tanto si facessero donatori verso coloro clic essi credevano mezzani per ottenere salute eterna. Anzi (piede pietose offerte erano andate in uso presso 1 Longobardi in guisa che è comandalo nelle leggi di re Luit|)rando, doversi nspettare le donazioni latte per salute deir anima. (3) Arrogi : le (‘(incesse tei‘re non erano come furono poi in florido condizioni, e sparse di paesi e castella : (ali vennero in prosieguo per cura dei monaci. Nè poi è a muovere didibio sulla Gisulfana donazione per difetto di scrittura originale, e dare d(d menzogniero a (pici Leone scrittoi’ dellaCronaca, che venne nominando tutte le donale tcri’e. E forte argomento di vei’ità il consenso di molli, come del Mabillon del Baronio deirFghelli del Lucenti del Sununonte e del Giannone, i (piali non essendo volgari spirili e corrivi a lutto credere, non negarono fede al Cronista Gassinesc. (4) Valgano a tutta pruova le parole del Giannone. (1) Leo Osi. Aiionj. CoJ. MS. sega. 3153. (2) VeJ. Doc. E. (3) L. 2. 3. ti(. de donai. i3. lit. de prohib. alienai, min. iiq Lib. Il LL. Long. (i) Mal). All. p. 14.6. Baroli. An. 7Ì8. fot. iy3 Ugb. Tom. 8. eoi. (io. Lucen. Tom. x. cotmn. 020. Sumin. lib. 1 [i. 4<'7 Ioni, i, Eiann. Stor. Civ. il STDIUA DELLA BADIA DI AIOATE-CASSmO « Succcdò neiraniio ^32 Gisulfo soconclo di (jiieslo nome, il (( ([naie per emenda del sacco di Zotone arricchì il monastero (( ili Monte-Cassino di molti ])oderi,e d’immensi doni accrebbe (( (pud luogo. Fnrongli allora donati (pie’ luoghi e terre dello (( stato di S. Germano )). (748) Le donazioni di Tertullo e di Gisulfo venivano in (piest’anno confermate, c ([nasi direi , fatte inviolabili per pa- pali decreti. Papa Zaccaria portava grande amore ai monaci c pari venerazione a S. Benedetto, per cui tra tutti i pontefici che ebbero beneficalo alla Badia Cassinese costui va certo collocato tra i primi. Aveva molto favorito Pelronace nella riedificazione del monastero ; ed essendo già rilevata la Chiesa, volle recarvisi con mollo seguito per consegrarla. Solenne cirimonia fu rpiesta che rinfrancò gli animi de’Casslncsl nel vedere come tutto lo splendore del pontificato venisse a met- tere in chiaro la loro Badia, e ad accrescere la divozione dei popoli verso il Patriarca di loro. Zaecberla li gratificò anche (li piò : loro tornò il volume autografo della Regola, il peso del pane e la misura del vino, stabilita da S. Benedetto, e bella suppellettile di chiesa. Ma i monaci vollero alli-o ; lo pregarono che confermasse con una sua scritta tulle le dona- zioni che ebbero da Tertullo e da Gisulfo. 11 buon jiontefice assenti\a ed emanava duo bolle. (1) In una delle (piali decre- tava, si celebrasse la festività di S. Ibmcdclto S. Scolastica o S. Mauro con pari solennità del Natale , annuali esc((uie si facessero per 1 ’ anima d('l benefattore Tertullo nel mese di Luglio, e per se stesso nel di che sarebbe accaduta la sua inorle. NeU’altra inedita (2) incomincia dal narrare in iscorcio di S. Benedetto e dc’suoi fatti, della ricostruzione della Badia, del suo piacere di vederla in piedi, per cui egli venne di per- sona a consegrare la chiesa: narra poi (k'gli anzidelti doni da lui falli, e del come egli vedesse co’jiroprf occhi i corpi dei (1) Boll. Rem, Mail!. Tom. x. p. 14/. ( 2 ) Ved. Doc. F. AA'\(I Dccnwvill. 23 Sani! Boiiodello e Scolastica, o ritrovatili intatti, non osasse toccai-li per riverenza. Conlerma tutti i possediiuenli della Badia. Poi viene a’ privilegi. Comanda, la Badia di Monte Cassino e tutto suo patrimonio non soggiacere a giurisdizione di vescovo, prima essere tra tutte le altre, l’abate avere il primo seggio dopo i vescov i ne’ concili o in altra pubblica ailunanza, e sul patrimonio Cassincsc esercitasse glin'isdizlone spii’iluale come vescovo ; in (pie sto non s’intromettessero I vescovi, non cbiamassero alla loro sinodo l’abate, non racco- gliessero decime nelle terre Cassinosi, non impedissero le oblazioni de’ledeli a S. Benedetto. Con (piesta Bolla coiiler- niala in prosieguo da molti pontefici, la giui’isdazione spiiàtuale degli abati Cassinosi si rese inviolabile, e la laicale incominciò a prendere certa l’orma. I papali lavori e ringrandimento del censo non istempera- rono gli animi di (jue’ monaci: durarono nella santità dei co- stumi, non si rallentò la discij)llna; non rimettevano dal lavoro delle mani, alle lettere intendevano intanto cbe il monastero C isslnese tenevasi come scuola di elette virtù ; c non era nuova Badia cbe soi-gesse, la (piale a norma di (juello non rerniasse sue costumanze intorno al mangiare al vestii-c al dormire alle salmodie, o aH’indii-izzo delle menti e de’ cuori. W'rso l’anno 74.4 Sturmio di Baviera aveva gittate le rondamenta della famosa Badia di Fulda, la (piale nel primo suo nascere aggrandì per munificenza di Carlomanno, e pei- jilelosa cura di S. Bonifazio arcivescovo di JMagonza. Ora volendo (piesti cbe (piel suo monastero fosse tutta cosa benedettina , sped'i Sturmio con due monaci in Italia a Monte -Cassino, perebè apparassero le discipline monastiebe , e le venissero recando a Fulda. Cosi fece Sturmio, dimorando nella Badia tutto un anno, (i) Quel riposato e santo vivere de’Cassinesi mise tanta va- ghezza In altrui , cbe Petrona(.-e l’n abate non solo di grossa (1) -Mab. Scc. IV par. 1. p. 2Òr. SiUiìlA DELLA DADiA DI JiOATÈ- CASSILO U di piivali nomini, ma anche di piàncipi. Carlo Mar- tello aveva lasciato, morendo, a’ due suoi figli lhj)ino e Carlo- manno il reame di Francia , sebbene il nome di re ritenesse Cliilderico, che poi come dissennalo perdette per colere della nazione e per consenso di papa Zaccaria. Al secondo figlinolo poderoso per signoria venne nn grande desiderio di solitudine, e dato nn addio a Pipino , fidatogli d figlio Drogone , si recò in Roma chiedendo a papa Zaccaria l’ abito monastico. Fatto pago in suo desiderio andossene sul monte Soivatte a menar giorni di penitenza: ma quivi sturbato daH’impronto convenire di signori Francesi, se ne parti, e si rese monaco in ìMoiite Cassiao(7,i8)(i ). Abate IVdronace deputava a guardiano di pe- core ipiesto fresco reggitore di popolo, per saggiare sua nmiltàr dorò in qneirnmile nlficio Carlomanno, e visse come santo. ^lontre il princijie Francese era ancora monaco in Monte Cassino nn altro gli si aggiunse confrate, e ipiesto fu Ratcbis j-e de’ Longobardi. Neirainio 74.4 fu gridato re dalla nazione, deposto Ildeprando. Egli era Duca del Fiànli, aveva sortito dalla natura bella e virile persona, e sebbene alle armi non era gran fallo coriivo. Tarmi sapeva usare. Dopo venti anni di concordia col papa, la ruppe, assoggettandosi la Jbmtapoli, oggi Marca d’Ancona, e venne a ferire nel cuore del Ducato Romano, stringendo d’assedio Perugia. PajiaZaccaiia vedevasi per ciò a mal partilo : aveva aperte pratiche con Pipino in Francia , per averlo soccorritore in quelle strette : ma Pipino era lontano, e Ratcbis vicino. Pensò dunipic venire di persona a trattare di pace col Longobardo, e recossi aU’assediata citta con conveniente segnilo. La vista del successore di 8 . Pietro, e Telocpienli parole di lui piegarono T aldino di Ratcbis in guisa clic commosso al pontificio pregare , chiamò i suoi a j-accolta, e tolse Tassodio. Jòd fosse fastidio di umane coso, o esortazione del papa, volse T animo a santi pensieri di vivere (i) Anoiiy. Salcr — Anast. Vita Zac. 11. 21 — Eginar. Ann. Rcg. Frane. — Cliron. Fnld. Duclicsne Tom. 2 p, ! 533 . Ved. Doc. G. AMO DCCL. n in cliioslro; e laliuonlc \aglieggiolli, che trasse aiicKe nel suo (livisainonlo la moglie Tasia, e Rallrnde sua figlia. Rassei^nò la corona In mano della nazione, c con quelle si recò In Roma presso papa Zaccaria, il (piale lo sacrò cherico ; e ia\orendo al suo pio desiderio, gli propose a stanza la Cassinese Badia. Colà venne il lenente Ratchis con Tasia e Ratiriide, (74())cliie- dendo ad abate Petronace il saio monastico , il quale prese, e 1 indossarono anche la moglie e la figlia di lui, Tacendo costruire! a queste un monastero nella valle soggetta in un luogo detto Piumarola, ove santamente vissero il rimanente della ^ita. Fatto monaco Ralchis parve delle passate gi-andezze non gli restasse pensiero : ad esercitare il lavoro dc'lle mani [ire- scritto nella Regola di S. Benedetto, gli dettero a coltivare un campicello che alla china occidentale del monte si avvalla, e che poi ebbe nome AÌgna di S. Rachisio. (i) Cosi anche I re in tutta (piella tempesta che a(faliea\a Rafia volevano pace, e ne’ chiostri la venivano corcando. (yfio) Intanto morivasene abate Petronace nel sesto giorno di Maggio benedetto da’ monaci, e riverito qnal santo : molto egli lece a rilevare non solo la Cassinese Badia, ma anche quante altre erano in Italia. ( 2 ) A lui successe Oliato. Mentre costui reggeva il monastero , i papi in mezzo alle tribolazioni che loro venivano dai Longobardi , andarono l’affermando la loro indipendenza e la di loro civile supremazia. Questa indipendenza è a derivare dal conllitto della potestà spirituale de’ papi colla laicale degl’ Inq^eradori Greci, che ne usavano per dispolizzare anche in fallo di Religione. La dignità di un jiapa come capo del Cristianesimo era piò augusta agli occhi de’ Romani della imperiale; e perciò non potendo essi avere il seggio imperiale, sostituirono a questo il papale; ed ai [lapi Aollei'o soggiacere, comhalfi'udo contro lo sforzo dei Duchi e degli Esarchi spediti da Costantinopoli. 11 papa assentiva al (1) Leo Osi. lib. 1 Gap. 8. Paul. Diac. Do orlu el obli. jusl. Gas. MS. Gap. 2|. i'i) Neciol. Gas. MS. sega. I7. Calai. Ab. Pctr. Diac. MS. 2ÌÌ7. STORIA DELLA RADIA DI MOA’TE-CASSIAD 'Di |)o|)ol() die si toglieva dalla suggezione d’ iinperadore iioniico a Religione , e che lo proclamava capo ; aiutava alla potenza de’ Longobardi per averli amici a far testa ai Greci ; poi volle deprimerla coir ajuto de’ Franchi, quando troppo ingrandita cominciò ad essergli molesta. Gregorio chiamò a sua libera- zione Carlo Martello , Zaccaria Pipino, che era divenuto re per la deposizione di Childerico, e confortollo a scendere in Italia : conoscenza verso il papa, voglia di spostare i Longo- bardi dall’Italia, divozione verso il capo della Chiesa fecero muovere il Francese. Innanzi questo venisse, Stefano 11 era stato condotto a mal punto da Astolfo re Longol)ardo, e poco stette che anche la Radia non ne patisse nocumento. Il Lon- gobardo aveva armi ed armati , il papa inerme ; per la qual cosa questi tentava tutte le vie per acconciarsi con lui , c pia- questo gli spedì varie ambascerie , tra le quali fu quella eser- citata dall’ abate Cassinese Ottato ed Azzone abate di S. Vin- cenzo a Volturno, (i) Stefano li spedi ad Astolfo, cui esposero: Si ]-imanesse dal volei-e invadere e soggiogare la stessa Roma; stesse alla tregua dei quaranta anni , che aveva quattj-o mesi innanzi promesso di mantenere ; non volesse di più lunga guerra travagliare i popoli ; componessesi in pace con papa Stefano. Il re non volendo sentir parlare di |)ace mandò a vuoto quella badiale ambasceria, anzi comandò ai legati, se ne tornassero alle badie di loro, e neppure j’apportassero al papa di f[ueir abboccamento. Allora Stefano disperando di se, mosse per Francia, ove poiché s’ebbe legato l’animo di Pipino coronandolo re, lo spinse a fare una subita discesa in Italia, e proteggei-lo dalie ambizioni di Astolfo. La qual cosa risaputa dal Longobardo, gli turlx) i sonni ; ed a stornare dal suo capo quel nembo di venturi francesi, ponsò, non essere più elllcace argomento della mediazione di Carlomanno monaco in Monte- Cassino fratello di Pipino. Adunque comandò ad abate Oliato, che (i) Clir. Viill. Scrii). II. Ital. i. per 2. pag. AMO DCCLVI. il inconlanontG spedissclo in Francia a rompere le pratiche del pontefice, e rimuovere il fratello da ogni pensiero di guerra. L’abate trovassi a mal punto : ostare al re avi’cbljegli fruttato amaro ; consentire, era un voler male al papa. Tuttavolta si paidi il monaco, vide il fratello; ma poco di bene ottenne per Astolfo ; percliò la devozione verso il Romano Seggio tirava Pipino più che carità di fratello. Laonde fosse consiglio del Papa, o timore di capitar male col Longobardo tornando in Italia, Carlomanno si ritrasse a Vienna del Delfinato in un monastero, ove santamente cessò di vivere (yfifij.Le sue ossa furono poi mandate da Pipino in un’ urna d’ oro a iUonte- Cassino, ove riposano. {2) ( 756 )Erasene vissuto tranquillo Ratcbis in Monte-Cassino fino a questo anno contento di maneggiare la zappa covei to di ruvido saio , ove pi’ima era stato uso impugnare scetti’o , e vestire porpora di re. Avvenne che morto Astolfo, e radunato il corpo della nazione Longobarda per farsi un nuovo re, si divisero in due le sentenze degli elettori ; alcuni gridarono l e Desiderio, altri non vollero consentire. Non so come ciò venisse airoreccbio del monaco Ratcbis, il quale o clic lo confortassero, o die nella umiltà de’pcnsieri monastici alcuna volta avesse vagheggiata la lasciata corona , volle da capo salire il trono. Ed uscito di monastero, messosi a capo di un esercito, favorendolo molti, tentò di scavalcare Desiderio. Questi con molto accorgimento si volse a Papa Stefano, pre- gandolo , die ove fessesi adoperato a torgli dinanzi quell’ impronto monaco di Ratcbis, e ad assicurargli la corona, avrebbegli restituito il mal tolto da Astolfo. Il papa gli prestò bene ascolto, e gli spedi il prete Stefano recante lettere indiritte a tutti i Longobardi, esortandoli a riconoscere loro re Deside- rio ; ed a Ratcbis a ristare da quella impresa. Alle lettere davano polso i soldati francesi ; per cui convennero le menti. Desiderio ebbe la corona, Stefano promesse di restituzioni, (• 2 ) Erchem. n. d Pralill. i. 43. ‘IS NTI)IU\ DELLA DADIA DI M.\'TE-CASS1\D Kalcliis uii’allra volla 11 salo di monaco. Cosini tornò a Monte Cassino oAe sanlamenle mori, raccomandando suo nome non solo al monastero di Plnmarola ma anche ail nn chiesa sacra a S. Pietro che lece levare del suo nel monastero cassinese. (i) Sehhene mi monaco Cassinese quale era llatehis avesse arre- calo guai a Desiderio, pure questo principe si addimostrò amicissimo della Badia , a favore di cui puhhlitm mi Precetto confermando vari possedimenti badiali, (2) (775) Nel gov erno della Badia al morto Odalo successero Ermete Graziano Tonilchi, poi venne Potoiie. Essendo cpieslo abate, 1111’ altro regio personaggio si reso monaco in Àlonte Cassino, Adalardo cugino del re Carlo Magno. Costui educalo in corte, non parendogli onesto il ripudio che questo piincipe fece di Desiderala, o come altri chiamano, Erniengarda figlia di Desidciio re dei Longobardi, o le sue nozze con Ildegarda, lasciò la regia e andò a rincliludersi nel monastoro diCorheia. Come di (pieslo fallo mollo si parlava, e al buon giovane veniva molla lode, per togliersi al pericolo di cadere in super- bia , e di poter essere chiamalo ai negozi dello stato, se ne pai-fi e venne a Monte -Cassino per slaia i sconosciuto, confoj-- lalo dall’esempio del zio Carlomanno ; e fu monaco alcun tempo di questa Badia; la quale, al dir dello scrittore della vita di lui Pascasio monaco di Corbeia, era ri|nitata /ò///e cr/ or/- (jine di lidia la religione, cioè (b lutto l’Ordine di S, Bene- detto. Poi Carlo Magno lo richiamò in Erancia, e gli alhdò Pipino suo figlio, perchè lo aiutasse co’ suoi consigli nel governo delfllalia ; lo che fece il huoji monaco , acquistando fama di uomo interissimo e di gran senno. ( 3 ) Arcchi duca di Benevento, che primo tolse il titolo di principe faceivdosi ungere e coronare, allargù i limili della giurisdizione degli abati , e dava loro esenqvio di principesca munificenza nel levare sacri edilizi. Aveva fatto costruire ima ( 1 ) Leo. Osi. Vila Stepli. P.ip, Coll. Conci. Ved. Djc. 11. (■>) Vedi Dociiiii. I. (d) Mabil. Ann. Or. S. 11. DCCLXW. 23 Chiesa 0(1 iin nionasloro acavaiilo al suo palagio in llonovenlo consc’gralo alla iSapioiiza Divina, e perciò lo intitolò di S. So- lia. ( i ) Da ciò che appare dagli antichi scrittori, aveva in ([nello profuso grandi ricchezze , c fu cosa bellissima anche ])cr istrnttura ed ornamenti. Del censo poi che addisse a fjuel monastero non dico ; hasta accennare che la sorella di lui vi si chiudeva monaca : e chiesa e monastero e censo sottopose alla badia Cassinese, in guisa che le monache erano al tidto indi- pendenti dal vescovo: e ciò faceva, come è scritto nella carta di (lo)iazlone, (2) per la redenzione deHanima sua e per la salute della sua nazione e della patria. Dirò in iscorcio di (jucsta famosa badia come soggetta alla Cassinese. Statevi ad abitarla le monache fino al X secolo, vi si locarono i monaci, 1 (piali ponendo mente al ricco c nobile monastero che era ([nello, cominciai'ono a portare di malanimo ([uel giogo Cassinese, e a non volere i prepositi che loro soleva destinare l’ abate di Ibonte- Cassino. Laonde, essendo abate Cassinese baldoino, si ci-earono di loro talento un abate di nome Orso, (> del fatto chiamarono sostenitore Atenolfo HI principe di benevento. Ma succeduto Majepolto a baldoino , seppe cosi bene con diplomi di principi e pontefici persuadere il signore beneven- tano, che trattolo in sua mente, n’ebbe diploma per cui i Sofiniani monaci tornarono all’obbedienza de’Cassinesi , ma tale con ima mente da non rimettere dal proposto della indi- pendenza. Infatti poco stettero a risorgere ; venuto al si'ggio beneventano Landolfo II si francarono da capo. Majepolto ricorse a papa Agapito II, il quale con minacce di scomnnica gli toi-nò in ubbidienza i monaci di S. Sofia. Le cose stettero così fino al 1022, (piando i pontefici cominciarono a favorire ai desidei-i de’ Sofiniani. benedetto Vili (?manò privili^gio di esenzione in loro favore ; ( 3 ) e si elessero ad abate bizanzio. (1) L'IO. Osi Lib. I. C. G — Erebciii, n. . 3 . (2) Ucg. l’cl. Diae. MS. f. 79 a t. 11. 170, ( !) Olir. S Sol. par. il iium. 1. :ì() STOIIIA DELLA lìLllIA DI ADIATE -CASSIA'U Miro ])rivil<‘i>io Tu loro concesso da Leone IX nel 1002 ; (1) e |)ui-eva, che la di loro indipendenza si fermasse per sempre. Ma venuto abate Desiderio potentissimo in corte di Roma, e tenei-o delle giurisdizioni Cassinosi, per mezzo di Leone Bibliotecario della Badia, e ])oi vescovo cardinale di Ostia, chiese giustizia a papa Cregoiio \ II, e l’ ottenne (2) : ma in prosieguo poi arata paginetta scritta la formeda di Promissione ossia di giuramento, colla quale i loro antichi si aggiogavano alla disciplina monastica. Lo esorta a tener gii occhi sopra un Giuseppe, che Fimperadore voleva preporre ad un monastero. Finalmente gii si raccomanda pregandogli dal Cielo saluto c durevole prosperità. Tornava in Fi-ancia Adelgario con questa lettera dell’abate. Non cadde mai |)iìi dall’ animo di Carlo la memoria di àlonte-Cassino e del suo Paolo: e sebbene lontano, volcna STOlUA DELLA liADlA DI MUSTE-EASSliVO ,1S usare con questo per lellere che scriveva in versi , come p('r chiarirlo del profitto che aveva cavato da’ suol inseguanicuti. Rispondendo ad una lettera di Paolo, tra le altre cose questo scriveva il buon principe. « Parti di qua, o mia epistola, e a (( l'acil corso fatti per selve colli c valli a ricercare la splendida « magione di Benedetto a Dio caro ; perchè quivi è riposo (( allo stanco vegnente , quivi è copia di pane e di vivande al (( pellegrino ; quivi una santa pace, umili spirili, e bella Tra- ce tellevole concoivlia; e in tutta ora vi suona la lode, ed avvi (( amon; ed osservanza di Cristo. Di al Padre e a tutti i con- ce lubernali: Salvete, e bene stale : falli al collo del mio Paolo, ce giubbilante ed amorosa lo abbi’accia, e digli le mille volle: c( Che Dio ti salvi, o ottimo padre mio ». In questa epistola il Fi’ancese rende bella testimonianza della scuola che in quei tempi fioriva in Monte -Cassino con questa apostrofe , che fa alla sua musa , destinandola a dire un addio agli almi fratelli , che ministravano il dolco mele della dottrina, e gli ricercavano il cuore co’ loro versi. iu die vale fratvihus almis Dulcia qui nohis doct/incp mella ministrant , Cavminibìisque suis permulcent pectora nostra. lidalti Paolo teneva lioritissima scuola nel suo monastero, in cui non solo i monaci andavano ad apprendere lettore, ma anche i forestieri. Stefano II vescovo di Napoli mandò in Monte-Cassino i suoi cherici perchè apparassero sacre e pro- fane discipline sotto il magistero di Paolo, (i) Grande sacer- dozio di sapienza esercilavasi in questa Badia nell’ ottavo secolo, cc In Benevento o nel convento di Monte-Cassino si (( manifestarono con più splendore le alte tendenze inlellel- « tnali al cominciare del medio evo. L’AlVica la Grecia e il (( mondo Gemianico qui si danno la mano, e il concorso degli (( uomini distinti di questi dilferenli paesi imprime agli spii’ifi (i) Clirmi. Joan. Diac. Mur. Scrij). 11. Itul. T. i. {>ar. 2 j). jio. m) iiciixdvii. (f un Impulso che non si dà a conoscere in alcun allro paese, (c rSè le preoccupazioni del cojinnerclo, nè i grossolani piacel i t della mensa quivi sviano o intorpidiscono gli spii ili , come (( nelle città marittime e nelle corti del settentrione. )) E questo parole di un chiarissimo storico Alemanno siano suggello al detto, (i) 1 monaci intendevano agli stntli, e gli abati non listavano dalhiisare bene il censo assai pingue. La più bella limosina che possa farsi a popolo imligento si è il lavoro che gli si procura, e in ciò è posto carità cittadina a temperamento di corruttele. Ei’a morto Teodemaro ed un certo (jisnlfo oragli succeduto alla Badia: (797) come che della casa dei duchi di Benevento sortiva i natali , principeschi divisamenti lece ccl operò, che del come non difettava. Aveva abate Petronace laito costruire alle radici del monte un altro monastero, cre- sccnido un di più che l’altro il numero dei monaci : a t[uel monastero di Petronace abate Pelone aggiunse una Chiesa sacra a S. Benedetto, come dicemmo, e finalmente venne terzo Cisulfo airingrandimenlo del monastero, e ad innalzare novella Chiesa, della quale vo dire perchè chi mi legge sappia, nella piìi inùpia stagione le arti non aver lascialo il seggio Italiano, e perchè sappia della presente Chiesa collegiata di S. Germano. Era il suolo a piè del monte limaccioso per ac(|Lia che vi moriva, c (piasi palude faceva malvagio Tacre : Cisullo prima fc’riempire le fogne di pietre, e fermalo il suolo, tolse a levarvi magnilico tempio che sacrò al Divino Salvatore, e il monastero e il tempio inlltolossi di Santo Salvatore. Semplici e belle forme aveva il tempio fatto levare da Cisulfo: per ollantaselte cubiti si prolungava, di (|uaranlalre dilalavasi e veniva fino a vcnlolto di altezza. Ventiquattro colonne di marmo posanti su basi anche marmoree ne reggevano la sollltta ben condizionala di legno di cipresso, e su jier le iuterne pareli erano dipinto figure, che al mio cronista nel (1) Leo Itisi, irilal. Liv. IV. Cap. V. Veci. Doc. L, {(I STOlllA DELIA liADlA DI MDXTE-CASSiXU secolo undecimo senil)ravano bellissime ( pulcherrimis ) : di lapidi mai’morcc di vario colore componevasi il pavimento , e decoravansi le pareti del coro. Nell’ abside era l’ai’a del Sal- vatore cui per sette gradi si ascendeva, c in fondo alle naAi laterali eran poste quelle sacre ai Santi Benedetto, e IMartino. JMetteva alla Basilica atrio bellissimo quaranta cubiti lungo, largo quanto la Chiesa , i portici del quale reggcvansi per sedici colonne , e intoi’no correva uno scolatojo il quale ove lasse stata esuberanza di acque, fuori mcnavale. In fondo all’atrio, e di rincontro all’useio della Basilica in im abside fu sacra un’ara all’Arcangelo S. Blichelc , e nel bel mezzo sul coi’po di otto grandi colonne levossi una torre per campane di s({uisito lavorio. Dai lati della Basilica partivano alti’c fabbriche per abitazione dei Monaci, e f[uesto fu il monastero di S. Sal- vatoi’e , che in prosieguo venne in molta fama. E qui vienmi suspicione che il buono abate Gisulfo in tutto quel segar di marmi , e spostar di colonne qualche peccatuzzo avesse com- messo contro le anticaglie di Cassino , poiché non trovo aver egli fatto venire da altre parti tutto quel tesoro; ma se potesse il mio sospetto tramutarsi in certezza, a Gisulfo nel nono s('colo perdonerò il fatto, stante che nei secoli a noi vicini non dubitarono (ed ora non lo sospetti ) colti uomini in regina città sfare le opc'rc degli antichi per fabbricare non so (piali [lalagi. Quel bellissimo cdifizio rimasto sano nell’ invasione; de’ Saraceni , vedevasi ancora in piedi nel secolo decimosetti- mo , ed in quel tempo per quella matteria dei cartocci e dei ti'i turni venne traformato in brutta cosa: tanto l’ è chiaro, ai vecchi monumenti più del tempo e dei barbari aver combat- tuto la malvagità del gusto. E’ampiezza delle terre formanti la Cassinese signoria anche prima del nono secolo faceva uscir di chiostro i monaci per sopi’aiiitcndcre a quelle, e preposti, o retti addimandavansi; e perchè questi non obbliassero al tutto la monastica profes- sione, nelle terre si costruivano chiese nelle (piali i 1^11010 facessero l’opera di Dio, ed il culto anche esercitasscm i co- ANNO DCCCXVll. lì Joni. Cosi sotto Gisulfo abate iu Valle-Luce fu costrutta una Chiesa, e in luogo al di là del Liri allora dello Albiano vi fu levala altra a S. Apollonare, alle quali poi si aggiunsero abi- tazioni ai monaci, che cellas nominava Leone, le quali creb- bero in tanto da pigliare il nome di monasteri. Venuti i tempi deir invasione dei Saraceni , siccome è universale consiglio, gli uomini si asseml3ravano intorno a questi monasteri , si afforzavano per non cadere in mano de’barbari, e i monasteri tlivcnncj'o castella e paesi. Per la qual cosa papa Vittore II ebbe a dire nel privilegio dato ai Cassinesi’, dei paesi della Badia alcuni essere stati semplici monastei i , e che poi ad iuilìonem palrice necessario facia castella. E tutta questa valle di S. Germano, che è parte sì bella della provincia di terra di lavoro, per opera dei monaci vedesi oggi rifiorita di molti popolosi paesi, come S. Apollinare, S. Giorgio, S. Pietro infine, Pignalaro, S. Vittore, S. Elia ed altri. Innanzi questo tempo non ricordano le antiche sci-ilture altri paesi essere stali in queste parti che Aquino, Casino, e Termini, i (piali stali floridissimi vennero assai miserabili nell’ invasione dei barbari. Uo|X) venti anni di governo, morto abate Gisulfo, lui successe Apollinare.(8i7) ()ucsto reggente la Cassinese Badia, comineiarono a intorbidarsi le cose nel Beneventano Ducalo. La discordia condensava un nembo che su tutta Italia era per rompere, c che in tristi destini travolse i Cassinesi. Primamente un lladelcbi conte di Canzano uccise il duca Grimoaldo per porre nel ducale seggio Sicone , poi tocco il cuore di grande penitenza del mal fallo, raso i capelli, e cinto il corpo ed il collo di catena di ferro , vennesene a Nlonle-Cassino , e pi’o- stralo ai piedi deH’abate (i) Apollinare chiese stanza a piegare Tanima sua di queiromicidio con sante opere, vestendo l’abilo di monaco. Il conte ammendava la sua colpa colla monastica professione, ma quella mise un pensiore nel popolo , che ove (i) Leo Osi, — Cliron. Cavcii-Auony. Saler. — Erchem. lì STORIA DELLA RADIA DI MONTE- CASSiXO i iliichi non ibssere buoni , colla morie si potessero torre di governo. Conciossiacchè succeduto a Sicone Sicardo, e questo venuto in odio per suoi vizi, una congiurazione di Beneventani 10 spense. Venne al governo Radelgliiso, e contro a questo Icvossi Landull’o Castaldo di Capua, che mal lo soffriva nel reggimento ; e tratto in sua mente i Capuani , staccali anche alcuni Beneventani dalla soggezione del duca, al duca Ba- delghiso oppose Siconolfo fratello del morto Sicardo : ed eccoli appiccai-e un lirulto incendio di guerra nel Ducato, che fece poi tanto infiacehire la potenza Longobarda per la divisione che ne segui, e pel richiamo de’ Saraceni in queste parli. Le discordie Beneventane, e le iniquità dei duchi sturbò anche la pace della Badia. Era morto Apollinare il quale come Santo In poi veneralo, in guisa che nel secolo undecimo abate De- siderio in luogo separalo fece porre le sue ossa, e sul sepolcro ili lui scrisse versi, (i) A lui successe Ilderico (834) che tenne 11 governo per soli quarantatre giorni. Cominciarono i guai pel duca Sicardo, il (piale rotto ch’era al possibile, voglioso di pecunia , volse gli occhi alla Badia , e per averne quanto gli era mestieri, li-asse in prigione il buon abate Diodato, il quale non so se per dolore, o per malizia del duca se ne mori. Chie- sto stendere le mani su la roba dei monaci era tristo esempio, che lece jioscia osare in tempo di guerra : piacque poi anche a Siconolfo, c se quello per fame d’oro, questi per bisogno si dette a rapinare sulla Badia. Feroce guerra combattevano i Iralclli Radelghiso c Siconolfo , entrambi contcndentisi il Du(;alo Beneventano, e siccome non si armeggia senza danaio, e Siconolfo ne difettava, costui ben seppe come averne. Ricchi di molla signoria i Cassinosi, buona parte del censo usavano non solo nel levar chiese , ma anche a fornirle di ricca sup- pellettile, e ricchissima era quella della Badia, nella Basilica di cui la pietà dei Longobardi, di Carlomanno, di Bipino, di Carlomagno aveva fatto colare oi’o e argento in copia. (0 Ved. Doc. M. ANSO DmiXLIl. A3 'rullo qiicslo tesoro non |>oleva Siconolto togliere di peso senza ingenerare scandalo nei suoi soggetti, e senza die i monaci levassero richiami da giungere all’ imperadore ; si studiò dunque uccellarli. Prima chiese l’oro c l’argento donato dai principi Franchi obbligandosi alla l’estituzionc, qu.de obbligo segnarono in una scritta i parenti di lui Orso c Grimoablo ; poi un Leone vescovo , in varie fiate ripetendo le promesse c giurando per lui su gli Evangeli e sul corpo di S. llenedeUo, pelò cosi bene quel monastero, che nulla rimasevi di prezioso, lasciando quei buoni monaci in vana espettazione. 11 predare era poco, moltissimo ciò che provenne dalle cose che tolgo a narrare. Radalgbiso duca di Benevento , vedendo il parlilo di Si- conolfo acquistar polso per la ribellione dei suoi , e temendo soccombere, pensò maledetto partito, che mai sarà mollo vituperalo. Già si è visto ne’ passati tempi il bel vezzo di cbia- mar-e sti’anieri a pigliar parte nelle Italiche discordie essersi a molti appigliato; e perciò non è stupore che Radalgbiso, trovandosi alle strette, chiamasse in suo ajuto altra generazione di barbari, i Saraceni. Un sozzo uomo, Eufemio di Messina, nel 827 avcvali fatti venire d’Alrica in Sicilia, c nel 84.2 Ra- dalgbiso di Sicilia nel continente. Danaio volevano cpie’ bar- bari, e Radalgbiso per averne, spogliò la Chiesa Beneventana ; lo che vedendo Siconolfo , egli anche fece rapina della roba della Chiesa di Salerno ( ed allora credo che rapinò anche su la Badia ), e chiamò soccorritori i Saraceni ; i quali, barbal i che fossero, nel torbido sapevano pescare, e mentre i due Longobai-di logoravano la gioventù italiana per pi ivale ven- dette, quelli nella Puglia e nella Calabria mettevano profondo radici, destino che corse troppo spesso in prosieguo questa terra infelice. Ma non passò gran tempo che i chiamati Sara- ceni tornassero incomodi anche ai due Longobardi, poiché a man salva ai saccomanni c alle arsioni si ilavano, nè l’iguar- davauo a dilferenzii di parlili. Sebbene in queste scorribaiuh* saraceiiicbe il Ducato Beneventano patisse molto , stupisco Il STOlUA DELLA BADIA DI M0\TE-CASS1XU vei-amoiite che fussero lasciali stare i Cassinesi , ma da lui altro verso veniva anche per loro la tempesta. Altri Saraceni, rimontalo il Tevere, irruppero contro Roma, e trovatala munita c circondata di mura, nel tempio Vaticano di S. Pietro ehhero ove menar le mani al sacco , e provarono dolce l’ oro delle Chiese j poi messisi a scorrere per la via Appia, Fondi bruciarono, c sotto le mura di Gaeta divisavano nuove impre- se. Quivi colli dall’esercito Spolelino loro mandato contra da Ludovico 11 re d’ Italia figlio di Lotario , prima vinsero , poi sperperati dalle Napolilane ed Amalfitane soldatesche condotte da Cesario ligliuolo di Sergio duca di Napoli, rincacciati, vennero a posare alle sponde del fiume Camello , là do\ e la catena degli Appennini divide la valle di S. Germano dalle ])iauure del Gai'igliano. Un cint[ue miglia distavano dalìMonte- Cassino i sopravvenuti barhari, si che il loro arrivare men per messaggi che co’propri sguardi si riseppe nella Badia ; poiché (pie’ barhari, bruttamente guastando che gli venisse innanzi, uccidevano , involavano , ardevano ; e ben v idero i spaventati monaci da lungi le fiamme che consumavano le Chiese , e le terre di S. Apollinare, e S. Andrea. Queta l’aria, sereno il Cielo, pochissim’ac(pia portava il fiume, facile nera il guado. Quando giunsero alle sponde annottava, pei’cui sebbene si vedessero d’accosto alla Badia, della quale qualche cosa ave- vano sentilo dire come di ricca c preziosa cosa, pure dall’ andarvi rislellero, pensando alla dimane salirvi, e manomet- terla. Piantarono intanto loro padiglioni, e tra le fiamme e le rovine posarono quella notte. Era abate in quel tempo un Bassaccio Franco di patria, santo c forte nomo tale quale abbisognava ai Cassinesi in quelle tristi condizioni. Scorali e sicuri della morte i monaci si abbracciavano o si baciavano, come a togliere commiato, con grandissima amarezza, ed aspettavano la dimane pieni di mor- tale turbazione;e maggiore fu lo sgomento quando in snll’an- noltare videro salire il monte i confratelli del monasli'ro d| S. Salvatore che uaiivano a loj-o, per fare comuni supplicaziom AMO DCCAIXLVIII. 4 ?) sul so|K)lcro di S. Benedclto, ed ivi as|X'Uarc lulli uniti la morte, ludiritla ogni speranza in Dio, scalzo il piede, sozzato il capo di cenere in lunga fila gemebondi c iterando caldissi- me jìregliiere, eutrai-ono la Chiesa, e fatto corona alla lomI)a del S, Archimandrita, meno voci, che lagrime spargevano. Narra l’ Ostiense , e Pietro Diacono , che ad abate Bassaccio preso di un sonno fusse venuto in visiono, confortandolo, il suo antecessore abate Apollinare, e avessegli fatto fede, Dio ad intercessione di S. Benedetto accogliere sue preghiere, e liberare suoi monaci dalla imminente sciagura. Fatto fu, che mejiti-e quei costei-nati duravano nelle supplicazioni, sturhossi il sereno, e un nero nembo ingombrò l’aere, che ruppe in pioggia e folgori. L’asciutto Camello ingrossò ,a dismisura, e gittatosi ])er i campi pareva che mai’e, c non fiume allagas- seli , non si lasciò piìi guadare , e i Saraceni aggiornato che fu, anzi elio pensare ai danni della Badia, alle Gaetanc piaggie tornarono, (i) I Cassinosi furono allora sah i ; ma tempeste non furono a scacciare i Saraceni dal Beneventano Ducato. Era una mortale piaga la guerra che facevansi i due fratelli Longobardi che incrudeliva ognor piii per iniquità di quei barbari. Scori-evano sfacendo tutto, ed una banda di questi capitanati da un]\Iassar, i quali erano dei chiamati da Radalghiso , vennero d’accosto allaBadia, contro la quale non fecero danno di sorte, e ciò fu veramente prodigio, poiché di Aquino e di Arce fecero bestiale governo . Benevento era in pericolo di cadere in mano di lo- ro ; ma scossi finalmente gli animi pensarono a sahazione. Landone conte di Capua, unAdimario Castaldo di Salerno, e Bassaccio abate Cassinese (i) tolsero la deputazione di andar per soccorso al re Ludovico II figliuolo di Lotario, e vennero a capo della cosa; perocché quel principe condotto suo esercito nel ducato, rincacciò in Baia i Saraceni, poi che n’ebbe messi ( i) Cod.MS. Pelr. Diac. de Orlu clObil. Juslo. Cass. in vita S. A poli. (•2) Leo Osi. Ercliein. loan. Diac. Iter. llal. Scrip. Tom. i. par. 2 . ST(li!!\ 1)EI,L\ l!\l)I\ 1)1 MUME- CASSIMI Mi molli a lil (Il spada nella vigilia di IVailecosle presso Heneven- to. A (“omporre poi in paco gli animi di Radalglnso , <; Sleo- noll’o, cagione di lanli mali, divise il ducalo di Bencvcnlo, per cui si l'oi-marono i principali di Renevcnlo , di Capua , c Salerno; i quali non più Iribulari, ma feudi dell’impero diven- nero. Nel ducalo di Renevenlo era la Badia e lolla sua signoi’ia quando Loiario pel suo figlio Ludovico divideva quello sialo ; sospesi dovevano tenersi gli animi Cassiuesi intorno ai loro desiini futuri , e aspeltavansi che Ludovico ricordasse, quella essere camera Imperiale. Bicordollo in fatti, poiché nel par- lamento lenulo per quella partizione non è a credere, che aliale llassaccio si tenesse le cento miglia lungi da Ludovico. Ne’ palli che propose il re oravi quello, la Badia Canninese non esser tenuta a pagamento di sorto di censo al principe di Benevento, e non dipendere da questo, stante che i monaci non l’iconoscevano pei’ loro immediato signore altri che l’im- peradore Loiario c il re Ludovico li, e perciò salvi ordinò rimanessero i loro prixilegi ed esenzioni. (84-8) Baceonciati gli animi, si credeva duratura la pace; ma guai quando nel projirio paese per cittadine discordie si è confitta la spina degli stranieri. I Saraceni non eran gente da starsene in pace; allontanalo Ludovico, escirono di hel nuovo al guasto, e su i principali di Benevento e di Salerno rico- minciarono le rapine e le arsioni, e i popoli gemevano. Sicone principe di Salerno figlio di Siconolfo aneor tenero di età, e Badalghiso ]irineipe di Benevento non essendo in forza di cessare qne’harhari , le cose andavano in fascio. Allora Bas- saccio aliate Cassincse, c Jacopo di S. Afinccnzo a Volturno, mossi dalla pnhhlica calamità , accettarono di nuovo la depu- tazione che loro dettero i Beneventani di andar legali, e cerca- tori di soccorso all’ imperatore Ludovico II: santo ministero era ([ueslo di patria carità che hen si addiceva a que’ monaci. Andarono; i guai rapportarono del lor paese : i Saraceni im- haldanzire ognor più, Salerno, e Benevento non più reggere; c ove rimperadore fosse vennio agli ajuli, sapc'ssesi, i Bene- AAKO DCCCLVl. fi A Oiilani avanzare In l'edeltà lulli i suoi siiggclU, o lanlo in sua Italia ineltersi , che buon grado avrebbero palilo soggeltarsi airinfimo de’ suoi servi, (i) Mossesi l’imperadore, c venne con suo csercilo , piegalo dalle preghiere ; e siccome i Saraceni eransi afforzali in Baia, voleva da (piella cillà snidarli. Ma i Capuani che ubbidivano al principe di Salerno, e che dovevano dar rincalzo agl’imperiali, si leimero in casa, e fecero s'i che la impresa andasse del lullo fallita; e cosi i Saraceni da quelle minaccie di guerra, aspreggiati e non domi, anziché rimel- lere da’feroci fatti, osavano, e si dilatavano facendo miserabile questo paese. (856) Intanto trapassava da questa all’ altra vita il buon abate Bassaccio, che in tanti timori e in tante fatiche orasi versato per lo pubblico Ijene , lasciando fama di santo uomo, governala la Badia per diecinnove anni. E qui giova nai’rarc dell(? Cassinosi costumanze , le quali correvano ai tempi di Bassaccio nel nono secolo, perchè anche l’animo riposi su fatti di pace dovendo molto e lungamente dire di (“asi lagri- mevoli. Oltre a quello che S. Beuedello nella sua regola ordina farsi dai suoi monaci , praticavano i Cassinosi alcuni idllcì voluti dalle condizioni de’ tempi c della lor Badia, i quali conducevano sempre a santo vivere ed alla bella ordinazione di ogni loro cosa. Fino dall’ anno 817 Ludovico re, tenuto in Aquisgrana un parlamento di abati e di monaci , aveva pubblicato sessantanove capitoli , che volle si osservassero in tutt’i monasteri del suo imperio, dei quali non fo parola polendo leggersi nella collezione de’Concili presso il Baluzio, ed al bue della cronica di Lione pubblicala daH’abale Della Noce. Questi, dice l’Ostiense, erano tenuti in grande venei-azione in Monte Cassino e come parte di regola praticavansi. Ma oltre ai capi- toli di Ludovico, poiché l’abate Cassinese aveva soggetti molli monasteri, e. mollo era il patrimonio che curavano i monaci dispersi per le terre e per le chiese, altre particolari consuc- (1) Erchein n. 20. n STOltlA DELLA DADI A DI ADIATE -CASSIA!) ladini orano nella lladia por provvodoro non solo alle domo- sliclio coso, ma pare a (piolle di fuori, ed anche perchè si manlenessc pace di fi-atelli tra i monaci de’ vai'i monasleri con iscamhievoli iiflici di carità e ceremonie di religione. Nel terzo giorno di Pasqua usavano i monaci di lAlonte-Cassino o quelli di S. Salvatore eh’ erano ai piedi del monte, al primo rompere dell’alha, indossate le sacre vestimenta , bene aflilati muovei’e a solenni processioni. Levate immanzi le croci, por- tando il codice degli Evangeli con turiboli e doppieri, ed in bella mostra quanto era di ricca suppellettile nel tesoro della Basilica, quelli discendevano, questi in luogo stabilito anda- vano ad inconti’arli. E uniti in oixlinc procedevano alla tenvi di S. Pietro a Monastero, e come avvicinavano alla Chiesa di questo Santo, canlaAano il responsorio Benedicius cjui venit in nomine Domini , poi dettala preghiera del sacerdote, i monaci delle due Badie abbracciavano e davano il bacio di pace pi’ima aH’abale, poi l’uno all’altro, e cantando le litanie entravano la Chiesa e fermatisi lino all’ Evangelo della Mossa, che dicevasi in Greco e in Latino, se ne usci\ano in lunga processione c traevano al monastero di S. Salvatore. iQuivi ordinali restavano nell’atrio che era avanti l’altare di S. Mi- chele Arcangelo aspettando l’abate, quale ginnto, con lui entravano la Chiesa; donde, solennemente cantata la Messa, se ne ritraevano. Le quali ceremonie compiute, ad una stessa mensa mangiavano tutti , e ciò pralicavasi a tenere fermo il vincolo di carità. Nell’ ultimo giorno di Agosto facevasi mi generale convegno di tulli i preposti ai monasleii e alle Chie- se , e v’era un rendimento di ragioni, un provvedere al mi- gliore , un destinare nuovi preposti , un ordinare a bene. E questi erano comizi dei quali leggesi in altro codice IMS. I monaci si elessero ad abate Berlario sacerdote, francese di patria, di nobili spirili, avveduto e provvidente, colto o fornito di lettere sacre e profane; fu scrittore di sermoni, dei quali alcuni leggonsi inediti ncirarebhio Cassinesc, di reltoricbe e mediche cose ; e versi scrisse all’inqieradrice km DOCCIVI. 4i) l‘ji^(‘lboi’ga ; fu uomo tloUissinio, guardando alla trislizia do’ Ifiiipi ili che visse. (M) Miti coslumi egli ebbe , ma in secolo assai foi'luuoso e barbaro , sicché quelli si accomodarono al tempo , c fu il pi’imo Ira gli abati in cui cominciarono a tra- sparire battaglieri spiriti : ma non da vituperarsi, perchè egli non usolli a dilatazione di signoria, o per talento di mischiarsi in politiche faccende, ma per jiropulsarc quella generazione Sai’aeenica, la quale un giorno più che l’ altro ingrossava e si faceva pestifera. Innanzi che veniamo a dire de’ fatti di questo abate mentre che andavano in fascio le cose ne’ principati Longo- bai’di, vienmi acconcia la narrazione deirorigine di Pontecon o come città che venne in prosieguo in soggezione della Iladia. Ih’a un Radoaldo Gastaldo in Aquino, c quella città reggeva deputato dal conte di Capua, nello stato di cui era compi-esa. Cominciati già i guai per lo scorrere de’ Saraceni, ed a questi scudo tutto volte le menti , parve al Gastaldo venii-gli buon destro per togliersi dalla dipendenza del suo signore, formarsi uno stalo in cui egli fosse solo padrone. Non escendo dal territorio del suo gastaldato , venne al fiume Liri a piè de monti che dividono la valle di Aquino dal mar di Gaeta, c proprio là ove sorgeva un giorno la vecchia ; e parendogli acconcio il sito a quel che divisava , tolse a co- struire un castello che addimandossi Pontccoi’vo, da un ponte ad arco gettato in sul fiume. Quivi rinchiuso, assembrò ijuanta gente potette del contado, che tenne a sua divozione, allettan- dola colla preda che faceva, scorrazzando a mò di barbaro la Capuana Contea. E crebbe in tanto la ragunata di que’ suoi satelliti, che intesero a fabbricare case intorno al castello, e si dette principio a città nuova. Tali cose operando ilGastaklo, 'lennegli sopra il conte Pandone Capuano suo signore, che a tornarlo a divozione lo teneva molto noiato , dalle mani del quale forse non sai’cbbe campalo , se non gli si parava un compagno all’opera ; fu (picsti un Magenolfo cherico, che aveva menalo sposa Ingena nipote dell’ imperadrice Engel- TUM. I. 4 STOlllA DEU\ lì UHI 111 MONTE- 1, ASSIDO :ìi) l)orga, (cos'i irovo noli’ ignolo Cassinoso, allri veda conio l’osso <|iioslo malrlinonio di clioi-ioo ) il quale dimoralo in Salerno in paco sollo Adomario, non si orodollo sicuro sollo Guairorio, o perciò mosso per Francia a cliiodore un qualche sialo all’ imporadoro , come cosa che si couTeuisso ad uomo unilo per sangue alla casa imperiale. Passando appresso il caslello di lladoaldo, (piesli gli mandò messaggio un lai Frso prole, il (piale gli venne dicendo, che se avesse volalo unirsi aRadoal- (lo,quesli avrebbe con lui diviso il dominio di quella nascenle signoria. ÌAlagenolfo assenlì, ed ilo aPontecorvo, promise, che a lui sarehhesi aggiunlo a classare ogni sforzo di Pandone. Sirelli i palli, il cherico lornò in Salerno, e lolla sua moglie c su(> masserizie, venne a lladoaldo , che spc'rava bene anche pel parcnlado del novello ospile. IMa il jMagcnolfo e lladoaldo non la polevano durare lunga pezza; messo che si fu ([negli in assello, cominciò a mulinare come rimaner solo, e scavalcai’o l’ospile. Infalli all’impi’oviso un gionio fece prendere da’ suoi lladoaldo e con duo ligli cacciollo in fondo di lorrc; fè suo il lesoro, i servi , c gridossi signore della lei*ra ; gli al)ilanli di cui incominciò poi a disporre a civillà c al comhallere rego- lalo. Correva in quei lemj)i coslumo , che principi deposli , perchè non dessero gelosia di sialo al successore , venissero Iramulali in monaci, e cosi per la condizione monaslica per- dessero in prosieguo alliludine al governo. Ciò corse in animo al I rad ilo lladoaldo, che non vedeva scampo, e veu negli fallo mandare pregando l’ ahale Ilerlario , che volesse accoglierlo monaco in sua Badia. 11 Cassinese piegassi; eMageuolfo che non avea più a leinere gli dello in mano il misero lladoaldo, che disperalo della signoria, acconciassi a vila monaslica più porlahile della prigione. Tali furono i principi di Poulecorvo, e Manie-Cassino fu il luogo dove andò a linire il foudalon' di un paese (i), che poi venne in soggezione Cassinese parie per (i) Tgnot. Gas. n. 26 . — Leo. Osi. Gap, 38. \m DCCCLW. ol (loiiazioiip , c parlo per danaio vivo e sonanlo, come vedrassi in prosieguo. In quei giorni capitanava i Saraceni un Siiadan, quale non so se io ini dica bestia o uomo, alle rapine ed al sangue anelava, ed era disperato battagliero, molti nomini ciascun giorno poneva a taglio di spada, ed ammonliccbiati i cadaveri sanguinenti se ne Iacea trono , sedendovi sopra , mangiando e bevendo. Appena ritrattosi Fimperadore Ludovico dallo mura di Bari pel tradimento de’ Capuani , costui fatta mano de’ suoi, eruppe dalla città, e venne a piombare su i prin- cij)ati di Benevento o Salerno. « E dii \orrà , scriveva papa « Ciovanni Vili qualcbe anno dopo a Carlo il Calvo di qne- « sta incursione, dirli di quanto siamo sofferenti per questa (( sozza generazione di Saraceni ? Ninno al certo, ebe tutte le « legna de bosebi tramutati! in lingue noi potrebbero « Cristiano sangue si versa, il devoto popolo di Dio è diserto « ]iei’ diuturni ammazzamenti, chi campa il fuoco o la spada, « vico preda è menato captivo senza speranza di salute. Le « città le castella vuole di abitatori non son più. A’ vescovi «; c[tià c là sperperati non rimano altro rifugio ebe il limitare (( del principe degli Apostoli ; covaccioli di fiere son loro cpi- (( sco})i, non a predicare ma a mendicare privi di tetto vanno (( errando ». Cosi lamentava negli anni appresso il papa i danni apportati da’ Saraceni (i). (865) Mentre questi cariebi di bottino se ne tornavano dalle terre Capuano e Napolitano in Bari,Majepoldo Castaldo diTclose, e Guadelperto Castaldo di Bqjano nel Ducato Beneventano tanto tempestarono e pregaro- no Lamberto duca di Spoleto, e Cerardo conto di Marsi, ebo li persuasero ad unire gli sforzi, c correre addosso a que’jiredoni. Il Suadan \ollò faccia, si venne a giornata. Ai Saraceni toccò la vittoria , i due Castaldi ed il conte Cbei'ardo con gi-ande moltitudine di Cristiani lasciarono la vita sul campo. Alloi’a i vincitori corsero più alla bestiale, e salve le |)rincipali città (i) Coll. Colie. Epis. Joan. Pap. :ì2 STOillA DELLA IJADIA iil AIOATE - LASSIA'O iiuinilo (lì mura cui uoii poUuaiio urlare, le altre terre e easlella strui’i’evauo ; IVlese, Alile, Supino, Bojano, Iseruia, il castello (lì Veuafro andarono miscraiueule in rovina. Fradi- lanlo i monaci Cassìnesì con tutto (piello scorrazzare di demo- jii, certo male avvisali, giusta una loro costumanza trassero alla Hadia Vollurnese, e per via incontraronsi co’ Volturnesi monaci, c visitandosi, con modi c discorsi santi rinfrescarono lor fratellanza. Mentre in quel consorzio di carità si allieta- vano i monaci, incontanente comparve il terribile Suadan coi suoi. 1 volturnesi forse ad esemplo di abate Ilerlario avevano fabbricato appo lor Cenobio un castello in cui potesscrsi rin- serrare in caso come questo ; colà i monaci , appena visto quel nembo di barbari, a gambe alzate fuggirono, e dentro si serrarono, ma certo cbe poco di vita loro làinase por la paui\a. 'l’ultavolta molti caddero morti, molti n’andarono dispersi, si (die poi per circa trent’anni vuota e desolala rimase quella badia. Entrarono poi i Saraceni nel monastero, guastarono c sfecero, e fmo il frumento, le biade clic trovarono riposte, al li urne giltarono ; quà e là si dettero a scavare in fin clic non eblicro rinvenuto il tesoro de’ monaci. E cosi sozzo di sangue il Suadan lieto per la preda come un nume fecesi dar d’incenso co’ turiboli della Cbiesa, mentre cbe mollo vino tracannava dai sacri vasi. Stato in Volturno tre di, partissi c portò guasto a Capua, poi retrocesse a Tiano. Forse allontanali i Saraceni i Cassiiiesi ebbero il destro di raccogliersi in Monte-Cassino; e tra pel rapportare di questi dello iniquità de’ barbari, e tra per la vicinanza di Suadan, Berlario impauri forte clic quegli non fa(*esse della Badia il governo fallo di S. Vincenzo : ma prudente cbe egli era, a stornare quel nembo mandò un suo monaco [{(’giualdo Diacono con tre mila monete d’oro, perebè colla p('cunia quotasse le \oglie di Suadan. Infatti la Badia restò saKa, ma quanto era di bestiame nelle vicine continde del monastero pivdarono, e ]ioi a Bari si rilrassci’o. (i) (i) Erclicm. 29. APO UCCCIW. 53 l (loslliii de duo priucipall inlrislivano sempre piìi , ogni l'iposalo vivere era sommerso, ed il j)eggio era elio dagli slessi popoli non poteva venir rimedio, e bisognava andare oltralpe per soccorso. Il li-adimcnlo de’ Capuani Taceva restio Timpe- rador Ludovico II, e perciò Tu adopci’alo anche papa TXicc(d() per piegarlo alla terza calala in Italia. Congregò iuTatli Lu- dovico poderoso esercito mcuaiido seco la moglie Engelberga, e nel principato llenevcntano entrò per la via di Sora. (i) Come Tu egli vicino a iMonle-Cassino , corrente il mese di Ciugno, abate Bcrlario e i monaci di S. Salvadore lui Tecersi incontro con solenne ordinanza, con accesi doppieri c Tumajiti turiboli, cantando inni ; c non Tu onore che non Tacesse il Cassincse a queirAngusto. Nel dì vegiicnle (picsli con Engcl- berga salì alla badia per visitare il scapolerò di S. benedetto, e . STlIIll.l DELLA BADIA DI MONTE -CASSIAO .'iS ili lloma, oUcnnc lo scioglimento de’ giuramenti, poi mossesi e ]>er cacciare quei barbari , e torre vendetta della sollerta prigionia. Negli anni precedenti grave scandolo aveva dato in Na- poli il duca Sergio, commettendo sagrilcghe iniquità contro il santo vescovo Attanasio di Napoli zio di lui (i). Voleva cac- ciar le mani nel tesoro dcllaCbicsa clic era ricchissimo , a lui oslava il prelato , ostò Roma ; ma dei monitori e delle sco- munlclie belfossi , il vescovo incarcerò. Grave tumulto destò la presura violenta nella chcrisia c ne’ monaci ; per cui il vescovo hi libero ; ma temendo fortemente di altri guai , riparò nell’ isola di S. Saivadore, donde mandò pregando rAngnsto di soccorso. Ludovico accolse in sua protezione Attanasio, e toltolo dall’isola, il fe’ menare in Sorrento in più sicura stanza. Sdegnò forte il dnca,c giurò guerra all’Angusto; tentò spai’gere semenza di discordia tra Ini e l’impcradore gj-cco Basilio ; adoperossi alla sua prigionia ; collegossi coi Saraceni. Saputo intanto il vescovo Attanasio della liberazione dell’ impcradorc dalle mani di Adelgiso, lui si aggiunse in l’avia, conforlollo anche alla tornata in Benevento; ma mentre che in compagnia di questo nuoveva coH’esercito per Capna, ammalò e si moià per via in un oratorio sacro a S. Quirico di pertinenza Cassinesc. Abate Bcrlario tenutosi sempre alla parte Imperiale, e perciò nemico a Sei’gio, accolse il cadavere di Attanasio nella badia, c l’onorò di sepoltura nella Chiesa di S. Pietro, che Ratchis re Longobardo avea fatta coslrnire appo la Rasilica.(2) (872) Oneste cose ho voluto discorrei-e che poi malamente frullarono anche aiCassinesi, poiché se per lo innanzi l’appulso de’Saraceni nel Ducato Beneventano a([uesli metteva timore di vederseli come scorrilori; ora cominciarono a vederli d’ appresso non più scorrazzanti , ma slanzianti al Garigliano, come vedremo in prosieguo, per o])cra de’Gaclani (1) Joaii. Ciir. Epis. Neap. Clir. Ubai. (2) Aucl. Vit.S Alban. Mur. S. 11 . t. Tom. If par. It p. 1 06 f.n. 2y . AMO DCCCLXXV. elio si unirono a Sergio di Napoli per far lega eo’ Saraceni. I^’esereilo d(}irAuguslo nello sialo Capuano mise in rolla una grossa mano di Saraceni presso Capua , Abimalecco che slj-ingcva Salerno di assedio non lo aspellò, c veleggiò subilo co’ suoi verso Africa. Alla pubblica salvazione successe fallo di vendclla. Ludovico assediò Bencvenlo ; ma Adalgiso lo fece rimcllcre da quell’ allo nemico, volgendosi a Greci ; ed ollennc pace, llilracndosi l’Auguslo dai siali Longobardi lolsc in Capua il corpo del Sanlo vescovo Germano, e con queslo sacro convoglio enlrò la novella cillà di Eulogi -Monopoli. Preso abaio Bcrlario da pio desiderio , pregò caldanienle fAuguslo clic il volesse donalo di una reliquia del Sanlo, o ollenulala, con somma venerazione lulloi’a si conserva , e da (pici lempo in S. Germano Iramulossi la nominazione di Eulo- gi mono poli (i). (870) Moriva l’auguslo Ludovico nel Icrrilorio di Brescia, c lasciava negli siali Longobardi dell’Ilalia cisliberina la slessa semenla di guai che molle volle avevaio Irallo colà , dico la presenza de’ Saraceni e la discordia de’ princijii. E l’una e 1 allra lìnora se avevano tenuto abate Bei'lario di animo sospeso intorno agli eventi futuri, 0 provvidente a guuranlirsi dalla tristizia di (jucsli, nessuna opera ( almeno noi dicono le cro- nache ) aveva messa o ne’ scandalosi falli passali Ira Sergio di Napoli, e il vescovo Attanasio, o nelle ribellioni di Adalgiso. Ala ora che le iniquità de’ tempi si face’s ano piìi dolorose , c nelle discordie cacciossi acconcialorc , c prese le armi a ces- sare furia di Saraceni. Malvage condizioni orano quelle dell’ Italia cisliberina, /Xmallilani Napolitani e alcun lempo anche Salernilani erano vernili a brulla lega co’Saraceni, che ove prima nemici a (pie’ del paese danneggiarono, furiarono poi avendoli amici ; c nella Puglia nella Calabria sulle tci're Capuane e nel Ducalo Komano nianonieltevano e guastavano. In triste angustie ( I ) Leo Osi. C. 4 0 . fio STORIA DELLA BADIA DI MONTE -CASSIA’O iufalti posero papa Giovanni, che ora al Greco, ora a Carlo il Cal\ o pietoso si volgeva per soccorso , ina invano ; ed ora per cianaio c seoiniiniclie si li-a vagliava a l’oinpere cpiclla lega che da Sergio duca di Napoli era mantenuta. S’ ehlie linai- mente nelle mani cpiesto principe accecato dal fratello Attana- sio Il vescovo di Napoli, che poi s’iinposscsò del Ducato, Ma l’alleanza tra Cristiani e barbari, c l’uso di chiamarli in aiuto nelle doincstiche cose, c il non aver mai pace, fu male peggiore c pici durevole. Infatti Landolfo vescovo e conte di Capua non era tra gli alleati , c neppure abate Bertario , ma grande inimicizia era tra cjucsti due prelati, dappoiché al Longobardo non andavano a sangue i monaci, ed era solito dire che ove s’imbatteva in un monaco, alcun male s’aspet- tava nel giorno, e come ([ucsti lusserò cosa pestifera, loro mosse persecuzione intuito lo statoCapuano;cnc’possedimenli Cassinesi con ogni violenza si cacciò, e non fu male che loro non facesse (i). 11 monaco Erchempcrlo discorre di ([ueslo vescovo c conte assai brullamente , e vituperalo lo manda ai posteri nella sua storia, c dice, che se volesse de’ falli di Lan- dolfo narrare, il tempo mancherebbe alla materia; e che per aver contezza dell’animo di quello siano da leggersi alcuni suoi versi , li quali non son venuti sino a noi. Mentre clic disperate erano le cose per l’ unione di Cri- stiani c Saraceni, Landolfo mori, lasciando a successore nelle laicali cose Pandonolfo suo nipote, c Landolfo altro suo nipote nelle spirituali. Ma Pandcnolfo , indugiando questo a farsi sacrare , consigliò Landcnolfo suo fratello uomo ammogliato a cacciarsi nella sedia episcopale con grandissimo scandolo de’ fedeli ;c fattolo tonsurare, mandollo alloina, perchè ]>apa Giovanni il sacrasse vescovo, promcllcndo assoggcllare se c lutto lo stalo Capuano al Romano seggio. Ed ecco per simo- niache corruttele sturbarsi le cose saule , e le civili disertarsi pili malamente ( 2 ). I buoni lamentavano quella violenza, e (i) Erchciii, .Ti. (■ij Leo. Osi. L. I, cap. 4i- AN^’O DCCCiniV. (il pavontavano gli scandali nella Chiesa e le guerre \icine. Tra <|iiesli fu l’abate Berlario, che unitosi al vescovo Leone di Teano , si condiisse a Roma per dislorre il Ponlefice dall’as- sentire a quella consecraziono, vedendolo già piegarsi al mal parlilo. Come si fu giunto alla pontificale presenza il Cassinese tolse a diro animoso. « Gi-avc e periglioso negozio, o Aposto- (( lico, ei ha tratto al tuo eospelto, certezza anzi che speranza (( di rimedio a’ mali imminenti ei ha volto in dolcezza le (( diUicollà del cammino , i pericoli delle scori-ihande de’ (( Saraceni. Tu sai che mala bestia si è cacciala nell’ ovile di (( Cristo, grandissima luiipiità conturba la Ciipuana chiesa, e (( gli animi son fra due tra lo scandolo, e i salutevoli provve- (( dimenìi, che da le solo si aspettano. E alto dolore aspreggia (c gli animi nostri ora che a odiamo le dubbiezze cacciare la « certezza por voce corrente, piegarli al tempestare di Pan- :» denolfo e all’ impronto consiglio degli amatori delia lempo- c rale possanza , e per nulla solleciti della spirituale. Rompi (( gTindugi, e non patire, principi ambiziosi violare le dl\ine (( leggi e calpestarle, e su di queste levarsi a maggior gran- (c dezza di stato ; non patire nomo uso a consoi‘zio di donna (( le sacre cose trattare, intento alle cose della terra gover- (( nare le celesti , caldo di ambizione trescare nella vigna (( del Signore. Nelle mani tue è fidato il volume d’ogni santa (( legge; osta cui osa con-ompcrle ; tu se’ guardiano all’mile; (( fatti pettoruto a cessare rabbia di lupi, insidio di ladroni. (( E siccome la civile ordinanza turbasi pei- turbaziono di (( religione, non discorro, ma veggo le ire cittadine rinfocarsi (( nella Capuana contea, ai’inarsi contro i fratelli le mani che (( varrclibero a (gessare la straniera tirannide; Salerno Amalfi (( Renevento Gaeta venire parteggianti tj-a gli odi Capuani ; « ardere la gnen-a, incorai’sl a poggior governo i Saraceni, « e Saraceni e Cristiani venirti ad un ora nemici. Or che il (( puoi alloca le scintille di un fuoco che va crescendo : è fuo- (( co che sturberatti I sonni nella stessa Roma, l’infesterà (( il seggio, il lascerai scoperto: e disperalo di argomenti Ii'2 STORIA DELLA BADIA DI AIOA'TE-CASSIXO « vedrai soUlarc in (jnelle fiamme la discordia della (diiesa (( Capuana; da quei santi penetrali io dico, donde non si « aspella che pace. Donde veri-atti aiuto? donde il rimedio? (( Forse da Franchi? ma Ludovico è spento, Carlo al pro]u-io (( si studia, c non al tuo; dal Greco forse? questi è greco e « lontano, e le foziane parti noi comportano. Da Salerno o da (( Napoli? ma non sai tu delle loro aderenze cogl’ infedeli, non {( sai die per ambizioni di parli non dubitarono cbiamarli e « tenerseli amici? Poni mente a futuri eventi , o Apostolico , (( non temere dei ])olenli terreni tu che di Divina virtù vai (( roborato per divina jiromissione. Ben disse il Cassincse, ma quelle parole trovarono fanimo del Ponb'fice disposto al parlilo peggiore per la offerta di l^andolfo di assoggcllargii Capua, sottraendosi dalla dipenden- za di Salerno. Arsero infatti le fraterne discordie, s’anneggiò al di dentro, tempestarono al di fuori i Saraceni; il papa fardi e malamente si avvisò ammendare il fatto , dividendo il \'eseovado di Capua, fidandone parte al maritalo Landonolfo, e parte a Landolfo ; ma ne portò la pena. Tnlanlo ambizioni sagrilegbe , debolezze pontificie , in- testini furori prepararono mortali percosse ai Cassincsi. E come queste si Acdevano imminenti, avvisossi abate Berlario in tempi tanto rolli usare di umani argomenti, e le cbiamale bande Saracenicbe di sua mano combattere. Le tribolazioni instavano. Pandenolfo agognava alla signoria di Gaeta citta libera, di proprie leggi moderantesi e dagli Ipali o ducili eletti dal comune, forte per naturale postura, ricca per industria di mercanti : non fu mai serva de’ Longobardi. Ai desideri del Capuano papa Giovanni ajiilava, ed ordinava : Gaeta gli venisse siiggetla. 11 conte fatto baldo de’ pontificali favori, osava. Venne ai danni dei Gaelani, i quali ove gloriosi sareb- bero trapassali ai posteri pel generoso rifiuto di sottomettersi al giogo Capuano, vituperati anzi che nò vi vennero per la cbiamala de’ Saraceni da Agropoli, ma (pieslo era il mal ANSO DCfXlXIV. (iO vezzo (le’tcmpi. Vennero i barbari navigando al lago di Fondi, 0 come coltello di fodero, (al dir di Leone) escirono dalie barche , c alle devastazioni furiarono. Papa Giovanni clic sapeva per fatto cosa fossero mani Saraceniebe, pentissi del favoj-e dato a Pandolfo, c con priegbi c belle parole fece clic Docibile Ipata in quel tempo dall’ alleanza alla guerra pas- sasse coi Saraceni. Alla guerra segui la pace , e i l)arbari stanziarono alla diritta sponda del Garigliano. E questi non erano i soli. Anastasio vescovo c duca di ]\a])oli , come quegli che teneva lega co’ Saraceni , aveva loro concessa co- moda stanza infra portimi Ecjuorum et I rbis niuruni, cioè presso la stessa Napoli (i) : c avvenne, che (pici did (iarigliano c quelli di Anastasio corressero alla disperata tutto quel tratto di paese che giace tra Benevento e Roma. Allora, narra Lione, che vari principi vennei’o alle prese con (piesti bai-bari , e nulla di Bertario; ma noi abbiamo bone donde argonientai-e, lui essei-c comparso in campo assembrando vassalli clic lien ne aveva, aver allacciato il giacco, impugnato sjiada c mosso alle offese. Mescolò le mani fortemente il Cassinese con ipie’ barbari con tanto valore, die di nomo l)attagliere levi) grido, e cbiaro addivenne in quella età (2). Quell’ armeggiare di Bertario se venne da necessità di difesa, fu ])rovvideuza , ma se da voglia di offendere e projnilsarc i barbari dalle campa- gne Mlnturnine fu improvvido accorgimento. Questi orano disperati di mano ; sperperati si rannodavano , e le rijinlse , anzi che domarli, aspreggiavanli, e cosi addivenne. Passarono due anni, c grossa mano di Saraceni mossi delle stanze ded Garigliano, forse protetti dalle tenebre, c senza che no sapesse cosa abate Bertario, presero clandestini la volta dei monti, e inaspettati irruppero sul monastero Cassinese nel dodicesimo giorno di Settembre : odio al Cassinese abate , e vendetta pel tanto operare di questo ai loro danni aggiunsero ])iìi feroci S])iriti agli animi de’barbari. Incominciossi dal predare , si ( 1 ) Erchem. n. 44' (^) Idem. (!l STOlllA DELLA lilDlA DI MOATE-dASSIKD fìnha nel l’iioco e nel sangue. Gli animi Irepidanli dal lungo lempo al solo jiome de’ Saraceni, istupidivano al vederli in quei santi penetrali , e non v’era che Dio cui volgersi, che il snhito \ cnire de’ bai-bari aveva tolto il come alle ininiizioni. Il fiioeo In appiccato alle mura, e divorava, la spada uccideva; molli gli uccisi , pochi i campali. Ciò alla vetta del monte : mortale spavento disperazione di salvezza turbava c disertava ì monaci di S. Salvatore in S. Germano. Tosto clic la vista delle fiamme , l’ arrivare di qualche campato chiari del caso misei-ando i monaci di S. Salvatore, molto pianto In l'atto , e si levarono guai. Bertario non pili pi'nsa^a alle difese, che l’acerbità del caso Cassinese avevagli prosli-ati li spii-iti ai fatti di mano, c tutto intese a ccrcai-e ajulo Divino. J^a religione di lAlaometto pi-ofessata da’Saraccni, l’odio che questi portavano al nome Cristiano erano pensieri clic acconciavano ranimo di lui a ipiello del martirio. Perciò egli rinfi-ancato da tale speranza, e imperturbato si versava tra’ suoi , i quali, morta ogni speranza umana, adoperossi rilevarli a ([nella di paradiso con queste parole. « La mano (( di Dio, o fratelli e figliiujli miei si è fatta su di noi, ma por (( Dio siamo tutto giorno mortificati, e come pecore al macello (( siamo deputati. Ma qual coltello qual rogo ci niuovcrà dal « santo nome di lui? Nissuno , che carità è più potente di (( morte. A che dun([ue (juel pallore su i volti , (]uel pianto, (( ([uei dispei‘aro ; questo si che piìi di morte mi grava, e me (( ne ])iango il cuore. Voi duraste al cojnbatti menti dello (( spirito e della carne, in cui era pericolo di anima immor- (c tale, e cadrete di s])irlto ai patinieiiti del corj)o che c polvere « e non altro? a che (luiKjuc i lunghi anni vissuti nella peni- ce lenza, a che il poco mangiare c dormire , le salmodie pcr- (( petue, le voglie dome, la carne travagliata, i conforti dati (( a vicenda? ora è per \ol tanto male il dar la vita a Cristo? (( Correste lo stadio volenterosi, ed alla meta vi arrestate, (c indietreggiate? Durate o fratelli, c sperate nel Signore; (( v’accingete all’ agone che bau combattuto le inigliaja di iMO DCCCLXIV. f)j (t martiri fatti di bronzo al cospetto de’ tiranni , e de’ supplizi o: per virtù superna. Sono spade infedeli che insidiano a (( questa poca giornata di vita, sono corone immortali che vi (( attendono ne’ Cieli. Non siete i primi alla pugna, vi preces- (( sero i Cassinosi fratelli testò rapiti alla terra al cielo donati, (( i quali v’ han segnato il cammino col proprio sangue ; siale « parati ad imprenderlo. Il Signore c con noi, da lui la virtù, (( per lui la morte, il trionfo elernalmenle con lui.» Con queste ed altre parole rialzati e confortati gli animi , come soppesi del ritrarsi do’harl)ari, a pietosa opera inteso il santo abate. Levata innanzi la croco , gravi e contristati avvicendando le salmodie , Bertario e suoi monaci salirono il Monte - Cassino ; c come ebbero toccata la vetta , non è a dire come loro si chiudesse il cuore , e come sanguinasse alla vista di tanta rovina e di tanto sangue. Cercarono i corpi dei trafitti fratelli, li ricolsero , piagnendo e orando , li sotterrarono. Poi tosto ritraendosi a S, Salvatore, fecesi forse un dimandare a vicenda se c quando il Signore avrebbe rilevate le arse mura della Badia , e ricondotti i pochi fuggiti a quella : ma Iddio non dormiva su i destini di lei. Corsero quaranlanove giorni dal fatto lacrimevole di Monte - Cassino ; ed i Saraceni innuzzu- liti dalla preda , alla preda tornarono , fermato togliere di mezzo abate Bcrtario , cui vivente , non si credevano sicuri. Ma temendo , in S. Salvatore prepararsi le difese , come a difficile impresa mossero grossi di molla gente ripartili in molti schifi e zalte j rimontarono il Liri , poi imboccando al Rapido, appropinquavano a S. Gciaiiano. Molli monaci abita- vano il monastero di S. Salvatore , e mollissimi a questi se n’erano aggiunti venuti dalle altre Badie italiane ; nelle quali non era meno il timore de’ Saraceni : e tra perchè sapevano delle mujiizioni falle da Bcrtario a (pici monastero , e tra perchè in que’giorni erano i barbari montali in bestiale furore disertando le loro Badie, a quella delCassincse J’iparavano.(i) (i) Vita S. Beri. MS. Cod. 870. TOW. I. Gl! STORIA DELIA DADIA RI MOr^TE-EASSIK!) Laonde crcsciiilo il numero de’ monaci in S. Salvatore, cre- sceva la comune trepidazione, e come più presente t'accvasi il pericolo , cadevano di animo , ed assediando Bcrtcmio , lui chiedevano del farsi. Questi , non rimettendo della costanza, tranquilli e riposati spirili mostrava sul volto imperturbato ; parlò di nuovo a’ suoi del martirio che avrebbe fruttato il mo- rire per mano di Saraceni ; c sceverali i piìi robusti di animo c disposti a patire pcrCrislo, i poverelli di spirilo lasciò partire, perebè provvedessero a salvezza. I parliti recavano seco le l)olle,i diplomi, i privilegi, la Regola diS. Rcnedello scritta per lui stesso, e quanta suppellettile potettero portare ; c venuti a 'J’iano, sotto la moderazione di Angolario, quivi fermarono loro stanza nel picciolo monastero di S. Ronedetto. Tempestavano intanto nelle vicinanze i già venuti Saraceni. Rcrlario coi restali votatisi a Dio, si ridussero in Chiesa commendando al Signore le animo loro. Cosi disposti sopravvennero i barbari colle spade in pugno, che tosto furono sozzo di sangue. Trovalo Rertario a piè deH’altare di S. Martino, come alcuni vogliono, off(*rcnlc il santo Sacrificio , lui cominciarono di aspri rim- lirotti a svillaneggiare , ricordando le legazioni presso di Liulovico esercitale, e il molto suo combattere ai loro danni. Poi a lui affisante il ciclo placidissimo , mozzalo il capo , lo finirono. Pari sorte corsero gli altri monaci, e preda c rovina molla fu falla da’ Saraceni. (884) Cosi moriva abate Rcrlario e con lui la Cassinesc Radia, ma non la speranza che rinverdiva nei rifuggiti aTiano. Dalle cose finora delle chiaro argomentasi, lui esser stato uomo di levalo ingegno , di provvidi accorgimenti , della propria c comune cosa amatore, atto alle lettere ed alle scienze , c di queste commendevole cultore, per monastici esercizi riputalo pio, per militari falli valente, levato agli altari come martire. Innanzi che mi allontani colla narrazione dalla distrutta Radia, è bene che mi arresti alcun poco a dire dell’opera che posero I Cassinosi nel conservare le lettere dal \T secolo lino allo scorcio del IX. ANXn DCdCLXXXlV. (ii Pessime condizioni erano quelle in che versava l’ Italia pei’ ogni maniera di sapienza, dominandola i Longobardi; i quali sebbene , come devoti a religione, molto ajutassero alle arti con qne’ monasteri e quelle cinese che levarono ; tuttavia non troviamo avessero di alcun favore curato lettere c scienze. Barbari erano ; c i destini dell’ italico popolo non si raccoglie- vano nelle inani di un solo : principali cagioni erano queste ])cr cui le umane discipline difettassero di un protettore , in una stagione in cui per gueri-e c per civili rivolture andavano malamente perdute. I monaci riveriti per religione, tranquilli nelle loro sedi erano i soli che potevano adoperarsi a prò di quelle , conservando le opere degli antiebi , e sci’ivendone nuove. Ed infatti in questo doppio ministero di conservazione e di propagazione di sa]iicnza intesero que’ primi benedettini, in guisa clic il nome di loro è ancora benedetto dalle presenti generazioni. Le opere che costoro scrissero , avvegnaché fossero come piante nate in terra non avvivata dal sole, tutta- volta non lasciarono disvezzare le menti dallo studio delle umane discipline ; e sono bellissimo argomento, clic ne’tempi, in cui le altre nazioni erano selvatiche , questa nostra patria caduta dell’antico seggio latino, non al tatto ebbe chiusi gli occhi a luce di sapienza. Oltre a que’ primi discepoli di S. Benedetto, illai-co. Fausto e Sebastiano scrittori di pochi vei'si e di (jualcbe vita di Santo, ed a coloro che intesero a qualche maniera di lettere nel mo- nastero Lateranense in Roma , è da fare ricordanza di Paolo Diacono, d’Ilderico, Teofane, Autperto Bassaccio, e Bortario, come di quelli di cui solo avanza notizia. Delle ojicre di Paolo meglio è dire nelle note di questo libi’o. Ilderico sciasse versi in lode di Paolo suo maestro, pubblicati dal Maià e da altri, ed un trattato di grammatica che leggesi ancora inetlito nell’ Archivio Cassinese(i). Teofane scrisse anche versi, e cantò le virtìi di nostra Donna, la venuta di S. Benedetto in Monte-Gas- (i) Veci. Doc. M. CK STORIA DELIA RADIA DI MO?JTB- CASSILO sino, la fondazione dei monasteri di S. Salvatore e di S. Maria in Pliimbariola. Antperto compose Omilie , elogiando Santi. ]\la (piegli che dopo Paolo ebbe maggior fama per levatura . 4-3- (3) Lib. I . capo IO . (4) Cenlur. 2 . cbillad. 1. pag. 99 . ?0 A’OTE E DOCniEXTI affei-ma a suoi Icnipi (jiieslo parole : Casca Caseum ducti essere un adagio nato da (piel motto Papiniano , del (piale proverbiavasi o vecchio che disposava donna vecchia, o uomo che stretto si teneva con altri con cui ora analogia di alcun vi/do , o del corpo o dell’ anima. Ma seguendo la opinione del Faceiolato, del Passerazlo e di altri, che Caseos sia greca voce , chiaro si mostra Cassino essere sorta innanzi la rovina di Troja; conciossiacchè e Livio, e Virgilio, e Dionigio ed altri non discordano nel narrare come le voci greche furono disu- sale in Italia dopo la caduta di Troja, ([uando venendo Enea in ([ucsie parti, c rotto ed ucciso Latino re degli Ahorigini , occupalo suo stato, i varii popoli che vi erano, tutti Latini, volle si addimandassero, e la favella del Lazio parlassero. Laonde di mollo (piesta città avanzava di antichità la stessa Roma in balia di cui venne, poiché Tchhero successivamente dominata gli Osci, i Volsci C(l i Sanniti, secondo Varrone, (i) Sirahonc ( 2 ) pone al confine del Lazio Cassino, che chiama memorahile od ultima por sito delle città Latine: ma poiché troviamo nelle antiche scritture , (picsla città giacere ora nel Lazio, ora nel Sannio, ora nella Campania, giova hrevemento dire di questa apparento discordanza. Tutto quel trailo di paese che abitarono gli Ahorigini, i Lavini, i Rutuli Laurentini , e Trojani, poiché Enea li ebbe uniti in una sola gonio detta Latina, fu nominalo Lazio, che signoreggiò Enea, e tulli i re Albani suoi successori fino ai re di Roma. Impe- rando Tarquinio il superbo (3) la regione Latina si dilatò per conquiste falle da lui ; poi francatosi il popolo romano in libertà, e soggiogati gli Eipii, gli Ernici, gli Arunci, il paese di questi popoli aggiunto al Lazio, con questo nome fu appi'l- lala tutta quella regione che dal Tevere al promontorio Circeo si prolungava; (4) ed in quel tempo Cassino mm fu città Latina. ( I ) Loc. cit, ( 2 ) Lib. 5. png. 237 . R. (3) Liv. lib. I. cap. i53. e lib. 2 . cap. 215. (i) Virg. VII. /Eae. Plia. lib. 3. cap. a. Tacil. lib. 4-. ann. AL l'illAlO LiURO. li Ma lo (ìiveiinc quando, al diro di Idillio, oltre il promontorio Circeo accresciutasi la signoria de’ lloinani delle terre de’ Volsci , dogli Osci c degli Ausoni , il Lazio si disteso lino al Liri; non pertanto questo fiume fu confine alla regione Latina, poiché Sinuessa (castello di Mondragone ) che giaceva al di là del Liri più lungi di Cassino, da Plinio (i) è messa nel Lazio. Oppidum Sinuessa exiremum in adjecto Latio. Laonde essendosi tre volte dilatato il confine del Lazio, venne a questo triplice denominaziono di vecchissimo, essendo i re Albani; di vecchio, quando fu terminalo dal promontorio Circeo; di nuovo, quando dal Liri; e perciò Cassino fu città del nuovo Lazio. Troviamo poi presso S. Gregorio ( 2 ) etl ia altri scrittori del medio evo , Cassino essere nella Campania ; e presso Eginardo (3) nel Sannio ; e (piegli disse bene, perchè nel suo tempo il Lazio aveva già preso il nome di Campania ( della (jualc mutazione non è facile stabilire l’ epoca ) e questi locò nel Sannio questa città , poiché in quella regione era Benevento capitale del ducato Longobardo di questo nome , in cui era compresa la terra di Cassino. Narra Livio (4) che nell’ anno 44 1 dalla fondazione di Roma furono mandali quattro mila Romani a Cassino, ed In- teramne. Itcramnam,ct Cassinum ut deducerentur colonice Senatus consultum jactum est; sed Triumviros creavere, ac misere colonorum (jualuor millia insecjuenles Consules AI. Valerius , P. Decius. 11 qual l'atto é anche confermalo da due iscrizioni che leggonsi nel libro del Grutero P. Ju.mo. P. F. Stel. Severo. IL Viro. Curato. REie.IiNTERAMAAai. Lirin. Eorumdem. Patrono. Col. Casinatium. Venuta Colonia Romana la città di Cassino creblxi in mollo splendore , conciossiaché le civili e sacre cose moderaiulosi in essa a norma delle Romane (sondo le colonie quasi figlie della città da cui ebbero (1) Luoc. cit. (2) Lib. Dialog. (0) Ann. Frane. (OHI. 2, Ci) Lib, 9, c.ip. 28. 72 NOTE E DOCIMBSTI gli abitatori) (i) nc venne, che come negli cclifici pubblici , nel macstrato, nelle cerimonie di religione decorosi e magnifici erano i Romani, tali addivenissero i Cassinati: nè io conget- turo. iVIando il leggitore pel Gattaia che nella seconda parte delle sue dissertazioni ( 2 ) produce moltissime iscrizioni di lapide rinvenute nel territorio di Cassino , nelle quali leggesi come i Cassinati avessero un loro Senato, il corpo de’ Decurioni, e Duumviri ministratori di giustizia ; Quadrumviri , Decemviri giudici alle private liti; altri ben quattrocento giudici, edili eletti in ciascun quinquennio, e procuratori delle vettovaglie, e Pontefici, e Sacerdoti, ed Auguri. Il numeroso maestrato è pure argomento di moltissimo popolo; nè a questo avviso combatte lo spedire che fu fatto de’ coloni, come diserto di abitatori fosso stato Cassino , perocché le grandi città o per angustie di terre, o per esuberanza di popolo solevano sgra- vai’sene con mandarne fuori una parte ad abitare altre terre, ove fosse stato più ampio territorio. Strabone (3) ricorda ben tj’edici città nell’Asia minore e nell’ isole del Mediterraneo nato por emigrazioni di greci, stantechè questi cresciuti di numero, e stretti da due mari Ionio ed Egeo , non più capivano nella regione avita, e trasandando i confini del paese, traevano al- trove in procaccio di nuove sedi. Laonde la missione di quello colonie ne chiarisce del moltiplicato popolo di Roma, non di poco popolo abitante Cassino. Tuttavia ove noi vogliamo pren- dere la voce Oppidum, con cui nominarono gli autiebi Gassino, in senso di castello, o di terra, non pare questa colonia essere stata grande cosa. Ma egli è nascosto nelle vecchie scritture, solo Roma aver nome di città, Orbs, e qualunque altra, avve- gnaché nobilissima città , non di altra voce nominarsi che di oppidiimf^on fu famosa ( per non dire di altre) quella Segeste in Sicilia? eppure Tullio nella fi. ^Verrina disse. Scf/esla est oppidum pervetus Sicilice. La qual cosa non da Romana (1) Florus lib. i.cap. 2 . Curtius lib. 4- cap. 3. Plinio lib. i5. cap. 19 . ( 2 ) Acces. ad Itisi, (om. ii. (3) Lib. i4* pag. 633. r 1 Al PRIMO LIBRO. 13 superbia veniva , ma pure dall’ uso che gli anlichi facevano della voce Oppidum, o che di città, o che di misera terric- ciuola parlassero: c lo disse Cicerone (i) Quamquam locis manuque sepissent , ejusmodi conjunctionem tectorum Oppidum, vel Urbem , appellarunt , delubris distinctum sqmtiisque comunibus. Ne poi la moltitudine del popolo , la ricchezza de’ cittadini , lo splendore degli edifici faceva die città si appellasse una ragunata di case iibitate : ben altra fu l’origine della voce Urbs come è bello vedere presso Varrone. ( 2 ) Finalmente possiamo conchiudere il discorso di Cassino Co- lonia colle parole di Gellio , (3) essere stalo simulacro ed immagine della maestà del Romano popolo. Questa illustro città divenne poi Municipio Romano, come appare in una lapida presso Cluverio. (4) Quinc . In . Municipio . Suo . Casini. e nell’ orazione di Cicerone prò En. Planco. Il Galtola si avvisa , Cassino fosse stato dichiarato Municipio nell’ anno di Roma 663 quando per la legge Giulia , dopo la guerra sociale , ebbero le italiche città la cittadinanza Romana , come se dal diritto de’ suffragi , e del jx)tere esercitare cariche o civili, o sacre in Roma debbasi argomentare il diritto municipale di Cassino. Ma a noi non va a sangue la sentenza dell’ erudito Cassinese ; perocché sin dall’ anno 44* godeva Cassino della cittadinanza Romana; non essendo stala una delle colonie latine o italiche , ma delle Romane , gli abitanti delle quali erano riputati cittadini Romani , come ò chiaro presso Livio (5) che chiama cittadini di Roma quei di Velletri che era colonia Romana. Per la qual cosa non abbiamo prova che ci costringa ad affermare, Cassino essere (1) Lib. 1. de Rep. (2) De lin. lai. lib. 4 . cap. 32 . (3) XVi i3. (4) Lib. 3. cap. 8. (5) VI. 12. VII. 14. n un E DOCEMEXTI stillo dichiarato Municijiio ncl6G3, c meglio giova dire incerto il tempo in clic avvenne questo latto. Sebbene pubblicala dal Gattola, pure è bello rapportare un;i isciizioue riguardaiilo uno della casa degli Ummidi , tra i Cassiiiali nobilissimi ; la quale meglio chiarirà come i Casinati godessero del Jus honorum nella città di Roma , argomento lermissimo della loro cillailinanza Romana. C . Ummidio . C . F . Ter . Durmio Quadrato . Cos . XV . Vir . S . F . Leg . Ti . Caesaris . Aug . Prov . Lusit . Leg . Divi . Claudi . In . Illirico . Ejusd . Et . Neronis . Caesaris . Aug . In . Syria . Procos . Provinc . Cypri . Q . Divi . Aug . Et . Ti . Caesaris . Aug . Aed . CuR . Pr . Aer . X . Vir . Stilit . Jud . Curat . Tabular . Publicar . Praef . Frum . Danti . Ex . S . C . Benissimo rispondevano al decoro della cittadina govcr- nazionc, airanticbilà di origine di Cassino, i pubblici edilici, gli avanzi de’ quali sono testimoni a dì nostri della ricchezza, de’ gentili costumi de’ Casinati. Un anfiteatro è ancora in picili , il quale ove non il martellare del tempo , ma le furie delle guerre non avesse in alcuna parte guasto , om lo si veilrebbe intero; tanto magistero di arte, e sceltezza di mezzi vi adojierarono a levarlo! Ummidia faceva costruire del suo (|uesto anfiteatro col tempio ai Casinati. E ima lapida pri'sso l’Arcbivio Cassi nese che lo dimostra. Ummidia C. F. Qua- dralilla Anphileairum , cl Templum Casinalihus sua pe- cunia feeil. E a far voli che quel poebissimo di terra che ne copre r arena venga , (piando che sia , rimossa da ([ualcbe amatore della veneranda anlicbilà , ed io porto certezza , che il mollo clic potrebbe rinvenirsi di lapide , o di altri anlicbi monumenti lo rinfraneberebbe di cento tanti della misei’a (juanlità di biade che se ne ricava. Sono anche sa per lo costa del monte gli avanzi del teatro , di acipiedolti , o|)era AL PRIMO LIIIRO. ìj del UiUo Romana, ed un magninco sepolcro, clic altri mala- mente si avvisò essere tempio, il quale, interissimo com’è, mette grande maraviglia per solidissima costruzione di mura formate di grossissime pietre calcari , non unito e fermale da cemento ; dalla quale fattura , c dalla nessuna decorazione interna di basi c trabeazioni potrebbe dirsi quell’ edificio opera Etrusca anzi che nò. Nò credo essere stata ultima ca- gione dello splendore c magnificenza dc’Cassinati edifici il molto numero de’ Romani , che accorrevano alla città loro tratti dalla dolcezza e temperanza dell’ acro , c dal bellissimo territorio che Tullio nell’aringa contro Rullo (i ) appellò ottimo e fruttuosissimo, e Silio Italico ( 2 )lo disse abitato da Ninfe, dal rompere che gli fanno nel seno cento vene di freschissime acque, che poi in vari rivoli lo corrono. Quelle tre facili col- lincttc che sorgono alla manca sponda del Rapido accolsero all’ombra dei loro pioppeti quel dottissimo d(f Romani M. Verronc, il quale vi teneva una sua villa, di cui non so se sia mai stata altra più bella c dilettevole ; giova leggere ([uello che ne dice esso Varrone (3). In questa beata stanza, al dir di Tullio, (4) apriva quel sapiente lo spirito ad ogni maniera di studi, e ne faceva quasi tempio allo Muse. Poi ne venne M. Antonio possessore, che l’ebbe profanata e sozzata di bagoj’di, e tramutolla in bordello... Ab Ime relùjionum perturbai ione advolas in M. Varronis sanclissinii ac ùilef/crrimi viri fiinduni Casinatem At quam mullos dies in ea villa turpissime cs perbacchatus. Ab hora tertia bibebatur , ludebatur, voìnebatur. O lecta ipsa misera, quam dispari domino! (quamquam quomodo iste dominus?) Studiorum enim suorum 31. Varro voluit esse illum non libidinum diversorium. Quee m illa villa ante dicebantur? qiue eo- (jilabanlur ? quee litteris mandabantur ? Santa e famosa sede (1) De leg. Agr. (2) De Bel. Punte. lib. 12 vors. I527. ( 3 ) De re rust. lib. III. cap. V. pag. m)7. (i) Philip. 2. Ì6 NOTE E DOCUMENTI era duiMjua quella villa Varroniana p resso Cassino , la prò fanazione di cui scaldò di tanto sdegno il petto del terribile oratore. Io non so, nò è facile argomentarlo, quando una tanta città figlia noMlissima della madre Roma toccasse quell’ ultima rovina , che ridusscla a condizioni di misera terricciuola , quale norainolla S. Gregorio nel sesto secolo. Certo è per altro die l’eccidio patito da Roma negli anni 4 -^ 5 , 472, Ò4G, 54 q, fu arrecato da Genserico, da Ricimcro, e Totila in tutta la regione cistiberina, ed in quel torno di anni rovinò quella città. E qui cade in acconcio emendare il fallo del Cornerei napoletano , il quale nel vocabolario universale della lingua latina da lui compilato (Napoli 182^) alla voce Casinum scrive: er ipsum llumeii ascendit uscpie ad priores lines, una cum omnihus castellis, vicis, domibus, ecclesiis, luolemlinis ct aquis, caelcriscpic omnibus (jua) intra pra;- dictos fines habentur. Prmtcrea corroboramus ac ia perpetuum confirma- mus eidem dilecto filio ejusque successoribus in omni conventu Episcopo- rum, ct Principum superiorem universis Abbatibus sedere, et in consiliis et judiciis priorem sui ordinis hominibus sententiam prolcrre, pro reverentia tanti loci qui primum et summum monasticai legis latorem vivum ct mor- tuum retinere promeruit, quique ipskis legislationem in eodem Casiiiensi emuobio scribens, verlro etcxomplo casnobitale pro|>ositum appetentibus in loto mundo sole clarius vibravit. Pro quo, Casinense coenobium exaltan. tes, decernimus ac in perpetuum confirmamus, ut supradictus locus digni- tate, vigore, ac honorificentia praecellat omnki monasteria quae constructa vel construenda sunt in toto orbe terrarum. Al>bas<[ue ejusdem loci cel- sior ac celebrior existat omnibus Abbatibus camdein regulam tenentdeus. lllicquc lex monastici ordinis caput teneat ac principatum, ubi ejusdem legis descriptor fienedictus pater sanctissimus, canulcm describens, pro- mulgavit IleguJam , ibique Abbates ct monachi bonorem ac reverentiam deferant, et ibi usque ad diem judicii (luaerant doctorem ubi monaebonim universalis magister et doclor fienedictus Pater almilicus corporaliter una cum sorore sua quiescens, gloriosa; resurrectionis iliem cxpcctat. De- functo autem Abbate, ex se ipsa congregatio secundum sanius consilium sapientum ct seniorum fratrum sibi Abbatem deligat, ct apostolica; Scilis Pontifici firmandum ct consecrandum exhibeat, ncc aliter ibi Abbas con- stituatur, aut aliunde illuc introniiltatur , nisi forte ex se aliquem tanto regimini idoneum non habuerint, ct ob id saniori consilio extraneum sibi elegerint. Insuper autem pra;senli Privilegio supradiclum locum una cum omnibus ibi pertinentibus ecclesiis et possessionibus per totum orbem roboramus, atque ut nullius alterius ecclesia nisi llomani Pontificis di- cionibus submittatur , auctoi itate apostolica interdicimus. Ita ut nisi ab Abbate vel a Proposito fuerit invitatus missarum solcmnktatem nullus Episcopus celebrare praesumat in eisdem possessionibus, quod a pra?senti prima Indictione irrevocabiliter in p('r|ietuum stabilimus retinendum, et cum Dei timore servandum. Statuentes insuper apostolica censura sub divini judicii observatione, ct validis atipu; atrocioribus anathematis in- terdictionibus, ut uullus uiKjuam qualibet dignitate aut potestate piiRilitus prffismnat eidem monasterio vel omnibus ejus possessionibus vim inferre, vel aliquid de iis aliquomodo auferre vel alienare. Sed ct nec pacis, nec ()arl)arico lompore alicpiam jacturam, aut molestiam inferre, licio, a.‘tcrna;(jne maledictioni tiepntandum. At vero qui pio intiiitn luijns nostri apostolici constituti observator exislit, benedictionis gratiam a misericordiosissimo Domino Deo nostro por intercessionem beatissimi Patris nostri Benedicti conse- quatur, el vita; eterna; proemia adipisci mercatur. Scriptum per inanum Leonis JNolarii et llcgiouarii, atquc Scriniarii carissimae Romana; Ecclesia; in mense Januario perindiciioaem suprascri- ptam primam. Datarum duodecimo calendarum martiaruin Aquini , per manum Benedicti Episcopi S. Silva; Candida; Ecclesia;, et Bibliotliecarii sancta; Sedis apostolica; anno, Deo propitio, Pontificatus Domini nostri Zacbaria; summi Pontificis , el universalis Papae in Sanctissima Sede beali Petri Apostoli primo, in mense IMartio, indictione suprascripla. Gli Annali Fuklensi neiraiino 7^7 narrano lalnlicaziono (li Carlomanno, c porcit) poiK^ndo, che almeno un anno Tosse scorso da (jiicITalto , durante il quale venne in Roma , fu sacrato clicrieo , e dimori) sul Soratte, cade appunto noi Tan- no 4-8 di questo secolo la sua ^ entità a Mojite -Cassino. INel (>. ss mi E i)ncn!E:^Ti (’odicc MS, scg. II." 3!)3 a piè della pagina 277 02 pag 44 ) In nomine Domini nostri Jesu Christi Dei eterni. Rarolus gratia Dei Rex Francorum et Langobardorum, ac Patricius Romanorum omni- bus Episcopis , Abbatibus, Ducibus, Comitibus, Judicibus, Gastaldiis, NOTE E liìICniEXTl !){ nclionni'iis, vicariis, centonariis, vcl rcliiinis lidclibus noslris prasscnlibns scilicel et l'nlnris. iMaxinunu rcfrni nostri in hoc augere credinuis niiini- inenlnin, si pelilionilHis Saccrdoliini al(jne servorum Dei, in ([iio noslris ani ihus fuorini prolalao, libenti animo, obtemperamus, al(jue ad idrectum perducimus, regiam consuetudinem exercentes; et hoc nobis ad mercedis augmentum, vel stabilitatem regni nostri in Dei nomine perlinere cou- lidinms. Igitur cunctorum lidelium Sanctas Dei Ecclesife iioslrorumque cognoscat solertia , (jiiia venerabilis vir Theodemar Abbas S. Benedicti de castro Casino, ubi ipse corporis sepuilura? locum veneratione dicavit, cum cmicla Congregatione quas in eodem loco sub llegula almilici con- lessoris Onmipolcntis Dei Benedicti veraciter militare cognovimus, mise- runt ad nostram prassenliam Benjamin monachum, postulantes nostram celsiindinem , ut ob Jesu Christi Domini nostri, Sanctique Benedicti reverentia et anima; nostra; mercede , ad augmentum suprascripli monasterii, et sn])pleinenlum ejusdem loci confirmaremus iii eodem sancio ceeiiobio monasterium Sanctas Maria; in Maurinis, sicut Ildcbrandns Dux in eodem ceenobio Casiucnsi offeruit. Quorum petitiones nos ob anima; nosliiu mercedem, ad augmentum tanti loci proficuum esse reco- lentes, libenter audimus, et prailaxalnm monaslerium S. Maria; in Mau- rinis in eodem B. Benedicti Ceeiiobio pcrcmiilcr mansurum volumus cum ecclesiis, ccdlis, villis, capellis, titulis, casis, servis et ancillis, carlulatis, praiferendariis, colonis et colonabns, aldionibus et aldiabus, terris cultis, incultis, agris, campis, pratis, pascuis, silvis, vineis, salicctis, caniiclis, aquis, aqnarumqne decursibus, })iscalionilms , molendinis, molendi- r.isqne locis, montibus, planitiebus, vallibus, paludibus quaesitis vel inquirendis, mobilibus et immobilibus, quae adipisci poterit, praelaxatae Ecclesiae B. Benedicti, et Tlieodemario abati ejusqiie successoribus, qui pro tempore fuerint pastores, atque rectores ejusdem monasterii ex in- tegro confirmamus ac roboramus , cl per nostra; auctoritatis pra;ceplum stabiliemus, ut jure ecclesiastico habeant, teneant, lirmilerque possideant, omnium hominum contradictione remota. Statuimus videlicet, ut nullus ilux, marchio, comes, vicecomes, seu quilibet reipublica; exactor homines ejusdem Ecclesia; injuste angariare vel flagellare ; seu res ejusdem Ecclesho tollere, aut illam disvestire audeat. Et si aliquis per falsas car- inias res ecclesia; alienaro desiderat, vel alienavit, liceat rectoribus jam dicta; ecclesia; per sacramentum et testimonium bonorum hominum ciremumaueutium se defendere juste et legaliter, illam res ecclesiam perlinere, et sic easdem res ad jus et dominium ecclesiae reddat. Si quis autem huius nostra; confirmationis |u.'pccplum infringere, vel violare temptaverit, cl pianlicta^ ecclesia’ B. Benedicti rectores vel pastores, vel Al PRIMO LIBRO. 93 eorum missos, seu aliquos homiues ipsis perlinentes distringerit, aut aliquam violentiam fecerit, sciat se compositurum auri optimi libras centum, medietatem cameras nostrae, et medietatem praefato venerabili abati, et suis successoribus, qui pro tempore fuerint rectores ejusdem ecclesia). Quod ut verius credatur, et diligentius ab omnibus observetur, jussimus bidè hoc praesens praeceptum conscribi, annuloque nostro sigil- lari, manu propria subter firmavimus. Signum Raroli gloriosissimi regis. Jacob ad vicem Radoiiis — Data octavo Ralendas Majas , anno decimo , et quartodccimo regni nostri , indictione undecima : actum civitate Capua, in Dei nomine feliciter, Anien — Rarolus gratia Dei Imperator Augustus. PRECKPTliU EJU.SPEM RE ECCLESIIS AC POSSESSIONIBUS PER DIVERSA LOCA. (Tbidem, num.° to3,pag. 44> ) In nomine Domini nostri Jcsu Christi Dei eterni. Rarolus gratiae Dei rex Francorum, atque Langobardorum, ac Patricius Roinanorum ; omnibus Episcopis, Abbatibus, Ducibus, Comitibus, Judicibus, Castaldeis, actionariis, vicariis, centenariis, vel reliquis fidelibus nostris praesentibus atque futuris. Maximum regni nostri in hoc augere credimus munimen- tum, si petitionibus sacerdotum , atque servorum Dei in qno nostris auribus fuerint prolatae, libenti animo obtemperamus, atque ad effectum perducimus regiam consuetudinem exercemus ; et hoc nobis ad mercedis augmentum vel stabilitatem regni nostri in Dei nomine pertinere confi- dimus. Quapropter noverit solertia vestra qualiter ob reverentiam sancti confessoris Christi Benedicti ad petitionem religiosi Theodemari abalis ex monasterio Casinensi tale beneficium in ipso monasterio visi fuimus concessisse ; unde monachi Deo servientes pro nobis et pro cuncto populo Christiano exorantes vivere valeant, idest res pertinentes sacro nostro pa- latio per diversa loca , qua) genitor noster Pipinus una cum fratre suo Rarulo in eodem sancto coenobio obtulerunt. Igitur sicut ab illis in eodem loco oblata et confirmata sunt, et nos in perpetunm habendum tenendum, ‘JC mn E DocniEXTi cl (lominandiim concodimiis ol coiifirmaimis. Ecclesiam S. Jacobi in Tre- mili ; S. Joamiis in Veneri, quas a Marliiio monacho ejusdem ecclesiae conslrnclorc B. Benedicto oblala est. Dehinc ecclesiam S. Liberatoris sopra fluvinm Laentinn ; S. Angeli in monte Plano , Castellum S. Angeli; castellum S. Petri, curtem S. Januarii cum perlinentiis suis inter has lines: ah uno latore cripta latronis, quae est sub monlicello Sarracenisco , et inde ascendit in Slafdum de Majella : de alio latere quomodo tlescondit in aqnam frassiningam , et inde mittit in rivum ha- cinnum, et vadit in puteum de Capotano; inde fossatum S. Januarii, et in rosentem. De alio latere finis Bisara in viam quas vadit in Laenna supra S. Donatum; hinc in Ficarium, inde in fossatum de S. Lucia, et ascendit per aquam frigidam iu limite de monte plano, et sicut vadit sub ipsius limitibus in fossatu Garifuli, et ita vadit iu Aleuto. Inter quos fiiios nulli homini aliquid dedimus sed fischo regali perlinebat; omnia in eodem ccenobio obtulimus, dehinc ecclesias S. Mariae in Bacinno; S. Fe- licis in Pastoricio ; S. Benedicti in Turri ; S. Viti supra llunieu Lavinium; S. llelias in sclangario; S. Comitii justa rivum arulnm; S. Felici in pnlverio ; S.Calisti in diano, S. Mammetis ibidem; S. Mariae in Potiano, S. Marci ibidem. S. Eleutherii in Rupi; S. Pauli ibidem, una cum castro Calcaria; S. Erasini in cerritu piami; S. Salvatoris, et S. Martini ibidem: S. Benedicti; S. Marias, et S. Comitii iu Orno; S. Calisti; S. Petri in Albianellu; S. Mauri, et S. Renati in Taralolano, et piezu Corvarium; S. Calisti in vallo supra Lamtum; S. Mariae supra fara de Lamtinn ; S. Sabini in Trevanico; S. Clementi in Plumbata; S. Marias in fluvio foro; S. Petri iu Lolliano; monasterium S. Severini ; S. Mennc in ripe; S. Andrcae in Colle de Alba ; S. Petri in Ari ; S. Angeli ante civitatem Or- tonam; Castellum de Ungo; Castellum de Prata; S. Crucis in Castro Casale; monasterium S. Pancratii; S. Petri in civitate Teatina vetero; S. Pauli ibidem ; S. Tede in civitate Teatina nova ; S. Theodori , et S. Salvatoris in Aternu cum portu suo; iu Comitatu Pennensi ecclesiam S. Felicis in Stabulo; S. Benedicti in Lanriano, S. Scholasticas juxta fluvium Tahe; S. Angeli in Galbanico ; S. Felicis in Rosicole; S. Marias ad Pa- ternum; S. Martini in Geneslriila ; S. Petri, et S. Cecilias in Castronlano; S. Petrus in Ternmie ; S. Benedicti, et S. Mariai in Manrinu cum portu suo; S. Victoris in silva plana; S. Benedicti, et S. Scolaslicas in Pinne; S. Marias, et S. Benedicti, et S. Columbae in Alarino; S. Marite in Coseii- tia; et S. Benedicti in Bari; S. Severi in Sorrenlu ; S. Benedicti, et S. Andreas in Caudi ; S. Sophias in Benevento, S. Ceciliac iu Neapolim; S. Benedicti in Salerno; S. Benedicti in Gajeta; S. Salvatoris ibidem; S. Laurentii in Majolilii; S. iMauri in Maranisi ; S. Mariae in Maritendulo ; Al PRIMO UDRÒ. 91 S. Arrapili; S. Scolasticas iu Teauo ; S. Joannis in Irpinisi; S. llcparal®; S. Maxiini in Rivo Bulaiui Cainpulridclu ; S. Alarliiii in VuUnrnu cnin porli! suo; S. Mari® in Turcinu ; S. Bencdicli in Benevento; S. Angeli in Alefrid; in Cornimi S. Victorini, S. Erasini, S. Alari®, et S. Qnirici in Arci; S. Comitii in Piscaria; S. Pelri in Ceccann ; S. Liberatoris in Piiscolle; S. Leopardi et S. Petri in Teczania; S. Angeli in Lalana; S. Benedicti in Casigenzana; S. Benedicti in Lanriano; S. Benedicti in Cicilia; S. Petri in Conca; S. Benedicti in Panlanii ; S. Vigilii in monte S. Angeli; S. Alari® in Calvo; S. Alauri in Gualdo Libiiri®; S. Scola- stic® in Padule ; S. Alarlini in Ciipnli ; S. Benedicti in Aline. In Comitatu Alutinense monasterium S. Benedicti in Adili ; monasterium S. Alarlini justam stratam petrosam; monasterium S. Joannis iii curte Frassenelula ; monasterium S. Domnini in curte Argele; S. Vitalis in curte Calderaria ; S. Alari® in Laurentialico cum omnibus perlinentiis eorum in quibuscum- que locis positis seu casalibus aut fundoris tam domnicatum villis cum rusticis et colonis , et cum famulis utriusque sexu , per singulas curtes , et per singula monasteria qu® superius leguntur una cum terris, vineis, pratis, pascuis, silvis, piscationibus, aucupationibus, cultum, et incultum, divisum et indivisum, arboribus fructiferis et infructiferis , et pomiferis ex diversis generis , et cum omnibus super se , et infra se habentibus iu integrum in eodem monasterio Casincnsi concessimus in perpetuum scm- per habendum. Pariter etiam in eodem loco concedimus cunctas res qn® in eodem loco oblal® sunt per omnes regni nosti i lines, seu et qu® amodo in antea qualiscumque homo donare vel offerre ex rebus suis; idest ter- ris, vineis, casis, molendinis in pr®diclo monasterio sancto et venerabili loco voluerint, licentiam et potestatem habeant donare et offerre cum quali ratione voluerint suorum sint licentiam sine conlrarietate Principis, Archiepiscopis , Comitibus, Episcopis, Gastaldeis, Judicibus: ut quem- admodum ad eumdem venerabilem monasterium B. Benedicti possess® fuere per hanc nostr® confirmationis auctoritatem nostris , fulurisquH temporibus Abbas ipsius loci S. Benedicti lirmiterque , inviolabililerque teneat, et possideat, prout facultas vel utilitas ipsius venerabilis loci exi- gerit. Ita ut nullus Judex publicus quislibet ex judicialia potestate in cellas et villas , aut agros seu loca , sive reliquas possessiones nostri Cffiuobii S. Benedicti, quas moderno tempore in quibuscumque paginis, et territorio infra nostri regni ditione juste et legaliter possidet , vel quicquid etiam deinceps divina pietas ipso loco voluerit augere ; ad causas audiendas vel fredi , aut tributa exigenda , vel mansiones aut pa- ratas faciendas, vel fidejussores, jussores tollendos, aut homines ipsius monasterii tam liberos, quam servos, seu carlulatos vel offerlos , et qui TOM. I. 7 !)8 NOTE E IKICniENTl super lerraiu earumclem eodesiaruni resident, nulli liceal distringi redi- bitiom» , vel illicitas occasiones in perp(;luuin requirere. Si quis autein lioc contradixerit, et liane nostrani oblationem infringere eonaverit, sciat se penaiu persolvituruin abatibus ipsius monasterii. Et ut hac nostra auctoritas /Irmior habeatur, ac Deo auctore inviolata conservetur, manu propria subter roborare decrevimus, et anulo nostro sigillare jussimus. Signum Raroli gloriosissimi regis. Karolus gratia? Dei imperator Augustus — Jacob ad vicemRadonis — Data octavo decimo Ralendas Martias anno tricesimo Regni nostri. Indictigne septima. Actum civitate Papia in Dei nomine feliciter. Anien. PRiECEPTlM EJUSPEM PE AQPA ET RIPIS S. BEAEDIdT. (Ibid.y num. iof), 4S a tergo.) In nomine Domini nostri Jesu Christi Dei eterni. Rarolus gratias Dei Rex Francorum et Langobardorum, ac Patricius Romanorum : Om- nibus Episcopis, Abatibus, Ducibus, Comitibus, Judicibus, castaldeis , actionariis , omnibusque subjectis nostris prassentibus scilicet et futuris. Maximum regni nostri in hoc augere tam petitionibus sacerdotum atque servorum Dei, in quo nostris auribus fuerint prolata?, libenti animo nos obtemperare eiiramus, atipie ad effectum perducimus, regiam consuetu- dinem exercemus, et boc nobis ad mercedis augmentum, vel stabilitatem regni nostri in Dei nomine pertinere confidimus. Quapropter noverit sol- lertia vestra qualiter ad petitione nos religioso viro Theuthinaro abati ex monasterio S. confessoris Christi Ilcnedicti, quod est constructum in loco qui dicitur Castrum Casinum , ubi sacratissimum corpus ejus humatum est, tale beneficium circa ipsmii monasterium visi fuimus concessisse, ut ubicumque fuerit aqua conjuncta cnm terris ipsius monasterii, eadem aqua cum alveo suo, et cum ripis ex utrisque partibus, in eodem mona- sterio concessimns, atque libenti animo conlirmamus : ut pro nobis, nxoreqne nostra ac liberis, seu cuncto populo nostro Domini misericor- di, ani attenctius deprecari, et de auctoritatis firmitate habeatur; ac diu- turnis temporibus Deo adjutore inviolata conservetur, mann propria subter roborare decrevimus, et nniuilo nostro sigillare jussimus. Signum Karoli gloriosissimi regis. Il PRIMO LIBRO. 9 !) K.nroliis f^mtiaDci iinporalor augustus — Jacob ad viccin Uadouis — Data oclavodeciiHO Kalendas inarclii. Anno tricesimo regni nostri. In- dictione septima. Actum civitate Papia. Iu Dei nomine feliciter. Aineii. L. Gugliolino Cave nella sua storia letteraria dei scrittori Ecclesiastici, discorrendo di Paolo Diacono (i) e delle opere di lui, divide queste in esistenti e perdute. Le prime di etti fa menzione Pietro Diacono ( 2 ) e Vannotatore di lui Ciò. Balt. Mari, sono; De Historia Lonfjoharclorun libri VT — IJisto- ria Miscella libri XXI H , cioè la continuazione ai dieci libri del Breviario di Eutropio — De vita S. Gregorii Papoì libri IV — Vita sire passio S. Cy primi — Vii ce S. Benedicti^ Mauri, ac Scholasticce virginis — Versus de eadem S . Scholastica — Excerpta queedam de primis Metensium Episcopis — Vita S. Arnul/i Aniensis Episcopi — Hymnus in honorem S. Joannis Bapiistee : Ut queant laxis — Homiliarium. Le opere poi che il Cave dice essere perdute sono : Expositio Beguìce S. Benedicti — V ersus de mira- culis S. Benedicti — Gesta Episcoporum Papi ensium. Ora possiamo con certezza asserire , non essere andata perduta questa esposizione della Regola di S. Benedetto di Paolo Diacono , ma esistere inedita nell’ Archivio Cassinese. ()uesta leggesi nel Codice MS. segnato 353, il quale è mem- branaceo in loglio, composto di 291 pagine, scritto con carat- teri Longobardi per cura di Giovanni 1." abate Cassinese, che governò la Badia dall’anno qi5 al 934- Per altro possiamo stabilire con maggior certezza l’anno della scrittura di questo Codice, poiché nella pagina 277 è scritto con rossi caratteri ; Domnus Atenulfus princeps sedit an. XI mens. VI. In- dici. XIII. Domnus Landulfus et Domnus Atenulfus pater ejus, Jilii supradicti Domni Atenulji sedil an. X..,. (i) S.TC. Viti. P. II. pag. 4i8, edilio Genevae MDCCV. (‘ 2 ) De vir. ili. Gas. * Illll M)TE E l!l)f,niE\Jl Essoiulo iiiorlo Alonollo i." JiciT Aprile del 910, e j)0- neiido che gli anni del governo de’ figliuoli di Ini dehbansi noverare daH’anno di sua morie, l’anno decimo del principato di l^andolfo e di Alenoll'o, in cui scriveasi questo Codice, è appunto il 920 o il 919. Nella prima pagina è ritratto con colori S. Benedetto che consegna ad abate Giovanni il volume della Regola. 11 Santo è rivestito di Ionica di colore cilestre , e su di (piesla indossa una Dalmatica di coloro rossa, di cui è anche il cappuccio che gli copro il capo,o sul ginocchio destro gli scende una stola da Diacono. Egli ba barba e capelli : siede su d’un seggio con sopra un cuscino , il quale lia come predella sulla quale poggiano i piedi del Santo : gli è dietro la ligura di un Angelo, come ispirandolo. L’abate Giovanni che toglie il libro dalle mani del Santo è in piedi ; ha tonica di colore verde, ed indossa uno scapolare cilestre che non va oltre dell’ umbilico , unito sotto la scapola, ed ha il capo coperto di cappuccio anche cilestre, e porla sul petto una stola di presbitero : egli pure ha capelli e barba non prolissa. 11 Santo c l’Angelo banno intorno al capo l’aureola circolare; l’abate ne ha una quadra, come usavano apporre i dipintori di quel tempo alle figure degl’ uomini venerabili per pietà di vita. Vedesi anche ritratta una Chiesa, e nel campo del dop- pio arco che la regge è ?.rv\\[oS(mclus Benedicius , Johannes /IbÌKis. Noi riproduciamo il disegno di ipiesto dipinto, mala- mente puhhlicalo dall’ahale Angelo della Noce, dal Mabillon, e da altri, essendo falsala l’ architettura di (piella Chiesa, la l’orma degli abiti e delle scarpe ; ed aggiungiamo il disegno del dipinto che c nella seconda pagina del Codice non ancora pubblicato. L’abate della Noce c il Mabillon jiensarono, non essere questa esposizione di Paolo Diacono, ma di non so qual mona- co d’ oltremonte. Che Paolo chiosasse la Regola, lo dice Leone Marsicano : Rofjatusrjìte ( Pauhis Diaconus ) a prwdicto Ahale voi jrairihus , expositionem super Reeptlam S. Be- nedicti valde utilissimam edidit, ubi multa de veteri hujus Fac- similci^'s deU' originale) eslrallo dal Codice M S dell' Ardiivio Cassinese , secato 3^5. To/n / ^- 5 ^ Fac- simile ridollo alla meta' .circa dell' uno, naie To^ 7 /^^x^ ICO Al l'Il.AlU lllillO. U!l loci conmcludine necessaria leslanlar. L’os|)osì/joim‘ della Regola che leggiamo neiraiizkletlo Codice ao3 eonliene mol- tissime cose che riguardano le particolari eonsiieludini di Monte-Cassino, delle quali j)ote\a ben diseoia-ere Paolo Cassi- nese, e non alcun monaco di ollremonle. E chiaro argomento anche , leggersi nel detto Codice , oltre quella esposizione , moltissime altre opere di Paolo pubblicate, in guisa che pare tutto il libro contenere cose di Paolo Diacono. E scritto anche a piè della seconda pagina da mano piìi recente del X — Expositio Pauli Diaconi Monaelii Casin. super Re fj ulani, ó*. = Angelo della Noce aggiun- ge di propria ma\\o=- A recenlioì i nianu luce epiijruphe est= Ora il della Noce essendo vissuto nel XVI 1 secolo, è a dire che lo scrittore di quella ei)igrafe scrivesse nel XVI secolo, lo che mostra che fin nel mille cin(|uecenlo lenevasi questa esposizione come cosa di Paolo Diacono, e questa ragione unita all’ antecedente bastano a chiarire questo latto. Ma perchè chi mi legge s’ablxa una prova più convincenle, diiò, essere nell’ Archivio un Codice dell’ XI secolo segnalo n. 3o2 in lo- glio, che contieni* l’anzidetto Comento della Regola, che porla in fronte queste parole scritte nello stesso secolo — Kxplicil Prologus. Incipil expositio Pauli Diaconi et monachi S. Benedicti — Non sarà ingrato ai leggitori che io produca alcuna cosa di questo Comento , perchè meglio conosca di ipial mente andasse fornito quel Longobardo. Ecco come chiosa il Prologo della Regola. EXW.ICIT PROLOGUS ( REGUL E S. BEVEDICTI ) ITEM EXPOSITIO HUJUS PROLOGI. Tres enim siinl Ecclesiastica3 iliscipliiuc : prima pli_ysica, idesl natu- ralis, secunda etilica, idest moralis, tertia logica, idest rationalis. l\am physica derivatur ab eo quod est physin : ptuisin griece, latine natum di- citur: etilica autem derivatur ab eo quod est etliin : Elhin quippe graece, latine tuores dicuntur. Logica autem derivatur ab eo quod est Logos 102 !\0TE E Dnr.lLMEXTI Loffos eiiim graccc, latine Ratio dicitur. Propter has ergo tres disciplinas ecclesiasticas Salomon sapientissimns oninimu lleginn Ires lil)ros edidit! priinnin librum appellavit Parabolam, secundum Ecclesiasten , tertium Cantica canticorum. Primus quidem liber convenit parvulis , quia in eo saspe parvulos quasi lilios alloquitur, dicens: Audi, JiU vii. Unde etiam in ipso libro frequenter mentio malarum rerum Iit, idest, meretricum et hereticorum et eseterarnm his similium. Secundus autem liber bene congruit majoribus, quia in ipso jam majores ainmonentnr vanitates mundi despicere : unde ipse liber a vanitate inchoat, dicens ; / 'avitas va- nitatum, dixit Ecclesiastes, vanitas vanitatum et omnia vanitas. Tertius vero liber convenit perfectis, eo quod in eo non adversa aut tristia, sed IcTBta reperiuntur. Istius enim Salomonis ordinem tenens beatus Benedictus non ignarus Ecclesiasticaj disciplina dixit: Obscidla, o fili , prwcepta mayistri. Idest, sicut Salomon in primo suo libro parvulos quasi filios alloquitur, ita et ipse in principio sui libri parvulum quasi filium allo- quitur, dicendo : Obscidla, o fli,prmcepta Magistri,ei catera.Nam hoc sciendum est, quia quidam libri habent quidam vero obsndla; sed sive dicas ausculta per au, sive obsculta per ob, nil obstat ; eo quod auscultare dicitur quasi auribus scultare,hoc est, auribus audire: obsculta vero est, communiter audire, quia ob in hoc loco pro simul ponitur. Nunc videndum est qua ratione Sanctus Benedictus cum dixit: Fili, pramisit o ; cum sufRcisset illi dixisse,^// tantum ; eo quod iii eo nomine, quod est fili, vocatio intelligitur. Sed sciendum est, quia sicut solent multa nomina pro e.xageratioue, idest aiigumentatione, intellectus sui sibi assu- mere quasdam adjectiones syllabarum : verbi gratia, cum dicis pradives, prapotens, excelsus, et catera, assumpta pree et ex, hoc est, valde dives, valde potens, valde celsus; ita Sanctus Benedictus ut exagerarel vocationem suam, fecisse cognoscitur, cum dixit, pramitteiido o : nam,o fdi, duo vocativa sunt, quasi diceret: Fili lili. Filius ciiim multis modis dicitur, idest natura, adoptione, imitatione, doctrina, et gente. Natura autem et adoptione omnihus notimi est; imitatione quidem dicitur, quia illius est filius quis, cujus opera imitatur: undeUominus in Evangelio dicit Judeis : Ros ex patre Diabolo estis, quia ejus opera facere mitis. Doctrina vero, sicut dicuntur fili positi sub magistris, unde Apostulus dicit: Ego vos genui per Etangelium. Gente autem sicut fuit ille dives positus in inferno Abraha3: unde cum Abraham filium vocavit, dicens: Fili, recordare quia recepisti bona in vita tua, et Lazarus similiter mala. Et similiter dives Abraham patrem nominavit, dicendo : Pater Abraham, et reliqua. Et quamquam mullis modis dicitur filius, seinper ibi paler etiam si non sit positus, subintelligilur : eo quod filius non potest esse sine paire. In AL l'iìlMO LllilU). 103 lioc mim loco Sanclus BcikkIìcIus cum dici! /7//, palcniilalis affccUmi , at(|ue niagislevi disciplinam erga le oslemlit, se habuisse. Te vero sua oratio, qua dicitur fili, manifestai ad quid adducat, idest, ostendit le ducere ad paternitatis affectum , et magisterii disciplinam suscipiendam. Prfficepta dicuntur, eo quod praemium capient, dum sui servatores ex illis pramia capiant. Magister vero dicitur quasi Magistratus, idest, magis doc- tus, sicut dicitur discipulus a discendo. Queritur etiam, qtiare Sanctus Benedictus dixit, inclina, cum potuisset dicere, aperi. Sciendum est, quia multi aperiunt aures, sed non inclinant, idest hniniliant •, nam ideo dixit inclina, quasi diceret humilia. Quia enim nisi superhi aures et cuncta niembra erecta haberent nequaquam Scriptura diceret divina : Aures eo- rum aggrava, et oculos superborum humiliabis : eo quod superhi semper in fastu superbia; erecti sunt. Et hoc sciendum est, quod non ita dicuntur superhi ipsa membra superba habere, ut ipsa membra siut superba, sed quia oflicia membrorum superborum sunt superba, ideo membra «licuntur superba. Et quamquam cartera membra propter officia sua dicantur su- perba , tamen in oculis magis solet eogtiosci supei-bia. Est sensus, cum dicit: Inclina aures, hoc est, ad bumilitatem discendam auribus submitte, quia inclinare est ab exccllioribus ad bumilia submitti. Iterum videndum est, quare cum dicit: aures, subjunxit cordis, cum sufficisset illi dixisse, aures, sine abjectione cordis; eo quod Scriptura divina ubi aures dicit, cordis aures requirit : unde Dominus in Evangelio dicit : Qui habet aures audiendi audiat. Ibi enim non de auribus corporis dicit, quia omnes qui illic aderant aures corporeas habebant: et nemo illuc venisset ad audien- dum, nisi aures corporis habuisset. Sed (juia Dominus cognoscens (ut Deus vidit) illic multos uon aures cordis habuisse, ideo clamabat : Qui habet aures audiendi audiat: quasi diceret, illos enim alloquor qui aures cordis habent. Nam aures exterioris bomiiiis sommi tantum audiunt sed non di- scernunt; eo quod noster homo exterior communis est cum bestiis, homo vero interior communis est cum Angelis, quia ipse ad imaginem Dei plasmatus existit. Sanclus vero Benedictus, quia bmuilibus cl simplicibus hominibus loquebatur, ne aliqua difficultas esset intelligeudi de quibus auribus diceret, ideo adjiecit,coe(//s. Aures autem, secundum antiquorum sapicnlum sensum, quasi audes dicta; sunt; eo (|uod audiunt: secundum autem sensum novorum sa|>ienlum , aures dicuulur ab bnuriendo ; eo quod hauriunt sonum. Iterum etiam qiia;ri potest, quare Sanclus Bene- dictus, cum dixit, cordis, subjunxit tui, cum, illi sufficeret dixisse solummodo cordis : sed ideo subjunxit tui, propter exagerationem cordis , idest, propter nimiam intentionem cordis. Nam ea mleulione Pater Benedicius dixit: qua intentione dicit Deus ad Ezechielem Prophetam mt E iincHEvri ]in ociilis litìs. Ail cnini: Fili hominis , vide oculis fuis , et auribus luis audi, et pone cor tuum in omnia quee ego ostendam tibi; quia ni ostendantur tibi, adductus es hoc. Et pulchre hic Dominus tuis adilidil, «juia oculos et aures cordis requirebat: quasi diceret: Quia non possunt liaec quae til)i ostenduntur oculis corporeis videri , et auribus corporeis audiri, idcirco dico tibi tuis, ut ea oculis propheticis videas, et aurihus spiritualibus audias. Ita et Sanctus Benedictus in hoc loco addidit lui, quasi diceret: Quia ista que ego te aiuinonere studeo, fili , auribus cor- poreis non potes audire, idcirco lui dico, ut ea auribus cordis intente audias. Como poi noi ci siamo Iravagliali a dimoslrare opera di Paolo (piGslo Comento della Regola di S. Benedetto, cosi fare- mo di contradire al Monlfaticon, il (]iiale attribuì a Paolo non so (piale parafrasi delle epistole di S. Paolo. ( Bibliolh. Bibio- ihecar.) Rapj>orta egli, essere nelfArchivio Cassinese un Codice manoscritto segn. n.“ 34-9 , con (piesto titolo Paraphrasis Pauli Diaconi in Epistolas Pauli. Non v’ ha dubbio , che il chiarissimo monaco ebbe visitato (jnelf Archivio , e con ogni diligenza messo ad esame i Codici che vi sono ; ma è anche a dire, che (juel catalogo di scritture egli fece in Francia, lidando in (piello che gli rapportavano i Cassincsi ; e perciò quella parafrasi, che non esiste, fu peccato della fantasia di questi, non del Montfaucon : ed ecco come vennero i monaci in questo errore. Vero è, che sia unCodice in 4*. “membranaceo di fogli di scrittura longobarda, che non va oltre il secolo XI, mancante del principio. Pare clic contenesse tutto il nuovo Testamento, poiché comincia con quelle parole del capo Vili degl’Atti degli Apostoli Precamini vos prò me ad Domi- num, e poi seguono la Epistola Cattolica di S. Giacomo, quelle di S. Giovanni, di S. Paolo, c l’Apocalisse. Non trovo para- frasi nè cornenti in tutto cpiesto codice. Come poi abbiano creduto esistere, e quella essere di Paolo Diacono, panni essere ciò avvenuto dal leggere i seguenti versi che sono alla fine del Codice : Clara beati agnoscere Pardi dogmala qui vidi Volvere hunc studeat cum magna indagine librum. AL PRIMO LIBRO. io:! Carìnen enim vìlco rctinct parilerque gehcnnce, Ecclesia! prceliosa Dei munilia gestat. II ic quoque repperiet lector frumenta animarum, Et satiem sine fastidio requiemque beatam. Scriptoris si forte velles cognoscere nomen, Paulus Diaconus vocitatur et ipse monachus: IIoc opus auxiliante Deo perfecit, et ille Ipsius ad laudem et sancti Archangeli Michaelis. Oro , ne Dominum cesses lector rogitare , Gratum ut accipiat scriptoris votum et ipse. Deo gratias. Alius incepit ego finihit. Che un Paolo Diacono monaco abbia scrltlo questo Co- dice, è vero ; ma die questi sia il celebre Paolo non credo, si perchè molti trovo nel Necrologio Cassinese i chiamati di tal nome, e Diaconi: e sì anche perchè la voce scriplores in quei versacci non accenna ad autore di alcuna cosa, ma a vero co- pista. Nè poi quel titolo esteriore che porta il Codice Paulus Diaconus in Epistolas Beali Pauli ^\\ò certificarci di alcuna opera di Paolo che vi si contenga, poiché è mano assai recente che lo scrisse. Fu detto in questo libro come Carlo Magno scrivesse Epistola a Paolo Diacono , la quale portammo in volgare , e che venne pubblicata da Angelo della Noce, dal Mabillon, dal Menardo , dal Eftenio , dal Muratori : ma i versi dati in luce da questi non compongono tutta la lettera imperiale ; la trovo intera in un Codice di questo Archivio segnato n." 2^7 del XII secolo ; e sarà bone pubblicare i versi mancanti. Christe pater mundi, scecli radiantis origo. Annue nunc voto, ut queam tua mystica dona Dicere quoe nobis solita clementia prwstaf. Atque salutifera patribus perferre salutem, Surge jocosa veni mecum fac fistula versus. Incipe quamprimum meritas persolvere grates. Et cordis plectro tu dic vale fratribus almis ; Dulcia qui nobis doctrinw mella ministrant, Cai-minibusque suis permulgent pectora nostra. 10(5 ^•()TE E DOCIMEXTI Curre per Ausonku non segnis epistola campos, Atque meo Paulo certam deleto salutem. Gratificas laudes dic, et pro carmine Iceto, Quod mi/ii jamdudum jolacidum direxerat ille. Inde per egregiam transibis praesulis aedem Adriani, tantum Petri loca sancta rogando Pro me , proque meis visitata relinque silentes. Questi versi erano inediti : seguono i pubblicati : Hinc celer egrediens facili mea carta volatu Per sylvas, colles, vedlesque prepete cursu Alma Deo cari Benedicti tecta require. Est namque certa quies fssis venientibus illuc. Hic olus hospitibus , hic pisces, hic panis abundans: Pax pia, 7nens humilis, pulchra et concordia fratrum : Laus, amor, et cultus Chì'isti simul omnibus horis. Dic Patri et sociis sanctis : Salvete, valete. Colla ?nei Pauli gaudendo amplecte benigne. Dicito multoties: Salve, Pater optime, salve. Questi clue ultimi versi non sono nell’ anzidetto Codice del XII secolo, bensì in altro segnato n." 449* Sembra che delle Omilie eli Paolo Diacono una sola ri- manga inedita , la cjuale abbiamo rinvenuta in un Codice MS. roi , e jx*rciò la mandiamo a luce intera. E fjuesta una esposizione di cjuella parte della storia evangelica — Inlravif. Jesus in quoddam CasleUum, et midìer queedam Marlha nomine excepil il'uni in domum suam — e ad un tempo un discorso delle virtù di nosta Donna. Può argomentarsi da questa Omilia come la grave e semplice eloquenza degli anti- chi Padri si consei'vasse nella Chiesa per quei buoni monaci di S. Benedetto. ( Ea Cod. MS. sig. »t.® i8i. pag. 77. J ijacrai leclionis series quas nobis evangelico de fonte manavit , licet compendioso tramile in sua superficie sit modica , magiiis tamen sccus iiilcrius utilitatum est spatiis dilatata. Ecce enim audivimus cum, quem secundum divinitatis suas cccellcntiain noii capit mundus, parvo fidelium Al PRIMO IIRRO. IO) liigurio imilieriiin liiimanitalis in forma suscopliim , cui allora (jiiso Alar- tlia vocitata est corporale prasbebal obsequium; allora voro, ([iia; ATaria (licebatur, spirituali adberebal intuita. Sed boc ulrarmnque lain divisum officium, mysticis profecto est intellectibus exequenduin. Duje siquidem vilas a bonis fidelibus in boc mortalitatis tempore geruntur , quarum sci- licet altera activa, altera vei’o co^itemplativa vocatur: e quibus primam greci praelicen, seguentem vero t/ieoricen appellarunt. Dua? ergo iste Domino dilectae sorores , duas bas vitas spirituales , (juibus in presenti saldilo sancta exercetur Ecclesia demonstrant. Martha quidem actualem, qua proximo in charitate sociamur; Maria vero contemplativam, qua in Dei amore per contemplationem suspiramus. Erat ergo una intenta operi, altera contemplationi : una active serviebat j>er exterius ministerium ; altera contemplative per suspensionem cordis In verbo. Activa namque vita est, qiuB in operibus justiti® , et proximi utilitate versatur; conlcm- plaliva autem, qu® vacans omni negotio, in sola Dei dilectione defigitur, flarum una in opere bon® conversationis , altera in contemplatione est incomunicabllis veritatis. Una ({u® ex fide in hac peregrinatione vivit; altera (ju® bene viventes usque ad regnum perducit. Activ® enim vii® magna sunt pr®mia, sed contemplativ® potiora ; activa a bonis operibus incipit; contemplativa pervenit ad id quod intendit. Activ® vite opera cum corpore finiuntur; contemplativ® autem gaudia in fine amplius cre- scunt. Illa enim quamvis utilis et bona , laincri cum requies venerit , transitura est; ista vero boni operis transituri merces est, et re([uies permansura. Contemplativa vita per llacbel ost(mditur, qu® erat pulchra, sed sterilis , quia per contemplationis otium minus operum filii generan- tur: activam autem vitam monstrabat Lia lippis oculis sed f®cunda ; quia actio laboriosa quidem est, minusque alta considerans, sed in eo quod se erga proximi utilitatem plus exhibet, fecundior in ojieribus quasi in filiis crescit. II® du® vii® apud Eezecliielem significaiilur , cum de sanctis animalibus scribitur. Et munus /lominis sitò pennis eorum; quid itaque |>er maims nisi activa? et quid per pennas nisi contemplativa vita signa- tur? Manus ergo hominis sub pennis eorum est, idest virtus operis sub volatu cont(ni>plalionis. Nam etsi per activam boni aliquid agimus, ad Cffileste tamen desiderium per contemplativam volamus. Et cum ulr®que isi® vit® ex dono sunt grati®, quamdiu tamen in proximos vivimus, una nobis in necessitate est, altera in voluntate. Duis enim cognoscens Deum ad ejus regnum ingreditur, nisi bene prius operetur? sine con- templativa ergo vita intrare possumus ad c®lcslem patriam , qui bona (JU® possumus operari non negligiiiil. Sine activa autem intrare non possunt si negligimi operari quod possunt. Hi autem (jui ad contempla- lOS M)TK E DdCniEYTI lioiiis olium venire conleiidiiiit , prius se in sUulio adiva; vita; exercere debent, ut dum opera jusliliiu fasces peccatorum exhauriunt, cor mundum exliibeanl ad videndum Deum. IVani mens quas aut tetnporalem adime gloriam quasrit, aut carnalibus concupiscentiae leutalionibus cedit, a contemplatione procul dubio prohibentur. Unde et populus dum legem acciperet, a monte, idest, a sublimi contemplatione , quasi carnalium curiositas removebatur. Et in Evangelio curatus a demonmn legione vult Deum per contemplationem sequi, sed jubetur domum reverti, el in activae vitae operatione versari. In ipso contenqdationis sive actionis usu interdum magna differen- tia est animorum; nam quibusdam sola proficit contemplatio, quibusdam vero activa sola est consolatio. Ilis media, et de utrisque composita uti- lior est magis ad refovendas mentis angustias, qua; solent per unius intentionem nutriri , ut de ulriusque partibus melius temperetur. Nam et quod per diem Salvator signis miraculisque in urbibus coruscabat, activam nobis commendabat vitam: quod vero in monte orationis studio pernoctabat, vitam nobis contemplativam significabat. Jecires Dei servus juxta imitationem Cbristi nec actualem vitam amittat, et contemplativam agat , aliter enim incedens offendit : sicut enim per contemplationem amandus est Deus, ita per actualem vitam diligendus est proximus, ac per hoc sine ulraquc vita esse non possumus; sicut el sine ulraque dilec- tione esse neciuaquam valemus. Activa enim vita est esurienti panem Irihuere, verho sapientia; nescientem docere, errantem corrigere, ad humilitatis vitam superbientem proximum revocare, infirmantis curam gerere, qua;que singulis quibusque expediant sollicite dispensare, et his qui sibi commissi sunt, qualiter subsistere valeant, providere. Contem- plativa vita est charitate quidem Dei el proximi tota mente relinere, sed ab exteriori actione quiescere, solius desiderio conditoris inhererc , ut nihil jam agere libeat, sed calcatis omnibus, ad videndam faciem Crea- toris sui animutn inardescat ; ita ut jam noverit carnis corruptibilis pondus cum ma;rore portare, tolisque desideriis appetere illis ymnidicis angelorum choris interesse , aminiscere se caelestibus civibus , ac de aeterna in conspectu Dei incorruptione gaudere. Sequitur enim sermo evangelicus de Maria dicens : Quai eliani sedens secus pedes Domini audiebat verbum illius; Martha, autem satagebat circa frequens mini- sterium. Contemplativae siquidem vita; uniformis est perfectio , exutam mentem a cunctis habere terrenis, eamque, quantum humana imbecillitas sinit, unire cum Christo : activae vero quam frequens sil minisleriuut ^ geiilium magister Paulus edocet, qui creberrimis epistolarum dictis suos pro Christo terra marique labores, sua pericula couimeinoral lii quibus AL PRIMO LIRRO. 109 elicmi (lictis visioiK's et revelationes Domini eominemorans, non niinns s(* in speculativa viriate, quod perpaucis est imitabile, consumatimi fuisse signilicat ; iiiulo et dicil: Sive enirn mente excedimus , Deo; sire sobrii sumus, l'obis. Sequitur. Quee stetit et ait: Domine, non est tibi curcB ejuod soror mea reliquit ine solam ministrare? Dic ergo illi, ut me adjuret. Ex illorum persona Martha loquitur , qui adirne divina; eoiilemplalionis ignari, solum quod didicere fraternae dilectionis, opus Deo placitum, ducunt. Ideoque cunctos, qui Christo devoti esse cupiunt, actionis esse autumant mancipandos officio. Et hene Marlham stetisse, Mariam vero secus pedes Domini sedisse descrihilur, quia vita activa laborioso desudat in certamine : contemplativa vero , pacatis viliormn tmnnltihus, optata jam in Christo perfruitur mentis quiete. Sequitur. Et respondens dixit illi Dominus: Martha, Martha, sollicita es et turbaris erga plurima ; porro unum est Et Beatus David solum hoc necessarium homini esse definiens , Deo jugiter adhaerere desiderat , dicens : Mihi autem adhaerere Deo bonum est, ponere in Domino Deo spem meam. Et alibi: Unam petii a Domino hanc requiram, ut inha- bitem in Domo Domini omnibus diebus vitee meae; ut videam voluntatem Domini, et protegar a templo sancto ejus. Una ergo et sola est theoria, illesi, Dei contemplatio; cui merito omnia justificationum merita, uuiver- saque virlulum studia postponuntur. Sequitur: Maria oqotimam partem elegit, quae non auferetur ab ea. Ecce pars Marthae non reprehenditur, sed tamen pars Marine laudatur. Neque enim bonam partem ch'gisse Mariam dicil, sed optimam, ut etiam pars Marthae esse indicaretur bona. Quare autem pars Mariae sit optima, mox subinfertur, cmn dicitur, qua? noti auferetur ab ea? Activa etenim vita cmn corpore deficit: quis enim iu lEterua patria panem esurienti porrigat, ubi nemo esurit? Quis potum tribuat sitienti, ubi nemo sitit? Quis saepeliat mortuum, nbi sempre vivi- tur , et ubi moritur nemo ? Cum praisenti ergo saeculo vita auferatur activa, contemplativa hic incipitur, ut in cedesti patria perficiatur. Quia amoris ignis, qui hic ardere inchoat, cum ipsum, quem amat, viderit, in amore illius amplius ignescit. Contemplativa ergo vita minime aufertur, quia suhlracta pra?senlis saiculi luce , iu aeternum sine fine perficitur. Possunt quoque per Marlham omnium bene viventium instantis temporis laboriosi actus inlelligi , per Mariae vero quietem. Sanctorum omnium futura requies designari: quia unde hic justi quique in bonis elaborando propter Dei amorem inquieti smit, inde in futuro postmodmn sine ullo labore, feliciter Dei visione frumitur. Ideoipie hi qui in hoc Mundo constituti laborant, suh Marthae specie audiunt: sollicita es, et turbaris circa plurima. De ipsis vero, qui aeterna percepturi smil praemia sub m NOTE E BOfOEYTI iMai'i® figura subinfprlur : oplimam parleni elogil , qua> non anfercMur ab ea. Debemus et nos, fratres carissimi, has cluas vitas activam scilicet, et conteinpiativain incessanti studio gerere, et modo in ista, modo autem in illa studiose versari. Uebemus nos igitur in actione sic exercere, nt ad exemplum beati Apostoli laboremus manibus nostris. Illud etiam terri- bile c*jiis dictum, (jui non laborat , licque manducet, semper pra? oculis liabentes. Nlanuum etenim labor non solum terr® cultus aut quorumlibet operum, sed omne quod rei familiaris potest esse commodum, scu cjuod- ciunque inqieriis obediemus majorum. Debemus totis viribus quoque ad utilitatem nos proximi impendere, ad monendum scilicet, ad coercendum, ad bona suadendum, aci visitan- dum , ad collaudandum , ad obsequendum , ad sublevandum , ad exbor- landum , sive ad quoscmncjue necessitatis usus exbibenclos. Cumque ita nos in activa? vita? tramite exercuerimus , frequenter etiam, prout se locus dederit, recurrendum nobis est ad orationem, ad confessionem, ad recordationem piorum gestorum, ad suspiria, fontemque lacrymarum, ad actionem gratiarum, ad ipsum etiam Christum Dominum. Ita fit, ut et mala cjuae gessimus bonis ac praecipuis actibus , et cjuia a Deo aversi fueramus , ad eum per contemplationis studium revertentes , dummodo eum iii speculo, in eniginate cernimus, quandocjue ejus desideratam faciem sine line videamus. His de Evangelica lectione praelibatis, jam ad gloriosae matris Domini sacra fcesta , quae colimus sermonem vertamus. Primumqne nobis quaerendum est , cur beata haec Mater Domini , quae prae caeteris sanctior extitit. Redemptorem ac Dominum, Filiumque suum inter discipulorum catervas , aliasque tunc mulieres sequta non fuerit. IVeque enim usquam, nisi fallor, alibi legitur. Domini miraculis inter- fuisse , praeterquam in nuptiis in Cana? Galileae celebratis , et alibi cum de ea Domino nuntiatur: Ecce mater tua, et fratres tui foris stant, quaerentes loqui tecum. Et ad postremum cum jam in Cruce posito , propius astitisse perbibetur. Sed in hoc perspicue causa rationis currit , nam ipse ejusdemque filius, et redemptor inter crelera legitur ita dixisse: No7i sum enissus itisi ad oves quee perierunt domus Israel. Et aXihv.Fenit flius hominis qmerere et salvum facere quod per ierat. non et illud: Non venire vocare justos sed peccatores. Si ergo Dominus propter oves perditas missus est, et salvare quod perierat, et ut peccatores ad peniten- tiarn vocaret, quid necesse erat huic sacratissima? matri et Virgini, et ine- sliniabilis sanctitatis lumine pra?dita?,ut inter publicanos et peccatores suo Domino filioque corporaliter adhaerere, a quo procul dubio spiritualiter in tempore nnmqiiam creditur defuisse. Ad hanc quoque nihil hominus rationem perlinet, quod Beatum Baptistam Joannein maximis ac praecipuis ili PRIMO LIRRO. 11 ! laudibus idem Dominus extulit, nec tamen intra discipulorum numerum aggregavit. Quia quem intus cmlesti magisterio erudiebat, extrinsecus quasi in sua libertate reliquerat. Adlisserunt ergo licet Domino pu- blicani, et conversi jam a pravis operibus peccatores, adhajsit ei, verba ejus cupiens audire, Maria, quamvis jam melius, per vitam immutatam, peccatrix, plus tamen ei adliterebat totius sanctitatis et inunditiaG fulgore conspicua , gloriosa lia;c semper Virgo et Beatissima Mater sua , quae amplius et animae pariter et corporis splendore concordabat. Quae etiam nunc eidem Domino et fdio prae cunctis baud dubie creditur specialiter in caelestibus adhaerere. Multoque etiam hunc praeclarius ac longe sublimius cum dies futurae resurrectionis advenerit, de cujus sacratissimo corpore non mediocriter est admirandum, quia quo loco sit positum, cunctis manet occultum. Cum tamen, sicut in dictis venerabilium patrum legimus, ejus patens et vacuum ostendatur sepulcrum: neque enim fieri aliter potuit , quod si usquam in terris esset positum , non crebris elfulgenti- busque miraculis panderetur. Restat ergo , ut cum non inveniatur in terris, non incongrue fortasse credatur, non tamen sine anima delatum in Ccelis. Nam si Sancti Dei, qui, resurgente Domino , ut quibusdam nostris docloribiis Catholicis videtur , a mortuis pariter resurrexerunt : etiam ascendente eo ad Ca?los simul ascendisse creduntur, nec ullo modo eorum fidos, ut aiunt, adhibenda temeritati est, qui putant, eos in cinerem reversos, ad sua, quas ante patuerant, rursum sepulchra remeasse. Si ergo hoc ita de istis creditur, non, ut puto, mihi prorsus errare videtur, quia de hac non solum illis, sed et omnibus terrigenis sanctiore intemerato scilicet Domini, semperque Virgine matre, similia vel etiam potiora suspicantur. Ciedendum sane est divinis consiliis, quod humana non potest inlelligentia investigari. Nobis satis sit, quod ita fieri potuerit, rationis seriem pertulisse. Nec mirum si gloriosae matris Domini non potest vitae finis exponi, quando et illa quae ei divina in vita sua gratia contulit, nequeunt enarrari. Hoc tamen est omnibus absque dubitatione credendum, quod sicut nihil ea est in humano genere sanctius, ita quoque nihil est in retributione beatius. Sed et hoc nihilominus nulli debet esse ambiguum, quod nemo ea sanctorum sit in miserando mitior, vel in compassione dementior, vel ad prasces accomodatior, vel ad quae libuerit obtinenda potentior. Nam quamvis ipsa prfecellat omnis inaastimabilis sanctitatis fulgore miraculis , fulgore mirabilis nullum tamen ad sua confugientem auxilia, licet multa sit obsitus peccatorum nigredine, sper- nit. Illius namque se Dei «ic Domini meminit esse genitricem, qui mitis et humilis mundo apparens, non mundi cupiditate implicatos, non publi- canos ct peccatores, non carnalibus illaeccbris deditas meretrices, non Wì NOTE E DUCniENTI ipsmn cliam cmcnlls Immaiia ca?Je niaiiibiis despexit latronem. Ad liane igilnr omnis aetas, omnisque sexus concurrite, unusquisque vestrum quod sibi deesse considerat, aut esse desiderat ab hujus efficacibus meritis plena fide deposcat, quia qum omnibus castis suis visceribus protulit Salvatorem, universis prompta est opem conferre salutis. Ad hanc deni- que, virgo, quae corpus pariter et animam caste servare disponis, hujus in quantum prtevales, imitare propositum; ah hac, ut muniri possis, de- posce praesidium, quae virginitatis splendidae gloriam prima arripuit, prima servavit. Ad hanc destitutae viris accedite viduae, ah hac vestrarum an- gustiarum relevationem sperate, quae virum omnino nesciens quantum viri solatio destituta, tantum superius auxiliis juncta est. Ad hanc nihilo- minus accedile matres; ab hac utique, quae maternis est affectibus con- scia, vestrarum aerumnarum medelam deposcite, qua), quod ante ipsam numquam auditum est. Virgo simul et mater est. Ad hanc omnes qui in- nocuam ducitis vitam, ad hanc universi quos conscientiae reatus deprimit, convenite. Hujus splendidissimae Matris et Virginis efficacibus maerilis universorum quae poscitis effectum pra)sumite; quia quae ipsum miseri- cordia? fontem Jesum Christum Deum, ac Dominum suum peperit, ab ipso cuncta percipiens, per ipsum omnibus desiderata concedit, qui cum Patre et Spiritu Sancto vivit, et regnat nunc et semper, et per infinita saecula saeculorum. Arnen. M. Noir ultima pagina cicl Codice MS. sognalo num. 36 1 leggesi scritlo con caratleri poco intelligibili 1’ Epitaflio che labate Desiderio pose sul sepolcro di abate Apollinare. Apollinaris Abba Pater hic tumulatur. Aliquid aliud scitur de eo dicatur 7n..... Tu juvenis mundum fugisti, non bene mundum Totus Apostolicum cunctorum verus amicus; Fis Abbas redolens toto conamine nolens. Esse studes tninimus, humilis pius almus et justus. Siccis tu plantis Ltjrim de numere Patris ( t) Transisti, Petrum, Placidum quoque sic imitatus. Tu trahis tumidum convertis ftque beatus (i) Nel Catalogo degli abati di M. Cassino scritto da Pietro Diacono, che leggesi nel Codice 207, narrasi; hic super aqu.is pedibus siccis ambulavit. Al PRIMO LIBRO. 113 Pestis ÀQarena dum singula vastat a mani a. Deo ja ni defunctus carne legatus et altus, Mitteris ex alto nuntius fliis sua: gentis , Dicens: Casino monti Deus e^t miseratus Servi non feti precibus Patris Benedicti. Ilie quartus denus Abas hic mente serenus Annis undenis vixisti non sine peenis. Te Desideritis transfert, locat hic reverendus. Propitius nobis sis, o reverende, colende. N. Leone Marsicano nella Cronica Cassinesc, e Pietro Diacono nelle vite degli uomini illustri Cassinosi, dei quali rimo visse nel secolo XI, l’altro nel Xll, narrano, che l’ahate lìertario avesse scritto un’opera sulla Badia che aveva titolo Anlicimcnon ( De contrariis ) cioè dei testi apparentemente contrari dalla S. Scrittura. Grande disputa, e perciò grande varietà di sentenze fu tra gli scrittori ecclesiastici intorno a questo Anlicimenon: alcuni lo attribuirono a Giuliano di Toledo che visse nel secolo X, altri lo vollero anonimo, altri finalmente lo dissero parto di abate Bertario. Noi, fatta accurata investigazione delle cose , speriamo, che anderanno chiarite meglio che non furono por lo innanzi , cliicdendo la ragione di queste storie, che io il faccia. Niccolò Ispalense scrive nella sua Biblioteca antica Spa- gnuola (i) come l’opera Anticìmenon di due libri composta, l’uno riguardante la concordanza dei testi che paiono opposti nel vecchio Testamento , l’ altro riguardante il nuovo , sia stata la prima volta pubblicata in Basilea nell’anno i53o per cura di Gio. Alessandro Brassicano giureconsulto , non por- tante il nome dell’autore: di poi nel i532 nella tipografia di Colonia delCervicorno,in8.” In ciò panni die o loSpagnuolo (i) Tom. I. pag. 307. TOM. I. 8 m A'OTE E IKICniEATl sctÌKoi’o, o il lipo^rafo sia aiulalo oiTalo , poicliè non trovasi ({licsia edizione del bensì quella del i 533 falla in Colonia per cura di Erric^o Saebsio ; il quale nelle poehe parole elie vi jn-epone, alfeiana, avere ])nbblicala l’opera da un endice anliebissiino della badia di Fnlda,i caratteri di cui, senza dire del secolo, gli parvero di diflleile b'zione. DeU'islesso Codice Fnldcnse usò Andrea Scolto, ed inserì \ Anlicimenoii nella biblioteca massima degli anliebi Padri impressa in Lione pcM- gli Aniiisson, 1677, Tom. 12, pag. C47; e la prima volta appose a ([uesf opera il nome di Ginliano di Toledo come cosa di lui , affermando , ciò risaperlo da Felice arcivescovo Toledano, idie v iveva nel CqS, il (jiiale nella vita di Giuliano arcivescovo di d’oledo così \\i\xn\\ ScripsiL el Julianus lihrwn de coìdrariis r/uod Grcece Anlicimenon volidl Ululo do- nare, (fili in duos divisus est liòros , ex (luilms primus Dissertalioues eonlinel Veleris Teslameìdi,secundus Novi. Non v’ba dubbio ebe l’ autorità di Felice d’oledano è valida j>iù di (pialunque alli’a, come quella di colui die visse al tenqio ili Giuliano morto nel 690 , e perciò ([uanli vennero dopo non dnbilai’ono allribnlrc a Giuliano di Toledo \ Anlicimenon, come i bollandisli c il Mabillon. Dalle cose slnora dette pare, ebe malamente si dica autore di quel l’opera abate bertario ; ma io farò di i-endere al Toleilano ed al Cassincse quello cb’ò di ciascun di loro. Leggo nella Cronica di Leone : llie ( Berlliarius ) ap- prime lileralus nonnullos IraeUdus aUjue sermones , nee non et versus in Sanclorum laudes composuil. Cujus el Aìdicimenoìi de plurimis lam veleris quam novi Teslamenli (fuceslioidbus hic ìiabelur ( i ): c nelle vile degli uomini illustri Cassinesi di Pietro Diacono : Librum (fuoque dijfieillimum senlenliarum lam veleris quam novi leslamenli palravil , ìpsumque Anlicimenon appellavil. La testimonianza di questi duo scrittola non è a riputarsi poco, ove non vogliamo dare (i) Lib. I. cap. 32 . AL l'imio lllJlllì. 11 .) ad rnlrambl del jnenzoj^nicre ; )iel che hisoi;na andare molto rattenuti verso gli antichi. Leone afferma, conservarsi questo ylnlkumcnon nella Badia, ed infatti trovo nell’ Ai-chivio Cas- sinese due Codici mcmhranacei Fimo in 4-”? l’altro in foglio, ambo del nono secolo scritti con caratteri Lojigohardi. Il primo porta questo titolo esterioi’e di mano non antica: S. Berlarii rjuistiones in velus el nomini Tcslamenluin. Nel primo foglio sono cinque distici : Bertariiis Christi jutus juvamine sanctus Pveesbiter hunc librum condere jussit amans. Ilas bene scripturas satagis hinc discere sancias Qui legis, explora mgstica queeque tenet. Posce piis qiraicibus nec non super astra Tonantem , Ut famulo reddat qjrannia digna suo, Postea quem Abba servavit tempore longo , Et relegens seniper doctus ab arte fuit. Tu quoque , discipule , solerti mente recurre Illius ad schedas discere recta. i\de. E nell’altra faccia è scritto da mano recente. = LU)cr Anlicimenon Berlarii marlyris ahatis casinesis de qute- slionibiis veleris el novi ieslanienli.- \)oì ijicomincia il primo libro riguardante il vecchio Testamento diviso in i43 diniande e risposte, e termina colle parole Beymini non possidebit divinuni: e tutto questo primo hbro è simile a quello pubbli- cato da Errico Saebsio, e nella Biblioteca de’ Padri, Lionesc. Alla pagina incomincia la trattazione del nuovo Testamento con queste parole: Incipit de novo leslamenlo; che componsi di 86 interrogazioni ed altrettante risposte , e finisce colle pa- role : iinmortalilate dislabal: questo secondo trattato è scemo di due interrogazioni , le quali sono nei liljri stampati , e nel Codice Cassinese in foglio , anzidetto. Il Mabillon discorre di questo Codice (i) e senza altro argomento che quello di Felice Toledano, che dice. Giuliano (i) Iter Italicum, pag. i23 — Annali BeneiIellIni,Toni 3. png. 4g. >c- ii6 NOTE E DOEEÌIKNTI (la Toledo avere scrillo \\\\ Anlicimenon , atlribuisee allo Spagnuolo l’opera, la nega a Bertario; anzi volendo pro- vare come Lione il Cronista, c Pietro Diacono siano andati falliti, dice, (i) clic i cinque distici scritti in fronte ai Codice traessero in eiTore qiie’due scrittori, facendo loro credere die la scrittura fosse di Bertarlo ; mentre che , segue il Mablllon, quel Pra>shyler ( Berlarius ) hunc Uhrum condere jussit amans fa vedere , che Bertario non compose (\\xeW Aniici- tneììon, ma curò, che scrlvessesi. Detto delle altrui sentenze, vengo ad una mia opinione , che non so se vada a sangue a chi mi legge. La voce greca Anliehimenon volta in latino suona adversarius contrarius oppositus, e perciò tutti coloro che han voluto trattare delle apparenti contrarietà dei testi della Bibbia, c che forse tratte- ranno finché saranno uomini, han messo e potran mettere in fronte al libro di loi-o il titolo di Anlicimenon. Felice di Toledo narra, che Giuliano abbia scritto \Anfi- chimenon , e lo credo ; Leone c Pietro Diacono dicono , che J’ abbia scritto anche abate Bertario, ed anche lo credo: ma che s’ abbia negare al Cassinese cpiesf opera per attribuirla allo Spagnuolo, questo non crederò. Felice conta, che abbia scritto questo libro, ma non no fa sapere del contenuto fuori del titolo , e perciò Scolto , letto l’ Anlicimenon nel Codice Fuldense, lo proclamò figlio del Toledano ; e tulli ad una voce dissero lo stesso. Or perchè mal non potrò dire che (juella scrittura sia cosa di Bortario? Ben due Codici la contengono nella Biblioteca Cassinese scritti, vivente Bertarlo; e la pluralità degli esemplari di un islesso tempo è argomento non lieve, essere opera d’ alcun monaco della Badia. — Si è forse rinve- nuto alcun Codice AeW ylnlicimcnon nelle Biblioteche Spa- gnuole? nò davvero: eppure uno almeno doveva rinvenirsene come scrittura di Spagnuolo. Al contrarlo solo nella Badia Fuldense e nella Cassinese sonosi rinvenuti come opera di (i) ber. Ilal. toc. eli. Al l'RLllO LIM9. Il] monaco Benedeltino. Maraviglio poi grandenienle, corno quel Giovanni Mabillon dollissimo in Paloogralla,(“h’eljbo nelle mani e lesse il nostro Codice, abbia derivalo dagli anzcdetli cinque distici argomento negativo jK'r quel condere jussit amans. Come ? non conobbe il valent’ uomo die il carattere di quei versi e quello deH’intero Codice, sebbene entrambi Longobardi, disiano tra loro di due secoli e più ? La sciillura del Codice è del IX secolo , e quella de’ distici è dell’ XI secolo , lo che è chiaro ad ogni poco veggente ; quindi è che quei versi non sono del tempo di Bertario , ma scritti da alli’o monaco assiii posteriore, il quale forse ignorava se Bertario fosse stalo autore e curatore di quella scrittura. Ma dato che il Cassinese abbiti fatto scrivere quel Codice, negasi forse che l’abbia composto? Anzi quello esortare il lettore e pregare da Dio il degno pre- mio al suo servo ( cioè Berlario ) che lo mantenne abate per lungo tempo; Pasce piis prcccibus nec non super asini Tonanlem , Ul famulo reddat preemia dujna suo , Postea (pieni Abba servavit tempore loiujo. è bel segno che Berlario abbia fatto qualche cosa di plìi de! curare una copia, fllolti sono i Codici falli scrivere dagli abati Teobaldo , Desiderio c da altri , ma nessuno porta in fronte questa lode e questo pregare di degno premio per la sopraccennala copia. Dunque che Giuliano di Toledo abbia composto X Anlicimenon è vero , perche lo dice Felice ; che Bertario anche l’abbia composto, c anche vero, perchè lo dice Leone e Pietro Diacono: che Y Anlicimenon poi pubblicalo nella Biblioteca deiPP. dallo Scotto sia quello di Giuliano e non di Bertario, per le anzidette ragioni pare più falso che vero. Ma poniamo che quello sia dello Spaglinolo ; è scompo- sto giudizio il dire, che S. Berlario non ne abbia composto un altro. In falli apro ranzidelto Codice Cassinese e leggo al margine del foglio 86 scritto col cai’attere del IX secolo: Anlicimenon, cioè quello pubblicalo por le slampe : e poi dlicato nella Biblioloca massima siaci! abaio Boriarlo, e non di Giuliano ; e quello ohe sioguo inedito nel nostro Co- dice non è che un’ appendice al primo , opera dello stesso Ber lario. E anebe per l'agion di giustizia da rivendicare a Boriarlo la vita di S. Romano, la cpialc lc?ggcsi jiel Codice i^o di qiu'slo Areliivlo. I Bollandistl che riianno pubblicala, seguendo il parere del Mabillon, riianno attribuita a S. Bertario; manon vollero appoi’ci il nome di questo Cassinese , parendo loro di maggiore autoiàtà la sentenza di Giovanni Boscio che Talli i- buisee al monaco Gisleberto. Tre Omilie avanzano di S. Bcrtai'lo, due delle quali sono pubblicale ncirOmiliario di Alenino, ed uiui rimaneva ancora inedita, che noi qui mandiamo In luce. IN SANCTI MATIIIA: APOSTOLI S E U M O D O M I X I B E n T li A II I I ABBATI fi. (Extractus ex Cod.MS.Casin, siijnalj n.ioo.J Iiiclylain et gloriosam festivitatem Beati Malliia; Aj)osloli Domini nostri Jesu Christi tanta devotione nos venerari, et glorificare oportet; quanta illum, divina gx’atia dispensante, ad Apostolicam dignitatem electnm esse cognovimus. Sed qualiter, vel quo ordine per Sanctos Apostolos patratum sit, et quid exinde Sancti Patres in ejus laudem mirifice protu- lerunt, per sacra; Scriptura; seriem pandere curamus. Salvator etenim noster Dominus Jesns Christus, humani generis conditor, atque lledem- ptor cum propensiori, et arcano consilio censuisset. Mundum languidum clementissime visitare, sumnqiie plasma de potestate diabolica; trandis mirabiliter eripere, sub potestate humaui regis, Octaviani scilicet Angusti, humiliter nasci dignatus est. Et ille qui erat Creator Ca;li et Terra; , carnem nostra; fragilitatis suscipere non dedignatus est, ac per incrementa crevit, ut effectum vera; Incarnationis sua; ostenderet , aU[uc ut se verum diem ostenderet, <[ui duodecim horis luceret, duodecim \poslolos eligere eensuil. Deinde ad similitudinem septuaginta duarum linguarum, septua- ginta duos discipulos assumpsit, hinosque misit ad pra;dicandum. Inter 120 SOIE E l)OCniE\Tl <[iios sicpiRlpmGoatusMalliias sanctfp praedicationis ministerium suscipiens, ita se limi}ililer divinis subdidit prajceptis, ut admodum acceptabilis , et devotissimus Christo factus: cum traditor ille Judas Dominum proderet Christum, suique homicida clTectus Apostolatum perderet, iste Vir Domini in loco illius , sorte et oratione Sanctorum Apostolorum duodecimus Apostolus ordinaretur. Cui datur sacri Evangeli! praidicatio in Judaea ; siciiti sanctis Apostolis Petro, ac Paulo in Italia, caeterisque Apostolis in singulis regionibus. Lectio II. Veruntameii si in regione Christicolarum omnium festa Sanctorum celebrari condecet, quanto magis Beatorum Apostoloriun qui specialiter Cliristo adhaeserunt , colloquium cum illo liabuenint , comederunt ao hilierimt, omnemque illius doctrinam sitibondo pectore hauserunt. Qui- que etiam ab ipso Domino amici, ac fratres appellari meruerunt, cum diceret: Jam non dicam vos servos, sed amicos meos, et alibi: Hi sunt fratres mei ; magnamque insuper vicissitudinem illis conferens : Gaudete, inquit, et exaltate, quod nomina vestra scripta sunt in Coelis. IIoc, quia Ipso annuente ita convenit, propter hanc excellentiam illorum solemnitas suh una festivitate maerito caclchrari congruum fuerat ; sicuti comunem xitam, atque consortium cum Domino habuerimt. Sed quia mos obtinuit in Sancta Ecclesia, ut uniuscujusque Apostoli festum specialiter quo die Ccelo sit natus et coronatus, in illo celebretur, nos hodierna die Beati Malhia? duodecimi Apostoli natalem tanto venerahilius excolere debemus, quanto ut praedictum inter Apostolos mirabiliter electum esse conipcrimus. Lectio IIL Sed quemadmodum Beati Petri Apostoli elogio, immo Spiritus Sanctr gratia sit patra quia magna? auctoritatis, magna3que excellentiae Sacra- mentum est, et Beato Luca Evangelista narrante, relatum est ad laudem Domini nostri Jesu Christi, atque ipsius sancti et gloriosi Apostoli gloriam decentius co)idecct enarrare. Ait enim praefatus Evangelista : Exuryens autem Petrus in medio fratnan dixit ( erat autem turba hominum simul fere centum rtyinli ) Piri fratres , oportet impleri Scripturam, quam prcedixit Spiritus Sanctus per os David, de Juda, qui fuit Dux eorum qui comprehenderunt Jesum, qui connumeratus erat in nobis , et sortitus est sortem ministerii hujus. Et hic quidem possedit ayrunt Al PRIMO IIRRO. m de mercede vùquitatis, et suspetmis crepuit medius, et diffusa sunt omnia viscera ejus, et notum factum est oìnniòtts habitantibus Jerusa- lem. Scriptum est enim in libro Psalmorum : fiat habitatio ejus deserta, et non sii qui inhabitet in ea, et Episcopatum ejus accipiat alter. Oportet ergo ex his viris , qui nobiscum congregati sunt in omni tempore quo intravit et exivit inter nos Dominus Jesus, incipiens ex Baptismate Johannis, usque in diem qua assumptus est a nobis , testem Resurrc. ctionis ejus nobiscum fieri unum ex istis. Et statuerunt duos, Joseph qui vocabatur Barsabas qui cognominatus est justus, et Mathiam, et orantes dixerunt: Tu Domine, qui corda noscis omnium, ostende quem elegeris ex his duobus unum, accipere loctim ministerii hujus, et Apo- stolaius, de quo praevaricatus est Judas, ut abiret in locum suum. Et dederunt sortes eis, et cecidit sors super Mathiam, et annumeratus est cum undecim Apostolis. Lectio IIII. In hac itaque electione huius Sanctissimi Afwstoli cousiclerancla ef admiranda est dispensatio divina; potentiaa, atque humana; gloria;; quoniam quidem sicut divina scriptura demmtiat; Non sicut videt homo, ita videt Deus. Ille enim Joseph qui vocabatur Barsabas , qui cognominatus est ab hominibus Justus, non est electus, Mathias autem, qui interpretatur Dei parvus, sive donatus Spiritus Sancti, electione factus est magnus. O vere parvum I o vere magnam! qui non ideo magnus quia elatus, sed ideo magnus quoniam humilis factus, sectando siquidem vestigia Domini sui dicentis: Non veni mmistrari , sed ministrare , et dare animam meam Redemptionem pro multis. Et donatus idem Mathias, a quo, vel ab ipso utique Domino Jesu Christo, qui cum pra;cognitum habuit ante mundi creationem, ante suam sanctam Incarnationem, quatenus ut cum veniret olim plenitudo temporis, cum ex sacra sumeret Virgine carnem, cum nasceretur, cum a suo discipulo traderetur, donati^ ab ipso Domino in duodenario numero exaltaretur, atque glorilicaretur , ut duodenarius numerus perfectus inveniretur. Nec mirum, nec incredibile : nihil enim Dei sapientia; impossibile, nihilque iiicoguitiim esse creditur, llanc sa- pientiam completam videmus in Beati Mathia; electione, ({ua; Dei sapientia in thesauro suo reconditum habuit humilem , et parvum ; sed tamen voluit in sfficnlo pandere magnum et gloriosum, scilicet ut in thronO illum duodecimo exaltaret. NOTE E DOCOIEXTI \ìì Lectio V. El dederunt, ait Liicas Evangelista, eis sortes, et cecidit sors super Mathiam. INeque eiiiin hoc exemplo , vel quia Jonas Propheta sorto deprajhensus sit , indifferenter sortibus est credendum , cum privilegia singulorum comunem legem facere omnino non possint. Nam in sorto Jonae Propheta?, Gentiles tempestate coacti auctorem periculi sorte qua?- rebant; et hic Beatus Mathias dilectus Dei sorte eligitur, ne ejus electio a lege veteris Testamenti disci’cpare videretur, ubi summus Sacerdos sorto quieri jubebatur , sicut de Zacharia dicitur; Secumlum consuetudinem Sacerdotii sorte exiit, ut incensum poneret; sed hanc figuram licuit exer- ceri, donec veritas in Christo compleretur, cujus hostia tempore Pascha? immolata, sed die Pentecostes, Spiritu Sancto in igne apparente, vere consumata est. Inde est quod Beatus Mathias ante Pentecosten sorte ordinatur, septem vero Diaconi inter quos Protomartyr, et Beatissimus Stephaniis, glorificando Christum a dextris Dei stantem illum cernere meruit, postea nequaquam sortis agitatione, sed discipulorum tantum electione, Apostolorum vero oratione, et manus impositione sunt ordinati. Qui autem hanc regulam exemplo Apostolorum tenere voluerint, caveant, et videant, hoc Beatos Apostolos non egisse , nisi fratrum ccctu collecto, et pra?cibus effusis ad Dominum. Quis etenim Domini aiconomiam , quis ejus dispensationis gratiam pra?valet enarrare? ipso utiipie sui Apostoli electionem per ignem Spiritus Sancti confirmare dignatus est, qui hostiam, sui corporis quam pro nobis obtulit, dic Pentecostes per ignem Spiritus Sancti mirabiliter consumavit. Lectio VI. Ergo Beati Mathia? hostia electionis, sacra? scripturie documento habet maximam sanctionem, et sanctissimam possidet firmitatem. Unde igitur, et ex quo ? quoniam confirmans approbat illam de Ca?lo Dominus , dando ignem Spiritus Sancti omnibus Apostolis , utique et ipso Beato Nlathia? ut omnium gentium linguis perpetue loqueretur. Sed forsitan dicit aliquis : fuit utique Spiritus Sanctus Apostolis , et Beato Mathi» datus tantummodo illo in tempore , et illo in loco , postea vero ablatus est, sicut ah omnibus Prophetis, et Beato Ilelisco, qui dicit de muliere orbata prole ad puerum : Dinilla illam, quoniam anima ejus m amanlu~ dine est, et Dominus ceUnnt a me, et non indicai-it mihi. Absit hoc, absit procul a Catholica veritate: nam etsi Beato Heliseo , ac caeteris Prophetis fuit ohm Spiritus Sanctus datus, et ablatus; sed nequaquam a Al PRIMO LIBRO. P23 Sanctis Apostolis, et Beato Matliia. Illis enim etsi aci tempus fuit elatus , et ablatus, ita expediit, ita congruum fuit, sicut Prophetantibus veritatem. Cum autem Christus veritas venit , Sanctis Apostolis Spiritus Sanctus perenniter est datus et confirmatus, sicut et gratia omnium linguarum. Et merito. Non ne enim magna est differentia apud Dominum inter Apo- stolos, et Prophetas? Illi enim ut famuli adventum ejus prophetaverunt, et crediderunt, nec tamen incarnatum viderunt. Sancti autem Apostoli Incarnationem ejus et viderunt, et crediderunt: comederunt cum illo et biberunt, et ut praedictum est , amici ab eo appellari meruerunt, insuper etiam pro ejus amore sanguinem suum fuderunt. Lectio VII. Approbat hoc idem Dominus Cliristus dicens : imdti Ib'ges et Prophetae voluerunt videre quae videtis et non viderunt, et audire cjiiae auditis et non audierunt. Qui autem hoc proterviter imi)rohare voluerint, caveant omnino, ne veritati obsistant , ne a veritate recedant , quas Chisliis est. Ipse enim hanc sententiam confirmat, inquiens Apostolis: Si dilit/ilis 7iie, mandata mea servate, et ego rogabo Patrem, et alium Paraclgtum dabit r-obis , ut maneat vobisciun in oeternum. Animadvertendum est utique quid sit in ffiternum manere. Quid est eiiim in a:tcrnuni? lloc est quod nuinquam finitur, quod numquam recedit, non habens finem nc([ue occasum, et re vera non ait hodie, vel cras, vel tot diebus, vel annis, sed in aiternum. Hoc sentiens Beatus Jeronymus, affirmat illud in duodecim €]U£Bstionibus cdiltia; dicens : Ego utique audacter, ac tota Ubertate pro- nuntio: ex eo tempore, quo Apostoli in Dominum crediderunt , semper eos habuisse Spiritum Sanctum , nec potuisse signa facere absque Spiritus Sancti gratia. Hoc ideo insinuando protulimus, ut intelligamus a quanta perfectionis gratia Beatus Matinas electus inter duodecim Apo- stolos, duodecimi Apostolatus culmen scandere meruerit, ac proinde cum Dominus adjudicandum venerit , gloriosus cum illo residens, clarebit. Lectio VIH. De hujus quoque Apostoli Mathim mirabili electione , ac Jiida) tra- ditoris dejectione textum Beati Luca3 Evangelista; prosequens. Arator (1) (i) Arator floruit Sa;c. VI., scripsit Poema Ilislorioi .Iposlolico’ ; mendis scatens in Bibl. 1’atr. vulgatum legitur, Lx quo siquentia deprompta fuerunt carmino. m NOTE E DOCOIENTI Sancla; Romaine Ecclesia; Subdiacouus , quod Bcatus Pclnis Aposlolus prosa oratione perdocuit, ille versibus heroicis deprompsit dicens; Primus Apostolico parva de puppe vocatus Agmine Petrus erat, quo piscatore solebat Squamea turba capi; subito de litore visus, Dum trahit, ipse trahi meruit: piscatio Christi Discipulum dignata rapit, qui retia laxet , Humanum captura genus: qum gesserat hamum. Ad clavim translata manus , quique aequoris imi Ardebat madidas ad litor a vertere praedas , Et spoliis implere ratem melioribus undis Nunc alia de parte levat: nec deserit artem , Per latices sua lucra sequens , cui tradidit Agnus , Quas passus salvavit, oves, totumque per orbem Hoc auget Pastore gregem, quo munere summus Surgit et insinuans divina negotia, coram Sic venerandus ait: Nostis quia proditor amens , Mercedem scosleris solvit sibi taedia noxae Horruit ipse suae, stringens in gutture vocent Exemplo cessante ream qui parte necari Promeruit, qua culpa fuit, crimenque retractans. Judicio tali permisit membra furori. Aeris ut medio communi poneret hosti Debita poena locum: Calo, Terraeque perosus , Inter utrumque perit; nullis condenda sepulcris Viscera rupta cadunt, tenuesque elapsus in auras. Fugit ab ore cinis; non haec vacat ullis Judae, Quae suprema negat , vindictaque mercis iniquae Sic placitura venit; nam cum modo rura ]>arassel Funeris ex praelio, cum nomine sanguinis emptus Caespes, in externas componens busta favillas , De tumulis faecundat humum, caret impius agri Fertilitate sui, solusque excluditur arvis. Quae monumenta ferunt , cujus tuba saeva cruentum Est exorsa nefas , qui signifer oscula fgens , Pacis ab indicio bellum lupus intulit agno. Nunc opus est votis, quod verba Prophetica clamant: Quem liceat supplere vices. Tunc summa precantes Constituere duos, Joseph cognomine j' ustum , Mathiamque, Dei parvum, quod nomen, ut ajunl, Hebraeo sermone sonat , humilemque vocando Comprobat. O quantum distant humana supernis Jmliciis! parui merito trascenditur ille, Laude hominum qui justus erat. Duodena refulgent Signa chori , lerrisque tubar iaculalor Olimpi. Al PRIMO LIBRO. 12.1 Lectio VIIII. Vorumtamen si aliqui imperiti et sanctanim Scripturarum minus d onci documentis de liiijus sanctissimi Apostoli electione obsistere voluerint, dicentes: si Beatus Mathias duodenarj numeri Apostolorum explevit , et duodecimus sedebit cum Christo ad judicandum 5 ergo Beatus Paulus Apostolus ab ista sessione sequestratus erit. Noverint utique, quia duodenarius numerus in bac re , vel ca3teris sacrai scripturai elogiis, secundum tropum, qui dicitur Sinecdochem, pro toto accipitur. Qua ratione procul dubio , et Beatus Apostolus Paulus , et casteri Sancti sedebunt cum Domino adjudicandum. Duodecim ergo sedes, universa? sunt sedes, in quibus et Apostoli, et caiteri Sancti sedebunt cum Domino adjudicandum. His ita breviter definitis, ad laudem Beati Matliia? Apostoli devotissime revertamur. Glorificemus illum , et veneremur , ac triuufali laude perpe- tuis prfficoniis declaremus. Imitantes interim sanctam illius humilitatem , qua? est mater omnium sanctarum virtutum; caveamus impiam superbiam, quae est radix omnium malorum ; quam sequendo ille qui primus creatus est, et princeps extitit omnium Angelorum, de caelesti gloria et honore, cum decimo ordine Angelorum in cBternam prmcipilatiis est damnationem. Unde Dominus noster clemens , et omnipotens , non tantam passus in Cadesti Patria permanere ruinam, novos Angelos recreans, novamque creaturam ad imaginem , et similitudinem suam , hominem plasmare dignatus est. Ex cujus progenie tanto illuc ascendere statuit, cum ipsa videlicet instauratione decimi ordinis , quantos illic sanctos Angelos remansisse creditur, testante Propheta qui ait : Statuit terminos gentium secundum numerum Angelorum Dei. Lectio X. Ab ista namque ruina superbiae Dominus Christus discipulos suo praecavens, cum dixissent ei: Domine, etiam Deemonia subiciuntiir nobis? ait illis: Videbam Satanan quasi fulgur de Caelo cadentem: ac si diceret: studete in omnibus humiliter, et de miraculis nolite gloriari, ne cadatis similiter, sicut ille qui talia dilexit. Proinde hoc praeceptum Domini Beatissimus Dei Apo^tolus Mathias amplectendo , et retinendo , sic humiliter vivere studuit, ut infra septuaginta duos discipulos divina gratia electus, ad Apostolatus gloriam conscendere meruerit. Habet ergo Apostolus Domini gloriosus , habet profecto praerogativam excellentiam Apostolica; dignitatis non supra omnes, sed cum omnibus, non excellen- tior cunctis, sed omnibus coaequalis. Quare hoc? pro eo utique, quod MITE E DOClllEMI 12(i Dominus Cliristiis , cum potestatem tribueret Beato Petro Apostolo ligandi aUpie solvendi in Cajlis et in terris, non illi solninmodo tale privilegium contulit , sed omnibus nimirum Apostolis omnibusque in Sacerdotali dignitate locatis. Dehinc cum illos Christus instrueret dicens: Qui credit in me, opera qua; ego facio, et ipse faciei, et majora horum faciet; ({no(X de semicintiis, et umbra postea factum legimus, Luca referente in Actibus Apostolorum , non pratulit aliquem , sed omnibus aeqnabter illam contri- buit potestatem. Lectio XI. Si autem queeritur utrum nam miraculorum virtutibus tantus Apo- stolus Domini specialiter claruerit; sciendum est per omnia, quia multas et obstupendas virtutes cum caiteris coapostolis et apostolicis viris operatus sit. Nam uti(pie inter illos erat, (piibus Christus tribuit potestatem dicens: Signa (juce ego facio, et ros facietis. Et in alio loco: Si diceritis monti huic, transi hinc, commovet se de loco suo. Et iterum : Habete potestatem calcandi super bestias, et scorpiones. Si enim Christo attestanti, qui veritas est, de miracidormn virtutibus fides est adhibenda , retinendum est, ([uod iste vir Domini inter ca3teros Apostolos multas sit operatus virtutes miraculorum in provincia Judeas, quae illi in sorte praedicationis advenit. Neque etenim incredulum popolimi ad fidem Christi convertere voluerat sine miraculorum patratione. Sicut de Sanctis Apostolis legimus: Per manus autem Apostolorum fiebant signa. Et de Beato Stephano : Stephaniis autem plenus gratia et fortitudine faciebat prodigia, et signa magna in populo. Sed quia minime scripta sunt miracula Beati Mathiae, non tamen sunt incredulitati tradenda; cum de ipso Domino Salvatore scriptum sit: Multa quidem, et alia signa fecit Jesus in conspectu discipulorum suorum, quee non sunt scripta in libro hoc. Et ut potiora inferamus: sciendum est utique, quod tot mortuos suscitaverit, quot ab aeterna damnationis morte salutifera predicatione eripuit, quod per omnia excellentius, atque gloriosius esse decernitur, a peccati scilicet morte animam defunctam Christo restituere , ipiain morituro corpori vitam donare. Lectio XII. Interea ne(|ue hoc de hujus Apo^toli gloria praetermittendum, quo- niam (piideni qiiamipiam omnes A))ostoli ante sa>cula electi a Domino esse credantur, docente Apostolo ac dicente: Qui elegit nos ante Mundi Al PRIMO LIBRO. P2I coustitiitlonem, ut essctnus sancti, et immaculati in conspectu ejus taincn non de qnolibel, sicut de hoc Sancto Apostolo Doininns Christus contulit mentionem , cnm diceret in Evangelio : IS'onne duodecim horee sunl sanctos videlicet Apostolos significans. Si enim hoi’se, inquit Sanctus Agustiuus, erant, lucebant; si lucebant, quomodo Judas diem Christum ad mortem tradebat? Ergo non Judam dixit in hoc loco tradi- torem, sed Beatum Matinam successorem ejus, et praedicatorem. Iliinc ergo praividit, hunc insinuavit, quem in loco illius postea mirabiliter ordinavit. Ipse etenim illum in Caelo jam regnans Apostolum constituit , qui in terris positus caeteros Apostolos elegit. ISam et in Caelis cum Patre regnabat, et in terris eos ut filios gubernabat, sicut pollicens inquit: Acce ego voòiscum sum onmióus dieius usque ad consummationem swcidi. Ac per hoc datur intclligi , ut siciiti decimum ordinem in ccelesti gloria instituit de humana generatione, ita duodenarium numerum de Beati Alathiai digna electione. Passio autem illius si quaeritur haberi sicut caeterorum Apostolorum , manifestissime constat, quod ipse sibi intulerit passionem, et crucem suam ferendo Christum fuerit secutus, dicendo cum Apostolo: 3Ii/ii autem absit gloriari nisi in Cruce Domini nostri Jesu Christi, per quem mihi 3Iundus crucifixus est, et ego JIundo. Cum enim manifestum sit, quod duo sint genera passionum, unum in occulto, et alterum in manifesto, patet nimirum, quoniam crucilixus illi IMundus erat, quia odio illum habebat, et tamquam mortuum aestimabat: similiter et ille Allindo, quia illnm ad sua gaudia trahere non valebat. Ergo Beate nimis Apostole Christi Alatliia, exulta, et gloriare in Domino Jesu Chri- sto; gaude jam laetus gaudio sempiterno. Ille te nimirum elegit de disci- pulorum agmine, qui Petrum , et Andream, Jacobuin , et Joannem de marino litore. Plaude ergo nimis, plaude per cuncta, Beate, jam ccctibus Angelicis sociatus, jam Christi nectare soliatus : inter Apostolicas sedes judicio illo magno, cum judicabit orbem terrae in aequitate , cum Christo Domino exaltandus. Sed quia hoc totum donavit tibi gratia Christi; sup- pliciter petimus, humiliter postulamus, quod illum pro nobis exorare digneris, ut nos clementer exaudiat postulantes, et placide remuneret de- certantes. Postquam vero Judaeam patriam praedicando, quam insorte praedicationis acceperat plurimos ad Fidem Catholicam convertit Beatus Matinas Apostolus, migravit ad Dominum Jesum Christum sexto Kaleii- das Martias , qui cum Patre et Spiritu Sancto vivit et regnat Deus per infinita saecula sacculorum Arnen. 12S KOTE E DOCl'MEXTl 0 . Le Cronache di questi due anonimi leggonsi in un Codice del IX secolo in questo Archivio, il quale messo ad esame dai PP.Gattola e FrajaCassinesi, fu trovato che il Pellegrini non avevaie pubblicate Intere. Nella prima Cronica II dotto canonico saltò a piè pari un bel tratto di quella scrittura, confessando non aver potuto dcciferare i caratteri — Ccelera legi ìiequie- j7//i/=Fraja interpretò benissimo quel che lasciò Pellegrini^ ed ecco ciò che manca all’ edizione fatta in Napoli nel i643 , pag. II 2 , paragr. XXX.... lamquain pornicitatem volucri repente super eos Seodan Rex Saracenorum ciun suis salellilibiis venil; monachi vero quamquam nudi, incolumes ad suum confugerunt Castellum. Adest illius misericordia, qui suis fidelibus ait : Pater meus usque nunc operatur, et ego operor , ego inquam vobiscum sum omnibus diebus et ex ovibus meis nemo potest rapere de manu Patris mei , quia ubi duo vel tres congregati fuerint in nomine meo ibi sum in medio eorum. Sed neque minus in hoc quamdu- dum suo fideli concessit Dominus Benedicto, quia et si res tradita fuisset Gentibus, animas eorum custodiret. Saraceni vero omne demolierunt mo- nasterium , confringentes omnia , frumenta et legumina in flumine proi- cientes. Et dum huc illucque foderent, plurimum absconsum repererunt thesaurum , coronas videlicet et ministeria sacra , et quotquot voluit esse ecclesiasticus honor. Nefandissimus autem Seodan Ilex in sacris calicibus bibebat , et cum turibulis aureis incensum sibi fieri jubebat. Post diem autem tertium veloci cursu properavit cum suis ministris usque ad portas Capuanm Civitatis, plaustra onusta, animalia, homines plurimos capiens, al(jue eo die rediens, secus Teanum castramentati sunt. Verentes autem Beatissimi Benedicti monachi , et illius vicinum adventum et suorum pe- riculum , per llagenaldum Diaconem ipsius, ut mitigari potuissent fera- citatem, ])rima voce pro pactu contulerunt ei. Pando Capuanitis Caslaldcus contra Vuaiferium Principem cum suis hominibus exivit in bellum, mox quidem ipse prius corruit, dehinc qui fuerunt cum eo, victoriamque adeptus est Vuaiferius Princeps. Per base tempora Seodan cum omni suo exercitu per dies quadraginta debellabat Consiam urbem et nimium obsedit eam tempore inulto , quamque Domi- AL PRIMO lIIiRlì. 129 Hiis SUO |>r;rsiilio cripu’il, cl Scodali cimi siiis ttii’pilci' ah ca rccessU , et ila diclus Paiido Capuani rcmcare.... reliquit.... iiidiclione. Ihiiidiiiolfus Pandoiiis dicli filius Capuana in urbe faclusVsl Gaslal- deiis , queinquc non post nniltnm Landolfus Episcopus sua seclusit ab urbe, et sua cuin facultate veniens habitavit in Sessam. Della seconda cronaca il Pellegrini lasciò parie nel Co- dice , non so se per difficoltà di lezione , o per allra , lo che accennò il Galtola, ma del mancanle pubblicò poche parole: (i) ecco liiUo cpiello che ne rimane inedito. CHRONICA DE MONASTERIO SS. BENEDICTI, K Diebus Justiniani borlodoxi imperatoris Beatus Benedicius Pater, qui moiiacborum regulam instituit, et prius in loco, qiii Siiblacii dicitur, qui ab urbe Roma quadraginta milibus adest , et postea in Castro Casini qnod arx appellatur et magnis vita; meritis et apostolicis virtutibus fulsit. Cujus vitam, sicut notum est, Beatus papa Gregoriiis in suis dialogis suavi sermone composuit. Eo quoque, pro parvitate ingenii mei, ad bonorem tanti Patris, singula ejus miracula per singula distica elegiaco metro contexui. = In lande S. Benedicti versus Pauli Diaconi. Ordiar unde tuos, sacer o Dencdkle iriunphos ? Virtutum cumulos ordiar unde tuos ?= et in Jine Sint precor apti libi celestis tramitis iudex O Benedicte pater sint precor apta ttbi =: et in ult mo Perfice cuncta precor per cum ejuem semper amasti Dulcis amande Pater perfee cuncta precor — yninus Fratres alacri pectore venite concentu pari fruamur Imius inclyta; festivitatis gaudiis = lia;c alibi requirantur suo in loco. Libet me breviter rcfen’e quod Beatus papa Gregorius minime in huius SS. Benedicti Patris vitam descripsit. Denique cum divina aimnonilione a Siiblacu in liiiiie, ubi requiescit, locum per quinquaginta ferine milia adventaret, tres eum corvi, quos alere solitus erat,sunt circimi- voliianles secuti. Qui ad omne bivium usque dum bue veniret duo Angeli in figura juvenum apparentes ostenderunt ei ([u:im viam arripere deberet: (i) Access, ad llist. Tom. I, pag. 3. TtWi. I. 9 m un E Dor,oiE\Ti in loco nnlcni islo (jnltlain Dei servus lune lialnlaculuin habebai, ad ([uein tliviniliis ila diclnni est : IIù tu parce locis, alter amicus adest. line anioni, boc csl,in Casini arcem perveniens, in magna se semper abslìnenlia eoarlavil, sed precipue quadragesimo lempore inclansns et reniotns a mnndi slrepilu mansit. Ilaec omnia ex Marci Poetai cannine smnsi qui ad cumdem venerabilem Palrem bue veniens bos versus in eins landem composuit. Cecca profanatas dum coleret turba figuras, Et manibus fictos crederet esse Deos = requirantur alibi. Certum esi lume egregium Palrem voeatum casi itus ob boe ad lume fertilem locum, et cni opima vallis subjacet advenisset, ut bic mullorum monacormn, sic et nunc, Deo presule, facta est, congregatio fieret, ut scriptum est. Quos Pater onnipotens hic mundi a finibus unum Esse dedit plures diverso germine ductos. Coenobium veroB. Benedicti Patris quod in boc Casini vertice situm fuerat , quodque postea rursus ab aidificanlibus castrum Euhio gimono- polis, idest Benedicti civitas a Longobardis noctu invaditur. Oni universa diripientes nec umnn ex monaebis tenere potuerunt : ut prophetia vene- rabilis Patris Benedicti quam longe ante prasscriverat impleretur , qua dixit : Vix obtinni apnd Deum onnipolenlem, ut ex boc loco animai milii cederentur. Fugientes cpioqne ex eodem loco monaebi Romam petierunt, seenni Codicem S. Regnlai qnam prepbalns Paler composuerat, nec non pondus panis, et mensura vini, et quidquid ex snppellectili subripere poterant deferentes. Siquidem post B. Benediclmn Constantinus , post bniic Simplicius, post qnem Vitalis, ad exlremnm autem Bonilus congre- gationem ipsam facit , sub qno base destructio facta est. EXOnnUM DE MOXASTEUIO ALMI BEXEDICTI PATRIS. Ut Deus omnipotens elcclornm monaeboruin sub B. Benedicti insti- tutione augeret numerum, principium occasionis cxlilit ut Pelronax civis Brexianae urbis divino amore compnnctns Romam venisset , liorlaliiqne tunc Gregorii aposlolicte sedis papae boc Casinum castrum petiit, atque ad sacrum corpus B. patris Benedicti perveniens, ubi cum aliipiibns sim- plicibus viris jam residentibus babi.are cmpil. (jui eundem venerabilem AL PHIMO UDRÒ. 131 vìi'iim l'c'troiineeni sil)i seniorem slaliierinU.Hinc non post iniilliim tempus, cooperante divina misericordia , et suffragantibus meritis almi Benedicti patris , jaimpic evolutis fere centum et decem annis ex quo locus ille babitalione hominum destitutus erat; multorum ibi monachorum nobilium, cl mediocrum ad se concurrentium pater effectus sub sancta) Regulm jugo, et B. Benedicti institutione reparatis habitaculis vivere coepit, atque hoc coenobium in statum quo nunc cernitur erexit. Huic venerabili viro Pctronacio in sequenti tempore , sacerdotuum prmeipuis , et Deo dilectus Pontifex Zacharias plura contulit adjutoria, libros scilicet S. Scripttira) et alia qua)que ad utilitatem monasterii per- tinentia: insuper regulam quam B. Pater Benedictus suis sanctis manibus conscripsit , paterna pietate concessit. Zisolfus quoque Beneventanorum Dux Soram romanorum civitatem, Arpinum, Amncn, atque Arcem pari modo oppida coepit. Qui Zisolfus tempore Joannis pajxe sua omni cum virtute Campaniam venit, incendia et depredationes faciens multos ccepit captivos. Et usque in locum qui horrea dicitur perveniens castrametatus est ; nullusque ei resistere potuit. Ad hunc Pontifex missis sacerdotibus cum apostolicis donariis , universos captivos de eorum manibus redemit, ipsumque ducem suo cum exercitu ad propria repedaro fecit. Cujus uxor Scauuiperga nomine in urbe Casinatium in idolorum templo Beati Apo- stolorum Principis Petri honore , Bcata)que scilicet gloriosa) semper Vir- ginis Maria) , nec non et Micha)lis Arcangeli altaria statuens ; igonas et ministeria vel cceteris ac optimis muneribus , illustrans et devota mente memoranda reliquit. In ejusdem vero urbis arcem quas Mello dicitur, ubi decenter beati corpus Benedicti humatum est : Isdem Gisulphus armipotens Dux cum conscendisset , tum divino tactus amore beato Patri Benedicto cuncta in circuitu montana, et planiora conferens, et fixis donariis posteris habenda in perpetuum concessit. Sed propter hostium irruptionem marchas tantum ad incolarum tutamina dimisit ; ccelcrum oh laborum suffragia exercen- dum vicinis pra)cepit tam in seminibus quam messium tempora monachis obediiuros. Libet breviter, ut ex m.ajorum dictis repertum est, me dixisse sufficiat, nunc vero cursim iterandum est hujus nostrae cronica) succinctio, ut lector facile agnoscere queat quae tempora , vel quis princeps hujus patris extitit, vel pastor loci istius quo deguit, et ex brevi memorabilique calculo longa qui velit extendat pagina , et narrator existat dolorum tempora. Incipit Cronica Longobardorum seu monachorum de monasterio SS. Benedicti. Seguo nel Pellegrini pag. ni). o i ’ i • .^' ' «•■ • i> »• 'I . ^ tà-i. •■ •!>.’ ^ 1 .-VM-r» wv?^ r.jrnw*> '»i tr’iV > i ■ 'nj'fri > *«f||.iÉRÉMÌ<' s 'ì ‘ »*»-■ » ^ — ... «• , ; # .4 «Iti *♦ ' ‘«♦•Vtrt.ivilj . t - t ni f||.»i 1 ( ■ jNBl||Hii^ùia »•' t f wu .' - ♦wtwWà» «« I : : -t .>..4 ,h,uL 4 . étflmni/Èm $«h -^« .V mhm •!*«# c' «^wr ^ *■ A.tt ,ii* r4 ^^ Vi» . S _ /ri mf wU È riif v ■ •«il»»»’ "t’- iwi^flìtU it nàiitn m ■■ ‘‘oh. y, .'»^l lét^rpfru} *Ì0' _, 'j ' I»' . I U'Vj-i- * I- < .«t| ►n.i«f»*»k* r»tti*^ w-ifiiij«ar,,,, iigigj ,.é ,r<». i.t I • nn"<'j » >if !**♦ , 4 «)ijw4i ii^ .1 rUA^, *9 >#f‘rtrf((ÌM»|t*.» . H04|i| ►•»'%4)4 ìB - f * .1 .a: ■ ' •»•■ * s..^' * ■ •• .'.«..^^«r I ^ W« . tl.« h* '*-., 1 ' y.- 4 | • • ■ . - • . f *i m m> *m <‘* y - ■ tmftém • ‘ --' .1 A ptw.«5r*tì)iwi« LI13110 11. F 'Cy Qy--- \ l ^f i» < * »1 il J -<5K> - RAKO scorsi (Ulc anni dal miserando caso di Mon le- Cassino e di S. Salvatoi’c, quando abaio Angolario, av- visandosi fosse leni- to di porre mano a rilevare il monislero Cassi nese , depnlava Ercbeinperlo, appun- to lo scrillore della cronaea che porla il suo nome, con al- (pianli monaci a Monte -Cassino per curarne il rislorameiilo. Andarono i monaci, c loro seguhano carri con ^ello^aglie e SinillA DELLA DADIA DI AIOATE- CASSI AD i:{r. non poche ricchezze ; ma se ne tornarono chiariti di ima verità, non esser cpielli tempi da fabbricar Badie , non essendo solo barbari i Saraceni, ma Italiani, e Greci. Impcroccbè dettero in un agguato che loro tesero i Greci , i quali dispogliatili di tutto , non li lasciarono andar con Dio , se non dopo averne avuto il riscatto. Erebemperto cbiamò nella sua storia (i) quei Greci di costumi e di animo ferino, per nome Ciàstiani, per fatti peggio clic Saraceni ; nè credo die la narrata ribalderia gli ponesse il fiele nell’animo, poiebè trovo spesso nel codice detto Arabo di Sicilia, tali appunto essere stati i Greci di quel tempo. E come se poca cosa fosse l’aver cbiamati i Saraceni, ed averli fatti stanziare nel paese, Attanasio II vescovo e signoi’e di Najioli, preso da matta ambizione di occupare Capua, avea chiamata anche un pò di razza Greca ad inabbissare la patria, mentre Guido duca di Spoleto si travagliava al Garigliano a snidare i Saraceni, die per sua malizia vi si erano fermati. Per altro non rimetteva Angdario dal proposto di vedere in piedi Monte- Cassino , in guisa die, se non del tutto, come appare dalla cronica Cavense, almeno in parte risorse quella Badia. Intanto non vivevano pacifici i Cassinosi in Tiano. Un Atenolfo favoreggiato da queU’Attanasio vescovo di Napoli, che in far cabale eiii cima di uomo, erasi impadronito di Capna , cacciandone il conte Landone suo parente; e vedendo come i Cassinosi se ne stavano in Tiano lianditi di sede , e poco in forze, mise le mani su quanto possedevano in Capua, e fece suo. Erchempei’to fu spedito da abate Angelario in Roma presso papa Stefano V a pregarlo di favore in ipidla bisogna, il monaco tornò recando la pontificale lx.'nedizione , un privi- legio di confermazione , e lettere esortatorio al Capuano , le quali non fallirono di elfctto. Imperocché Atenolfo , curando rafièrrnarsi nel potere , voleva pace col Pontefice , cui jiei- mezzo di Daiiferio monaco, e di Majone abate di S.Yinc.cnzo a Vulturno, erasi prolfeiito nrojwiiis famulus, oltre a molte (.) Nmn. 8r. ANM) DCCdLXXXl. i;n aUfO promosse che poi non mantenne (i). Ma Ei’clicmperto non polelle sfuggire lo sdegno di AlenolFo , che malamente portando quella sua legazione, lo cacciò via di una pi’cposi- hira o piccolo monistero dipendente dai Cassinosi , che egli reggeva. Era nato ai guai (jnesto Erchem porto; un Aldegario che l’Ostiense dice esser stato patrizio uomo, gli fu padre, e fu sua patria la terra di Pilano, terra oggi distiaitta nella con- ica di Tiano poco lungi da Conca (2). Nel 881 Pandcjiolfo, ajutato da Attanasio vescovo di Napoli, cavalcò contra Pilano in cui versava Erchemperto , c presa la terra di viva forza , spogliò questo di ogni sua cosa, e sei portò innanzi ai cavalli prigione in Capua. Dell’anno di sua nascila, e della entrata nell’ ordine Benedettino in IMonte-Cassino, come di cosa oscu- rissima , non so dire , avendone mollo dello il Pralilli , cui mando il leggitore, nelle note al Pellegrini ( 3 ). Fra coloro che in quella miserrima stagione posero l’animo a scl■i^cre alcuna cosa , certo che mollissimo sono a riputare quei croni- sti , i quali se gretti e poveri di stile ci sembrano, lulUuolla meritano benissimo degli amatori delle patrie storie, come soli tleposilarì di qne’ falli , che la vecchiezza e tristizia de’ tempi avrebbe fallo cadere in ohblio. Erchemperto fu uno di coslo- ]’o, il quale fornito di acre ingegno , e versato nelle discipline tanto quanto il comportavano qne’ tempi, scrisse una storiella de’ Longobardi che tenevano il Ducato Beneventano. Egli dice nel Prologo, come il Cassinese Paolo Diacono, avendo hreve- mcnle e con senno fliscorso della origine de’ Longohaidi , della loro venuta in Italia e de’ loro fatti, fino al regno di lìatchis, rompesse a mezza via il l’acconlo, per non farsi nar- ratore della caduta del regno Longohaixlo, essendo, dice egli, costume, delle palide cose quelle solamente fai’ conte, thè sono gloriose alla proj)i ia gente. Perciò egli protestasi , non essere per discorrere le glorie , ma il vitupero della sua na- (1) Ercliem, Gli. 71. 80, 6 g. (2) Erclu'in. iium.” i- (0) Itisi, jiriu. Loi)^. Tom. I. pag. /j,G, 138 STORIA DELLA RADIA DI MONTE- i:\SSiM) zioiu!, cssciulo conlorlalo a l’ailo da Adcdgiso capuano. Quel eoiiliiiuo correre che facevano sopra Capua i INapolilaul con- doni dal loro vescovo AUanasio per impadronirsene , (piella chiamala de’ Saraceni e de’ Greci, per cui fu prostrala la sua Hadia, ed egli ben due volte capitò male in mano di (]ue’ bai’hari, quasi j)cr isdegno conceputo contro una parlo de’ Lojigobardi (c dalla maniera del racconto, e dai versi che scrisse conli-a Pandolfo vescovo di Capua , pare che avesse animo disdegnoso) lo confortarono a scrivere quella storia. E bene mi acconcio alla sentenza del Pellegrini , che Adclgiso lo consigliasse a sciàvcrc appunto quando i Capuani riporta- rono segnalata vittoria su i Napolitani, la quale Erchemperto conta con grandissima esultanza nel numero 74. , come per mandare alcun fatto onorevole dei Capuani , molli vituperosi dciNapolilani, in guisa che è storia condotta da mollo spirilo di parlo. E lino all’anno 888 , in cui i Napolitani toccarono (piclla sconfitta, il monaco ha tratto il suo racconto. Quei destini che travagliarono in vita il buon monaco, toccarono anche l’opera di lui, in guisa che rolla traformata in mille guise dalla ignoranza de’ menanti, tanto malamente era fidala ai codici, che in questa, un dotto nomo diceva, non riconoscere Erchemperto , ma bensì il cadavere di lui. Di (piesta usò mollo Leone cardinale d’ Ostia nel comporre la sua cronica; ma dal suo tempo fino al lòfio non ne fu avuta contezza, essendo stato il primo Marino Freccia famoso giureconsnllo , che in quell’ anno la rinvenisse in un codice membranaceo che era in Salerno , c tutta di sua mano la trasci-ivessc , come egli stesso ne certifica nel suo libro de’ Sulfeudi (ì). Nel ifi2fi Anton Caracciolo con assai mende puhhlica- vala per le stampe, delle quali purgala rIprodu(*evala Camillo Pellegrini nello stesso secolo, od in prosieguo Pietro Purman- no in OIaìula, Muratori in Italia. Pietro Diacono (2) vuole che ( 1 ) De l’mv. el Civil. llegiii Ncap. n.” 30. ( 2 ) De Vir. ili. Gas. Gap. \1V. Ano Dccfxnwiii. 13i) Ercliompciio scrivesse aiiclie della rovina e del risorgiiueiilo della lìadia Cassinese , ed una sloria della incursione de^li Ismaeliti, cioè de’ Saraceni ; ma è a compiangere la perdila di queste due scritture, o c a dire clic Pietro accennasse appunto alla storia anzidelta de’ Longobardi , in cui c della caduta della Badia c delle scorribande de’ Sai’aceni si nai’ra? dappoiebè di questa non fa verbo. E a ano che io dica, essere; poA^erissima cosa la sloria di (jiicsto monaco, Ixdlo l’ossei’vai’c come dalla rozza semplicità dello stile e dall’ animo dello scrittore che in que’ racconti traspare , conosciamo quali fos- sero le condizioni morali di que’poj)oli, c come fossei'o tornale fanciulle le generazioni , forti , ma feroci , mosse da graiuli passioni non falsate dal vivere civile, ma scomposte in guisa, che io le cbiamarei generazioni omeriche. Fu visto come Alenolfo 1. per troppo amore alla roba che possedevano in Capua i Cassinosi, portasse verso di questi avverso animo. Ora essendo i monaci in Tiano come banditi, gli si liscaldarono vieppiù le voglie dello altrui , che erano state so|)itc dagli idlici pontificali. Dette fuori un bando : i monaci di S. Benedetto, per rivendicare qne’beni da altri usur- pati , avessero di persona a prestare giuramento ne’ pubblici giudizi. Era ai monaci vietalo nella Regola di S. Beneilello il prestare giuramento, qualunque frisse stata la bisogna: e ove; nel foro erano chiamati a darlo, ciò facevano per alcuni laici, che erano detti Scaiioni , i quali erano come avvocali (i). Avvisavasi il Capuano , che siccome i monaci non sai’ebbersi piegati a violare il canone di loro Regola , loro sarebbe stala chiusa la via ad ogni pruova ne’ giudizi per guarentire il pro- prio censo , sul quale era per correre. Bello n’è il racconto che ne fa Ercbempcrlo , acre per ironia. « Intanto Alenolfo « avuto nelle mani il vescovo, ed obbligatosi con giuramento « l’universo clero, portò Fanimo a fabliricare leggi che aves- (( sero del nuovo, e d(‘l fresco. Imperocché esortò i monaci (t) Du cange Gloss ])0g. 700. Toiu. II. Uiì STORIA DELIA BADIA DI MOJITE-CASSIA'O (( (li S. Ileiiedollo a giurare per ii(.*onoscerc il perduto, a (pud (( monaci cui da tutti i principi suoi antecessori , e dagli im- (( peradori irancesi era stato concesso il non prestare giuivi- (( mento di sorte alcuna, se non per mezzo degli ScarionI ; {( volendo in questo fatto comparire uomo di altro senno e (( potere , che noi rurono i suoi maggiori. )) Il Pratilli chiosando queste ultime parole, dice, che Erchemperto levi al ciclo Atenolfo, da cui i GassInesI avevano |•iccvulo ogni sorta di benefizi. Se il valente uomo avesse pensato, questo Atenolfo II essere appunto colui che cacciò via dalla sua preposltura il monaco narratore, che non di benefizi, ma di mali aveva colmato i Cassinesi, avrebbe di leggieri riconosciuta la ironia in quelle parole. Diserti e non sfidali , raccolti nel Tianese monislero i Cassinesi, tosto levarono gli animi aH’abbandonata Badia, e ai desideri successero le opere di ristoramento prima nel iiionastcro di S. Salvatore, poi in quello Cassincse. Deputato Angelaiio al Vescovado di Tiano, (889) ebbe successore nella Badia Bagembrando, poi Leone, sotto il governo di cui appic- cossi il fuoco al monastero di Tiano, che andò in cenere col libro dellaRegola scritto per S. Benedetto, e molti diplomi, c privilegi. (i) Allora sturbati anebe di quel luogo i monaci, rlpa- rai’ono neH’cjpiscopio Tianese. In questo mentre se ne mojàva Leone, (9 io) e pendenti gli animi sul successore,! principi di CajnuiLandolfo I e Atenolfo II decisero la bisogna. Pensavano (piesti al gran prò che loro sarebbe venuto assoggettandosi i Cassinosi, c cacciando le mani nel pingue censo di loro. Per venire a capo de’desideri clic nascevano da questi pensamenti, non si avvisarono male fare obbliare a que’ monaci il loro Monte-Cassino,j’IdurlI in Capua, c quivi con principescbi favori e cittadine lusinghe tenerli in propria divozione, c poi stendere bmgbc le mani sul patrimonio Benedettino. Laonde persua- sei-o un parente di loro Giovanni Arcidiacono della Cbicsa ( I ) Cliro. Leo. Osi. m) Dccccw. ÌU Capuana a togliere la carica Badiale. Vedrassi in prosieguo (pianto i Cassinosi si travagliassero per servare incohmie il diritto di elezione; ora si piegarono al volere di (pie’ principi, e l’Arcidiacono tramutossi in Abate. Preposto ai monaci Giovanni, caldamente tolse a favorire la mente do’ parenti in ciò, per cui lo avevano voluto aliate. Pensassero, ai Cassinosi diceva , alla tristizia de’ temjii , e al necessario prevedere e provvedere delle loro bisogne ; non essere Tiano stanzn op- portuna e stabile, non decorosa dopo l’arsione del monastero, vile cpiello accattare un asilo tra le mura della vescovile casa, pericolosa essere quella di Monte - Cassino , potendo tornare i Saraceni ai loro danni ; santo essere il vivere tra le rupi e tra i monti, ma non malvagio il versare nella (*ittà , ove la vita sarebbe sicura, la pietà non infredderebbe, anzi per lo esempio (li virtù, bene a(l altrui ed a se stessi arreeberebbero ; lui seguissero nelle Capuane mura , quivi onorevole stanza loro aprirebbero i Capuani principi, quivi sicuro, decoroso, ripo- sato il vivere. 1 consigli dell’ abate non trovarono malamente disposti gli animi de’ monaci, i quali condotti da Giovanni, si recarono in Capua. Una piccola casa ed una cbiosiuola fu (la prima la loro badia, ma in poco di tempo si adopei-arono in guisa, die fu levata ampia chiesa ricca di suppellettile sacra , e monastero da capire nn cinquanta monaci. Tali furono i principi della Chiesa di S. Benedetto in Capua, della quale sarà fatta menzione nel processo di questa storia, come (li pertinenza Cassinese, e che poi finalmente dopo avere sperimentate le solite vicende di commende , e di padronati , ora accoglie un reverendo collegio di canonici , pingui di patrimonio : e lutto ciò facevasi C(T favori de’ pi incipi e dei parenti di abate Giovanni. Quivi locati i monaci non istettei-o gran pezza ad allentare le monastiche discipline, l’aere Ca- puano ammolli gli animi in tanto, che a disonesta vita si dettero, e ciò appunto volevano Atenolfo e Landolfo. Cosi (pielli addormiti ne’ piaceri, questi svegliatissimi padroni^g- giavano tutto il patrimonio di S. Benedetto. STORIA DELIA RADIA DI A!D\TE-CASS1\D m A (liovaniii niorlo nel 934 sueeesso Adelpcrlo francese (li patria. Se i principi facevano loro prò su la roba Cassineso , il vescovo Sieonc, non se jie slava a i^uardare. Sul monte presso Capila era una Chiesa falla levare dai principi Longo- Ijardi in onoi'o dcirArchangelo S. Michele su le rovine di un tempio di Diana, perciò delta di S. Angelo ad arcum Dianw, ed anche ad formas^ per molli aequcdolli che scendevano da (pici monte. (i) Del tempo di sua fondazione non sappiamo, nè del ([uando fosse venuta in potestà dei monaci Cassinosi dimo- ranti in S. Dimedclto di Capua. Certo c che prima era cosa dei Cassinesi, por donazione che loro n’ehhe fatta l’antocessore di Siconc, e che v’era accosto un monasteriuolo con monaci. Or (picsto Sicone, scudo abate llaldoino, la tolse al Cassinosi di S. Benedetto di Capua , c ne fece un presente ad un Dia- cono, (che nella epistola di papa Marino li. al vescovo, da cui traggo ([uesla stoia'a, (2) vlen detto imperilo ed indisciplinato) pei’chè i cittadini capuani vi tornassero ad andare a diporto, o ne facessei-o luogo di convegno per Ijallarvi, e sollazzarvisi, come facevasi per lo innanzi, e per impedire la (piai cosa ranleccssore di Siconc Tchhe messa in mano dei monaci, l Cassinosi, malamente portando (juest’atto di Sicone, richiama- rono in corte di Roma, e l’ anzidetto papa Marino indirizzò lettera a Siconc piena di sdi'gno , c che riporteremo inti'ra tra i documenti di (picslo lihi-o; nella (piale conchiudeva, che subito tornasse ai monaci la Chiesa di S. Angolo, come era stalo per lo innanzi, pena la sospensione da ogni ulllzio sa- cerdotale, ed ove (piesla non curasse, pena la scommnnica e la privazione dei Sagranumli lino alla morte. Se Sicone resti- tuisse o nò (juclla Chiesa ai monaci non so; ma l’ epistola di papa rdarino ne certifica del possesso goduto dai Cassinosi della Chiesa di S. Angelo per donazione fatta ad essi dall’ an- tecessore di Sicone. ( 1 ) Mici). Moaach. Sancì. Ccapu. Pari. 4- iioo- (2) E.'i lleg.Pelr.Diac. cl Rcg S. Ange, in Forniis pog.2.Vidi Dee. A. AMI) DCCCCXllX. H 3 Vanesie cose accadevano nel finire del governo di aha'e Adelperlo, che cessò colla vila dairnlllzio nel 94.2 o al co- minciare di quello di Ilaldoino, che loslo prese la moderazione de’Cassinesi in Capua. Costui essendo abate, le cose mutarono faccia: incrcscevagli forte quello andare alla sbrigliala d(‘i monaci, non pativa l’ usurpazione de’ capuani signori; fecene consapevole papa Agapito 11 (i). Il Pontefice indirizzò una epistola al principe Landolfo autore di quel disordine. Con grande tristizia dell’ animo, diceva, sapere del disonesto e dissoluto vivere de’ Cassinesi ; lamentava che le pietre del Santuario andassero malamente sparse per via, monaci desti- nati al divin servizio sotto la llcnedettina Regola vaganti por lo castella, altra regola non si avessero che il loro mal talento; Landolfo accagionava di quello scandalo, traendoli nelle ca- puane mura, por signoreggiarli, per rapinare sul sacro loro censo. Ordinava: loslo i monaci sgombrassero il monastero capuano, e quivi lasciati due o tre vecchi, a Monte- Cassino lornassei‘0. Scorse alcun poco di tempo, in cui trapassarono di vila Baldovino e il successore Majepollo, dall’ordine ponti- ficio fino alla tornata, che poi fu fatta sotto abate Aligerno. (94.9) Lea questi Napolitano di patria; aveva mente levala, accorta , provvidente : desideroso di giovare , intese al bene ; e ncdla signoria Cassinese fu rimedio, e quasi rigeneratore del popolo: miti aveva i costumi ed incorrotti, tenero amatore della cosa monastica: fu argomento ai posteri del bene che è proceduto alcune volte dai monaci nelle generazioni intristite. E non vi voleva che Aligerno per rilevare la Badia Cassinese. Poco da’ suoi antecessori erasi operalo nel rialzarne le mura, pochissimo ne avevano tutelate le possessioni, anzi quasi di proposito se le lasciavano predare (2). l conti di Tiano a\e\ano proceduto fino al monlicello detto Trocebio, che nel mezzo della valle si alza a rincontro della Radia, e padroneggiaAauo (1) Resesi, l’clri Diac. pag. 7. a t. Vedi Doc. B. (2) Leo. Osi. \n STORIA DELIA RADIA DI M0\TE*CASS1A’0 ([iianlo i ('assiiicsi |)osso( 1 cvano da qiud colle fmo al leiTÌloi-io Tianese; ciò dalla banda orientalo. Atenolfo soprannoinalo Megalìi gaslaldo di Aquino verso pononlo avea usurpato quanto gli venne fatto, sprolungandosi verso il mezzodì, e cos'i (piasi non rimanea alla Badia che il monte ove sorgeva. Saraceni più non erano al Garigliano , la Dio merce , sondo stati snidati da Landolfo principe di Capua e Benevento, da Gregorio duca di Napoli, e Giovanni duca di Gaeta, ad istanza di jiapa Giovanni X, fin dall’anno 916. Laonde non rompen- dogli i disegni paura de’ barbari, Aligerno si volse ai vicini signorotti chiedendoli del rapito. Questi si peritavano , egli insisteva presso Landolfo di Gapua. Il richiedere a tutt’nomo dell’abate aspreggiò i vicini, che non trovando altro modo a sottrarsi da quella molesta inquisizione, pensarono togliere di Aita Aligerno: ma questi non dormiva; subodorò lo niacbi- nazioni di quel d’ Aquino di volergli porre le mani addosso , si mise aH’erta, 0 munissi. E pi-oprio a cavaliere della città di San-Gcrmano una rupe formata dal prolungarsi del IMonte- Gassino che fà verso Borea; come tagliata a picco dal lato di tramontana , non fa salirsi da piede umano , c finisce in asciutto torrente, che sol nelle piove porla acqua; di difficile accosto è quel di oriente e bruscamente scoscesa, dolce anzi che nò è lo ascendervi al lato occidentale. Su questo sasso abate 7\ligerno giltò le fondamenta di una rocca, che duranti lo vecchie discipline di guerra fu fortissima , c di difficile pi’esura. .Janula addiniaudossi pei-cbè quivi ne’ tempi del ]>a- ganesimo fu un tempio sacro a Giano (i). Levava dunque mura il Cassinese c torre , che nelle tribolazioni mossegli dal Gaslaldo di Aquino gli fussc ricovero. Ma questi jioii aspettò che l’opera di lui procedesse oltre: mentre quegli un di presiedeva a quella fabbrica , Atenolfo con ])uona mano de’ suoi gli fu sopra senza che se lo aspettasse , c ben catena- telo, sei menò prigione in Aipiino. All’atto violento aggiunse (1) Pici. Diac. in Rcgcsl. S. Plac. png. 121. A^XO DCCCC. lio r ignominia. Como se fosso sialo a oacoiaro, o Tabalo bestia (li selva (la lui presa al lacciuolo, vestì il venerando prigione di pelle di orso, c così razionatolo alla bestiale, lo abbandoni) ai veltri che escili dal gninzagiio, addentarono il povero abate tra lo beffe c lo sgbignazzare di molto popolo. Di quel fatto del Castaldo sapulo Landolfo principe di Capua, cbiamollo in corte a renderne ragione, ma quegli, dubitando di sua vita, si pose in sul difendersi. Mossesi allora il capuano alla ven- detta co’ suoi; c strinse d’assedio Atonolfo,"cbe non polendola dui-are, legossi il collo (runa fune, e tutto raumilialo si fe’ menare per un capo di quella dalla consorte ai piedi di Lan- dolfo per piegarlo a clemenza. Ma il principe con quella stessa fune lo ti-asse in mano dell’abate, cui non solo la persona del Castaldo, ma tutta sua roba lasciava in balìa. Aligerno come dimentico dell’oltraggioso fatto, perdonò ad Atenolfo con ani- mo nobile, non trascorse in vendetta, e ristette solo a togliere l’ usurpalo su la Badia, ricevendone scritta di restituzione da Atenolfo. (i) 11 fallo di Aquino volse a miglior partito il conte di Tiano, e tulli ([uelli che avevano usurpato, sì che ad ora ad ora ve- nivano restituendo il mal tolto. Tuttavolta molli giudizi furono falli nella corte di Capua ove l’abate chiamava coloro che avevano occupalo terre Cassinosi a render ragione, e ad obbli- garli alla restituzione. 11 P. Cattola ha pubblicalo tre scritture che contengono i piali tra l’abate e gli usurpatori, o le sen- tenze do’ principi capuani ; di queste i-iportiamo una tra i documenti, perchè i leggitori s’abbiano un esempio dei giudizi nel X secolo in questo paese napolitano , e della remotissima origine della favella italiana , la quale rozzamente incomin- ciava a pargoleggiare sul labbro dei volgari ( 2 ). Allorché fu la tornala de’ Cassinosi alla distrutta Badia sotto abate Petronace, i costumi Longobardi eransi addolcili. ( I ) Leo. Osi. (•2) Vedi Docum. C. TOVI. 1. IO HO SKlììll DKILA liAllH 1)1 AIDA’TE-CASSIAU e paco go(!e\asi in (jiifìsla pai’le cisliborina, anzi, usando delle pai-ole di Paolo Diacono, non erano violenze, non si (elidevano insidie, l’nno non opprinieia l’allro d’ingiuslizia, nessuno era rapitore dello alli-ui ; (i) ricominciava il coltivar delle terre, ma all’ infuori della vecchia Cassino, che allora preseli nome di S. l’ictro a monastero , Interamne ed A([uino guaste dal primo fui’ore Longobardo , non erano nel territorio Cassincse che Chiese, c ville ( 2 ) de’ monaci, le rpiali polevano ajutare la ragunata della gente, l’accrescimento del popolo, il nascere di ipialche paese. 3Ia il rannodarsi de’ sperperati uomini fu bene morlo pel sopravvenire de’ Saraceni, i (piali divoravano, e consumavano, dexoranl, universa consumanl (3); e il tei-ritorio Cassincse per cpiel loro stanziare al Gai‘igliano per ([uaranl’anni, fu intanto inabissato, che la terra diserta di cultori, di bronchi e di spine inselvatichiva ; uomini non erano che la coltivassero , pi-incipi non erano tanto pacifici diedi loro provvidenza avessero potuto alla miseria soccorrere , aiutando l’agricoltura che è prima fonte di ricchezza (|). La feudalità non poteva arrecare bene di sorte, stante che ipiei Castaldi Longobardi traporlati dalla furia dello intestine di- scordie, minacciati da’ barbari, erano sempre colla spada in |)iigno , cd affaticavano gli uomini nelle sanguigne opere di guerra, anzic-hè in quelle pacifiche d(>’campi. Cessati i barbari, gli abati deponevano le armi che avevano tolte per difesa, e non invasati da ambizione di parli, godevano pace, ed ai loro occhi faceva più miserabile vista il bel paese diserto per guerre c per barbari. 11 desiderio di av vantaggiare il proprio consigliavali a curare i campi, cd al consiglio soccorreva la calma del cbiosti-o, la moltitudine de’ monaci , l’autorità di signore. Ma cif) era poco , ove non fosse stato alcuno che a dirittura di voglie avesse aggiunto levatura di mente giusta (1) Ilisi. Longob. .. ( 2 ) Vide Cliron. Viillur. (d) Ertltcm. llisl. Long. 11.° 7!!. (4) Idem n.° Iti. AX\0 DCCCCXL. IH nel divisare, e no’divisaiuciili perseverante. E questo fu ap- punto abate Aligerno , il quale adoperò del poter feudale a prò de’suggetti in guisa, clie a lui viene quella gloria, la quale meno a pensatori e scrittori di teorie economiche , che agli operatori del bene de’ propri simili tuttaquanta si spetta. Chiamò egli dalle terre limitrofe, ove meno avevano furiato i Saraceni, uomini quanti ne poteva a coltivar l’agro Cassinese; ed ecco come ve li fermava colle loro famiglie. Ripartiva le terre tra i novelli coloni facendo con loro un placilum libel- lari sia! alo, che suona patto, convenzione (i) sotto condizioni cnhteutiche ; cioè, s’avessero in libero possedimento per venti- nove anni (2) un tratto di paese, e rendessero alla Badia delle biade la settima parte , la terza del vino. Poi andò ergendo Chiese ne’ siti ove era maggior ragunata di cultori, e troviamo in un diploma diPandolfo, e Landolfo all’anno 961 la prima volta nominate le Chiese di S. Ambrogio, S. Andrea, S. Giorgio: cove prima si vivevano que’ coloni sotto capanne, come alla coltura delle terre li confortò, confortolli ed aiutolli alla fabbricazione di castella, e paesi. Egli fornivali di arti- giani o del bisognevole a costruir case , c quelli ponevano l’opera delle mani , sicché le anzidetto Cinese Intorno a cui si fondavano , davano il nome ai nuovi castelli. In un diploma di Ottone II impcradore nell’anno 981, è fatta menzione la prima volta del castello di S. Vittore. E perchè non sembri fidarmi a conghietture, è bello rapportare nelle note a questo libro uno di questi piacili libellari fatto ti'a abate Aligerno, e molti coloni , mercè del quale rifiorirono le campagne di S. Angelo , e fu fondata la terra di tal nome ; prezioso documento di ciò che io narro , che inosservato dal Gattola, mando in luce tale quale lo trovo scemo del principio ( 3 ). Così per mano de’ monaci questa parte della cistiberina Italia tor- nava a vita: si sboscavano pinguissime campagne, alle acque (i) Du Fresile filoss. Medi. Lnliai. (- 2 ) Leo Osti. Lib. II. C. HI. (3) Vedi Docum. D. * 118 ST!!!U\ «ELIA BALIA 1)1 AIOATE- CASSIMI si (lava scolo , IViiUirciv pianto adombravano terra por lo innanzi insolvalicliita , le spine e i rovi cossero il luogo alle biade e alle viti, nomini solerti cacciavano di loro stanza le belve, e labbricavano paesi. Queste coso si facevano in Italia per opera de’ monaci colla feudalità, e non c vero, elio (mi perdonerà il leggitore, perchè mi viene a taglio) la spavente- vole confusione del regime feudale portava da per tutto la desolazion sua , e il popolo non aveva nessun dirii lo (i). Panili anzi che la feudalità in Monte-Cassino, (“ome nelle altre Badie , arrecava (|ualcbc ordine , ed in quei statuti libellari il popolo cominciava a riacquistare qualche diritto. So oltre a Livio, e Moìdesquieu si leggesse ( ma con un pò di giudizio ) qualche vecchia cronica di monaco ignorante , o ciualche polverosa memoria di un castellano imperia 'c , forse non si piangerebbe tanto alla dirotta sulla Italia nel X secolo ; anzi si saprebbero cose, le (piali basterebbero a dimostrare , che ([uesto paese per le istituzioni religiose della Chiesa Bomana in (pici tempo si risvegliava prima degli altri, odagli altri andava innanzi al ben fare. Ciò non dico per fare irrivc'renza al famoso storico d’Italia: ma per significare certo dispiacere che mi arreca il sentenziare troppo alla cieca intorno a questo [lovero paese ne’ tempi de’ barbari. Sebbene la Badia di Monte -Cassino godesse del dritto del Blamburdio , cioè della difesa imperiale e della esenzione da qualun([ue altro dominio, pure Aligerno, poiché lo anzidette castella furono legate ed abitate, si avvisò chiedere dai prin- cipi di Capua delle scritte o (bplonii che gli assicurassero il possesso di que’j)aesi, e lui dessero facoltà di fondarne altri. Imperocché è solo della soM’ana potestà lo edificar nuovi paesi, c non did signore feudale, sebbene ipiesti sorgessero nel compreso del feudo. Non v’iia dubbio che la petizione di (piesli diplomi era a farsi piuttosto all’imperadore , che al principe di Capua , dal quale il Cassinese non avea dipendenza (i) Storia dei pop. d’Ilal. C. 5. p. m\ì Dccccii. 119 di sorte ; ma oltre che è a credere, che alcuna scrilta imperlale avesse preceduta quella del signore Longohardo ( iulalti trovo nella Cronica Casauriense, avere rimperadore Ottone I commes- sa facoltà agli abati di Casauria in Apruzzo potei’e cdifieai’e castella nelle terre della Badia ) (i) noji era imitile provvedi- mento quello di Aligerno di volgersi al principe di Capila , c come gi-andc e AÌeino potentato, c come locale le suo casàdla nel compreso del di lui principato. Arroger che quanlumjuo volte aggrandivano gli abati Cassinesi, anziché contrastare alla volontà degl’impcradori, la favorivano ; qiavsti non volendo altro, che jiel diviso principato di Capua avesse fahale tale un vigore da poter sostenere le ragioni delfimperio. Adunque, a richiesta di abate Aligerno, ed anche per conforto del tiglio di lui Landolfo, Landolfo nell’ anno veulcsiiiio quarto del suo principato scrisse Diploma, che originale è neH’ArchiMO Cassinese (2). Egli discorre come eoufortalo dalle preghiere del figlio, dall’amore di Dio, e dal pensiero della salute delfa- nimasna, confermi alla Badia di S. Benedetto il possesso delle edificale castella e torri ; cioè quello di Janula, di S. Angelo in Theodice e di S.CiorgiO;e di lutto quelle che gii abati fossero per fondare, in guisa che il dominio, rordinazione , ed il governo di queste fosse tutta cosa degli aliali; come nessun diritto riserbi a sè ed a suoi successori su di quelle, e come finalmente faccia divieto solenne ai suoi giudici, consiglieri , e gastaldi di opporsi alfesercizio delle badiali giurisdizioni. L’agricoltura curava il buon abate, paesi edificava , non obbliava il principale iiBicio, dico quello di ben compori’e il vivere de’ suoi monaci. Erano questi appunto coloro clic nel monastero Capuano avevano dato mal odore di se per iscorrelli costumi , e ravviarli era pur dillicile opera. Ma tale si aveva l’animo di làgore e di dolcezza temperato Aligerno, che, non che disvezzarli dal passato vivere, ad nn novello li accostumi) ( 1 ) Murai. S. R. I. Tom. 2 . par. 2 . p. 83o. ( 2 ) Vedi Doc. E. i:.o STOlllA IJELLI lìAUlA DI MOME- CASSIMI tulio onesto o santo; in a^uisa che, sendo lui abate, i inonaei usavano tuttora intendere alle opere majiuali , coltivando la terra, come è chiaro in una carta di Aligerno del qSi. che pubblichiamo tra i documenti (i); lo che ci fa fede, che tornali i monaci a miglior vita, vivevano ancora colFanimo abbori’cnte dalle terrene ricchezze, contenti del poco che loro frullava il lavor delle mani, E nella vita del B. Nilo io trovo anche luci- dissima pruova del detto. Era in que’ tempi uomo di santissima vita , Nilo di nome, celebralo per miracoli , il quale , vivendo con altri monaci sotto la Regola di S. Basilio, e volendo un qualche monasteriuolo ad abitare, mosse co’ suoi compagni alla Badia di JAIontc-Cassino jx^r chiederne uno ad abate Aligerno dei tanti che erano sotto sua giurisdizione. Come fu risaputo nella Badia dello arrivare del santo uomo , escirongli incontro fino ai piedi del monte i monaci alfilati in processione con doppieri accesi e lui’iholi, come se alcuno de santi abita- tori dellaTebaide redi vivo venisse a visitarli. E fatte al venuto le più liete e rispettose accoglienze, sei menarono in monastei-o, poi in Chiesa, ove lo pregarono che volesse co’ monaci che seco conduceva salmeggiare in greca favella. Dapprima negossi il Santo airinchiesta con quelle parole. A* con? c mai conieremo il canlico del Signore in terra straniera? \iO\ fece a loro verso, mcnti-e che meglio di sessanta monaci che erano i Cassinosi scioglievano a rimando salmodie latine , e cosi fu passata tutta la notte. Ma dal piamo arrivare Nilo maraviglialo del composto vivere de’ Cassinosi , e del molto rigore di disciplina che trovò in essi, grandemente lodolli. Aligerno dettegli ad abitare il monastero di S. Michele in Valle! uce, che giaceva su i monti a tramontana della Badia. Ciò ho voluto anche narrare, perchè avrò a dire in prosieguo di questo B. Nilo. In que’ tempi in cui pareva che gli uomini non li ovassero altra via a salvezza eterna che quella del chiostro, Monili-Cas- sino che levava tanta fama di se, accoglieva moltissimi amatori (i) Vedi Dociim. F. AXA'O llCCCCLl. lol (li soIUiuUiic.Tivi quesli fu un certo Olibano conte Bisulduncnse e C(.‘sitanense ( cosi lo appellano gli annalisti dell’ Oi dine Ca- inaldonese,) francese di patria, il quale, secondo nai ra S.Pier Damiano, (i) quanto era venuto a cima di potenza, tanto era di peccati aggravato: costui venuto a visitare nel suo eremo S. Romualdo , e standosi con (piesto assiso fuori della di lui cella, tolse a narrare di tutta la sua vita , come confessandosi, al venerabile eremita ; il quale , Unito che fu quel racconto dissegli, non avanzargli modo a salute, ove, lasciato il mondo, non se ne andasse a stare in un monastero , o proprio nella Badia di Monte-Cassino; indizio del santo vivere ebo vi si faceva, massime che il consiglio veniva da uomo austerissimo qual’ era S, Romualdo. Turbò tutto il Conte, maravigliando come alcuno de’ moderatori del suo spii’ito non gli avesse lino allora parlato di monastei'o, per la (piai cosa innanzi piegare al consiglio dell’ eremita, molli vc'scovi ed abati andò consul- tando sulla cosa, i quali ad una voce lo confortai’ono a lare secondo gli ebbe detto S. Romualdo. Alloi'a, non ponendo piii tempo in mezzo, cesse al liglio il suo stato, e caricato ben quindeci somieri di tutte sue ricchezze, vennesene a Monte Cassino, ove con molta maraviglia di coloro che l’ebbero accompagnalo, làinase monaco a far penitenza. rSon so se precedesse o seguisse la \enula di Olibano a Monte-Cassino quella di Landolfo principe di Salerno, o nu'glio usurpatore di quel principato , il quale por peccati più solenni di quelli del conte si rese monaco a far penitenza (*?). Costui accolto col padre dal pi-incipcGisulfo in Salerno, c quivi grati- ficato con ogni manieradi benefizi, montò in tanta ambizione di signoria, clic non dubitò, fatta una congiura, traboccare di seggio il suo benefattore , e cacciarlo in fondo di carcere per regnare a sua vece. E come per iscelleralo consiglio era venuto al l eggimeiito, iscelleralo governo fece de’ Salernitani, che alla ( I ) Vii. S. llomualJ. (2)Anony. Salerà. Gap. 167, 168, itip. STniUA DELLA lìADIA DI AlDATE-CASSlAn i :>2 perfine, non piìi coniporlanclo la sua tirannide, se lo tolsero dal collo, cacciandolo della loro città, dopo due anni di princi|)alo. ( 974 ) Venuto vecchio, e fallitagli ogni speranza di signoria, pensò comporre con Dio l’anima sua ritraendosi in Monte Cassino , ove visse oltre il ioo 4 j dappoiché è nell’archivio una delle donazioni che in quell’anno fece il principe penitente. Le quali non erano poca cosa, essendo molle le sue possessioni nel principato di Salerno, e specialmente nel territorio della città di S. Agata, che vengono nominate ncH’anzidetla scrit- tura, e di cui fece un hel presente a S. Benedetto. Se molti in quel tempo venivano monaci a Monte-Cassino come Olibano e Landolfo, è a pensare, che le ricchezze della Badia crescessero fuori misura , ed infatti cosi avveniva. Lungo sarebbe dire di coloro , che in questo secolo decimo vennero In fama di santi per virtù e miracoli : chi avrà vaghezza di saperne Pietro Diacono che scrisse de’ santi Cassinesi , (i) e Vittoin terzo ne’suoi dialoghi. Però tra questi è da far ricordanza di S. Adclmario come primo abate della illustre Badia di S. Lo- renzo. Costui monaco in Monte-Cassino avea sparsa lama grande di santità , ed Alaora vedova di Landolfo L“ principe ili Capua, morto nel 980, governando lo stato pel ligliuolo Landenolfo, avendo levato dalle fondamenta un monastei'o in Capua sacro al marlii-e Lorenzo , chiese ad abate Aligerno quel santo uomo per averlo abate del nuovo monastero. 7\n- dovvl Adclmario, e come era tenuto operatore di miracoli, Adenolfo arcivescovo di Capua , per grande venerazione che porlavagli, ed anche ad istanza della principessa, concesse all’abate e suoi successori esenzione dalla giurisdizione arci- vescovile con una bolla che porla la data del 986 , e di cui lia pubblicato parte il Mabillon (2). Scorsi quaranl’anni, i monaci rii Capua si ridussero là dove poi pei INormanni sorse la citta di Aversa; vi fondarono novella Badia ad onore di S. Loicnzo, (1) De Orlu el ob. jusl. Gasili. (2) Boll. 24 marzo. — Mabil. Act. San. Orci. S. Ben. Saie. 1 1, — Miche. Mon. Sancì. Capna. — Cinrl. Noi. Slor. del Saiinio. A?ixo Ducer, ixn. Ì53 la quale godendo de’pi’ivdegii della Capuana fu seinpi-e abitala da monaci fino al cominciare di questo secolo : ora ò ospizio di oi fani. Ristorata la disciplina monastica, reso piìi pingue il censo per la coltivazione de’ campi , andò il buono abate Aligerno meglio componendo il ri<;oslrutto monistero. Rinnovò la sollllta dellaCbicsa, rifacendola di travi e tavole di cipresso, c coprendola di tegoli; e adornò lo mura di bello dipinture, cd il pavimento che era innanzi l’altare di S. Benedetto fece comporre di svariatissime pietre ( il qual lavoro forse è quello appunto che chiamasi opus alexandrinum ) ; e l’altare mede- simo arricchì tutto intorno di tavole d’argento, di che atlornò anche la parto anteriore dell’ altare di S. Giovanni. Fece la- vorare una croce d’argento dorato, grossa anzi che no, la copertura del libro del Vangelo che era una vera làccbezza per argento , gemme e smalto , e calici ed incensieri , ed altre suppellettili. Ristorò finalmente vari luoghi del monastero in guisa che per l’ampiezza si potette, come ai tempi di Petronace praticai-e quello che la regola e le consuetudini particolari chiedevano, (i) Curò anche si scrivessero codici, dei quali dirò nelle note a questo libro. A queste pacifiche cure che Icnevano l’animo dei Cassinesi non si opponeva l’iniquità de’ tempi. Dii ò breve dell’ Italia nella metà del IX e X secolo. Era sorta una speranza che i Cieli non henedissero , cioè di cacciar via Franchi, Greci cd ogni razza forestiera, e starsene ])adroni in casa propria. Guido duca di Spoleto, e Berengario duca del Friuli mossero di conserto alla impresa; ma poiché ambizione li ebbe uniti, ambizioiie li divise, e si appuntarono al petto quelle spade, che dovevano francare la patria. Tutta- volla la corona inq^criale per inano di papa Stefano lìi messa sulla fronte di Guido, che italiano era. La vista d’imperadoi-e italiano che avrebbe dovuto infreddare gli odii, li riaccese nel petto di Berengario, si perpetuarono in Lamberto figliuolo di (i) Leo. Osi. ÌU STORIA UELLA BADÌA DI MONTE- CASSI AO (jiiido c ne’ suoi partigiani, e in (juesli furori fratricidi, si diiauiarono i foraslieri or da una, or dalFalli-a delle due parli coinbaltenli. Venne Arnolfo re di Lainagna e tolse la corona d’ imperadoi’e d’ Occidente, la quale non seppero tenere gl’ita- liani; venne Luigi di Provenza, c tolse quella del reame d’Italia, clic italiani avevano prostituita, in guisa che poi in pochi anni la posarono sul capo di Rodolfo di Borgogna , di Ugo di Pi’ovenza. Esercitarono gli uomini di nostro paese queste bestiali pazzie di ambizioni, di tirannide, di patria prostituzione fino all’anno sessantuno del X secolo, quando la Chiesa, prima sempre ad occorrere alla rovina de’ popoli, per opera di papa Giovanni XII e di altri vescovi pose fine alla calamità , chia- mando Ottone il Grande. Nè è a credere per questo fatto, che la Romana Chiesa per alcun suo l>ene particolare chiamasse forastiero principe in Italia , ma pel comune ; non essendo modo a salvare l’ italiano paese. E che tale fosse la mente de’pontelìci si chiarisce da questo, cioè , che quella mauo Pontificale, la quale ( forse tremante j)er la potenza dell’Ale- manno ) poneva la corona imperialo sul capo di Ottone , era la stessa che ferma e sicura avevaia messa sul capo di Guido di Spoleto. Ottone fu proclamato re d’Italia, e incoronato impei-adoi'e d’ Occidente; e mentre gl’italiani incominciarono ad assapoi’are il freno tedesco , nelle prigioni di Lamagna con Bercngai’io li moriva la razza dei principi italiani, e forse la spcranz;i di principato italiano. Queste cose ho detto dcH’Italia avvenute in quel tempo in cui Aligerno reggeva la Badia Cassinese ; per cui è bello vedere , come le condizioni generali del paese accennino a dissoluzione cd a guasto morale dei popoli, mentre nel chiostro di S. Benedetto era una calda opem di ricomposizione e di salute. Dissi che a queste pietose cure non contrastava la malizia dei tempi ; imperocché, affaticata la supcriore Italia da tutta la narrata tempesta, la parte cistiborina in cui era la Badia, posava sotto la domiuaziojve del Greco imperadore. Poiché Ottone il Gramle ebbe ottenuta la coj’ona italiana e quella AMO DCCCCIXXX. l'jj fl’iinpcradore (rOccideiile , volse gli occhi su queste parli clic oggi formano il reameNapolilano ; le quali, come conoscevano la potenza dell’ Alemanno , gli si assoggettarono senza guerra. ]\Ia rimpcradore Greco Niceforo, avendo per vendetta con vilissimo tradimento messo a taglio di s])ada molli soldati di Ottone in Calabria, costui trasse in queste parti a guerreggiare. Stando Timperadore nel territorio Pennese, lo venne pregando Adelaide sua moglie perchè scrivesse piàvilegio di conferma- zione di tutti i beni della Badia , il quale fece nel ^ si 'conserva originale in questo archivio. Poi ad istanza di Paolo abate di S. Vincenzo a Vulturno un altro ne scrisse piìi ampio a favore dei Cassincsi. Ottone II non era meno del padre favorevole ai Cassincsi , del che fatto consapevole abate Ali- gerno, come non ristava dal guarentire con qualunque modo il patrimonio, che con lodevolissima opera aveva ingrandito, spedi una ambasciala di monaci a questo imperadore , che ralti’ovavasi in Corico , i quali ottennero un ampio diploma di confermazione, di cui è questo il principio. (( In nome della (( Santa, ed Individua IVinità, Ottono por divina provvidenza (c imperadore Augusto. Egli è mestieri, che i principi con impc- (c riale grandezz<'i ascoltino la preghiera di coloro che servono <( a Dio , che si pieghino di buon animo alle loro inchieste per (( amor de’ santi , per venerazione dei quali sono consegrali (( quei luoghi ove le famiglie di Dio esercitano la divina milizia, (( c (die coiicedino il lor favore a questi luoghi, per guada- « gnarsi divina mercede. Quanto pivi caldamente alcuno si (( studierà a ciò fare, tanto più speditamente, sorretto dalla (( divina misericordia , passerà questa vita , c più felicemente (( meriterà ottcìncrc l’eterna beatitudine. Adunque sappiano i (( fedeli della S. Chiesa di Dio, i presenti, ed i futuri, come (( il venerabile uomo Aligerno rettore del Cenobio di S. De- ce ncdelto , che c nella terra di Cassino , qual luogo ha egli (( consegrato colla sepoltura del suo corpo, con tutta la con- ce gregazione che in esso luogo sappiamo, veracemcnle servire « all’ onnipotente Dio sotto la llegola dell’ almo coid'essor STORIA DELLA RADIA DI MONTE -CASSILO Ilio « Benedetlo , mandarono a noi amhascoria di alcuni loro « fratolli cliiodeiidoci , elio por Tonor di Dio e la rivorcn/.a di « quel santo luogo, a liuon prò dolTanimanosti'a c fermezza did (c nostro regno, a norma dei precetti degli augusti imperadori (( Carlo e Lotario, e del mio gloriosissimo genitore Ottone, (( ci degnassimo avvalorare e confermare a questo venerabile <( luogo con precetto di nostra autorità le cose sottoscritte, c ( Seguono i nomi delle possessioni. ) E poi. La quale peti- ft zione parutaci giusta, cd accetta a Dio, di buon grado (( ascoltammo , come giustamente , c legalmente ne abbiamo (( il potere , ed abbiamo permesso , confermato cd avvalorato (( le soprascritte cose, e quelle che appresso son da leggersi » ( seguono altri nomi di terre. ) Finalmente, comandato che giudice o altro pubblico personaggio non s’intromctla nelle terre badiali per esercitare suo ulllcio, concbiude. — c Ma « sia permesso al presente venerabile abate Aligerno, ai suoi « successori, con tutta la congregazione quivi a Dio sei‘\ ente, « sotto la nostra protezione quietamente vivere, e pregare Idilio (c per T anima nostra. E tutto ciò clic il fisco potrà sperare « aversi dal detto monastero , sia concesso per nostra autoriU’i « ad alimentare le lampade di esso venerabile monastero a « merito dell’ anima nostra. E ci piacque aggiungere c con- (( fermare , che si faccia impiisizione di tutti i beni o ^ assalii « appai’tenenti ad esso monastero , o cartolati , o olfeiTi , (( liberi , o servi , là ove si troverà c richiamerà la parie del (c monastero con pubblici ministri ed esattori per due o tre K uomini di buona fede del vicinato chiamati da’ monaci del (c monastero ; onde più facilmente la verità della cosa si c trovi, e i monaci piìi speditamente ottengano giustizia. In « guisa che, fatta la inquisizione, quello che fu chiarito, per rò per lui. Vengo ad atrocissimo fatto, della verità di cui non dubito, tra pei’cbè l’Ostiense monaco Cassi- nese lo conta, mcntreccbè avrebbe potuto trasandare (’ou silenzio come vituperoso ai contubernali suoi, e tra perchè ANNO flCCCOXfiVI, iiì:{ osso narra, aver conosciulo in sua puerizia un prole vecchis- simo , elio venne a jiarle della infame opera , o che preso da grandissimo raccapriccio aveala narrala ad mi suo zio. Ei-a vescovo de’ Marsi un Alberico , che in quei tempi assai forlunevoli alla Chiesa per lo stemperalo vivere do’ chie- rici, non era il phi mondo de’ vescovi. Costui fatto padre d’im figlio por mala congiunzione , e volendo splendidamenle allogarlo , pensò farlo seder vescovo sul seggio che occupava, 0 fare se abate di Monle-Cassino , scavalcando Mansone: vedi mallo consiglio! Appiccò pratiche co’ Capuani, e forse collo stesso Pandolfo , appiccolle con certi monaci , e negli uni e negli allri trovò il l'racido per opera nefanda, corrompendo gli animi coll’oro. S’accordarono dunque, ed il vescovo, ed 1 monaci: questi dovevano in modo portar la bisogna di allontanare l’ abate del monastero, spìngerlo in Capua, quivi scemarlo degli occhi, e cento libre di moneta di Pavia ricavare a merito di servizio. Cosi fecero gl’ imbesliali monaci ; a furia di spei-giuri persuasero il povero abate , trarre a Capua in loro compagnia; c non vi volle poco , poiebe quegli aveva l)ene subodorato alcun che della malizia di loro ; ma cui Dio vuol perdere toglie il senno. Andò Mansone in città, ove non appena giunse, che quei monaci infelloniti sei condussero nel monastero di S. Benedetto, e quivi, (cosa orrenda a dire! ) cavarono gli occhi del capo di Mansone, e ben condizionandoli in una pezzuola, se n’andarono al malvagio vescovo, per presentarglieli ed averne il guiderdone. Mori di dolore l’abate; ma Alberico non ebbe tempo a godere il fi-utto di tanta ribal- deria : Dio gli ruppe a mezza via i disegni : imperocché in queir ora ap|)unto in cui il povero Mansone fu accecato, egli mori , e cosi nò esso ebbe l’ Abazia , nò gii accecatori l’ altra parte del promesso guiderdone (i) (qv^b). Di questo fatto fu molto parlato avendo riempiuto lo menti (i) Vide Cod. MS. Sigli. 3 . pag. 1J9. lioc anno Manso Alibas a Capuanis lumine pri\atus esl. lf)I STOIliA «ELLA liADlA DI MONTE -CASSILO (li oiTorc?, sicdiò S. Pietro Uaiiiiano , (i) volendo csoi'tare a casta vita un Mainardo vescovo di Gobio, nella Ic'ttera che gl’ indirizzava gli contò come (jucll’ Alberico vescovo per pe- stifero concubinato rompesse in disperati consigli. Ajìpena sparsa la voce di questa morte , allegrarono non pochi , tra quali Adcnolfo soprannominato Summucula , il quale impossessatosi della contea d’ Aquino, difilato mosse a Rocca Secca , die pocbissimo dista da quella città, c la ci‘ollò tutta, non talentandogli una rocca tanto vicina che lo teneva in suggezione ; e parimenti tutti (pici gaslaldi vicini die ave- vano perduto terre concesse al jMansone dai Capuani , morto l’abate, ripigliarono gli spirili, e cominciarono a dare ogni maniera di guai alla Radia. Invero semliravano strane queste ostilità die i laicali signori agli ecclesiastica apportavano, poiché li ebbero di tante donazioni aggranditi; ma tali non erano : conciosiacdiè dovevan pel consueto andare delle uma- ne cose alla per fine accendersi gli animi de’ nobili di gelosia verso i cbeiici. (juelli possedevano, ma i possedimenti non potevano allargare oltre i confini stabiliti dagli imperadori , (jucsti si dilatavano per pietose donazioni. Gelosi (die erano , danneggiarono, e a ciò li confortava andie lo scemaniento di riverenza die i popoli jiortavano agli ecclesiastici pel non santo loro vivere. All’erta dunque dovevano tenersi gli abati Cassinesi eonie (pielli,die a maggiori gelosie mov evano i vicini signori , che molto eransi moltiplicati nelle dominazioni di llenevento, Gapua e Salerno , e poco o nessuno v assallaggio prestavano ai principi di quelle città, ed operavano (piasi da se. Aggiungi anche l’ allontanamento degl’ imperadori (die potevano infrenarli, e lo scadimento della potenza di loro nella Puglia e nella Calabria, ove tornavano a indlere radice i Greci, e comandavano per mezzo dei loro Gatapani dopo la scon- fìtta (997) toccata da Ottone II. In mezzo a ([ueste tribolazioni creavano i monaci ad aliate (1) Lih. 4.. Ep. 8. m\ iiccccxcvii. IGj Ciovaiini SGComIo di questo nomo, grave di età, anzi mollo proceduto negli anni, cd int’crmiccio , ma di santi costumi. Costili uso all(‘ pratiche monastiche ed al vivere tranquillo , malamente poi-tò rullìcio badiale, che in quei tempi incomin- ciava ad essere procelloso, e pensava come cavarsi d’impaccio. Avvenne, che quei di Pignataro, terra Cassincse, ribellassero; accorse il Inion abate per tornarli al segno ; ma o per caso, o per meditato consiglio de’suoi, in quella spedizione, appiccatosi il fuoco alla Chiesa di quella terra , fu arsa. Di questo fatto accorò molto, e tale glie ne rimorse Tanimo, che volle dismet- tersi da quella carica, che allora poteva spesso consigliar fatti violenti. Ostarono i monaci a quel suo divisamenlo, ma egli fermato nel proposto, si ritrasse con cinque altri monaci su d’una vicina pendice a menar vita eremitica. Quivi levò una chiesiuola ai SS. Cosimo e Damiano , della quale parmi che ancora sia qualche vestigio. TNè poi credo malamente avvisarsi gli annalisti Camaldolesi (i) che a Giovanni fosse stato consi- gliere a quella ritirata S. llomualdo; conciossiachè appunto in questo torno di anni, venne quel famoso eremita in Monte Cassino, in cui vivevano ancora il conte Olibano, Maj’iuo e GiovanniGradonico( 2 )suoi discepoli. Ed oraanche è aconiare, cioè al cominciare del XI secolo, come sorgesse altro m{)uaslero presso la Badia , per quel talento di vita eremitica , che; propagavano i Camaldolesi. Liuzio, o meglio Lucio monaco, che andossene di Monte-Cassino pel fatto di Mansone , tornò verso questo tempo, e come ebbe menato vita eremitica in que’ monti Salernitani ove è oggi la Badia di Cava , volle in quella durare, non prendendo stanza nel monastero Cassinese, ma ponendosi ad abitare tra i monti che corrono verso ponente in luogo chiamalo Albanela. Trenta monaci lo seguirono e vollci-o stare con lui , in guisa che non celle ma grande mo- nastero fu levalo intitolalo a S. IMaria (3) dell’ Alhaueta. Non (i) Tom. I. pag. 228. (2) Peli'. Dam. N. 23. 24 . (3) Chr. Gas. lib. I. Gap. 3o. — Peli', Duic Do orlo just. Gass. — ■ Mari. Vel. Scrip. Mou. Tom. 6. STORIA «ELLA RADIA DI MONTE -CASSILO !fif. (la al)a!c ma da Proposto o Priora fu poi governato , il quale suggetto all’abate Cassiuese era obbligalo ad annuo paga- mento di censo alla Camera Cassinese (i).Nel dì delle ceneri, delle palme , della purificazione , ed in qualunque caso di pubblicbc supplicazioni fu solilo in prosieguo , che i monaci dell’Albaneta escissero in processione visitando i monas lori noli di S. Cosimo, di S. Nicola della Cicogna, che erano in quei monti, delle quali ceremonie leggesi ne’Codici di questo archi- vio (2'). In questa solitaria sede S. Ignazio da Loyola si raccolse con Pietro Orliz, per ammaestrare costui nelle cose di Dio con Esercizi spirituali, come si dirà nel IX libro di queste Storie. E bene qui mi si dà l’appicco ad una considerazione. Fu visto come il povero Mansone fosse tratto a miserabile fine anche jier opera di alcuni monaci felloni , che si lasciarono Iraportare dall’oro di Alberico; e forse coloro che mi leggono, conoscendo quale e quanto fosse rotto il vivere de’ monaci nel X secolo , saranno venuti in facile conghiettura, i Cassinesi in quel tempo essere stati tutf altro che monaci. Ma abbiamo chiaro argomen- to , gli accecatori di Mansone essere stati alcuni, c non tutti i monaci, per quel costante andare delle umano cose, non essere mai compagnia di uomini anche santissimi in cui non sia il tarlo do’ malvagi. Infatti appunto quando Mansone reggeva la Badia, alcuni santi uomini vi traevano, per menarvi vita per- fetta, confortati da quella che quivi vivevano i Cassinesi. Oltre a que’discepoli di S. Romualdo che vi stavano, fu anche S. Adal- berto arcivescovo di Praga , che poi morì martire , e come tale è onoralo dalla Chiesa , il quale verso il 989 abbandonato il suo gregge, la cura del quale gli metteva liniere di propria dannazione , venne a Monte-Cassino come in luogo ove meglio poteva intendere a santificazione di se stesso , ( 3 ) e quivi fu monaco alcun tempo. E quella ritirata di abate Giovanni con (1) Reg. 2. Ber. Ab. fogl. 82. (2) MSS. 127. i 29. ( 3 ) Ctir. Magdeburg. Vii. S. Adalb. prcs. Canisi. Anliq. Tom, 5 . pari. I, png. 3o. AMU DCCCCXtlVII. Iti] altri cinque monaci, non e segno, elio i Cassinosi liiUi inlri- slissero. Leggo anche nella Cronica Farfense , (i) die Ugo abate di Farla volendo rllbrmai-e quel monastero , venne in Monte-Cassino a fare una scelta di monaci, i quali loajutassero in quel suo divisamento; argomento della buona fama che godevano i Cassinosi : che se poi alcuno non gii andò a verso, ciò fìi perchè a lui non talentavano le consuetudini di Monte Cassino, lo che appare in quelle parole, <7 non cerncbalur commodum: lui meglio piacquero le costituzioni di Chmy che introdusse in Farla , essendo stato egli per 1 ’ innanzi monaco Cluniacense (2). Voglio arrecare altra prova che i Cassinosi non avevano patito scapito nella pubblica opinione. Era sorto non so quale dissentimento tra i monaci di Chmy e quelli di Germania intorno ad alcune consuetudini riguardanti la tonsura c l’abito monastico. Fu scritto intorno a ciò dai Tedeschi ai Cassinosi per saperne, e conoscere delle Cassinosi costumanze il nello ; ecco come questi rispondevano con una lettera alle dimande di que’ lontani monaci. ag. .IT/- ( 2 ) Mabill. Analecta Veler. Tom. 4 . p 4*^2. ics STORIA DELLA RADLA DI AIOXTE- CASSINO c elio por loUoro vi notificassimo qiialcho cosa dolio consuotu- « dilli dolla nostra vita od istituto. Col comando dellabatc, e (( consiglio dcTratolli vi facciamo assaporo quosto coso. In tutto (( toniamo diotro alla Rogola maostra: osserviamo i precetti del (( nostro B. Padre Benedetto ; nè per forastiera , e nuova (( costumanza vogliamo escir della via di tanta verità, ponendo «r mente a quel detto dell’Apostolo Paolo: Noìi vogliale farvi (( iraporlare da varie, e peregrine dottrine : lo che anche <( in altro luogo. Se alcuno evangelizzerà a voi , contro (( l’ evangelizzalo da noi, sia anatema: c parimenti: Volendo (( formare una propria giustizia, ribellano a (/nella di Dio. (( Qual monaco adunque trovatore di nuove cose, trasgressore (c della Regola del nostro Padre, sembra rettamente vivere nel (( monastero? stantecchè quel fiore di santità, il B. Gregorio « papa, della dottrina del quale è tutta imbalsamata la Chiesa, « scrivendo de’ suoi miracoli, ebbe a dire di lui: Scrisse poi « una Regola /ìer monaci singolare per temperanza di ac institutionis consuetudine rescriberemus , dominum no- strum abatem consulere operce prwlium duximus: cu/us prceee/rlo et fratrum consilio ista remandamus. Magistram in omnibus regulam sequimur , Beati Benedicti Patris nostri preeeepta servamus, ne(/ue pro aliqua aliena novague consuetudine volumus a tanlce veritatis tramite deviare, illud A[)osioli Pauli attendentes : Doctrinis variis et pe- regrinis nolite abduci: Et quod item in alio loco: Si quis evangelizaveril vobis preeter quod evangelizavimus , anathema sil: Et item: Suam volentes statuere , juslitke Dei non sunt subjeeti; quis igitur monachus novitatis in- ventor, sanclceque Reguke Patris nostri transgressor, recte in monasterio vivere videtur , cum tantee sanctitatis vir , cujus doctrina lota redolet Eeclesia , B. scilicet papa Gre- gorius ejus miracida scribens, de eo diceret: scripsit autem et monachorum regulam discretione preeei/mam , sermone mf) nccccxcvii. IGfj « splendido dellato. Alcerto approviamo, se qualche lollcra- (( hile cosa di più si pratichi nel monastero, ma in guisa che (( non ne scapiti la ragion della Regola. Per fermo siccome (( tra noi , così anche in ogni altra parte del mondo di cui « abbiamo notizia, molte e varie costumanze non discordanti (c dalla Regola, vengono dai cismarini ed oltraniarini monaci (( abbracciate. Imperocché altra costumanza tengono i monaci <( Teutonici, altra gl’ Italiani, altra i Francesi, ed altra mol- {( tissimi di qua del mare. Similmente di là del mare altra (c costumanza seguono i Costantinopolitani monaci, altra gli « Alessandrini, e va dicendo degli altri ; tuttavolta buone tutte « ed utili. Per la qual cosa non poco maravigliamo del come (( alcuni per istranezza, gonfi di sprezzante superbia, temera- c riamente si avvisano per una, avvegnacebè buona, consue- (( tudine distruggere altra non meno buona o forse migliore. « Intorno a quelle cose poi di che più specialmente ci (( scriveste , cioè , della tonsura ed abito dei Cluniacensi , « brieve risposta : poiché né a noi vanno a sangue, né a buon luculentam — Laudamus equidem si aliquid in monasterio tollerabile additur: sic tamen id institutio Regolce non amittatur. Scilicet sicut apud nos , el ubique terrarum, quarum ad nos fama pervenit , muV.ce variwque consuetu- dines , cum Regula non discordantes , ex utraque parte maris recipiuntur. Aliam enim Teutonici monachi, aliam Italici, aliam Franci, aliam alii ex ista parte ?naris habent complurimi. Similiter ex illa parte aliam jam Constanti- nopolilani, aliam Antiocheni, aliam Alexandrini, aliam illi el illi, omnes tamen bonce sunt et idiles. Unde non parum miramur cur aliqui per insolentiam superbia} fastu inflati, temerarie per unam, etsi bonam, aliam non minus bonam, vel forsitan meliorem, destruere videantur. De quibus tamen pree celeris specialius nobis scrip- sistis, de tonsura scilicet et habitu Ctuniacensum, breviter Ili) STORIA DELLA RADIA DI MONTE -CASSINO « dlrìUo han da piacere a chiunque vorrà regolarmente vive- (( re; imperocché ci sembrano affatto contrarie alla Regola. <( Se jx)i ci addimandate della nostra tonsura ed abito, sappia- (c te che andiamo d’accordo in tutto. Adunque se vi aggrada, « vi daremo il nostro consiglio , quello appunto che a voi ed « a noi in comune dà l’Apostolo : Noìi vi lasciate traportare « da varie e peregrine dottrine. Non vi date pensiero di {( barattare le nostre consuetudini ed istituzioni , ove non di- ce scordino dalla Regola, con altra qualunque. Poiché portaste « le vostre questioni al monte della fortezza , aveste vaghezza (c di attingere alla stessa fonte, voleste raffermare vostre leggi t colle tavole del testamento , c poiché alla vostra carità non cc possiamo far niego di sorte, queste cose abbiam curato scri- c vervi in comune. E alccrto sebbene, come la paternità vostra « ci ha comandato, noi potessimo tutte quante scrivere lo (c nostre consuetudini ed istituzioni; tuttavia basterebbe appena c un mese a farlo, volendole tutte raccogliere ordinatamente. respondere possuinus, quia nec nobis placent , nec cui- quam, qui regulariter vivere voluerit , jure placenda sunt. V^identur enim omnino contra regulam. Si vero de nostra tonsura, et habitu queeritis, nos in utroque vobis concorda- re sciatis. Nostrum igitur vobis, si placet, quod Apostolus in commune dat , tam vobis quam nobis , et nobis dabimus consilium: Doctrinis variis et peregrinis nolite abduci. Consuetudines vestras et institutiones , tantum ne regulce dissentiant pro nulla alia mulare studeatis. Quia ad montem fortitudinis queestiones vestras retulistis, quia de ipso fonte haurire desiderastis, quia tabulis testamenti leges vestras firmari voluistis , quia charitati veslrce quidquam negare non possumus: heee vobis de communi scribere studuimus. Et Itererà etiamsi, ut paternitas vestra mandavit , consue- tudines et institutiones scribere possemus de integro, men- sis spatio nihil remaneret , etsi omnia scriatnn scribere AMA nficrcxcvii. ni (( No sarebbe quasi miiior fatica, sceverando, raccogliere « alcune parli di queste, le quali a voi sembrano più utili, (( qual si farebbe di alcuni fiori ; non potendo farsi la scelta (c delle parti se non più diligentemente compiuto il tutto. Ma (( nondimeno se durate nel vostro desiderio, non vi dispiaccia (c il nostro consiglio, qualunque esso sia. Alcuni desiderosi (( delle nostre consuetudini, e della ragione del nostro vivere, « spediscono qui un dei loro che veggono essere di mente , (c onde non solo coll’udire ma anche col vedere apprenda ciò (c per cui è mandato ; e in tal guisa, chi un anno e chi anche (c più lungo tempo si ferma qui , come uno dei nostri. Final- (c mente istrutto di tutto torna con sicuro ed allegro animo <( al suo monastero. Ci pare che questo stesso consiglio , ove « vi tornasse grato , cadrebbe acconcio ; in guisa però , che (( provvedendo noi al vostro decoro , voi anche facciate lo (( stesso verso questo luogo, e per cagion di noi, e della blso- (( gna. State sani, e pcrpctualmcnte viventi in Cristo a — vellemus. Quasdam autem partes quee vobis utiliores vi- de ni ur quasi quosdam Jlores decerpendo colligere non minor fere difficultas esset, partium electio nisi toto dili- gentius perfecto Jieri non possit. Verum tamen si in vestro perseverare volueritis desiderio, nostrum quotcumque vobis non displiceat consilium. Plerique nostree consuetudinis , nostreeque conversationis cupidi, de suis quem cognoscunt ingenii , unum huc transmittunt , qui non solum auditu, verum etiam ipso visu pro quibus mittitur perspiciat ; co- que modo, quasi unus ex nobis , hic quidam per unicum annum, quidam etiam diutius manent , tandem omnibus perspectis, ad sua certus cum gaudio redit. Hoc idem non ab re nobis videtur , si vobis jilaceat consilium : sic tamen ut honori vestro co7isulentes , hujus loci, eum nostri , tam etiam hujus rei causa commodo et honori provideatis. In Christo valeatis , vigeatis , sine fine vivatis. m STOniA DELLA DADIA DI A10.\TE- CASSILO Uilrallosi adunque dal governo dalla Badia Giovanni 11, un altro Giovanni Beneventano successegli : costui fu di coloro , che per la elezione di Mansone se ne partirono dalla Badia ed andarono peregrinando ai luoghi santi. Stettesi sul monte Sinai per un sessenio, solitario in molUi penitenza, poi nel monastero del monte Agynore in Grecia, indi come narra Leone, tornò in Italia por superne ispirazioni. Vecchio era ed austero: aspreggiò i monaci col suo reggimento. Non rifinivano intanto i vicini gastaldi , e specialmente quello di Aquino , di arrecar triljolazioni agli abati, delle quali o fosse poco tolleran- te, o non si sentisse in foi’za da cessarle, Giovanni III recossi in Capila per chiedere di soccorso il principe di quella città. I monaci , vedendolo allontanato , come quelli die malissimo comportavano il governo di lui, colsero quel destro per crearsi un altro abate , e questi fu Docibile di Gaeta , uomo di sem- plicissimi costumi, che poteva ristorarli de’ rigori sofferti. Il buon monaco, vedendosi levato a quell’ ullicio , volle subito esercitarlo, ponendosi in viaggio a visitare il patrimonio di S. Benedetto ; nelle quali peregrinazioni era costume che i vassalli regalassero il nuovo abate in segno di suggczionc. Vide gli Abruzzi, calò nella Marca, ed oltre ai vassalli , vaia maggiorenti delle terre c città per cui dava lo prcscutaian di ricchi doni , di bellissimi cavalli (i). Ma fatto fu, che i figli di Beuzono , uomini poderosi della città di Penne, vedendolo così ben provveduto d’ogni cosa, gli tesero agguato, c lo dispogliarono di tutto. Della qual ruberia risaputo Berardo conte de’Marsi, venne ad incontrarlo, e di tanti cavalli lo regalò generosamente di quanti aveanlo rubato i Pennesi. Allora l’abate giunto in un luogo detto Forca Pennese, voltosi ai circostanti, scagliò una maledizione contro i figli di Benzoue, c benedisse il conte Berardo, dicendo — Sia la casa di Benzoue sempre suggetta a quella di Berardo, c non mai si allontani da essa la spada dell’ ira di Dio — Ricondottosi alla Badia, e ( i) Leo. Otìt. C. 28. ANP MXI. ÌU scorsi appena sette mesi dalla sua elezione , eceoli venir da Capua Giovanni , il quale lo cacciò di seggio : ed egli che era uomo semplice , senza lar motto loriiossene onde era venuto. (loro) Come invita si fu Giovanni aspro c prepotente uomo, tale fu in morte. Poco tempo innanzi die questa avvenisse, llotondolo suo nipote, canonico diacono della Chiesa di Bene- vento, avea indossato l’abito monastico in Monte - Cassino ; e per carità di parente , o per altre cagioni volle Giovanni , lui morto, succedcssegli nel governo : e fu abate. Ma alla maggior parte de’ monaci non talentando quella elezione , die non era punto a tenore delle loro vecchie consuetudini , si volse a Paiidolfo principe di Bencvcnlo, pregandolo clic volesse venire a comjiorre le cose di loro , togliendo d’ ufficio llotondolo , e ponendovi il figlio di lui Atenolfo , il quale era monaco , ( i ) (•he avrcbhero riconosciuto a loro abate. Quando Ottone II rattrovavasi in Capua nel 981 per la spedizione die fece contra i Greci in Calabria , condusse seco Atenolfo ancora fanciullo come ostaggio , per tenere in sua fede Pandolfo II padre di lui, e lo rinchiuse 111 un monastero, forse di Germania, perchè fosse niidrito e guardato. Avvenne, che scorso alcun tempo, colui che guardavalo, lo consigliò a fuggirsene, e ad indossare l’ abito di monaco, per celarsi. Ma tornandosene in Italia il giovanetto , gravemente infermò pia- via , c a risanare fece voto a Dio di non ispogliarsi più di quella cocolla che egli avea preso per finzione, llicupcrata la sanità, e tornato in casa del padre, ricordando del voto, non volle fcrmarvisi , ma andò a rindiiudersi monaco nel mona- stero di S. Modesto , che era nella città di Benevento. Di là trasselo il padre Pandolfo , e cogli arcivescovi di Benevento e di Capua, Pandolfo ed Alfano, ^cnnc a Monte-Cassino, e cac- ciato llotondolo, che poi prepose al monastero di S. Modesto di Benevento, a pieni suffragi de’ monaci, lo fece pubblicare abate. ( 101 1 ) ( 1 ) Cod. MS. 3. pag. i38. m STni!l\ DELLA liADiA DI MOXTE- CASSILO Lovnfo Alcnollo al seggio Badiale, avendo innanzi alla mente il pensiero della santità della vita, cui obhligavalo la condizione di monaco, quasi perdette la memoria della stirpe j)rincipcsca da cui aveva i natali ; c fu uomo assai umile ed umano di costumi (i). Tre anni dopo la sua elezione, tavvenne in Roma la incoronazione imperiale di Errico dello il Santo. (ioi4) Colse questo destro Alcnolfo per ottenere dal nuovo imperadorc un precetto o carta di confermazione di tulle le ])osscssioni badiali ( 2 ) ed un privilegio da papa Benedetto Vili, (3) nel quale il pontefice confeiana le giurisdi- zioni spirituali dell’abate tali quali furono concesse da pajia Zaccaria ; e minaccia la scommunica a coloro che volessero violare il diritto di elezione dell’ abate die avevano i monaci , c la interezza del patrimonio. Sono queste due carte scritte in Roma neH’anno dell’ incoronazione di Errico. Raffermale con queste papali ed imperiali ordinazioni lo giurisdizioni ed il possesso della Rorida signoria, volse l’animo Alcnolfo a belle ojiere di arti. Fece innalzare un’alta torre per campane di ottimo lavoro, in mezzo della quale era un altare sacro alla S. Croce ; e innanzi la porla della Chiesa, ai due lati, su colonne di marmo gitlare due volle , come due portici , in im dei ([uali pose un altare alla Tj-inità, nell’altro a S. Bartolo- meo. (4) L’ Absida maggiore della Chiesa ornò di bellissime (lipinlurc a fondo d’oro; e ristorò la Chiesa di S. Stefano che era allo porle della Badia c vi levò un altare a S. Adalberto vescovo (li Pi’aga, il quale da poco tempo era morto martire per la fede, c clic era stalo monaco in Monte-Cassino. Il piccolo monastero, 0 Chiesa di S. Angelo in Valle-luce fallo costiaiire da abate Cisulfo ristorò ed aggrandì ; c lo dette ad abitare ai monaci di S. Benedetto, essendovi stali fino a quel tempo mo- naci Greci condottivi dal B. Nilo, come fu detto, sotto abate Aligerno. Dopo le incursioni de’ Saraceni per cui fu dislrulla (i j Leo. Osi. Gap. 3x. (3) Vcd. Docum. M. ( 2 ) VeJ. Docum. L. (4) Leo. Osi. 32. AMO AIXIV. n.") la lladia e messo a morto IJcrlai’io, era làmasta quasi clislrulla la città eli S. Germano per la furia di quei barbari : Atenolfo la rile\ò in gran parto e ne fu quasi secondo fondatore (i). Abbiamo argomento a credere che questo abate applicasse r animo a biro scrivere codici per uso dei Monaci; stante clic ve n’ba uno che contiene i comenti di S. Ambrogio sul Vangelo di S. Luca ( 2 ) in cui è anche un’olferta di questo codice che Atenolfo fa a S. Benedetto. Bleutre questi teneva la somma delle cose Cassinosi, nuova generazione di uomiiìi e non conosciuti per lo innanzi, venne in queste regioni dell’Italia cistiberina, dico i Normanni, che alle presenti cose erano per dare anche nuovo assetto , su le cadenti dominazioni Lombaixle formare la propria, c final- mente ne’fatti Cassinosi venire a prendere moltissima parto. Vennero prima aiutatori di Guaimaro di Salerno contro i Saraceni , poi di Melo nobile Barese contra i Greci. Malissimo governo facevano questi de’ Pugliesi , si che dalle oppressioni de’ Saraceni in altre più dure pareva fossero passati : Bari gemeva più che altri sotto questo giogo. Era in questa città un Melo nobile uomo , ricco c di molto seguito , clic alle mi- serie della patria compiangendo , intese a generosi sforzi per liberarla con un suo cognato Datto di nome. Armò i Normanni, c con varia fortuna combattette ; ma finalmente gli fu forza ritrarsi da quel ballo, e recossi in corto di Arrigo II. ° impe- radore di Germania , per ottenere aiuto nella pietosa impresa. Arrigo si peritava, intanto che Melo moriva. Tolto quest’osta- colo, i Greci aggrandivano un di piìi che l’altro, non solo nella Puglia ed in Calabria , ma anche a danno de’ principati (fi Salerno, Capua e Benevento. Per la qual cosa riscossesi il papa Benedetto Vili, il quale non potendo far altro, fidò in mano di Datto un castello presso il Garigliano, perchè vi stesse a guardia con buona mano di Normanni. (3) ( 1 ) Leo. Ost. C. 32. ( 2 ) Ved. Doc. Dei Codici MSS. (3) Leo Oit. Aiualus Itisi. Nonn. STORIA DELLA liUllA DI MONTE- CASSIAO Mcnlro i principali Loml)ardi cominciavano a soni ire più tlaj>prosso il potere del Greco , ab ile Alonolfo fratello del principe Capuano Pandolfo, vedeasi ognor più alle slrelte per quel d’ Aquino che por voglia di roba lo teneva inquieto. Ti’ovandosi cosi a mal partito , conosciuto che gente fosse la Normanna contro ai Saraceni ed ai Greci , pensò chiamarla in suo aiuto contro i conti di Aquino, che per Ini erano e Greci, e Saraceni. Ne assoldò vari, che fece stanziare nella terra di Pignataro , ove si tenevano parati ad ogni suo cenno , guar- diani fedelissimi del patrimonio di S. Benedetto. Così i Nor- manni chiamali da Guaiinaro , da Melo Barese e dall’ abate Alenolfo andarono per opera di questi spargendosi nel paese che oggi forma il Reame Napolitano, il quale era per comporsi da essi Normanni. I Normanni condotti dall’ abate a’ suoi stipendi erano di quelli che avevano fortemente comballnto presso Canne in Puglia contro i Greci (i) e che avevano toccalo sconfitta , per cui Melo ebbe a ricoverare presso all’ imperadore Arrigo. Atenolfo provò co’ falli la virtù di ([uesli bravi cavalieri. I conti di Venafro eransi cacciati nel territorio di Viticiiso terra del monastero, e nel sito detto Acqnafondala avevano levato una rocca. Atenolfo spedì contro di loro armati soldati, ed erano que’ Normanni , i quali, detto fatto, scaccia- rono dalla terra i Venafrani , ed abbattettero il castello. Era morto Melo in corte di Errico , ma viveva Dallo , in cui gli spiriti del cognato ardenti lo facevano osare , e rin- chiuso nella rocca del Garigliano , credendosi al coperto dei Greci , poiché sembravagU che Pandolfo Principe de’ Longo- bardi non avesse a portare buon animo verso quella gente , andava divisando nuovi sforzi per liberare la sua Bari. Ciò sapeva Basilio imperadore di Costantinopoli, e tenero che era de’ suoi possedimenti in Puglia, poneva ogni opera a togliere di vita il Barese Dallo. Deputò Bugiano onde persuadesse Pandolfo a fargli buon senigio in quel negozio, togliendo la (i) Leo. Ost. 37. ANKO MXIV. m rocca del Garigìiano ai Normanni, ed impossessandosi di Dallo. Il Capuano piegossi; che già in cnor sno seguiva le gi-eehe parli, e già aveva mandalo all’ imperadore chiavi d’oro, come a lui profferendosi colla ciltà; anzi perchè il fi’alello aliale Landolfo non venisse a rompergli il disegno coi Normanni che aveva ai suoi servigi, lo fece calare nella propria scnlcnza.(i) coll’oro Greco. Del relaggio di unMoraldo di frani jiuhhlicalo al fis(X) daH’imperadorc Basilio fu fallo un prescnle all’ahale.(2) iVllra copia di danaro sborsala dal Greco a Pandolfo delle il molo alla cosa. Cosini, messosi a capo di un buon nodo di genie, mosse alla espugnazione del caslello del Garigliano. Dallo e i Normanni poderosamente resisteltero per due giorni ; ma lìnalmcnlo per vivo assalto sforzati, si arresero al Capuano. L’abate, o fosse vera carità verso Dallo e i Normanni, o desi- derio di coprire alf occhio deh’ imperadore con umano fatto il consenso prestato a Pandolfo , misesi a pregare il fratello, che volesse lasciar libero Dallo coi Normanni: questi furono salvi e presi ai servigi della Badia; quello, condotto a Bari, dopo alcuni giorni fu gillato in mare ed affogato. Così per tradi- mento di un principe e di un abate, i Greci avanzavano e minacciavan lulla Italia. Al suono di queste novelle deslossi finalmejite l’imperadore Arrigo, e timore di quelle conquiste o vendetta lo mosse alle armi. Assembrò poderoso esercito, passò i monti, c divise in tre corpi tutta l’oste : undicimila capitanati dal Patriarca di Aquileja Pappone, mandò per alla volta degli Abruzzi, ventimila spedì per la via di Roma sotto il comaiulo di Belgriino arcivescovo di Colonia contro il Cassinese abate; e Pandolfo cd il rimanente delf esercito egli stesso condusse per le Marche. Allo strepilo di tante armi il Cassinese sconcertossi e non ti'ovò modo a salute che nella fuga. Gli furono ai fianchi il conte Borrello e quello dei Marsi sfoi’zandosi a cavarlo da (1) Chron. Leo. 0,1. Amai. Itisi. Norman. ( 2 ) Leo. Obi. C. 38. TOM. I. 13 STOlìlA DELLA RU)IA DS AIO.WE - CASSIAO m ([iioir iiiil)arazzo , proponendogli lo slaro anzi elio il fuggirò, ed offorondosi alla sua sicurezza. Ma il iioinbo che runiorog- glava sul capo deirahalo non era cosi innocente da larìo addormire. Fuggissi in Otranto ; sali in nave per riparare in Coslanlinopoli ; ma nello acque dcll^idriatico , ove per suo tradimento era stato annegalo il Dallo, la giustizia di Dio lo raggiunse, o per fortuna di mare miseramente affogò. (1022) Portava seco l’ahate nove precotti Imperiali con suggcnli d’oi-o, i (piali in quel naufragio andarono perduti. E mi penso che tra questi fossero i diplomi di Carlo Magno, di cui non avanzano che copio nel registro di Pietro Diacono. Alenolfo jier undici anni che resse la Badia consegui lode per temperanza di costumi c per la molta opera che mise nel rilevai-e, o ristorare Chiese, per cui furono esercitali gli nomini nei dolci studii dello arti; si che in un Diploma di Pandollò IV, e V. s’ehhc il nomo di lìcslaiiruior Ecclesia- rum ad infelice fine lo trasse la carità di fratello, non trovando altra cagiono da cui derivare quel consenso prestato alla presura di Dallo. Ciungova alla Badia l’ arcivescovo Belgrimo col suo esercito, c quale animo si portasse verso l’ahale ogmm l’ in- tende; ma trovatolo fuggito, mosse tosto sopra Capua. Pandolfo gli si arrendeva, intanto che Arrigo espugnava ed otteneva Troja in Puglia; il quale, ove non fusse entrala la moria nelle sue truppe, oltre sarebbe proceduto nel conquisto. La fellonia di Alenolfo aveva riempiutigli animi Cassinosi di grave timore, e credevano in quel venire d’imperiali toccare (paalche trista ventura, ma la cosa andì) pel verso contrario tra perchè al peccato dell’ abate non ebbero parte i monaci , e tra perchè questi nella pietosissima vista che facevano di santi uomini avevano bene donile cessare ira di principe, massime di Arrigo, che s’ebbe nome di Santo. Tuttavia siccome Fimperadore ed il |)a]ia eransi forte impauriti del sopravvento preso da’Greci, non solo per mala fede del principe Capuano, ma anche del Cassinese abate, s’a\ visarono, non essere tale la badiale carica ANNO MNXII. HO Oa laseiai’si conferir dai soli monaci; v’cnli'ava anche jX'r mezzo (jtiella che dicesi ragion di sialo. Laonde lulilo Arrigo della moi-le di Alenolfo, accordossi con papa Lcnedello VHI, ed in sua compagnia rccossi alla Badia per presiedere all’ele- zione del nuovo ahale, Convocaronsi i monaci, fu fallo lo squillinio; Teobaldo delle lAIarche venne seello a quella eariea. Se lonlani gl’ imperadori piegavansi lanlo bene alle pcllzioni badiali, e privilegi c confermazioni davano a mano larghissima, non c a dire se si piegassero presenli. Il ruvido saio, lo poche parole ma tulle di pielà, le salmodie, ed il composto andare di ogni cosa nel monaslero, erano cose che parlavano furie all’ animo di Arrigo: arrogi un miracolo che narrano lo cronache di quel tempo, cioè, che patendo Tlmpe- radore di mal di pietra, fosse sialo guarito da S. Benetlello apparsogli in notturna visione (i). Per la qual cosa, e ricco vasellame di argento c di oro, c sacre veslimenta di gemme lulle guarnite, c Chiese, e terre donava: Bocca di Evandro , gli ahllanli di cui erano siati per lo innanzi infesti alla Badia Cassliicse, assuggettava, e con diploma le antiche posscssiojii confennava ; c poi al ]>apa , per mano di Tcodorico suo can- cellici-e faceva questa scritta. (2) « In nomo della Santa eil « individua Trinità. Arrigo per pietoso Livore divino, augusto (( imperadorc de’Boniani a Benedetto santissimo papa della (c città di Roma , ed a tutti coloro che in pci’pcluo canonica- « mente gli saranno per succedere neH’apostolieo Seggio. Egli « è cura del Romano Imperio il dar braccio forte alle Chiese (( che si levano in lutto l’orbe Romano, c garcntirle di palrc- « einio dagli sforzi degl’ infedeli c tristi uomini. Laonde fi provvedendo noi al migliore della Cassinesc Chiesa , la '^n‘ziono , quosla Chiosa por imporialo iiiuiii- (( ficciiza arrioohila, alia paloniità lua raooomaiKlianiy, porohò (( non le vcn£;a iiigiuslizia o sopruso a solfbrii-o da «pialumpie (( siasi polcslà. Iinporocchò, sondo ogni Chiesa libera di vincolo (( di servilù, in ispeoial guisa (dopo la dignilà delia llojiiana (( Sedia ) dobbelo essere la Cassinese , la quale poi padre (c BonodoUo lien principalo su qualunque inonaslica istituzione, (( 0 la quale i nostri predecessori Pipino , Carlo , Ludovico , (( Lotario , Ottone e gli altri iinperadori ebbero come loro (( CaiiK'ra particolare. jVdunque raccomandiamo alla jvilornità (( tua l’ anzidetto cenobio, perchè sii aiutatore, e dil‘ensoi-e <( e non stennlnalore di Lui. A te, a tuoi successori lacciamo (( facoltà di poter consacrare il Cassinese abate ; e stabiliamo (( che mi solo pasto si prepari colle rendite del luog») al (( Pontelìce deirapostolico Seggio nellandare, e tornare che (( farà da Benevento. E vogliamo che il Bomano Pontefice <( non abbia dominio o potestà di sorte sul Cassinese Cenobio ; (( ma siccome fin dal piàncipio di sua fondazione sempre durò (( sotto la dominazione imperiale, perennemente vogliamo che (( tal sia in prosieguo. Trapassato l’abate Cassinese, si elegga (c secondo la Regola ed i Canoni tra tutti uomo meritevole per (( costumi e sapienza, e venga ordinato cattolicamente, e non (( simoniacamente ; poscia per messi a noi ed ai nostri (( successori venga rapportato della elezione, c con editto di « prammatica sanzione a quella si assentisca, c cosi al Romano (( Pontefice , senza che vi passi alcuna venalità, si presenti a (( sacrarsi. Che se altrimenti sarà fatto, prevalendo il talento (( de’ malvagi , alloiai l’ imperadore prò tempore , di conserto (( co’ monaci, prepongano al reggimento un abate fpiale essi (( trovano migliore c più degno , ed al Romano Impero (( devoto, senza inquietezze e contradizioni. Se poi alcuno (( osei’à violare tale nostra costituzione, sappia, essere tenuto (( alla dedizione di cento libre d’oro purissimo , la metà delle (( quali alla nostra Camera , l’allra all’anzidetto monistero sia {( aggimlicala. E tal nosliav concessione sempre, e fermamente ANXII XiXXlI. m (t (liifi; la ((ii;U cosa pci(,‘hc acquisii ledo, al)l)iam doo'olalo (( rulxirarla di nostra jiiaiio , e dolia impressione dei nostro anello. Io non so che avrebbe risposto paj)a S. Gregorio VII ad un imperadore, che tali cose gli scriveva innanzi. jJenedetlo stimò, che rAuguslo non avesse ollrejjassato d’un nonnulla i conlini della im])eriale potestà , c benignamente annuendo al voluto da lui, tali cose scriveva, (i) (( Io Benedetto del llomano c Cattolico seggio vescovo, <( mando in allo lutto quello clic fu stabilito dai nostri prede- (c ccssori , cioè che por la consacrazione del Cassinesc abate (( (la quale, volendolo il serenissimo figlio nostro Arrigo (( impcimlore, abbiam fatto) nè prezzo, nè doni si ccrebino (( o si ricevano ; che se altrimenti verrà fatto c vcnabm'ntc si (( comporteranno i consacralori , qualunque sia colto nella c mala opera , sia maledetto dal santissimo nostro Padre <( onnipolenlo, dal figliuolo di lui Cristo Signore nostro, e « dallo SpiritoSanlo, e sabbia parlaggio coiiDatan ed Abiron, (( che nella Cbicsa di Dio levarono sedizione, e sul capo di (( lui venga lutto lo imprecare che fece Mosè ai conculcatori {( della legge di Dio, e sia dannato con Anna, e Caifasso , (( che per iniquo giudicio deputarono a morte rAulor della (( vita, c s’abbia sua porzione con Giuda traditore, clic per « amor di pecunia vcndcllc il Signore, ed il Maestro di lui ; (( lui dicano Anatema tutti c selle gli universali Concilii , sia G fallo privo del consorzio di lutti i Santi, c di tuttala Chiesa G di Dio , e nel giudizio di Dio vada col Diavolo dannalo , c G non vegga la gloria di Dio. Amen. Non vi ha dubbio che Benedetto mollo disse degli anatemi da lanciarsi conira i simoniaci consacralori dell’ abate Cassi- nese, c nulla dei diritti c della giurisdizione, che Timperadore vantava sulla Badia: ripeto, che altro avrebbe detto Ildebrando. Accennai come rimjvcradore Arrigo, per miracolo oj)cralo (i) Piel. Diac. N. 87 pag. 38, 182 STORIA DELIA RADIA DI MOATE-CASSlAfl (la S. Hoiicdello, fosso lihoralo dal mal di plolra. Nella Cronica di Leone leggesi, che il Sanlo per chiarire Arrigo della esisten- za del suo corpo in Monte-Cassino, intorno alla qual cosa egli era dubbioso , operasse questo miracolo ; e a confennarc con altro fatto la verità della cosa , narra ciò che imprendo a dire. Era in Monte-Cassino un monaco di nome Adamo , di santi costumi, il quale essendosi recato in Roma per comprare talune suppellettili di Chiesa, venne ospitato, come era costume, nella Badia di S. Paolo fuori le mura, che allora era governala da un certo Leone. Avvenne un giorno che messosi collahale a ragionare di cose spirituali , c caduto il discorso sul corpo di S. Benedetto, Leone cosi dissegli — (c È vera o falsa voce « questa che corre, il corpo di S. Benedetto non riposare in « Monte-Cassino, ma essere stalo devotamente rubalo, e portalo (( di là dei monti? certo di molli c grandi miracoli contano (( gli oltramontani per acquistarsi fede; c al contrario, dicono, (( non essere avvenuto miracolo di sorte in Monte-Cassino. » A queste parole , il monaco Adamo , traendo un profondo sospiro , prese la mano dclfabatc, e sei condusse presso faltare di S. Paolo , e sopra di quello stese la mano dicendo, c Per (( questo corpo di S. Paolo dottor delle genti, che runiverso (( mondo Cristiano tiene per formo qui riposare, giuro, non {( essere ombra di menzogna in quello che dirò. Ascolta : (( Anche lo per queste voci cori-enti venni in tali dubbiezze {( intorno al corpo di S. Benedetto , che, quasi certo del non (( essere quello in Monte-Cassino, mi sentiva scemare nell’ (( animo la devozione e la riverenza quante volle tristo e (( sfidalo appressava al suo altare. Così tiepido e in fra due (( me no stelli alcun tempo. Ora avvenne un giorno, che dopo (( la Compieta , messomi eon insolita devozione ad orare sul « sejKilcro di lui , mi apparve in visione il santissimo Padre, c e COSI mi favellò. E perche 7uai\ o frate Adamo, te ne vai « cosi dimesso e tristo? perchè ti se’ fatto travolgere in « così nudo pensiero di me , come se io rpù corporalmente « non mi giaccia? Alccìto, poiché della deiozion tua io mi Prese la mano dell abate, e sci condusse presso l’ alt a re di SPaolo.e sopra di quello stesela mano , dicendo : AKXO mìl 183 « so/l mollo compiaciuto , sii pim e cerlissimo ; me con la c ì/iia suoì'a Scolastica cjid r/posanni, e co/i lei all’ ultimo « dì del giudizio dover risorgere in questo luogo, e starmi « con voi dì e notte quante volte vi fate dcvotame/de a sai- (T meggiare , atlenlamente ad orare, e conveiiienle/ne/de (( vi portiate. E per cavai'ti dall’ animo ogni dubbio su « questa cosa: quando all’ora del matutino , primo , come (c hai costume, eidrerai la Chiesa^ se vedrai jumo d'incenso « che come palma si leva dal mio sepolcro e va in alto , (( tieni per verissimo il detto da me. Ed iii queste parole (( disparve, Ruleslatomi adunque incontanente, c ravvolgendo (( neiraniino il latto di quella visione, ini stemperai in lagrime (c di contentezza, c con certa paura nel cuore entrai la Chiesa; (( vidi, e credetti. Se io poi de’ miracoli che ne han traman- (( dato i nostri maggiori, e di quelli che a’ di nostri accadono (( presso quel sepolcro, dicessi, ti chiarirei, (juelli essere o per « invidia celati, o ignorati. Eccone uno, che con questi occhi « ho veduto. Un certo Andrea da Bari posseduto dal demonio « fu condotto dal jiarcnti a Monte-Cassino , e gittato ai piedi (( deiraltarc di S. Benedetto. Io me ne stava in un canto, (( mcnh'e che orrihili favelle, c le grida di quel tapino si (( mescolavano alle salmodie de’ fratelli. Ed eccoti apparire il « Santo e starsi ritto innanzi all’ altare, c con iortissima (( guanciata percuotere l’ invasato dal demonio , il quale (c incontanente sgojidvrò di quel corjvo ; ed Andrea sano e (( libero so ne ritornò in suo paese » — Oneste cose udite da abate Leone presso l’altare di S. Paolo, furono dappoi pub- blica te da lui. Era Teohaldo uomo di nobile genere, nato nella regione Chietina; non aveva che quattordici anni quando fattosi alla Badia Cassincse, richiese l’ abate Aligerno di vestire l’abito monastico , lasciando d’ un canto quanto fosse di mondano. Santo visse sotto quel santo alvate, ma venuto Mansone al govei no , pensò non potersi vei'sar puro in quello allentaivj di disciplina, c fu di coloro che amarono meglio dipartirsi , 18 i mm DELLA «ADI A DI A10\TE- CASSIAMO come fu (IcUo por io innanzi. Tolto il bordone, come allora era cominciata l’ usanza, pellegrinò a Gerusalemme, e visitò i santi luoghi. Di là fatto ritorno, ed al morto Mansono suc- cetluto Giovanni , fu da questo scolto a proposito del piccolo monastero di S. Liberatore a’ piedi del monte Majolla. Ove non è a diro quanto amore il prendesse di quel luogo : lo ampliò di mollo, la Chiesa adornò di pitture, di ricca suppel- lettile la provvido, levò una torre con cinque campano , e di ben sessanta codici arricchì quel monastero, alla coltura de’ monaci. Quando Arrigo veniva nelle Puglie per le Marche, egli incontrollo, e feccgli un gran raccomandare laCassinoso badia, sapendo di quale animo venisse contro i’ahatc Atcnolfo,* c fin d’allora l’imperadore cominciò a mirarlo di buon occhio, in guisa che poi fu fallo abate, e da lui grandemente favorito. Innanzi dica delle molle tribolazioni che abate Toobaldo ebbe a soffrire nel govei-no di Monte-Cassino, dirò del mollo bene che fece alla Badia. Egli era stalo, come fu detto. Preposto del monastero di S. Liberatore in Abruzzo presso il monte Majella, ed in queiramministrazionc erasi addimostralo amantissimo di arti e di lutto ciò che poteva avvantaggiare le morali condizioni dei suoi monaci. Yeniilo a reggere la Badia Cassinese non fece da meno: oltre a ricchissima suppellettile di Chiesa, fece fon- dere due grandissime canqiane di eccellente lavoro-. Sarebbe j)iaccre se una di queste avanzasse, a vedere come sapessero gli uomini in quella rozza etade fondere metalli. Quasi a mezzo della via che mena da S. Germano a Monte-Cassino le>ò una Chiesiuola in onore di S. Severo vescovo dellanlica Cassino. Questa ressesiin piedi fino al i823: per improvvido consiglio fu abbattuta. Non so se le mura fossero stalo quello di Teobaldo; ma certo che internamento erano dipinte da mano assai antica. Fosse la sola delle antiche coso non dal tempo ma dagli uomini distrutta! Un’altra Chiesiuola fece innalzare presso le stanze badiali sacra a S. Nicola, e due mura con altrettante torri (uiinci e quindi innanzi l’atrio della Chiesa, in modo da formare un chiostro. Comandò ai monaci , Irascrivcssei-o la Mxxii. ISj seconda parie della Città Dio di S. jàgoslino — rpiaranlaOmilu; di S. Gregorio — la prima parto de Morali del jiiedesimo — i comenti su i salmi di S. Agostino in duo volumi — Claudio sull’ epistole di S. Paolo — lo Etimologie di llabano — S. Agostino della Trinità — l’ Itinerario di tutto il mondo colla Cronica di Geronimo — la Storia de’ Romani — quella de’Lon- gobardi — l’ Editto dei re — il Martirologio di Geronimo — il Pontificale Romano — S. Isidoro, degli Ollici — la Concordia dei Canoni — il Libro dei Canoni — i Decreti dei pontefici — i Conienti di S. Reda sopra il vangelo di S. Marco , e duo codici che contenevano inni per le salmodie del Coro. Di questi codici alcuni ancora avanzano, e de’ quali dirò nelle note di questo libro. IMentre Teobaldo teneva la somma delle cose avvennero due pietosissimi fatti, che ne chiariscono sempre più del modo come sentivano gli uomini di que’ tempi, che si ebiamano feroci, la religione. La Radia di Cluny era in questi tempi venula in grande splendore per moltitudiuc di monaci e prineipcseln favori, e per la santità di abate Odilone che governavala; e sebbene era principal monastero in tutta la Francia, e molto anche al di fuori si parlasse di quello , pure la sua fama non aggiungeva a quella di Monte -Cassino come prima sede del- l’Ordine. S. Odilone aveva accompagnalo Arrigo II quando si recò in Roma per essere incoronato imperadorc, e trovandosi in quella città, come che vicino alla Radia di Monte-Cassino, volle condurvisi per venerare il sepolcro di S. Renedello. Colui era riputato uomo di singolare pietà per le asprissime penitenze che faceva di cilizii c digiuni, e per singolari virtù; in tanto che la vedova impcradrice S. Adelaide, a solo vederlo, andò tutta in lagrime di tenerezza , c gli baciò le vesti per riverenza. Giunto ai piedi del monte, cri affisando da lungi le mura della Radia, senti prcndci*si ranimo di grande venera- zione , ripensando al [ladre degli occidentali monaci , ed alle cose operate da lui su quel monte. E (ollisi i calzari, a piè scalzo devotmncnle si fc(;e a salire al monastero. Alle porle STORIA DELLA BADIA DI MOSTE- CASSINO TSG gli furono incontro i monaci , clic lo menarono in capitolo , ove , vedendo come la fama della santità del luogo e degli abitanti non venisse fallita dalla vista , esci in queste parole del salmo : Come udimmo , cosi ahhiam vedalo nella ciltà del Dio nostro sul monte santo di lai. Poi dato line alla lezione spirituale, (che facevasi agli ospiti quando arrivavano, secondo la Regola), con grande umilUi ruomo di Dio Odilonc volto allabate , disse : Di un singolare favore , o Padre , ti cerco; e con latta V anima ii prego, non farmi niego: voglio e desidero baciare devolissimamenie i piedi a tutti i fratelli. E sebbene malamente il comportasse Teobaldo , guardando alla dignità del santo ospite , cosi fece con molta cdillcazione de’monaci. Altro esemplo di sua umiltà dette Oddone ai Cassinesi. Correva la festività di S. Benedetto , c Teobaldo, volendo onorare l’ abate Cluniacense , con molte preghiere lo invitò a cantaro messa solenne; colui non volle. Ma essendo i monaci in suirandarc in Chiesa, labate Teobaldo, credenelo espugnare rumilisslmo animo di lui, riverentemente gli porse la verga pastorale a portarla. ]\Ia quegli , ritraendosi , cosi favellò : E indegna cosa recarsi nelle mani r/acsto hacolo al cospetto di uomo di tanta autorità: e mi penso essere sconvenevole ed ingiusto portare verga pastorale dovungue avviene che si rattrovi presente il vicario di S. Benedetto, l’Abate di lutti gli abati. Stando in sul partire il santo abate Odilonc , i monaci lo accompagnarono lino alle porte del monastero, c nel dargli commiato, lo pregarono caldamente, che tornando in Francia volesse loro mandare una reli(|iiia del corpo di S. jMauro. Colui bene accolse il pio desiderio , e promise appagarlo. Dopo sette anni ecco arrivare una compagnia di sei monaci Cluniacensi spediti da S. Oddone, i quali recavano un osso di S. Mauro chiuso in bel reliquiario di argento a forma di tori’e. Sparsa la voce di questo arrivo , fu una festa in tutti i vicini paesi, ed un accorrei'c alla badia di moltissima gente. Non dico dcTnonaci, che presi d’ima santa gioja indossarono AMO MXXll. 1S7 le più ricche vestimenta della Chiesa, con torchi accesi in ma- no e fmnaiili incensieri escirono inori le porte del monastero, ed andarono ad incontrare in bella ordinanza i Cluniacensi. Come videro la santa reliquia , (piasi che vivente si parasse loro dinanzi il conl'ratello di loro S. Mauro, ramatissimo discepolo di S. Benedetto, si gettarono bocconi per teri-a per la riverenza. Poi levatisi , ciascuno si appressò a quella , c sopra vi sparsero caldissime lagrime e baci, e cantando salmi ed inni con giubilo di Paradiso , la portarono in Chiesa e la riposero suH’altare di S. Benedetto. In mezzo a quelle religiose accoglienze, correva agli animi la memoria di quel giorno in cui il dolcissimo fratello S. Mauro , in mezzo a tenero com- pianto si separava dal diletto maestro per andare in Francia, c quasi a temperare quell’ antico dolore, riputavano concessa da Dio quella presente allegrezza. 0 la bella semplicità di cuore di quelli antichi! o come è dolce madre di affetti la Fede ! Oggidì tutto vuol fare la ragione , e poco o nulla sa faro : ed ove avviene che si abbatta in qualche miracolo o Aisione o reliquia, indietreggia ed impenna orgogliosa non volendo credere. Que’ buoni monaci condotti dalla fede pro- rompevano in pianto di tenerezza su quell’ avanzo di corpo , ])onsando che era stato vivificalo un giorno da anima amica del Signore e nel Signore beata ; perciò quella pietà andava tutta a finire in Dio , e quelle lagrime non sopra quell’ osso , ma nel seno istesso di Dio cadevano, (i) Dipartendosi dalf Italia l’augusto Arrigo, aveva lasciato principe di Capua Pandolfo conte di Tiano a vece di Pandolfo 1 V , il quale si trasse in Germania , ove il pose in carcei-e ad espiare il fallo che con Atenolfo abate fratello di lui aveva commesso nel castello Minturnino. Ma trapassalo Arrigo, e venuto al trono Corrado il Salico , vento più favorevole spirò per lui. Pandolfo di Tiano che teneva sua signoria, malvagio che era, od a Guaimaro 111 di Salerno ed ai Normanni era (i) Leo. Osi. STORIA DELLA BADIA DI MORITE -CASSILO ISA vcimlo in odio. Il Salernitano adoporossi presso Corrado, con cui ('ra legalo di amicizia, per cacciarlo di stalo, c richiamare Pandoll'o IV, di cui aveva menata sposa la sorella Guidclgri- ma, e vi venne a capo (i). E Greci, e Normanni e Salernitani ])cr un anno e più strinsero epici di Tiano di assedio in Capua, ed alla per fine scacciatolo , Pandolib ricuperò la sua Capua. Himesso in signoria il Capuano, c ricordevole della prigionia fattagli soffrire da Arrigo , non trovando ove esercitare la vcmletta di che bruciava, voltassi alla Badia , la quale sapeva quanto cara cosa fusse stata a quello impcradorc. Come meglio gli venne fatto, trasse in Capnacon amichevoli proteste abate Teobaldo, c questi buon monaco, c poco istruito del pelo clic vestono gli uomini quando vogliono far male , vi andava. Cortesi accoglienze si ebbe , ma quando volle ritornare là donde era venuta , una buona mano di soldati , che sotto colore di onore gli aveva assegnali Pandolfo , il rallemic , c s’accorse lardi ebe era caduto nella trappola. Di questo disonesto operare del principe era consigliere un tal Basilio Calabrese, il quale ben sapeva le vie che spesso menano a cuore di principe : piaggiando c lusingando era entrato bene addentro nell’ animo di Pandolfo. Voleva colui sedere nel seggio diTcobaldo : per ajuUu’c idla sua ambizione usò delle vendette e delle cupidigie di Pandolfo. Per la (pud cosa, dimorando Teobaldo in Capua, e proprio nel monaslej'o di S. Bemaletlo, Basilio bene gii delle a conoscere con aspr<;zza e superbia di modi, ebe il voleva scavalcare (2). Intanto che fabale era negli artigli del Capuano, questi non si stette oziando; sottrasse dalf ubbidienza dei Cassinesi tulle le terre, alfinfuori di S. Germano, S. Pietro a monastero, S. Angelo c S. Giorgio, facendone un bel presente ni Nor- manni che lo avevano tanta ben servilo nella ricuperazione del suo stalo ; c da tulli i vassalli fecesi giurare obbedienza.. (i) Amai, llisl. Norman. (5) Cliron. Leo. Osi. AMO MXXll. IS'J Mandò un Adcli’isio alla Badia, perché logliosso il ricco tesoro della Cassinesc Cliiesa, c non era poca cosa, dopo le nltinie donazioni di Arrigo. Ma Adelgisio , per miracolo narralo da Lione , ristette da quella rapina. E come se lo spogliare del pi’oprio fosse mite governo , assuggcllò i monaci ad aspra e \ergognosa tirannide. Tolse a strumento di sue violenze un tal 'lodino vassallo del monastero , che fece suo procuratore ili S. (icrmano , lui dette nelle mani Rocca di Evandro, e 10 raccomandò ai Normanni , |K*rchc in tutto gli facessero spalla, 'fodiiio rispose a capello al mal talento di Bantlolfo : non lasciò modo violento che fosse ad aspreggiare i monaci , ponendoli in tanta penuria di cose, che il di di nostra Donna assunta (se è a credere agli scrittori di quel tempo) difettarono i monaci d’ un pocolin di farina c di vino alla celchrazione de’ santi Misteri. Era costume che ai laici non fosse dato il mangiare ed il bere nel monastico refettorio, 'fodino, a seher- jiire i Cassinesi , ed a porli in dispetto, un di cacciò nel cenacolo quanti potette servi e schiuma di trivio , perchè ad uso di hcltolieri vi stravizzasscro. A (juella vista non valse a raffrenare lo sdegno un Lione monaco, che grave e minac- cioso costrinse a sgombrare di quel luogo i venuti; poi acceso 11 volto di grande sdegno voltossi ai monaci: « E fino a quando, (c fratelli , noi patiremo tanto vitupero dell’ ordine nostro ? e (( fino a quando dovremo noi a mani giunte divorare la ver- (( gogna di servile tirannide ? Orsù venite , tenetemi dietro , (c lasciamo questa sede di opprobrio, valichiamo i monti, mcl- « tiamoci ai piedi dell’impcradon;, a lui rapporteremo quanta (( mole di sciagure duriamo, j Cosi disse , c fattosi duca ai monaci , cui quello parole furono stimoli ad operare , usci di monastero, e mosso per la volta di Roma. Ma come il 'lodino riseppe , per messi , del divisamento de’ monaci , a spron hallulo li raggiunse, c simulando, o promettendo mitezza di governo, slornolli dal proposito e rimenolli alla Badia. Mentre tali cose accadevano sul Monte-Cassino, abate Teohaldo sfidato di potere escire delle mani del principe STDRU IIEIU BADIA 1)1 MONTE -CASSl^’O l!):i CipiiaiK), volse l’animo a procacciarsi raiuto d’altro signore, dio nemico a l’andoltd e geloso (U'gli avanzanionli che taceva ne’ Cassinosi domini, Ini volesse dar mano a salvazione. Sergio duca di Napoli era tale quale dcsideravalo Teobaldo. Costui avea dato ricetto a PaiidoHb di Tiano nemico di (piel di Capua, e perciò era stato scacciato dal suo Ducato dal Capuano , o poi rientratovi pel soccorso de’ Normanni ; non avea dunque l3uon sangue con Pandolfo , e prestò benissimo orecchio allo preghiere dell’ abate , e senza venire ad aperta guerra lo trasse di quello stato. Mise in agguato alcuni cavalieri poco lungi di Capua in sito detto S. Agata, e fattone segretamenle consapevole il Cassinose, questi recossi un di a diporto in (pici luogo , ove ad un tratto gli fecero corona i Scrgiani soldati, e fattolo montare un corridore, sei condussero in Napoli . Sapevasi fallate qual gente manometteva la Badia , sapeva delf ambizione del monaco Basilio , e non ignorava , che ([uivi tornato non sarebbe stato dilllcile al Capuano di riaverlo nelle mani, c perciò s’avvisò pigliare altra via : rad- dussesi al monastero di S. Liberatore ove si mori (io35). Egli ha lasciato buona memoria di se ne’ molti codici clic furono scritti per sua cura , c tuttora esistono noll’arcbivio Cassinose. Il Calabrese Basilio intanto voleva il Cassinese regime , e scovcrto il seggio di quella Badia, cominciò a tentare Landolfo dal lato debole; dico nelf amor delf oro. Egli non dubitò entrare la Basilica Cassinese, e quello che Adelgisio ebbe ori-ore di eseguire , fece il corrottissimo monaco : della ricebissima suppcllotlilc della Chiesa fece un fascio, c tornos- sone in Capua a farne al principe simoniaco presente , pcrclu; lo ajutasse a salire il seggio Badiale. Pandolfo trovossi nel bel punto di far suo il patrimonio di S. Benedetto; ma fossi' un tal rimordimento di animo, fosse certezza di acquistar diritto sul rapito , volle in certa guisa coonestare quella intrusione colle esteriori formule di elezione che usavano i monaci. Cbiamonne dodici de’ pili provetti dalla Badia in sua ANNO MXX?(Y. 1.H corie, jx'rcliò al suo cospoUo clclil>cra8sero sul succ-cssore del morto Teobaldo. Ogrumo inleiidc quanto fossero liberi i sulfragii di que’ dodici sotto gli ocelli di Paiidolfo ; Basilio fu scelto a governarli , c di tali promesse c giuramenti si legò il nuovo eletto col principe , clic questi e non quegli poteva dirsi il nuovo abate. Allora si clic perdutamente andarono sconcertate le cose nella Badia ; L’ abate in odio ai monaci , e da questi non riverito; Todino oppressore de’nionaci c dell’ abate , si die non permisegli neppure togliere stanza in monastero. Le iniqull:v di Pandolfo non solo i Cassinosi ferivano , ma (p.ianti gli soggiacevano , perebè uomo malvagio egli era, e in tutta la Cajmana signoria v’era un lamentai-e, ed un cbiedei-c vendetta clic sol poteva venire dall’ imperadore. Questi saputo dello strepito latto dall’ arcivescovo di fidano Ei-ibcrto, clic tra Lodi c Milano unito al vescovo d’Asli Alrico, aveva co’ vassalli di altri principi e prelati miscbialo feroce- mente le mani, già pensava scendere in Italia con poderoso esercito e frapporsi tra que’ discordanti. Ma quelli clic gli fecero rompere gl’ indugi alla calala furono alcuni monaci Cassincsi , ai quali venne fatto arrivare in sua corte ^ rappor- targli de’ mali, die affliggevano non solo la Badia, die godeva di sua peculiare protezione, come camera imperiale, ma anebe lutto il Capuano principato clic miseramente andava in perdi- zione pel mal governo di Pandolfo. Ai monaci inaspriti certo non mancarono le parole. Laonde Corrado, assembrata molla soldatesca, venne in Italia, quotò le discordie, ponendone in prigione gli autori, fra gl’ altri l’ arcivescovo Milanese; e giunto in Roma trovò molti die lo assediarono ed il tempe- starono di querele contra il Capuano. Di là mandò legati a Pandolfo , die innanzi sua venuta restituisse alla Badia quanto di castella c di terre aveale tolto ; questi si tenne su i generali ; con belle parole tenne a bada o mandò colle pive nel sacco gl’ imperiali legati. Allora Corrado, credendosi spregialo da ipiel principe, prese le mosse per venirgli sopra. ■133 STORIA DELLA RADIA DI JMTE-EASSIXO Como si fu sparsa la fama di quosla venuta, e giunsero in S. Germano i minislri a preparare i cpiartieri por l’ esercito , lodino fu l’uomo il più costernato del mondo, rinchiusesi in Rocca di Evandro, ove credeva poter vedere sicuramente quel torrente che gli correva d’ accosto. Al contrario i monaci come chiamati da morto a vita discesero in città , e si posero in sul preparare quanto potesse rendere più splendido , o decorose- le accoglienze da farsi al vegnente Augusto. Giunse linahnente questo tanto sospirato liberatore, c stato un giorno in S. Germano, il di seguente una con sua donna c sua suo- cera al monastero saliva. Orò caldamente sul sepolcro di S. Benedetto, e poi seguito da tutti i monaci entrò in capitolo, ed assiso accolse quei conohiti, che gettatisi a suoi piedi , (i) colle lagrime agli occhi , narrarono delle calamità patite; j)er dodici anni, e del lungo aspettare che avevano fatio di sua persona in cui ponevano ogni loro speranza. L’Augu- sto impietosito a quo’ lamenti, cercò quotarli con belli nioili , loro dicendo, che la sua venuta in Italia non aveva altra cagione che il desiderio di ajutare a loro coma a cosa sua , c perciò si confortassero ad ogni bello sperare. Corrado , dipartendosi da Monte-Cassino, menò seco dodici monaci dei pili provetti, che lui seguissero in quella spc(h’zione, e delibe- rassero sul nuovo abate, dichiarando caduto di seggio il simoniaco Basilio. Intanto Pandolfo col deposto abate rinchiusi nella Rocca di S. Agata, vedendo in qual pericolo versavano, promisero 3oo libre di oro ed ostaggi per non essere inquietati, ma fallito anche in questo la lor fede, e non polendola campare altrimenti, si rifuggirono presso l’imperatore di Costantino- poli , il quale niente più favorevole di Corrado , rimandolli con Dio. Liberala Capua di ([uelF iniquo principe, c tratto di prigione l’arcivescovo che per violenza di lui vi languiva da gran pezza, Corrado al Salernitano principato il Capuano (i) Ville Pcl.Diac.Dcorl.el obi. just. Gas. vii. S^. Gena. cl Guiii. AKSO MXXXVIII. 193 ng^imiso, <1i onlranihi donò la signoria a Gnaimaro ; il qiialo aproiido laniino a più grandi voglio di dominio, o pensando quanto in prosiogao gli sarebbero giovevoli i Nomianni , ottenne dall’ Augusto , della città d’ Aversa e suo contado investisse Rainolfo Normanno. Così Gnaimaro si assoggettò Salerno, poi Amalfi e Sorrento, e fu il potentissimo in ([uesta j)arte d’Italia cistiberina ; e la gente Normanna pigliava forma di nazione, ed a grandi passi veniva a quella grandezza di stato che ne’ venturi anni vedremo. Dato assetto allo coso Capuane, fimperadore si volse a comporre quelle della Badia ; eligere un novello abate, riven- di(;aro il patrimonio dovevasi. Era in corto di Corrado un Bieberio Ilavaro di nazione ed abate del monastero di Leno nel Ib'csciano , carissimo aH’Augusto, intanto , clic in cptclla spedizione sol volle allato, c molto giovossi di suo consiglio , poiebè uomo perito ne’ negozi di stato, c svegliato ei-a. L’ami- cizia doH’imperadore, l’attitudine al governo piaceva al dodici Cassincsi, c perciò pregarono l’Augusto, volesse quel suo consigliere loro concedere ad abate. A malincuore Corrado vedeva togliersi Bieberio, ma tanto fu il pregare, clic lasciollo ai Cassincsi, e fu fatto abate (io38). Bieberio di buon grado da Leno a Monte -Gassino passava; e del favore del principe usò a prò di questo. Ottenne diploma con aureo suggello di confermazione del jiatrinionio di S. Benedetto (i) e la ricu- perazione del tolto e rapito da Pandolfo: e poi recossi alla Badia coi suoi. Il favore imperiale in quelle bisogne era necessario, ma poco sarebbe valuto, lontano TAugusto : tut- lavolta Bieberio sapeva far da se, c non pativa di scrupoli nel menar lo mani, ove fusse stato mestieri, poiebe dell’arte di armeggiare non era al tutto ignaro. E ben gli era necessario fermo e costante animo per reggersi , e farsi temere , essen- dogli vicino il conte di Aquino, die ove poteva, non ristava dal dar guai ai Cassinosi; vicino gli era Cuaimaro, die potente (i) Cliron.Caven. ad aii. lojy — Rcr. Rojra. Scrip, Toni.T. p. iyj. TOM. I. i3 STORIA DELIA BADIA DI MONTE - CASSIXO AOL ora 0 di polciiza cupidissimo, o vicijii i Normanni, elio t'cnlu- riori non oi’ano più, e mosse lo radici, pensavano ad allargarsi ovimqno lussi; sialo spazio. Qnosli; cose sapeva l’ abaio , ed a larsi rispellare e lemere colla menle c colle mani inlendova. Tornalo Corrado in Germania, llicherio cliieso di soccorso Giiaimaro , percliè lo aiiilasse a prendere Rocca di Evandro, clic Icneva per se il Todiiio ; il principe si un'i volenlicri air:i!)a!c^ ina divisando lull’allro di rjuel clic qnesli pensavasi; poiciiè la Rocca ^olova espugnare, c non al Cassinese, ma al conio di Tiano volca farne presonlo. La qual cosa conosciuta Fabale, mosse solo all’assedio della Rocca, che durò ben Ire mesi, a capo de’ipiali alcuni de’ principali abitanli della Rocca spediscono un messo con (piesla proposla : gli renderebbero la Hocca ove voli'sse lornarc loro In Iti i beni che possedevano prima della venula dell’ imperadore , e quelli che possedeva Tedino nella terra di S. Elia e di Tignalaro, c quelli ritenere con tlirillo ereditario. E’ abate consenli a (jiiclle condizioni, e riebbe in sua balia la Rocca. Tedino dato in mano dell’ abate incontrò un malvagio destino; gli fu rasa la barba, ed i capelli, e fu dannalo a cernere la crusca della farina, e a far pane (i). OuabuKjue uomo di riposati spirili non poteva, volendo, tenersi pacilìco in quo’ tempi , mollo meno Rieborio , clic j-ijiosalo non era. Lo scacciato Landolfo di Capua innanzi sua morie non reggendogli l’animo che altri si godesse del suo stalo, dalla speranza di ricuperarlo non era caduto, riucoravalo ancora Landom* conte di A(juino , die apertamente seguiva sue parli. Lerciò questi era in mala vista di Laidolfo conte di Fiano slreltaìucnle unito a Guaimaro, e come gli cadeva in acconcio, alle ostilità Irasandava. Velinogli fatto cogliere alla sprovisla Alenolfo fratello di Landono con alcuni altri, o messili in catene, prima iii 'Fiano, poi in Capua li trasse come per far cosa grata al principe Capuano. Adirò forte per questa presura il conte di Aquino, e falla una mano di Normanni e (i) Leo. Oàl. 08. — Amai. Itisi. Nomi. lib. 2 , C. i3. ma Muxvm. 193 (ìi \ assalii armali mosso ai danni del Tianoso, e campeggiando la di’slra s|>onda del Liri, che non jiolcva guadare, mandò oliiodondo a Richorio il passaggio per le lorrc del monaslero. L’ahale non volle consenlire, evenne ad aperta guerra col conte. Erano in S. Germano alcuni nomini d’arme ai servigi deH’abate, i quali, ribellata la terra di Ccrvaro , fermarono andare alla espugnazione di quella , avendo alla loro tosta Riclicrio, Ma fallita l’ impresa, e ritornandosene scorati, Lan- done incontanente , dopo molto cercare, trovalo il guado, condusse all’ altra sponda i suoi , e furiosamente investi i liadiali , i quali rotti c dispersi lasciarono in liaba del conte Tabale. Intanto Laidolfo di Tiano che veniva ad ajutare Ri- elierio, udito di quella sconfitta , e forse essendogli difllcile il tornare , trasse tutto pauroso al monastero , e temendo clic i monaci jier liberare l’abate, noi dessero in man di Landone, (;oniinciò a pregarli clic non volessero tradirlo, e i monaci con giuramento si obbligarono a mantenere la data fede. Non appena fu fermalo questo patto, che salirono alla Radia alcuni messi di Aquino, i quali rapportarono ai monaci ; se volevano liberare l’ imprigionato abate, e vederlo onorevolmente rimesso in seggio, dessero nelle mani loro il conte di Tiano. I monaci, anello avvi'i’liti da Rieberio, con fermissime parole risposero — Ne vada e vita, e roba, noi non saremo per Iradire nomo, ehe si è raccoUo sollo la noslra fede. Intanto la fedeltà dei A assalii cominciò a balenare, c quei di S. Angelo aporlamenle ribellarono dandosi a Landone. Scorsi pochi di, tulli i monaci, come per solenne ambasceria, mossero a piedi per Aquino e (“Oli molto pianto pregarono Landone, restituisse loro l’abate; ma (piegli non si piegò punto ; e negò loro anche il vedere ed il favellare con Rieberio. Allora Guaimaro, vedendo, come restando prigione l’abate , gli mancava un forte amico , rimandò libero Alenolfo fratello del conte, c cosi anebe l’abalc 111 lascialo andare al monastero. Ai danni successero i i“imedì. Andò Rieberio in Salerno, c strettosi in consiglio con Guaimaro, fu fermalo, che l'gli l'JG STOim DELIA BADIA 1)1 DOATE-CASSIAO senza mollerò loinpo in mezzo, si recasse in eorle daH’iin- peradore , lui rapporlasso delle cose avvcnnle, come tulio il Principalo c la Badia pericolasse , c lo spingesse o a venire in Balia, o a coiicedei’gli mano forlc di soldali. Fornilo dal Saleruilano di tulio il necessario per quel viaggio, l’abale con due monaci e domestici , montò in nave , e pai-lissi. Ma IraA agliaio da fortuna di mare andò a rompere presso il Porlo Bomano, e salvi gli uomini, lutto andò perduto. Lo accolsero umanamente alcuni nobili di Roma, ove dimorò alquanto, e poi da ([uesli gralllicalo di quanto facovagli mestieri al viag- gio , segui suo eorso. Litanto qualche cosa piìi polente deH’imperadoro faceva tornare il senno in testa a Landone. Si appiccò certa pestilenza al popolo di Aquino, che ne uccise ben due migliaia e mezzo, e li“i ([uesti un Siconolfo, che anche teneva signoria nella città, fratello di'i conti Landone, e Alenolfo. A ipiesle calamità cominciarono gii animi a pensare, che i cieli vendicassi'ro cosi riugiuria arrecala all’ abate Lassincse; e presi da forte pentimento del fatto, come poco tempo innanzi colle spade in pugno avevano corso il patrimonio di S. Benedetto, ora i due conti di Aquino, legatisi al collo le vesti in segno di corruccio, e ad alla voce chiamandosi colpevoli deirollraggio fatto all’ abate ed al monastero, salirono alla Badia, ed in segno di vei’o pentimento, tornarono ai monaci la ribellala terra di S. Angelo. Lietissimi i Cassinosi di questo pubbliche penitenze spe- dirono messi al loro abate, per rapportargli, come le cose ])iegasscro a meglio, e come fusse tempo a tornare. Riclierio, raccolti in Lombardia ben eim[ueccnlo soldati , venne nel principalo Capuano, ed abboccatosi con Guaimaro iniorno al farsi; (piesii temendo sempre di Landolfo caduto dalla signoria capuana; lo persuase a tornare donde era venuto, e ad assol- dare pili poderoso esercito conveniente alle loro bisogne. Cosi fece l’abate, (i) (i) dir. Leo. Osi. AHI) MHXVili, l'JI Essciiilo lonlaiioRidicrio, lAasilio cominciò a ravvicinarsi alla porilnla lìadia, per tentare il guado, e vedere se poteva ri[)igliarne 1’ agognato governo. (Jne’ conti di A(piino non ricordando piò della peste, e delle vesti che si ehhei'o legale al eolio per penitenza, non dnhilarono di lare spalla allo ainhizioso monaco, che per alcuni giorni giunse ad assapo- rare di nuovo i gaudi del comando. Oneste inlrnsioni non piacevano a Gnaimaro, perchè si apponeva, che IJasilio colla signoria Cassinese avrebbe adòrtilicali gli spiriti all’ espulso Pandollb , e lo avrrehhe l'atto piii osare. Laonde raccolto un buon nodo di Normanni, li mandò contro ai conti di Aipiino; della qual cosa impauri Basilio in tanto , che di notte tempo se ne calò dal monastero, e rijiarò alcun tempo in Aipiino. Dia temendo sempre di lui il principe Gnaimaro, per ipietargli le voglie del comando, lo lece preposito del monastero di S. Benedetto di Salerno, soggetto al Gassinese. Dopo due anni se ne tornò di Lamagna abate Uicherio con piò jioderoso esercito, c cominciò subito a dare assisto alle cose sue. Poiché in varie castella Cassinc‘si era presidio di Normanni, Fabale visilolle tutte, e tolse dacpiesti giuramiMito di ledellà, e di soggezione. Siiputo che nella terra di 8. Angelo macchinavasi nuova detlizione ai conti di A([uino , pieno ili sdegno v’andò co’suoi soldati, imprigionò i capi della tejilala ribellione ; e perchè in "prosieguo non fosse luogo a nuovi ardimenti, eguagliò al suolo le mui-a ed il castello. Un tempo furono chiamati i Normanni a presidiare li? terre della Badia, ora volevano signoreggiarle; e poco curando dei giuramenti di soggiacei’e all’alvale, no’ castelli si tenevano in punto di signori ; ed apertamente fallendo alla f ‘de data , si andarojio a fortificare nella Rocca di S. Andrea. Ciò fu pubblico segnale di guerra tra loro, e l’abate. Ora mentre passavano questi mali umori, avvenne die il conte Rodolfo alla lesta di non pochi Normanni lutti armali apparve all’ im- provviso in S. Germano, e si fece alla corte deU abale ; (piali ]X‘iisi('ri covasse in animo, ignoravasi: ma argomenU') il STORIA 1ÌELL\ RIRIA 1)1 FIDATE -CASSlAfl iOS popolo dalle armi o dal numero dei venali, (piella non essere visita di amici, ma di nemici venali o per accidere o per imprigionare Fahate. Corsa qaesta voce, loslo pi’orappero gli sdegni. Era entralo Rodolfo co’ suoi nella Chiesa per orai-(', lasciate jK'r riverenza le ai’inl fuori le porle , ([aando sahila- raenlc i servi della Badia dettero di piglio a quelle armi, e suonarono a stormo le campane contro i Normanni. Quel suono radunò tutto il popolo, il quale con molta furia, apcuAe le porte della Chiosa, colle armi alla mano si gettò sopra ai Normanni, (juindici di loro caddero ammazzati, gli allià fug- gi l’ono, od ove non fossero sopraggiunli i monaci a frenare quella rabbia di popolo , anche Rodolfo avrebbe perduta la vita. Lo presero i Cassinosi, e sei condussero sul monastero, ove lo tennero prigione. Sparsa la voce di questo fatto , c della prigionia del conto, prese un grande sconforto i Normanni, e tutte le terre da loro occupate tornarono in soggezione dell’ abate , fuori del castello di S. Vittore e della rocca di S. Andrea. Ma dopo po(dii giorni venuti in ajulo dei monaci i conti de’ Marsi, fu ricuperato S. Vittore. Era in piedi S. Andrea, e dentro erano i rimasti Normanni e la moglie del conte Rodolfo paratissimi ad ogni difesa. Grosso e minaccioso abate Rieberio appropinqua- va,ed adempiuto agli idlicidi perito e forte capitano, disponeva le obese ; fit combattuto acremente per (piindici giorni. Leggo nelle antiche Croniche (i) che S. Benedetto visibilmente com- battesse contro 1 Normanni, rivolgendo contro di essi stessi le frecce e 1 giavellotti che scagliavano contro i badiali. Fatto fu cb(‘ stretti c stremati i Normanni, Fabate li costrinse alla resa , patteggiando, loro dovere deporre le armi, sgomberare la terra senza portare le bngagiie e il denaro, e giurare non armeggiare in prosieguo contro, ma sempre in favore della Badia. Cosi fu fatto: S. Andrea fu tornalo a Rieberio, e gras- samente botlinaiono i badiali. Domi 1 Normanni, ed avulon<> (i) Leo Osi. — Amai, iiisl, Normaini, de. — DcsiJc. DIalog. 2 , ANNO MXXXVIII. 193 giiiramcììlo ili ainieixia, il Cassinoso non si addormì su lo promesso, conoscendo, che popolo, il quale è in sul conquisto, malamente ralTermasi a mezzo corso. Però quant’erano terre |)er la Padia circondò di mura e di torri , gli uomini del contado in quelle rinchiuse a difesa: della terra di 8. Angelo A ollj farne sua principale fortezza ; levò dalle fondamenta le gicà distrutto mura, e come è a riva del Rapido, sid fiume gittò |)oiite di pietra solidissimo, ed a capo di quello levò torre munita, che ne guardasse il passag;gio.Ciò fatto, rmalmcnte alle istanze di Guaimaro di Capua e di Drogone Normanno conte di Paglia, che il vennero di persona pregando, tolto il riscatto di niillo tareni, lasciò libero il conte Rodolfo (i). Non poteva in pace comportare Pandolfo già princi|)c di Capila, vedere Guaimaro nel posto suo, e sebbene gli fusse tallito altra volta il colpo, non cessava di macelli nare il modo a venire a capo del suo intento. Tenne discorso co’ Normanni, che certo non ancora avevano obhliato del fatto di 8. 8alva- dore : venissero con lui in federazione , le armi adoperassero a rimenarlo sul Irono di Capua , ed a compenso prometteva loro concedere le terre della Radia. Accordatisi in tal guisa Pandolfo co’ suoi alleati, campeggiarono la terra di 8. Pie- Iro-in-flne, là dove gii Appennini si ravvicinano, c poi in due braccia si sprolungano quinci e quindi verso il mare, c verso l’Abruzzo. Quivi allo sbocco della valle di 8. Germano minaccioso fcrmossi il fuoruscito, e jiaravasi quanto che fosse a romperv i violentemente. Questo fu coljio inaspettato per RìcIkm ìo : mentre [leusavasi, le cose dovci'c amlai’e composte, vedevale scompigliate, e minacciarlo di danni. Da ogni banda accorre- vano al monastero i vassalli portando seco le piìi care cose , che si avessero, per porle in serbo in quel santo luogo contro la ra[)ina de’ venuti. L’animo dell’abate a (piella vista scemava di spirili, ed ai monaci prese il piìi grande timore ; che il (i) Lih) Osi. — Amai. Risi. Nonnan, 200 STORIA DEH A RAIIH DI MONTE- CASSILO solo nome di Pandolfo era per loro formidabile, taiil’eia la memoria de’ passali mali. Jk^alzo il piede, con fune al collo andavano su per la vetta del monte in processione di peni- tenza, cantando le litanie, visitavano le varie Chiese clic vi erano, chiedendo il divino soccorso, compunti di altissima costernazione. Venne il soccorso donde meno il pensavano. Languiva nelle prigioni di Capua Atcnolfo conto di Aipiino, forse succeduto al fratello Landone in quello stato : egli crasi fatto nominar duca di GaeLa, ed iGaetani sotto suo reggimento cransi mossi contro a Guaimaro , gelosi dello ingramlire di questo : ma rotto in campo , cadde prigione in maiio del Capuano. Or come costui forte c hallaglicro uomo si era , propose a Guaimaro, che ove il lasciasse libero, egli avr(‘hh(3 rintuzzata la potenza del rivale Pandolfo, e filila salva la badia Cassinesc. Assentiva il principe , ed Alenolfo , mentre che i monaci intendevano a quelle umili supplicazioni , fecesi all’ abate offerendosi a sua tutela, e per meglio menarlo in suo consiglio, venne in Chiesa, c sull’altare di S. Benedetto pose un calice d’oro ed una sacra veste di aureo broccato, llicberio anche senza i doni sarebbesi acconcialo al volere di quell’ al- lealo , e perchè i vassalli corressero sotto le armi volenterosi come per difesa di Religione , presentò Alenolfo d’ un bel cavallo riccamente bardalo e di lucida armadura, e gli pose in mano il gonfalone della Badia, dichiarandolo difensore di questa. Le quali cose falle con gravità di modi, e di parole , grandissima concitazione misero in petto di quel nuovo Camil- lo, c molto fu l’accorrere de’ vassalli ad assembrarsi sotto lo stendardo Cassinesc che nella mano di Atcnolfo sventolava. Procedeva questi grosso e l)cn rannodato ad urlare nelle schiere di Pandolfoj ma questi o pel minore numero de’ suoi, o perchè animali vedesse da pensiero di religione gli avver- sari, pensò levare gli accampamenti, c sgombrare senza che fussc fallo pericolo di valore. Allora Atcnolfo (i) tornalo in ( i) Leo. Ost. AMO MXXXXVII!. 201 man doirahate il gonfalone, andossone al suo Ducalo di Gaeta, e quegli fu tolto da forte tribolazione. Cessalo Pandolfo, venne in campo il conte di Tiano, Vicino al suo stato era la rocca di Evandro che locala sul dorso di monte in que’ tempi era credula acconcia alle muni- zioni , e desiderata ; e non poco aveva adoperato l’abale , ora ])or ricuperarla, ora per conservarla. Il conte la voleva senza effusione di sangue , e prima che al Cassinese ne venisse notizia, voleva locarvisi. Mandò segretamente dicendo ad un Ardemano fratello di Richcrio , castellano di quella fortezza , e perciò Bavaro anche egli , e di tutta la costanza teutonica munitissimo , che in una stabilita notte volcsscgii aprire le ])orte della rocca , ed oltre a buona copia di oro, riccu crcljbe il guiderdone della sua propria sorella in isposa. Il Bavaro per nulla smosso dalla fede data al fratello, risposo : piegarsi a quelle condizioni , venisse e la rocca si togliesse senza impedimento di sorte; e intanto pensava di tirarlo cosi al laccio. Infatti, fattosi alle porte del castello il Tianese , con aniicbe sembianze Ardimano gliele apriva ; ma non ne aveva ipicgli quasi varcale le soglie , che se le intese ad un tratto sbarrare alle spalle, e da signore trovossi prigione del Castel- lano. Come si fu sparsa fama di questo avvenimento , tutta la lamiglia del conte di Tiano fu messa in grande sconcci-to , e pregò Guaimaro , perchè volesse frapporsi a racconciare quella bisogna ed ottenere dall’ahate la liberazione del conte. A tale oggetto trassero a Monte -Cassino il conte Pietro ligUo di un certo Gisulfo , e il conte Landolfo figlio di Pandolfo conte e principe (forse quegli che fu signore di Capua) i conti Pandolfo e Ruggiero, e Leone uomo illustre figlio di j\lansone, i quali ossequenti si fecero all’abate pregandolo della libera- zione del signore di Tiano , anche a nome di Guaimaro. Richerio vedendosi onorato di sì illustre legazione , pic'gossi c rimandò satisfatti que’ conti in ipiel che chiedevano, i ([uali giunti in Tiano al cospello del Giudice Pic'tro scrissero una caria colia (piale dicevano : i Tiaucsi signori rinunciare a m STORIA DELLA RADIA DI MONTE -CASSlSO qua] miquG protensione sulla rocca di Evandro e sue portinon- zo, a ciò confortali dal Tacile e cortese assentire di lAiclierio in rilasciare il conte ; ed ove gli credi di loro osassero in prosiego usurj)ai'e un jionnidla di (piclle terre, loro e gli eredi obligarsi alia soluzione di cento libre d’oro ai successori di Rieherio. Restava persuadere il castellano Ardemano a rilasciar libero il conte; e non fu opera tanto facile, stante che egli non voleva sapere di legazioni , e d’ intercessori ; solo sapeva che quegli che era venuto a corromperlo ed impossessarsi del castello non dovevasi in conto alcuno rilasciare ; amò meglio ribellare, e dare la rocca ai Normanni. Ma Rieherio, avutolo nelle mani , non so come, ordinògli, che mandasse libero il conte , e quegli di rimando ordinò ai terrazzani , che non aprissero le porle allo stesso abate. Fu minaccialo il Bavaro, ma invano ; fu messo su d’ima graticola di ferro (forse specie di tortura ) ed egli non disse ne’ tormenti parole di dolore , ma voliosi a quelli della rocca, gridava : Allora arrendeto la Rocca, ed il conte, quando mi vedrete esalare lo spirilo. Vedendo così inespugnabile la costanza di Ardimano, Rieherio crolla forza fecesi ad aprire la rocca , e liberò il conte. In mezzo a questi nemici ben si reggeva Rieherio, perchè aieva senno e forza, e dei favori imperiali non dubitava. De;’ quali ebbe in quest’anno nuovo argomento (lo^y)- Erano avvenuti molli scandali nella Chiesa di Roma per simonia , peste che disertava molto in quel tempo la vigna del Signore; Errico III succeduto a Corrado, era venuto in Italia per metterò fine alle iniquità che si conuncllevano sul seggio di S. Pietro. Io parlo di Benedetto IX, Silvestro III e Gregorio VI, papi lutti e tre ad un tempo, e come simoniaci deposti nella Sinodo di Sutri(i). Coronato Errico imperatore ed uscito da Roma venne a Monte-Cassino. Gli furono fatte onorevolissime accoglienze: ed egli per rimeritarne i monaci, e testimoniare la sua devozio- ne verso S. Benedetto, offerì sull’altare del santo una pianeta (i) Leo, Osi. Lib. 2. Gap. yy. ANNO Mnnix. 200 tìi porjìora (iiUa ricca (l’oro c di gemmo, e poi convenuto co' monaci nel capitolo, donò a questi alcune lil)i‘e d’oro, e rao comandatosi alle loro prcgliierc, trasse a Capua. Quivi pregato da liicliciao, spedi diploma con suggello d’oro a favore della Badia (i). (104.9). Dopo due anni furono i Cassinesi onorati d’una visita del santo Pontcllce Leone IX, il quale tra ])er dare ascolto ai richiami de’ Pugliesi mal governati da’ Normanni e li’a per divozione a S. ]\lichcle, di cui andava a visitai'c il san- tuario sul Gargano, volle recarsi in Puglia. Tornando da quel pellegrinaggio, sali alla Badia con grande divozione, e venne riverentemente accolto dai monaci. Era il di delle Palme, e nella Basilica Cassinese celebrò messa solenne; poi umilmente si assise a mensa co’ monaci nel refettorio: ed essendo andato in capitolo , come era costume dopo il desinare , a pregare , tenne un bel ragionamento ai monaci, loro riferendo grazio delle; accoglienze avute, e promettendo tutto faro per la esal- tazione di quel sagro luogo, llicberio no volle le pruove : e tosto che il Pontefice si fu tratto in Roma, gli venne ajipresso, cb ledendolo dei soliti privilegi di confermazione; e ne ottenne ipuittro , coi quali il papa torna in soggezione della Badia la Chiesa di S. Stefano di Terracina, pubblicato dal Gattaia; fa una generale confermazione dei beni della Badia; mette sotto la giurisdizione del Cassinese il monastero di S. Croce in Gerusalemme; concede ai Cassinosi che la loro nave fosse francata di ogni peso di pagamento , allorché approdava al porto Romano. Di questi privilegi uno solo è Inedito , che riportiamo tra i documenti coll’ altro riguardante il porto franco (2). Questi favori dispensò papa Leone ai Cassinosi nella prima venuta alla Badia, e nella seconda quando andava a combattere in Puglia i Normanni. I Normanni nel pi-Imo arrivare in queste regioni erano saliti nella stima de’ principi Longobardi pel valore e la fortezza con cui guerreggiavano, e come soldati di ventura a ipicsto (i) Gali. Access. Itisi. Tom. i. (T Dipi. Urig. Caps. ii.**!!." i 4 - lii- 1 G. Caps. 5 ." a.” 22. 2()i STORIA DELLA RADIA DI MONTE -CASSILO C(1 a (j noli’ al Irò signore prestavano ro})cra eli loro, che non i’alliva. Ma (piando j)cr richiiisla di Giiaimaro IV l’alLa aH’iin- pcn’adorc Corrado s’ ebbero la ixivestitnra della contea di Aversa, levarono gli animi a’jxjnsieri di signoria, ai (piali aiutava la fiaccliczza del greco baliaggio nelle Paglie c nella Calabria , cd il cadere c spegnersi della razza Longobarda. Chiamati dal capitano Giorgio Maniace , che |X}r Micbclc Pallagone imprendeva la cacciata de’ Saraceni di Sicilia , vi andavano alleati : da prodi si comportarono in quella spedi- zione, la Sicilia tornò ai greci ; i quali negando ai Normanni la parte del bottino, li concitarono a sdegno tale, che di alleati fatti nemici , conquistarono la Puglia , e Guglielmo Braccio di ferro fu intitolato conte di quella regione. Bicevuta l’ inve- stitura da Errico III ( nel i o^b ) del conquistato paese , se ne assicurarono il possesso, e questo aumentare sforzavansi. Nel- r ardore del conquisto gli animi de’ Normanni cominciarono a stemperai'si , c cessato quel primo sentimento di religione, quando abbracciarono il Cristianesimo , per cui i-Lspettavano grandemente c luoghi, c cose sagre, cominciarono, come fu visto nel fatto delle castella Gassinesi, ad essere verso di (pielli inferenti e rapaci. Stesero anche le mani sul patrimonio di S. Pietro; lo che non potendo comportare papa Leone divisò ricuperare per forza il tolto per violenzxi. Erasi egli jxirtato in Germania, e di là vennesene in compagnia di Golfredo duca di Lorena, e di Federico fratello di lui con grosso stuolo di armati di cui era nerbo 700 Svevi, e poi attraversando l’Italia, moltissimi accorsero sotto le pontificie insegne ; sicché il ])apa si credette abbastanza forte da scontrare presso Dra- gonera in Capitanata il fiore de Normanni e tutti cima di battaglieri, non ni cujusquani Norlhniannorwn seu aliquo- rum hominum inleriiwn optarem, aut mortem tractarem; sed ut saltem humano terrore resipiscerent , qui divina judicia minime formkkint [\). Ecco qual era la mente del (i) Episl. ad Colisi. Mouo, Coll. Couc. Mansi. Tom, 19. 667. A\NO MXXXXIX. m ponlofico ancìanlc a combaUcrc i Normanni. Dio non I)cnc(lissc allo sforzo dol pontefice, egli vide rotto e sfatto il suo esercito, e cadde in mano de Normanni, che con tutta venerazione il lennero appo loro, e rpiando lo videro forte infermato pel crepacuore , Umfredo con molta comitiva di Normanni salvo lo condusse in Benevento, indi a Capua, e poi nel Latcranese palagio. Chi mi legge intende hene clic i Normanni erano poderosi di braccio, ed astuti di mente. Nei dodici giorni che papa Leone dimorò in Capua pel lagrimevole fatto di Dragc- ncra contristato, più gravemente infermò : e innanzi muovere per Roma, diserto, come vedevasi de’ suoi, c solo circondalo da nemici, volle alcuno di sua fiducia a compagno del viaggio, e questo fu abate Richerio, che lo accompagnò fino a Roma, ove, scorsi pochi giorni, il S. papa rese lo spirito a Dio. (i) Prima che morisse Leone, aveva spedito a Costantino Monomaco tre suoi legali Umberto cardinale vescovo di Selva Candida , Federico arcidiacono e cancelliere di S. Chiesa , e Pietro arcivescovo Amalfitano , per quietare la ribellante Chiesa di Costantinopoli , e chiedere all’ impcradorc ajuto contro i Normanni ( 2 ). Difficile deputazione era questa, che i legati vollero confidare a Dio , imperocché messisi a quel viaggio, passarono per Monte-Cassino, e caldamente si racco- mandarono alle preghiere de’ monaci. Udito della morte del papa se ne tornarono i legati portatori di preziosi doni che l’imperadore faceva a S. Pietro, e di due libre d’oro che il greco per divozione a S. Benedetto mandava offerendo alla Badia , promettendo ogni anno rinnovare quella offerta (3). Di questi doni poco o nulla rimase ai legali , perchè Tra- smondo conte di Chicli , fu loro addosso e li rubò di quello che portavano. Intanto l’impcradore Arrigo, vedendo, come Goffredo duca di Lorena grandemente cresceva in potenza pel matrimonio che fece con Beatrice duchessa di Toscana , c come poteva (i) Leo. Ost. ( 2 ) Vit. Leo. IX Mausi Colt. Coiic. (3) Leo Osi. 2 . 88. STORIA imi\ IIARIA III AIOA'TE- CASSILO ?Of) (Ii corio venire aH’iinpc'ro d’ Italia: coinincic') ad avere certi sospetti intorno alla papale ambasceria a Constantinopoli ; e leinette, che Federico cardinale! Iratello di Goffredo non por altro fosso stalo cosi regalalo dairiniperadoro, che por ajutare con quello riccliezzo le ambizioni del fratello. Concepì grande odio contro Federico, e mandò dicendo a papa Vittore die io ponesse in carcere. Costui c por causare l’ira di Arrigo, e percliè In questo fatto conolibe la variabile c fallace natura tiegli uomini , preso da fastidio delle cose del mondo , fei-inf) rendersi monaco in Monte-Cassino. Apri sua mente ad abate llicberlo che versava in Roma, il ([naie con allegro animo lo accolse , e lo mandò alla Radia. Poco dopo sopravvenne Fabate, che andava non so dove con certi legati deJl’impera- dore, il quale fattosi venire innanzi Federico, al cospetto di (piedi, veslillo dell’umile sajo di monaco. Quasi che ancora temesse di Arrigo , il nuovo monaco , si condusse In piìi remoto luogo, con licenza dell’abate, nel monastero che era mdl’ isola di Tremiti, donde poi si parti, essendo venuto in odio per libera censura di certi vizi che trovò in quella Badia, c si ritrasse in quella di S. Giovanni in Venere nel territorio di Lanciano in jVliruzzo ; poi a Monte-Cassino tornò. Spesso avveniva in que’ tempi , che alcun principe o barone venuto all’estremo della vita, chiedeva vestire l’abito monastico, e con quelle vesti di penitenza morire: e In queste vestizioni fatte al confine della vita solevano i morenti signori fare delle grosse olilazioni alla Badia a cui intendevano aggregarsi. Era gravemente infermo Trasmondo conte di Cbieti ( quello che rul)ò i legati del papa ) ricco e poderoso signore, il quale preso da questo pio desiderio, ne fece con- sapevole abate Rieberio , pregandolo , venisse a lui , perchè voleva divenir monaco, od offerire a S. Benedetto tre castella MonteAlberico, Frisa, e Muda, silo nel territorio di Chieti colle loro Cliiese e torri , le (piali, volendo prestar fede a Leone (i) (i) Leo. Osi. 91 . AMO DLV. 501 il eroiiisla , Ix^n cinque migliaia c mezzo di moggia , olire ad altre cinquecenlo con due alice Chiese. L’abate a queste novelle , mosse subito con alcuni monaci per raccogliere le ultime volontà del conte: ma per via gli si mise sopra una febbre ardente, la quale, giunto a Pescara, forse prima di Trasmondo, lo tolse da questo mondo. (loiili) I monaci che 10 accompagnavano, senza mettere tempo in mezzo, presero 11 corpo di lui, c lo portarono nel monastero di S. Liberatore, e lo seppellirono là ove era quello di abate Tcobaldo. Come l’iseppero i Cassinesi della morte del loro abate, si radunarono in capitolo per la elezione del nuovo, c Lillo lo squitlinlo, quasi tutti convennero nel creare in abate un certo Pieiro, monaco che non aveva l’eguale per religione , e sanla onestà di costumi. Il quale vecchio che era ed umile , rappre- sentava agli elettori, come que’ biancbi capelli accennassero a povertà di forza ed a bisogno di riposo. I pochissimi contrarli della elezione del vecchio Pietro, vedendo come costui voleva sottrarsi al peso che gl’ imponevano, elessero ad abate Giovaimi detto ilàlarsicano allora proposto del monastero di 8. Benedetto di Capua : ma questi tra perche non voleva salire tanto alto , e tra perchè non gli pareva potesse reggersi con sì pochi suffragi, solennemente protestò, non volersi arrendere alla volontà di que’ pochi. Pietro adunque contro suo volere fu abate, ed il principe di Gapua Pandolfo V. approvò la sua elezione. I miei leggitori avran dimenticato di quel Basilio Ceilabrese, che moriva di voglia di essere abate, e che per quetarlo Guaiinaro gli dette a reggere il monastero di Salerno. Ora è a sapere, che costui travagliato dall’ ambizione , ed allisando tutto giorno l’Abazia Cassinese, tosto che seppe, che in Monte-Cassino trattavasi di scegliere un’abate, si dismise dal governo del suo monastero, venne in Capua e pregò Pandolfo, che volesse favorii lo a salire il seggio Cassinese : ma giunse tardi, perchè Pietro già era abate. Allora il principe lo volle pri'poslo di 8. Benedetto di Capua, ma i Cassinesi non vollero consentire, e così l’ambizioso monaco, per aver mollo, tutto 20S STORIA DELLA RADIA DI MONTE- CASSILO |K'V(loUo. Egli, conio por tlimostraro non avoro perdalo il tlirillo doll’Abazia Cassinose, aveva rilonula presso di se fino a quel giorno la verga pasloi’ale : ma ora vedendosi a cosi mal parlilo , Irassc a Monlc-Cassino , c lasciò quel segno d* ambilo comando : per lo che Pielro, làpiilandolo penlilo dello coso operale lo mandò a reggere il piccolo monaslcro di Valle luce. I Normanni che non polellcro colle armi domarsi da pajia S. Leone IX. lenevano la cima del pensieri di papa Viliore 11. che mollo lemeva di loro. Ove l’abale Cassincse fosse sialo uomo alla romana corte dcvolissimo ed esperio delle umane cose , pensava il pontefice, poterne usare come di buono strumenlo a lenere in rispello i Normanni, c perciò divisava, dopo la morte (liRicbeiio, egli stesso scegliere e creare il nuovo abaie. Ma i monaci, o che avessero risaputo qualche cosa dei papali divisamenli , o che tale era il costume, subllamcntc crearono Pielro ad abate, e non dettero a Vittore tempo a faro quel die voleva. L’eletto era un santissimo vecchio, ma delle cose di questo mondo non sapeva punto; (i) e per reggere in quei tempi la Badia colla vasta signoria era meslieri un uomo di altra tempra quale lo voleva a ragione il papa. Il quale di malissimo animo portando la subita elezione de’ Cassinesi , scrisse a questi una lettera tutta dolcezza , poi un altra aspra di rimproveri, perchè erano corsi a quella elezione, non fattone consapevole Fimpcradore. Due monaci al papa, due all’impe- ratore andarono legati per sopire gli sdegni. Vittore non quietava, voleva un altro abate: ordinò, si recassero in sua corte abate Pielro con dodici monaci, a i*endere ragione della fatta elezione ; i Cassinesi ubbidirono ai papali ordinamenti ; ma solo dopo due giorni ebbero l’entrala nelle stanze del papa, il (piale , avvegnacchè loro facesse molle onoranze , pure messosi in sul dire, sul volto gli compariva l’acerbità dell’ani- mo. Non so de’ ragionainenli ; concliiuse Afillore, tornassero a (i) Leo. Osi. ANXO AILV. 21)3 a Monte -Cassmo, e quivi o liii stesso, o |)apali legali si aspettassero, elio porrebbero ad esame la elezione, e defini- rebbero. Erano appena giunti nella Badia l’ abate e i monaci , quando arrivò nel di di Pentecoste Umberto cardinale vescovo di Selva Candida, Legato del papa con questa deputazione: esaminasse la elezione di Pietro , e riuscendo a trovarne il destro, incontanente, lo deponesse ; di apostoliche scomuniclie punisse i monaci, se riluttanti. 1 Gassinesi tenerissimi del diritto di eligere gli abati, fino a quel tempo mantcìiulo invio- lato, (i) furono turbai issimi alla vista del Legato. Meglio non potevano statuire i congregati, ma Pietro non andava a sangue a papa Vittore. Questi sentiva benissimo qual valore si avesse la investitura data ai Normanni daU’antecessore Leone IX, e quanta influenza poteva esercitare la Badia ne’ paesi oggi foi-manti il napolitano reame , e perciò voleva nomini di sua fiducia nel regime Gassinese , che in ogni pertui-bazione di cose papalini fossero, e diceva, che Pietro non era uomo adatto a ministrare cose secolari ( 2 ). La dispiacenza mostrata da alcuni monaci per l’elezione di abate Pietro , fu l’appicco per Vittore a gridarle contra. Umberto assembrò lutti i monaci in capitolo, e loro disse, che di apostolica benedizione li avrebbe benedetti , ove si mostrassero figli di obbedienza. Non altro ; e poi andonne in Chiesa a celebrare i santi misteri il giorno di Pentecoste. Nel di seguente, convenuti i monaci in capitolo, Umberto tolse gravemente a dire dell’obbietlo di sua venuta, e delle cose rapportate al pontefice della elezione di Pietro , e del discor- dare degli elettori. Assursero i seniori di quell’adunanza ed ( 1 ) Ita ad subjugandam sibi violmtcr Abbatiam animimi papa intenderat, cum numquam aliquis ante illum Romanorum pontificum hoc attemptaverit : sed libera ab initio jiermanente ; abatis quidem electio monachis, papw vero sacratio tantumodo jiertinueril. (2) Amalus llist Nor. TOM. I. 14 210 STOllIA ilELLA HADIA DI AlOHE-CASSlAO un tll loro ])or luUi fraocamonlo jm oIosIò. « La ('lozione cL'll’ <( al)alc Cassincsc essere un dirillo, elio aulorilà di Regola, <( concessione apostolica addice ai soli monaci c non ad altri (( che sia , e la loro Badia per di^ ina disposizione non assog- (( gettai’si ad alcuno, libera tenersi; nella elezione leste falla (( concordemente , valida, e canonica, aAcr essi procedalo a (( lenor di Regola , e di poiitillcie permissioni ; niente di (( ambizione passarvi ; in nessuno piìi di Pietro onesto , pio e (( iiK'glio fornito di AÌrlìi poter essi abbattersi, poiché nolente, c: e riluttante crasi sobbarcalo al badiale nllicio, e talli di (( nn animo essere stati in (olcìlo preposto; allo discordie ed (( ai Inmnlli non essere osi per divina grazia; non essere per c accettare alcun altro ad abate, (pud ampie fosse comando che (( Ae li sforzasse. »A1 libero e forte protestare di ([ne’ monaci, il Acscovo credette per ([nel giorno fiacca l’anlorilà di legato; non fece motto, e sciolta l’adnnanza, andossene alla dimessa. Alle ai’dile [larole snc(‘essc rotta e s(;ompnsla opera di alcuni monaci , i ([tiali , persuasi che alle volontà papali sarebbero soggiaci ali, pensarono violento argomento a tenersi nel dirillo. S[)edlrono messi per la signoria, i ([iiali, divulgando la venata di Umberto ponliricio b'gato come depalato a deporro il buon abate Piero, all’ armi concitassero i vassalli, ed alla Badia a(?corressero per Islornare colla forza il vescovo da (pici di- s(\gno. Cosi fa fatto, e nella sesta feria di Penlecosle molto popolo fecesl alla Badia li-emenle e dimandando di coloro che volevano fare ingiuria al loro abate, per porli a morte. Stupore colse il restante de’ monaci, che di ([nel moto ignora- vano, timore il legalo, prndenza soccorse abate Piero. Questi, mansueto che era, con dolci e dimessi modi cacciossi lra([nelli armali, e con pri('ghi stndiossi farli rimettere dal disegno, c rimandai’li alle loro case, dicendo, che nulla contra a Ini crasi fatto, ma [)cl rollo loro operare pinltosto sarebbe stato dimesso di carica. Intanto Umberto tratti i monaci nelle badiali stanze, della tentata violenza lamentava, il carattere di l('galo ricor- dava. 1 monaci si purgavano di ([nel snbilano concorso di ANNO Alivi!. 211 armali, elicendo, lauto ignorare dei come fosse avvenuto quel molo, che piiiUoslo assentivano alla deposizione di l’ielro, che averlo ad abate per volonhi di popolo tumulluanle. Così aggiunti gii ulllci de’ monaci a quelli di Pietro, fu cessalo quel turbine: i monaci che l’ ebbero provocato furono deputati ai gasligbi; e Pietro sull’ altare di S. Penedetlo pose la vei’ga l)adiale come in segno di rinunzia. Gli animi si raccostarono. Si venne a novella elezione: e i monaci ed Umberto consen- sienti, Federico di Lorena fratello del Duca Golfi-edo fu scelto ad abate (1007). Costui era tale quale desidcraAalo il pontefice, fu molto ai fianchi di papa Leone nella spedizione contro i Normanni, c perciò dei disegni di lloma verso ipiel popolo e la regione die occupavano, conoscitore e fautore. An-ogi , che avendolo l’ imperadore depresso, il pa]>a ( come era necessario alle sue bisogne) per rutlìcio badiale il vàde di nuovo levato in posto, in cui ad ogni suo cenno poteva rendergli buon sei'vigio. Nè è a credere clic tui-bolcnti ed ambiziosi disegni covasse in animo il buon pontefice, vedendo come ogni mezzo cercasse a fortificarsi. La elezione di Federico fu tutta opem del generoso e forte monaco Ildebrando , che con islupenda provvidenza andava rilevando la inferma autorità ponlilicia, scemando di forza la imperiale. Ma di ciò più dilfusamente in prosieguo. Gridato abate Fedeiàco per lalladia, tolti a compagni otto monaci, una con Umberto vescovo andossene in Toscana ove era Vittore. Il ([naie non è a dire con quanta allegrezza l’accogliesse, lo levò al grado di cardinale presbitero del titolo di S. Grisogono, poi sacrollo abate, gli confermò il privilegio di poter usare delle insegne de’ vescovi come de’ sandali, de’ guanti, di dalmatica e di altro ; confermò le concessioni tutte vlegT altri pontefici a prò de’ Gassinesi abati in pei’sona di Fedeiàco; c tutto ciò in un privilegio pubblicato dal Gattola. Gosì onoralo dal papa, l’abate tolse commiato e vennesene a lloma, ove nella Gbiesa di S. Pietro celebrali i misteri , da mollo popolo seguilo, tolse il possesso della Gbiesa di S. Griso- 212 STORIA liEU.A RIDIA DI MOA'TE-CASSIAO gono, (Iella (|nalc era iiililolato. In grande ripiilazione era salito Federico per Tosare che avevano fatto di lui i pontefici nelle difficili legazioni, per regia parentela, e per desterità nei negozi, e però grande era il coi’teo che si aveva di cherici e laici, i quali lo tenevano come uomo di tutta venerazione degnissimo. Disposti cosi gli animi a suo favore , giunse in Roma Bonifazio vescovo di Alhano rccatore della nuova , papa Vittore in Firenze , essere da questa ad altra vita trapassato. Federico che era in sul partire da Roma, a questa novella ristette, per provvedere alf (lezione del nuovo papa(i). Allora, molti cherici e laici cominciarono a frequentare la casa di lui, chiedendolo di consiglio intorno a quella dilllcile bisogna : ed egli propose, che la scelta si facesse tra Umberto vescovo di S. Rulina, il vescovo di Velletri , quel di Perugia, quel di Frascati, ed Ildebrando suddiacono di S. Chiesa. Ma quelli non si quietarono a quel consiglio, non perchè non fossero idonei a quell’ ufficio i proposti, come narra fOsticnse, (perche era tra questi anche Ildebrando, e bastava) ma perchè avevano già fermato crear papa essoFedciàco; il quale, come gli ebbero manifestato loro divisamento, rispose: lui essere per fare il voluto da Dio. Peraltro non voleva salire alf altissimo seggio papale , in guisa che violentemente i Romani l’ebbero a condurlo in S. Pietro in Vinculis, ove fu gridato pontefice, e ricorrendo la festività di S. Stefano, lo vollero soprannominare Stefano, IX di questo nome, e poi, contentissimo il popolo, con molto onore lo condussero alla Basilica Lateranense. Il di appresso nella Vaticana Basilica fu consagrato papa ; e costui fu il primo tra i Cassinosi che attingnessc a quella cima di dignità. Levato sul romano seggio a Federico non cadde dalf animo la Badia di iMonte-Cassino , e per (*onoscenza, stante che gli fu porto, minacciato dalf ira di Arrigo, e perchè quella cominciava ad occupare molto la mente dei pontefici , e pid (i) Card. Arag. Vii. Pont, ANXO MLVII. 213 sito in che era, e per i salutevoli divisainenli, cite si andavano maturando neHaninio d’ Ildebrando, il ({naie era in (juel tempo lo spirito vivificante latta (pianta la Chiesa. Riinandii al monastero i monaci che ebbe condotti seco , ritenendone due, c indirizzò lettera al Preposto , comandandogli, che incontanente con dodici monaci, che egli stesso nominava, si recasse in llonia, per togliere consiglio e intorno alle cose proprie , e ({nelle della Badia. Fermatosi {ter ({iialtro mesi in Roma pa{ia Stefano , e mollo travagliatosi jier cacciare dalla Chiesa ({nella peste del concnhlnato e della simonia, venne a Monte-Cassino l’ultimo di di Dicembre con non piccola compa- gnia di Romani, e vi stette lino ai dodici diFehrajo. In tutto ({iieslo tempo mise il buon pontefice una caldissima opera ad isradicare il vizio della proprietà, che erasi da rinalche tempo appigliato ai monaci. Erasi anche intromesso un abuso nella maniera del canto del coro ; avevano incominciato ad usare i monaci il canto Ambrosiano meno grave del Ciregorlano. (i) Onesto abuso anche riformò papa Slefano. Mentre egli era ancora in Monte-Cassino venne a visitarlo Pandolfo vescovo de’ Marsi , e richiamare , che gli fosse tornata intera la sua Diocesi, stata divisa in due parli da prepotenti laici. Il vescovo recava doni preziosi e molli, che fece a S. Renedelto (2). Sle- fano lo accolse amorevolmente, e lo fece pago nel giustissimo desiderio , scrivendo per mano di Umberto cardinale ({nel (1) Cantum tmius constantem vocis modulatione , quique in suis notis coquam servat mensuram (*). (2) Obtulit in hoc planetum sacra manejinam , Pluviale diusprum cum Usta aurea , faciem altaris purpuream cum listis et gemmis , turibula argentea duo, calicem aureum cum patena sua,aquce manilia argentea duo, incensorium de argento unum, crucem argenteam par- vulam cum ligno Domini, situlam argenteam unam cum leonibus, pallium magnum unum ad appendendum, et unum tappetum optimum, et alia nonnulla (**). (*) Gcrbcrl, De Music. Sacr. Tom. I. (♦♦) Leo Oa. C. (j8. m STORIA lim\ RADIA DI MOHE- CASSIA privilegio a suo l'avon.’, con cui gli Ionia in suggczionc luUa laDiocesijC che loggesi ncHopcra deirUghelli, e delMansi(i). Nè fu solo a donare il vescovo Pandollb , venne audio Ma- rino conto di Traetto, clic donò alla Badia la quarta parte della contea TracUesc , la metà del castello di Spigno , la quarta di quello delle Fratte , ed il monastero di S. Marino che era presso quc*sta teiTa con tutto suo patrimonio ; venne un certo Gezzone col fratello Pietro di Pontecorvo , e donò la Chiesa de’ santi Nicola e Biagio nel castello di S. Giovanni in Carico. Volevano costoro agli occhi del papa Benedettino notificare la loro pietà verso S. Benedetto. Fna febbre, che nellaCronaea è detta Romana, logorava da gran tempo la vita del buon pontefice, la quale verso il Natale aggravò tanto, che esso si credeva morire. Allora pensò subito provvedere al governo della Badia , essendo rimasto vuoto il seggio dal giorno della sua elevazione al pontificato. Ragunati i decani,c fatto lo squittinio innanzi al papa, fu eletto il monaco Desiderio ; ma non gli lasciò nelle mani le redini del gover- no, avendo voluto piiina usare dell’opera sua in una dilficile legazione; lo mandò suo Apocrisario in corte di Costantinopoli per trattare col Greco intorno alla cacciata dei Normanni. Ciò fatto , tolto a compagno il monaco Alfano , che consagrò arcivescovo di Salerno, si ridusse in Roma. Quivi, avvegnac- chè cagionevole di salute, molto gravemente gli occupava lo S|)irito , secondo narra Ix'onc Marsicano , il pensiero dello abbattimento della potenza dei Normanni, e dello innalza- mento all’impero di Goffredo suo fratello duca di Lorena. 0 per questi disegni, o per altra bisogna, venne in difetto di tlanaio , e per averne , mandò chiedendo i Cassinosi del ricchissimo tesoro della loro Chiesa. I monaci ubbidirono ai papali comandi: ma coloro che recavano a Stefano il tesoro gli rapportarono il fallo di una visione che ebbe un monaco la notte in cui fu tolto il tesoro; lo la rapporterò colle parole di (i) Coli. Conc. T. I y. Ano llLVIl. 2 !.) Amalo (i). (( E la nollo, cosi narra li monaco Amalo, f|naiulo (( il tesoro fu lolto, un monaco della Badia vide questa rive- (L laziono nel sonno. Ed egli credeva a edere sull’ aliare ova; (( giace S. Bencdcllo colla sua sorella , la quale si chiamava (( S. Scolastica , un monaco che andava scalzo col caj)o (( scoperto , c piangeva fortemente , e diceva che egli era e dei fjuale^ t il tesoro che era stato portato dal monastero , come vi ho (( detto innanzi, fu tornato dopo la morte del papa. » Stefano nell’ apprendere questo avvenimento s’ intese l’animo tutto compreso di paura, e tolto solo una imagine che egli aveva recata da Costantinopoli, tornò subito a’ monaci il tesoro della loro Chiesa. Mi penso, che questo tesoro non fosse altro se non tutto ciò che il buon pontefice aveva donato a S. Benedetto, e che non era poco (i) , e di cui voleva usare pe’ bisogni della Chiesa. Terminò i suoi giorni presso Firenze papa Stefano IX. Ove Iddio gli avesse conceduto più lunga la vita, corto che di grandissimi beni avrebbe arrecato alla Chiesa di Cristo , e moltissimo fece nel poco tempo in cui la resse ; poiché si addimostrò ardentissimo riparatore di quelli vizi, che In quel tempo disonestavano la reverenda dignità de’Cherici. E se altro non avesse fatto costui che chiamar fuori dall’ eremo e locare in alto nella Chiesa quel Pietro Damiano , che fu tanto rimedio agli scandali che pativano i fedeli , certo che anche grande lode avrebbe conseguito , come preparatore di que’ mezzi , che poi condussero a francare la Chiesa dalla prepo- tenza laicale , e purgarla della mala zizania. pat' la quel mèrile et ordmaiion lo iresor qui en estoil portò de lo monastier si coment je vouz ai devant dit,fu vetornè qmiz la mori de lo pape. (i) Leo. Oit. NOTE E DOCUMENTI AL SECONDO LIBRO. A. LETTERA DI PAPA MARIIVO A SICONE VESCOVO DI CAPUA, PER- CHÈ RESTITUISCA AI MONACI DI S. BENEDETTO LA CHIESA DI S. ANGELO IN FORMIS (1). (Caps. XXV, Fase, I, n.n.) Marinus Episcopus servus servorum Dei Sico Capuanaj Ecclesias Episcopo, Quamvis ab hac sacratissima sede Beatorum Apostolorum Petri et Pauli Apostolorum Principum contra statuta canonum , atque antiquorum Patrum decreta in Episcopali ordine consecratus sis,uon te contra tanta erigere debueras , nec tibi convenire licuerat , quanta et qualia a probatissimis viris Deum timentibus de te referuntur. Nam sicut Coelestiuus papa in suis decretis confirmat, nulli sacerdoti licet canones ignorare, quanto magis te eos praescrutare convenerat, qui in Episcopali culmine constitutus, te ipsum prius, deinde alios imbuere debueras. Sed quia laicali mente et abitu in principali aula nutritus ad famulandum, ut (i) Queste scritture fatte ne’ tempi barbari non banno alcun segno ebe distingua il senso; vanno indipendenti da regole grammaticali; c sono srom- posle in guisa, che diflìcilmente se ne cava il costrutto. Vadano dunque avvertiti i leggitori, che le distinzioni del senso per punti, virgole, dittonghi ed altro, che conduce alla intelligenza della scrittura, è stato da noi apposto, perche non tornassero queste scritte più enimmatichc di quel che sono. 218 ROTE E DOCOIERTI andilu didicimus, pcrslitisli , saccularia magis quam jura Episcopalia meditaris, magisque convcuticulum laycorum quam clericorum cetus desideras. Immemor, immo nescius illius Calcedonensis concilii capitulo octavo, quod Episcopus nullo modo ad comitatum ire debeat, et cactera in eodem capitulo nono, ut nullo modo improbitas Episcoporum nitatur ad comitatum pergere, et reliqua. Haec et alia multa magis contra te ipsum, quam contra canones exerces; insuper ignorans studia litterarum, non cum disciplinatis neque peritissimis, qui te quiverant instruere, sed cum vilissimis atque indisciplinatis laycis, et clericis imperitis cotidie vaga atque sascidaria meditaris. Unde nec Deum nec hominem metuens , plurima contra sacram Scripturam agere perlemptas. Sed, quod mirum, cum etiam quod benefactor tuus instituit, qui Ic abAgarcna emit gente, tu contumacia atque imperitia ductus, nec Deum nec Sanctos canones metuens, ausus es rumpere, nec veritus es trasgredere quod prajcessor tuus venerabilis antistes , qui canonice est ordinatus, instituit et sub aiiatcmatis vinculo religavit, et canonica confirmavit auctoritate, in tantum hoc pro nihilo duxisti, ut sicut scriptura cujusdam doctoris testa- tur, imperito et indisciplinato luo diacono , ecclesiam monasterii Sancti Angeli de monte, jam multis annis sub regulari tramite monachorum confirmatum, tradens, ut ibi, sicut quondam, saltationes et vacationes fiant. Certe si Dei timorem in animo contineres, non hoc pci’pctrari sed contradicere debueras , etiam si, quod non credimus , filius noster tuus Princeps , qui ut agnus innocens in talibus perseverat, facere voluisset, et si, quod al)sit, ille in talibus consensit, luis cum credimus maebiua- tionibus seductum. Unde praesciens omnia Deus, et cuncta suo libramine discernens, justo ejus judicio eum contra te benigne irritavit, ut te in exilium mitteret, qui prius corpus, nunc animam moliris occidere. Igitur in bis et in aliis te imperitum ostendens, quia nihil interrogando, scire debueras quod Concilium Calcedonense in capitido vigesimo quarto de monasteriis testatur : sed quia neglegendo nec interrogando ordinem canonicum prosequeris , de hoc usque ad tempus sileam. Sed quia ec- clesiam Sancti Angeli de monte pro amore tui diaconi contra sanctam iustitulionem subtractam de congregatione monachorum judicasti, hunc a tuo consortio, nisi quando justa morem tibi ministraverit, censemus esse privatum. Ecclesiam vero Sancti Angeli de monte volumus ad monasterii redire vigorem, sed ba>e nccesse est, ut nostris roborentur praeceptis, (luapropter Dei Omnipotentis et Beatorum Apostolorum Principum Petri cl Pauli, et omnium Sanctorum, et septem universalium canonum auctoritate te cxconumicando , mittimus, ut ab omnibus bis supra me- moratis precavere te alJ- Ego Lupus Presbyter et monachus. -J" Ego Berenus Diaconus cl monachus. Ego Petrus Subdiacouus ct monachus. Ego Arcchisi Judex. ^ Ego Eberando. Ego An isso. -j- Ego Adclliisi. 232 ft’OTE E DOCDIEIVTI G. VERSI DI IBATE DESIDERIO SCRITTI SUI. SEPOLCRO DELL’ABATE ALIGERIVO. ( Codice 333, paa. tgo.J lite pater egregius AUgerims pausat humatus Pignore vivifico resilit urus item. Nativa bonitate cluens summus , et inclitus orbi. Urbe Neapoleos satus, et altus erat. Ast Domini praecepta librans , patriam guorjue linquens, Quo capili orbis habet , pervolitat ovans. Ecclesiae Docturis enim delegit asilum , Sub Patre Balthuvino subdere colla Deo. Dogmate normali virtutum culmina postquam Attigit ; hoc sacrum regere Gymnasium Promeruit, quo cuncta micant spiramina lucis. Per mare , per terras , jier juga , perque chaos. Quod quia frustratum fuerat tam temporis, ille Nisibus omnigenis enceniarat hians. Tigna novans , tegulasque locans, direpta resargil. Picturamque rudem fecit habere dormmi. Quid valeat, quid non, quo virtus, quo ferat error, Noverat ipse sagax , propositique tenax. Non persona potens fuerat, qiue tempneret illum, Quee placcantque rogat, quo dare cuncta queat. Gravis erat moribus. Monachorum specula exlaiis , Cuncta gerens placido, ingenioque pio. Jam ineritis Pater ille jiius, talibusque refertus. Lictus ab wtercis sumitur ecce choris. Conditur his septis ter ternis rite Kalendis Romulie i mensis ipse December adest. JJoc pie Cenobium ter denos rexerat annos , Septenosque simul, sic adiitque polum. Nunc monachile decus titulum cum legeris istum Dic , et in ce ternum nunc habeat requiem. Amen. Al SEmO llBRtt. 233 H. PRIVILEGIO DI PAPA GIOVAMVI XV ALI/ ABAI E MAASOVE. (Inedito — Pctr, Diae* n. Johannes episcopus servus servorum Dei carissimo nobis in Domino Jesu Cristo fllio Mansoni venerabili religioso abati sacratissimi monasterii beati Benedicti Confessoris Christi siti in Monte-Casino, at(ine sanctae Congregationi, successoribusejue tuis in perpetuum. Convenit Apostolico moderamini pia religione pollentibus benevola compassione succurrere, et poscentium animis alacri devotione impertire sulfraginni. Tunc enim lucri potissimum prasmium a conditore omnium Domino sine dubio promeremur, si venerabilia sanctorum loca opportuna ordina- tione ad meliorem fuerint sine dubio statum nostra auctoritate perducta. Igitur quia vestra dilectio nostrum apostolatum humiliter postulastis a nobis, quatenus concederemus et reconfirmaremus vobis monasterium supradictum Christi Confessoris beati Benedicti situm territorio Aquinense in monte qui vocatur castro Casino , ubi sacratissimum corpus ejus humatum esse videtur, cum omnibus rebus, adjacentiis sive pertinentiis, tam nonasteria virorum quamque et ancillarum Dei; nec non et cellis ct prmdiis ubicumque vel qualitercumque ad jura ejusdem monasterii pertinere dinoscitur; omnia in integro monasteria, venerabile in primis Domini Salvatoris positum ad pedem ipsius montis , atque monasterium S Dei Genitricis et virginis Mariie , qui vocatur Plumbariola , itemque et monasterium S. Mariae in Ciugla, qui nunc infra civitatem Capuanam aidificatum est, similiter in eadem civitate Capuana cella S. Benedicti, et monasterium S. Jobannis puellarum, immo et monasterium S. Sophia), qui infra civitatem Beneventanam aedificatum est. Verum etiam et mona- sterium S. Mariae situm in finibus Beneventanae in loco, qui dicitur Canneto juxta fluvium Ternum. Porro et monasterium S. Mariae ancillarum Dei intra civitatem Cosentiae ; denique et cella S. Gregorii in Aquino , S. Stephani et S. Georgii, seu et S. Apollinaris : verum etiam ct S. Ambrosii atque S. Angeli in valle luci; nam et S. Micbaelis , atque S. Vietoris cum ecclesia S. Petri in Fica; et S. Benedicti in Tctinii, S. Benedicti in Alarinu cum cellis et omnibus ad se pertinentibus, S. Urbani in Cominii, S. Benedicti in Marsi, S. Liberatoris in Marchia cum quadraginta duobus curtibus , ibidem S. Scholastica. Hacc omnia, ut diximus, cum omnibus rebus et adjacentiis eorum per diversis locis , quam in finibus Beneven- tanis , quam in Apuliis , ct Culabrilunis, quamque ct in finibus Marchia), NOTE E DOCUMENTI 23 1 noe non et m finibus Marsorum, sive ubicubi longe latoquo per diversis locis consislunl una cum colonis, et colonas seu servis et ancillis utriusque sexus ad ejusdem monasterii jura et dominio pertinentibus. Ita ut privilegii sedis Apostolica) infulis decoretur, ut sub jurisilictione sancta) nostra), cui Deo auctore deservimus, ecclesia) constitutum, nullius alterius ecclesiae juri et ditioni submittatur. Confirmamus etiam vobis, ac simili modo in perpetuum corroboramus , S. Nycolaus in fluvio Trotino cellas cum subjacentiis suis , S. Benedicti in fluvio Tronto cum cellis et sid)jaccntiis suis, S. Benedicti in fluvio Tysino,S. Apollinaris in Firmo in loco qui nominatur Adomplanus , S. Eustasius in Petra Abundanti cum cellis suis , idest , S. Minrcmitis ad Sangrum , S. Salvator Asciavi , S. Angelus in Ciprano qui vocatur Cannuzzu , S. Marcus in Gincana. Pro qua re piis desideriis fiiventes, hac nostra auctoritate id quod exposcitur effectui mancipamus. Et ideo omnem cujuslibct Ecclesia) Sacerdotem in prmfatis monasteriis ditionem quamlibet habere ac auctoritatem, praeter sedem Apostolicam, prohibemus. Ita ut nisi ab abbate ejusdem monasterii fuerit invitatus, nec missarum ibidem sollemnia praesumat celebrare. Sed a praesenti indictione irrevocabiliter in perpetuum stabilimus per- manendum , et cum Dei timore regendum, et dispensandum statuimus. Post vero obitum abatis nemo abbatem ibi constituat, nisi quem consensus ct communis voluntas fratrum ex ipsa congregatione elegerit. Et quia aliunde ibidem abbatem introire voluerit, sub anathema sit; insuper apostolica censura sub divini judicii obtestatione, sed et validis atque alrocioribus anathematis interdictionibus. Ut neque ullus unquam pra)su- mat quispiam alius cujuscumque sit dignitatis prmditus potestatis , vel etiam quacumque magna parvaque persona in eodem monasterio, vel ejus causis incumbere, aut de rebus et possessionibus vel Ecclesiis sibi subjectis, vel quidquid de his qua; ei pertinere videtur, quoquo modo auferre, aut alienare sed nec quamlibet malitia), aut jacturo; molestiam ibidem sive pacis, sive barbaricis temporibus, quoquo modo inferre, dum profecto eum perenniter, ut dictum est, pacis , quam barbarici temporis firma stabilitate esse decernimus sub jurisdictione sancta; nostra; Ecclesiae permanendum. Promulgantes nempe, ct auctoritate Beati Petri Apostolo- rum principis coram Deo, et terribili ejus examine per hujus nostri Apostolici privilegii, atque constituti sancimus, atque decei’nimus, ut loca quae oblata; cujuslibct qui nobis in eodem monasterio pradati S. Benedicti commutata, vel concessa sunt, nec non ct aliam locorum pos- sessionem, qua; regibus ac ducibus vel castaldeis, ct a cacteris Christianis in eodem sancto loco largita aUpic oblata sunt , aut in postmodum illic concessa fuerint firma stabilitate jure ipsius pra;fati monasterii existenda, AL SECONDO UDRÒ 23)i atqiie in pcrpctuni permanenda, stnliiimus. Noe liccniia sit, ni diclum est, ex tiiis vcl omnibus ejusdem monasterii pertinentibus cuiqunm mai>;na , parvaque persona auferre aut praifalo juxta id quod subjectis iisdem venerabili loci apostolici constituti atque privilegii consistit incoiicussai dotandum permaneat. Et liceat eosdem monachos, ut dictum est, de sua congregatione abbatem semper eligere. Etiam licentiam vobis sil pro confectione chrisma?, vel oblationem, et ordinationcmPra3sbyterorum,seu Diaconorum, Subdiaconorum, altaria concedimus consecraiula, etiam vobis iu pra?dicto venerabili monasterio omnibus subjectis Ecclesiis christiani- tatem agere Episcopum vero qualem vero vobis placuerit invitandum. Hymnum vero angelicum per dies vero dominicos et festibus omni tempore ad missarum solemnitates dicendum concedimus; et liceat vobis signum pulsare tam in diurnis , quam in nocturnis horis , quando vobis placuerit in jam dicto monasterio, quam et in cellis ejus; et nullum prohibeat populum Dei ingredi tam in monasterio quam et in cellis suis, ad audiendum verbum Dei. Insuper etiam volumus, ut nullus Episcopus prjEsumat in jam dictum monasterium vel in subjectis suis Ecclesiis Sacerdotem excomunicare , vel ad Synodum provocare , aut abbatem, et monachos qui ibidem in tempore fuerint. Liceat vobis etiam Clericum seu Sacerdotem vel Diaconum sive Subdiaconum, de qualicumque Episcopatu fuerit , suscipere ad habitandum, vcl monachicum abitum recipiendum cum rebus suis, absque prohibitione omnium Episcoporum. Et liceat vobis cunctorumque monasteriorum tibi subjectis judicare tam monasteria et coenobia puellarum, absque sa?culari potestate et prohibitione cujuslibet Episcopi. Si quis autem, quod non optamus, nefario ausu pra?sumpserit , et qua? a nobis ad laudem Dei pro stabilitate jam dicti monasterii statuere refragare, aut in quoquam transgredi, sciat, se, nisi resipuerit , anathematis vinculo innodatum , et a regno Dei alienus , et cum Diabolo, et ejus alrocissimis pompis, atque Juda traditore domui nostri Jesu Christi, a?tcrni incendii et supplicii concremandus sit deputa- tus. At vero qui pio intuitu observator, et in omuihus exstiterit custodiens hujus nostri Apostolici constituti et ad cultum Dei respicientibus , benedictionis gratia a misericordiosissimo Domino Deo nostro per intercessione beati Benedicti multipliciter consequatur, et vita? rnterna? particeps efhci mereatur. Scriptum per manus Stephani Notarii et llegionarii ctScriniarii Sacri Palatii, in mense Novembrio, et indictione tertia — Bene valete — Datum tertio idus Novembrii per manus Johaimis Episcopi S. Nepesina? ecclesia? et Bibliothecario S. Sedis Apostolica?. Anno Pontificatus domni nostri Johannis Sanctissimi <[uinti decimi Papa? (|uinlo, in mense Novembrio, indictione supra scripta tertia. 23C NOTE E DOCUMENTI I DUM.OniI DEL PUIIVCIPE LAIVDEIVOLFO ED ALOAKA MADRE Di Lll DI CAPUA ALLIBATE MAIVSOAE. In nomine Domini Salvatoris nostri Jesu Christi Dei /Eterni. Lan- (lenolfus , divina ordinante providentia , Langobardorum geniis princeps. Cimi principalis excellentia petitione dilecti sui petenti clementer favet. Quapropter noverit omnium fidelium nostrorum praesentium scilicet , ac futurorum sagacitas , quia Nantari dilectus noster nostram exoravit excellentiam, quatenus ob amore omnipotentis Dei, et salbatione animai nostra; concederemus , et confirmaremus in monasterio S. Benedicti situs in monte Casinu , ubi Manso venerabilis abbas esse videtur, terra; culta;, et inculta; jam dicti monasterii infra fines, qua; inferius declaramus, de quibus petiit a nostra excellentia , ut firmitatis apices in eodem S. monasterio fieri juberemus; cujus petitionem exaudientes, hos firmitatis apices ibidem exinde fieri jussimus, per quos omnino sancimus, et perpetualiter havendum nostris , et futuris temporibus concedimus , et confirmamus in praephato S. monasterio, ubi venerabilis Manso abbas religiosus esse videtur, omnibus territoriis, qui fuerunt, et sunt perti- nentes in jam dicto S. monasterio per has fines incipientes. De prima parte laueu, de secunda parte aqua, quae dicitur Verolana, de tertia parte alia aqua , qua; dicitur Pelliavicana , quam et alii Pelia , prajdicti monasterii, et bia, qui decernit inter hac terra, et terra supradicti monasterii, de quarta parte a parte orientis fine terra, quae modo relinunt filii Gaiicii, et alii homines, qui ihi hac fines sunt, et qualiter pervadit in prmdicto laneo ad iiisu portu, qui dicitur de monachi. Siinulque et concedimus, et confirmamus in praidiclo monasterio, ut nullus homo, qui sub nostra dominatione habitans prmsumel facere qualiscumque contrarietatem , aut damnitalcm in pra?dictis terris tam cultis, et incultis per siqwadicti finis, qua; fuerunt, et sunt pertinentes in jam dicto sancio monasterio, terris, et sylbis ipsis snnt propinque casa Jenzana, ubi ecclesia vestri monasterii S. Benedicto constructa esse videtur, set semper haveant, et possideant jam dicto monasterio, et ejusque Custodes, atque lleclores integre praidictis terris etsylbis cultis, Al SEMO UDRÒ. 231 vel incultis por supratlicli finis absque conlrariotate cujiiscumqnc persoiifc hominis, tantum non habeant potestatem in jam phato S. monasterio de jam dictis sylbis plus scampare, vel ad cnltinn perducere absque volun- tate, et largitate nostra, nisi ipsis terris, quem pars praedicti monasterii scampalum, et at cultum perducta! habuerunt intro jam dicti finis sempcr habeant, et possideant, et faciant laborare homines, quem pars jam dicti monasterii, et ejus custodes voluerint, et praedictis terris, et sylbis per snpradictae finis bavere et dominare deveant scinper , sicut superius legitur, ea videlicet ratione ea omnia qualiter superius legitur in praefato S. monasterio ipsos concedimus et confirmamus, ut semper ipsas haveant et possideant absque contrarictate comitis, castaldcis, judicis, aut dc cujuscumqnc personai; set sempcr jam dictis terris, et sylbis haveant, et possideant in jamphato S. monasterio, et ejusque custodes, atque rectores, et juxta legem exinde faciant omnia, qu® eorum placuerint, neminem in eodem S. monasterio exinde in aliquo contraria faciente. Quod ri quispiam homo hanc nostram concessionem in quomodocumque violare prmsumpserit , aut de jam dictis terris facere qnesierit in prmfato mona- rio qualecumqne contrarietatem, aut molestationem, sciat se compositurus in prmdicto monasterio , et ad ejusque custodes , atque rectores auri puri libras centum, et h®c concessio de qualiter continet firma permaneat in perpetuum : Ut autem h®c i ostra concessio verius observetur, manu propria subscrqjs imus . et ex anulo nostro supter jussimus sigillari. Signum domni Lauderò li cxce’lculissimi principis. Adciebisi scriba 23S mn E lìocniEXTi ex jiissionc siipr.'Miictn? [Hilcstalis seripsi. Uatiini V Rai. Aiigiisli anno V principatus domni Lamlcnolfi gloriosi principis, indictione quintadecima. Actum in civitate Capuana. II." In nomine Domini Salvatoris nostri Jesu Christi Dei asterni. Aloara, et Landenolfus fdio cjus divina ordinante providentia Langobardorum gentis principes. Cum principali excellentia petitione dilecti sui petenti clementer favet. Igitur noverit omnium fidelium nostrorum prassentium scilicet, ac futurorum sagacitas, quia Grimoixldus Comes dilectus noster nostram obsecravit excellentiam , quatenus ob bamore omnipotentis Dei , et salbatione animas nostras concederemus , et conQrmaremus in monasterio S. Benedicti situs in Monte-Casino , ubi Manso abbas esse videtur, terra, et presa pertinente sacri nostri palatii, et parti nostras publici, quas essas videtur intro hanc Capuana civitate propinqua porta, qui dicitur S. Angeli, habentes finis hab uno latere fine inuro hujus cilsitati, ex alio latere fine platea iterum ujus cibitati , uno capu tenet in terra , et presa pertinente Sacri nostri palatii sic directe quomodo pergit Trasonna pertinente ipsius monasterii ac casa Fabrita ipsius monasterii, qui fuit de Stepbano Magister ; aliu capu tenet in terra, et presa similiter pertinente sacro nostro palatio , quas modo tenet Maraldello filius quondam Guidoni , habet per singula latera in longum pedes centum nonaginta et tres , et per singula capita per trabersum habet pedes tredecim, ac mensura de pede de manu Landoni Seniori terras, et presa ipsa mensurata, quam et concederemus, ct confirmaremus in prasfato S. monasterio, de alia parte jam dicta platea circa mura de cose ipsius monasterii in latitudine de ipsa platea pedes duos, ct a supradictu pede, ct in longitudine directo quantum vadit jam dicta indicata , et mensurata terra; ita ut licentiam, et potestatem baveret parte jam dicti monasterii in supradicta terra in trabersu, quas sunt pedes duos fodere, et funda- menta mittere, ct pilas fabrire, ct arcora super eadem platea volbere, ct casa Fabritae , et super eadem arcora bordilicare, ct licentiam bavere mura do ipsa casa conjungere cum supradicto muru ujus cibitati, et licentiam baveret pars ipsius monasterii supra eodem muru facere , et ponere canali conjunctas cum casas illas quas ibidem edificare deveret , ubi iliscurraiit aques de grondalcs do case ipsas, ct pra-dictas aquas pergant per ipsos canales foras jam dictas terras, quam basdificare pars ipsius monasterii duabus mura super auditum de eodem muru ujus civitati deveaut sic directe quomodo finietur prasdiclum imbeata , ct Al SBCflIDO UDRÒ. 239 mensurata terra a parte de jnm dieta terra, et presa, qnplo, et quomodo pergit ad lacum Bitccusu, et vadit directum ad Aquafundata , et quomodo ascendit per ipsum montem, qui est super casale, et pervenit ad vadum flubii, qui vocatur Rapidi! , ct porgit per ipsa via, qua) tenditur ad ipsa via antica, qui est in capite IMcllarini , ct quomodo pergit per ipsas cristas montium , ct perbenit ad terra alba, inde pervenit ad Furca S. Valentini, ct quomodo ascendit per cristas montium , qui sunt iiitcr Atiiie , et Ballelucis , et recto tramite perbenit ad Petra scripta , et ascendit ad Serras montis , qui dicitur Ordicoso, ct pergit super ipse pesciera, qui dicitur Falconarli, et perbenit ad ipse fines qua) sunt inter montes , ex quibus unus vocatur Spiuacius, et alter Porcacius , et inde ascendit ad cristas montis, qui vocatur Caira, ct perbenit ad ipse Petre super aqua vivola , et ascendit ad colle, qui vocatur Cimberuti. De tertia parte fine terre, unde fini- tionem factam habet parata ejusdem monasterii, cum quondam Adeuolfum comitem pro parte comitatu Aquiuense , sicut Staffili , et terminos , ex linantur , et qualiter pergit ad lacum , qua) dicitur de Radepraudu , et qualiter vadit per terra qua) dicitur Farnictu, et ab inde qualiter vadit per capii de ribo, qui dicitur de Marotsa, et qualiter descendit in flubio, qui dicitur Camello, ct sicut vadit in .aqua qua) dicitur Cosa, et salit ])cr ipsum montem, qui dicitur S. Donati. De quarta parte fine media serra de eodem monte , qui dicitur S. Donati , ct quomodo descendit super ipsi moiilicelli de m.arri , ct vadit ad ipsi Peschi, qui sunt a pede de ipsu monte de Balha , ct quomodo vadit inde per duos Leones , et inde salit per ipse serre super casate, et inde descendit per ipsu monte super ipsa villa de Gareliano , et inde vadit ad ipsu Peschi, qui nominatur Cripta imperatoris, usque in fiumeii, qui dicitur Gariliaiiu, et asceudciite AL SECOAllO lllillO. 2 il per eodi'iii fliibio iisqiic ad priores (iiies. Siimiltfiie el dare seiiiius (jiiia domnus l’aldoirus piissiimis princeps viro, el Genitore nostro , et doinnns Landolfo cognato, et patruo nostro eoncessuni, el conlirnialuin hal)uit ili praifato sacro monasterio beali Benedicti omnia (piai ab imperatoribus, scu a regibus, et a singulis principibus antecessoribus in eodem mona- sterio datas, et concessa erant. Igitur et concesserant, et conlinnaberanl in jam dicto S. monasterio, ut nullo alienienle tempore per iiulluin modum tollerent, aut quererent tollere bobes , aut carrum de parte ipsius monasterii pro qualiscumque serbiciiim publici faciendum vel iu hostes eos minandum, set scmper pars ipsius monasterii securus exinde manerent. Nec non, et conlirnialK'rat ad jampbato S. monasterio ecclesiam bocabulo S. Benedicti, qua; asdilicata essa videtur infra muro, et muricino de civitate Larina,quam cdilicavit Leo presbiter, el monacbus,qni postea factus est pseudo episcopus, eum omnibus rebus, el subslanciis perlinen- tibus de eadem ecclesia , sicut in eadem ecclesia ipsa omnia datum , et olfcrlum liabuit eodem Leo presbyter, et monachus. Iterum et conlirmamus in pra;dicto S. monasterio quantum fuit, el est perlinentes per qualiscum- que modis de terris cultis, et incultis, de planis, et de montibus, de vineis, ctolibetis, de pratis, pascuis, adque paludis, de ribis, et aquis, et ripis ex ntraqiic partibus, qua; esse videtur infra has fines, boc est, ab una parte line llapidu, de alia parte fine ipsu Carnellu , de tertia parte line ribii , qui dicitur de Maroza , et line Farnictu , et Huc lacu, qui nominatur de Uadeprandu, et quomodo vadit usque in Silice. Ue quarta autem parte line ipsa Silice, et terris, et montibus, el silliis, et aquis infra has lines, hoc est, quomodo incipit de ipsa cosa, et salit per ipsu monte, qui dicitur S. Donati per media Serra , et quomodo descendit super ipsi monliccili de IMarri, et vadit ad ipsi Pleski , qui sunt ad pede de monte de Balba , et quomodo vadit inde per duos leones, et inde salit per ipse Serre super casale, et inde descendit per ipsum monte super ipsa villa de Garilianu, et inde vadit ad ipsu Plesku, qui nominatur Cripta Imperatoris, usque in llumen, qua; Jam dicti S. monasterii perlinet secundum suis racionibus, et collera alia omnia, qua; continentur in ipsum praiceptum, qua; scripta est per Petrum notarium, nec non el conlirmaberal in eodem S. mona- sterio domnus Landolfo glorioso principi per unum alium jnmccpluin sigillatum lilio, et germano nostro, ut nullo albeuicnle tempore, per nullum modum tollere, aut qucrenl tollere vobes,^ aut carrum de parte ipsius monasterii per qualiscumque scrbicium publici fuciendiiai , vel iu hostes cos minandum , set semper pars ipsius monasterii securus exinde manerent, quam el concesserai, el conlirmaberal iu eodem S. monasterio omnes res, et substancias, qualitercumque, seu quomodocumque possedit TO.XI. I. if) m ^'(ITE E linci'MLlTI et modo possidet pars cjiisdem monasterii in quibnscinnqne niodis , per singula loca, l'iiiidos, et terras, quantos, et qnanlas pars ipsius monasterii perlinentes habuit in laburias loco ubi nominatur at Trifone, simulque, et confirmaberat in eodem S. monasterio, ut a tando, et semper potesta- tem, et licentiam haberent pars praedicti monasterii, quando volcrent, mittere ad piscandum in lacum Palriense duos lonlres cnm duas paratiirias de ipsis lontris, et cum qualuor Jiomines, qui in eodem lacum piscarent, quando voluerint, et quandiu volerent , et confirmaberant in eodem S. monasterio omnem censum, et dacionem, quicquit pars illorum publice vel exigere debuerint de ipsn Gualdii , et curte, et terris, eidem monasterii , qui dicitur casa Cenzana quemammodum in praefato mona- sterio a jam dicto genitore illorum concessum, et confirmatum est, et eaetera alia omnia qualiter in eodem praeceptum continere videtur, qui scripto est per Aefelgisi scriba. Iterum et concesserat, et confirmaberat in praedicto S. monasterio ea omnia, quae ab imperatoribus, vel a regibus, seu et a genitore vel a patruo suo , vel a singulis principibus reliqua ea omnia per singula praecepta in eodem S. monasterio ad eis datum , et concessum est, ipsos concesserat, et confirmaberat. Modo vero postulando mandabit nostram clcmenciam superius dictus Manso veneravilis abbas per supradiclum Aidolfum , et Gisolfum Comites, ut concederemus, et confirmaremus in praedicto S. monasterio integra ea omnia , quae supra- dicta preceplora coulinuut, cum omni conlineucia, et pertincucia, quae Jam dicta preceplora conlimuit, et qnae ab imperatoribus , et a regibus »'t a singulis principibus antecessoribus nostris in eodem monasterio concessum est, totum ipsos ibidem confirmaremus. Cujus pclicionem exaudientes bos firmitatis apices in eodem S. monasterio fieri juximus , per quos omnino sancimus, et perpetualiter baveiidum nostris, et futuris temporibus una pro amore Dei omnipolentis, et salbacione animae nostrae concedimus et confirmamus in praephato S. monasterio S. Tenedicti situs intro castro Monte-Casino, ubi vir veneravilis Manso abbas praecst ea omnia supradicla, quae, et quantum per qualiscunque modis pertinuit, aut pertinet , vel perlinentes fuerit , simul et omnia supradicla , quae a jam dictis imperatoribus, seu a regibus, quam a singulis principibus, genitorem, et patruum nostrum per singula supradicla prajceptora , et reliqua alia iu eodem S. monasterio concessa , vel confirmata sunt cunctum , et iulcgrum ipsos iu predicto S. monasterio ipsos concedimus et confirmamus. Nec non et concedimus et confirmamus in jam dicto S. monasterio omnibus supradictis rebus , territoriis, cum montibus, et planitiebus , cultis, et incultis , cum prajdictis- aquis, et universis perlinenciis, qua,' sunt videtur inii’a superius dicta, et quem ab antiquis AL mmm libro. 213 temporibus usque mine, eodem mouaslerio possessus est lotas, et integras, in prmdiclo S. Monasterio ipsos concedimus, et conlirmanms ad posses- sionem jam dicli monasterii, et de ejusque abbatibus, vel custodibus, ila ut nullus lioino vobis inde fiicientem qualiscumquc molestiam aut contrarietatein , set perpetuis temporibus omnia supradicla jamdicto monasterio , et ejusqne abbatibus , vel custodibus ipsos haveant , et possideant, et juxta legem exinde faciant omnia , (juod eorum placuerit absque contrarietate cujuscumque personas hominis. Quod si quispiam bomo banc nostram concessionem in quomodocumque violare presump- seril , aut de omnia , quae in eodem S. monasterio concessimus , et confirmabimus, aliquod tollere, aut diminuare quaesierit, sciat se conqvositurus in eodem S. monasterio, et ad ejus([nc custodibus, vel abbatibus auri libras centum , cl baec concessio vie qualiter continet firma permaneat in perpetuum. Ut autem bme nostra concessio verius pleniorem in Dei nomine obtineat vigorem, manu propria sci ipsimus, et ex anulo nostro sidjler jussimus sigillari. Signum Domini Landenolli excellentissimi principis. Adelcbisi scriba ex jussione supradictar potestatis sci’ipsi. Anno nono [uàneipatiis ilomni Landenolli gloriosi principis, indictione ([uarla. Actum in civitate Capuana. K. DOIVAZIOKt; DEL POPOLO DI TERRACIIVA ALL.V BADIA DI SEIMILA AiVG LILLE I.^ CI.VSCLPiP AmO. ( Rej. Petr. Diae, n. — Inedita.) (99-L) In nomine Domini Dei Salvatoris Jesu Christi. Anno Deo propitio pontificatus Domni Jobannis suimno pontifici, et universali papa in sacratissima Sede Beati Petri Apostoli, Indictione Yll, mense Aprilis, die quintadecima. Postquam quintadecima die intrante mense Aprilis , ([um fuit Resurrectio Domini nostri Jesu Christi die secimdum Dominicum, egressi sunt omnis populus infra civitatem Terracina commorantibus ad Ecclesiam Sancti , ac Beatissimi Petri Apostoli ad celebrandum Alissam, tunc venit Spiritum inter nos omnes. Spiritus, ubi vult, spirat, et vocem ejus audis. Et surgens Dominus Jobannes universalis Ej>i- seopns, ac clero ejusdem uuiversali Episcopo, et venerunt super ipse Cuindane, et dixerunt ad popnlum : Audite benedicti fili mi; cl slatim lecerunl omnes siiciilium. Recordamus nos omnes, (piod faciamus bonum; m ì^!)TE E IIOEUMEXTI quia qui in hoc niundo faciunt honiiin , ad illam vitam aeternam cctilti- plum accipient. Quia quando ad diem judicii venimus omnis homo, d« sua facinora reddunt rationes. Qui hona egerunt, ibunt in vitam eternam; si nos facimus, nt ad illam vitam pervenire mereamur. Recordemus nos omnes de ipso monasterio , qui est ad lionorcm Dei , et Sancti , ac Beatissimi Benedicti Confessoris, ut pro cunctis nobis intercedere dignetur, et ad diem Judicii ante Domino nostro fiat noster protector. Et olferiunus in ipso snprascripto monasterio Beati Benedicti Confessoris anno de ipse integre sex Piscariae, qui sunt dc ipsa civitate, sex miliariae deAnquillc, nnus per Piscaria. Tunc audita cunctus populus, et magni, et parvi hiba voce dixerunt: Nos omnes exinde fortiter professi sumus, et nos exinde magnum desiderium habemus. Et exinde recordati sunt ipsi homines de supra scripta civitate, et perrexerunt ad ipsum Montem in orationem, et statini dixerunt omnes per verbum cunetorum liominum de suprascripta civitate ad Domnum Manso venerabilem Abbatem, ut diem secundum Dominicum mandare suis monacis ad ipsam suprascriptam civitatem Terracina , ut omnes homines magni , et parvi , masculi , ct feminae seribere in suam fraternitatem , ct ipsi liomiues fare repromissiones per eartula , ut omnes annos dare ipse sex miliariai de anquille. Et exinde mandavit Dominus Mansus venerabilis Abbas ipsi monaci diem secundum Dominicum, sicut constitutus fuit, et fecerunt scribere cunctus populus de suprascripta civitate , clerici , et laici , pueri , et feminas. Et nos omnis populus fecimus ipsam Cartnlam , ut a presenti die omnes annos sine omne contentione debemus nos, nostrique heredibus de sex piscariae, qua; sunt de ipsa civitate sex miliaria de anquilla , unum per piscaria» Et pro ideo quod inter nos magnam cladem liabebamus , ct ut nobis meritum reddat in aitcrnum ipso snprascripto monasterio Sancti , ae Beatissimi Benedicti Confessoris. Et qui corrumptionem exinde praiparare voluerit ad ipsum suprascriptum monasterium de ipse anquille, reddat illi meritum hic, et in aeternum ipso snprascripto S. Benedicto Confessore, et tradat cum in manibus inimicorum suorum , quando de hoc saeculo migraverit, terra cum non recipiat. Et nullo nobis cogente, neque contra dicente, aut vim facientem; sed propria, cxpoiitanea nostra voluntate , pro Dei Omnipotenti amore , et mercede anime nostrae , et veniam delictorum nostrorum, vestraque sacratissima oratione, quas pro salute Cbrislianoruin, nostrarumque animcD jugiter fungi cernimur. Et nunquam a nobis neque ab heredibus nostris , neque a nobis aliqua aliquando habebitis qucslionein, aut calumniam. Et qui hanc offerskmcm contendere voluerit, sit anathematis vinculis innodatus, in aiterno Dei judicio sit condcmpnalus , ct videat portionem cum Juda traditore, ct simul iu Al SEfMIlO IIIÌUO. ‘20 Vartarco voragine chaos dimersuiii cuni impiis doficiat. Qui vero pio intuito custodes effecerit, benedictionis gratia, et caìlestis retributionis a justo Judice Domino nostro consequi mercatur. Quam offertio a nos facta, et per rogos nostros scripta ab Defamis veneraliile Presbytero, et Scriniario Terracinensem in mense Aprilis , Indictionis predictai VII. Johannes Episcopus repromissionem manu propria subscripsi. Biboboni. Ilaiualdo, Joliannes de Leo. Stefauus. Franco. Johannes Grasso. Gratianu. Aldcmari. Leo. Joliannes Finco. Gregorius. Petrus de Leo de Bonn. L. DIPLOMA DI OTTONE II.” C Caps, Uiplom. V'I. n.” 2. — Originale inedito. J In nomine Sanctae Dei et Individuae Trinitatis. Otio Divina favente Clementia Imperator Augustus. Omnium Sanctae Dei Ecclesia; fidelium nostrorumque praesentium scilicet, ac futurorum noverit industria, qualiter quidem monachi S. et venerabilis monasterii Benedicti nostram adierunt celsitudinem depre- cantes, quatinus nos pro Dei amore nostra;que animae remedio sub nostra; tuitionis , ac defensionis mundiburdiuin omnes res et proprietates S. monasterii Benedicti , quae pertinere ad jam dictum monasterium per aliquod ingenium videntur, recipere dignaremur; ea videlicet ratione, ut nullus Dux, Episcopus, Marchio, Comes, Vicecomes, Sculdacio,Gastaldio, nullaque regni magna, vel parva persona monachos in jam dicto Caenobio deservientes de omnibus hominibus supra terras, et loca Beati Benedicti habitantibus, aliquam publicam functionem exigere cogat, vel molestet illos videlicet, qui illis monachis, pro tempore ibi habitantibus deservire 2i6 NOTE E wmmm ciipimit. Si quis vovo conlra Ecclesiam , cl monasterium Beali Benedicti molestiam, aut injuriam de omnibus rebus, 7iiobilibus, cl immobilibus , sive de hominibus ad eos pertiueulibus facere presumpscrit , sino legali judicio, sciat se compositurum auri purissimi libras cculum, mcdietalem Kamcra3 noslr® , et medietatem jam dicto monaslerio, vel abbati, et inouacbis ibidem commoranlibus. Quod ul verius credatur diligcutiusquc ab omnibus observetur. Sigillo nostro bauc paginam sigillare praecepimus. Adelberlus Cancellarius ad vicem Petri Episcopi, et Arcbicaucellarij recognovi, et subscripsi. Data scxlo Kalciulas seplcmbris. Anno Dominica; Incarnationis noncenlesimo ocluagesimo Icrlio. Indictione undecima , Regni vero Domini secundi Otlonis XXVI, Imperij vero ejus scxlodcciino. Actum in Lariiicnsi loco propc Civilalcm. M. PRIVILEGIO DI PAPA BENEDETTO Vili. ALL’ABATE ATENOLFO. C Rcq. Pctr. Diac. n.° ìC.) Benedictus Episco])us servus servorumDei IVarissimo nobis in Domino Jesu Cbristo lilio Aibeiiulfo venerabili et religioso abbati sacratissimi monasterii beali Benedicti confessoris Christi sili in monaslerio qui vocatur Casini, lua;que sancta; congregationi, succesoribusque luis imper- petuum. Convenit apostolico moderamini pia religione pollenlibusbenivola compassione succurere, et poscentium animi alacri dcvocione impartire snlfragium. Tunc enim lucri potissimum preemium a conditore omnium domino sine dubio promeremur, si venei'al)ilia sanctorum loca optime ordinata, et ad meliorem fuerint sine dubio statum nostra auctoritate perducta. Igitur quia vestra dilectio nostro apostolatni bumililcr Al SBfMDO lllìRn. m postulastis a nobis , ([uatcmis coiiccileromus et rocoiilirmaromns vobis snpradictuin luonaslcruni Cliristi confessoris boati ilcnodicli situili in territorio Aqnincnsc in monte qui vocatur Castro Casino, ubi sacra- tissiinuni corpus cjus luunatuin esse videtur, cuin omnibus adiacenciis sive pertinenciis , tam monasteriis virorum quamque et ancillarum Dei, neciion cellis ae prasdiis ubicimqne vel qualitercunque ad iura monasterii eidem pertinere dinoscitur, omnia in integro monasteria venerabilia. Imprimis Domini Salvatoris positum ad pedem ipsius montis, atque mo- nasterium sanctas Dei genitricis et virginis Mariai qiii vocatur Plombarola. Ilernque et monasterium santas Alariae in Cinghi, qui nunc infra civitatem Capuanam cdificatum est, similiter in eadem civitate Capuana cella sancti Benedicti, et monasterium Sancti Joliannis pncllarnm, iinmo et monaste- riuin sanctio Sophias infra civitatem Beneventana edidcatiim est, verum etiam et monasterium Sanctae Mariae situm in linibus Beneventani in loco qui dicitur Canneto iiixta fluvium Trinium, porro et monasterium Sanctae Mariae ancillarum Dei intra civitatem Cosenciae ( seguono i nomi di di ierre, chiese cd (diro siKjgeile alia Badia) Pro qua re piis desideriis faventes, ac nostra auctoritate id qnod exposcitur effectui mancipamus, et ideo omnem cuiuslibet ecclesiae sacerdotem iu praefati monasterii dicionem quamlibem liaberc hanc auctoritatem, praeter sedem apostolicam , pro- hibemus. Ita nt, nisi ab Abbate eiusdem monasterii fuerit invitatus, nec missarum ibidem solemnia praesumat celebrari omnimodo. Sed a praesenti duodecima indictione irrevocabiliter in perpetuum stabilimus permanen- dum, et cum Dei timore regeudum el gubernandum atque dispensandum statuimus. Post vero obitum abbatis nemo ibi abbatem constituat, nisi quem consensus et voluntas communis fratrum ex ipsa congregatione eligerit;et qui aliunde ibidem abbatem intromittere voluerit sub auatbeina sit. Insuper apostoliea censura sub divini judicii obtestatione , sed et validis atque atrocioribus anathematis interdicimus, ut neque ullus un- quam prffisumat quispiam qualiscumque sit dignitatis pra3ditiis potestatis, vel etiam quacumque magna parvaqne persona iu eodem monasterio, vel eius causis incumbere, aut de rebus et possessionibus , ve! ecclesiis sibi subiectis, vel qiiicquid de his quae ei pertinere videntur, qiiomodocunquo auferre aut alienare , sed nec quamlibet malitia» aut iactura» molestiam ibidem sive pacis sive barbaricis temporibus quoque modo inferre; dum profecto eum perenniter, ut dictum est, pacis, quam barbaricis temporibus firma stabilitate esse deccriiimus sub iurisdicioneSanctai nostra? Ecclesia» permanendum. Promulgantes nempe, et auctoritate Beati Petri aposto- lorum principis coram Deo et terribili eius examine per Imius nostri apostolici privilegii costituti sancimus atque decernimus, ut loca qua? NOTE E DOrrWEXTI 2{S ol)late cuiiislil)et ([ui nol)is in pocloni jircfall nionaslorli conimulala voi concessa siint , nccnon et alias locornm possessiones (jua3 a regibns ac dncilnis vel Caslalileis el a casleris Clirislianis in eodein sanclo loco largita alqnc oblata snnt ant in postniodum illic concessa l'uerint, lirma stabilitale iure ipsius prepliali monasterii existeada atque in perpetuum permanenda, statuimus. Nec licentia sit, nt dictum est, ex eius vel omnibus eiusdem monasterii pertinentibus cuiquam magna parvaque pars auferre. Aut profecto iuxta id quod subiectis isdem venerabilis locus apostolicis con- stituti atque privilegii consistit inconcusse dotandus permaneat, el liceat eosdem monaclios, nl dictum est, de sua congregatione abbatem semper eligere. Etiam licentiam vobis sil pro confectione Chrismo, vel oblatione el ordinatione presbylerorutn seu diaconorum el subdiaconorum , et aliorum coiisecramla. Concedimus etiam vobis in praedicto venerabili monasterio omnibus subjectis ecclesiis Cliristianis doles agere, episcopum vero qualem vobis placuerit invitandum , llymnnm angelicum per dies vero dominicos et faestibus omni tempore ad missarum sollemnitates dieendnm concedimus; el liceat vobis signntn pulsare tam in diurnis , quam in nocturnis horis, quando vobis placuerit , 'in jam dictum mona- slei’ium, quam el in cellis ejus: el nullus episcopus prohibeat poj)ulum Dei ingredi in monasteriis quam et in cellis ejns ad audiendum verbum Dei. Insuper etiam volumus, ut nullus Episcopus pnesumat in jam dicto monasterio , vel in subjectis suis ccclesis sacerdotem cxcomnnicare vel ad synodum provocare, aut abbatem vel monachos qui illo in tempore fuerint. Liceat vobis etiam clericum , seu sacerdotem , vel diaconum sive suhdiaconum, de quocumque episcopatu fuerit, suscipere ad habi- tandum vel monachicjim habitum recipieudum cum rebus suis absque prohibitione omnium Episcoporum : el liceat vobis, liiorimufue monachis tibique subjectis judicare tam monasteria, el ccenobia puellarum absque sacculari potestate et prohibitione cujuslibet Episcopi. Si quis autem, quod non optamus, nefario ausu j)ra?snmpseril lu'ec qme a nobis ad laudem Dei pro stabilitate jam dicti monasterii statuta sunt refragare, ant in quoquam transgredi, sciat, se, nisi resipuerit, analbematis vinculis innodatum, et a Regno Dei alienum, et cum Diabolo, el ejus alrocissimis pompis, atque Juda traditore Domini nostri Jbesu Christi mterni incendiis et suppliciis congremandum sit deputatus. At vero qui j)io intuitu observator, et in omnibus exlileril custodiens hujus nostri Apostolici conslitnti,el ad cultum Dei respicientibus, benedictionis gratia a miscricordissimo Domino Deo nostro per intercessionem Ileali llenedicti mnllipliciter consequatur , et viUc a'teriuT? particeps effici mercatur. Scriptum per manum Slepbani No- tarii, llegionarii, et Seriniarii. Data tertio idns martii per inaiium Domni Al SFMO lllìRO. 219 Grambosonis Episcopi et Bibliolliecarii S. Apostolic£E Sedis, anno Deo propitio PoiUi[ìcatiis Domili Benedicti Sanctissimi Octavi papae, sedente anno secundo, indictione duodecima mense marlii, die duodecima. n; DIPLOMA DI AUniGO H.“ DETTO IL SANTO. ( lleg» Petr. Diacci — Inedito.) In Nomine Sanclai et individua; Trinimtis. Ileinricns, divina favente clemencia, llomanormn Imperator Augustus. Oportet imperiali magniiu- dine prailatis Deo famulantium praiees obaudire, et cpiod pccicrint amore Sanctorum, (jnornm veneraeionc loca dicata sunt, ubi greges Dei divina militacioue et exeqni proeurant, libenter obtempm’are, (jiiaique munera erga eadem loca, ad percipiendam divinam retribucionem conferre. Quanto studiosius hoc quis procurare contendit, tanto, eius misericordia fultus, et pra?sencia facilius transilire, et mternam beatitiidincm felicius ea- peseerc promerebitur. Igitur cunctornm lidelium sanela; Dei Ecclesia; nostrorumque pra;5cncium videlicet ac futurorum cognoscat sollercia, quia vir venerabilis abbas Atinulfus, eruditus regularibus disciplinis, ct rector Ca;nobij Sancti Benedicti, qui est situm in castro Casino, ubi ipse sui corporis sepultura; locum veneraeionc dicavit, cum cuncta Congregacione quam in eodem loco sub regula almifici confessoris omnipotenti Deo Benedicti veraciter deservire cognovimus, per quos ipse venerabilis abbas pccientes ca;lsitudinem nostram , ut ob honorem Dei et rcverenciam eiusdem sancti loci, animaique nostra; augmentum, nec non stabilitatem nostri regni, secundum pra;decessorum nostrorum imperatorum praecepta, angustorum scilicet Caroli, Lotharii,Ottonis, per boc nostra; auctoritatis immo conlirmacionis prieceptum circa ipsum venerabilem locum ea ipia; subter scripta decernunt conlirmare et corroborare dignaremur. Omnes res et possessiones et maneipias et aldianas,cartulatos vel olfertos servos, et ancillas, cnm terris et vincis, silvis, montibus, planis, planiliebns, aquis aquarnmqne decursibus , atque piscariis posita infra fines Pandulphi principatus Capuano et Pandulphi Beneventano principi cum universis pertincnciis , qnm esse videntur infra has lines ipia; inferius declaramus, et (piod antiquis temporibus possessus est. Incipiente a prima fine ab ipso Camello et (piomodo salit per ipsa bantra usque in rivo sicco... (scfjuono i nomi di krre chiese, ed altro suggelte alia Badia ) In integrum, in m NOTE E DOClIME?fTI (juibuscumqnc nostri ropni finibus positi siint, et quac ad enndem vene- rabile inonasterium l)oati Benedicti Christi Confessoris pervenerunt et possessa; fuerunt , vel quolibet modo tenuerunt per hunc nostras con- firmacionis auctoritatem nostris futurisque temporibus abbates ipsius monasterii ipsius Sancti Benedicti firmiter inviolabiliter teneat et pos- sideat, ut facultas vel utilitas ipsius venerabilis monasterii exigerit ; ita iit nullus index, publice qnislibet ex jdicialia potestate in cellas et villas aut agros seu loca sive reliquas possessiones suprascripti caanobii Sancti Benedicti, quas moderno ipse in qnibuscumque pagis et territoriis infra nostri regni dicione insto et legaliter possidet , vel quicquid et deineps divina pietas ipsi sancto loco voluerit augere, ad causas audiendas vel frodi aut tributa exigendi , vel manciones aut paratas faciendas , vel fidciussores tollendos, aut homines ipsius monasterii tam liberos quam servos, seu cartulatos vel offertos, et qui super terram ipsius monasterii resident nullatenus distringendos, nec ullas redibicioues aut illicitas occasiones requirendas, nostris futurisque temporibus ingredi audeat, nec ea qua; superius memorata sunt penitus exigere pra;sumat , sed liceat pra;scntem Atinulfus venerabilis abbas ejusque successores, una cum cougregacione ibidem Deo famulantem sub nostra; munitatis defensionis quietos ordine vivere et residere, et Deum pro nostra anima supplicare: et quicquid fiscus ex i ure iam praefati monasterii pars publica sperare poterat, pro anima; nostr® mercede luminaribus ipsi sanctissimo monasterio nostra maneat auctoritate consessum. Necnon etiam a nobis adiit, atque confirmari placuit, ut ex omnibus rebus vel mancipiis ex ipso sancto monasterio pertinentibus cartulalis vel offertis, liberis atque servis ubi pars ipsius monasterii sancti citius valeat suam justitiam consequi: ita post facta inquisicione rem quem clamaverint per piwdictos veraces liomiiics iam prmdicto pertinere sancto monasterio , liceat monachis quiete possidere, ut nullus ex ipsis de prodicto monasterio in palacio quorum- cnmque taliter respondere, aut de sacramentum compelluntur. Si vero de servis aut ancillis vel de quibuslibet rebus orta contcncio fuerit, liceat monachis eidem sancti monasteri ipsos retinere, quousque in nostram seu crorundem successorum nostrorum presenciam veniant, et ibidem coram nobis positis deliberentur. Quicunque lianc nostram imj)erialem institu- tionem ire temptaverit, aut ea qua; supra memoz’ata incomprehensa sunt minime observare, quin fortasse violare aut dirumpere temptaverit, sciat se pa;na persolviturum auri optimi libras mille , medietatem camera; nostra;, et medietatem domno Atenulfo venerabili abbati, vel suisque suc- cessoribus, vel Ecclesia; Sancti Benedicti. Pimcipinius cciam, ubicumque repertus fuerit ex rebus ipsius sancti monasterii vel cellis illicitas atque Al SECflMlO LIBRO. 2ol damnosas seu inutiles quas scripeiones vel comutaciones , evacuentur cl ad eins potestatem Sancti Benedicti restituentur. Ut autem lisce nostra imperialis praicepcio per futurum temporum firmiorem obtineat vigorem, manus nostras subter firmavimus , et anulo nostro sigillari iussimus. Signum domini Ileiurici serenissimi et invictissimi imperatoris augusti. Ileinricus cancellarius vice Everardi episcopi et arcbicancellarii recognovi. Daliini aiinodominicse incarnacionis millesimo, XIIII, Indictione XII, anno vero domini Ileiurici imperatoris augusti regnantis duodecimo Imperii eius primo. Actum Romae feliciter. Amen. N.” SCniTTlIRA I>I PAPA BEIVF.BETTO KEI.tA (JUAfS:. CO?JTA COME E'IMPERAIIOKE AKlllGO FOSSE PRODIOIOSA MEN'^ SAAA'I'O I)I ra eadem terra. Quibus illi esaudienles deprecatio eorum , unanimiter cum eis perrexerad supra eadem terra una cum aliplures. Ipse qui supra Amatus presbiter et monaclms una seenni alleluio jam dictum abbocadorem praedicti monasterii paratus erad sucundum legem ad recipiendum ipsum auctorem in manu a prmdicti Arechisi, siculi inter se guadiati fuerad. Et ipse qui supra Araebisj paratus erad cum ipsa eartula et paratos ibidem abucrad Adicum fili quondam Martini, qui erad abitalor in finibus Calalie loco Uasiniano, qui erad auctores supradicti Arachisi et continuo miserad illum in manu secundum legem supradicti Amati presbiteri et monachi pro parte supra dicti monasterii , et guadiaberat se ambarum partium supradicto Adicum praedictum Amatum presbitemm et monaebum : tamen ille erga seenni abebad jam dictum abbocadorem pro parte supradicii monasterij tali linore, ut ipse qui supra Adi et suos heredes, et ipse qu’ supra Amatus presbiter et monachus una cum jam dicto abbocalore supradicti monasterij , quam et pro hia jam dicti monasterij jungeret le cum scriptionibus suis ad standum exinde inter se ad legem, et perfectam finem exinde inter se faciendum , et ipse qui supra Amatus presbiter et monaclms una cum jam dicto abbocalore pro parte supradicti monasterij liante supradiclis judicibus oslenserad coram cis in judicio unum scriptum perlinentes supradicto monasterio, qui in manu corumque judicibus dederad et fecerad eum relegere , audiente suprascriplo Adi et celeri plures. Qui relecto continebat inter cajtera quomodo Jobanne monaclms missus domini Aligerni venerabili abati monasterio S. Benedicti de Monte-Casino ille enim pro... suprascripli monasterii liante praisentia Jolianni judici et de ali testes declaraberad, quia dominus Aligeriius venerabilis abbas per ipsum scriptum conbenicnlie, in parte dederad ad laborandum Majoiii et Jliovauni germani et fili quondam Fuscari quante mi E DOEUMEXTI 2Ca Icrris illc rclinebad infra ipsa Ciuio jani ilicli monastcrij , quo abuerat infra (inibiis l’eira Mellaria , ubi dicilur ad Cose, abenle finis cimi ipsa ab una parlo ribio mule per tempus aqua decurrid, et terra de fili quon- dam TSaiitari, et terra de nepoti Grasari : ali parte serra de Monte quo dicilur Morene , et descendit do terra de felicitani et quomo ibad ipso limito qui deseruit inter bec terra et terra suprascripti monastcrij , et terra de omiiies de ipsa plana partiet badit in fossata et Cesa quo dicitur Galtarola et fini Cesa senocclosa et lini serra de Monte et quomodo descendit iulus bio de ribio, qui dicilur Cimenla, et quomo salii ad ipso ribio infossala qui veuiebad da ipsa Morrctella et de yezad in Iota munda, et quomodo ibad directo ad ipso termino, qui statuto erad in ipso inolile, qui decornid inter hoc terra de homines de l’etra mellaria et licsccndcbad in ipso putco qui dicilur do Biclore. Terlia pars terre de loco Cucuziana, et quomodo ibad ipso limilo qui decernebat inter hec tei’ra et terra venensi , et quomodo ibat terra de gcncralioiio Omeli , et fossatu qui erat inter lice terra et terra do fili Trasani in ornai raliono et ordine qui codem scripto continero videbatur. Set cum codem scripto per ordiiiem relecto fuerat audiento suprascriplo Adi et celeri plurcs,cepcrand ipse, qui supra Adi manifestanter diceret, ut ipsa scriptio vorilosa cfcrel, et ilio infra suprascriplo finis qui ipso scripto contineret nullam sortem aberot, nec ipsos ad partem suprascripti monastcrij nunquam conlraret, que ibique presens aderant. Leo fili quondam benenesi abilator de Petra mellaria insimul cum cum aderant Leo et Imperato germani eo fili quon- dam Jubiiii, qui erad abitatori in finibus Calafie loco Dasinianu, qui ipsi toti una eum prcdicto .Adi quasi ex uno ore loti ceperad dicere, ud ipse scripto ile omnibus qne contineret veri vcriloso eferel,et illi iiifrascriple linis que ipse scripto conliueret nullam sortem alierei, nec ipsos ad partem supra- scripli monaslerij nunquam contrarcl.nec exinde de illi suorum heredibus contra partem suprascripti monasterij et eius abbalibiis atque rectoribus, et faceret illi exinde tacere seniper omnes illos, Causatores, qui propter et datum ipsorum contra pariem suprascripti monaslerij causare aud conten- dere quesierit per pena obligata illi componendum ad partem suprascripti monaslerij et ad eius abbatibus alque rccloribus vigiliti solidi aurei vizanlci , cl ipsos eorum complirct per in bitis et celera in omni ratione et ordine sicut in ipso scripto continebatur, qui scripto erat per Adelfrit Clericum et Notarium per demandatione de suprascriplis judicibus in set- timo anno principatus domini Landenolfi gloriosi principis, mense AgustOj secunda indiclioue, et roborato ponebad per supra scripto Suppo judes et per suprascriplo Jaquinlo judes et llocci et per Joliaune relecta vero scriptio ipsa per ordine dicebad ipse qui supra l’elrus presbiler et mona- AL SECOMH) LlinU). 2(il elms una cuin jaiu eliclo ahbocadore corumqiio Arecliisi et Donali ni illi Inlissct IVngos inalo ordine de ipsa terra qnc ipsa scriplio snjirascripli inonaslcrij cominci, mule illi quo anditi dixerad, ni ipsa scriplio snpra- scripti inonasterij falsa esserci el non herilosa, nude ijise qui sopra l’cli ns prcsbiler el monachus dixerad una cimi jain dicto abbocadore prò parte snprascripti monaslerij, ni scriplio ipsa berilosa essct et non falsa et cani avverare poterei secundam legcin el consnclndinein qnoinodo pars supra- scripti monaslerij consuetudo lini coinbcrandum scriplio et dalns fneral hitcr eis judicium da ipsn Judicem et per suo judicio gnadiaberat se amba- rum partium nd qui sopra l’elrus presbiler et monacluis una cimi prcdiclo abbocadore plicarcl se cimi Evangelio, et ipsi qui sopra nominali Arccliisi el Donalo plicaret se, et plicaret Lodoicus et Bererardns filius quondam Garemani el primis juraret illi singulos alque singulos langeret et no- minaret ipsa sancta Dei evangelia, et diceret per Sacramonlum, od certa suspetio illi Irahcrel ut ipsa scriplio supradicli monaslerij falsa esserci e t non veritose et ubi illi lalia juraret , presens deberet illi plicaret Sancta Dei evangelia prò parte supradicli monaslerij comberanli ipsa scriplio qualiter diximus, et ubi scriplio ipsa comperala esserci, ac tnne die illa et semper deberet ipsi prenominati complire in omnibus secundiim qualiter scriplio ipsa legebatur, exapta pena quo ibidem continebat, quomodo minime componere dcbucrad, sicut disposiluin fucrad a bone memorie domuns Landolfns jam olim princeps. Unde per partem inter eis fidem jnssorem positos abuerad. Tn conslitnlo vero qui inter cis posuerad plicati fuerad ipsi qui supra Araebisi et Donato el Lodovicus clBercnardus coram presenlia supradicli judici et alii testes, et ipse qui supra Petrus presbilcr monachus una cum prcdiclo abbocadore ad defenienduin inter se, sicut guadiali fuerad; set antequam ipsos inter se per legem finite per collo- quium bonorum hominum vencrad exiude inter se ad combenienlia ; ad ipsi qni snpra nominati donaret ipsa sacramenta ad pars supradicli monaslerij , et supradicto l’etrus presbilcr et monachus una cimi jam dicto abbocadore pro pars snpradicti monaslerij donaret eorum ipsa sacramenta , quod illi ad partem supradicli moiiasterij facere debuerat , et illi manifestaret , ut scriplio jam dicti monaslerij in omnibus , que. contineret , vcrilosa esseret el obbligarci se illi pro parte supradict monaslerij per omnia, sicut inferius legitur, el slatini sicut domino Deo placuit, el firmaberad inter se combenientia ipsa; in ipsa ratione ud superius legitur, et inferius leguntur; el continuo doiiaberad pro parte sacramenta ipsa in omnibus per ipsa ratione que supra leguntur et liaunegill pro parte exinde in se receperat camisuin unum iii omni decisione pro pena obligata, componendum illi vcl illorum heredibus ad 262 ^■(ITE E DOCliMESTI parleiii supradiclinionaslerij,vel cui ipsa scriptio in inanu ponuerit solidos decein vizautoos , et partnin supradicti monasterij similiter eorum et ad eorum heredibus, et coiiliuiio voluntatis suis per ipsa combenientia et per ipsa cartula manifevlum fecerat ipsi ({iii supra nominati Aracbisi et Donato et Lodovicus et Bereuardus; jam dicti Petri presbiteri, et monachi tameii ille erga secum babeiido jam diclo abbocatore, (juam et prò bia supradicti monasterij , quia integra jam dieta curte per jamdicte linis et judicationibus legd)iis esset pertinentes ad pars supradicti monasterij per ipsa scriptio et per aliis rationibus eiusdem monasterij , et scriptio ipsa in omnibus , que continet veritosa esset et ipsorum prenominati nec ad illorum heredibus nullam non est de integra ipsa Curte vel exinde pertinentes, neque scriptione, ncque per ereditatione ncque per pos- sessione ncque per alia quascunque adimbenta ratione et obligaberad se ipsi qui supra nominati se et suis heredibus ad partem supradicti monasterij , ut compii ret de integra ipsa curie vel exinde in omnibus qualiter in ipsa scriptio continebad ; co quod heredes esserci supradicti Leoni, eo quod ila inler eis combenerad: si autem ipsi qui supra nomi- nati Aracbisi et Donato et Lodoicus et Bercnardo vel illorum heredibus a laudo et quocumque adveniente tempore per quocunque ingenium causare conira partem supradicti monasterij , vel cui ipsa cartula in marni ponuerit de ipsa jam dieta curte per jam diete finis et judicatio- nibus, qualiter dixerat, vel exiudo sibe perscriptionem aud per qualibet rationem et si non fecerit et non compleverid ad pars supradicti mo- naslcrij , vel cui ipsa cartula in manu ponuerid , ea omnia qualiter superius legitur, vigiliti solidi aurei viszaiitei pena se ipsi qui supra nominati Aracbisi et Donato et Lodoicus ct Bcrenardo et suorum heredibus ad partem supradicti monasterij vel cui bec cartula in manu ponuerid componere et dare obbligaberad et alia cetera que in ipsa scriptio continebad que scripta erad per qui supra Adelfrit clerico et notario; in tertio anno principatus domini Paldofi gloriosi principibus ambo fratres mense settember secunda indictio, et roborata per qui supra Mari judes et per qui supra Jaquinto judes ct per qui supra Suppo judes. Cumque ipsa scriptio ostensa et per ordinem relecta fuerit coram predirti domuum Landoue comitem et predictum judicem iu auribus supradicti Araebisij. Contra cum causare cepit ego qui supra Aezo et Presbiter et monachus atque prepositus una cum predicto abbocadorc ut postquam ipse qui supra Aracbisi manifestabis fuisset et obbligatus de ipsa curte per ipse linis que ipsa scriptio continebat postea malo ordine ille ibidem fecisset et biles et ambores fructabiles inde incidisset et refugia exinde tulisset, etiam qiierebat ipsa scriptio remoberc ; ille quo audivit, negabit AL SECONDO UDRÒ. 2(i3 diccmloj ul bcnem non esserci. Ego qui supra xNczoPrcsbiler el inonaclius alqiic Prepositus una ciun jaiii (lido abbocadore diximus ut lalia ci probare non potuerimus tante jusum est a supradicto coins. ipsius Judici , ut judicaret nobis do Prepositus vel alter missus supradieti monasterij plicemus nos cum evangelia, el ipse (jui supra Aracliisi plicet se cum sacramenta! ibus suis legitimis et juret ad pariem supradieti monasterij de predicla questione secundum legem el delaliter nol)is complendum, medium nobis posuit Jaquinla lilii ejusdem Jaquindi Jud ei pro eo quod ipse qui supra Jac[uinlo declaraberad se habere filios legi- timos ut ipsi conservat: et ad pignus obligat se ipse qui siq>ra medium se et suos heredes mihi qui supra Aczoiii presbiteri el monachi al(jue prepositi ; vel ad alter missos supradieti monasterij de causa sua et per nomen bobibacce et alia omnia causa sua usque ad legem. Scripsi ego qui supra Adelfrit clericus et Notarius, et interfui. OSSERVAZIONI. Molta luco viene da questa carta sulla storia dei giudizi nel medio Evo. Muratori nella 3 1 .“dissertazione delle anticliilà Italiano, dopo avere discorso sui Placiti elio si tenevano neHetà di mezzo, pone in luce molti di ([uesti Piacili clic bene danno a conoscere dello jwrsono jiresidenli, e chiamale ai giudizi, c della forma di questi; ma pare che questa scrittura dell’XI seco- lo, che la prima volta pubblichiamo, tali particolari circostanze contenga su’i giudizi , da tenersi in maggior pregio dv'lle muratoriane. Innanzi aLandono conto di Tùuio ed ai giudici di questa città , datasi le parti l’arra che li astringeva a com- parire in giudizio, convenivano i litiganti. Ib'oponevasi il negozio in questione, si prolferivano le sciillure d’ambe le parli, presenti i testimoni, e tutti coloro che volevano intervenire; se ne faceva pubblica lezione , c poi il conte c i giudici si pone- vano a sentire le parli, che della verità o falsità delle scritture contendevano. Si udivano i testimoni che deponevaiio su raulcnlicilà di esse sciilture; e dal numero delle testimonianze i giudici profferivano sentenza. Se nissuna delle parli voleva quietare dopo il giudizio, allora secundum Icfjcm cl consue- hidincm le parli davansi mutuo pegno, ut plicarent se cuni 201 ?;OTE E DflfXMEXTl Evangelio, cioè clic sarebbero per provare con giuranicnlo la veri là, ed a stare a quello ebe per giuramento sarebbesi conosciuto. Ma innanzi venire a quell’ atto solenne, tentavasi alti-a via di accomodo, cioè l’intervento di uomini probi, i (piali ponessero buono parole ad accordare le parti, per eollo(iuiwn bonorum hominum. 11 quale ove fallisse, venivasi al giuramento die decideva della lite; si fermavano i patti, un lìdciussorc toglieva i pegni a guarentire l’ osservanza di quelli. Ove venissero poi violati i patti, a doppia pena pecuniaria assoggettavasi il violatore, runa era per ragion delFarra data, (i) la quale era il segno deH’obbligo di osservare il comenuto, l’altra era por le fallite condizioni; questa era di venti Bizanli , ed obbligava anebe i figli e gli eredi del violatore. Queste cose operate al cospetto del conte e de’ giudici, de’testimoni c di tutta la gente convenuta, sceglievano le parti un fideiussore (medium) il quale doveva provare m giudizio , essere padre di legitimi figli, e ciò riebiedevasi per avere argomento della onestà di lui, dovendo prestare sicurtà. Da ultimo le parti e i testimoni ( ebe si cbiamavano sagra- mewVdXx') plicabant se cwn Evangelio cioè si accordavano per giuramento fatto su gli Evangeli , die tulli toccavano e nominavano giurando. Il fidejussore o tnedio^ clic aveva dato sicurtà, obbligava se stesso, suoi credi, ed ipotecava ogni sua cosa familiare, la (piale spesso nelle aiiticbc carte trovasi significata colla voce causa. Ma in (piesla pergamena è più ampia formula dalla quale lascio che altri più dotto di me cavi un qualche costrutto; de causa sua et per nmnen Bobibacce et alia omnia causa usque ad legem. Finalmente per ordine del conte i giudici prolferivano la sentenza al cospetto di lutti, ed il nolajo ( 2 ) confidava alle carte la sentenza dei giudici, e la confessione della parte. (1) Vide Leg. 8. lib. 5 . Luitprandi Reg. Murat. Rer. Ital. Script. 1 . I. par. 2. pag. Sg. (2) Mur. A'ilicp Med. /Ev.Dissert. 3 i. Tom. 2. pag. 974. M SECONDO LIBRO. 265 ESAME DI ALCIIVI DEI PIU PREGEVOLI CODICI SCRITTI O ACQUI- STATI DAI MOVACI DI MOVTE-CASSIVO IV TUTTO IL TEMPO COMPRESO DALLA VARRAZIOVE DI QUESTO SECOVDO LIBRO. Se io volessi porre ad esame, e rendere minuta ragione di tutti i MSS. elle sono in questo Archivio Cassinese , opera commendevole degli antichi monaci , alla volontà falli rehho il potere; e potendo, mi dilungherei dal proposto di una sem- plice narrazione dei fatti Cassinesi. Tuttavolta poiché promisi arrecare i documenti , ossia le prove delle cose che discorro in ciascun libro, era pur necessario, che, avendo detto come e quanto applicassero l’animo gli antichi Cassinosi alla scrit- tura dei Codici, arrecassi alcuno argomento del detto. Ed a questo debito, mi pare, avere satisfatto, togliendo ad esami- nare ed a dire intorno ad alcuni dei più pregevoli j\ISS. che sono in questo Archivio. Nella quale opera avrei disperato delle mie forze , ove non mi avessero dato spalla (piosti miei confratelli; e specialmente il P. abate Fraja-Fraugipane prefetto deU’Archivio , dottissimo dell’arte diplomatica, ed il 1*. Kalefati, giovane che tiene lodevolmente le poste del mae- stro Fraja, e che grandemente mi ha soccorso dell’opera sua. Dirò del contenuto in ciascun Codice , che imprendo ad esaminare ; accennerò cosa vi si trovi ancora inedita , ma brievemente. A questa brievità io venni confortato e dalla ragion dell’opera, che non comportava lunghezza di lucuhra- zioni, e da un divisameuto che è sorto nelle menti dei giovani Cassinesi, d’imprendere, Dio concedente, una periodica pub- blicazione di quanto v’ha d’inedito nell’Archivio; nella quale opera più ampiamente verrebbe chscorso di questi Codici. In tanta disperazione tli mezzi non è poca cosa U buon volere. I.” ORIGENE. Sebbene avessi accennato ncH’antccente libro, discor- rendo dell’opera che posero i monaci nella scrittura delle antiche oliere, del prezioso Gorlioe di Origene; pure togliendo XUTE E DOCUHESTI 2ti(i ora a ragionare brevemente de’ più preziosi MSS. di (pieslo Archivio Cassincse , è lx!ne che incominci a dire da (piell’an- zidello Codice, |X)nondolo a più diligente esame. Questo MSS. 34 ^ composto di fogli membranacei lia titolo estei’iore: Orìgenes in Epislolas Pauli. È in foglio piccolo, di forma quadra ; la quale aecenna a remotissimo tenqx) (i), e scritto con caratteri unciali. Peraltro c da osser- vare, che sebbene tutto il Codice offra l’anzidetta forma di caratteri, pure i primi 82 fogli sembrano scritti da mano più recente, differente da quella che scrisse i seguenti più antichi. Non è a dubitare dcHanticbità di questo Codice per le cose dette intorno alla forma , ed ai caratteri : nè credo che sarà improbabile congettura quella che farò intorno al secolo in cui fu scritto per gli argomenti che produn’ò. Non dirò intorno a questi caratteri unciali, avendone sapientemente ed abbastanza discorso i PP. Benedettini di S. Mauro ed altri dotti : bastami accennare , come questi non fossero più usati dopo r Vili secolo, e perciò prima di questo tempo c da con- sentire che fosse scritto questo Codiee. Leggonsi [X)i queste parole al foglio \ 2 Ò.Donaius graiia Bei prwsbiier proprium Codicem, Juslino Augusto, tertio post consulatum ejus, in (udibus B. Petri in castello Lucullano injirmus legi Icgi legi. Questo prete adunque di nome Donato leggeva nel castello Lucullano , oggi detto Castello Nuovo in Naj)oli , questo Codice , il terzo anno dopo il Consolalo di Ginslino. Quest’ accennare il terzo anno dopo il Consolato ci assicura, che questo Cinslino non sia il l." ma il li." dello juniore, essendosi introdotto sotto questo princij)e la maniera di com- putare ad anni post eonsulalum. Il terzo anno dopo il Consolalo di Cinslino juniore cade appunto nelFanno 54.3, essendo fanno primo dopo il suo Consolalo il 54i- H Codice adunque fu scritto prima della metà del VI secolo. Ne’ primi 32 fogli , che sono piìi recenti degli altri , leggesi la (i) Nov. Traci. Dipi. Tom. 2.” pag. 118» Al SECONDO UDRÒ. 2(n esposizione di Oricene dell’ Epistola di S. Paolo ai lioimni, volta in latino da Rufino, il quale, come avverte il Cave, (i) interpolò molto l’opera di quel sacro scrittore, od è continuata ne’ seguenti fogli più antichi fino al 2 ." paragrafo del libro 1I.° ( 2 ) e lutti i comenti dell’altra Epistola: ma questa conti- nuazione non è secondo la versione di Rufino,anzi non c opera di Origene, ma, come leggesi neH’appendicc del IV tomo delle opere di S. Ambrogio, (3) malamente attribuita a questo dot- tore. Si travagliano molto i monaci nel ragionamento che propongono a queste scritture supposte di 8. Ambrogio , a chiarire, che non possano attribuirsi a quel dottore le anzidetto esposizioni su le altro Epistole di S. Paolo. L’antichità del nostro MSS. sembra che confermi ro|)Inione di que’ padri, stante che , essendo questa scrittura da locarsi tra il V e VI secolo, ed Ambrogio essendo morto al 3p7 , non paro che le opere di quel dottore si diffondessero cosi presto In (piesto regioni, guardando alla difficile propagazione delle scriltui'c. Ma non volendo mettere in non cale quel nome di Ambrogio che malamente è preposto a questi comenti, potremo conget- turare, che siano opera di queU’Amhrogio Alessandrino amico di Origene, che lo forniva di tanti mezzi a scrivere, e gli fu cosi caldo confortatore a comporre i comenti sulla sacra Scrittura : oltre all’ antichità ed alle molte varianti , che si trovavano specialmente nell’ ultimo capitolo dell’Epistola w/ Corinlliios, è prezioso questo Codice per la prelazione di Ru- fino , che è innanzi alla esposizione dell’ Epistola ai Romani , la quale è più prolissa di quella pubblicata finora : ed c bene produrre in luce quello che ancora rimane inedito. IlfEretici potant vel sortis incerto, vel natura? melioris prerogativa fuisset electus, numquam utique timuisset, ne si minus corj)oris sui fr®na tenuisset, evenire posset ut reprobus fieret, vel sibi futurum si evangelizare cessasset , denique et ipse in consequentibus latius (1) Sax:. Novali. 74. (2) Ediz. Pari, de PP. Maur. 17^9. ( 3 ) Venezia 1 7I) i. KUTE E DOCl'MEXTl disserens, dicit, quia siano stali pubblicali non so; trovo dio il Fabricio affermi essere stali pubblicati in Pavia nel i4-9i i Goincnli sul Codice (li Niccolò (la Napoli, eAe sono prohabilmenle dello Spinelli. Non avendo a mano questo libro stampato nel XV secolo, non posso afTermaro se questi del nostro MS. siano appunto quelli pubblicati in Pavia , concesso che siano dello Spinelli. 'J’uttavolta è chiaro, clic mente di molta lena , e dottissimo delle leggi s’aveva il cbiosatore del Codice Cassinese; e non trovando altri nel lleame Napolitano chiari per scienza di leggi nel XIV secolo , che lo Spinelli , ed Andrea da Isernia, ad uno di questi due più che ad altri potrebbonsi attribuire lo anzidelle chiose. Su lo quali più lungamente potrà dirsi , (piando se ne imprenderebbe una pubblicazione, peraltro (liflicilissima, per la poca intelligibilità dei caratteri. 11 detto aduiKpie è tutta congettura. CODICI dell’abate teobaldo. Nel Codice sognato n.” Sy che contiene i Coment! di S. Agostino sopra i Salmi, e noiraltro segnato n.° 28 in cui l(*ggesi l’opera di questo dottore de Civitate Dei^ fatti scrivere dall’abate Teobaldo, trovo la serie de’ Codici, che i monaci scrissero per cura di questo abate. Al foglio 58y dell'uno, ed al 585 dell’altro con poche varianti leggasi : In nomine Domini nostri Jesu Christi anno Dominicae Incarnationis 1023 Indictione VI, anno videlicet ordinationis suae secundo Domnus Tcobatdus llevcrendissimus al)bas hunc librum de Expositione Salmoriun S. Augustini Episcopi in hac Ecclesia S. Benedicti, rd)I sacratissimum ejus corpus humatum est, scribere praecepit cum aliis XXII Codices. Hi sunt. In primis: Omelia quadraginta, Moralia pars prima, Liber rsalmoruni , super Epistolas S. Pauli editae a Claudio Episcopo, Raba- iitiiu, Librum S. Triuilalis, qui Deus est, Ynuiaria duo in Choro semper habenda , Chronica S. Eusebii Caesariensis Episcopi , et Hierouimi Praesbiteri , et Isidori Episcopi, et Prosperi, et Joannis, Historia Roma- m ROTE E DflCniERTI nonim, Ilisloriti Longobardorum, Ediclnrn Regimi, Ponlifìcalc Romano- rum Ponlillcum, Libcr ofilcioruui S. Isidori Episcopi, Lilicr concordiae Canonum , cl Librimi Canonum , Decretale Poiililicum , super Marcuin cdiluni a venerabili I3eda Presbiteri. Slogiiono queste bestiali imprecazioni. Si qnis autein vel uiiiiin de os libros qui superius scripti sunt de predicta Ecclesia S. Benedicti quolibet modo auferre inolierit, vel temptaverit, non liabeat pars neque sors in resurrectione Justorum. Sed sit pars ejus cum his qui ad sinistram positis in aeterno igne damnandi erunt, et hic dum advixerint aiiatliematis vinculo sint innodati. Dicite omnes queeso : Fiat fiat. Et similiter patiatur qui hanc anatheraaui de liuiic librum avolare studverit. CODICE DI RABAAO MAURO. De’ MSS. qui nominati ora non avanzano clic questi. Aufjusiìnus , de civilate Dei — Idem de TrinUaie — Idem super Psedmos — Gregoriiis IlomilìasXL — Idem Moralia — Claudius in Epistolas Pauli — Rahanus Elhimologia' rum — Peda super Marcum — Ponlificale Romanorum — I mSS. die contengono le anzidette opere di S. Agostino sono oltremodo pregevoli per molte varianti, dalle quali potrebbe cavarsi molto profitto per emendare le già latte edizioni. Quello di Rabano, prezioso gioiello, ba questo titolo esteriore — De Origine rcrum — che è appunto quello accennato da Leone Ostiense col titolo Elimologiarum, è in foglio grande, ma scemo di alcuno pagine al principio ed alla fine. Questo Rabano Mauro nato in Fulda neiranno 780, e monaco della Badia Fuldense fu uomo stupendo per ogni maniera di stipien- za , di clic dette splendido argomento con questa opera delle Etimologie , in cui è quasi compilato tutto il sapere degli uomini dell’ottavo secolo: quivi di scienza, di lettere, di arti si discorre come ognuno può vedere nella edizione che ne fu fatta con tutte lo altro opero di quel monaco in Colonia nel 1627 per cura di Giorgio Colvenerio. Un monaco nei tempi oscuri poneva opera ad una Iniciclopedia , cui cciilo sapienti Al SECONDO LIBRO. 289 del secolo illuminato non bastarono— Nel Codice Cassinese sono un grandissimo numero di disegni coloriti che illustrano le cose che Rabano va dicendo nel Codice ; i quali fanno a maraviglia conoscere i costumi di quel tempo nelle arti nei mestieri nelle vesti ed in tutto. Noi riportiamo un contorno ridotto alta metà di alcune figure che sono in questo Codice— Al capo de macellis è ritrattato un beccajo che ammazza un becco , con altri animali uccisi e pendenti da una trave. i piedi in due fori che sono in una trave, all’altra banda una donna parimenti assisa, c fermati i piedi per una corda che passa per due anelli. Lo che mostra come in quei tempi nelle prigioni fossero i rinchiusi anche tormentali della persona. 290 \0TE E D0EniE\TI COMENTI DI CLAUDIO VESCOVO SULL’ EPISTOLE DI S. PAOLO. MS, 48. È pur de^io di osservazione il MS. segnato n.° 4-8 in loglio scritto al cominciare dell’ XI secolo, uno di (juelli che furono scritti per cura di abate Tcobaldo ; il quale contiene i Commli su di alcune Epistole di S. Paolo di Claudio Vescovo — Se si volesse prestar fede a colui che pose l’esterno titolo a questo Codice , potrebbesi dire, que- sto Claudio essere stato vescovo Antisiodorensc — Claudii Anlisiodorcnsis in Epistolas Pauli, Ma appunto questo soprannome di Antisiodorensc mostra, questo Claudio essere colui, clic alcuni dissero, come Jacopo Varrco ne’ suoi scrit- tori Irlandesi , Scoto , ed altri Antisiodorensc , c che poi per sulllcicnte argomentazione fu riconosciuto per Spagnolo , e vescovo di Torino — Il titolo al Codice fu mosso nel secolo XVII. Adunque di questo Claudio vescovo di Torino, nativo di Spagna , die anche fu detto Antisiodorcnse , seguendo il Cave, non altra scrittura è conosciuta per le stampe , che il comcntario sull’ Epistola ai Calati, che leggasi nella biblioteca dei Padri, Tom. XIV. p.i34; la prefazione, e la fine di altro comento sul libro del Levitico , pubblicata dal Mabillon (i) la prefazione al comento dell’Epistola agli Efesi pubblicata dal medesimo ( 2 ) ; una scrittura che ha titolo = Chronologia brevis juxla Hebraicam Sacrorum Codicum aucloritalem pubblicata dal Labbè (3); un piccolo sunto di un libro intitolalo = Apologclicus, et Rescriptum adversus Theode- mirum abbatem de eultu Imacjiìiwn et Sanctorum = quale sunto mandò in luce Melchiorre Goldasl. (4) Tra le opere di Claudio inedite sono i comenti suH’Epislole di S. Paolo contenuti nel nostro MS. — Claudio Spagnuolo fu discepolo di Felice vescovo di Urgclla in Ispagna, c nacque ( 1 ) Analec. Toni. i. p. 3o. ( 2 ) Idem, p. 4- (3) Bibl. nov. MSS. Tom. i. pag. Sog. (4) De cultu Imag. jf)!. Al SECONDO LIMO. 291 noli’ anno 812, o a qiieslo tomo. Andò in corto di Ludovico il Pio conio Proto, vaio a diro come sacro oratore di S. Scrittura. Por ragiono del suo ufiicio pose opera continua a comontare i libri del Nuovo e Vecchio Testamento. Ludovico lo prepose vescovo alla Chiesa di Torino ; c quivi Claudio pazzamente si dette a combattere il culto delle S. Immagini. Fatto Iconoclasta, Tcodemiro abate benedettino Francese, che gli era stato innanzi unito di grande amicizia, gli scrisse contro una lettera piena di fuoco, ed egli di rimando gl’ indirizzò il libro anzidetto=^m/oye/few5, et Rescrijìlwn ecc. Mori neiranno 889, e come vuole rUghelli (i) in odio a tutti, per la guerra che lece al culto delle sacre Immagini. Tra le opere scritte da Claudio trovo i conienti su tutto le Epistole (U 8. Paolo, dei quali fan ricordanza l’ Ondili ed il Cavo, e i quali sono tuttora sconosciuti per le stampe , eccet- tuato quello sull’ Epistola ai Calati , che fu detto, essere stato pubblicato nella Biblioteca dei Padri. L’intera opera di questi conienti sull’Epistola di S. Paolo, dice l’Oudin, contenersi in due volumi MSS. della Biblioteca diFleury segnatiA.i.cd A. 2. ed anche separati rinvenirsi in altre Biblioteche. Tra queste ò la Biblioteca Cassincsc in cui trovasi il sopradetto Codice: in esso leggonsi i conienti su l’Epistole di S. Paolo ai Romani, sulla prima e seconda ai Tessalonicensi , su la prima e se- conda a Timoteo, su quella a Tito, a Filomene ed agli Ebrei. Foglio I." a tergo. In Christi nomine. Incipit Praefatio in Epistolam ad Romanos. Amantissimns Domini Sanctissimus Augustinus clialamus Trinitatis, lingua Spiritus Sancti, terrenus homo, sed cajlestis Angelus ;olim terram pedibus ambulans, sed ccclum semper meritis possidens; corruptibilique atque mortali adhuc carne circumdatus, incorruptibili Angelicaque visione atque immortali intuitus semper est Dominum. Acer ingenio, suavis eloquio, saccularis litteraturae peritus, in Ecclesiasticis laboribus operosus, in quotidianis disputationibus clarus, in omni sua actione compunctus, in expositione lidei nostrae catholicus, in qumstionibus solvendis acutus, in revincendis ( 1 ) Ilal. Sac. Arcbiep. Taur.Tom. 4. colum. i43r. 292 NOTE B DOCOIEXTI ll.-crolicis circnmspoclus, in Mplanandis scripluris canonicis cauliis. Qui cimi lanliis ac lalis in cxcrcitalionibus Ecclesiasticis sii inventus, fatetur tamen de semetipso jii suo libro retractationum, quod ccepcril hanc ad Honianos exponere Epistolam, atque de titulo ipsius Epistola) unum fecerit librum, qui etiam penes nos est ; sed postea, ut ipse in eodem retractatio- num libro fatetur, dimisit eam, territus illius magnitudine atque obscuritate ad alia faciliora tendendo. Nos vero longe impares ejus sanctitati atque meritis, ex ipsius sancti viri sententiis, quas pro diversis ejus libris invenire quivimus, hanc exposuimus Epistolam, aliqua etiam ex Origenis expositione ibidem adjunximus, nonnulla etiam, ut nobis visum est, pertractavimus. Sed quia aliqui, ut nobis relatum est, ob aimulalioneni nostri modo boc arripiunt opus, qui si bene egerint non invidemus , sed potius congaudemus. IIoc tantum obsecramus, ut qui illorum torrentem legerit nostrum non obstriidat aut contemnet vel despiciat rivulum : Illud autem quod quidam in praifationeni hujus Epistolae posuerunt, quod proplerea prior poneretur incapile quasi inferiores (1), eo qiiodllomani tam rudes essent, ut non Dei gratia sed suis meritis crederent se esse salvatos; quod quidem non ita declarat in omnibus textus ipsius Epistola), quae omnibus sensu profundior est: sed hoc potius credendum est, quod illi qui membra Epistolarum in uno corpore colligerunt, illam judica- verunt sedere in capite, quae ad urbem directa est, quae illo in tempore caput totius exlitit orbis. Fog.2.° Incipit argumonlum in Epistola Panli ad Romanos. In Epistola quam Paulus Apostolus scripsit ad Romanos, (quantum ex ejus textu inlelligi potest) quaestionem habet talem. Utrum Judeis solis Evangelium Domini nostri Jesu Christi venerit propter merita ope- rum legis, an vero, nonnullis operum mei’itis pra)cedentibus , omnibus gentibus veniret justificatio fidei, quae est in Christo Jesu; ut non ipiia justi erant homines crederent, sed credendo justificati, deinceps juste vivere inciperent, lloc ergo docere intendit Apostolus , hominibus ve- nisse gratiam Evangelii Domini nostri Jesu Christi. Quam proplerea etiam gr-atiam vocari ostendit, quia non quasi debitum justitia) redditum est, sed gratuito datum. Cceperunt enim nonnulli qui ex Judeis credide- rant tumultuari adversus gentes, et maximo adversus Apostolum Paulum, quod incircumcisos , et a legis veleris vinculis liberos admittebat ad Uvangelii gratiam; pra)dicans cis ut in Christum crederent, nullo impo- sito carnalis circumcisionis jugo , sed plane tanta moderatione , ut nec (t) Ita in Codice. AL SELOA’IIO LlonO. 2!J3 Juilcos superbire permiUerel tamquam de meritis operum legis, nec gentes merito fidei adversus Judeos inflari, quod ipsi receperint Christum, quem illi crucifixerunt, tamquam enim, sicut alio loco dicit , pro ipso Domino legationem fungens. IIoc est , pro lapide angulari utrumqiie populum tam ex Judaeis , quam ex gentibus connectil in Christo per vinculum gratia; , utrisque auferens omnem superbiatn meritorum , et justificandos utrosque per disciplinam humilitatis adsocians. In qua Epistola ita exorsus est dicere: Paulus servus Jesu Christi ec : Ibidem. Incipit Epistola Pauli Apostoli ad Romanos , exposita a Claudio Episcopo. Incomincia con queste parole il Cemento : Paulus servus Jesu Christi. Prima quaestio de nomine ipsius Pauli videtur exurgere: cur is qui Saulus dictus est in Actibus Apostolorum, nunc Paulus dicitur Finisce il Gomento a questa Epistola alia pag. io8 con queste parole. Hactenus nobis in Epistola ad Romanos, prout potuimus, dicentibus plurimum et labore et temporum desudatum est.Fiuit. Deo gratias. Anien. E tla osservare, che Oudin narra, come questo comeuto deir Epistola ai Romani si trovi in un Codice MS. della regia Riblioteca di Francia segnato 38q, ed al loglio 3o leggasi una prelazione indiritta allabate Teodemiro — Questa prefa- zione non trovasi nel Codice Cassinese : ed ignoro se (piesiti manchi perchè trasandata dallo scritlore del Cotlice, o perchè questo sia un dilferente comcnto. Da questo dubbio potrò uscire se avessi a mano il ]\1S. Francese. Foglio io8 seguo. Ilem relraclalio Claudii Episcopi de auctoribus explanationum super prcediclani Epistolam ( ad Romanos. ) Fog. io8 a tergo. Incipit Tractatus in Epistola ad Thessalonicenses . Thessaloniccnses sant Macedones sicul et Philippenses .... Fog. i38 a tergo. Finisce il comento con qiu’stc parole... Pienissime mine prcecatur solam (jratiam Christi, quia in (/ralia Christi omnem, scit, Dei qr aliam contineri. SIITK E DflCrME\TI 29 i Fog. 1 38 a tergo. Incipit ad Thessaloìiicenscs sccunda. Ad Thessalonicenses alia ni scribit Epistolam Apostolus... Fog. 14.6* Finisco quam propria manu scripsit, ut postea nec ad se missam nisi ejus manu propria scriptam reciperet. Fog. I \G. Incipit Tractatus Claudii Episcopi in Epistola ad Timotheum. Timotheus Filius fuit mulieris Judiejidelis ^ patre Greeeo , cujus causa parvulus circumcidi non potuit. . , Fog. 170 a tergo. Finisce se gratis accepisse fatetur, non meritis propriis. Explicit tractatus in Epistola ad Timotheum prima. Incipit ad ejusdem secunda. Paulus Apostolus cum esset Nomee, ut ferunt, in vinculis conslilu- lus , secundam scripsit Timotheo Epistolam. Fog. i 84 - Finisce qua ratione sunt posita nomina. Explicit Expositio in Epistola ad Timotheum secunda. Fog. i 84 - Titum Apostolus ordinavit Episcopum Fog. 184 a tergo. Incipit Expositio Claudii Episcopi in Epistola ad Tilum. Quid est quod Salvator noster ac Dominus Fog. 190. Finisce qualem benedicens prheebere voluisset. Explicit ad Titum. Incipit Epistola ad Phile- monem. Philemoni familiares literas facit Fog. 199. a tergo. Paulus vinctus Jesu Christi. Ut dignitatem Epistola a se missa...., Fog. 2 o 4 a tergo. Finisce quoties auditus vel electus fuerit. Explicit expositio in epistola ad Philomenem. Amatus. Segne senza titolo ; Multifarie multisqice modis olini Deus loqucns. Tota intentio B . Apostoli fuil in hac Epistola. Fog. 289. Finisce... 7 /// corpore mundabant nos. Possiamo affermare, questi Comenti essere cosa assai preziosa, e pi’odiirli in luce sarebbe o])cra molto benedella, poiché la Chiesa se ne gioverebbe molto, come di serillore assai sapiente delle divine dottrine, ed acconcio espositore di questo Epistole dell’Apostolo delle Genti, AL SLillOMIl) IIBKU. 2'Ja penitenziario DE’ROxRANI PONTEEICI. Il MS. 372 in 4 ' “ ili i4-2 fogli scriUo al cadere del X secolo è degno di ossei’ vaziojie pel mollo che conliene l’ignar- dante l’ antica liturgia della Chiesa, e variante da quello che finora si conosce per le stampe o al tutto inedito — Ila questo titolo esteriore — Pcvnìtentiarium summorum Poniijicum— Foglio I." In dir isti nomine incipU ordo , ropter dissipationem Ecclesia;, quam Christus suo sanguine acquisivit, recte dicat : Qiue utilitas in sanguine meo dum descendo in corruptio- nem. Item per Oscam tali modo : Fce mihi quoniam factus sum sicut qui colligit stipulam in messe, et sicut racemum in vindemia: cum non sil botrus ad manducandum primogenita. Vie animce meoe , quia periit timoratus a terra, et qui corrigat in hominibus non est. Hinc animad- vertendum est, quod in Evangelio scriptum est: Cum vidisset Dominus Jerusalem, flevit. Multo magis ergo rationabiliter, cum flere credamus super Ecclesiam mdilicatam. Sunt quidam iu templo Christi , qui quasi perfecti videntur cotidie orantes ac dicentes: quis mihi dahit pennas sicut columba; ad volandum et quiescendum? et tradunt Ecclesiam Dei quibus noii convenit, eisque arbitror convenire verbum de venditoribus columba- rum qui tradunt Ecclesias vel iis, quas amant; vel quorum sunt muneribus Siigiiiati, vel affectu sajculari, et propinquitate carnis sibi adherentibus. Cum hoc nec Moyses qui Domino facie ad faciem loquebatur facere po- tuerit, sed Israelem de alia tribu elegit, ut sciremus prmsulatum iu Ecclesia non sanguine deferendum esse, sed vita; merito. Propter quod et cathedras eversas Evangelista ab Jesu asserit; ad quos recte dicitur a Domino per ievemvAm-. Principes q)oq)uli mei me non cognoverunt ; filii enim sunt insipientes et non intellig entes , sapientes sunt ad male faciendum, bene autem facere nescierunt. Et apud Micheam: Principes pigmli mei expellentur de domo epulationis suce, llos itaque Christus llagello de funiculis e templo eliminans procul expellit. Quapropter quia divina lex de electione pontificis talia indicat consideret se unus quisque, et retrahat se ab hoc, quoniam potentes potenter tormenta patientur, et nullo modo temeritate aliqua Ecclesiis Domini prmpositos instituat, quoniam quanta formido in Episcoporum electione esse debeat, assequi plenius nemo valet: cum scriptum sit : Judicia Dei abgssus mulla. Verumtamen Ponti- ficem eligere non ad smcularem pertinet secundum canonum instituta , sed clericorum cautela et diligentia talia instituantur. Sic enim canonica scriptura asserit: Populus non eligat Episcopum , sed tantum clerus, Antiochennm quoque i-efert concilium , ut nullus ordinetur Episcopus, nisi is, quem electio clericorum poposcerit. Sanctorum Patrum statuta asserunt, quod si quis presbiter , vel diaconus per smeularem dignitatem Ecclesiam Domini obtinuerit, ejiciatur; et ipse et ordinator eorum co' muniouc modis onmibus segregetur, et sub anathemate sit, sicut Simon Magus a Petro Apostolo Domini Dei Jesu Christi. Item Canon Apostolicus KdTE E UUCL’MEMI 2i)S dicit: Si quis Episcopus swculacibus potestatibus Doniuoi Domini obti- nuerit deponatur, et segregetur a corpore et sanguine Domini, et omnes qui illi comunicant. Clemens saiictcc Romana; Ecclesia; slatnit, qnod si lorle Episcopus officium susceperit sa:K:ulari potestate pernsus, a comu- nione privetur ipse et ejus fautor, usqueijno clerus omnis consentiat. Anacletus Pontifex statuit, Eqnscopum ab omnibus quidem Episcopis qui sunt in Provincia ordinari una cum Ecclesia; clero : si autem difficile fuerit, aut propter instantem necessitatem, aut propter itineris longitu- dinem per scripta consentientibus ordinatio celebretur. Canonica ideo consuetudo in his absque dubitatione servanda est, ut in omnibus conciliis promulgatum est, quatenus per omnes Ecclesias liasc inconcussa privi- legia observentur. Ut si Episcopus clero nolente ordinatus fuerit, magna Synodus definivit. Episcopum esso nullo modo posse; ordinatores vero a Sancta Dei Ecclesia , quam temerario ausu invadere videntur, seque- strari statutum est. Quod si contentio vel divisio inter clericos exorta fuerit, plurimorum sententia teneatur. Niceuum quocpie refert Concilium, qnod quicumquG temere ac j)ericulose, nec timorem Domini pra; oculis liabcntes nec cognoscentes ISccIesiasticas regulas , audacter invaderò Ecclesiam Domini, clero nolente, temptaverint, ordinatio hujuscemodi irrita comprobetur, ordinatores vero extorres ab Ecclesia, et a comu- nione corporis et sanguinis Domini permaneant. Praeterea statutum est ut quicumque ex bis, quae magna IXicena Synodus censuit, subvertere temptaverit, anathemate vinctus nec in fine corporis et sanguinis Domini particeps fiat. Felix Romanae Ecclesia; statuit, quod quicumque violenter ecclesiam Domini invadere nisus fuerit, alienum bunc ab Ecclesia modis omnibus comprobari ; quoniam clericorum subversionem , ct causam corruptionis esse nulli dubium constat. Antiochenum Concilium refert, quod nec Episcopus audeat Clericum successorem providere, licet ad exitum vitae perveniat j quanto minus saecularis potestas : quod si tale aliquid factum fuerit, irritum esse hujusmodi conslilutum ; servetur nutem jus ecclesiasticum clero, qui potestatem habet sagaci examinatione sibi praeferre quem comuni consensu Ecclesiae Domini preaessc judica- verit. Et nullo modo aliter fleri regula sanctorum Patrum per singula nunc usque Concilia constituta, proprium robur oblinere decretum est. Qnod si quis per potentiam saecularem ad Episcopatus ordinem ascen- derit, proprii gradus periculo subjaceat et nihil perficiat ex ordinatione, quic sacculari vi peracta esse videtur, sed sit alienus ea dignitate quam saeculariter adqnisivit. Si autem Clericus fuerit, proprio gradu dejiciatur, ordinator autem ejus anallicma sit. Hinc sanctorum patrum decreta testantur , ut si quis cxtilerit tam temerarius , ul nolente Clero , nec in AL SECO?fDO LIBRO. 2!)y Ecclesia acclamatus , per quaslibet sacculares iiislilulioues inlbroaizalus fuerit, omiiino ipsum et ejus fautores damnatos esse, et ab Ecclesia Domini alienandos , canonica regula censuit, ut uec in line tales comu- nionem accipiant. Hinc summopere cavenda est ambitio et pra;suniptio saccularis , ut sanctorum Patrum dicta confirmant , quatenus pastorale fastigium et gubernatio Ecclesiae, nolentibus Clericis, nemini tribuatur. Aliter autem non est consulere populis sed nocere, nec praestare regimen, sed augere discrimen. Integritas enim praesidentium, salus est subditorum. Quemadmodum stomachus si sanus fuerit totum corpus viget , si vero dissipatus totum corpus infirmum est : ita et sacerdotium , si integrum fuerit, tota Ecclesia floret, si, quod absit, corruptum fuerit, oinniutu fides marcida est. Cor autem et stomachus sacerdotium intelligilur; quia in rebus spiritualibus per eos lotus populus gubernatur. Ideoque praesulatus honor quem aut seditio vel ambitio saecularis contulit , etiamsi moribus , atque actibus non olfendit , ipse et ejus largitor initii sui perniciosi manent exemplo, et difficile est ut bono peragantur exitu, quae malo sunt inchoata principio. Quod si in quibuslibet Ecclesiae gra- dibus providenter, scienlerque curandum est ut in Domini Domo nihil sit inornatum nihilque pr®posterum, quanto magis elahorandum est, ct sollicitius perpendendum , ut in ejus electione, qui supra omnes gradus constituitur, non erretur. Nam totius familiae Domini status, et ordo mutabit, si, quod requiritur in corpore non sit in capite. Ubi est illa memoranda beati Pauli Apostoli per Spiritum Dei emissa praeceptio , qua in persona Timothei omnium Christi sacerdotum numerus eruditur: unicuique vestrum dicitur ; inaniis cito nemini imposueris, ne comiini- ces peccatis alienis. Quid est cito manus imponere, nisi ante legitimam aetatem maturitatis , ante tempus examinis , ante meritum obedientiae , ante verae experientiam disciplinae, episcopalem honorem nullatenus tribuere his, qui necdum probati sunt? Et quid est comunicare peccatis alienis, nisi talem effici eum qui ordinat, qualis est ille qui non meruit ordinari. Sicut enim boni operis sibi preparai fructum, qui in eligendo pontifice rectum tenet judicium;, ita gravissimo semetipsum afficit damno, qui Sanctae Ecclesiae virum praeesse indignum constituerit. Nec putandus est honor ille legitimus, qui fuerit contra divinae legis praecepta collatus. Quis igitur tolerare audeat quod in tanti Sacramenti perpetratur inju- riam ? si enim graviter delinquit qui proximi uxorem commaculat , quanto magis graviter deliquisse credendus est, qui Ecclesiae Dei erroris nebulam inferre creditur? Ipsa est enim Sponsa uuius viri, cujus san- guine redempti sumus; quae nec rugam cuj usquam est erroris habitura, nec maculam ; dicente Apostolo : Despondi enim vos uni viro virijinem 31W1 NIITG E Ul)Cl.ìlE.\Ti enstam exhibere Christo. Illa esi enim virgo Eeelesia sponsa uniiis vin Chrisli, (jnu! imllo se patitor errore vitiari, in ([ua per lolnin MonJuin casta' eonuinionis integritas , et Fidei unitas electis administratur. INee lioc silendum est, quod crebra relatione iioslrorura videlicet liliorum jam nobis suggestum , reminiscimur vestra; dilectioni inter ctetera , ut sacris adminislralionibus tales censendi sunt , qui mullo tempore per officiorum gradus provecti, experimentum sui probabile pra;buissenl , unicuique testimonium vita' sua; , et actuum suorum rationem percur- renti. Si enim ad lionores mundi sine suffragio boni operis, sine merito laboris indignum est perveniri, et notari ambitu solent, quos probitatis documenta non adjuvant; quam diligens et quam prudens habenda est electio divinorum munerum , et caleslium dignitatum , ne in aliquo apostolica, et canonica decreta violentur; quoniam quod nunc Ecclesia Uei patitur, multum, et impune poslmodum esse noii poterit. Cajlera vero plenissime per David fratrem, et Cmpiscupum nostrum misisse uos memini. Non appare argomento in latta (piesta epistola, il (piale possa, non dico chiarirci, ma condurci in probabile coiigbietln- ra intorno a quale de’ papi nominali Leone debba attribuirsi. L;i scrittura del Codice accenna alX secolo oppure^ al principio deirXl, c perciò la epistola è da attribuirsi ad uno de’ Leoni, die vissero prima dell’ XI secolo, e questi sono Leone VII morto nel qSg, VI. nel 929, V. nel goS, IV. nel 8ò5, HI. nel 816, IL nel 683 e S. Leone il Gratulo nel 46i. Quel David cospiscopuni noslrum gilta un hi di luce su la cosa. Trovo neU’Uglielli solo quattro vescovi di nome l)a\ id : uno vescovo Beneventano morto nell’ 8oI> , un altro Ctistronso eletto nel i474 , nn altro di Siponto vivente nel secolo 8." e finalmente un David vescovo di Suance eletto da papa Gregorio VII nel io83. Dalla cronologia di questi vescovi apiiare, che alcuno di loro non ebbe vissuto il ponlihcalo degli anzidetti. Tda ponendo mente al narrare che la l’Ughelli dii’ soli vescovi Ilalitini , mi misi in sul cercare di altri vescovi slmnieri nominali David, c delti in un vescovo di (juesto nomo, leggendo le molle soscrizioni de’ Padri al Concilio Calcedonese = David /Idrica Ilellosponlis Episcopus. Questa Sinodo universale l‘u temila, scudo papa S. Leone il Gratulo, e [ter AL mmm liuro. m consegnoulo ho conghlelliiralo , quoslo David cssoro il nomi- nalo nc'ir Epistola c questa essere stala serilia da S. Leone. Aj^giiii^ni elle S. Leone nell’ Epistola XI [ ai vescovi alricani della Provincia di Mauritania scrive , come in questa da noi puhhlieata Flenissime Dileclionem vcslram per David fratrem et Coepiscopum nostrum, qui et Sacerdotii merito nobis est probatus et moribus (i) Pel qual argomento non sarei stato certificalo della cosa, ove lo stile, c tutta la forma del dettalo di (piesta scrittura non ritraesse quello delle altre, che sono opera di questo Dottore; del resto chiunque mi legge polià chiarirsi a suo bell’agio della cosa; c con- chiudo che in tanta oscurità, non volli dare giudizio, ma conghicltura. Torniamo al Codice — Dopo questa Epistola di papa Leone seguono altre Epistole di Pontefici, un Rationale JÌIissce , ed altro coso riguardanti i Canoni c la Liturgia della (ihiesa tulle pubblicato. Al foglio i‘io trovo due Epistole di Evanzio nelle quali ragionasi contro alcuni Eretici che pensa- vano , cssci’o vietato nella legge Evangelica il mangiare il sangue degli animali; la prima di queste con questo titolo — Incipit Epistola a Domino Evanlio Archidiacono ex Scripturis divinis contra eos qui putant immundum esse sampiinem'. leggesi nella Biblioteca massima de’ Padri; ma la seconda, se non vado errnto, ))armi non ancora avere visto la luco c perciò è bello qui rajiporlarla. ITEM EPISTOLA CONTRA ILEUETICOS SIVE SCniSMATICOS , QLI SANGUINEM NON COMEDUNT, ET SANGUINIS OPERA IN MORIBUS NON EVITANT, COLLECTA EX LIBRIS MAJORUM. Si licci vcsci sanguinem an non? Jam a majoribus digesium et declaralnm esso dinosce: lanlnin Icgcndi enram adhibito, et aviditalcm curiosilalis adsume, et qnm legeris non tantum ad litteram, quas occidit animam, ponas sed ad id quod significat totum te erigendo cxuscita. Inboneslum satis, et valde contrarium esse videtur, se sub obtentu Cliri- (i) Oper. S. Leon. Edit. Ballerini T. I. Epi. XII Gap. IX. 1\’0TE E nOEllE\TI slinna; roligionis (jiirympiain fidelem fiicaluin judaizaliiinque ostendere, et l)ifarla3 structionis, per nescio quam perversam loquacitatem, ut indi- scretis quasi discretis ap parcat ritus Judeorum, cl jam regeneratis onera legis, a quilnis nostrum dorsum vel cervicem excussimus, denuo imponat, dum in eadem lege sic dicitur ; Non arabis in bove simul et asino. In bove simul et asino, ut priores nostri dixerunt, arat, qui sic recepit Evangelium, ut superstioues Judaicas quai in umbra sunt, non relinquat. Jam non sumus, mi dilecte, ut Apostolus inquit , redempti in littera, sed vivificati in spiritu, nec sub lege, sed sub gratia, qua libertate nos Christus redemit. Ipse etenim per sancta Evangelia, ut nos ex toto a vetustate segregaret: Non inquit, quod in ore ingreditur , sed quod ex ore exiit. Apostolo attestante, qui ait: Omnia munda mundis ; coinquinatis autem, et infdelibus nihil est mundum. Ilas qua;stiones Evangelicas apostolicasqne Spiritus Sanctus per ora Doctorum sic expo- suit, inqiiiens: Panis et porcina mundo homini mundum est; immundo autem nec porcina nec panis. Quare nihil est mundum , quia polluta; sunt eorum mentes et conscientia. Sic et de sanguine intellige: quod cl ipse mundo mundum sit; immundo vero et infideli immundum, et quae- que vescit et quaeque agit vel loquitur immunda sunt omnia. Illa vero cognosce esse immunda qua; ab ipsa veritale declarata esse didicimus , qui cum diceret: De corde exeunt cogitationes malw, idest fornicationes cl his similia, addidit: heee sunt quee coinquinant hominem, et caetera. De sanguine vero ubi per Prophetam Dominus dicit: Quod si sanguis sanguinem tetigerit, propter hoc lugebit terra, et infrmabitur omnis qui habitat in ea in bestia agri et reliqua : ita esse credi et secundum historiam oportet, et secundum spiritum. Secundum historiam ut ne quis ad proximitatem accedere audeat, et juxta spiritualem inlelligentiam, ne culpa ad culpam conjungat: idest, peccatum peccato; quod per alium Prophetam comminans, dicit: Fee, qui conjungitis domum ad domum, cl agrum ad agrum; hoc est, delicium delicto. Ad hoc delictum debet observare unusquisque nostrum: nam de cibis, quos Deus cum gratiarum actione per suum Apostolum vesci prmcepil, nulla culpa esse videtur, nisi tantum superflua, et immoderata, qua; et corporis infirmitates nutriunt , ct per incentiva libidinum interiorem hominem oecidunt. Ea vero qua; juxta veritatis alloquium in sterquilinio per secessum vadunt, nihil in- quinant, nisi quod tactum fedent, et narium fetores per aures ministrando dijudicat. (1) Ubicumque in sacris Scripturis sanguinem inveneris, non aliud e.\liincs,nisi sanguinis operam ; siculi cl per manus nihil aliud, nisi (i) Ua in Codice. Al SECOLO LIBRO. ,lt)3 oadcni opera manifestantur ; per dexteram scilicet opera recta , et per levam prava. Illi vero scioli qui sanguinem non comedunt, et sanguinis operam per malos mores non evitant; qui ibi trepidant timore, juxta 1’salmistai vocem, ubi non eral timor;ci hoc nobis objiciunt,quod Apostoli rudibus loquebantur populis ; quos per lactem nutriendo , suadendo ad- tbraebant donec ad solidum cibum perducerent. Quid tali prosecutione formidant, pro quibus negotiis in judicio interrogati non erunt ? Numquid quando dictum fuerit : venite, aut discendite, et hoc et illud fecistis, aut non fecistis, dicturus erit, quia sanguinem et morticinum non comedistis, vel comedistis? Sed hoc tantum , quamdiu uni ex minoribus his fecistis, mihi fecistis? Deinde vero quod se multi imperiti per actus Apostolorum, et Gangrense Concilium muniri videntur de eo, quod justum est, utpre- fatus sum, rudibus plebibus, ut se a suffocato et sanguine abstraherent; post modum eis jam solido cibo vescentibus , ab his denuo ordinatum est, ut prteter idolis immolatum, cuncta comederent, dicendo: Omnia qucBcumque tibi applicata fuerint siqna et comede ; quia omnia munda per Crucis signaculum catholicis Christianis: immunda vero immundis, judseis, hereticis, et paganis. De quorum nos consortio hic et in a:tcrnum ille nos eripiat, qui non tantum bona, sed valde bona cuncta creavit: Qui unus regnat Deus in Trinitate in omnia saicula. Arnen. Sebbene a questa Epistola non sia preposto il nomo di Evanzio, pure è chiaro sia cosa sua, essendo l’ argomento quello della lettera antecedente pubblicata , c la voce Ilem, che mostra, l’autore della seconda lettera essere lo stesso della prima — Evanzio o Evanto fiori al cadere del sesto secolo. Cristoforo Brower lo volle vescovo di Vienna nel Delfinato. Guglielmo Cave ne dubita: (i) e noi fidati a questo Codice lo diremo piuttosto Arcidiacono. L’ anzidetto scrittore non gli attribuisce altro clic una sola Epistola contra gli Eretici giu- daizzanti intorno al mangiare sangue di bestia ; una seconda c appunto questa che la prima volta mandiamo a luce. ( I ) Smc. Eulych. NOTE E DOdlllEJJTI PONTIFICALE ROMANO. Il MS. segnalo I[&\ scritto al cominciare del XI secolo è assai prezioso per gli eruditi di Liturgia Ecclesiastica, perocché molte cose sono riguardanti i riti delFantica Chiesa, o al tutto nuove e non conosciute per le stampe, o pubblicate sceme. Ha questo g?,\.(ìy’ìov(ì'. Ponlifieale Roma 7 iorum Pontificum — Intorno al tempo della Scrittura non cade dubbio, e pel formato de’ caratteri, e pel chiarissimo argo- mento, essere questo uno dei Codici fatti scrivere da abate Teobaldo, come dice Leone. Solo questo MS. contiene tanto di nuovo da formarne scrittura assai preziosa per la illustra- zione deir antica Liturgia. Se io volessi metterlo a confronto c.o\X Ordine Romano dalFHlttorpio nciScrittori dei Divini Uffici cogli Ordini Romani pubblicati dal Mabillon tomo 2 . Musmi Italici ; col Sacramentario Antifonario e Responsoriale di S. Gregorio Magno, messi a luce dal Cardinale Tommasi ; coi libri di Amulario Fortunato de Divinis OJfìciis ^ e con tutte quelle cose Liturgiche pubbbeate dal Baluzio tra i Capitolari dei Re Franchi tom. 2. Edit. Vent. ecc. alcerto che sarebbe opera' di molta lena , cui spero che altri de’ miei confratelli vorrà porre Fanimo. LIBRO III. 20 1 I i E L dare cominciamento alla narrazione di qucslo libro , è mestieri volgere l’animo alla Chiesa uni- versale, e vedere come nella tristizia delle sue condizioni , nasceva nel suo seno una certa forza, la quale prima il capo di lei, poi tutte le membra rinvigorendo , non solo la tornò nel suo antico deco- ro, ma la rilevò in un seggio COSI alto da provvedere ed imperare non solamente alla congregazione spirituale degli uomini , ma anche a 308 STORIA DELLA RADIA DI MOME- CASSINO III Ila la compagnia civile. Questa fu una forza vitale die Iddio suscitò ne’ chiostri di S. Benedetto, e che poi derivò su lutlaquanta la Chiesa. Io dirò di che mali infermasse la cher(!sia nel secolo XI, e delle cagioni, c brievemente. Le donazioni de’ beni temporali fatte dai principi alla Chiesa , e queir innalzare i vescovi a stato di signori dipendenti dall’ impero pei feudi guastò ed eguagliò al suolo quei confini che innanzi si levavano tra la Chiesa e l’impero, ed impedivano che si mescolassero le giurisdizioni delle due potestà. E come per la guasta natura gli uomini si accostano più a coloro da cui aspettano beni di questo mondo, che ai promettenti i celesti , a poco a poco e vescovi e chcrici si andarono assog- gettando ai principi, che dispensavano i feudi incorporali alle (ihiese , e cominciarono quelle mostruose investiture di Vescovadi e di Abazie, in guisa che, travolto l’apostolico ordine , la Chiesa in molti Reami non piò donna ma scr^ a divenne , c solo alle umane e divine cose imperavano i prin- cipi. Le donazioni falle alla Chiesa di Roma da Pipino e Carlo Magno, se posero nelle mani de’ pontefici un’arma materiale a cessare la furia dei barbari, misero anche un mal pensiero nclfanimo degli imperadori , cioè , che come i Romani pon- tefici dall’ impero in certa guisa dipendessero come laicali signori, dall’i'npero dipendesse anche la scelta, e la creazione del supremo pastore, il quale era per godersi delle imperiali offerte. Sfrenati pensamenti , che uccidendo la libertà della Chiesa, precidevano i ne^^i alla sua autorità per tenere in officio i ministri dell’altare, e per soccorrere ai popoli, che non avevano altro rifugio che il Romano seggio. Da questo con- seguitò, che non essendo libera la mano del pontefici, di^ enne debole, talvolta nel tcnq)orale reggimento , a governare la Chiesa, i cherici invilirono per laido concubinato , ed essendo i principi i dispensatori degli ullici sacri, non escluso quello del sommo pontificato, s’incominciarono a barattare nelle corti le cose sante come roba da meivalo. Se non fosse vera ((nella promessa di Cristo, che la sua Chiesa ci’a foiulala su AXNO AlLVIll. m pietra ferniissiiiia , c clic le porle tleirinrerno non sarchbei’o prcvalutc contro di lei, certo che (jiiesto era il tempo in che doveva discioglierei la congiv'gazione de’ fedeli. Molli buoni vedovano e lamentavano cpieslo abomiirazioni ; ma l’ abuso allor che inveccliia ha tale una forza da incatenare c Irapor- tarc lo volontà, avvegnaché diritte ed al)borrenti dal male. Ma pili diiaro vedevano, e più forte lamentavano coloro, die chiusi ne’ chiostri ed infi’onati da più rigorose discipline, non infermavano di ambizioni di ulllcf , ed erano seipieslrafci dalle umano corruttele. Tra questi era un austero eremita, ed un ardente cenobita, che più degli altri compresi dello spii i’o di Dio, furono primi a levare alta la voce, a fare rinsavire i eherici, ed a francare la- Chiesa dall’ indegno servaggio; io dico di S. Picr-Damiano , e d’ Ildebrando , poi Gregorio VII. Quegli come uso a vivere nell’eremo, separato dagli uomini, ignaro degli uomini , al vizio solo mirava , 6 con calda e nervosa eloquenza, con la liljertà di un profeta lo combatteva e lo inseguiva, come qipare nelle terribili epistole, fin nella corte de’ pontefici. Questi più usato alle- umane faccende , e degli uomini conoscitore , perchè educato nella Badia Cluniacense, che aveva laicale signoria, svegliato di spirilo', fecondo di consigli, potentissimo ad entrare negli animi e comandami, si volse più agli uomini che ai vizi, in guisa che mentre S. Pier Damiano purgava e risanava i cuori , egli Irapolentementc piegava lo volontà. Uomini degni di perpe- tuale gloria; che soli bastarono a grande riformazione, l’uno riaccendendo nel cuore della Chiesa la santità dei costumi , l’altro racconfortandone la mente per consiglio e fortezza. Quando Brimone vescovo di Tool crealo papa in una Dieta o radunanza di vescovi e principi tenuta a VVorms, (i) e tolto il nome di Leone IX, si presentò alle porte della Badia di Chmy rivestito delle pontificali insegno , di che avevaio rivestito rimpcradore Arrigo; Ildebrando espose la prima volta (i)VVibcrt. Vil.S. Leo.lX. lib.2.C. i. eio STORIA DELIA BADIA DI MDNTE- CASSINO la missione che si sentiva nell’ animo avere ricevuta da Dio. Consigliò a Leone, deporre le pontificali vesti, andare a Roma in abito di privato uomo , far rinnovare dal clero la sua elezione, come per addimostrare invalida quella fatta per laicale signore. Il santo papa Leone, umilissimo che era, bene accolse il consiglio del monaco, e fece a suo verso; anzi conosciuto di qual tempera fosse la mente ed il cuore di Ildebrando, seco lo condusse. Queste furono le prime mosse alla grande opera. Da quo! giorno Ildebrando non si discoslò dal fianco de’ pontefici, ed affisando l’ altissimo scopo, di consigli e di opera caldissima li andava racconfortando. Egli riguardava a rilevare la Chiesa sull’impero, e perciò preparava innanzi gli opportuni argomenti, e massimo tra questi ei riputava Fajuto di qualche vicino principe potente, che nelle occorrenze avesse fatto spalla ai pontefici Romani, che erano per mettersi a difficili battaglie pe’ diritti della Chiesa. Questo principe dapprima fu Goffredo duca di Lorena nemico all’ impero e potente per gli stati di Beatrice duchessa di Toscana che menò sposa. Perciò fu opera d’ Ildebrando la deposizione di abate Pietro, che noi abhiam veduta nell’ ante- cedente libro, e la creazione ad abate Cassinese di Federigo fratello di Goffredo. Quella deposizione adunque che al Cronista Cassinese parve un mal talento del pontefice di volersi violentemente assoggettare la Badia , non era che una prov- videnza ai negozi della Chiesa, ed una preparazione di mezzi per ottenere nobilissimo fine. Cosi erano le cose della Chiesa, c tanto rimedio preparavano a queste i pontefici avvalorati dal senno e dalla virtù d’ildebrando , quando Desiderio fu levalo al seggio Cassinese. Desiderio era della stirpe de’ principi di Benevento, e secondo le conghietture del Pellegrini (i) figliuolo di Landolfo Y. Era ancora fanciullo, e già tale una pietà di vita appariva in ogni suo detto o fatto, che a vederlo sembrava cosa tutta di (i) Slem. Princ. Benev. 292. — Leo Osi. — Amai. Ilist. Norman . ABO MLVllI. 311 Dio. I parenti che lo amavano smisuratamente, volevano che menasse sposa una nobile giovanetta , ma egli non volle saperne, essendo già tutto preso dell’ amore di Dio, e dal desiderio di dipartirsi dal mondo, per votarsi tutto al Signore. Ora avvenne, che il padre di lui fosse ammazzato da’Nomiau- ni ; ed egli sempre fermo nel proposito di rendersi monaco , fatto più libero per quella morte, trasse un giorno di soppiatto ad un monaco di nome Giaqulnto, cui apri tutto ranimo suo, e lo pregò, che volesselo in qualche remotissimo luogo condurre a vestire il sajo monastico. Il monaco promise favorirlo in quel santo divisamento, e fermata la cosa, un giorno in suU’annottaro entrambi escirono di città cavalcando come a diporto seguiti d’alcuni donzelli, e vennero alla Chiesa di S. Pietro. Vi entrarono jier orare, e slxirrate le porte, lasciarono fuori quel servi ; i quali se ne stettero aspettando che escissero; ma quelli calatisi per una finestra, e non visti, perchè era notte , prestamente si condussero presso un santo eremita nominato Santaro-. Il quale saputa la cagione della loro venuta, si glttò al collo del giovane Desiderio, e con molto lagrime lo baciò, e non rifiniva dal maravigliare come tenero di età e mollemente educato agognasse all’aspra vita dei monaci. E vestitolo dell’ abito monastico, sci tenne seco in quella solitaria stanza. La madre di lui si struggeva in lacn’nic , c tutto il suo parentado si mosse a cercarlo , fino a che venuti alcuni suoi parenti al romitorio di Santaro, c trovatolo, infuriati, svilla- neggiarono e percossero il santo eremita, c si condussero seco Desiderio, fattagli in brani la veste che indossava. Ma costui non rimutato di animo, statosi tutto un anno come in prigione in casa paterna, gli venne il destro di fuggirsene in Salerno; e favoreggiato dal principe Gualmaro, si ridusse nel monastero della SS. Trinità di Cava. Allora sfidata la madre di poterlo avere in casa, per istanza di Guaimaro , ottenne , che venisse a starsene nel monastero di S. Sofia di Ilenevento, donde per alcun tempo si allontanò, essendo andato a visitare un mona- 312 STORIA DELLA RADIA DI MOATE-CASSIM stero clic era nell’isola di Tremili, ed un altro die era sul monte della Majclla nell’ Abruzzo. Mentre egli se ne stava in S. Sofia, venne in Benevento papa Leone IX che andava a combattere i Normanni, il quale risaputo della santità di Desiderio, l’onorò di grande e familiare amicizia, e nel celebrare la messa lo voleva suo diacono. Ma per le molte austerità gravemente infermalo , si condusse in Salerno, ove già fioriva scuola di medicina , della quale arte era riputato peritissimo un Alfano cberico. Con questo si legò di forte amicizia; e tanto seppegli dire, che gli mise vaghezza di farsi monaco. Entrambi poi si recarono presso papa Vittore n, e dal medesimo ottennero lettera ai monaci di Monte-Cas- sino , perchè li volessero accogliere nella loro fratellanza , come avvenne. Ricevuta da papa Stefano, come fu detto nell’antecedente libro, la deputazione di andar legato a Costantinopoli, e tolti a compagni Stefano cardinale , e Mainardo , poi vescovo di Selva Candida, Desiderio si poneva a tutt’uomo ad eseguire le papali volontà. Ma giunto in Bari, c molto lungamente ratlenuto da fortuna di mare, arrivarono m quella città due monaci Cassinesl, i quali gli rapportarono; papa Stefano essere escito di vita ; incontanente tornasse alla Badia per prenderne il governo. Era difficile la toniata, poiché i Normanni avevano subodorate le cagioni di quella legazione, le quali erano a loro contrarie ; per la qual cosa colse grave timore a Desiderio , che , sparsa la voce della morte del pontefice tra i Normanni, questi non avessero ad esercitare su di lui qualche vendetta. Pensò mettersi nelle mani di Roberto Guiscardo Normanno , e fare sperimento della generosità deU’anmio di lui: COSI fece, e non gli andò fallila la spcrmiza di amiche accoglienze: colui con nobile animo accolse gl’ impaurili legati, loro concesse un salvocondotto, e tre cavalli a maggiore comodità di viatico. Giungeva Desiderio con Stefano cardinale e Mainardo il sabato di Pasqua in sull’ annottare in S. Germano; il di AMO MLVllI. 313 VGgncnlc sali al monastero ; c subito entrò il Capitolo , ove erano congregati i monaci, e con questi due vescovi Umberto di S. Rufina e Pietro di Frascati, i quali erano fuggiti di Roma per la scandalosa elezione di Giovanni vescovo di Velletri al pontificato. Umberto dopo aver tenuto un sermone sulla cor- rente festività di Pasqua, volto a Desiderio, gli comandò, che ricevesse in sua obbedienza i monaci ; i quali senza mettere tempo in mezzo si levarono , e condussero Peletto abate in Chiesa , e con grandissima allegrezza lo locarono nel seggio badiale (io58.) Levalo Desiderio a questo ufficio , non era per curare solamente le cose della Badia , ma anche quelle della Chiesa universale, polche era uomo di austeri costumi, destro negli affari, e conscio di quei consigli che si andavano maturando nella mente del monaco Ildebrando. I baroni Romani non volevano più papi tedeschi ; e morto Stefano , lontano Ilde- brando (andato in corto della imperadrice Agnese) colle armi alla mano crearono papa Panzidetlo Giovanni , che prese il nome di Benedetto X. Accorse Ildebramlo, e compose le cose, ajulato da Goffredo duca di Lorena e di Toscana; e non tenendo come canonica la violenta elezione di Giovanni , ragunò in Siena i vicini vescovi di Toscana e di Lombardia , presenti molti Romani ed Alemanni , i quali crearono papa Gherardo vescovo di Firenze, cui mutarono il nome in quello di Nic- colò IL Costui in una Sinodo tenuta in Sutri depose di seggio Benedetto, e trattosi alla Badia di Farfa, mandò chiamando abate Desiderio, perchè Io seguisse nella Marca di Camerino, ove faceva pensiero recarsi. Andò il Cassinese in Farfa , ed amorevobnente accolto dal pontefice, una con lui mosse per alla volta di Osimo. Quivi correndo il sabato secondo di quaresima , il papa lo creò cai'dinale , e nella domenica seguente lo sacrò abate. E qui giova che chi mi legge sappia di quali cerimonie usassero i monaci nella scelta del nuovo aliate, quali i pontefici nel benedirlo. Siccome l’autorità ecclesiastica, e laicale riposava nel Sii STORIA DELLA BADIADl MOSTE- CASSILO corpo dei cassincsi, e l’abate a nome di loro ammliiisiravala, COSI , questo morto , la governazione dei negozi ricadeva in mano del preposto, o priore , il quale a vece d(3lla congrega- zione e dell’abate da eligersi tenevala. Laonde trapassato l’alxite , per signiGcare , i monaci reggersi a comune , ed il priore non essere strumento di monarchia, ma temperamento
  • c badiali al lato di tramontana della Basilica, ma assai misere ed incomode; oscure, anguste c miserrime erano quelle de’ monaci. Desiderio eomiiieiò, come a tentare i mezzi rii grande opera che divisava, dal rifare dalle fondamenta 'I monastero: decorosa abitazione le’ costruire per gli abati, stanza alla custedia de’ libri, un edilizio cento sessanta cubi' lungo, venliipialtro largo, ricoperto di travi di abete, e nell’ interno di vari colori abbellito curò cosb-uisscsi a stanza dei (i) Leo Osi. Lib. 3. c. 3j. ASSO MLXVI. 331 monaci : il vcccliio capitolo abballato rifece , e eli svariale (lipinUire, di paviinenlo marmoreo iiitersialo adornollo. Ciò fallo soprassedelle alle fabbriche. Ma pensandosi un di più che l’allro , la Chiesa non rispondere per isplendore e ricchezza alla celebrità del Santo , su la loniha di cui sorgeva , c per ampiezza al numero de’ monaci, stimò crollarla, c dalle fondamenta levarne una che fosse siala una maraviglia. Pace ed opulenza chieggono le arti a fioiàre , c pace ed opulenza era nella Badia, tale da potere addivenire un asilo per quelle; laonde non durò fatica il Cassincse a richiamarle e fermarle per ospitali accoglienze. Race olla hiiona copia di denajo, trasse ijiRoma, ove potente per aderenze ed amicizie, si mise in sul raccorrc quanto poteva di colonne di marmo, c quanto fosse mestieri a grande c magnifico edilizio. Poi le raccolto cose imponeva sui navigli nel porlo d’Ostia, che approdando là ove shocca il Garigiiano , il rimontavano ; e su harche c zattere tramutala la pesantissima merce, per lo acque del Rapido a piè del monte venivano a posarsi. Ripidissimo scoscende il Monte-Cassino, c ove oggi per via fatta è arduo il portare su la vetta , quasi impossibile era in quei tempi , che per scn- licruoli mcn per arte che pel continuo usare de’ viandanti si aprivano. Tuttavolta fabate non si rimaneva; egli non difettava di uomini , i quali c per faulorltà sua astretti, e per devozione a S. Benedetto, ad onore di cui levavasi quel tempio, accorrevano a prestare f opera di loro ; e tanto fervore li prese, che alla prima colonna che fu portala sobbarcarono gli omeri, e così di peso fu recata in cima al monte. E v’era pel monte un brulicare di gente e un affacendarsl ch’era veramente spettacolo di pace, che rinfrancava gli animi dal molto trepi- dare per fazioni guerriere. Appunto in quest’ardenza di lavorio venne un’altra volta il principe Riccardo a Monte-Cassino, ( ) toi-nalo da certe conquiste che aveva fatto nella campagna Romana ; c nel vedere come Desiderio intendeva a quella (i) Amai. Iltsl. Norm. lib. 4-. c. sG. 332 STORIA DELLA RADIA DI 310XTE-CASS1A0 sanla opera, e la copia de’ marmi e ilelle colonne che sì Irasporlavano ; volle clic i suoi vi prestassero la mano ad ajnlare. E poiché Desiderio voleva che la Basilica fosse ma- ravigliosa cosa, non solo per prestanza di matcrìa, ma anche per bellezza di forme, c squisitezza di lavorio, mandò per artefici in Amalfi ed in Lombardia, e n ebbe peritissimi, i quali, Ini presiedente, si posero all’opera. Fu levata la Basilica, che di cento e cinque cubiti probmgavasi, di quarantatre dila- tavasl, assorgeva di ventotto: venti colonne di granito (pillici c quindi disposte ne reggevano la covcrtnra, e su di questo venti fenestro ripartite ai lati mettevano luce nciredifizio. Finiva a tramontana con abside, nella quale era locato faltare di S. Giovanni Battista, ed a ciascun lato comna un portico lerminato pure da un abside con altare , uno sacro a nostra Donna, l’altro al papa S. Gragorlo; In guisa che il corpo della Basilica di tre parti componevasi foianate dalla doppia fila di colonne che gli correva in mezzo. Di rlijuadre e grosse pietre composta , alta torre per campane innanzi l’nsclo della ibisilieaalzavasi. Era fuori della Chiesa un atrio lungo settan- lasctte cubiti , cincpiantasette largo , cinto di quattro portici ; i due minori paralleli alla fronte della Basilica per quattro colonne reggevansi, i>cr otto ciascuno de’ maggiori , i qiudi terminavano verso occidente in due Basiliche, che sorgevano come due torri; Tunaa S. Michele, a S. Pietro Faltra conse- crata; alle quali per ventiquattro gradi si ascendeva. Taccio degli altri edifizi che alla grande Basilica erano contigui , a sacerdotali bisogne acconci. Levate le mura solide c belle di forma. Desiderio spedi messi a Costantinopoli, i quali con paghe vive e correnti traessero seco molti artefici peritissimi ncirarte di comporre musaici, di commettere marmi di svariali colori su per i pavimenti , lavoro che addimandauo Opus Alexandrinum , e credo che a questo , se non erro, abbia accennato rOsticnsc con quell' Arie Quadraluria ; olire a molti valenti operatori in ferro oro vetro legno ed in altro. Questa compagnia di artefici venuti da terra meno tribolala A\Xfl ilLWI. 333 (leiritallana, non v’ha dubbio, che moltissimo avvantaggiarono lo arti noi nostro paese , e specialmente quella del musaico ; ma non è a dire col Cronista Cassinese, che l’avessero tornata a vita, dopo 5oo anni che era morta appo noi ; poiché innanzi venisse al mondo Desiderio e fal)hricasse la sua Basilica , e rimontando ai tempi di Teodorico, opere a musaico eransi lavorate in Italia , c molte. Giunti i Greci artefici alla Badia, fu pensato agli ornamenti. La foccia interna dell’ Abside, c l’arco maggiore fu rivestito di musaico, c vi fu scritto intorno questo motto : Ut, duce te, Patria poliatur adepta , Ilie Desiderius Pater hanc tibi condidit aulam. Come poi nell’Abside erano espressi di quel lavoro i Santi Giovanni Battista c l’Evangelista, ai piedi di loro era scritto : Ilcec domus est smilis Syìiai sacra jura ferenti: Ut lex demonstrat: hic quee fuit edita quondam\, Lex lune exivit, mentes quae ducit ab imis, Et vulyata dedit lumen per chjmata scecli. Bella di colori e di scolpiti rilievi era la soffitta, e le pareti tutte per dipinture vaghissime, bello oltremodo il pavi- mento della Basilica e degli due oratorj di S. Bartolomeo c S. Nicola, e delle stanze badiali, di porfido, serpentino e giallo ridotto in pezzuoli commessi artificiosamente in vago disegno. La faccia della Chiesa col vestibolo vestivasi di musaico, c ne’ rimanenti portici erano espressi vari fatti della santa storia del nuovo Testamento ; c per marmi dipintura e musaici le due Chiese di S. Pietro e S. ]\Iichele erano cosa stupenda a vedere. Aveva Desiderio, innanzi che a lai nobile struttura ponesse l’animo, inricchita la Chie.sa di sacra suppellettile , che per valore di materia e artificio di lavorio era pregevolissima. Le sacre vestimenta, e quanto abbisogna al ministero dell’ altare, che un giorno usava papa Vittore, e che, lui morto, STflRU DELIA RADIA DI MONTE -EASSIAO :ì.t( era venuto in vario mani , raccolse o comperò : fè levare nel coro un leggìo, prcslanlissima cosa per iscuUiira: Codici molli fece scrivere vagamente fi’cgiati nell’ interno di colori, c d’oro c d’argento ricoverli al di fuori; di riccliissimo vasellame provvide alla Chiesa. Quelle porle di bronzo che chiudevano il duomo di Amalfi, le quali anche oggi sono tenuto in grandissimo pregio, viste da Desiderio, tanta va- ghezza gli misero in animo, che volendone altre apporre alla sua Chiesa, volle che alle Amalfitane simigliassero per materia c lavoro, ed in Costantinopoli, come quelle, fece gittaro. Ma non furono tosto adoperate, imperocché, avendole fatte lavo- rare innanzi si levasse la Chiesa, c trovatele disacconce, non fu che sotto abate Odcrisio, il (piale le fece aggrandire, (jiiando vennero poste all’uscio della Chiesa. Erano su queste segnato i nomi delle terre c delle Chiese, che in quel tempo formavano il patrimonio diS. Benedetto, scolpiti i caratteri, c poi ripieni di argento. E queste porte sono queiruna cosa che avanzi ai di nostri del tanto che fece abate Desiderio ; oltre a buona copia di porfido o serpentino ridotto in pezzuoli. Per arsioni, terremoti , guerre è vero che i monumenti dell’antichità crol- larono, ma pili di quelli guastarono e sfecero il pessimo gusto G le ricchezze ; quello fece avvisare agli uomini essere grette le opere degli antichi; queste consigliarono dcmolii’lc e innalzarne altre , che per pcslifci’o bastardume di cartocci traesse a maraviglia, ma che fa tacere quel santo c voluttuoso sentimento , che ti mette nciranimo il vedere le opere della veneranda antichità, (i) Mentre Desiderio in pace se ne stava ricostruendo la sua Badia, avvennero nelle vicinanze del monastero certe coso militari, lo quali cominciarono col sangue, e finirono colla pace. Riccardo di Capua con tutta quella divozione a S. llenedetto ed a S. Pietro, era travagliato del mal dell’amhi- zione, che non lo faceva (juictare, e gli cavò di mente il (i) Vedi Doc. n. AB'O MIXVI. 33j giuramento di fedeltà prestato al pontefice. Non gli parendo sìdficionte signoria quella del principato Capuano, si gillò sulla caìupagna romana ; prese Ceprano , c conquistò fino alle porle di Roma, ove si mise a chiedere il Patriziato di Roma. Arrigo minacciò venire contro il Normanno, ma non venne. Allora Rdehrando chiese di ajuto Goffredo di Toscana, il ([naie levato un esercito mosso contro Riccardo. I militari soccorsi erano incoraggiati dalla presenza di papa Alessandro, della corte pontificia e della contessa jMalilde , la quale già cominciava a dimostrare quelfanimo divolissimo alla Romana Chiesa. Furono a fronte gli eserciti nemici [presso Aquino occupato da Giordano figlio di Riccardo, o per dicciollo giorni fu fatto pericolo di valore da ambo le parti con varia fortuna. Finalmente il Normanno Guglielmo Testardila im- prese a negoziar la paco, o tanto destramente si maneggiò, che vi venne a capo. Si abboccarono presso il ponto rotto di S. Angelo in Theodice terra badiale, Riccardo e Goffredo, c fecero la pace, non senza sospetto, che il Normanno corrom- pesse coll’oro quel di Toscana. Del rimanente le cose si composero, e ciascuno tornò a casa propria, (t) (lofifi) Riccardo anche questa volta credette , che S. Renedcllo lo avesse ajulato in queste imprese militari , c per ragion di pietà volle salire al monastero , ( 2 ) appunto quando ardeva il lavor delle fabbriche. IMaravigliò dell’opera e della materia, e comandò che i suol Normanni dessero mano ai lavoranti . Anche papa Alessandro col cardinale Ildebrando in quest’ anno si recò alla Radia , c fu testimone delle belle opere di Desiderio. Questo pontefice era venuto in tanta buona opinione delfabate c de’suol monaci , che ove rimaneva vuoto alcun seggio o di vescovo o di abate, dava a lui facoltà scegliere tra i suoi Casslnesi coloro che più acconci gli parevano, per provvedere alle Chiese ed alle Radie. (3) ( I ) Leo. Ost. (9) Amai. Itisi. Norm. (.')) Leo Osi. lil). , 1 . c. 34. 33(ì STORIA DEIH HADÌl 1)1 MONTE -CASSIAO A questo loi-no di tempo furono anche alcuni mali ad ammendare, che distolsero lanimo di abate Desiderio dalle cose della sua Badia, Correva lama di certe scandalose diso- nestà avvenute nel monastero, che era nell’isola di Tremiti, suggetto al Cassinese. Desiderio volle rimediare: depose l’ahale Adamo , che era a ragione accagionato di molte ribalderie ; c munito di pontifìcia autorità, tolse a cojnpagni i conti Roberto di Lorltello, Petrone di Lesina, tre vescovi, c Fabate Terramaggiore, e si recò al monastero Tremitense. Creò abate di quel monastero Trasmondo figlio di Oderisio conte di Marsi, il quale educato nel chiostro dava bene a sperare , per bontà di natura che si aveva. Il Cassinese credette avere così com- poste le cose : ma , lui ritrattosi , essendo stati accusati di ribellione alcuni monaci , Trasmondo fece cavar gli occhi a tre di questi, ad uno la lingua. Questa ferocia di pene, andò nel cuore del buon Desiderio , che fattosi venire in Monte - Cassino Trasmondo, lo sottopose a solenne penitenza, e gli vietò il tornare a Tremiti. Costui aveva lasciato a governare il monastero a sua voce un certo Ferro monaco, il ([naie ponsò scuotere il giogo Cassinese , perocché chiamato a comparire in Monte-Cassino, non volle venire. Fu Intei’posta l’autorità di Roberto Guiscardo , che tornando di Sicilia , e pregato da Desiderio , con molta compagnia di vescovi c di abati si recò a Tremiti con duo galere armate, e tornò al segno i monaci di ([ucl monastero; ma non in guisa che non tornassero a ribellare, o turbare Fanimo di Desiderio. Vengo a fatto memorabile, che, ove non si voglia considerare in relazione co’tempi e collo persone, tale non potrebbe dirsi. Aveva Desiderio compiuto la edificazione del monastero e della Chiesa , e come non aveva lasciato mozzo che fosse a farla cosa maravigllosa, così volle anche che per ceiàmonla di consecrazione divenisse famosa. Venne in Roma l’abate, ed andò pregando Alessandro , perchè piegasscsi a trarre alla sua Badia con tutto lo splcndoi’o di sua corto a consecrai’gli la Basilica. Simili uffici praticò con Ildebrando, A7IN0 MIWI. 331 e tuUa la compagnia de’ cardinali , vescovi e chierici Romani, c cjiianti erano nobili e magnati. Italia si componeva in quiete ; le ire di Arrigo non ancora prorompevano ; sola Sicilia era calpestata da’ Normanni , e Saraceni che se ne contendevano il conquisto ; quindi e papa , e principi a sante e pacifiche opere volgevano l’animo. Fu fermalo dal pontefice il primo sabato di Ottobre dell’anno 1071, per consecrare solennemente la Cassinese Chiesa , e furono da lui spedite lettere a tutti i vescovi della Campania di Puglia e Calabria, invitandoli a convenire a Monte -Cassino nel giorno stabilito alla grande cerimonia. Bastò questo a commuovere non solo le anzidctte provincie, ma da molta parto d’Italia, e vescovi, e abati, e chericC e principi , nobili , e plebei , i quali accor- sero al monastero, che tutto ne fu riempiuto. Il monte , e le soggiacenti campagne brulicavano d’immenso popolo: a tanta moltitudine per sette giorni fu dato a maugiare pane , vino , carni , e pesci , e tutto in abbondanza , oltre il convivare che fecesi alla reale nella Badia ; stupendo a dirsi , ma stupendo era anche il censo per cui queste largizioni facevansi. Giunto papa Alessandro alla Badia con Ildebrando e sei altri cardi- nali, gli tennero dietro quarantasei vescovi, tra i quali S. Pier Damiano ; venne Riccardo conte di Capua primo del sangue Normanno a signoreggiare quello stato, ed il figlio di lui Giordano, ed il fratello Rainolfo. Roberto Guiscardo si trava- gliava attorno a Palermo per espugnarla, e perciò non potette intervenire a questa solennità. Comparvero nella Badia Lan- dolfo Longobardo principe di Benevento , Gisulfo principe di Salerno co’ suoi fratelli, Sergio duca di Napoli, e Sergio duca di Sorrento ( anche Sorrento erasi in quel tempo distaccato dallo stato Napolitano, e reggevasi per proprio principe) i conti dei Marsi, quelli di Valva, ed i conti Borrelli : dogli altri baroni , dice Leone, che non fu possibile ricordare i nomi ed il numero , tanta ne fu la moltitudine ; poiché questi in que’ tempi erausi moltiplicati fuori misura. Se peculiari corteggi si portassero seco, e se ricchi andassero di vestimenta e di altro T0.M. I. 22 STDRIl DELLA DADI A DI MONTE -CASSIA'O IìjS a (|uella solenne comparsa non c a dire. Certo clic fu grande spettacolo quello clic si offri nella Chiesa Cassinese in que’ giorni ; i capi di due popoli vi convennero , dico Longobardi e iSormanni , de’ quali rimo era al tramonto di sua fortuna , l’altro in sul nascere. Vedevasi Ildebrando; e su la fronte gii passeggiava grande il pensiero di rivendicare in libertà il Romano seggio, e quindi manifestava la terribile lotta deH’Ini- pero col Sacerdozio, c le conscguenti ire Guelfe, c Gbibelline; in una parola nella Chiesa Cassinese si raccostarono que’ personaggi che moderavano i destini delle generazioni di un secolo. Nel di primo di Ottobre fu dato principio alle cerimonie. Papa Alessandro sacrò l’ara massima di S. Renedetto, Gio- vanni vescovo di Frascati quella di nostra Donna, l’altra di S. Gregorio il vescovo di Sabina, ed Erasmo vescovo di Segni l’altra di S. Niccolò. Sotto ciascuno altare furono riposte reliquie di Santi, delle quali abbondavano i Cassinesi. Pontifi- cale messa fu detta; e poi Alessandro ai convenuti largheggiò di plenaria assoluzione di peccab, delle quali indulgenze volle che godessero tutti coloro, che per gli otto seguenti giorni si fossero recali a visitare la Basilica. Questo fu novello richia- mo di popolo, che rifluì alla Badia per certezza di spirituale purgazione ; ed usando delle parole del Cronista, pareva che nessuno de’ venuti pensasse a tornarsene, tanto era la pressa de’ vegnenti; e credevasi non esser fedele cristiano colui che non partecipava di una tanta solennità, (i) Nel partirsene papa Alessandro scrisse una Bolla (2) in cui, poiché ebbe detto de’ privilegi che debitamente concessero i suoi antecessori alla Badia di lAIonle-Cassino, passa a conse- craro nella memoria de’ posteri tutto quello che fu fatto in (juei giorni nel monastero. Narra come abate Desiderio stando in sul rinnovare la Basilica , ed avendo cavato di tre braccia (1) Leo. Osi. Chr, Cas. — Amai. Risi. Norman. — diro, presso il Caraccio. (2) VeJi Docum. E. Ano MlXXl. m il lorrono al lato destro dell’ altare, i-inveime un mattone che portava il nome del santissimo confessore Benedetto, e sgom- herato il luogo de’ rottami dell’altare, trovò il sepolcro di lui, su di cui era spaso un lenzuolo biancliissimo , che toccalo se ne andava in polvere ; comandò aprissesi il sepolcro , e rin- venendo i santissimi corpi intatti ed interi , li dette a vedere ai legali del papa , perchè i presenti e i futuri andassero certi della esistenza di quei corpi. Narra come accompagnalo da dieci arcivescovi, quai’antaquattro vescovi, e moltissimi chcrici , essendosi recalo a consegrare la Basilica Cassinese , a petizione di abate Desiderio, avesse sterminali dalla Chiesa di Dio , c maledetti gli usurpatori dei beni della Badia , e concesso quaranta giorni d’ indulgenza ai visitatori della Basi- lica nel giorno anniversario della sua conscgr azione. Tornato ciascuno allo patrie terre, come è solito, si parlò molto della Badia dcH’ahate, della magnifica cerimonia, dello splendore del luogo , ed a lutti prendeva maraviglia e desiderio di andarvi. 11 muovere di un papa , l’ accorrere di tanti principi aveva ingenerata idea più grande del monastero Cassinese, di quello che la fama di S. Benedetto aveva pro- dotto , c quindi venerazione grande tra i popoli nasceva , i principi donavano più largamente e spesso, e tanto si riscaldò negli animi il desiderio del chiostro, che ben duecento monaci erano in quel tempo in Monte-Cassino. Compiute le cerimonie della dedicazione della Basilica , Desiderio che vedeva di più nascere il censo badiale per pinguissime oblazioni de’fetleli, pose l’animo ad arricchire ed ornare la nuova Chiesa di magnifiche opei-e , por cui durò quel caldo esercizio delle arti nella Badia. Spedi a Costantinopoli un monaco (i) con lettere di raccomandazione all’ imperadore, il quale in quel tempo era Michele VII, e con Ircntasei libre d’oro, perchè di questo facesse lavorare da greci artefici una tavola da coprirne ranteriorc faccia dell’al- (r) Leo Osi. I. 3. c. 33. 310 STORIA DELLA RADIA DI MONTE- CASSINO (aro massimo della Basilica; o sopra facesse ritrarre a rilievo di smallo alcune storie della Bibbia, c miracoli diS. Benedetto. L’imperadore accolse bene il monaco, e se lo tenne in corto come imo de’ suoi , e gli fu largo di favori nel compiere la deputazione del suo abate. Di due cancelli di bronzo a getto, quinci c quindi l’altare massimo, chiuse il coro, innanzi al quale sospese in alto una grossa trave di bronzo che portava sopra cinquanta candelabri della stessa materia , e sotto lo pendevano trentasei lampade ; era allidata quella trave ad altra più grande di legno tutta vagamente scolpita c colorita^ che posava sopra sei colonne d’argento. Tra i candelabri erano locate tredici immagini di argento, e cinque pendevano tra le lampade. Sotto l’arco maggiore della Basilica innanzi aU’altare sopra quattro colonne di argento , ciascuna alta di cinque cubiti, fu posata una trave dello stesso metallo, bella di rilievi o di doratura, e tra le colonne furono su piedistallo di marmo poste due grandi Croci di argento , ciascuna di trenta libre , che avevano la immagine del Redentore mirabilmente con- dotte a cesello. Anche cesellati erano sei candelabri di argento, in cima ai quali ardevano grandi fiaccole , e si ponevano innanzi all’altare ne’ giorni festivi. Fu levato un pulpito o ambone di legno, cui por sei gradi si ascendeva, di oro, e di vari colori abbellito ; innanzi al quale si levava su piedistallo di porfido una colonna di argento di venticinque libre , che rendeva vista di candelabro , e sul qual ponevano il cereo Pasquale. Furono fuse cento libbre di argento a formare una corona che andava in giro per venti cubiti , intorno alla quale sporgevano dodici torri , e da queste trentasei lampade pendevano, e tutto era affidato ad una grossa catena di ferro ornata di sette borchie dorate , e pendeva fuori del coro dirimpetto alla Croce maggiore dell’altare, (i) Di questi ed altri ornamenti decorata la Basilica, l’abate si mise ad aggrandire il monastero. Atterralo il vecchio, levò (i) Leo Osi. Clir. Gas. AN?iO MIXXI. 3il nuovo refeUorio a inezzotli clell’ali’io della Chiesa ( ove è anello ora il moderno) vasto e hello edilizio : di novaatacliique cubili si prolungava da levante verso ponente, era largo ventitré cubiti, alto (pilndcci ; vi metteva una porta dalla banda di levante ; finiva a ponente con un’Abside entro la quale era locata la mensa dell’ abate assai grande, perchè vi sedevano anche gli ospiti, come volle S. Benedetto: (i) quattordici llneslro \ 1 portavano luce dal lato di mezzodì , due a tramontana , tre pili basso presso il pulpito , belle di molti ornamenti , e due altre rotonde in ciascuna faccia , le quali erano di squisito lavoro. Molte c svariate dlplntiu-e adornavano la faccia interna delle mura del refettorio. Ciò fatto, poiché l’abate aveva l’animo disposto a gran- dezza , pose mano al dormitorio de’ monaci , al capitolo , ed alla casa degl’ infermi, i quali edibzi, distrutti 1 vecchi , volle rilevare più ampi per la moltitudine de’ monaci , che sotto il suo reggimento di molto si accrebbe. Poiché alla divisala ampiezza degli edifici non bastava la spianata del monte , il quale bruscamente scoscende verso tramontana , furono costrutte certe fortissime macerie a fondamento del nuovo dormitorio, il quale fu lungo di ben duecento culxti, alto di trenta, di venticinque largo. Molta luce vi entrava per venti- cinque grandi finestre da mezzodì, tre delle quali, anche più grandi , erano sorrette da tre colonnette di marmo , che certo dovevano esser belle a vedere. E quivi pure fu molta e grande opera di fablvri e di diplivtori. Tra il dormitorio e la Basilica verso oriente fu levato il capitolo lungo cinquantatré' cubiti, largo venti, alto dieciotto; nera elegante il pavimento, c dipinta la soffitta. Mentre intendevano gli artefici a queste coslruzloni, avendo sconciati gli antichi sepolcri de’ monaci, per cavare le fondamenta, furono atterriti da frequenti scuoli- inenli di terra, i quali, come insoliti, si credettero segni dello scontento de’ trapassati per quel turbamento delle loro ossa. (i) Rog. S. Ben. m STOilìA DELLA D\U1A DI iìOATE-CASSiNO Ala airoUi nostra i tcrromoli sono fro(|uenti, e non si toccano i morti. Fu poi eguagliato il suolo che era al fianco del dormitorio , e innanzi al refettorio fu cavata una cisterna. Eguagliata cosi la vetta del monte , fu costmito un chio- sti’o con immensa fatica . che aveva cento e cinque cubiti di lunghezza c settanta di larghezza, intorno al quale correva un portico sorretto da cento c dieci colonnette di marmo. Onesti ed altri edifici compiuti, Desiderio curò le parli esterne del monastero. Dalla banda di ponente alzò una fortissima maceria di grosse pietre quadrate , in mezzo alla quale si apriva una porta, c su di questa fu levata una torre, cui erano fondamento quattro grandi colonne , e questa era come un recinto di munizioni. Fuori la porta del monastero fu fabbri- cato un ospedale pei pellegrini, ed una casa per gli ospiti. Tutto il monastero fu circondalo di un muro, come una città affor li ficata. Degli antichi edifizi non avanzava che la Chiesa di S. Alartlno, che era nel compreso del monastero, e questa anche abbattette l’ indefesso abate, e ne innalzò una nuova, più bella e grande della prima , lunga quarantatre cubiti , larga ventotto ed alta ventiquattro. Era nel mezzo sorretta da due fila di colonne, ciascuna di nove, ed aveva ai lati due portici, ossia navi minori, alle sedici cubili. L’abside di questa Chiesa era adornata di bei musaici, e in fronte le si leggevano questi versi : CultìFms extUerat quondam locus iste dicatus Dicrnonicis , inque hoc tempio veneratus Apollo, Quod Pater huc properans Benedictus omnipotentis Vertit honore Dei; Martini et nomine sancti Hoc Desiderius post centum lustra vetustum Parvumque evertit, renovavit, compsit, et auxit. Preziosa era una tavola che ricopriva la parte anteriore deiraltare di S. Martino, tutta di argento dorata che rappre- sentava a rilievo i falli della vita di S. Matteo Evangelista c di S. Martino: era del peso di (piaranlaqualtro libre. Questa A\MI mwi. 30 Chiosa fu poi iloilicaUi da Ciovaimi vescovo di Sora, sialo monaco Cassincsc. Di queste bolle opero di arli i monaci non erano sola- mente leslimoni, ma vi prendevano parie, ed in quelle si andavano ammaestrando. Sterminato cosi Tozlo dalle sante mui’a, gli animi si accostumavano alla fatica e vi prendevano diletto. Ove innanzi intendevano alla coltivazione della terra, in questo secolo tutti si dettero alla coltura delle arli e delle scienze. Cessate le salmodie , in uno congregali i monaci , sotto la moderazione di quel provvidente , scrissero in mollis- simi Codici le sante Scritture, le opere de Padri si greci, che latini , trattali di medicina , le leggi di Giustiniano collo No- vello, Tei’cnzio, Orazio, Virgilio, Cicerone ed altri molti. Cosi iLsando a mò di dire i monaci alla domestica co’ sapienti di Uoma, c di Grecia, ebbero commosso ranimo ad imitarli, e soli emersero dalle lemibre di quel secolo luminosi d’ alcmna luce di sapienza. Alfano di Salerno fatto arcivescovo di questa città fu uomo riputato a’ suoi tempi per perizia di musica e medicina, scrisse versi, e intorno alla unione deiranima col corpo, (i) Alberico scrisse oltre ai versi di sacro argomento, intorno all’ Astronomia , alla Dialettica; e di tanta scienza teologica il tenevano fornito, che nella Sinodo Romana tenuta da S. Gregorio VII neH’anno 1079 fu chiamalo per tenore il campo contro Ilerengario , che era tornato al vomito , e cui non solo con parole, ma anche con iscrilturc combattette. Pandolfo di Capna fu uomo di molte lettere e trattò di cose astronomiche ; ed altià molti furono , che sebbene a’ di nostri sembrano gretti 0 miseri scrittori, furono in quei tempi baste- voli a cbiarire i posteri , non essersi mal Italia del tutto assonnata nell’ ignoranza. Ma colui che tra questi sembra essere stato il piìi chiai’o per sapienza, si c Guaiferlo di Saler- no , che da Leone Ostiense è detto (2) fior di saj[ilenza e di (1) Pici. Diac. (le vir. ili. (2) Lib. 3 . c. 62. m STORIA DELLA liAUlA DI MOnE-CASSIXO facondia, e da Pietro Diacono (i) illustre per santità e reli- gione, soave in parole, di grande ingegno, e facondo dicitore. Egli scrisse sacri sermoni, versi in lode di santi , la vita di S. Secondino, ed II martirio di S. Lucio. Intorno alla santiUi de’ suoi costumi narra Pietro Diacono in altra sua opera ( 2 ) come essendo presso a morire, e pregato dal monaco Alberico, volesse dopo la morte manifestargli lo stato dell’ anima sua , fosse venuto a questo in visione , ed avesselo certificato della sua eterna salute. (3) Purtuttavia di peculiare ricordanza sono degni Costantino detto l’Africano sapientissimo di medicina. Amato scrittore della storia de’ Normanni, e Leone Ostiense autor della Cronica maggiore della Badia. Era Costantino nato in Cartagine , d’onde n’esci per apparare quanto gli venisse fatto di scienze tra le nazioni d’oriente, che visitò tutte. Andò in Babilonia, versò tra gli Arabi , Caldei , e Saraceni , e matematica fisica dialettica astronomia , ed anche negromanzia studiò ; trasse nell’ India e nella Etiopia, e le arti, e le scienze n’apprese ; calò in Egitto e ne interrogò i sapienti. Trentanove anni stette peregrinando, e consultando la sapienza di vari popoli , e cosi addottrinato ritornò in patria. Maravigliarono i suoi concittadini della sua dottrina , ed allo stupore successe il pensiero , lui non esser.} uomo di questa terra, ma o demonio o commerciante coll’altro mondo , si che pensarono porlo a morte. Consueto destino che han corso sempre i sapienti anche nelle terre e ne’ secoli più illuminati. Trapelato il matto e crudele consiglio, Costan- tino ebbe come campare salendo in nave, e venne in Reggio di Calabria ove dimorò alcuni anni , per cui vcnnegli il nome di Reggino , lenendosi occulto. Ma giunto a Roberto Guiscardo notizia di lui, lo fece venire in sua corte, e lo creò suo primo segretario , come attesta il Lambecci , (4) e come (1) De vip. ili. Gas. Gap. 29. Vedi Dee. P. (2) MS. De ortu et obitu just. Gas. c. 48 - (3) Vedi Docuin. F. (4) Lambec: Bibl. Cte^ar. Tom. 6. pag. 284. ANSO Mini. 3i:ì trovasi anche in un MS. della Laurenziana. (i) Tali cose di Costantino tolgo da Pietro Diacono. ( 2 ) Certo che quegli fu Iellato nel suo tempo qual nuovo Jppocrate ; e dottissimo in medicina ce lo dimostrano le sue opere pubblicate in Basilea nel i536. Di Salerno, ove molto giovò alla scuola di me- dicina, che fino dal secolo X vi fioriva, portossi a IMonle Cassino, e vesti l’abito monastico. Quivi dal favore di Desi- derio, dalla quietezza del sito, ajiitato, spose tutto il tesoro di notizie, che nel quaranta anni di viaggi ebbe in vari paesi apparate, e fece moltissime scritture in fatto di medicina, e d’igiene; volse in latino molti libri scritti in arabico, ed in altre lingue straniere, e fu maestro nella Badia, che divenne scuola di sapienza in tanta miseria di tempi, cc Crebbe perciò € la fama della scuola Salernitana, sono porole del Giannone, c la quale in gran parte la deve ai monaci Cassinesi , i quali (( la promossero per gli studi assidui die facevano sopra la (c medicina. Sin dai tempi di papa Giovanni Vili questi monaci (( eransi dati a tali studi, e Bassaccio loro abate, di medicina (( espertissimo, ne compose anche alcuni libri, in cui dell’uti- (( lità e dell’uso di molti medleamenti trattava; non riputandosi « a quei tempi , come si è detto , cosa disdicevole ai chcrlci « ed ai monaci l’esercitar medicina. )> Tra i suol discepoli va ricordato Azzo monaco perito di medicina , che voltò in latino le opere del maestro di lui , e fu cajipeUano di Agnese imperatrice. (3) Nè mancarono i curatori dello patrie storie. In questo torno di tempo è a far ricordanza di Leone Morsicano, monaco, e poi cardinale vescovo di Ostia , il quale ha raccojuandato il suo nome alla Cronaca di questa Badia. Imperocché appunto in questo tempo di molta ardenza negli studii, e di uomini riputati per sapienza, egli , sendo abate Desiderio, trasse alla (1) Bandi. Calai. MSS. Graie. Bibl. Laur. Voi. III. pag. 124. ( 2 ) De vir. ili. Gas. (3) Pclr. Diac. De vir. ili. 31G STORIA DELLA BADIA DI MOATE-CASSIAO Badia ancora faiicliillo per apparare leUcro, avvogiiaclic soUo al)ale Oderisio scrivesse la Cronaca, (i). Fu dello Marsicano come nalo nella cillà de’ Marsi; de’ parenti , e dell’ anno in cui nac(pic non saj^piamo. Pasquale li lo creò cardinale e v(*scovo Ostiense, e trovo il nome di lui segnalo negli alti del concilio Catcranense III, in cui intervenne ( 2 ). Meritò henis- siino della Badia, non poco della patria, avendo narrale le cose di lei con larghezza di stile , e molto lasciò de’ Talli civili avvenuti a suoi tempi. Oderisio lo confortò alla scrit- tura della Cronaca Cassinese, cui dopo mollo temere di sue forze, applicò l’ animo , slanlechè da questa opera erasi ri- masto Alfano arcivescovo Salernitano, uomo sapientissimo di que’ tempi, riputandola fuori modo difficile. Usò egli in que’ racconti di quante scritture vcnncgli fallo trovare , e special- mente della Cronaca di Giovanni abate , della storia de’ Lon- gobardi , della Cronaca de’ pontefici, c degl’ imperadori , cioè di lutto quello che ebbero lasciato scritto gli anlicbi inoliaci ; c confessa, non poca cura avere anche messa nello esame do’ privilegi, precetti, e concessioni imperiali c papali che avanza- vano da ben due incendi patiti dalla Badia. (3) Egli preiule le mosse della narrazione da S. Benedetto fino al governo di Desiderio, dividendola in tre libri. Questa fu della Cronaca minore; la quale continuala da Pietro Diacono ( il (juale aggiunse trentotto capi al terzo libro di Leone, ed un quarto ne scrisse, cbiudendo la narrazione colla morte del l’antipapa Anacleto ) fu detta maggiore. Io non dirò di alcun pregio di questa Cronaca fuori di quello comune a tutte le altre , (àoè di essere rapporlalrice a noi di molti fatti , che forse , non essendo stali Cronisti , sarebbero andati in oblio : por altro è a saper grado a Leone, che, contando delle cose della Badia, moltissimo abbia narralo riguardante la storia de’ popoli de’ (1) Pet. Diac. De vir ili. Gas. ( 2 ) Maiis. Coll. Conc. (3) Vedi Prolog, (lolla Cron. di Leo. Eareoiuftioiluret S^anctissimus Paler, >iujusqu fondò altro monaslei’o. Azzo signore di Cagliari levò quello de’ Santi Giorgio, e Genesio nel io 84 , come appare da un diploma del Regolo Costantino presso il Martene (2) ; Costan- tino I. figlio di lui e successore nella signoria di Cagliari nel 1 089, confermate le paterne donazioni, e fondato il monastero di S. Saturnino , concesse ai Cassinesi le Chiese di S. Antimo site nell’isola de Sulsis ^ di S. Maria in Palma, di S. Eviso di Mira, di S. Ambrogio d’Isca, di S. Maria di Ghippo , di S. Maria d’Arco, di S. Maria del Monte, con tutti i loro censi, confidando la ricca donazione a Diploma che trovo pubblicato dal Martene ( 3 ). Finalmente Gunnario confermò con suo Di- ploma pubblicato dalGattola(4) tutte le donazioni diBarasone suo bisavo , di Mariano suo avo , e del padre Costantino ( 5 ). Intanto papa Alessandro ad istanza di Desiderio mandò ai Pisani un legato , ed un monaco , i quali da sua parte li minacciarono di anatema, ove non avessero restituito tutto il rapilo nella corsa fatta sulle navi di Sardegna. Quelli si piegarono a tali comminazioni, c tornarono in mano del legato i Codici, la sacra suppellettile, ma quando si trattò delle rehquie , protestarono non poterle restituire, conciosiaccbè avevano nel rapirle fallo giuramento di non darle a chic- chessia ; ed infatti , tornati da quella pirateria , con solenne processione le avevano riposte nella loro Chiesa vescovile. Invero abate Desiderio, essendo molto innanzi nellanimo di papa Alessandro, pensò bene a trarre fruito dai pontifici favori per la sua badia. Nei privilegi di confermazione ottenuti dagli altri papi era fatto parola della indipendenza dei monaci dalle sedi de’ vescovi, e questa approvata, pena di anatema (1) Sard. Sacr. p. 25. ( 2 ) Thes, Vet. Mon. tona. I. pag. 523. (3) Thes. Vet. Mon. SaS. (4) Access. 255. (3) Vedi Docum. II. Ano IILXXI. 3lfl a eliiunquc avesse osato violare. lAla l’abate voleva una piìi solenne dicliiaiaulone di queste l'rancliigie , come quelle che ottenute per papali privilegi, potevano malamente perdersi , massime che ai vescovi non talentando quella monastica indipendenza, avrebbero potuto a poco a poco far sentire ai monaci l’ autorità di loro ; e credo, come appare in prosieguo, che qualche cosa tentasse contro l’ arcivescovo Capuano ud- ranno 67 di questo secolo. Teneva in Laterano una sinodo papa Alessandro , nella quale, forse a petizione di Desiderio, presenti i vescovi, sancì la indipendenza dei Cassinesi da qualunque sede. Ildebrando arcivescovo di Capua, che non portava bene queste eccezioni di canoni , in faccia al papa brontolò come a dannare quelle sanzioni ; ma gli fu forza tacere, non essendo quella una concessione che allora faceva- si , ma conferma di già fatta. Laonde Alessandro nel privilegio scritto a favore della Badia così diceva, (i) c D’una tale nostra c autorità facciamo divieto ( salvo il sommo vescovo dell’apo- « slolico seggio ) a vescovo o sacerdote che sia di qualunque « sede, arrogarsi alcuna giurisdizione sul monastero Cassi- « nese e nelle sue prepositure , e celebrarvi messa solenne. «: Conti'o la quale autorità avendo osalo richiamare Ildebrando (s. Capuano arcivescovo al nostro cospetto, stando in piena fi sinodo nella Chiesa Lateranense del Santo Salvadore , con- fi: vinto dai privilegi dell’apostolica sede , confessò di aver (( fallito. Laonde a lui ed ai suoi successori per apostolica « autorità facciamo precetto, a non portar più la cosa in que- e stione, o a rompere lite contro ranzidetlo venerahilc luogoj c ma cessata ogni oppressione di cherico , o di laico , come fi: finora è stato , resti in perpetuo da questa quinta Indizione «: per vigore del nostro privilegio, tranquillo e libero, a servi- fi: gio e gloria di Dio sotto la protezione della santa llomana fi: ed apostolica sede. » Alle investigazioni del Ltdvlie è sfuggita questa Sinodo (i) Vedi Docam. I. — Rcg. S. Ang. in Cormis 3 (i 2 STURI A DELLA RADIA DI MUNTE -CASSTA'O Laloranenso, di cui è stalo parola, non trovandosi nella graml<3 collezione de’ concilii: eppure il laborioso Gesuita ha rUerilo nella sua opera altri concilii fidando solo neU’aulorltà di Leone. ]\Ia quella che maggiormente fu presa della fama della badia e di Desiderio e larga dispensatrice di doni fu Agnese Imperadrice madre di Arrigo IV. Costei, come fu detto, aveva cousenlilo alla intmsione dell’ antipapa Onorio , ed avevaio favoreggialo; ma poiché usava molto de’ consigli del vescovo di Augshourg uomo ambizioso , gii altri prelati di Germania punti da gelosia , e vogliosi di fare anche essi qualche cosa , sparsero certe male voci intorno all’amicizia di Agnese col vescovo, la quale pure era onestissima; e fermarono di togliere a quella la tutela del figliuolo, ed il governo degli affari. Annone arcivescovo di Colonia con singolare astuzia riesci nell' intento rapendo il giovanetto Arrigo, che mise sotto la sua tutela. Allora la imperiale donna , tocca da fastidio delle cose umane, dolente dell’ infamia che l’ ebbero sparsa, ed inquieta per rimorsi di coscienza pel favore prestalo all’antipa- pa, si ritrasse dagli affari : venne in Roma ( 1062 ) e confidata tutta l’anima sua per generale confessione a S. Pier Damiano, e ricevuta la penitenza da papa Alessandro , si rese anche monaca. Il nome della Badia di monte Cassino e di Dcsideiào, il santo e tranquillo vivere che vi si faceva non poteva isfuggire all’ anima pietosa della infelice Agnese. Nel tempo che corse dall’ anno sessantadue di questo secolo fino al settautasetle , anno in cui mor'i , vi trasse; e tanta consolazione le venne dal vedere quella solinga stanza di fervidi monaci, che vi dimoi'ò mezzo anno intero, e lasciò segui veramente imperiali della sua pietà nelle ricche offerte che fece a S. Benedetto. La Contessa Matilde tanto fervente soccoiTitiàce del Ro- mano Seggio volle anche móstrare la sua devozione ^crso la Badia, in cui erano tanti i votati alla libertà della Chiesa. Era avvenuto in que’ giorni che alcuni uomini del monastero avendo comprato in Pisa alcuni panni per uso dei monaci, i gabellieri della Contessa vollero da essi togliere un dazio. \m wLwi. 3C3 Illcliiamarono i monaci presso Malikle, e n’ ebbero (juesUi scritta, (i) « Matilde per la grazia di Dio Contessa. È giusta c d pietosa cosa , che noi prestiamo aiuto ai luogbi sacri con- « segrati a Dio, ed è santo , che noi imploranti la remission c dei peccali per intercessione dei Santi , li difendiamo. Non c lia guari che stando nella città di Pisa fu a noi rapportalo, « come alcuni procuratori del mercato e del porto di (jucsla c città abbiano tolto una gabella dagli uomini del monastero « di S. Benedetto sito in Monte -Cassino por alcuni panni « comprati per uso dei Frati ; la quale cosa rapportataci , ci t tornò grave, ed immantinente comandammo ammendarsi, c E perchè in prosieguo alcuno non osi fare qualche cosa di c simile contro fanzidetta congregazione, per amore al nostro c S. padre Benedetto, di cui conserviamo dolce memoria, ed c il nome di cui ci suona soave , e per riverenza inverso i c Frati , che nel predetto monastero servono a Dio , conce- « diamo , e colla presente scrittura confermiamo , che sia « permesso alla gente del predetto monastero in qualunque « terra del nostro stato liberamente comprare tutto ciò che « loro sembrerà utile alla predetta congregazione, in modo (( però che non paghino gabella a chicchessia. Chi poi contro (( la scrittura del nostro precetto , oserà riscuotere da loro « qualche cosa a titolo di gabella, e tejiterà loro recare « molestia, inconn nella pena del nostro sdegno, c inoltri « paghi alla nostra curia cento libre. E perchè questo più (( veramente si creda, e più fermamente si osservi, con vali- li: diamo la presente scrittura colla impressione del nostro c: suggello. » Il buon pontefice Alessandro innanzi morisse volle dare alla Badia , ed in particolare all’abate Desiderio un’ultiino segno deH’ainore che gli portava. Non so se neU’anno istesso della dedicazione della Basilica , o nel seguente , uscito di Roma, si condusse a Monte-Cassino, foiose per ragion di devo- (i) Vedi Docuin. R. Caps. i3. fase. 4- »■ 38. 301 STUlUA UELLA BADIA DI UOXTK- CASSILO zioiie il S. lAonedcUo, (i) c donò allabate od ai suoi suooossoii la Badia de’ SS. Sebastiano c Zosimo, della volgannenlo Ballaria , rivocando l’ investitura , die loro aveva data papa Leone IX della Chiesa di S, Croce in Gerusaleuimo sita in Roma. A questa donazione era confortato il ponlelìce dal desiderio di avere presso di se in Roma l’ abate , della pru- denza del quale grandemente usava nei difficili negozii della Chiesa (2). Poi verso la persona di Desiderio si addimostrò generoso , donandogli, non come ad abate Cassinese, la città di Terracina con lutto il suo territorio. In questo viaggio che fece Alessandro , Iddio volle chiarire co’ miracoli la santità di lui. Imperocché facendosi egli ad entrare le stanze hadiali, che erano presso la Chiesa di S. INiccolò , ed esscndoglisi paralo innanzi un invasato dal Demonio, preparatosi colla orazione, ad un suo comando lo liberò della diabolica infestazione. E dando per la città di Aquino , preso da pietà di una povera femmina che cionca de’ piedi giaceva per via, incontanente la tornò sana, dandogli a bere dell’ acqua di che crasi lavato le mani dopo la messa. Infatti questo pontefice era uomo di singolare jùetà , c di miracoli operati da lui narrano anche altri scrittori. (S) (1073) Nell’Aprile di questo anno Alessandro venne a morte, ed è bene che io dica in quali condizioni lasciasse la Chiesa per lo intendimento di quello che sarò per dire della Radia. Dall’anno loSg in cui papa Niccolò II definì nel Concilio Romano, non doversi intromettere gl’imperadori nelle elezioni de’ pontefici ; c perciò non volere più investiture laicali; fino a ([uesf anno non si appalesarono gli sdegni della corte di Lamagna contro di Roma, avvcgnacchc questi ad ora rul ora (1) Leo Osi. Lib. Ili c. 3. ( 2 ) Privileg. Reg.Pet.Diac. n.3r. Quapropter ^ chartssìme frater ^ et consacerdos , quia prudentiam tuam maxime lateri nostro optamus adkoirere. (3) dir. Gas. Leo Osi. Ano mxx:ii. 303 nndassoro soinpre più rlscaklantlosi secondo che Arrigo cre- sceva negli anni. Fu molesto in questo spazio di tempo al buon pontefice Alessandro l’antipapa Cadaloo , ma non intanto da impedirgli l’esercizio del pontificale ufficio su tutta la Chiesa: ed avvalorato da Ildebrando , non ristette mai dal combattere acremente contra i clierici simoniaci e concubinari. Mentre egli purificava la Chiesa di Dio di questa mala zizania, il re Arrigo procedeva negli anni, e più ne’ vizi. Fino a che gli fu ai fianchi Annone arcivescovo di Colonia andò più rattonuto nel male, infrenato dai consigli di questo savio ed autorevole prelato : ma allor che questi si ritrasse dalla corte, disperando della guasta natura del principe, e anche allontanato dai mali artifizi di Adalberto arcivescovo di Brema , superbo ed ambi- zioso uomo , Arrigo ruppe in ogni maniera di ribalderie ; o tra queste non era la più innocente l’invereconda vendita che faceva de’ benefizi ecclesiastici. Come poi era perduto nello lascivie , tentò anche di rompere il vincolo del matrimonio che lo univa con Berta bella e costumata principessa; ma gli fu sopra quel rigido Pier Damiano spedito dal papa , che lo tornò al segno. Dei popoli faceva pessimo governo , che malcontenti fremevano sotto il giogo di questo iscellerato principe , e più apertamente fremevano i popoli di Turingia e di Sassonia parati alle armi contro di lui. In mezzo a tante corruttele e ferocie della tedesca corte, i vescovi tenevano gli occhi sul papa , che minaccioso seguiva da lontano i passi dell’ indocile principe, e si tenevano devoti al Seggio di S. Pietro; nella quale devozione ebbeli confermati il timore della papale autorità , quando chiamati a comparire innanzi al tribunale del papa , i due arcivescovi di Magonza e Colonia , ed il vescovo di Bamberga , ebbero a tremare udendo i rim- proveri del pontefice , perchè non avevano convenientemente ostato alle simonie di Arrigo , ed avevano consegrati vescovi contaminati di tal peccato. Il corpo de’ vescovi fedeli alla Chiesa metteva fiducia neH’animo di Alessandro , potere uii giorno spiegare in Lamagna la sua autorità contro di Arrigo. STflRH DELIA 1ÌADI\ DI AinXTE-CASSIAO 3*i() In Italia le coso erano anclie ben composte: Iklebramlo era alla perline giunto a far rinsavire i clierici di Lombardia, e specialmente quelli di Milano , persuadendoli con vigorosi sforzi , die alle donne non doveano pensare , e die coll’ oro non si entrava nella Cbiosa di Dio, Di umani soccorsi non ,) id. STORIA DELIA RADIA DI AIOA’TE- CASSILO Monte -Cassino tulio suo tesoro, per metterlo al sieuro dalla rapacità de’ Normanni. Allora una Chiesa, una Badia si sli- mava come lo stesso santo cui era dedicata, e il donare, o ’’ fidare alcuna cosa ad una Chiesa valeva proprio donai’la o fidarla al santo cui era sacra ; per la cpial cosa il vescovo credeva che il suo tesoro stasso sicurissimo in mano di S. Benedetto. ]Ma Giordano princi[)o di Capua non la pensava cosi ; e senza patire di scrupoli, spcih alla Badia una mano di soldati che a viva forza togliessero , o gli portassero il tesoro del vescovo di Rosella ; e così fecero , sebbene richiamassero i monaci, ma invano. Come papa Gregorio riseppe di questa principesca ribalderia, si accese di un santo sdegno, e contro Giordano, e contro i monaci, che sebbene riluttanti, avevano patito, che si facesse quella sacrilega depredazione. Scrisse ’ncontanenle una lettera (i) aGiordano, in cui, rinfaccialagli la falhfa fede a S. Pietro , perchè aveva tratta la madrigna a non volute nozze , assalito e rubato un vescovo che si recava m Roma; lo rimproverava acremente, perchè da difensore che doveva essere delle cose della Chiesa, si era fatto sfrontato predatore di queste, entrando violentemente, e rubando alla Chiesa di Monte-Cassino ; poi gli comanda di rendere ragione, e riparare al mal fatto, se non voleva incorrere nello sdegno de’ Santi Pietro , e Benedetto ; e lo avverte , che se spregiava t[uel comando, avrebbe richiamato a Dio stesso , il quale ben gli avrebbe dato consiglio intorno a quella sua tracotmiza ed ismodata superbia. Scriveva poi ai monaci (2) : (( Gregorio (( vescovo, servo de’ servi di Dio ai diletti figliuoli in Cristo c monaci di S. Benedetto salute ed apostolica benedizione. (( Abbiamo risaputo , e non possiamo dirlo senza gravissimo (( cordoglio, come alcuni uomini messi dM principe Giordano (( per diabolica suggestione siansi cacciati nel vostro tesoro , (( e con inudita temerità abbiano portato via certe cose che vi (i) Lib. VI. cpi. 37. (■2) Vedi Docuin. M. ANNO MLXXYIII. 3H (( orano stato fidato. Nel qual fatto bone possiamo garrire voi a ed il vostro abate di troppa negligenza , e di una pochezza e di animo da punii*si severamente; e con maggior rigore e: dovremmo comportarci con voi, se da quella carità, con cui (( sempre vi abbiamo amati, non fossimo rattenuti. Alcerto (( sembraci più comportabile che si lascino predare e guastare (( le terre e le castella di S. Benedetto , che un santo luogo , (( famoso, come ne avvisiamo, e \caerabile per tutto il mon- (( do soggiaccia a tanto scandalo d’ ignominia. Laonde non « patendo , che resti impunita la colpa di tale imprudenza , c: massime considerando noi alla violazione arrecata al vostro (( luogo, ed al peggio che vi potrebbe venire dairesempio di (( questa ribalderia , vi esortiamo a ristare dal divino officio c nella Chiesa del B. Benedetto , e denudando gli altari che c vi sono , diate a conoscere a chicchessia quanto grave sia (( lo scandalo di questa violazione. Imperocché se nella Chiesa (c di S. Pietro bagnata di umano sangue , non vicn celebrato or il divino officio senza un’accurata riconciliazione, maggior- (c mente questo, che è stato più malamente commesso nella apa Guiberlo , che volle , quasi (1) Pctr. Dlac, Cliron. ANJiO MIXXXII. m ad accennare alla clemenza del suo re clic lo creava papa , chiamarsi Clemente , e ricevendo dalle sue mani la corona imperiale. Intanto Gregorio quasi diserto da tutti, rinchiuso nel castello S. Angelo , era messo alle ultime strette dalle masnade tedesche; ma nomo giusto c tenace del proposito che era, e racconfortato di quella speranza in Dio, che ne’ petti santi c generosi sempre giovaneggia e rinverde , non cadeva d’animo , ed aspettava i soccorsi del Normanno Roberto. Desiderio ritrattosi alla Badia dal parlamento di Farla, consi- derando al pericolo in che versava il padre de’ fedeli , quasi partecipe delle angosce di lui, tempestava il duca a muovere in ajuto di Gregorio, e quaiulo vide costui con oste poderosa in sull’andai’e , tosto ne lece avvisato il pontefice per segreto messaggio. Allo strepito delle vicine armi Normanne intimorì Arrigo, chiamò a raccolta i suoi , e sgombrò la città coH’an- lipapa Clemente. Roberto, che fu chiamato dal cardinale d’ Aragona (i) fortissimo leone e trionfiilore , entrò Roma , liberò il papa dalle mani tedesche, e lo condusse nel suo palazzo di Laterano. Pietoso fatto , il quale fu disoncstato dai soldati Normanni e Saraceni, che ferocissinianiente sfogarono ogni loro voglia nella infelice città, rubando , uccidendo , sforzando vergini e spose, e riducendo Roma quasi all’ ultima fino, per fuoco che vi appiccarono. Certo che queste tristizie furono spada nel cuore del santo pontefice , che si adoperò a tutt’ uomo colla sua gente, a cessare i danni di quelli furiosi liberatori. Pen- sandosi poi costui come fossero stati gli animi Romani poco fermi nella giurala fede a S. Pietro , e come dessero poco di bene a sperare in prosieguo; feianò escire daH’infedele città, c andare in procaccio di più sicuro ricovero. Egli volse tosto l’animo ed i passi alla Badia di Monte-Cassino: accompagna- vanlo Roberto con lutto suo esercito, e i voli di lutti i buoni, che amavano , trionfasse la Chiesa nella salute del vicario di (i) Vii. Grcg. VII. 38S STORIA OEUA RADIA DI A10\TE-r,ASSIA'0 Cristo. Io non so so sia nella narrazione di questi fatti Cassinosi cosa che più onori di perpetuale gloria la lìadia di Monte-Cas- sino, quanto questa di essere stato rifugio al pontefice, quando per jìrincipesca e forestiera tirannide , per fiacchezza dei vescovi , c vergognosa ribellione di suggetti le coso della Chiesa parevano condotte a disperate condizioni. Desiderio apri le porle della badia ai venei’andi ospiti pazienti per la giustizia, accolse ed alimentò il pontefice con tutti i cardinali c vescovi che lo seguirono fino a che non partirono per Salerno, (i) La ipiale santissima ospitalità de’ Cassinosi verso i Romani jionteflci consigliò poi papa Urbano II a scrivere (pieste parole in un suo diploma a prò dei Cassinosi, (c ( 2 ) Oltre (( il generalo debito di carità, oltre la singolar prerogativa (c del vostro CiMiohlo, per la quale è stabilito capo dal Signore « di tutti i monasteri in occidente, . . . anche quella magnifica (( benignità, colla quale sempre la congregazione vostra, o (( massimo a’d'i nostri, ha soccorso alla Romana Chiesa , a (( questo Istcsso luogo ci obbliga di molta conoscenza. Perocebè (( questo luogo fu ed è tuttora, sollievo do’ nostri tribolati , (( ricovero ai fuggenti , costante re(]uie degli abbattuli figli (c deir apostolico seggio. » Giunto in Salerno l’invittissimo pontefice, venne a morte. Allora abate Desiderio cogli altri cardinali gli si fecero intorno pregandolo. Innanzi morisse a volersi eleggere un successore, por causare discordie e tumulti, che potevano tornare fatali, vivente l’antipapa Clemente. Gregorio deputò a succedergli Desiderio, come colui che tutti avanzava per prudenza, fer- mezza neU’amore alla Romana Chiesa, ed era avvalorato delle amicizie con Roberto: ma ove (piosti riluttasse a sobbarcarsi al carico del pontificato , consigliava i circostanti prelati ad eleggere papa Ugo vescovo di Lione, oppure Ottone vescovo di Ostia. Poi vólto a Desiderio, predisse, che non avrebbelo visto ( 1 ) Clir. Cass. 3. 3!). Pandul. Pis — Lupo. Prol. (•ì) llcg. Peli’. Diac. 3G. km MLXXW. 389 morire, nè allo sue esc([uio sarebbe inlerveiiuto: inlalli poco dopo giunse messo all’abale, che rapporlògli deHaggressione falla ad un castelfo della badia, c gii fu forza aecori-ei’vi. (i) Passali tre giorni da cpielli provvedimenti, papaGregorio rese l’anima travagliala c non doma, con ipielle parole, che eliia- rirono i presenti ed i posteri della giustizia seguila, sempre da (juel morente in tutta la a ila ; J/o amalo la (jiuslizia ed odialo la iniquilà; ed è per quello che io ine ne muoio in csiplio. Compiute reseijuic, interralo il corpo del pontellec nella nuova Cbiesa di S. Matteo in Salerno, i cardinali senza andare per le lunghe con deliberazioni e sipiillinii , concordarono a litr papa abate Desiderio , e lo pregarono ad arnmdersi alle presenti necessità della Chiesa. 11 Cassinese protestò , non essere per salire il Romano- seggio, ma bensì non rimanersi, come aveva fatto per lo innanzi, dairajulaiio con ogni sorta di servigi. £ per islornareda se gli altrui animi, aggiunligiisi compagni il vescovo Graziano e quel di Sabina, misesi tosto lul operare caldamente per levare altri a quella suprema dignità. Visitò Giordano di Capua c Rainolfo conte di Avei’sa, pregandoli a non abbiiulonarc la Giiesa in quelle sue peri- colanti bisogne; sollecitò i cardinali a scrivere alla contessa 31alilde, perchè di sua autorità esortasse e vescovi, e cardinali a recarsi in Roma, e cosi tra molli meglio facessesi la elezione del nuovo papa. Ma lutti s’indugiavano, essendo per comune volo già destinato l’abale a quell’alto ministero. (Questi chia- ritosi ileU’universale pensiero, a causare una violenta stretta, trasse a Monte-Cassino ; ove peraltro non ristava e con messi e con lettere dal fermare in fede di Roma e Normanni , e Longobanli. Scorsa la state, in cui per la malvagità dell’aere non avevano potuto convenire in Roma i prelati, Gioi-dano coi suoi Normanni, co’ vescovi ed i cardinali compagni eseguaci di Gregorio entrò la città ; ma Desiderio ristette daU’cUularvi, (i) Card. Arag. Vii. Grog. VII. Gap. log. STORIA DELIA BADIA DI A105TE- CASSINO sempre suspicando, che noi tacessero ])a])a. Cosi Ira pel renilo consentimenlo de’ prelati, e la iermissiina riluttanza del Oassi- nese spirava l'anno 85 di quel secolo, e l’ antipapa latto Torte da Arrigo trescava a sua voglia nella Chiesa di Dio. Alla per fine pensandosi Desiderio, che pel ripetuto suo rifiuto ad altri fossersi rivolte le menti , chiamato in Roma , vi trasse. Ma standosene egli a lutto pensando che al papato nella Diaconia di S. Lucio, correndo la vigilia di Pentecoste, essendo in sull’ annottare, videsi ristretto da molla gente, che piangendo , a ginocchio piegato prcgavanlo , e tempestavanlo ad aceettare il carico pontifìcio : ma egli tenendosi sempre in sul duro, non si arreso ; e protestò, che ove violenza gli fosse fatta , sarebhesi rinchiuso nelle mura della sua Radia , e non avrebbe più di alcuna sua opera soccorsa la travagliala Chiesa, (irebbero le istanze nel vegnente -d'i di Pentecoste, ed il rifiuto fu pili solenne. Finalmente i cardinali sfidali di piegarlo, lui deputarono a nominare il successore di Gregorio, a condiziono, che fino a quando non fossosi |)acificata la Chiesa, egli doveva ospitare in sua Radia il novello papa , con sua corte , come aveva usato con papa Gregorio. Desiderio consentiva loro, ed in segno della promessa rilasciava d pastorale, e nominò papa Onorio vescovo di Ostia. La cosa sarebhesi cos'i bellamente composta, ove un cardinale non fosse assorto dicendo : alla elezione ostare i Canoni, che non volevano traportarsi i vescovi da una sede in un’alti*a, nè esservi cagioni potenti a derogare lo ecclesiastiche sanzioni. Allora tutti a viva forza dato di piglio al riluttanle abate , lo trascinarono nella Chiesa di S. Lucio , e papa lo acclamarono, rivestendolo della rossa cappa , non potendo dello altre vesti papali pel suo grande resistere. Ne per questo quell’ indomabile si dette per vinto , che a capo di quattro giorni fuggisscno ad Anlea, poi in Tcrracina , e qui^ i ilcposto e cappa , e croce , e quanto il facesse conoscere per pontefìce, venncscne al monastero (1087). Cadeva l’ottantesimo settimo anno del secolo, e vuoto ancora rimaneva il seggio di S. Pietro; ma, come Dio volle; AMO MLXnVlI. 391 vcniilo a concilio in Capua il Cassincsc, fccci'o un tal pi-cgai'c ai suoi piedi i cardinali , i vescovi, e Giordano principe, ed il duca Ruggiero, e Cencio Romano console, che alla |)erliiie Desiderio assunse le ponlificali insegne. Poi, celebrata la Pascpia in Monte-Cassino , accompagnato da Giordano , da Normanni soldati, e da Gisulfo, già principe di Salerno, venne in Taccia a Roma già infermiccio e cagionevole di salute , per farsi solennemente consecrare. Ma sangue era da spargersi nella stessa Chiesa di Dio. Conciosiacchè il falso papa Guiherto orasi stivato di armati nella Chiesa di S. Pietro, ed a rincacciarlo ili là non vi voleva mono della viva forza; c tutto un giorno fu speso ad espugnare la Chiesa. I soldati /II Riccardo giunsero a sgombrarla de’ fautori di Guiherto; ed ai 9 di Maggio per le mani de’veseovi di Ostia, Frascati, Albano e Porto venne solennemente consacrato papa abate Desiderio, e tolse il nome (li Vittore ni , essendo stato testimone di (piella cerimonia moltissimo popolo, cardinali, e vciscovi, ed abati. Certo che so oltre al virtuoso ahhorrlmento degli onori , il pensiero della inirpiità de’tempi fecero tanto ritroso Desiderio a sommettersi al papato, non si avvisava male; poiché un antipapa si)alleg- giato da Arrigo , che molto della cheresia si traeva appresso, non era piccolo intoppo a superarsi. Arroge: anche (piel nuitto e mutabile animo che avevano allora I Romani, tenenti ora pel papa , ora por Arrigo , lui facevano pericoloso il sedere sul proprio seggio , e lo astringevano ad andar ramingando , ove non s’avesse dovuto combattere ad oltranza nella Chiesa per ispodestarne i scismatici, come avvenne. Tali cose aveva anti- veduto l’accorto Cassincsc , c trovatosi papa, l’ehhe a provare anche più di (juello che sei pensava. Infatti, scorsi appena otto giorni dalla sua consacrazione, conobbe esser mal sicuro lo starsi in Roma, c tosto portossi alla traucpiilla sede di Monte Cassino. Ma la contessa Matilde, che tanto nnuàlò heiu! della R(vmana sedo, venuta in Roma con sue soldaUische, lo mandò invitando, perchè (juivi fosse convenuto ad abboccarsi seco. Le armi della contessa fecero men j)auroso Vittore a recarvisi, 392 STORIA DELIA BADIA DI MONTE- CASSINO c la sua presenza con cpielli ajuli gii trasse in devozione tulla Roma e Porto. Ma poco durò queirainor de’Romani: un messo di Arrigo li ribellò da capo al pontefice, che ritrattosi a Monte- Cassino, mosse per Benevento, ove fè ragunata deVescovi per celebrarvi una Sinodo. Egli non aveva minor tempera di animo di quello che s’eW)e Gregorio: crescevano le tribolazioni, ma gli cresceva nel petto tale una forza che non rimise mai di un nonnulla dal difendere la indipendenza di sua sede, dal combattere le investiture , dal perseguire i fautori di Arrigo. Perocché in pieno concilio rinnovellò le censure contra Gui- berto antipapa, e colpi di anatema Riccardo abate di Marsiglia, ed Ugo arcivescovo di Lione, il quale, morendo di voglia del papato , trascorse in ogni sorta di contumelie contra di lui , specialmente in una epistola indiritta alla contessa Matilde, (i) F u anche in quel tempo che per tutta Italia si fè correre bando di ragunarsi gli uomini in poderoso sforzo ed andare in Africa a debellare i Saraceni, concedendo remissione di colpe a coloro che vi fossero andati , loro consegnando lo stendardo di S. Pietro. Incominciavano le Crociate. Mentre che i padri deliberavano nel Beneventano concilio, che non passò i tre giorni; il papa cominciò a patire d’un malore negl’ intestini , che lo fece quasi certo della vicina sua fine : aggravò tanto quel male di dissenteria, che tosto , chiusi i congressi , seguito dai padri, vennesene a Monte-Cas- sino ove voleva finire i suoi giorni. E fattosi recare in capitolo oramai stremato , volto ai monaci , minacciò di anatema qua- lunque de’ suoi successori alla Badia che presumesse vendere o alienare campo, castello, o Chiesa del patrimonio Cassinese, e qualunque de’inonaci, che, non consapevole l’abate, facesse scrittura o libello ^di contratto ; nel qual caso dichiaravalo nullo. Poi deputò Oderisio Diacono cardinale e preposto a succedergli nel regime del monastero, consensienti i monaci; e finalmente fattisi venire daccosto quanti erano vescovi, (i) Coll. Conc, lom, XX in VU. Vi. pap, III ad an. 1186 pag. 63i - ANNO MLXXXVll. 303 c cardinali , prose per mano Ottone vescovo Ostiense , c loro presentono , dicendo : Eccolo , prendetevelo , e saci’atelo mio successore nella Romana Chiesa , come era stata monte di Gregorio papa. Cosi provveduto al futuro della Chiesa univer- sale e della Badia, ordinò che tosto nell’ absida del capitolo gli si cavasse il sepolcro , cui sentivasi avvicinare per la malvagità del morbo. (1087) Scorsero appena tre giorni, e papa Vittore morto vi fu rinchiuso nel di 16 Settembre, (i) Alcuni portano opinione, che per veleno messogli nel sacro calice fosse morto Vittore ; io noi so : considerando a quei tempi corrotti , pensi il lettore a suo verso. Il suo corpo fu |X)i trasportato nella cappella sacra al martire abate Bcrtario, e sul tumulo furono scritti versi. (2) Il compianto de’ monaci fu grande per questa morie , c per la conoscenza che sentivano verso Desiderio, stato nuovo fondatore della Badia , e per le presenti condizioni della Chiesa , nelle quali perdevano un forte sostegno. Egli va rimeritato a ragione di perpetuale gloria, come uno di coloro Al dì t 6 Settembre leggo nel necrologio Cassmese dell' XI secolo queste parole scritte con lettere majuscole su fondo d'oro. Obiit veaerandas memoriae Domnus Victor papa, qui et Desiderius abbas, et renovator hujus loci. Nel catalogo degli abati Cassinesi di Pietro Diacono MS. II'C in Sardiniam ordinem extendit , et per totum Occidentem corrigit. Net catalogo dei R. pontefici MS. 2S]. Victor an. IV. dies VII. Iste abbas Cassinensis Desiderius ante dicebatur, qui renovavit totum mona- sterium Cassinense , et corpora Sancti Benedicti , et S. Scholasticai intemerata invenit, ecc. Ed in tutte le scritture di quel tempo., il nome di lui non va mai scompagnato di qualche lode. Il suo corpo fu poi conservato con grande venerazione ., come di santo uomo; si che nel /727 l’abate di Monte -Cassino D. Sebastiano Cadaleta ottenne da papa Benedetto XIII con sentenza della S. Congregazione de' Riti , potersi celebrare nella Basilica Cassinese la festività di papa S. Vittore, quale festi- vità è pur celebrata nella Badia Cavense, e nell’isola di Tremiti. (2) Card. Arag. in Vit. Vie, P. III. S. R. I. 39t STORIA DELLA BADIA DI MONTE 'CASSIPTO die fortemente combattettero nell’ XI secolo j>cr la liberta della Cbicsa , o fu singolare ristoratore e propagatore delle arti in Italia per cjuella famosa Basilica che levò in Monte- Cassino , e per la molla cura che pose, perchè i suoi monaci fossero ad un tempo i ministri della religione e dello incivi- limento italiano. NOTE E DOCUMENTI AL TERZO LIBRO. A. PRIVILEGIO DI PAPA NICCOLO'' II. ALL’ ABATE DESIDERIO. ( Reg. Petr. Diac. foglio # 7. n.” 28.J Nicolaus Episcopus servus servorum Dei , Desiderio dilocto Tdio abbati venerabili coenobii almi patris Benedicti, quod nuncupatur Mons Casinus , cunctisque successoribus ejus illic regulariter ad regimen promovendis in perpetuum. Pastoralis sollicitudinis nostrae boiiuni si olebct perspicere , et perficere omnibus etiam extraneis et longinquis , multo magis domesticis , et propinquis. Ipsis quippe post Dominum secundo gradu admovenda est invisibilis cbaritas. Ut per eos velut visibilis quaEHiam flamma gradatilo ad remotiores quosque discurrat. Piis ergo locis, et divina Religione venerabilibus debitae consolationis, et defensionis porrecturi manus, illum caeleris praeferendum non ambigimus, quem monasticae normae constat esse principale gymnasium, et Sanctae Romanae, et apostolicae sedi contiguum, quem cives Romani , patres videlicet eximii Benedictus, Maurus , et Placidus cum nonnullis aliis fundarunt ; quemque a gentibus destructum , Romani pontifices nihilo- minus sua auctoritate restruxere, et privilegiis apostolicae sedis merito caeteris caenobiis praetulerunt, atque contra quorumlibet suspectas injurias efficaciter munierunt, quorum nos sacrae auctoritati sicut tempore, ct loco succedimus^ sic eorum exemplo, ut oportet, innitimur, cl per hujus NOTE E DOCUMENTI ;{9(i nosli'ac ducretalis pagiivac Icnoroiii libi, diteclissiino fili Dosideri, ({iiem abbatem consecravimus, concedimus secundum privilegia antecessorum nostrorum, atque consuetudinem monasterium almi patris Benedicti situm monte castri Casini , cunctamque ipsius monasterii Abbatiam in integro cum cellis suis, castellis, praediis, et omni sua pertinentia; et hac nostra auctoritate confirmamus , tam in finibus Beneventanorum , Apulorum , et Calabrorum , quam etiam in finibus Marsorum , et in Marchiis, sive ubicumque longe, et prope hactenus jin-e tibi pertinet aliquid, sive quidquid deinceps ubivis juste acquisierit. Ad haec justitiam, vel quodlibet debitum, quod officiales nostri Sacri Palatii exigent a navibus adllomanum portum applicantibus, vestri coenobii navi peculiari gratanter relaxamus : et quotiescumque Uomam ad servitium sanctae lloman® Ecclesiae veneritis, in Sancta Jerusalcm palatii Sessoriani hospi- tium habeatis. Et defuncto abbate, ibidem vestra vel vestrorum succes- sorum electione abbas constituatur a Romano pontifice consecrandus , conservato vobis, vestrisque successoribus privilegio, tam quoad navim vestram, quam quoad ipsam destructam ecclesiam, ut vel sic restrueretur quod proxiimis decessor noster Sanctus Leo firmavit abbati Richerio. Usum quoque Sandaliorum, et Dalmatica, quamvis jure Cardinalalus tui ab apostolica sede perceperis, a nobis tamen tibi, et loco deinceps in principalibus festis tantum concedimus ad honorificentiam tam venera- bilis cainobii , et ob dilectionem lui , secundum quod praifatiis decessor noster tuo praifato decessori concessit. Praiterea corroboramus libi , luisque successoribus , in omni conventu episcoporum , et principuin superiorem omnibus abbatibus sedem, et in conciliis, cl judiciis priorem sui ordinis hominibus soDlcnliam, pro reverentia tanti loci, qui primum, et simmium monasticte legis latorem vivum, et mortuum relinere prome- ruit, quique ipsius legis la tioneiir scripto verbo, et exemplo camobialem propositum in loto mundo sole clarius evibravil. Defuncto autem abbate, ex sese ipsa Congregatio , secundum sanius consilium sapientum , cl seniorum fratrum sibi abbatem eligat, et Apostolica; Sedis pontifici lir- in.uiduia et consecrandum exhibeat. Nec aliter ibi abbas coiistitualiir , aut aliunde illuc intromittatur, nisi forte ex se aliquem tanto regimini idoneum non habuerit, et ob id saniori consilio extraneum sibi elegerint. Porro prailer summum apostolica; sedis praisulem, ciijiislibcl ecclesia; episcopum vel sacerdotem in praifato monasterio, vel in cellis ipsius ditionem quamlibet sibi pra;sumere hac nostra interdicimus auctoritate. Ita ut nisi ab abbate fuerit invitatus, nec missarum solemiiia inibi audeat celebrare, sed remota, et propulsata qiiabbet oppressione, ecclesiasti- corum Ycl sa;cularium personarum, sicut liaclcuus mansit , a piajscnti Al TERZO LIBRO. 391 «luodocima imlicliono hoc nostro privilegio in perpetuum quietum , et liherum ad servitium, et gloriam Dei maneat sub defensione, et jurc Sanctaì Romana;, et aposlolic.-e sedis cum suis omnibus. Ex quibus suinmatim, et generaliter omnibus base nominalim, et specialiter tantum istbic digessimus His igitur et omnibus , qua; pra;fato ca;nobio jusle pertinent nunc, et quas in futuro juste pertinebunt sub tutela, et Romana libertate hoc privilegio perpetualiter ad temporalem servorum Dei prassentium scilicet, atque futurorum quietem statutis, atque confirmatis apostolica censura, sub interpositione districti anathematis, et divini contestatione judicii intermiiiamiis omnibus tam praisenlibus, quam futuris, ne ullus hominum cujuscumque ordinis, dignitatis, conditionis, vel cnjiiscumque officii sen quffilibet, vel quantumlibet parva, aut magna persona quibuscumque rebus , vel personis praefato monasterio juste pertinentibus aliquam violentiam inferat aut calumniosus existat vel incumbat. Insuper quia monasticus cursus secundum prasceptum regulae almi patris Benedicti aestivis, et hiemalibus temporibus praefixus est, auctoritate apostolica concedimus, ut liceat fratribus signum pulsare in eodem monasterio, et in cellis ejus tam ad diurnas, quam ad nocturnas horas quandocumque voluerint. Liceat quoque ipsius monasterii , et cellarum ejus fratribus clericum cujuscumque ordinis, de quocumque episcopatu fuerit, secun- dum traditionem sanctorum patrum, suscipere cum rebus suis ad conver- sandum , et monachicum habitum suscipiendum absque interdictione quorumlibet episcoporum , et liceat eisdem subjectis monasteriis eorum judicare tam monachos, quam et sanctimoniales faeminas absque probi- bitione,et contradictione cujuslibet sa;cularis potestatis, seu ecclesiastica;. Et quia cupimus tam praesentium, quam futurorum maligna; avaritia;, et nequitiae obviare, bac nostra apostolica auctoritate pariter interdicimus seditiones, quas dicunt levas , seu dcpredaliones , ne fiant aliquo modo in cujuscumque abbatis, aut rectoris morte aut electione. Ad haec liceat vobis sacrum Chrisma, et ecclesiasticos ordines, et altarium consecra- tiones ab episcopo quolibet canonice promoto accipere, et christianismum in ecclesiis vestris agere per clericos vestros , et Hymnum Angelicum per dies Dominicos, et festivitates ad Missarum solemnia rite decantare. Et nullus episcopus prfesumat iu jam dicto monasterio venire vel in ecclesiis sibi subjectis sacerdotem excommunicare, vel ad Synodum provocare, aut abbatem et monachos qui illo in tempore fuerint. Porro cupientes consulere monastica; religioni, qua; peccatis exigentibus passim depravatur; te tantummodo diebus vilm tua; Vicarium nobis ad correc- tionem omnium monasteriorum, et monachorum ad ipso fluvio Piscaria m NOTE E DflCUllENTI siciil Infliiil in maro, sciliccl per totani Campaniam, Principatum quoque, et Apniiam, atqne Calabriam assumere decrevimus, ita ut capitulum in cis liabcas, et vice nostra indisciplinatos cum adjutorio episcoporum, ad quos monasteria ipsa pertinent , corrigas , et qu® sunt emendanda , si potueris, secundum Dominum emendes, aut apostolic® sedis pontifici renuncies ad perpetuam anim® vestr® mercedem, et monastic® religionis emendationem, et conservationem pariter quoque ad tui Cardinalatus dignitatem, et Sanctissimi Benedicti honorificentiam, et gratiam, ut monasticus ordo corrigatur illis in partibus per te religiosum , et pru- dentissimum successorem illius. Si quis vero, quod non optamus, hujus nostri privilegii decretalem paginam temerario ausu in aliquo infringere temptaverit, eleni® maledictionis innodatum vinculis se noverit, et per- petua supplicia Illiturum cum Diabolo et Angelis ejus, nisi forte prius resipiscens satisfecerit. At qui pietatis intuitu devotus observator extiterif, ipsius interventu almi patris Benedicti, perfectorumque sequacium, so- ciorumque ejus sempitern® benedictionis particeps, et paradisi beatus possessor elTicialur. Arnen. Scriptum per manum Octaviani Notarii , ct scriniarii sanet® lloman® ecclesi® apostolic® sedis. Anno primo pontifi- catus domni pap® Nicolai secundi, indictione duodecima. Datum Auximi, Octavo idus Martii , anno Jesu Christi millesimo quinquagesimo nono. Per manum Huniberti sanet® ecclesi® Silv® Candid® episcopi , ct Bi- bliothccarii apostolic® sedis. B. PRECETTO DI RICCARDO PER S. MARIA IIV CALENA. ( Reg. Petri Diae. n.° 4o4- ) In nomine sanctae , et individuae Trinitatis. Anno incarnationis Domini nostri Jesu Christi millesimo quinquagesimo nono , indictione duodecima. Domno Nicliolao venerabili papa apud Amalpbim sacram Synodum agente cum aliis quampluribus , interfui ego llicardus nutu divino Capuanus princeps. Ubi cum plurima de animarum salute tracta- rentur, inspirante divina niiscricordia,rccogitare cepi in corde meo aliquid mihi agendum fore, quod ad salutem animae me®, et parentum meorum defimclorum proficerem. Tunc, monente pr®dicto universali Papa, accer- sito domno Desiderio venerabili abbate Cassinensi, pro remedio anim® ine®, nicique avunculi llaiuulfi, ac fratris mei Asclctini, investivi cum de Al TERZO LIBRO. 399 abbacia, qiiae dicitur Sancta Maria in Calena sita in finibus Apulia; inter montem Garganum, et mare Adriaticum , juxta Castellum, quod dicitur Desti , fieri quoque pra;cepimus hos nostrae oblacionis apices, per quos pra;rati Cassinensis Cceiiobii S. Benedicti dictioni subiciinus predictaui abbaciamS. Mariae cum integris omnibus castellis, villis, vicis, cellis, domibus, territoriis, pra;dibus, silvis, arbustis, vineis, olivetis , pratis, aquis, molendinis, piscariis , aliisque omnibus rebus mobilibus, et im- mobilibus ad pra;seus, quocumque modo pra;fataB abbacia; pertinentibus cum aliis etiam, qua; amodo ad opus ejusdem abbaciae Abbates, aut Re- ctores ejus aquisiluri sunt, quibuscunique legalibus modis. Unde universis nostris lidclibus indicimus, nunquam aliquando molestiam, invasionem, vel fraudacionem pati pra;ralum venerabile monasterium S. Benedicti de pra?dieta abbacia , quam ibi optulimus. Cognita cunctis, ac nostra; auctoritatis firmissima sancione, quoniam si nostrorum fidelium qualis- cumque humano ingenio principale hoc scriptum, quod manu nostra, et testium idoneorum roboratum est, nostroque sigillo signatum infringere volens , pra'dictam abbaciam de dicione praifati cecnobii subtrahere temptaverit, vel ex eis sibi molestus fuerit, subiaccbit composicioni auri librarum centum medietatem nostra; camerae , et medietatem pra;dicto sancto cmnobio. Nosmetipsos quoque , nostrosque haeredes , et suc- cessores perpetuae subicimus obligationi , ut numquam ipsam abbaciam cum suis omnibus qua;ramus a patronatu, et dicione ejusdem monasterii S. Benedicti subtrahere. Quod si temptaverimus, simus ei culpabiles auri libras mille. Hujus scripti manu nostra , et testium roborati, et sigillo nostro signati, tenore solidissime in perpetuum permanente. Data decimo Ralendas Septembris, anno principatus ejusdem gloriosi principis domni Richardi secundo. Scriptum per manus Aldemarii, jubente eodem sere- nissimo principe. Signum Domni Richardi excellentissimi principis. Ego Rudulphus clericus interfui, et suhscrihens firmavi. Ego Bernardus clericus, qui interfui hoc firmo. Ego Alirisus , qui interfui, hoc firmo. 400 NOTE E DOCllENTI c. PERMUTA DI S. ANGELO IlV FORMIS CON S. GIOVANNI , DETTO DI LANUEPOLDO , TRA RICCARDO I." PRINCIPE DI CAPUA , E ILDEPIEINDO ARCIVESCOVO CAPUANO. (l) { Ex reg, S. Angeli in Formis pag. tj- J Commutalionem domni primi Ricardi Capuanorum principis cum domno llildeprando Archiepiscopo Capuanae sedis. In nomine Domini nostri Jesu Cristi : anno ab Incarnatione ejus millesimo sexagesimo quinto; et octavo anno principis domni Richardi et domni Jordanis filii ejus gloriosis principibus, et tertio anno Ducatus eorum gloriosorum principum Gajetae; Mense December, quarta indi- ctione. Ideoque nos Ildeprandus Domini gratia Archiepiscopus Archie- piscopatui Sanctorum Protomartiris Stephani, et Agatha?, hujus sancla? Capua? sedis ; declaramus quia supradictus Richardus gloriosus princeps divina inspiratione compulsus, pro mercede, et redemptione anima? sua? vult constituere et a?diflcarc coenobium , et desiderat invenire remotum locum ubi monasterium aedificandum esset, venit ad nos, quaerens a no- bis, nt commutationem facerem de Ecclesia perlinens snprascripti nostri Archiepiscopatui, vocabulo sancti Michaelis Archangeli, qua? dicebatur anliquitns Arcu Dianae, et modo dicitur ad Formam, et integra? tribus Ficclesiae subjectae, et pertinentes ad ipsa Ecclesia S. Michaelis Arcban- geli; una ex se e vocabulo sancti Jobannis costructa juxta ipsa Ecclesia S. Michaelis: alia vero ibique similiter cum vocabulo S. Salvatoris : tertia vero sursum in monte esse videtur, ibique proprio vocabulo sancti Ylarii, et terris cultis et incultis, et montibus pertinentes ad ipsa Ecclesia sancti Michaelis Archangeli , qua? totae ipsa? praenominata? Ecclesia? a vetustato consumpta? sunt ; et supradicli gloriosi principis est perlinens sui palatii una Ecclesia vocabulo S. Johanuis, qui dicitur de Landepoldi, qua? esse videtur intus hanc Capuanam civitatem , quae nobis pro parte snprascripti nostri Archiepiscopi in commutatione dare voleret , cum rebus pertineus ad ipsa Ecclesia S. Johannis ; et dum utriusque partium congruerentur secundum canonicam institutionem, velut etiam statutum regum legis auctoritate , una cum consensu Sacerdotum , Levitarum , atque Clericorum suprascripti nostri Archiepiscopatui j pro causa melio- (i) E superfluo ripetere ai leggitori, ehe queste scritture ribellanti a tulli i canoni grammaticali siano tali quali si leggono nel Registro. J^ermuta di S Angelo in Formis con S. Giovanni di iandepoldo Al TERZO lllìRfl. iCl rationis agnoscendum, si res meliorata esse, quao pro parte suprascripli nostri A rcliiepiscopatui recepturi eramus , de illa qum prò parte su- prascripli nostri Archiepiscopalui daturi eramus. Accersitus nostrum missum bonum opinionem Deum timente nomine Marium prffisbjlerum et Cardinalem suprascripti nostri Archiepiscopatui, et ipse Princeps a sua parte direxit missum suum Johannem Judicem, et Auloaltum Judicem quibus abierunt ipse misso et ipsi Judices , et ita egerunt, et reversi sunt, et nuntiaverunt supradicli gloriosi Principi et nobis, ut cum summa diligentia conspexissent atque considerassent ipsos , quae pro parte supradicti nostri Archiepiscopatui recepturi eramus, et de ipsos, quae pro parte supradicti nostri Archiepiscopatui daturi eramus. Sed rem meliorata eorum multo melius et ex omnibus esse comparuerit illud , qua; a prcndicto gloriosum Principem recipere debebamus de illud, quae ei daturi eramus. Quapropter ut commutationem istam secundum legem firmiter fieret per omnia convocavimus inter nobis ipsi Judices et sub- scriptos idoneos homines. Igitur nos praenominatus Ildeprandus Domini gratia Archiepiscopus , sicut nobis actum et congruum est, bona nostra voluntate una cura consensu Sacerdotum, Levilarum, atque Clericorum supradicti nostri Archiepiscopatui, et erga nobiscum habendo suprascri- ptum Auloaltum Judicem abocatorem supradicti nostri Arcbiepiscopalui per banc cartulam commutatione ipsa inter nos secundum legem fecimus et dedimus , et tradidimus vobis qui supra Richardi gloriosi Principi. IIoc est integra praedicta Ecclesia S. Michaelis Archangeli cum integr® ipsa; tribus Ecclesiae, et integris omnibus territoriis cultis, et incultis, et montibus per quovis modum ad ipsa Ecclesia S. Micbmlis Archangeli perlinens invenitur una cum omnibus inferius et superius ibi habentibus, atque cum universis suis pertinenliis et adjacentiis, et cum viis suis ibidem intrandi, et exiendi ad possessionem vestram quae supra Richardi gloriosi Principi et de vestris hmredibus ; seu cui ipsos per vos datum paruerit et de ejus haeredibus vel cui hanc carlam in manu paruerit ad habendum et possidendum, et faciendum exinde omnia quae vobis placuerit : unde de ea omnia suprascripta quae vobis superius in com- mutatione dedimus, et tradidimus, qualiter diximus, nobis, nec ad successores nostros , nec ad partem supradicti nostri Archiepiscopatui , nec alicuilibet exinde nullam reservavimus; sed cunctum et integrum ipsos vobis in commutatione dedimus, et tradidimus sicut supra diximus. Et per liaec vos qui supra Riccardus gloriosus princeps praesenti per cartulam in commutatione secundum legem, dedisti , et tradidisti nobis, qui superius Ildeprandi domini gratia Archiepiscopi pro parte siipra- scripli nostri Archiepiscopatui , hoc est integra praedicta vestra ecclesia TOM. I. 26 NOTE E DOCUMENTI T02 vocala S. Johannls, qui diciliii’ do Laiidolpoldi cum prasdiclis robus idest Icrrao, et praìsa? posilao jiixla ipsani eccicsiain S.Joaimis, qiiao conslrucla esse videtur iiitro lils dieta civitate Capua?, et rebus mobilibus omnibus, qua? siiut ornamentis ejusdem ecclesia? S. Jobaimi, et iutegris omnibus curtis , et terris de fora supradicla Capuana civitate per quovis modum ad ipsa ecclesia S. Joanuis pertinentes invenitur pertinens ipsos sui palatii una cum omnibus inferioribus, et superioribus ibi habentibus, atque cum universis suis pertiuentiis, et adjacentiis, et cum viis suis ibi- dem intrandi, ct exiendi, simul cum omnibus scriptionibus, et muniminis ab ipsa ecclesia S.Jolianni pertinentes inde, continentes , et pertinentes cum omnia continentia, quae exinde continunt ad possessionem nostram qui super Ildepraudi archiepiscopi, et de successoribus nostris, et ad parte siipradicti nostri archicpiscopatui,vel cui ipsa nostra carta in manu paruerit ad habendum, ct possidendum, et faciendum exinde omnia, qua? nobis, vel eis placent. Rebus vero mobilibus ipsis ornamentis hi sunt. Scrineiim cum reliquia? unum, Busside cum reliquia? unum. Scri- neum ossatum unum , Plancte serice dua? , amictum cum lista deaurata unum, orali serici duo; plancta castanea una; ammictum cum lista oriola una; orale ad acii unum, pianeta linea cum fasciolum unum; manipulum unum ; camisnin unum , calici argentei duo ; patena de argentum una, calicem de stagneo et patena, circitorium cum lista deaurata cum alhe unum , ct circitoria serica tria , coopertoria serica quatuor, coopertorium cum lista deauratum unum, et alia coopertoria serica quatuor; facitergium ad acu unum, lena serica una; sana? scricic dua?, et alii panni serici tribus; pellicia? sericjE tria; pallia de serica quatuor; curtinclla ad acu una; thuribula de argento dua; cruce de argento una, ct alia? minores cruces de argento tres. Nudillu unu cum gemma? dua?; altare Piczolum de ebore unum, et biaricium alium mmm; Christallum unum; cortina? linea? majori dua?, et piczola? dua?; liber Comite majore unum, ct minori duo, omelia Gregoriale una, et alia vetusta una, et quadragesimale una ; passionarla dua ; eptatiemn unum : prophetarum unum ; rogum unum ; historiale unum ; ct quaterni de historia Ruth, Parabola? Salamonis unum; actum Apostolorum unum; epistola Pauli una; dialogo uno; liber Epip hanii unum; antiphonarium de nocte unum, et de die duo; himnarium unum; ambrosianum unum; manuale Franciscu unum; glose una. Unde de ea suprascripta , qua? vos nobis, ut supra, in commutatione dedisti, et tradidisti, vobis nec alicuilibet exinde nullam reservasti, sed cunctum, et integrum ipsos vos nobis ut supra in commutatione dedisti , ct tradidisti in omni ratione, ct ordino, sicut iu nostra cartola commutationis continet, qua? vos iio])is Al TERZO lIIlRfl. 403 exinJc firmasli, quac scripta est per Carponium notarium roborata per ipsis , qui super , et Auloaldo judices , et per alii testes , ea ratione , quatenus amodo, et semper nos qui super Riccardus gloriosus princeps, et vestros hasredes, seu cui ipsos per vos datum paruerit, et ad ejus limredes; vel cui ha;c cartula in manu paruerit firmiter habeatis, et possideatis integra suprascripta, qua5 nos vobis superius in commutatione dedimus , et tradidimus , et faciatis exinde omnia , quae vobis , vel eis placet, et obligamus nos qui super Hildeprandus domini gratia arcbie- piscopus nos , et successores nostros , et parte suprascripti nostri arcliiepiscopatui vobis supranominati Riccardi gloriosi principi et ad vestris heredibus, seu cui ipsos per vos datum paruerit, et ad ejus hajredibus , vel cui cartula ista in manu paruerit integra ea omnia suprascripta , quae nos vobis , ut supra , in commutatione dedimus , et tradidimus, defendere, et antestare modo, et semper ab omnibus homi- nibus, ab omnique partibus. Et quando volueritis licentiam, et potestatem habeatis vos vobis, vel illi sibi exinde auctores, et defensores esse vicibus nostris cum ista commutationis cartula , et cum aliis vestris , vel eis in nostris rationibus quomodo, vel qualiter melius potueritis, et volueritis, vestra;, vel eis sint potestatis, et quando volueritis defendamus vobis, vel cis ipsos sicut supra obligavimus. Si autem nos qui supra Hildeprandus domini gratia archiepiscopus , vel successores nostros, ani parte snpra- scripti nostri arcliiepiscopatui hanc carlulain commutationis de quibus continet aliquando per qualecumque ingenium removeri quaisierimns , vel si non fecerimus, et non compleverimus, vobis, vel eis ea omnia per ipsum ordine qualiter superius leguntur sexaginta libras auri bonum jmrissimum pania nos, vel successores nostros, componere obligamus, vobis, qui supra Riccardi gloriosi principi, vel ad vestris heredibus seu cui ipsos per vos datum paruerit, et ha;c carta commutationis de quibus continet, qualiter secundum legem stare poterit firma permaneat, et taliter nos qui super Hildeprandus archiepiscopus, una cum consensu Saccu’doluni, et Levitarnm, atque Clericorum suprascripti nostri archie- piscopatui, et erga nobiscum habendo jam dicto Advocatore suprascripti nostri arcliiepiscopatui , qualiter nobis congruum fuit secundum legem fecimus, et te qui super Corponium notarium, qui interfuisti scribere rogavimus. Capua. Ego qui super Ildeprandus archiepiscopus. Ego .lohamics archidiaconus. Ego Petrus presbyter , et Primicerius. Ego Urso presbyter. Ego Borrardus presbyter, et Abbas. Ego qui super Marius presbyter. Ego Sibenolfus diaconus. Ego qui super Johannes judex. Ego qi.i super Aulcaldus judex. Ego Auxentius. m NOTE E DOCIMENTI D. ISCUIZIOIVI SULLA PORTA DELLA BASILICA CASSIIVESE. I. Civitas Sancti Germani CastAIiirn Sancii Petri Pluòariola Pesdemonte Terame Pinnntari Sanctus Angelus Junctura Sanctus Stefanus. II. Sanctus Georgius Sanctus Apollinaris Sanctus Ambrosius Sanctus Andreas Vallisf rigida Castellum novum Fratta Suju Tiutìs ad mare Villa Lauriana Mortala. III. Cucuruzzu Caminus S. Joannes de currenti Ca spuli Rocca de Vandra Vanti' a Toroeclu S. Petrus in Flia S. Victor Cervarium Sanctus Jlelias. V. Vallisrotunda Saraciniscu Cardetus Aquajundata Vitecusum pilla de Venafro S. Urbanus in Cornino Castrum Coeli Rocca Sicca Villa Sancii Gregorii. V. Sanctus Benedictus , et Sancta Scholastica in Gaeta curii per- tincntiis suis S. Stephanus de Terracina cum pertinentiis suis S. Mannus cum pertinentiis suis S. Nicolaus de Pica S. Johannes in Palo S. Petrus de Foresta S. Paulus"cum omnibus illorum pertinentiis S. Mauricius. VI. Cetraru cum omnibus pertinen- tiis suis S. Nicola de Sellectanu cum omnibus pertinentiis suis S. Benedictus de Salernu , cum omnibus pertinentiis suis S. Laurentinus cum omnibus pertinentiis suis S. Angelus della Forma cum omnibus pertinentiis suis S. Benedictus in Capua cum omnibus pertinentiis suis. VII. S. Maria de Monache cum omnibus pertinentiis suis. Al TERZO LIBRO. ìOo iS'. Joannes da Monacha cum omniòus pcrtinentiis suis S. Benedictus de Tiano cum omnibus pcrtinentiis suis S, Benedictus de Cesima cum omnibus pcrtinentiis suis S. llerasmus de Mole de Gae- ta cum omniòus pertincntiis suist Vili. S. Maria in Cengle cum Fit- ta, et Molentinis , et Adanu Fitta S. Fiti Castellum S. Archangeli Ecclesice cum Curtis et cum Fil- iis suis Omnia S. Mar ice in Cinglce cum omnibus pertinentis suis IX. S. Sophia de Benevento cum omnibus pcrtinentiis suis S. Nicola cum omnibus perti- nentiis suis S. Anastasia de Calabria cum omnibus pertinentiis suis S. Maria de Tropea cum omni- bus pertinentiis suis. X. S. Maria in Casati plaim, cum omnibus pertinentiis suis S. Stasius de la Riza cum om- nibus pertinentiis suis Alia S. Maria in Casali plana cum omnibus pertinentiis suis S. BenecUctus in Pectinali cum omnibus pertinentiis suis. XI. S. Benedictus in Trinnu cum omnibus pertinentiis suis S. Eustasius de Petra habun- danti cum omnibus pertinen- tiis suis liospitale de Monte S. Angeli cum omnibus pertinentiis suis . XII. Et cum loto Gualdode Bo- lejano, et Castellum ejus Nu- òesca et Castella quae Comes Trasmundo S. Benedicto de- dit Bisonti, Arseta , Bacuccu in Apruteo 5. Nicolaus in Trulino Cella Sanctorum. SAW. Septem fratrum cum Insula de Pipinnau S. Angelus de 31airanu cum Cel- lis suis S. Maximus in Fair ano in Asculo S. Angelus Ancillarum Dei S. Benedictus in Trunlo cum Cella S. MargarileB S. Angelus in Centum Cerasa. 'S3N .S. Nicolaus de Balle Sorana S. Germanus de Sora S. Benedictus de Colle de Insula S. Silvester et S. Mar tinus in Arpino S. Angelus db Pesche Masculina, S. NazariuSf S. Benedictus de Clia. XV. S. Nicolaus de Turrici S. Petrus in Esoleta S. Maria de Berola S. F alentinus S. Pancratius in Ferentina S. Petrus de Morohe S. Angelus de Algido S. Agata de Toscolana in Hom i S. Maria de Pallara cum perti- nentiis illorum. XVI. S. Maria de Celle cumomni sua pertinentia S. Cosma de Civitella S. Maria de Luca cum omni pertinentia sua m JÌOTE E DOCniEMl S. Benedictus de Civita cum o- mni pertinentia sua S. Petrus de lacu cum quinde- cim cellis suis. XVII. Castellane de Apulia cum omnibus pertinentiis suis S. Benedictus in Asculo , cum omnibus pertinentiis suis S, Angelus de Troja cum omni- bus pertinentiis suis S. Nicandru cum omnibus per- tinentiis suis S. Petrus in Tarantu. XVJII. Petra fracida Ripa mala Montem S. Benedicti in Phoì'a Ripa Ursa Montem Bellum Pescali cum omnibus suis perti- nentiis In Penne Castellum Lastinianus S. Martinus in Saline. XIX. Monaeisca et Pesca Constantii cum tredecim Cellis et Villis suis S. Angelus de Barrea cum Vil- lis , et omnibus pertinentiis suis S, Angelus de Pesca Canali S. Benedictus de Pasca Sana. XX. Olivetum, Villa Sancfce Co- lumbai S. Eufemia in Fara , et cum quadraginta Cellis Tria Castella , qwc Comes Trasmundo Sancto Benedicto dedit Mons Alberici Frisa Muccla S. Quirici in Triniu. TI TVLUS XXI. Hoc studiis Mauri munus consistit opusculi Gentis Melfigene renitentis ori- ginis Arce Qui decus , generis hac effert laude laboris Qua simul auxilii conspes ma- neat Benedicti Ac sibi celestes ex hoc commu- tet honores. XXII. IIoc fecit Mauro flius Pan- taleonis de Comite Mauronc ad laudem Domini , et Salva- toris nostri Jesu Christi ab ejus Incarnatione anno mille- simo sexagesimo sesto. I. Civitas Ponti Curvi cum perii- II. De Inola. S.IIelias de Ambrife nentiis suis S. Benedictus de Ipolite Castrum Pica In Calcara S. Salvatoris in Ci- S. Petrus de Curcili vitella in Terra. S. Onufrius de Campo de Melie III. Arnulf S. Benedicius de S. Martinus. Crema Al TERZO IIIÌRO. i!)l S. Benedictu >' dePascolano juxta Nonantulam in Acetio S. Benedictus in Ficarohi. IV. In Civitate Finnana Monaste- rium S. Mariae loco Leveria- no , et Ecclesia S. Joannis de Gargania , et Castellum de Bubalano. V. Cum Ecclesia S, Marne , et S. Blasii cum pertinentiis eorum, Ecclesia S. Christophori in Castello Petroso cum perti- nentiis suis in Penne loco VI. Qui dicitur Fonte tecta Ec- clesiam Sancti Flaviani cum medietate Castelli de Colle Carello, et de Monte Petieto cum omnibus rebus suis. VII. In Dalmatia prope Civitatem llagusiam Ecclesia Sanctce Marice in loco qui di- citur inRabiata, liem in Sar- dinia Ecclesia Sanctce Marice in loco qui dicitur Bubalis Sancti Helice de Monte Santo. Vili, Cum omnibus pertinentiis suis In Draconaria Ecclesia Sancti Nicolai S. Eustasius de Pantafia In A- malfi Ecclesia S. Crucis et S. Nicolai in Asculo Duo Castella idest De. IX. Cinianum, et Tribilianum cum omnibus Ecclesiis, et possessio- nibus earum. Item ibidem duo- rum portiones Castellorum. Idest Pomontii et octavi cum terra modiorum qualuor millia S. Illuminata de Musano. XI. In Lucca S. Gregorius S. Silvestri in Pisa In Sardhiia S. Maria in Thergo cum pertinentiis suis S. Ni- colai in Solio. XII. S.Nazarius de Rocca Pipe- ruzo S.. Petrus de Sexto S. Benedictus de Benafro S. Marcus de Carpenone S. Crucis in Sei nia. XIII. Intra Civitatem Capuanum Ecclesiam S. Nicolai, S.RuJi, S . Angeli in Rodaldisci, et S. Benedicti Piezoli cum perti- nentiis eorum. XIV. In Capo Mauranics Eccle- siam S. Marico super ipsos lacus ejusdem civitatis cum omnibus pertinentiis ejus S. Murtinus de Furca. XV. s. Nazarius dc Rocca de Piperoczu S. Petrus de Sextu S. Benedictus de Benafro S. Benedictus de Monterodoni S. Crucis in Sernie. XVI. S. Vincentius de Taberna S. Marno ad Flumen tepidum S. Marthae, et S. Pantaleonis ad Olivarum S. Georgi de Tulvi et S. Marno de Palma cum perti- nentiis earum. KOTE E DOCl'MESTl ^ 0 !; E. BOLLA DI PAPA ALESSANDRO II. INTORNO AI CORPI DEI SANTI BENEDETTO E SCOLASTICA. ( Inedita originale — caps. i. n.° XX. ° ) Alexander Episcopus servus servorum Dei: omnibus Ecclesiae Callioli- C£e fiiliis salutem , et Apostolicain Benedictionem. Pastoralis sollicitudinis nostrae bonum si debeat prospicere, et proficere omnibus etiam extraneis, et longinquis , multo magis domesticis , et propinquis ; ipsis quippe secundo gradu post Dominum admovenda est invisibilis Cliarilas, ut per eos , velut quaedam visibilis flamma gradatim ad remotiores quosque discurrat. Piis ergo locis, et divina Religione venerabilibus debitae consolationis, et defensionis porrecturi manus, illum caeleris praeferendum non ambigimus , quod monasticae normae constat esse principale gym- nasium , et Sanctae Romanae , et Apostolicae sedi contiguum, quem Cives Romani , patres videlicet eximii Benedictos , Maurus , Placidus , cum nonnullis aliis fundarunt, quemque à gentibus destructum , Sanctissimi Prodecessores nostri Gregorius , et Zacharias restruxerunt, et Privilegiis Apostolicae sedis merito caeleris Coenobiis praetulerunt, nipote, quia non studio hominum , sed Dei imperio , à Sanctissimo Patre Benedicto constructum est. Quorum nos sacrae auctoritati , sicut tempore , et loco succedimus , sic eorum exemplo , ut oportet innitimur : sed quia rerum gestarum series ad hoc literarnm fidei committuntur , ne illarum veritas posterorum memoriae subtrahatur , ea , quae nostris temporibus acta sunt , pandere curamus. Nam cum dilectissimus filius noster Desideritis camdem renovaret Ecclesiam, et aditum Basilicae disponeret adaequare, cum tres integras ulnas fodisset in dextro Altaris latere, laterem rep- perit , nomen eiusdem Confessoris contenentem. Cumque fragmenta Altaris remota fuissent , invenit supei’ sepulcra syndonem expansam candidissimam, quae cum tangebatur, evanescebat. De visione certissi- mus redditus, reserari sanctissimi Patris praecepit tumulum. Quo faeto , sanctissima Corpora intemerata , et indiminuta inveniens , nuncios nostros asciscens, pretiosissimaque Corpora eis ostendens, tam presenles, quam futuros certissimos , et indubios de sanctis Corporibus reddidit. Igitur cum ad eamdem dedicandam advenissemus Ecclesiam , una cum decem Archiepiscopis , et quadraginta quatuor Episcopis , Cleroque Sanctae Romanae Ecclesiae, idem filius noster Desiderius conquaeslus est, esse quosdam, nec Deum ineluciiles, ncc homines reverentes, qui Al TERZO IIIJRO. m possessiones Beali Benedicti per diversa loca Cassinensi Cacnobio aufe- rentes , in suum retorquere dominium satagant. Unde Cmpiscoporum nostrorum prajsenlium, ac Cardinalium consilio habito, prajFalo emnobio possessiones suas confirmantes , in perpetuum habendas , statuimus. Si quis vero, quod non optamus , Possessiones , Ecclesias , Villas, Civi- tates, et Castra Sanctissimi Benedicti invaserit, et bis, vel ter adtnonilus non emendaverit, sciat se, auctoritate Dei Omnipotentis, et Bealai Mari® semper Virginis , et Beatorum Apostolorum Petri , et Pauli , et Beati Benedicti , et omnium Sanctorum , esse excomuuicatum , et per- petuo anathematis vinculo innodatum , et a Regno Dei alienatum , et cum Diabolo, et eius atrocissimis pompis, et Juda Jesu Christi Domini nostri traditore , ®teruo supplicio, ®ternaeque maledictioni deputatum, et sicut h® Lucem® estinguntur , ita ante Deum Lucerna illius exlin- guatur , nisi forte res injuste invasas Sancto Benedicto reddiderit, et dignam penitentiam gesserit. At vero qui huius Apostolici instituti observator existit, benedictionis gratiam a Domino Deo nostro per in- tercessionem Beati Benedicti consequatur , et vitam eternam accipere mereatur. Statuimus etiam, ut quicumque devotus ad eiusdem Ecclcsi® dedicationem annualiter venerit , de peccatis suis quadx-aginta dierum remissionem accipiat. Ego Alexander Calbolic® Eeclesi® Eq)iscopus ss. — -}- Ego Yl- depraudus qualiscunque Rom. Ecclesi® Arcbid. ss. — 4" Ut'trus peccator Ilostiensis Episcopus ss. — -{■ Ego Joannes Portuensis Episco- pus ss. — 4" Ego Joannes Tusculanensis Episcopus ss. {- Ego Ubaldus Savineusis Episcopus ss. — 4* Ego Alfanus Salernitanus Ar- cbiep. ss. — 4" Ego Ildeprandus Capuanus Archiep. ss. — -J- Ego Joannes Neapolitanus Archiep. ss. — Iscrizione del suggello — Exaltavit me Deus in virtute brachii sui : Magnus Dominus noster et magna virtus eius. — 4“ Ego Joannes Surrentinus Arcbiepiscopus ss. — 4* Ego Gjraldus Sjpontinus Arcbiepiscopus ss. — 4" Ego Bysantius Franensis Arcliiepiscopus ss. — 4* Ego Drogo Tarentinus Arcbiepiscopus ss. — 4" Ego Herasmus Episcopus Segnimis ss. — 4" Ego Petrus Episcopus Anagninus ss. — 4* Ego Honestus Episcopus Berulanus ss. j- Ego Ambrosius Episcopus Terracinensis ss. — 4" Ego Leo Episcopus Caje- tanus ss. — 4" Ego Pandulfus Episcopus Marsicanus. j- Ego Palum- bus Episcopus Soranus ss. — 4* Ego Martinus Episcopus Aquiuensis ss. — 4" Ego Guilielmus Episcopus Theanensis ss. — 4" Ego Joannes Epi- scopus Foriclaudiensis ss. — 4" Ego Petrus Venafran. Episcopus ss. — 4" Ego GoIIridus Aversan. Episcopus ss. — -p Ego Joannes Episcopus Picenus ss. 4" — Ego Maraldus Pestanus Episcopus ss. — 4" Ego ilo NOTE E DOClllENTl Albertus Boiancnsis Episcopus ss. f- Ego llogerius Civitalciisis Epi- scopus ss. j- Ego Campo Draconariensis Episcopus ss. j- Ego Slephanus Troianus Episcopus [ss. — Ego Balduiniis MclOlaiius Episcopus ss. — Ego Joannes Cannen. Episcopus ss. J- Ego lloberlus Florenlinensis Episcopus ss. — *f- Ego Nicolaus Termulcn. Episcopus ss. — -J- Ego Guilielmus Larinensis Episcopus ss. — -f- Ego Pclrus Guardiensis Episcopus ss. — -f- Ego Joannes Vigilien. Episcopus ss. — -J" Ego Jannacius Monoribiuensis Episcopus ss. j- Ego Guiberlus Rubersfanus Episcopus ss. — Ego Batto Stunensis Episcopus ss. — •j- Ego Petrus Monopolitanus Episcopus ss. — -J- Ego Joannes Javena- siensis Episcopus ss. — -{-Ego Maynardus Arianensis Episcopus ss. — •f- Ego Arnaldus Aurenlinus Episcopus ss.— -{- Ego Constans Venusinus Episcopus ss. {- Ego Ugo Idrontinus Episcopus ss. — -{- Ego Gotfridus Dcrufiuus Episcopus ss. — -{- Ego Tlieobaldus Castellani Cletus ss. — Ego Ferminus Cardinalis S. R..C. ss. — -f- Ego Leo Cardinalis ss. — -{- Ego Stephanus Cardinalis Presbr. ss. — -J- Ego Landulfus Cardinalis Presbiter ss. — -{- Ego Zeo Cardinalis Presbyter ss. — -{- Ego Joannes Card. Presbyter ss. — Pro omnibus Pfesb. Card., Diaconib., et Clericis Romanis. {- Ego Riccardus Capuanus Princeps {- Ego Jordanes Filius eius. 1- Ego Jordanus Patribus eius — -{- Ego Raynulplius Comes — -j- Ego Gisulfus Salernitanus Princeps. — -{- Ego Landulfus Beueventanus Princeps. — -{- Ego Sergius Dux Sorrentiuus. (i) Datum in Castro Casino Die Raleudarum Octobrium, per manus Petri Pactae Romane Ecclesiae Subdiaconj , atque Vice Domui Annonis Colonieusis Arcbiepiscopi Bibliothecarij. Anno decimo Pontificatus Domnj Alexandri Papae secundi. Ab Incarnatione vero Domini Millesimo septuagesimo primo , Indictione Nona. Ego Yldoprandua cardinalis subdiaconus sanctae romanac ecclesiae (i) Abbiamo rinvenuto gli autografi del cardinale Ildebrando , di S. Pier Damiano , c dell’abate Desiderio ; e credendo far cosa grata ai leggitori , li mandiamo in luce appunto dopo questa scrittura la quale riguarda un’avveni- mento faiuoso della Badia , per cui convennero questi grandi uomini in uno lesso luogo. AL TERZO lilìRO. .{11 ^ y.ixys^ YmvDjr ^ Ego Petrus peccator hoslien.^is episcopus DELLE OPERE DI GUAIFERIO DA SALERNO MONACO CASSINESE. E neU’ArchivIo di Monte-Cassino un MS. in 4 .*’ sognalo 280 assai pregevole, che contiene le cose composte dal monaco Guaifcrio da Salerno , ed i versi di All'ano anche Cassincse arcivescovo di Salerno. Poiché entrambi furono della Badia di Monte-Cassino, lenendo parola delle scritturo di Cuail'erio, dirò anche delle poesie di Alfano. Beno disse Pietro Diacono, scrivendo di Guaifcrio. (i) Suavis eloquio, ingenio magnus, sermone Jacundus, poiché le sue scritture ne rendono bellis- sima testimonianza , come ognuno può certificarsi nelle cose che rapporteremo di questo monaco. Egli non altro scrisse che alcuni sermoni. Homilia de Adveniu. Serìnones de Naiivilale Domini. De Epiphania. De Ccena Domini. De Septuagesima, De Ramis Palmarum. Scrisse la storia di S. Secondino vescovo e confessore, c la passione di S. Lucio. Compose versi. In laudem Psallerii. De miraeulo illius (i) Do Vir. III. Gas. p. 72. il2 NOTE E IlOCUMENTl fjHÌ seipsum occidit, et per lì. Jacobiim vilce redditus est. De conversione qiiorundam Salernitanorum. De laude S. Martini. In laudem S. Secundini. Jlyrnnus de code ni. Tale è la serie elie ne compone Pietro Diacono (i) e tali tulle queste cose rattrovansi nellanzicletto MS. dell’ XI secolo. Delle scritture in prosa solo la storia di S. Secondino vescovo, c gli alti del martirio di S. Lucio videro la luce, tolti da questo MS. e pubblicati dai Bollandisli. (2) Le altre omilie sono ancora inedite. Noi ne pubblicheremo una, perchè i leggitori sappiano dell’ ingegno di questo italiano nell’XI secolo, e come in mezzo a tanta disperazione di buoni studi, in queste scritture sentasi un tal sapore di buon latino, c quella beata vena di eloquenza che s’ebbero gli antichi Padri, la quale non può gustarsi se non da coloro che hanno più nutricalo il cuore di vera pietà cristiana , che la mente di filosofia. E di questo che allermo andò persuaso Angelo della Noce annotatore della Cronica Cassiiiese , ed il canonico Mari , i quali promisero voler pidiblicare queste omilie e questi versi , ma non tennero la promessa. Aprendo il MS. mi viene innanzi l’omilia sulla Domenica di Selluagesima , di cui eccone una parte. iioanLiA DOMAI GUAYFERII MONACHI IN SEPTUAGESIMA. Per parabolam condiicloris , et locantium operam in vineam ejiis, lleileinplor Immani generis pigros , et desides verbi Dei satores ad Imtrileros palmites in corde auditorum excolendos, mercede proposila, jubet ire. Et primo mane, lioraque tertia, sexta quoque et nona et circa undecimam exisse partem familias conducere operarios, quos et misisse in viueam suam , refert , quibusdam in conventione pollicentem dare denarium diurnum, quibusdam vero quod fuisse justum , omnibus praster primos crimen otii inpingentem , omnibus praeter extremos laboris mc- (1) De Vir. illu. Cas. ut sup. ( 2 ) Boli, raens. Fcbr. p. b3i. Tom. 2 . Et mens. Martio Tom. i. png. 3o4. Al TERZO LIBRO. il3 riliiin promittentem. Sed conductor iste, qui patrisfamilias appellatione signatur, idem est Redemptor liumani generis, quem istius mysterii fuisse credimus relatorem, qui nobis ut liberis, non pupillis semper enim Pater est, et patrimonii locupletis conferre substantiam, et eamdem secundum cotidiana; necessitatis impensam omni diligentia gaudet administrare. Porro et filios esse operarios, equipollentia sermonis ostendit ; et quidem primo mane protoparentem , et fidelium antiquam progeniem usque ad Noe, hora vero tertia, Sem, et lafet, et alios bonorum antistites operum usque ad Abraham, cui prima circumcisio data est; sexta quoque Isaac, et Jacob, et alios Patriarchas, usque ad legis lapideae Testamentum ; nona autem Moysen, et Prophetas ; undecima Apostolos, et populum gentium, in quos fines saiculorum devenerunt. Quia ergo Redemptori nostri con- ducenti operarios patrisfamilias nomen imponitur, et operarii convenienti filiorum titulo filii appellantur. Nam si Conditori nostro patrifamilias pro paterni amoris abundantia nomen est, priores fidei, atque Religionis per fides nosque praesertim, qui eum recepimus, et in ejus nomine cre- dimus, merito filii familias nomen habemus: siquidem filii familiae sunt, qui in patris potestate consistunt. Nè questa Omilia , di cui ho prodotta la prima volta queste poche parole , e la coltissima delle scritture di questo monaco. Ed a prova del detto, vedi che semplice e saporita descrizione è questa di Trqja ( nella storia di S. Secondino vescovo) la quale certo che in molta mondiglia offre qualche cosa che luce. Troja quondam ducibus , divitiis , et bellica laude insignis , in Peloponnensi regione serenissima loci facie, tellure fertili, agro, aquis et Omni viriditate jucunda prope Pontum, et insulam Tenedos sita fuit. Ex qua domo plerique duces fortissimi in priori discrimine, in tempestate horribili , cum tantae urbis commercium totum jactura fie- ret, evaserunt. Ex quibus Anchisiades vir acer et strenuissimus fuit, quem Quirites orbis terrarum principes, qui Trojanorum quoque hostis talione ulciscerentur, nobile generis et laudis habuere principium. Jacuit haec diutini temporis intervallo omnibus destituta solatiis, nulla; opes , nullus decor , nulla denique religio , semiruti tantum , et exesi ignibus extabant muri. Xanthus, Symois, et insula Thenedos Trojam ibi fuisse signabant. Haec vero excitat tandem et colligit se memor pristinae virtutis et gloria;; reducit longam ex pronepotum generatione progeniem; reficit lares; studet illi suo mirabili, et singulari militia; sacramento, ut m KOTE E DOrniEMI Sili® Diclalori favens, ab impia Marianarum partium obsidione vastetur, iit tormentis quassetur, ut mater iterum concidat gladiis etiam fdiorum. Ex illa igitur tempestate usque ad lioc fere tempus vixit tantum sine corpore nomen. Fuit autem et in Apuli® solo civitas queX-dam quantum ad frumentari® rei copiam nulli solo inferiori, ubi et multa gustu suavia, qu® natura desiderat , ex terra , arboribusque gignuntur , cum copia Facili, tum suavitate pr®stantia. Vites ibi et arbores humiles sunt, neque se tollere a terra altius possunt: ex his tamen ali® semper virent; ali® hieme nudat®, verno tempore tepefact® frondescunt, et fundunt odori- feros flores , et germinant uberrimas fruges. II®c autem civitas , si nominis significationem advertimus (Ecana enim dicta est) antiquissima fuit, cum et monumentorum marmoratio, sc®narum columnatio, emi- nentia culminum id designent : huic sero in reconciliatione Troj® nomen imponitur, ut egregii titulus nominis auctoramentum faciat novitati. Ciò (Ielle prose. Di versi non fu Giiaiferio men colto scrittore ; anzi in cpiesti troviamo un bel testimonio , clic i monaci Cassinosi nell’ XI secolo non solamente Saltcrii svolge- vano, ma anche le opere dei Romani scrittori dcUctà deiroro, c sapevano rendere tanto o quanto alcun frullo di questi studi. Nel Carme composto da Giiaiferio intorno ad uno che s’ebbe data pazzamente la morte, e che fu ridotto a vita dall’Aposlolo S. Giacomo, può chiarirsi il leggitore della valcnzia poetica di questo monaco. E per amore di brevità reco la prima volta in luco parte di questo carme, c proprio quel passo in cui narra con assai di fantasia il poeta , come un pellegrino elio andava a visitare il corpo di S. Giacomo fosse tratto in inganno dal demonio, che gli apparve sotto le sembianze dell’Apostolo, e confortalo ad uccidersi ; come l’anima uscita del corpo fosse dai demoni malamente governata , e poi tornasse nel freddo cadavere per intercessione di S. Giacomo. Gallortnn cwltis partes qua Julgel Hiberas Corpus AposloUcum gentis de more petebat, Ut devotus amor , sacra dum loca viserat, ipsa Asperitate vkc scelerum se mole levaret. Quorum , naturai persimplicis , et puerilis Unus erat , facilis quo velles federe fedi. Al TERZO LIRRO. m Hos ut ad hospitium jam tardior hora coegit. In partem simplex divertit ab agmine solus, Dimotusque via modicum , fraudisque dolique Invenit auctorem juvenilis corporis instar. Inchoat astutus dirum cum simplice bellum. Non flagra non gladios sed pacis habentia signum Primum verba movens : quo, frater, duceres, inquit? Sed quid ad heee simplex ? Facies humana , serenus Vultus et eloquium cum nomine fratris amicum, Quee bene cordatos homines midtumque probatos Exciperent , ad colloquium miserabile , mentem yllliciunt stolidam : quo tendat , pandit. At ille Subsequitur. Quare tantum vis ferre laborem ? Ilie via consiliumque vice: discrimine 7iidlo Atque mora nulla , conquiri posse quod optas. U tque ?iiagis capiat miserum , magis om serenat , Voceque deimdccns, ait : Agnoscis ne loquenlem ? Cernere se juvenem , qui sit nescire fatetur Simpliciter simplex. Tunc inquit. Apostolus ille Sum quem queins ego. Ci edit miser , atque repente Stratus hu77ii deposcit opc7n, scelerumque leva77mi. Mox auctor mortis , 7nortis p7mruinpit ad atrum Consilium , sed facturum quid considat illum Accipit ante fdc7n. Tum sic ait: Haud, nisi solvas Ipse tuos artus aniinee co7iipage, salute7n Quam cujiis , ceterna7n speres. Vis vivere vitam Semper mansuram ? Vitam tibi tolle caducam. IIo7'rescit faemus bnito sub pectore tantwn. Audet et hoc fdei dici 7ion esse repugna7is Dicere : sed monitis persuasus cedit iniqids. Flagitat ergo 7nodum, tantum quo crime7i agatur: Ilospitimn repete , cama , se7mi07iibus , ore Sollicitum pectus claudi , cunctisque sopore l77imersis , fauces gladio penetrarier imas , Et vent/ds 7nediu7n tantu7n post vidnus , eodem Consulitur gladio transfgi. Suadet iniquus Quod cupit. Id , comat , simulat , gravatis So7nno consociis , immergit gutture telimi , Amputat et venas, secat et cum gutture nervos, Nec 7iiora , configit pi'cecoi'dia : sed dolor ipse m ROTE E DOfllIENTI Criminis , ac mortis miserum clamare coegit. Me miserum! perii ; scelus hoc mea dextra peregit Et ruit exanimis: miseram mox turba fcerorum Spirituum capiunt animam , rapiuntque trahuntque Per siamnas valles agitantes atque per imas, jdpparet subito facinus qui suaserat hostis, Juris et esse sui scceleris qui causa sit inquit. Cwditur , insequitur , magis omnibus urget et unus : Ad loca liomanis sic itur proxima muris. V jx sonat hic: Sinite : stolidi cessere parumper: Sed repetunt animam, dum vox silet , atque coarcianU Intonat hcec eadem propior mage , terribilisque : Diffugiunt omnes, subitis terroribus hostes, Eec quatiunt animam jam sancta voce solutam. En specie vera juvenis pulcherrimus adstat , Novit Apostolici formam quasi praescius oris Spiritus; hunc sequitur , super ardua tecta venitur Principis Ecclesiae regnantis ; in aethere Mater Virgineis stipata choris adslare videtur. Accedit Jacobus pro tanta labe prcecator. Audit ab ore pio : repetat nisi carnea claustra. Et cum carne luat factum cum carne reatum , Non animam tanto damnatam crimine solvi. Ergo reqtentino rediens jam libera cursu Intrat Apostolico dimissa cubilia ductu. Oscitat, erigitur , loquitur , graditurque cadaver. Dat res ipsa fidem sociis , nam vivere cernunt Quem videre mori ; sed testis sola cicatrix Esse potest aliis , qua; vulnere sic in utroque Cernitur ; ut talem vitee jam nemo redisse Ad postliminium dubitet, lluic Cluniacensis Ca;nobii vicina loco loca sacra feruntur , Cui Pater haud parvi meriti vir prexsidet Ugo. Ilcec petit, hunc horat habitum dare, cuncta professo Quee sibi contigerant A ino parc^ che delle cose poetiche doll’KI secolo non sia alcuna che l’cg^a al paragone di questa. Non vedi, o lettore, come corre in questi versi una certa vena Virgiliana? c sotto Al TERZO lIRRfl. 411 quella veste Longobarda caldeggi anima latina? V’ha del b.u'baro , ma pure del pretto Romano. Non è puro oro quel Morlis proruìnpil ad alriim cotisiliu 7 n? Non è poesia al tutto latina questa verissima descrizione , e di colori freschissimi Il ccenat, ec., ed in quella che siegue , in cui la trista turba dei demoni capiunt animam rapiunlque irahunUjue ? La quale acquista nervi e colore dall’ altra descrizione dell’appa- rizione dell’ Apostolo tutta placida. En specie vera juvenis pulcheìTÌmus adslat. Chi non vede chiarissimo in questi versi come quella eloquenza c poesia del secolo di Augusto che come un fiume sgorgò dai Romani petti , rotto il corso dalla barbarie, rampollasse nei chiostri, e tornasse a correre nell’italica terra? Le scritture di Alfano arcivescovo di Salerno monaco Cassinesc sono quasi tutte conosciute per le stampe. Queste sono sermoni e versi , i quali possono leggersi nell’ Italia Sacra deirUghelli (i), tra i sacri poemi di Prospero Marti- ncngo (2), e presso il Baronio ( 3 ). Dei versi rimane ancora alcuna cosa inedita , che trovo nel MS. n.“ 280. G. DI ALCUNI VERSI INEDITI DI AMATO MONACO CASSINESE. Poiché ebbi narrato in questo terzo libro della storia de’ Normanni scritta per Amato Monaco, accennai di certi versi del medesimo non ancora conosciuti per le stampe , in lode degli Apostoli S. Pietro e S. Paolo — De laudibus SS. Pelvi ci Pauli. Questi versi erano scritti in un MS. del secolo XI della Biblioteca di S. Salvatore di Bologna, ma non conosciuti, sebbene Pietro Diacono ( 4 ) chiaro dicesse , di questi essere ( 1 ) Tom. X. Edit. Ven. ( 2 ) Tom. III. Edit. Roman. 1 S 89 . (3) Tom. XII. (4) De Yir. illuslr. Cass. cap. XX. T03I. I. 27 118 JfOTE E DOEUMEXTJ/ autore Amalo, Nciranno 1778 il P. Becchetti dcirorcline de’ Predicatori (colui clic ha proseguita la storia ecclesiastica del cardinale Orsi ) avendo per caso rinvenuti questi versi, ne fece copia, che spedi al P. abate D. Sinaldo Santomango Cassinesc. Come questo MS. si trovasse in Bologna, essendo cosa Cassinesc , non sappiamo : avrà corso i destini di tanti altri MSS.; vale a dire, di essere stalo rubato. Innanzi a questi versi oravi forse una epistola di offerta al papa S. Gregorio VII, di cui non rimangono che poche parole : tante ne mandò il Becchetti versiculos j Peiriim ipswn tion lice sita vero suscepisse ; in eo tandem omne meum consumabilur votum, si per ie et benedictionem apostolicam , et absolutionem meorum percipere promeruero ^ peccatorum — Poi segue. Incipiunt Capitula Libri primi. — Tutto questo carme è diviso in quattro libri, e ciascun libro iii capitoli. — Ecco il cominciamenlo del primo libro. ( Ex indice imperfecto MSS, Cassiti, toni, i ) LIBER AMATI MONACHI CASSINENSIS DESTINATUS AD DOMNDM GRECORIUM PAPAM IN HONORE B. PETRI APOSTOLI. INCIPIT PRAEFATIO EJUSDEM LIBRI. CAPUT I. ytfìius adest, cuncti qui toltit crimina mundi. Protinus Andrwas, quem post Cruce Jixit Egecas, Prosequitur : tandem lucem transegit eamdem Cum Christo Attrahit hunc secum, valeat quo cernere Jesum; Hunc Deus, ut vidit, Symonem, quem nomine scivit, Nomen mutavit, quem Ctepham ipse vocavit. CAPUT II. VOCATIO PETRI, ET ANDRE/E. Denique germanis fuerant his retia navis. Ars usus quorum vitam refovebat eorum. Ergo die quadam navi maris alta secante. AL TERZO UDRÒ. a'J CoihspiciunI tandem se (jraia vot e vocantem Auctorem vitae: Post ine jjropcrando venite^ Linquite piscari, quo diyni sitis amari A me, qui voòis concedo pignus honoris : Pisciùus his spretis, homines mihi stupe trahetis. His vero dictis, Petrus cum fratre relictis Omniòus, ceterni sectantur gaudia regni ; Sic remanent capti, fuerant qui rctiOus apti. H. I>I COMITA DI AZZEIV , CUE DOiVA S. MARIA DE ISCALA A MOIVTE-CASSIAO. (Carie Sarde. Originali inedite.— Caps.XII. n." XXXf^IlI.} Auxiliante Domino Deo, atlqtie Salbalore nostro Jhesu CJirislOjcd intercedente pro nobis beata, et gloriosa Birgo Maria , et beato sancto Petro principe omniu adpostoloru , et beato sancto Gabinius Prolus , et Januarius martire Christi, sub cujus protcczioiie,eL defensione gubernatos HOS credimus exc salbatos. Ego Comita de Azzen, e muliere mea Musco- uione de Zzori facimus ta carta cum boluntate de Deus , et de domui nostru Judice Gostantine de Laccon,et de essa muliere donna Marcusa regina, dicta nomina de Gunale, pro onnia causa nostra canta amus, et damus da bestara parare , et dominos c fundamentu , et quattor pedia , e de intro de domo , e de foras de domo , da besa domo de bosobo iu foras , ci ponemus a sancta Maria de Iscala , ci siat bcnedilta tocta a sanctu Beneditui de Monte Chsinu. Et siamus nois in obedientia , e eomandamentu de sanctu Benedittu de Monte Casinu , e de Apate ci bia et essere: et de ccusta causa nostra siat in manu de monacu ciu cca et mandare su Apate de Monte Casinu a sanctu Micael de Farrucesos usque in sepiternu. Arnen. Fiat. Et si quis ta carta destruere aud sterminare ea boluerit, islrumet Deus nomen suo de libro bite, et carnes ejus disrupat bolatilibus celi , et bestiis terre ; mittat in illis Dominus morte papclle , et deleatur de istii seculu cizzius, ed abeat malediczione de XII adposloli , cl de XVI Profetas, e de XX cl IIH Seniores, et deCCCXVIII Patres S.mclos, qui canones disposuerunt i Nician cibitade, ed abeat inalcdiczioncm de lll m NOTE E DOClìlENTI Patriarchas, Abraam , Ysac, et Jacob, od abeat rnalediczionc de UH Ebangelistas Marcus, Maczeus, Lucas, e Johanne, ed abeat malediczione de Vini hordines Angelorum, c de X Arcliangeloru, ed abeat malodic- zione de omnis Sanctos, et Sanctas Dei. Amen amen, fìat. Et si quis ta carta audire ea bolucrit, e nostras hordinacziones confortaberit, e dixerit quia bene est, hal)eat benediczione de Deo Patre onnipotente, e de Sancta matre domini nostri Jesu Christi, e abeat benediczione de XII adpostoli, et de XVI Profetas, e de XX et IIII Seniores, e de CCCXVIII Patres sanctos, qui canones disposuerunt i Nician cibitate, ed abeat benediczione de omnes Sanctos, e Sanctas Dei. Arnen, amen. Fiat, fiat. Et sunt testes primus Deus Onnipotens, deinde ego Judice Gostan- tine de Laccon, e muliere mea Marcusa de Cimale / testes Donnicellu Comitu de Laccon , Donnicellu Gunnari de Laccon , Donnicellu Izzoc- cor de Laccon, Donnicellu Petru de Serra; testes Petru de Azen, ed Izzoccor e Mariane anbos fratres suos; testes Barusone de Setilo , Dorgotori de Bosobe, Furatu de Gitil, Mariane de Zori, Izoccor de Laccon, Izzoccor de Bosobe, Mariane de Zori, Izoccor de Cerei; testes de Puliaeesos Mariane de Nedenure ci et cita sua, ed onnes frates meos, e fideles meos testes — Arnen , amen , amen. Fiat, fìat, fìat — Ed ego Melaci! scrixl sta carta imperando me donnu meu Judice Gostantiuo de Laccon, mense Marzi, dics XXIIII, e luna prima. Sigillo. AL TERZO LIL’RO. m »I COSTANTIIVO DI CAKBIAIV DDAAINTK AL MGAASIEIIO LA CHIESA DI S. PIETllO S131BR.II\0. (Cap. XII. n.° S.) Alixilianle Domino Dco, adquc Salbalori nostro Jlicsu CInislo, qui pio nostra salute ac teri’a descendere dignatus est; ed intercedente jH O nobis Veala, et gloriosa sempreque Birgine Maria, in cuius pedore requiebil Spiritum Sanctum, e beatorum Appostolorum Petri et Pauli, c beato sancto Gabinius Protus , et Januarius martires Christi, sub cuius protczzione, e defensione culiernatos nx)s credimus exe salbatos. Ego Gostantine de Carbian, e muliere mea Jorgia de Zzorri, ci la fazzo ista carta cun boluutate de DenSy e de su donnu mcu Judice Gostantine bocatibo nomine de Laccon , e d'exa muliere donna Marcusa dicta nomina de Guuale , e cun boluntate de Archiepiscopum donnu Azzu , e de donnu Nicolaus Episcopum, e de totu liios meos, lu affil io a Sanctum Petrum de Sinibranos sa clesiam mea a Sanctum Benedicto de Monte Casimim pro apattila in potestate su Apate de sanctum Venediclu, e fazzat inde ca le bolet apattila benedicta sanctum Vcnedictum. Anien, aincn. E XI quis istan carta destruere,, aut esterminare ea boluerit , sive judice, sibe Donna, sibe Donnicellu, sive Curatore , vel qiialecunqueli- vet homo , instriimct Deus nomen suo- de libro vite , et carres suos disrumpat bolatilibus celi, et besties terre, mictat in illis Dominus morte jiapelle, et deleantur de isto seculo cizzius, ed apant malediezionem de Deum Patri Omnipotentem , e de Sancta Maria matrem Domini nostri Jhesii Christi , et de XII Apostoli , et de XVI Prophetas , et do XX et IIII Seniores , et de omnes Sanctos , et Sanctas Dei. Anien, amen. Fiat , fiat. E xi quis ista carta audire ea baluerit , et nostras hordinazzioiics eonforzaverit , e disserit quia vene est , habean benedictionem de Deo Patri Omnipotenti , et de Sancta Maria matrem Domini nostri Jhesu Christi , e de XII Apostoli , et de XVI Prophetas , et de XX et Illi Seniores , et apan benedictione do CCCXVIII Patres Sancti , qui canones disponerunt , et de omnes Sanctos ^ et Sanctas Dei , que superius dissi- mus. Arnen amen , fiat fiat. E xunt testes , primus Dens Omnipotens, deinde ego Judice Go- stantine bocatibo nomine de Lacco», e donna Marcusa dicta nomine de Gunale ; testes Donnicellu Gunnari , e Donnicellu Petrum , testes Don- iHCcllii Izzocor , e Donnicellu Darbeni ; testes Izzocor de Azzen , c Petrus sii frale ; testes Coiimila de Laccon, e Mariane dc Zzori; testes Izzocor PTE E DOfiMEMl lìì de Laccoa , c Cornila Miistascii ; lesles de Puliaccsos mariane zzanca et cita siiatn ; lesles e omnes frales meos , c fideles meos lesles — Kd ego Goslanline de matrona iscrissi ista caria imperante me domili men judice Gostanline lìex a Deo c'ecliis , vel coronatus — I. BOLLA DI ALESSANDRO II PER LA EVDIPENDEIVZA DELLA BADIA. (Rrg. Pclr. Diae. Ex Reg. S.Ang. in Formis — Incdit, Alexander Episcopus servus servorum Dei. Desiderio dilecto lilio abbati venerabilis Cenobii Almi Patris Benedicti, quod nuncupatur Mons Casinns , cunclisqiie successoribus eius illic regulariter ad regimen provehendis imperpelum. Pastoralis sollicidinis nostrae bonum si debet prospicere, et proficere omnibus etiam extraneis, et longinquis, multo magis domesticis, et propinquis. Ipsis quippe secundo gradu post Deum admovenda est invisibilis caritas, nt per eos, veinl qnedam visibilis llam- ma gradalim ad remotiores quosque discurrat. Piis ergo locis, et divina religione venerabilibus, debitae consolationis et defensionis porrecturi manus illum caeleris praefercndiim non abigimus, quem monasticae nor- mae constat esse principale Gjnmasinm, et sanctae romanae et AposloliciB sedi contiguum, quem cives llomani, patres videlicet eximii Benedictus, Maurus, cl Placidus cum nonnullis aliis fundarunt, quemque aGcnlibus destructum, llomani Pontifices nicbilominns sua auctoritate restruxerunt, et privilegiis Apostolica! sedis merito caeleris Coenobiis pnelulerunl, atque contra quorumlibet suspectas injurias, efficaciter munierunt. Quorum nos sacrae auctoritati, sicut tempore, et loco succedimus, sic eorum excnqilo, ut oportet, innilimur,et per hujus nostrae decretalis pagina! tenorem libi, dilectissime fili Abba Desideri , concedimus secundum privilegia ante- cessorum nostronun , atque consuetudinem monimenlorum Almi Patris Benedicti silum Monte Castro Casino , cunclamqne ipsius monasterii Abbatiam in integro cum cellis suis, castellis, pra;diis , ct omni sna pertinentia ex bac nostra auctoritate confirmamus, tam in finibus Bene- ventanorum, Apulorum, et Calabrorum, quam etiam in finibus Marsorum et in Marcbiis,sive ubicumque longe, ct prope baclenns jure sibi perlinet, aliquid, sive (juicqnil deinceps ubivis juste acquisierit. Ad ba!C justitiam vel aliquod debitum quod officiales nostri sacri Palatii exigent a navibus ad Romanum portum ajiplicanlibus , vcsln Camobii navi peculiari gra- AL TERZO LllìRO. T53 Inntor relaxamus. IJsiim quoque saiulal iorum , et clalmalicm, quamvis jure Canliualalus lui ab Apostolica sede perceperis, a nobis tamen libi et loco deinceps , in principalibus tantum feslis ad honorificentiam lam venerabilis Ccenobii, et ob dilectionem lui concedimus. Praeterea corro- boramus tibi luisqne successoribus, in omni Conventu Episcoporum, et Principum superiorem omnibus Abbatibus sedere, et in Conciliis, el Judiciis, priorem sui ordinis hominibus sententiam, pro reverentia tanti loci, qui primum et summum inonaslicai legis latorem vivum et mortuum relinere promeruit, quique ipsius legis lationem scripto verbo, et exem- plo Cccnobiale Propositum appetendo in toto mundo sole clarius vibravit. Defuncto autem abbate ex se ipsa Congregatio secundum sanius consi- lium sapicnluin el seniorum fratrum sibi abbatem eligat, et Apostolica; sedis Pontilici firmandum, et consacrandum exibeat, nec aliter ibi abbas cosliluatur , aut aliunde illuc intromittatur, nisi forte ex se aliquem tanto regimini idoneum non habuerit et ob id saniori consilio extraneum sibi elegerint. Porro pra;ler summum Aposlolicas sedis Praesulem cuiusli- bet Ecclesia; Fipiscopum vel Sacerdotem in prasfato monasterio, vel in cellis ipsius, dicionem quamlibet sibi pra;sumere hae nostra interdicimus auctoritate, ita ut nisi ab abbate fuerit invitatus, nec Missarum inibi audeat celebrare. Contra qiia'm auctoritatem, quia Ilildebrandus Capuanus Ar- chiepiscopus submurmurare pra;sumpsit, coram nobis in Ecclesia Domini Salvatoris Lateranensis, videlicet Patriarchio Synodum celebrantibus pri- vilegiis Apostolica; sedis convinctiis , se peccasse , confessus est. Unde tam sibi, quam suis successoribus Apostolica auctoritate snbdlslricli ana- iliemalls vinculo interdicimus, ut nullam ulterius inde audeant assumere qiia;slionem vel contra pra;fatum venerabilem locum litem promovere , sed remota, et propulsata qualibet oppressione ecclesiasticarum vel secularium personarum sicut actenus mansit a presenti quinta indictione hoc nostro privilegio in perpetuum quietum et liberum ad servilium et gloriam Dei maneat sub defensione et jure sancta; Roman® ctApostolic® sedis cum suis omnibus. Ex quibus summalim et generaliter omnibus h®c nominaliin et specialiter tantum istic digessimus. In primis monasterium Domini Salvatoris positum ad pedem ipsius montis, atque monasterium sanci® Dei Genitricis et Virginis Marie qui vocatur Plumbarolo, seu et Castellum sancti Petri ad pedem ipsius montis, quod ab antiquis dictum est Castrum Casinum. Nec non et Castellum Sancti Angeli , Castellum qui vocatur Pinjalari, Castellum Sancti Giorgi! , et Sancti Apallenaris, Sancti Abrosii, et Sancti Andree, et Castellum qui vocatur Vallis frigida. Castellum qui dicitur Banti’a , et Sancti Petri inllia, el Sancti Victoris. Torocoliim, et Cervarum, et Sanci® lidie, et Vallis Rotunda Rocca de m KOTK E DUCl'MESTl lìaiUra , cum oiimibiis suis pcrliiieiiliis , Caslelltun qui dicilur Saraceiii- sciis, et S. Slepliani, et Castellum qui dicitur Seranie, et Castellum qui vocatur Fratte , quos commutastis a Riccardo Principe, et Castellum , qui vocatur Mortula, cum ipsa curta que vocatur Gasa Fortini, et mona- sterium Sancti Salvatoris qui vocatur Cucuruzzu , cimi omnibus suis pertinentiis. In comitatu Aquinense cellam Sancti Gregorii , Sancti Maurici!, et S. Nigolai in Pica, S. Angeli in Cannucio, Sancte Marie in Verule, et S. Petri in Asclelo. In Lucca cellam S. Giorgi!, prope Poste- rulam Guirigalam, cellam Sancte Scolastice in Cajeta, Sancti Stepbani in Serracina, Sanctas Lucia*, S. Petri in Curuli, S. Silvestri, et Sancte Luciaj in Arpino, S. Benedicti in colle Insola, S. Germani in Sura. Curtem S. Urbani in Cornino, cellani S. Pauli ibidem, S. Nazari, et S. Valentini, ac S. Salvatoris, cellam S. Benedicti in Benafro, et S. Nazarii, et Sancias Marie in Sale. Curtem S. Benedicti minoris ibidem, cellam in loco qui vocatur Cesoma, cellam S. Benedicti in Suessa, nec non et S. Benedicti in Capua, cum ipso Gualdo ligure, et cum omnilwis suis pertinentiis, cellam S. Johannis ancillarum Dei in eadem civitate. In Tusculanis cellam Sancte Agata;, et monasterium ibidem, qui vocatur Jcrusalem. In Calvo cellam Sanctas Marias, S. Mariae in Cinola, S. Adiutoris in Alifas, Sancias Cecilise in Neapolim, ecclesiam Sanctas Crucis in Amalli, cellam S. Benedicti in Salerno, et cellam S. Laurentii ibidem, et Sanctae Sophias infra civitatem Beneventanam, S. Benedicti in Asculo, Sancti Benedicti in Trani, el S. Benedicti in Bari, Sanctae Mariae ancillarum Dei in civitate Cosensia, cellam S. Benedicti in Pittinara, Sancias Marias Banze. SaiK-ti Benedicti in Alarino, cellam S. Eustasii, quem Sancto Benedicto opiulit Adelferiiis Pantasia ; Sanclce Mariae in Barretano,Sancla; Mariae in Canneté juxta fluvium Trinium, Sancti Benedicti in ripa Ursa cum omnibits suis pertinentiis. Nec non et Castellum qui vocatur Lastinianus et alia tria Castella. Quae duo Trasmundus comes filius Attonis Beato Bcnedielo in Monte Casino legali donatione, et carlarum monumentis contulit. Tertium autem Castellum Frisam , quod praefati Trasmundi pro aniima sua, consentiente viro suo, S. Benedicto optulit. Sancta Tusla ibidem, cellam Sancti Focali in Alanino, S.Giorgii iuTermule. Cellam S. Liberatoris in Marchia cum omnibus suis pertinentiis. S.Salvatoins in Tabe, Sanci® Sco- lastica; in Pinne, S.Martini in Salino, S.Nycolai in Apruzo, S. Angeli in Marano cum omnibus cellis suis, Sanctorum septem fratrum, S. Laurenti i, ct S. Benedicti in Trunio, S. Ajiollinaris in Firmo, S. Benedicti in Tisino, ct Sanet® Mari® in Arbosca, cellam S. Benedicti in Marsi, et Sanctorum Cosme cl Domiani, cl Sancta; Mari® in Cellis, S. Benedicti in l’om|)Crano, ct S. Petri iu Glorino, cellam S. Angeli in Vallcregia, cum castellis, et Al TERZO UDRÒ. m omnibus suis pcrtinentiis. llis igitur , et omnibus qii® prmfato Cnenobio juste pertinent nunc, et qum in futuro juste pertinebunt, sub tutela et Romana libertate hoc previlegio perpetualiter ad temporalem servorum Dei prsDsentium scilicet atque futurorum quietem, statutis atque firmatis, Apostolica censura sub interpositione districti anathematis, et diviittc contestatione judicii interminamus omnibus tam praasentibus quam futu- ris, ne ullus hominum cujuscunque ordinis dignitatis, condicionis, vel cujuscunque officii, seu quaelibet parva aut magpa persona, qiiibuscun- que rebus vel personis praefato monasterio juste pertinentibns aliquam violentiam inferat, aut calumniosus existat vel incumbat. Insuper quia secundum praeceptum llegulai Almi Patris Benedicti estivis et hiemalibus temporibus prefixus est, auctoritate Apostolica concedi- mus, ut liceat fratribus signum pulsare in omnibus cellis eiusdem mona- sterii tam ad diurnas quam ad nocturnas horas quandocumque voluerint. Liceat quoque ipsius monasterii et cellarum eius fratribus Clericum cujuscumque ordinis, de quocumque Episcopatu fuerit secundum tradi- tionem Sanctorum Patrum suscipere cum rebus suis ad conversandum , et Monachium habitum suscipiendum absque interdictione quorumlibet Episcoporum, et liceat eisdem subiectos monasteriis eorum judicare, tam monachos, quam et sanctimoniales feminas absque prohibitione et contradictione cujuslibet ssecnlaris potestatis, seu Ecdesiasticai. Ad hcc liceat vobis sacrum chrisma et ecclesiasticos ordines , et Altarium con sacrationes ab Episcopo quolibet canonice promoto accipere, et Cbri- stianissimum in ecclesiis vestris agere per clericos vestros , et hymnum Angelicum per dies dominicos et festivitates ad Missarum sollemnia rite decantare: et nullus Episcopus presumat in jam dicto monasterio vel in ecclesiis sibi subjectis Sacerdotem excomunicare , vel ad Synodum pro- vocare, aut abbates et monachos earumdem Ecclesiarum. Porro cupientes consnlere monasUcie Religioni', qu® peccatis exigentibus passim depra- vatur, te, tantummodo diebus vitae tum. Vicarium nobis ad correctionem omnium monasteriorum, et monachorum, seu monacharum ab ipso fluvio Piscaria sicut influit in mare , scilicet per totam Campaniam , Principa- tum quoque et Apuliam atque Calabriam assumere decrevimus, ita ut Capitolum in eis habeas , et vice nostra indisciplinatos cum adiutorio Episcoporum, ad quos monasteria ipsa pertinent, corrigas, et quae sunt emendanda, si potueris, secundum Deum emendes, aut Apostolicaj sedis Pontifici renunties, ad perpetuam animae nostrae mercedem, et monasticae Religionis emendationem et conservationem. Paniter quoque ad tui Cardinalalus dignitatem cl Sanctissimi Benedicti honorificentiam et gra- tiam per te religiosum et m KIÌTE E DOCIMEITI priulcnlissiinuni illius successorem. Si quis vero, quotinoli opiaiims, huius nostri privilegii decretalem paginam temerario ausu in aliquo infringere temptaverit, etern® maledictionis innodatum vinculis se nove- rit, et perpetua supplicia luiturum cum diabolo, et Angelis eius, nisi forte prius resipiscens satisfecerit. At qui pietatis intuitu ipsius privilegii dovotus observator extilerit , interventu Almi Patris Benedicti, perfecto- rumqiie sequacium sociorumque eius sempiternae benedictioni particeps, et Paradisi beatus possessor efficiatur. Scriptum per manus Octaviam Scrinarii et Notarii Sacri Palatii. Exaltavit me Deus in virtute brachii sui. Magnus Dominus noster, et magna virtus eius. Bene valete. Ego bonifacius albanensis episcopus ss. Ego petrus peccator hostiensis episc. ss. Ego ildeprandus S. Rom. cecie. qualiscunq.ue archidiaconus ss. Ego hubaldus sabinensis episco. ss. Slcplianiis vocatus cardinalis ss. Ego joanues qui et minutus cardinalis do titulo sanctas mariai trans tiberini ss. Ego Icoperlus prenestinus episc. suscripsi. Datum laleranis sexto idus madii per manum petri S. R. ecclesia! subdiaconi, atque vice domini Annonis coloniensis archiepiscopi biblio- ihecarii , anno sexto pontificatus domini Alexandri papm secundi. Ab incarnati Olle vero Domini millesimo Sexagesimo septimo. Indictione V. R. C-UIT.\ DELLA CONTESSA MATILDE ( Dairorigmalc — Cap. XIII. fase. IV. n.” XXXVIIJ. ) IMalliilda Dei gratia Comilissa. Si quid est sacratis, et Deo dicatis locis justum, ct pium est nos auxilium pra[jbore, sanctum est nos defensionem exhibere q. remissionem peccatorum imploramus Sanctorum intercessio- ne : Nuper praesencia nostra in civitate Pisaj posita, delatum ad nostra; potestatis est audienciam, aliquos procuratores Meraati, et Ripaie ejusdem civitatis, abstulisse hominibus monasterii S. Benedicti in Monte Casino positi Theloiieum pro aliquot pannis ad utilitatem Fratrum emptis, quod ad notitiam nostram delatum graviter accepimus, ct emendari illico fcci- inus, ct ne de cetero qiiisquam contra memoratam congregationem ali- quid tale prcsuinat , amore S. patris nostri Benedicti , cujus incmorium Al TERZO IIRRO. m dulciter amplectimur, cujus nomen cum suavitate audimus, et ob reve- rentiam Fratrum, qui in prajdiclo monasterio Deo serviunt, concedendo concedimus, et per praisentis paginai scriptum confirmando confirmamus, nt in civitate Pisa , et in Luca , et omni nostra; potestatis terra liceat hominibus pra;dicti monasterii libere emere quaecumque utilitati con- gregationis quidem praedicta; expedire videbuntur pro tempore ; ita vero, ut nec curaturae alicui quisquam exhibeant. Quicumque autem contra praecepti nostri paginam quicquam eis auferre thelonei nomine praesum- pserit , vel molestias inferre temptaverit , et nostrae malae voluntatis pffiiiam incurrat , et insuper curiae nostrae centum libras componat. Ut antem hoc verius credatur, et firmius teneatur, praesentem paginam sigilli nostri impressione, signando firmamus. Sigillo sopra cera. L. LETTER.1 DI PAPA S. GREGORIO VII PEL TESORO RUBATO NELLA CHIESA CASSINESE. ( Reg, Pett Diac, “ Ineli. ) Gregorius episcopus servus servorum Dei. Dilectis in Christo filiis S.Denedicti monachis salutem, et apostolicam benedictionem. Audivimus, quod sine gravissimo dolore dicere non possumus , quosdam homines a lordano principe sugeslione diaboli missos secretarium vestrum intrasse, et quffidam commissa vobis, inaudita temeritate, detulisse. In quo facto nimia; ncgligentiae, et acriter ulciscendae timiditatis vos , et abbatem ve- strum arguere possumus, et gravius adversus vos commoveri deberemus, nisi ea , qua vos semper charitate dileximus , delineremur. Siquidem tollerabilius nobis videretur villas et castella S. Benedicti in pradain f28 KOTE E Dnr,U«E\Tl AL TERZO LlORO. cl (lircplioiicin dari, qiiam ut sanctus locus, et per totam, ut credimus, cliristianitalcm famosus et venerabilis tanto ignominia) periculo subiaccre. Quapropter hujus temeritatis noxam inultam esse non ferentes, presertim cum locum vestrum violatum esse, et exemplo hujus facinoris, deteriora posse vobis eontingere, perpendamus, ammonemus, ut divinum officium in ecclesia 11. Benedicti non faciatis, sed altaria omnia, qua) intersunt detegentes , quantum sit hujusmodi violationis periculum quosque co- gnoscere facialis. Si enim in ecclesia S. Petri humano sanguine respersa divinum officium non sine diligenti reconciliatione celebratur , multo magis istud , quod in ecclesia B. Benedicti perniciosius est competenti indiget expiatione. Vos itaque omnipotentem Dominum instanter deprea- miui , ut tristitia) mentis nostra) dignetur super hac re nobis consolatio- nem impendere , et ad reparandam in omne vestram dignitatem modis quibus decet, nos instruere. LETTERA DEL MEDESIMO. ( Reg, Pet. Diae. 3S — inedit. ) Gregorius episcopus servus servorum Dei venerabili congregationi Casinensis Cenobii salutem, et apostolicam benedictionem. Nuper, di- lectissimi fratres, nos violentia sacrilegii huic reverendissimo loco illato conpulsi , vestra) ecclesia) officium ob tantum facinus irrogatum inter- diximus. Verum quia Ascensionis Domini sollemnitas toto venerabilis orbi nunc imminet , nolentes jam propter alicujus scelus in tanto festo tam religiosum locum officio pietatis carere , decrevimus , et vos et eundem locum ab interdicto absolvere. Quapropter apostolica mansue- tudine ducti , reddimus et ecclesiae ministerium cullumque religiosis, et devotioni vestra) licentiam celebrandi. Volumus etiam, atque rogamus caritatem vestram , ut nostri memores , pro nobis preces fundatis ad Dominum, pro statu quoque S. llomauae Ecclesia) Rectori rerum quotidie supplicetis, nec non tam pro inimieis, quam etiam pro amicis dilectionis affectu omnipotentem Dominum deprecari sedulo memineritis , et stu- detis , nec non et pro illo , qui tam sanctissimum locum loto mundo famoso violavit preces effundite , ut Deus det illi cor peenitens , et sic eum ad se convertat , ut in hac vita et futura mereatur gratiam Dei oblinere. FLNE I EL TO.MO PIUMO. ■>*v t ♦ • ■ 'f" V -■ y. . , m. ® , .:.- • •! ■**-• aS ... . |r^v>?j \. ' V :■• IL N .i ‘WSJll' VM: ''•'•V' - r, A i. . i v '“-*Ì<''I‘’ .iti ■- :,i^v ‘ ,v.v VJ, J’' '■‘*'t4» ■ f »,;.fr-. T4,»}titi'- •.*■>', ■M‘‘«n^. . AvV W ii .,'^^/#■.4. -f .IVH.'’ • •« '. ' ‘ '**■'• ‘i-t4 *A-1 •'■»•< ■'■ i-; , ■ ■ ■•■-• ^ ,, .5^1'^ '***®*^»’' ' '*'S2 "iv . 'r V s** ,i>r,/‘'ij ;m wM^éìÈ'lìÉ^'’ '•■' - V *„ ÌÀvJ iMf k