Digitized by the Internet Archive in 2018 with funding from Getty Research Institute https://archive.org/details/antonioallegrideOOmarc DO*JSL G. CESA%E MARCHI CASTELLINl ANTONIO ALLEGRI DETTO IL CORREGGIO VINCENZO VELA LUIGI ASIOLI CORREGGIO FRATELLI PALAZZI Tipografi Editori l880 t \ da uua Fotografia Antonio Allegri MONUMENTO ESEGUITO DA V. VELA Antonio A < > • Antonio Allegri ' ■ • A Lei, * Lei, che pnm : stato com , up ■ • - titu 1 5arj «v*.. dilettevole, sa jdelh gravi men lo compilava. Di Lei, II Correggio., y Airill.mo Si g. Cav. Dottor EMIDIO SALATI SINDACO DI CORREGGIO A Lei, che tanto benignamente m’ incoraggiava, a Lei, che primo Rap present ante del nostro diletto paese, l stato ed l anche sempre principale promotore e sostenitore, come di ogni decorosa ed utile impresa, cost specialmente della pronta e splendida esecugione ed inaugura^ione di un grande Z\Conumento al sommo nostro Vittore; per gra- titudine e per dovere dedico il mio modesto lavoro. Sard contento se Ella vorrd aggradirlo, se piii che dilettevole, sard utile ai nostri concittadini e se, a venia delle gravi mende , si terra calcolo del buon volere di chi lo compilava. Di Lei, Ill.mo Signore Correggio, 30 Agosto 1880. Dev.mo servitore Can. Giulio Cesare Marchi-Castellini. Vroprieta letteraria ANTONIO ALLEGRI VITA E LAVORI (> Parte Prima NTONIO ALLEGRI.! A questo nome reverend s’ inchinano, non che i cultori dell’ Arte, >HSj tutti quanti hanno sentimento e coscienza del bello. Or chi, proponendosi di parlare di quel grande, potra mai presumersi idoneo a compito si grave ed afFrontare impavido 1 ’ altissimo argomento? Arrogi, che di Iui trattarono numerosi storici e critici, anche di estere nazioni, invero con varia, ma parecchi con incontestabile capacita e competenza; poi di, se non sarebbe audacia ritentare la prova senza grande trepidazione. Se non che, rifuggendo dalla pretesa non pur di raggiungere, ma solo di appressarsi alia formidabile e vertiginosa sommita, che guadagnava quel sublime in-- gegno; sembrami nullameno che vi abbia modo di restrin- gere la mira a modesti confini e compiere pure opera non disaggradevole e non affatto inutile. 10 ANTONIO ALLEGRI In brevi cenni raccogliere quanto la tradizione e gli scritti di lui ci tramandarono, rettificando, ov’ & d’ uopo, le non rade inesattezze, dare uno sguardo a’ singoli suoi lavori ed altro alio insieme degli stessi, per confortare i concittadini di lui ad emularne le eccelse virtu; ecco il proposito che abbiamo formato e cui cer- cheremo di adempiere con quel maggiore studio ed amore che per noi si possa. Ma prima di procedere alia succinta narrazione della Vita dell’ Allegri, & pur debito di giustizia e patria carid il non fraudare gli antenati nostri del grande culto che sempre professarono all’;indimenticabile concittadino, ed alle Opere che procurarongli di occupare uno de’ piu eminenti posti vuoi fra gli antichi, vuoi fra i mo- derni Pittori. Che la citta natale dell’ Allegri abbia giammai per- duto di vista, con una dimenticanza, che seco avrebbe portato nota di colpevolezza, cio che alia memoria di quell’ egregio concittadino doveva, rilevasi da documenti che esistono negli Archivii e tolgono di mezzo ogni motivo di dubitarne. Diffatti per non parlare delle varie Iscrizioni a tal uopo proposte e rimaste ineseguite servono mirabilmente le deliberazioni in due adunanze del Consiglio adottate, che qui trascriviamo: Consigli Lib. dal 1647 al 1694. - A carte 244 <=* 1682 25 Febbrajo. « Fu dal sig. Provveditore (Giulio Bolognesi) pro- « posto di far fare una memoria in pietra marmorea con « un elogio in lode di Antonio Allegri da Correggio « Pittore famosissimo com’ e noto. « A che detti Signori tutti hanno deliberato che d. « Sig. Giulio s’ informi della spesa andera in detta opera « che poi risolveranno. VITA E LAVORI II A carte 271 = 1685 29 Ottobre « Ad opportuno ecc. fu data facolta ed autorita ai signori « Anziani presenti (Giovanni Gallini priore, Giulio Bolo- « gnesi provveditore, sig. Girolamo Castellini), di fare « una memoria in pietra marmorea coll’elogio in lode di « Antonio Allegri da Correggio pittore famosissimo justa « l’altra volta fu decretato fino 1 ’anno 1682. 25 Febbraio « in questo a carte 244 attesa la relazione che fa questo « sig. Bolognesi Provveditore che in delta memoria si « spenderanno da L. 600. Forse le ingenti spese pel mantenimento di truppe frequentemente imposto e le altre molte prodotte dal cambiamento di regime, dopo la cacciata dell’ ultimo Dinasta Principe Giovanni Siro e di sua famiglia, avranno impedita la effettuazione dei voti de’ concitta- tadini dell’ Allegri. Ai quali dispendi aggiungansi gli altri che cessato il Governo autonomo del Principe verificaronsi sotto il succeduto governo ducale in causa delle nomine ed installazioni de’ Governatori, i quali sino al 1796 esclusivamente ed immediatamente col centrale di Modena comunicavano. Ultimo di questi Governatori, per tacere di un Ariosti e di mold altri illustri, fu il Cavaliere Luigi Landriani da Milano, il quale, per benevolenza, alia gia governata citta lascio morendo^ benche lontano, il suo cuore, come risulta da Atti ufficiali. Ma nullameno a quando a quando ripe- teansi le antiche voci, e vivissimo sentir faceasi il desi- derio di pur consecrare a quell’ inimitabile Genio un atto qualunque che ne celebrasse la memoria, sebbene questa perpetua rimanga ed imperitura, merce le sublimi creazioni del suo divino pennello. Che se dalle soprascritte due deliberazioni Consi- gliari luminosamente manifestasi il grado di estimazione 12 ANTONIO ALLEGRI in che era tenuto da suoi concittadini 1 ’ Allegri, piu forte e gagliardo rivelavasi 1’ affetto alia memoria dell’ illustre estinto, e grandissimo il pregio che alle opere di lui attribuivasi, allorquando scomparve dal Tempio di San Francesco e dall’ Altare della Concezione ove conserva- vasi un Dipinto di quel famoso che rappresentava II riposo nella fuga in Egitto; alia qual Tavola venne surrogata una copia di mano del pittore Fiammingo Boulanger. Era Priore del Comune di Correggio Giovanni Palazzi, il quale recatosi il giorno 12 Aprile 1638 nella Chiesa di San Francesco in compagnia di molti della Citta constato la scomparsa del Quadra suaccennato, e la sostituzione di una copia. Cadde il sospetto del ratto sul Boulanger espressamente spedito in Correggio per fare quella copia dal Ser.mo Duca di Modena France¬ sco I., su qualche Frate del Convento e su altri. Per lo che a sedare le accese ire del popolo a rivolta eccitato pel furto doppiamente sacrilego, a cura ed opera degli Anziani, de’ Gentiluomini e de’ Cittadini fu a suon di campana indetto il Consiglio Generate, come rilevasi dall’ Atto rogato dal Notaro ed Anziano Antonio Bel- lesia 12 Aprile 1638, non gia nell’ Oratorio di Santa Maria della Misericordia, in cui era solito il Consiglio tenere le sue convocazioni, essendosi rifiutato di inter¬ vening il Governatore di Correggio Cavaliere Annibale Molza, ma nello stesso Palazzo Governatorale, a malin- cuore pero del Molza medesimo. Discusso a lungo sull’ accaduto, adottavasi il partito di inviare Ubertino Zuccardi ed Ippolito Gianotti a pre- sentare ricorso al Duca. Fu inoltre deliberato di spedire immediatamente Alessandro Carisi con altro Gentiluomo per ragguagliare il Vescovo di Reggio della gravezza del seguito delitto, e supplicarlo a nome di tutto il po- VITA E LAVORI *3 polo a dare autorita « di processare nanti il suo Vica- rio di Correggio i delinquent^ in quel miglior modo fosse piaciuto a S. S. Illma. » Inoltre tutto ilConsiglio Generale unanimemente diede autorita al Priore e Provveditore degli Anziani coll’ as- sistenza di altri Gentiluomini di Correggio tra i quali il Cavalliere Zilocchi, Alessandro Carisi, Dottor Tebaldo Serri, Dottor Camillo Zuccardi, Francesco Guzzoni, Ubertino Zuccardi ed altri di formar suppliche e memo- riali a Sua Beatitudine, alia Sacra Congregazione, ed al Padre Generale e Provincial, e spedir anche persona particolare a Roma e altrove ove fosse espediente. Per altro e ad onta delle pratiche tosto iniziate e con alacrita condotte, il Dipinto non fu restituito. La seguente Lettera del Governatore Molza diretta al Duca Francesco I.° e un brano di altra Lettera data in Modena il i. Giugno 1638 diretta dal Marchese Federico Mon- tecuccoli Maggiordomo al Cavaliere Ottavio Bolognesi (Correggese) residente del detto Duca in Vienna spargono una sufficiente luce su questo affare. « Serm. mio Sig. e Pro.ne Col.mo. « Ho fatto quant’ ho potato perch£ questo popolo « non s’ adduni a Consiglio per il negotio del Quadro « ma essi presistendo di farlo volevano indurmi ad an- « dare ad un Oratorio dove per altro tempo erano soliti « adunarsi, et quando hanno veduto, ch’ io non voglio « concederle di farlo, si sono rissoluti venire in Pallazzo, « et hanno decretato d’ispedire duoi Gentilhuomini a V. « A per ricevere gratia d’honorargli del suo favore per « rittrovarlo, et altri duoi ne spediscono a Monsig. Ve- « scovo di Reggio per licenza di processare li Frati, « ma in particolare esaggiavano contro il Padre Mon- « tecchi Vicario del Convento. Hanno questi SS.ri pre- ANTONIO ALLEGRI T 4 « gato me di darle lettere per V. A. in loro raccomanda- « done: gli ho compiacciuti per non mostrar loro alcun « sospetto. Parmi bene dire a V. A. riverentemente che « T Altare non & della Comunita, ma era d’ un pardcolare « che venuto a morte lo lascio a’ Padri di S. Francesco. « II Sig. Siro lev 6 dal medesimo Altare un S. « Bartolomeo, et un S. Giovanni ne fecero alcun romore « e pure erano della medesima mano di questo, e mi pare « assai strano che facciano tanto fracasso d’una cosa, che « non vi hanno a fare. Non e gran cosa, che questa Co- « munita non scriva ancora alia Congregatione e Superiori « de’ Padri, che serviri a V. A. per avviso per favorire « il negotio all’ occasione. Per dubio ch’ ha havuto il « Padre Montecchio di non essere offeso, e da’ Padri « della sua Religione mall’ affetto e da qualche partico- « lare di qui, s’ e ritirato qui in casa da me per essere « sicuro, et si lascia intendere, con questi SS.ri che « occorendo si giustificara avanti Giudice confidente di « non havere havuto parte. Egli pero non si partira da « questa casa sino ad ordine di V. A % la quale suplica « di commandare, che vada in altro luogo, potendo « credere di star qui mal sicuro. « A. V. A. con ogni humilta faccio riverenza. Correggio li 12 Aprile 1638. « Di V. A. « Humilis., et Dev. Sudito e Ser.re « Annibale Molza E il Maggiordomo Marchese Federico Montecuccoli sotto la data superiormente allegata cosi scriveva al Cavaliere Ottavio Bolognesi residente del Duca a Vienna. « Quanto al quadro di pittura del Correggio i « Padri 1 ’ anno dato e portato sin qui a S. A. come VITA E LAVORI IL « cosa della loro Chiesa, e non d’ alcuno particolare, « ne’ del Pubblico, e li detti Padri n’hanno gik ricevuta « la ricompensa pattuita in tanto terreno. II Sig. Siro « s’ intese n’ aveva avuti a tempo passati in varie oc- « casioni due o tre levati di Chiese o d’ altri luoghi « parmi anche senza ricompensa, ed ora non so come « alcuni possano reclamare di questo fatto passato con « li mezzi ed assenso di chi si doveva. » Pretesero i Minori Conventuali di S. Francesco di essere succeduti, dopo estinta la nobile famiglia Munari, nel Patronato della Cappella, ove conservavasi il Quadro rappresentante II riposo nella fuga in Egitto, che sempre ritennesi ordinato all’ Allegri da un membro di quella estinta Casa. Non fu prodotto alcun documento che giustificasse la pretesa successione, la quale non fu per tal guisa tradotta in fatto legale. Ma quand’ anche a cio prestati si fossero que’ Monaci, e quantunque favoriti in questa parte dalla assoluta mancanza di sopravissuti collaterali che esercitar potessero diritti su quel Patro¬ nato; rimane pur sempre fermo che la eredita od il Legato per diritto e per pratica dovea essere ad onerosa condizione alligato, la manutenzione cio& della Cappella e la conservazione di tuttoche alia Cappella fosse ine- rente, specie gli oggetti preziosi. Quei Frati adunque caricaronsi di una nota d’ ingratitudine verso il loro Autore, e di deplorevole venale condiscendenza mediante la consentita usurpazione di quel quadro. Che se la riferita Lettera Governatorale del Molza ed il Brano del Montecuccoli militano in favore della operata indebita appropriazione, od almeno mirano ad attenuare la importanza del fatto, il precedente Atto Consigliare pero solennemente manifesta la riluttanza che legalmente opposero i concittadini dell’ Allegri nel ANTONIO ALLEGRI 16 vedersi spogliati della unica ed ultima opera, che in Patria esisteva di quel raro pennello. Le quali cose furono di certo un eccitamento per rendere piu acuto il desiderio ed il proposito di affermarsi con qualche onoranza alia memoria di quel Grande. E questo ardente desiderio e saldezza di propo¬ siti i padri trasfusero ne’ figli, talch£ nella quasi assoluta mancanza di memorie in Patria, accumularonsi scritti e notizie, che taluni argomentaronsi essere atte e suffi- cienti a diffbndere una limpida e smagliante luce sulla personality e sulle Opere dell’ Allegri; ma osservabile e seria soltanto apparve una piu che modesta lapide con iscrizione a cura di Girolamo Conti. Quegli scritti e quelle memorie se da una parte addimostrarono il buon volere e P amore de’ compi- latori nel rendere di pubblica ragione tuttoche all’ Al¬ legri avvisavano attenersi, cost non valsero dall’ altra, aumentando anzi gli equivoci, a stenebrare quel buio e fitto velo, onde e Vita e Opere di lui rimanevano tuttavia invoke. Non sara mai bastantemente rimpianta la perdita del- I’ accuratissimo Archeologo Dottor Michele Antonioli avvenuta nel 1815, il quale con indefesso zelo e rara costanza procaccio da ogni parte tuttoche illustrar potesse la sua patria. In una grande quantita di quaderni e fogli vo- lanti ridusse quel valoroso sempre di propria mano lo stral- cio delle molte e varie corrispondenze che teneva co’ piu illustri della sua eta. Alla redazione si accinse della Vita dell’ Allegri ed alia illustrazione della Zecca Correggese, alia pubblicazione delle quali ardentemente stimolavanlo il Volta, lo Zannetti, il Padre Ireneo Affo e lo stesso Cavaliere Bi’bliotecario Girolamo Tiraboschi. Le Lettere de’ quali, e specie di quest’ultimo, conservate in questo "VITA E LAVORI 17 Archivio di Memorie Patrie fanno indubbia fede della stima con cui era da essi riguardato, e del continuo incoraggiamento a pubblicare quegli scritti, se non ulti- mati, almeno molto felicemente avviati. Raccolse per di piu tutte le notizie che alia Casa de’ cessati Dinasti riferivansi, ed ogni maniera di memorie che a illustrar valessero le famiglie correggesi, ed i membri di esse che sino alio scorcio del passato secolo nelle Scienze Lettere ed Arti fiorirono. Fatalita! Quel copioso pre- ziosissimo acervo di scritti, unitamente ad una insigne raccolta delle monete d’ oro e d’ argento della Zecca Correggese dall’ Antonioli con tanto .'Studio e gelosia conservato, cadde nelle mani di un ignavo nipote, che in gran parte sperpero gli scritti, e le monete vendette a prezzo di semplice metallo. E degli scritti, sulla cui fede qualunque critico riposar dovrebbe, fecesi sin qui e si fa con grande jattura indegno mercimonio. All’ Antonioli molti dotti sopravissero in patria: ma o che la condizione de’ mutati tempi nol consentisse, o fallisser© le volonta, niuno fuvvi che alia continua- zione di quelle opere a cui con tanto amore e disinte- resse egli attendeva, ponesse mano. E niuno sin qui seppe trar profitto da quelle schede che con vera nobilta di intenti e religione di verita furono redatte. Ne pretermetter si debbe come ai tempi del Governo Napoleonico fosse stanziata una somma destinata ad allogare al celebre Antonio Canova un busto in marmo che rappresentar dovea 1 ’ Allegri, ma ignote sono le cause per le quali a nulla appro Jasse il preso partito. A completare la serie di questi desideri, di questi propositi espressi eziandio da persona estranea al paese, ma ammiratrice del nostro Allegri, qui notasi come in un vecchio quaderno, leggasi: che furono stipulati i MARCH! - CAT ELL INI i8 ANTONIO ALLEGRI capitoli e h modalita colle quali Giuseppe Conti e i Deputati di Correggio affidavano il 12 Giugno 1687 al modenese Giovanni Martino Baini la erezione di un monumento in marmo alia memoria dello insigne Pittore Antonio Allegri, progetto che poi non sort! alcun esito; come del pari sempre rimase semplice parola la buona volonta del Padre Sebastiano Resta dell’ oratorio di San Filippo Neri in Roma, il quale passando da Correggio diretto per Milano, non solo esaltando i meriti dell’Allegri amnunse ardore al buon volere de’ concittadini, ma scrisse di voler convertire il ricavato dalla vendita di alcuni Disegni del Correggio da lui posseduti per eri- gergli un monumento. Qual fosse l’importanza di quello scritto, e quali gli effetti, sin qui e cosa ignota. Cosi toccato cio che dell’ Allegri fu detto e scritto ne trascorsi tempi, diremo ora delle cose avvenute nel secolo nostro. Surse il Padre Maestro Luigi Pongileoni de’ Minori Conventuali di San Francesco il quale con vera e nobile carita di Patria spinse sino alia idolatria il culto e la venerazione sua pel concittadino Allegri. Ei dotato di ricca suppellettiie di erudizione e di in- flessibile cenobitica pazienza, raccolse tuttoche sino ai di lui giorni fu scritto dell’ Allegri, e questa con- gerie recando come in copioso repertorio, tento nella Vita che ne scrisse di sceverare il loglio dal vero grano. Improbo e malagevole assunto, che suo mal- grado, trasselo a qualche contraddizione, della quale dovrebbesi tener ben poco conto nella considerazione della moltiplicita e varieta delle discordi scritture che tenea fra mano, e del propostosi retto fine di intes- sere con verith la Vita dell’ Allegri, e descriverne le Op ere immortali. Ma questo trionfal compito piu tardi riservavasi a Tale, cui il fine criterio e la incontestata competenza 19 'VITA E LAVORI in soggetta materia assicuravano la rettitudine del giu~ dizio. Di Lui, che alia giustezza delle idee accoppiaf seppe la maraviglia della forma, si dira piu innanzi. Non e adunque vero die i nostri antenati in alcun tempo lasdassero cader nell’ obblio la memoria del grande loro concittadino; e vero invece die sempre, fatta ragione delle circostanze piu o meno seconde od avverse, palesarono e dimostrarono ferma volonta di tributargli le maggiori per loro possibili onoranze. Che se tra noi in passato potea esser lecito ed era bell© il lamentare gli indugi, ora e pur bello e giusto regi¬ strar tutta intiera la verita, aflinche non resti nota di nera ingratitudine e di crassa e supina ignoranza a danno di chi realmente non la meritava. Negli ultimi tempi poi nulla si onimise, nulla si iasciava intentato per riuscire finalmente una volta a compiere cio che i nostri antenati ottener non poterono, II nome dell’ Allegri ed il sacro debito che verso lui ci gravava di frequente ricordati in pubblici e privati ritrovi ed adunanze; a quel caro ed illustre nome inti- tolato il Collegio Civico, il Teatro; comizii popolari; commissioni promotrici di un monumento create; post© ad atto, in breve, tutto che sa immaginare un popolo, quando stanco di attendere vuole raggiungere lo scopo. Era mestieri pero che si offrisse quella occasione che vale a produrre 1’ evento, e questa non si attese a lungo. Nel 15 Agosto 1877 moriva in Modeaa Luigi Asioli, distintissimo Pittore ed in quella Accademia di Belle Arti, che e diretta dall’iHustre Adeodato Malatesta, Pro- fessore grandemente stimato. Nel suo Testamento, datato da Correggio, legava al Comune della sua CitA natale una Cartella di consolidato italiano della rendita di annue L. 500. c©me contributo alia somma occor- 20 ANTONIO ALLEGRI rente ad erigere in Correggio un monumento degno della memoria e del merito di Antonio Allegri. Con viva gratitudine Municipio e popolazione accoglievano il Legato, con vero entusiasmo profittavasi del mo- mento. E certo non sari mai per lungo volgere d’anni dimenticata, ed anzi sari sempre memorabile e glo- riosa la seduta del 28 Ottobre 1878 di questo Consi- glio Comunale, in cui propostasi 1 ’ apertura di una sottoscrizione per concorso alle spese del Monumento, pel quale 1 ’ Asioli fatto avea obblazione tanto conside- revole, Sindaco, Giunta e Consiglieri, con esempio piut- tosto unico che raro, seduta stante si sottoscrissero per offerte splendide, sicchk tosto potea raccogliersi altra cospicua somma. In breve tutto fu disposto, e la esecuzione del Monumento era allogata al celeberrimo scultore Vincenzo Vela, primo indicato nel testamento dell’ Asioli, e come il Vela prontamente e con gioia accettando la commis- sione, dimostrava, quale e quanto sia in lui il culto all’ Arte, cosi concludendone i patti dava prova di una nobilti e di una generositi a cui niuno elogio puo essere pari. Cosi, fatto pur cenno per ora di chi da ultimo promovea la erezione di un monumento all’ Allegri e di chi ne assumeva la esecuzione, entriamo nel nostro prin¬ cipal argomento. VITA E LAVORI 21 acque Antonio Allegri comunemente detto il Cor¬ reggio, o come a lui piaceva talvolta appellarsi Antonio Lieto da Correggio, nel 1494. in Correg¬ gio stessa, ov’ erasi da tempo stabilita la di lui famiglia. Un Rogito del notaro Corradini determina la esistenza in Correggio della famiglia Allegri nel 1329, e vari fragmenti ne fanno rimontare la esistenza poco dopo il mille. Checchk ne sia, e pero consecrata nelle famiglie correggesi la tradizione dagli antenati successivamente trasmessa, che assegna quell’ anno, e fra il 1. Febbraio e il 14 di Ottobre, alia nascita di quell’ illustre, perocch& nulla puo rilevarsi dai Registri di nascita, i quali o per incuria o per tristi sopravvenute avventure di quei tempi, non rimontano che al Marzo del 1498. Ebbe Antonio a genitori Pellegrino soprannominato Domano ( 1 ’ uso de’ soprannomi anche in quei tempi era 22 ANTONIO ALLEGKT eomunissimo) e Bernardina Piazzoli detta degli Ormani ©d Aromani. Diedero essi opera per procurare al Fgli© mna educazione non volgare, ma quale addiceasi al figlio di un onesto mercatante e capo di negozio, rilevandosi da documenti antichi che dalla mercatura, dai traffici e dall’ imprendimento di pubblici balzelli neppur rifuggivan© quelle famiglie, che in processo di tempo ; accumularonsi pingue e signorile patrimonio. Di que’ tempi era il Comune di Correggio provve- duto di due istitutori, Giovanni Berni Piacentino e Bat¬ tista Marastoni Modenese, il prim© pei principii elemen- tari delle umane lettere, 1’ altro per la eloquenza epoesia.. A costoro, giusta la eta e lo' sviluppo, venne affidato F incarico d’ istruire nelle indicate discipline il giovinetto Allegri, ed e pur d’ uopo il con venire che da tale istru- zione ritraesse il nostro Antonio notabilissimi vantaggi per isvegliare quel potente geoio, i germi del quale c©- minciavano gia a farsi strada palesemente. Ma questi aridi studi, comunque non disgradisser© all’ Allegri, a nulla valsero, non diro per togliere, ma neppure frenare la ingenita inclinazione di disegnar fregi e figure, nelle quali cose era acerbamente contraddett© e rampognato dai genitori e dai congiunti. Nulla pote rimuovere il giovinetto 1 , sebbene di animo mite, dall’ i- stinto a cui naturalmente sentivasi trasportato. Dalle discipline grammatical! e rettoriche passava il giovinetto Allegri alia severita degli studi filoso^fici sotto la direzione di Giovanni Battista Lombardi altri- menti detto dei Marchesini, il quale, dopo di aver tenuta cattedra nelle dotte Citta di Bologna e Ferrara, rimpatriava, cbiamato in qualita di proprio medico da Nicolo Postumo, dopo la morte di Tommaso ManfredL Del giovinetto Allegri ebbe una cura ed un amor spe- VITA E LAVORI 23 cialisssimo 1 ’ assennato e dotto Lombardi, perocchk all’ ammaestramento delle filosofiche discipline aggiu- gner voile quello dell’ anatomia esterna della macchina umana, di moke fisiche nozioni, che valsero a procu¬ rare all’ amato discepolo una perfetta cognizione della simmetria e proprieta delle figure, della struttura del corpo umano, della proporzione fra loro delle diverse membra che lo compongono, in breve di ogni maniera di erudizione. Con tali nozioni e ben certo progredisse 1 ’ Allegri nel disegno e nella figura. Laonde ebbe ra- gionevolmente a dire il Mengs che dalle sue opere (cioe dell’ Allegri) si arguisce con credenza che la sua educazione dovette essere molto buona, ed e ben vero- simile quel che racconta il Padre Orlandi, cioe che Correggio studio la filosofia, le matematiche, la pittura, T architettura, la scultura, procurandosi ogni sorta di erudizione, perche converso co’ piu famosi professori del suo tempo* Reggevano di que’ di la citta di Correggio Nicolo Postumo Letterato e G-uerriero, e Manfredo discendenti ambidue da Frogerio seguitatore della Legge Longobar- dica, e che col diritto o colla forza dell’ armi com’ e, probabile, resesi di Correggio padrone nel secolo nono. La Corte di quei Signori non cedeva in magnificenza alle Cord de’ Principi piu potenti. Vi affluivano, princi- pescamente ospitati, il Marchese di Mantova Francesco II. 0 Gonzaga colla degna sua moglie Isabella da Este, Ercole di Ferrara, Lodovico il Moro, e quanti, e pochi non furono, ebbero in pregio le esimie virtu che quei Dinasti adornavano. Valoroso nell’ arte militare e celebre condottiero per 1 ’ Italia fu G-iberto figliuolo di .Manfredo, il quale, anzicche proseguire nella camera delle armi, rinunzio alia spada, e tutto l’animo suo converse e con- 24 ANTONIO ALLEGRI sacro al culto de’ p.acifici studii, delle Lettere e delle Arti. Veniva dalle Fiandre Rinaldo Duro eccellente fab- bricatore di arazzi, e tostamente Giberto il conduceva. per conto suo assieme ad egregi o-rafi, che del conti - nuo per lui nell’ arti Ioto esercitavansi. Venne a mcrrte la prima moglie di Giberto, Donna Violante Pico impalmata nel 1498 che nel 1500, resell Padre di un’unica figlia, per nome Costanza, passata poi a marito con Alessandro Gonzaga Signore di Novellara. Unissi dappoi Giberto in seconde nozze. con Veronica Gambara, illustre matrona, che alia nobilta e chiarezza del sangue congiunse la belta, 1’ affabilita e le piu. rare doti e virtu dell’ aninio. I due figli che procreo, degni si resero di tanta Madre, perocche IppolitO' fu vero* cavaliere ed animoso guerriero, e Girolamo amman- tossi della porpora cardinalizia. Sostenne questi Lega- zioni nella Spagna, eresse in patria nel 1554 il Collegio Notarile con decreto firmato di sua rnano, ed amplio lo Statuto Correggese con savie leggi che rilevano lar- ghezza di vedute. Il palazzo di Veronica era 1 ’ asilo delle muse, ed i primi Letterati della eta sua gareggia- vano di visitarla,. ed ivi colie piu cordiali e nobili ac- coglienze erano ospitati. Piacquesi Veronica d’ istituire nello stesso suo palazzo 1 un’ Accademia, alia quale, Principe nominato il Lombardi, furono ascritti illustri personaggi si correggesi si esteri, e fu meritamente annoverata fra le donne eccellenti e di sublime ingegno che in allora fiorivano. In mezzo ad un tal movimento di Lettere ed Arti non potea tenersi indifFerente il giovinetto Allegri, che anzi di una insolita vivacita cominciava a vestirsi quel- L indole malinconica e modesta. Faceagli montar le scale della reggia il precettore Lombardi, e lo presen- VrTA E LAVORr Z S tava alia illustre Veronica, la quale ammirando i disegni e gli alcri lavori di mano di Antonio, il remeritava di lodi, di incoraggiamento, di benefici. Ebbe eziandio agio 1 ’ Allegri di studiare le proporzioni e le eleganze dell’- architettura del palazzo eretto con vera magnificenza da Francesca di Brandeburga moglie a Borso de’ Signori di Correggio. La gioia dell’ Allegri era pero amareggiata dalle dolorose interne lotte, cui sostenne 7 e seco stesso ando lamentando quell’ animo naturalmente mite ed appas¬ sionato pel tenzonar continuo fra 1’ affetto e 1’ ubbidienza che ai Genitori dovea, e le imperiose esigenze del Genio, che il trasportava ad un ideale, di cui cominciava a rendersi una ben chiara ragione. Forse non intravide a traverso de’ secoli avvenire quel serto glorioso ed im- mortale, che colla propria sua mano intessersi dovea. Intravidelo bensi il Filosofo Lombardi, il quale co T modi piii gentili ed acconci pervenne, se non a superare del tutto, a rendere di certo meno forti gli ostacoli, che alia naturale tendenza del figlio opponevano i Ge¬ nitori. Per questo solo, non foss’ altro, al Lombardi va debitrice la patria di indelebile riconoscenza. Ma non potevano rimanersi a mezzo le cure del filosofo filantropo, perocche mirava egli ad estenderle a piu vasto campo, per viemmeglio assicurare al suo caro protetto un felice riuscimento. Mirava infatti piu. presto che a sussidii, de’ quali non era 1 ’ Allegri come rilevasi dai Campioni delle Colte Civili e Rusticali necessitoso, al favor della Corte, nella speranza che almeno 1 ’ ombra di questa giovasse ad una piu decisa manifestazione della capacita omai non piu discutibile dell’ Allegri. Rifuggiva pero quell’ animo, di gran riserbo sempre circondato, dagli imbarazzi, che naturalmente accompa- 26 ANTONIO ALLEGRI gnano un mendicato favor de’ Grandi, e prefer! di limi- tarsi in processo di tempo alle commissioni, che da claustrali e da privati al suo pennello sarebbero afEdati. E veramente della tanto strombazzata e non mai provata miserabilita dell’ Allegri (la quale pur ammessa per un momento se non puo irrogare nota di colpa o sfregio, o se anzi sarebbe novello e singolar merito, non deve pero dare motive a faisare la verita, nd per essa potrebbe escludersi essere vero e provvidenziale officio del Geaio, in qualunque ordine o classe si manifesti, di affratellare 1’ umile abituro del povero al turrito palazzo del ricco e del potente) non esistono ragioni o prove. Ve ne hanno invece di contrarie, ove pongasi mente ai pa-, recchi appezzamenti di terreni, che in diverse localita la di lui famiglia possedeva, come ne fa indubitata fede l’accennato Campione. E per di piu e pur mestieri l’am- mettere che di una sufficiente agiatezza godesse la fami¬ glia dell’ Allegri, ove si esamini il Testamento di Pel¬ legrino Padre del nostro Antonio rogato dal Notaro Francesco Guzzoni il 19 Novembre 1538. Pellegrino, prima di nominare suo erede universale Pomponio figlio del predefunto Antonio, lega 20 scudi d’oro alia propria governante Margherita fu Giacomo Arimandi del Di- stretto di Torino ; lascia a Bernardina fu Nicolo degli Aromani moglie di lui le sue doti in L. 100, il pieno, libero ed intiero usufrutto di tutti e singoli suoi beni, ed in diverso caso le lascia 1’ usufrutto di una pezza di terra in Geminiola di B. e 20, di altra pezza di terra non lungi dalla enunciata in luogo detto alle Teretelle di circa B. e 12, di altro appezzamento in villa S. Martino di B. e 2 circa, e piu il godimento di una camera nella di lui casa, fornita di tutto 1 ’ occorrevole. Di piu lascia a Francesca nipote di lui e figlia de’ premorti proprio VITA E LAVOKT 27 figlio e nuora Maestro Antonio pittore e Girolama Mer- lini la dote di 250 scudi d’ oro, somma in quei tempi cospicua, se riguardasi alle doti solite assegnarsi allora alle giovani delle piu distinte famiglie, che ordinaria- mente a quel valsente non ammontavano. Se dunque Pellegrino, testando, onoro la moglie, la nipote e la servente di Legati di qualche importanza, avra poi no- minato suo erede universale il nipote Pomponio inu- tilmente e senza eredita ? In tal caso non sarebbero isfuggiti alia taccia di stupidita o di mala fede non pure il testatore Pellegrino, ma lo stesso Notaro della testa- mentaria disposizione rogatosi. Se il Vasari depresse (non certamente per cogni- zione sua propria, ma forse ftdato, in cio che si attiene ai Pittori non Toscani, alia relazione di corrispondenti appassionati) 1’ origine e condizione della famiglia del- 1 ’ Allegri, cadde nell’ istesso errore parlando del Pado- vano Andrea Mantegna. Esiste in questo Archivio una Memoria redatta d’ ordine e sotto la direzione del Cane. Cavallini Vicario Primiceriale di Sant’Andrea di Mantova relativamente al Mantegna, al Correggio e a Belle Art! in genere, nella quale si legge « che 1’ attributo di egre- « gio che in quei tempi non si profondeva si facilmente T « e cine vien dato anche al padre del Mantegna, chia- « mato Biagio, puo far ragionevolmente dubitare che il « Vasari abbia depressa 1 ’ origine di questo insigne « Pittore, piuttosto per relazioni volgari o per qualche « pittorica passione: e tanto piu il si puo credere in « quanto che cio che dice il Vasari non appoggia ad « alcuna testimonianza. » Gli avvenimenti, piu forti degli uornini, se talora sconvolgono e distruggono i piu savi divisamenti, tal- volta pure sono cause efficienti od occasionali degli *8 ANTONIO ALLEGRI stessi e ne determinanp la definitiva adozione ed il pieno adempimento. Correva 1 ’ anno 15 n ed al sopravvenir della stagione estiva scoppio la peste, e tostamente co- mincio a menar orribile strage sugli abitanti. Tutto all’ intorno spirava afflizione, spavento, terrore. Mold da Correggio ad altri luoghi ripararono per sottrarsi ai colpi dell’ indomabile flagello. La stessa Gambara, sgravatasi d’ un figlio nel principio del 1511, invitata dalla propria madre Alda Pio, recossi a Brescia per consolarla, e seco lei dividere il dolore cagionato dalla morte del rispet- tivo marito e padre avvenuta in Collalto. Ma se dolce le fu il riabbracciare la contristata Madre e lenirne le angoscie, quant’ ambascia non provo quell’ inclita donna nel vedersi preclusa 1 ’ escita dalla Citd, della quale violentemente insignorironsi i Veneziani? Ripresa, dopo assediata, la CittA dal Generale Fois con molto spargi- mento di sangue, fu messa a sacco e a ruba. Tanto sinistramente opero sull’ animo di quella nobile matrona 1’ orrendo eccidio, che, sbiadite le rose del volto e con- tralfatta la leggiadria dei lineamenti, a fuggir la minac- ciata morte, riparar dovette co’ suoi ne’ piu appartati nascondigli. Se, argomentando dalle oneste e liete acco- glienze che 1 ’ Allegri ricevea nel Palazzo de’ Conti da Correggio, niuno, per quanto sappiamo, dedusse la pro¬ bability che per isfuggire al contagio accompagnasse la Gambara a Brescia; alcuni invece affermarono, ci sembra par semplici induzioni, che in quel torno riparando Manfredo, altro de’ Signori di Correggio, in Mantova, seco traesse 1 ’ Allegri nel novero, computandolo de’ fa- migliari suoi. Ma se non in quella occasione ed in compagnia di Manfredo, b pero molto fondata opinione essersi 1 ’ Allegri recato in Mantova nel tempo in cui la peste VITA E LAVORI 29 infieriva in Correggio, ed utili cognizioni avere ivi attinte dalle Opere del celebre quattrocentista Andrea Mantegna, gia capo della Scuola Lombarda, le quali Opere attentamente interrogate, il varco piu prontamente dischiusero a quel potente Genio per pretendere con uno stile tutto proprio ad una indiscutibile celebritA Ammessa adunque la presenza dell’Allegri in Man- tova nell’ anno 1512; ebbe ivi tutto 1’ agio di cono- scere le Opere eziandio del Costa, del piu vecchio de’ due Dossi, di Lion-Bruno e di altri accreditati pittori; e percio rimane non pure infirmata, ma priva di qual- siasi fondamento la opinione di coloro, che pretesero 1 ’ Allegri discepolo di Andrea Mantegna, perocch& questi fini sua vita nel Settembre 1506, e molto piu tardi sa- rebbe notata la presenza dell’ Allegri in Mantova. Da questa Citta resesi in Padova nel 1513 perch£ anche cola penetrata era la peste, dal qual malore fu provvi- denzialmente risparmiato, come lo fu antecendentemente in Patria, ancor bambino, alio svilupparsi di altro morbo epidemico nel 1497. In Mantova adunque, se pur faceagli uopo, infiam- mava il proprio genio, e non mai in altre Citta da lui non visitate, dacch& ai luoghi circonvicini limitaronsi le di lui brevi peregrinazioni; neppure in Correggio sua Patria, ove in quell’ epoca pochi pittori fiorivano, che toccassero il livello della mediocrita, puo aver attinto 1 ’ Allegri utili ammaestramenti. Cadde spoglia di qua- lunque autorita, perche derivata da non sincere fonti, 1 ’ altra opinione che in Modena 1 ’ Allegri abbia avuto a Maestri Francesco Bianchi detto Ferrari o Fabri e Pellegrino Munari soprannominato Aretusi. Falciavano da ultimo nel vasto ed ingannevole campo delle supposizioni quei tutti, che ai Precettori ANTONIO ALLEGRI dell’ Allegri ascrissero li due parmensi Michele e Pier liario Mazzoli. Dal qual campo non dilungossi di molto chi Iascio scritto, che all' epoca della soppressione della Chiesa di Santa Margherita in Modena, essendo stato deliberato di trasferire altrove le statue del celebre Be- garelli in quella Chiesa custodite; professori competenti si avvidero che sotto 1’ ascella del braccio sinistro del San Girolamo erano scolpite le due iniziali A A, la ■quale scoperta conforto alcuni nell’ idea che Antonio Allegri, a cui corrispondono le cennate due iniziali, la- vorasse di plastica col Begarelli, e che questi poi gli somministrasse de’ piccoli modelli per la dipintura della Cupola del Duomo di Parma. All’ Allegri fu pure attri- buita la fattura di altra statua in quella Chiesa, rappre- sentante un San Giovanni Battista. Trattossi di semplice opinione, e quindi rimase allora sospeso ogni giudizio su di un punto fra persone competenti controverso, e che qui a modo di semplice cronaca vien riferito. Reduce iu patria il nostro Antonio nel 1513 col tesoro di sue cognizioni, come si disse, arricchito nel sottile esame delle opere del Mantegna e d’altri, primo suo pensiero quello si fu di ritrarre 1 ’ amatissimo Gio¬ vanni Battista Lombardi, con cio mostrando essere specialissima prerogativa di un animo gentile e ben fatto la gratitudine, che poi in tempi di maggior col- tura e civilta si rendea rara cotanto. Cotesta virtu con- giunta ad una temperanza nobilissima di modi lumino- samente rifulse nell’ Allegri, dacche ne per fama cre- scente, ne per lusinghiere deferenze giammai invani quel modesto, che anzi a conoscere di essi sempre amico affabile e tutto a tutti. Ond’ b che se 1 ’Allegri giammai euro mendicare il favor de’ Grandi e conseguir dalle Corti doni ed onorificenze, ebbe pero a gustare mag- VITA E LAV0R1 31 giori e piu schiette compiacenze, evitando il vipereo dente degli invidi, che, detraendo al vero merito, si nelle aule principesche che ne’ popolari comizi per ogni maniera biecamente sforzansi di primeggiare. E benche appartenesse alia eta di Raffaello Sanzio, di Tiziano Vecellio e di Michelangelo Buonarotti, giam- mai desio lo punse di ricoverare sotto il patrocinio de’ Grandi, eppercio nella umile ed onoratissima artistica sua camera ne Papi, ne Cardinali ne grandi Principi resero coll’ ombra del favor loro piu illustre di quello lo fosse il chiarissimo suo nome. E qui cade in acconcio 1 ’ avvertire di nuovo come fossero semplici committenti e non protettori o mecenati si Veronica Gambara si il Duca di Mantova, i quali, comunque notabilissimi personaggi di gran lunga furono inferiori ai potenti, che il nome illustrarono e le opere dei tre sunnominati Pittori. E da codesta boriosa pro- tezione che per chi l’accetta e vi si assoggetta, in certa qual misura, degenera e risolvesi in grave servilita, il nostro Allegri sempre fu schivo ed alieno. Argomen- tossi egli e con savissimo giudizio giovare bensi all’ in- cremento di beni materiali la protezione de’ Grandi, ma UOn aggiungere, se non di rado, all’ Artefice maggior lena o sviluppo di idee per poter guadagnare il culmine dell’ artistica altezza, e quel grado di gloria che di ne¬ cessity ne conseguita. Ne la previsione di questa stessa gloria giammai valse ad invanirlo. Cio attesta ne suoi Libri = Idea del Tempio della Tittura e Trattato dell 3 Arte della Pittura = Giovanni Paolo Lomazzo, il quale parlando della umilth e disistima che avevano delle loro Opere Michelangelo, Raffaello, Leonardo, Alberto Durero ed il Bramantino dice che « sopra tutti e degno di essere ricordato An- 32 ANTONIO ALLEGRI * tonio da Correggio, il quale ad imitazione di Apelle « invitando gli altri d’ ogni ora a notare, e riprendere v le sue pitture, come che fossero eccellentissime e « mirabili, recavasi a dispetto, che gli altri le onorassero « ed avessero iu tanta ammirazione. Anzi soleva stimare « le opere sue per si vil prezzo, che un tratto dovendo « egli pagare uno speziale della sua citta, gli fece il « Quadro di un Cristo, che ora nell’ Orto, nel quale « pose ogni sua diligenza, per quattro o cinque scudi « il quale gli anni passati b stato venduto al Conte « Pirro Visconte per quattrocento scudi. » Che se le magnrficenze, onde circondati e ricolmi erano gli Artisti di grido contemporanei, condivise non furono in vita dall’ Allegri, il quale, se non di maggiore, di eguale valentia almeno era fornito, dopo morte tal luminosa giustizia ottenne, che Papi, Imperatori, Re, Cardinali e di ogni maniera Grand! gareggiarono di possedere, collo sborso di favolosi cumuli d’ oro, le opere immortali di quella divina mano. Di queste or cade in acconcio pel nostro discorso di rammentare le primitive, almeno piu eminenti, e lo facciamo dichiarando che, piu che le orme di altri mold, seguiremo quelle dell’ esimio Prof. Pietro Martini, gia Segretario dell’ Accademia di Belle Arti di Parma, al quale sin da principio a causa di onore si alluse. Ei, piii che altri mai, liberava la Vita e le Opere dell’ Al¬ legri dagli impacci e dalle pastoje, onde furono per ben tre secoli avviluppate; di quella Vita e di quelle Opere trattava co’ piu veri e piu forti, logici e critic! accorgimenti; assegnava in somma la vera sua sede all’ uomo ed all’ Artista. In ogni caso, toccheremo 1 ’ ar- duo campo della Estetica con tutta cautela e riserbo, dichiarando francamente una volta per tutte che, nella VITA E LAVORi 33 rassegna per noi necessaria de’ lavori dell’ Allegri, di frequente dal Martini riassumeremo e copieremo anche descrizioni e giudizii, questi perchfc ci appaiono profon- damente veri e giusti, quelle perch h precise, brillanti, insuperabili. Compilatori pel principale nostro assunto, tenteremo di essere autori in processo del lavoro. Vollero taluni, ma da nessuna autorita appoggiati, che 1’Allegri, nel 1507 di anni 13 circa, dipingesse nel Palazzo, che allora con sontuosita erigevasi da France¬ sca di Brandeburgo Moglie al Conte Borso Correggio, e del quale superiormente tennesi parola; ma il Palazzo, sebbene deteriorato, indizii non offre, che pur fontana- mente accennino alia mano dell’ Allegri. Da lui preten- donsi frescate per ordine di Veronica Gambara le sale che piu tardi accolsero 1 ’ Imperatore Carlo V.° Ammessa la loro esistenza, cotesti affreschi perirono alloraquando, stretta Correggio d’ assedio dalle armi della Lega, a ca- gion della guerra accesasi fra Papa Paolo IV.° e il Re di Spagna, furono al suolo adeguati si il Palazzo fuori porta San Giovanni, che di quelle preziose pitture vol- iesi fregiato ed ove parte della state Veronica soggior- uava, e si i tanti altri fabbricati che sorgevano lie’ din- torni di Correggio. E pero da notarsi che nel Palazzo eretto da Fran¬ cesca di Brandeburgo esiste tuttora una stanza con sofhtto a cassettoni, sotto del quale gira tutt’ all’ intorno un \fregio, che mold reputarono ben condotto. Vi si veg- gono dipinte cinque sigle e 1 ’ anno 1508. Benche la aichiarazione delle sigle, che accennasi eseguita da coin- petentissima persona, qual era il Mezzofanti, suoni — e lavoro di Antonio Allegri; =* pure non oseremmo, con vera venerazione al nome e fama dell’ interpretatore, attribuire quel fregio alia mano del Correggio, comunque MARcui-cA.sTRi.LTNi s 34 ANTONIO ALLEGRI allora segnasse il quattordicesimo anno circa di sua eta. Glh si disse del Ritratto del Medico, vale a dire del benemerito Giovanni Battista Lombardi, che fu scambiato con due diversi Grillenzoni, un Dottor Fran¬ cesco ed un Giovanni, e poscia con un Dottor Quirino Allegri, zio d’ Antonio, scambi che non possono resistere alle indagini, ove si consideri il Ritratto indumentato di toga professorale, che per niun conto ai tre indicati individui conveniva, ma bensi al Lombardi che di piu nel 1513 era di matura eta, come esprime il Ritratto, escludendo cosl i due citati Grillenzoni allora giovani e vigorosi. Ai primordii ascrivesi dell’ artistica camera del- F Allegri la dipintura di un piccolo quadro rappresentante un garzoncello nel bosco degli ulivi. Seguitava costui il Salvatore del mondo, e, presa la luga rnentre lo si catturava, lascia in preda a chi inseguivalo il paluda- mento con cui si ammantava, e cosi ignudo della per¬ sona frettoloso sen fuggiva. Prende risalto in quel dipinto la figura cosi denudata del giovinetto, e piu addietro scorgesi un guerriero che tiene coH’una mano 1’ involato paludamento, e coll’ altra minaccia il fuggente, che ratto guadagna la via; rnentre oppresso da pesante armatura il guerriero non cela la sua stanchezza. Il cupo fondo del piccolo quadro e rotto da fiaccola tetra si, 111a sufficiente per rilevar le turbe che circondano il Salvatore. Una Madonna seduta su di una prominenza col Bambino, che tiene il braccio sinistro poggiato al destro della Madre, e dall’ altra parte un putto, che portando il suo braccio dietro alia spalla sinistra della Ver- gine pare faccia atto di saiire sulle di lei ginocchia. Per aggiudicare con vera cognizione di causa alia mano VITA E LAVORI 35 dell’ Allegri il quadro accennato, di cui nel principio di questo secolo era possessore il Prof. Biagio Martini profondo conoscitore, strenuo Artista e zelante seguita- tore della scuola di quel sovrano Artefice, resesi neces- saria la convocazione dell’ Accademia Parmense, a cui di certo, se non la esclusiva, spetta almeno una delle piii gravi autorita nel proferire giudizii sulle vere opere del Correggio. E diffatti questa celebre Accademia sovra ogni altra Italiana connaturata alia scuola dell’ Allegri emise unanime voto col giudicare vera opera del Cor¬ reggio quel piccolo quadro, die poi viaggio per 1’ In- ghilterra. Un Ancona ordinata per disposizione testamentaria di Quirino Zuccardi da pagarsi, col prezzo di una casa, al Convento di San Francesco di Correggio da Nicolino Selli Parmigiano abitante in Correggio, ed erede del Testatore Zuccardi. Diffatti dal Rogito di Bartolomeo Zuccardi 4 Luglio 1514 rilevasi come il Selli pagasse al Padre Fra Girolamo Cattania Custode e Procuratore del Convento Ducati 95 e Soldi 64 affinche sopra di se assumesse 1’ incarico di far recare a compimento il detto Quadro od Ancona entro il termine di 18 mesi. Si ha poscia da altro Rogito del detto Notaro Zuccardi 30 Agosto 1514 che Antonio figlio di Pellegrino Allegri, opportunamente, perchk ancor minore di eta, assistito dal Padre, promise al detto Padre Fra Girolamo di dipingere ed eseguire detta Ancona per lo prezzo di Ducati 100 d’ oro, oltre le spese di legnami ecc. Quel Quadro, destinato per 1 ’ Altar maggiore della Chiesa di San Francesco, rappresenta Maria Vergine col figliuolo Gesfi seduta su di un trono in mezzo ad un arco, alle cui estremita veggonsi due Cherubini senz’ ale, uno di rincontro all’ altro, e varie teste di angioli formano una ANTONIO ALLEGRI gloria intorno al capo della Vergine. II piedestallo a gradini leggermente fregiati, su cui poggia il trono, e sorretto da due leggiadri garzoncelli, in mezzo ai quali una medaglia ovale, entro cui e dipinto un Mose con in mano le Tavole della Legge. Presso il trono al lato destro della Vergine veggonsi San Giovanni Battista e Santa Caterina indicata dalla ruota e dalla spada stru- menti del suo martirio. Il Precursore tiene in mano una lunga croce di canna, e col dito accenna il Messia. Al lato manco di nostra Signora Sant’ Antonio di Pa¬ dova tiene un libro ed un giglio, e San Francesco d’ Assisi che, recandosi una mano sul petto, incurva un ginocchio, e fa atto di pregare il Bambino Gesii sedente sulle ginocchia della Madre. Questa begnignamente ascol- ta il Serafico, e gli imparte la sua benedizione. In lonta- nanza nel fondo del quadro vedesi un bel paese. E questo quadro uno de’ sei dipinti Correggeschi, cioe, la Notte, la Maddalena, S. Francesco, S. Geminiano, S. Giorgio e il Ritratto del Medico, che figurano nella serie de' cento quadri venduti nel 1749 dal Serenissimo Duca di Modena Francesco III. 0 al terzo Augusto di Sassonia, Re di Polonia; e pei quali ricevette il Duca cento- trentamila Zecchini appositamente coniati in Venezia. Forse questa somma non sarebbe ora bastante a redimere il prime degli enunciati sei dipinti dell’ Allegri, che, sebbene in istato di deperimento, esiste in Dresda. Il riposo nella fuga verso Egitto; questo quadro rappresenta nostra Signora bianco-vestita che riguarda 1 ’ Assisiense genuflesso. Il bambino Gesu, stante sulle materne ginocchia, stende la mano per ricevere datteri portigli da San Giuseppe, e spiccati da un palmizio. E il quadro, di cui tennesi parola nel principio di questa narrazione, e che fu sotratto dalla Chiesa di San Fran- ANTONIO ALLEGRI 37 cesco per ordine del Ser.mo Duca di Modena France¬ sco I.° Altra Ancona dipinse in patria per 1 ’ Oratorio di Santa Maria della Misericordia, che conteneva tre quadri. In quello di mezzo vedeasi dipinto Y Eterno Padre, e ne’ due laterali scorgevansi San Giovanni Battista colla Croce, ma senza 4 ’ agnello, e 1 ’ apostolo San Bartolomeo che tiene in una mano la pelle strappatagli dal corpo, Intorno alia esistenza di cotesta Ancona non potrebbesi verun dubbio ammettere, perch£ fu costantemente con- servata nel suddetto Oratorio sino a tanto che, preso da vaghezza di possedere i tre quadri, di cui essa Ancona constava, il Principe Siro, rispettando pero 1 ’ altrui di- ritto, promise di sborsare quel prezzo, che da persona esperta sarebbe stato ad essi attribuito. Fu a tal uopo eletto Jacopo Borboni pittore Novellarese, ed attenendosi scrupolosamente il Principe alia data parola, sborso, come hassi da Rogito del Notaro Paolo Camellini 23 Novembre 1613 il prezzo di 300 Ducatoni da L. 8, cosi dal Borboni stabilito. Fu opinione che questi tre quadri fossero trasportati in Mantova, ed ivi perissero assieme a molte altre Opere di accreditatissimi Pittori, allorquando alle deplorevolissime conseguenze del furor militare soggiacer dovette quella forte Citta; ma da au~ torevoli memorie rilevasi essere stati i tre quadri succi- tati, d’ ordine dell’ esule Principe Siro, consegnati ai Conte Alessandro Gonzaga alcuni anni dopo la caduta di Mantova. Custodi gelosamente il Gonzaga per anni nove quel deposito, in capo ai quali, per sopperire alle esigenze di un agiato vivere e alia grandezza confacentesi ai suoi natali, fu quel Principe costretto alia vendita di essi. Dell’ aquirente nulla si seppe; forse caddero nelle mani di persone, che il pregio di quei dipinti 3 § ANTONIO ALLEGRI non conobbero, e la triste sorte subirono, a cui la igno- ranza espone tante cose belle. Una eguale trista sorte aspetto forse un altro quadro dipinto pel rammentato Oratorio, rappresentante una Erodiade, che riceve da un manigoldo 1 ’ amputata testa del Precursore San Giovanni Battista. In questo Archivio di Memorie Patrie conservasi una attestazione relativa all’ Ancona de’ tre quadri suc- citati che qui testualmente si trascrive: « Adi, 8 Giugno 163s, « II S. r D. Francesco Brunorio che l’inverno pas- « sato venne d’ ordine dell’ Ecc.mo S. r Prencipe a « reconoscere certi quadri del Cor.° che furono con- « segnati a me Vincenzo Calcagni come quello che « li haveva in pratica adesso che mi e ordinato che si « consegnino al S. r Con. Aless.° Gonzagha dal suddetto « S. r Prencipe avanti che quello s’ adempa ha veduti « detti quadri quali sono tre et asserisce essere quelli « stessi che li mostrai quando mi furono consegnati « dal S. r D. Girolamo Conversi et essendo stata fata « la consegna al detto S. r Con. Aless.° io Vincenzo « Calcagni desidero questa sodisfacione che il detto S. r « D. Francesco afferma tutto quello atto, e sottoscriva « di sua mano la presente scritura. « Io D. Francesco Brunori dico che gli medesimi « quadri memorati sono stati consignati dal molto Ill / 6 « S. r Vincenzo Calcagni al Ecc.mo S. r Conte Aless. ro « Gonzaga, e sono quelli medesimi che ricevuti in « fede ecc. » La differenza che riscontrasi nelle dimensioni, e nel numero delle figure de’ due Dipinti rappresentanti Lo Sposali^io di Santa Caterina, stupendi lavori dell’Allegri, inducono credenza, che, come eseguiti in diverse epoche, VITA E LAVOEI 39 distanti per lo meno di quattro anni, cosi lo fossero per diverse circostanze. Parrebbe doversi assegnare la esecu- zione del maggiore di essi quadri alle nozze della pro¬ pria sorella Caterina, cui Antonio amorosamente riguar- dava, benche lo asseriscano taluni fatto per presentarne un tale nomato Sebastiano, riscontrandosi nel Dipinto ii Santo di tal nome, ed altri, per riconoscere, dopo grave malattia, una donna, che prestogli assidua cordialissima assistenza. Ben lungi dall’ idea di contrastare alle altrui opinioni, ammissibile ne sembra che, avuto il debito riguardo al costante affetto nudrito da Antonio per la sorella ed al nome di questa, rispondente al titolo del quadro, preferita sia la prim a delle tre opinioni. Di esso, posteriore alia dipintura del minore Sposaligio , si dira piu innanzi. NLel minore ammirasi la eccellenza e la leggiadria del modo con cui viene dal Celeste Fanciullo offerto a Caterina 1’ anello, V umile e devoto compiaci- mento di essa, e Y affetto dalla Madre dispiegato. L’ as- sieme di quella piccola scena, fu dal Rochery dichiarato un opera d’ infinita delicatezza, e giusta 1’ asserto del Rosignoli, la vista di quel quadro trasse un coro di vergini a divenir spose del Cristo. Al quadro rappresentante lo Sposaligio di Santa Ca¬ terina , detto il minore , un altro tien dietro ordinato da Don Giovanni Guidotti di Roncopo, Arciprete di Albi- nea, al prezzo del quale contribuirono i Parrocchiani dl quel luogo, che con esso arricchir vollero 1’Altar mag- giore di quella Chiesa. La NLativita di Nostra Donna era- ne il soggetto. Come uno de’ prodigii dell’ Arte esciti dal pennello dell’AHegri, ed al quale gli antenati loro erano concorsi, gelosamente il custodivano gli Albineesi, e questi propositi di scrupolosa conservazione erano con- divisi dall’ Arciprete Don Claudio Ghedini, che quella 4-o ANTONIO ALLEGFI Parrocchia reggeva nel 1647. Accese di quel tempo la sfrenata cupidigia del Ser.mo Francesco I.° di Modena I’ agognato possess© di quel quadro, perocche anelava a stendere la mano a quante piu poteva Opere di Correggio e di altri insigni. Per riuscirvi, posposta ogni delicatezza di mezzi, accampati furono certi diritti creditorii della Ducal Camera contro gli uomini di Albinea per titolo Scuderie, e per mancati regali all’ epoca di principesche nozze. L’ apparato delle Ducali pretensioni, da zelanti consiglieri calorosamente sostenute, negli uomini di Al- binea indussero sgomento, non gia nell’ Arciprete, che alia sua Chiesa conservar volea il prezioso dipinto. Vane furono le rimostranze, ebbe la prepotenza il sopravvento; il quadro fu levato, fe’ tacere il malcontento degH Al- bineesi la condonazione delP affacciato lor debito, e con temporanea reclusione fu rimeritata la giusta e legale opposizione dell’ Arciprete Ghedini. Il pregio, in che era tenuta la Nativiih di S\'Caria Vergine tolta nell’accennato modo alia Chiesa Albineese somministra valido argo- gomento a ritenerla opera di vera celebrita. Nessuno pero seppe dappoi offrirne un preciso ragguaglio, in quali mani cadesse dopo, e dove, se tuttavia esista, tro- visi nel presente. E pero certo che il Primo Francesco di Modena se ne impadroni nella stessa guisa usata per giugnere al possesso dell’Ancona ordinata, come fu detto, per Testamento del Zuccardi, onde arricchire 1 ’Altar mag- giore della Chiesa dei Minori Conventuali di Correggio. Prima di recare il nostro Allegri a mietere in piu vasto campo gli allori omai dovutigli, per rincondurlo poi in Patria a dar seguito alle opere del suo pennello, sarebbe mestieri il dire' della Umanitct di Cristo, ossia del Salvatore still’ iride, con quattro angioletti stantigli al- T intorno, ed alcuni altri che fra il lume e le ombre VITA E LAVORI 41 A vagamente vannosi perdendo (probabilmente scambiato col Dio Padre) , uno de’ tre quadri dal Principe Siro levati a prezzo dall’ Oratorio di Santa Maria della Mi- sericordia; della pittura di un Pas-tore , che al labbro ac- conciasi una siringa, e di tali altre opere di lui. Delle quali la trattazion riportando ad altro luogo, ci limite- remo a dire di un dipinto ordinato per 1' Oratorio ed Ospitale dianzi rammentato. Quel dipinto fu generalmente conosciuto sotto il nome di Santa Marta. Rappresentava questa Santa non solo, rna la Maddalena, il Principe degli Apostoli e San Leonardo. Il committente Melchiorre Fassi istituiva, con testamento a rogito Tommaso Parma, erede del proprio asse la Fabbrica di San Quirino a patto pero e condi- zione, che i Canonici, nella erezione impegnati di un nuovo Tempio in sostituzione della vetusta e crollante lor Chiesa, V obbligazione assumessero di fabbricare una Cappella, in cui collocar doveasi un Ancona rappresen- tante i quattro indicati Santi. Cotesta disposizione a nulla approdo, forse perche i Canonici prevedevano ancor lontana 1’ epoca della ultimazione della incoata loro ope ra niuraria, o forse piu veramente, perche tali Atti di ultima volonta, vivente il Testatore, ponno essere rivo- cati, ed in mille guise modificati. Eppercio con un secondo testamento il Fassi nomino suo erede il Mona- stero di San Domenico sito fuori e poco lungi dalle mura della Citta sotto le condizioni superiormente espresse, e coll’ aggiunta all’ Ancona della immagine di Nostra Signora. Con un terzo testamento da ultimo, sempre a rogito del no taro Tommaso Parma, chiamo sua erede la Chiesa ed Ospitale di Santa Maria della Misericordia, gravandola della celebrazione di una Messa quotidiana in perpetuo e di una Messa in canto nella 42 ANTONIO ALLEGRI ricorrenza della Festivita di Santa Marta. £ dunque me- stieri ammettere in allora (anno 1517) eretto V altare, ed in esso collocata la ultimata Ancona. Vollero taluni che, per sottrarre quel Dipinto alia altrui avidita, fosse imbrattato con una vernice od altro empiastro, che ne celasse la celebrita. Comunque sia, ed ammessa questa tradizione, e pur mestieri il confessare che come sarebbesi di obbrobrio e d’ infamia coperto il supposto o temuto rapitore, cosi a tal nota isfuggito non sarebbe chi quella pittura con arte vandalica avesse con- traffatta e barbaramente dannata senza rimedio alia rovina. Vige tuttavia a’ nostri giorni la voce che una copia dell’ anzidetto quadro esista nella Chiesa di San Fran¬ cesco all’ altare dedicato a Sant’ Orsola. E perche nel- F originale questa Santa non figurava, fu posta nella suddetta copia una Bandiera fra le mani della Madda- lena, trasfigurandola cosi nella immagine della Princi- pessa delle undid mila Vergini. Molto credito crearono all’ Allegri le suesposte opere. E benche nessuno omai V artistico di lui valore osasse di rivocare in dubbio, contuttocio una reale ed irrepugnabile consistenza ad esso procacciava il preca- rio allontanarsi di lui dalla Patria. Il vero teatro in cui ebbe agio e facolta di spaziare e farsi gigante la fama di Antonio Allegri fu la nobi- lissima e celeberrima Citta di Parma, ove per la prima volta recossi nel 1518 nella eta di circa 24 anni. Fu dessa per alcun tempo, e per istorico-politiche vicende ai Dinasti legata di questa piccola Citta di Correggio, e professo mai sempre e con una non interrotta serie di cordiali dimostrazioni uno specialissimo culto verso quel Grande nostro, e, quasi direi, suo concittadino. Nelie commissioni allogate all’ Allegri fu larga quell’in- VITA E LAVORI 43 clita Citta, ma non meno largo inverso di essa mani- festossi I’ Allegri collo spandervi 1 ’ abbondanza dei te- sori di un’ Arte, contro i quali e allora e poi si franse ogni tentitivo di rivalita. E quand’ anche, come asseri- rono taluni, fosse stato soffolto col consiglio; da forma concretata in modo inarrivabile, le idee che si volessero comunicate furono sempre vestite e padroneggiate. Esisteva in Parma, fondato intorno al 1000 dell’Era nostra dal Vescovo Sigifredo, il Monastero denominato di San Paolo. Possedeva molte terre e castella non solo per allodio, ma si per feudo; di giudicare i vassalli fecegli facolta il secondo Federigo di Svevia; in virtu di una Bolla del Pontefice Gregorio VIII. 0 era francato dalla dipendenza de’ Vescovi; cotesti privilegi forse abu- sati obbligarono i Vescovi e lo stesso Comune a richia- marsi all’ Apostolica Sede, la quale trovo le Monache sorde alle ammonizioni, insofferenti di freno, non curanti degli stessi Pontificii Decreti, schermendosi da qualun- que richiamo sotto 1 ’ egida de’ vantati privilegii. Questi le smodate ambizioni acuivano di quelle monache e delle potenti Parmensi famiglie, che per tal guisa ve- deansi a quando a quando aperta una via per pretendere alia suprema autorita del Monastero, tantoppiu agognata, perche soltanto colla morte si perdeva. Corrompitrici come dell’ individuo, cosi di ogni maniera Istituti furono in ogni tempo, e saranno le esuberanti dovizie, e le squisite soverchie agiatezze nel condurre la vita. Laonde non e a maravigliare se il Monastero di San Paolo, siccome parecchi altri d’ltalia, dalle primeve leggi degenerando, non si francasse da questa fatale conseguenza delle umane passioni; se alia umilta, alia rassegnazione, alia elevazione della mente in Dio ed all’ esercizio helle altre virtu a monastica 44 ANTONIO ALLEGRI professione essenzialmente dicevoli, il fasto non pur signorile, ina quasi secolaresco preferisse; se ricevimenti a modo di principesca Corte praticassersi, se tutto che in quel Monastero accadeva 1 ’ impronta seco recasse di lussureggiante sfarzo. Governavalo in qualita di Badessa sino dal 25 Aprile 1507 Donna Giovanna nata di Marco Piacenza e di Agnese Bergonzi, che per la nobilta e potenza del casato, per le doti di un animo virile, a magnifiche intraprese inchinevole ed accomodato, non alieno pero da irrefrenabile alterigia e taiora da faziosi intendimenti, una vita regalmente sontuosa e di niuna comodita sprovveduta colie sue monache, per lo piu da chiaro sangue generate, conducea. Inflitto, ov’era d’ uopo, il biasimo, e pur giusto aggiungere la ben meritata lode. Quella Badessa non tutto F oro profuse in vane pompe ed in lotte partigiane, ma voile e seppe perpetuare la memoria del suo nome, per avere, fra le altre magnificenze operate, al nostro Allegri allegata la dipintura della poi famosa Camera di San Paolo. Focosa ammiratrice fu Donna Giovanna de’ sublimi parti delle Arti belle; nobilissimo sentimento le ispiro la ordinazione di quelle pitture, che splendido argomento indi somministrarono ai piu valenti disegna- tori ed intagliatori della nostra eta. Maraviglia, che quegli affreschi furono a perfezion condotti nel breve giro di circa otto mesi. Prudente consiglio il rimandare chi vago fosse di una viva e particolareggiata descrizione di quella Ca¬ mera a quanto ne scrisse F esimio, altra volta nominato, Professor Pietro Martini. Ma perche. non tutti, cui questa narrazione e diretta, avvantaggiarsi potrebbero dell’ accennata descrizione, ed ANTONIO ALLEGRI 45 a fornire percio una qualche idea almeno de’ sublimissimi concetti in quella stanza espressi, ne piace qui inserire quanto leggesi in un foglio che conservasi in questo Archivio di Memorie Patrie. Eccone il tenore: « La « stanza e al piano del cortile, la volta & assai alta, di « gusto gotico, formata a scavi regolari, che allargansi « dall’ alto al basso; alia prima occhiata si sente quella « emozione, che i capi d’ opera d’ Allegri sogliono « eccitare. Mi fu detto che si pensava a copiar tutte le « figure in altrettanti quadretti, ma bisogna confessare « che il Correggio e la disperazione de’ suoi copisti ed « imitatori. E impossibile ridurre massime lavorando ad « olio, le mezze t'inte a quel grado di morbidezza e di « indecisione che presentano negli originali, ove riflet- « tono i colori degli oggetti circostanti, senza perdere « il primo loro carattere. Il Correggio ha posto nelle « sue opere uno studio ed una pazienza incredibile. La « Cupola di S. Giovanni e lavorata con tutte le regole « dell’ arte; in quella del Duomo il fuoco del suo genio « lo ha portato ad una maniera piu libera ed originale; « esso non lavorava che quei tratti di muro, che incro- « stavasi di mano in mano, e mi fu detto che un occhio « fino scorge dappresso nelle Cupole, e puo contare le « giornate di lavoro. La Camera e lavorata essa pure « a perfezione; quei putti, di cui sembra aver tolti i « modelli dal Paradiso, sono stati da lui dipinti a fresco « con tanta diligenza che mai, poi tratteggiati a secco, « e veduti da vicino sono coperti come da una rete di « segni tirati a secco, e rassomigliansi a certe miniature. « Le figure delle lunette tolte dalla Mitologia presentano « un chiaro-scuro impareggiabile, regolato esattamente « sull’ andamento del lume della Camera: bisogna Cre¬ te dere che il Correggio ne facesse prima i modelli in 46 ANTONIO ALLEGRI « rilievo, poi li ricopiasse, tanta e la verita delle pieghe, c< delle ombre e dei lumi. Giunone coll’ incude d’ oro « ai piedi e tra queste il capo d’ opera. I gruppi di c< frutta distribuiti nella volta, le teste di montone, le « bende, i vasi entroposti, le cornici sono pure lavorate « con industria, e con colorito eccellente. Raffaele e « originale nella composizione, nel carattere e nel dise- « gno, ma non lo e nel colorito. Correggio lo uguaglia « nelle due prime parti, e lo supera in cio che propria- « mente costituisce lo scoglio dell’ Arte. Stannovi anche « nell’ opera di cui parlo de’ difetti di disegno: il si- « nistro braccio della Diana e sicurameute piu lungo c< dell’ altro, ma se malgrado tali difetti che tutti veg- « gono, il Correggio non lascia di essere un sommo « dipintore, bisogna crederlo nelle altre parti pittore « unico — Natura il fece e poi ruppe la stampa — « Egli camminava sempre sull’ orlo della eresia pittorica « senza cadervi giammai, ma i suoi imitatori, i suoi « copisti vi caddero tutti. » E certo che gli atteggiamenti e le movenze di que’ putti nella Camera dipinti, ritratti erano dal vero, non isdegnando talvolta quel Sommo di intrattenersi sulle pubbliche vie per contemplarli e studiarli negli stessi trastulli, e nelle lor gaie e bizzarre guerricciuole. Al Monastero di San Paolo gareggianti accorrevano le genti per ammirare quello svariato e stupendo lavoro, e co- noscere di persona il giovine Pittore, che di se mode- stissimo menava si rumorosa fama. Avvenuta poi la morte di Donna Giovanna nell’anno 1524 ebbe luogo la clausura Pontificia delle Monache, inutilmente, durante il di lei governo promossa e minac- ciata. Le quali minaccie sprezzando 1 ’ altera Badessa, ordinava fossero iscritti sulle pareti della Camera certi VITA E LAVORI 47 sarcastici frizzi, troppo significativi non pure della osten- tata propria potenza, ma della vanita ben anco de’ conati degli oppositori. Per lo che, se mold, lei vivente, agio ebbero di contemplare ed ammirare quegli affreschi, la Camera per mold anni dappoi inaccessibile rimase alio sguardo de’ curiosi non solo, ma si all’ esame degli Intendend, che 1 ’ Arte avrebbero notabilmente vantaggiata ed arricchita. Gelosamente convinta, comunque infermiccia, del proprio potere, Donna Giovanna non previde che, ces- sando dalla vita, un abisso frapponevasi alia continua- zione di esso nelle succeditrici. Forse mai si avviso che quelle pitture, delle quali Ella cotanto compiacevasi, sarebbero state, delle claustrali all’ infuori, per quasi 300 anni ad ogni sguardo interdette. Di quella sublime opera Corregesca erasi come perduta la memoria, e pochi per tradizion di famiglia, sapevano di un tesoro presso quelle Monache nascosto. Disse il Venosino meglio situati i tesori cui celano le viscere della terra, ma disse di quell’ oro irreperto, che, da sua sede levato, per lo piu dall’ uomo in mal- sani usi b convertito; ma qui di un tesoro trattasi che, conosciuto e nelle sue esteriori bellezze sfruttato, illustra le mend, i cuori ammollisce, ed alia vera civilta mol- tissimi comodi arreca. E questo gran vero nello scorcio del passato secolo raggiunse Raffaele Mengs. Cotesta artistica celebrita ottenne cio, che ad altri molti fu negato. La considera- zione de’ grandi meriti di quel distintissimo personaggio, piego 1 ’ animo del Vescovo a concedergli di por piede entro il Monastero di San Paolo, per ivi attentamente esaminare le pitture della famosa Camera. Alla qual licenza prestossi il Mitrato Parmense perche piu oltre incompiuti non rimanessero i di lui lavori intorno ii Correggio. I quali, malamente esposti e pubblicati da chi sovr’ essi si arrogo, a dispetto deli’ Autore, indebita ingerenza, furono poi dopo la morte dello stesso Mengs con maggior regola e criterio dal cavaliere Azzara riprodotti. E qui, prima di abbandonare la Camera del Mona- stero di San Paolo per recarci alle Cupole di San Gio¬ vanni e del Duomo, e mestieri soddisfare ad un debito di verita e di giustizia. Se nell’ alterezza del carattere trasmodo Donna Giovanna, tenne pero dessa una via regia in tuttoche al costume si attiene. L’ argomento della pittura della Camera a prima giunta disdicevole parrebbe alia dimora di Claustrali, ma tra per la pru- dente iniziativa della Badessa e de’ suoi consiglieri, e la castigata illibatezza dell’ Artista, quello stesso argomento per se non poco pericoloso, fu tanto saggiamente trattato da non recare alcuna ofFesa alia decenza ed al pudore. Eppero non mai bastantemente commendata la vigilante solerzia posta da quel grande Artefice nella condotta di argomenti pur licenziosi, i quali, dalla virtuosa di lui sagacia scompagnati, offeso avrebbero for c e i meno schivi. Siamo alia fine dell’ anno 1518 o sugli inizii del 1519. Condotta a perfezione la Camera di San Paolo, i lavori a cui diede opera il nostro Allegri, e de’ quali qui appresso dirassi, dovrebbero circoscriversi tra l’indi- cato ultimo anno 1519 a tutto il 1524. Forse, all’infuori della sbozzatura de’ modelli, non furono que’ lavori seriamente intrapresi se non dopo le nozze della sorella di lui, Caterina Allegri col Mariani nel 1519 e delle proprie che loro compimento ebbero nel 1520. E benche i Documenti dotali portino una data posteriore alle ANTONIO ALLEGRI 49 accennate epoche, pure giova avvertire che non di rado allora protraevansi tali Atti anche dopo la consumazione de’ Matrimoni, perche non per anco sbandita dall’ uso comune degli uomini la buona fede, e 1’ osservanza della data parola. Cio chiaramente raccogliesi nella dispo- sitiva della pluralita di que’ documenti dotali. Prima pero di innoltrarci nel Monastero e Tempio di San Giovanni Evangelista, uopo sara togliere possi- bilmente di mezzo alcuni equivoci. Eppercio qui ricordasi a modo di semplice notizia, avere alcuno propugnato con iscritti la comparsa dell’ Allegri in Parma, ed in eta assai giovanile; aver egli vissuto per parecchio tempo presso i Monaci Cassinesi, nella piu stretta e cordiale famigliarita; rilevarsi da Registri economici di quel Monastero partite di pagamenti eseguiti nelle.mani del- 1 ’ Allegri nel 1519, epoca anteriore alia di lui chiamata presso que’ Monaci per accudire alle opere del Mona¬ stero e Tempio poscia compiute; essersi perdute molte pitture di quell’ illustre, vuoi per seguite demolizioni di fabbriche, vuoi per altri sinistri avvenimenti alia volonti dell’ uomo superior!; conservarsi nella Badia dipendente dai Monaci Cassinesi nella Villa di Torchiara i dipinti di tre camere, nei quali, se dai fregi apparisce chiara¬ mente il pennello del Rondani valente discepolo o coo- peratore dell’ Allegri, dai putti pero e dalle intiere figure riscontrasi V originale maniera del Maestro o compagno, non estranea a quei lavori; essere stata ornata di bellis- simi putti, e di un vago pergolato la volta di un nicchio posto di fronte ad altr’ opera nell’ orto de’ novizii; e cosi via via di mold altri lavori discorrendo. Le quali cose assieme ad altre che ommettonsi vengono qui regi- strate come opinioni, che, destitute di solida base, dai piu accreditati critic! non furono accettate. MARCHI-CASTELL1NI 4 5° ANTONIO ALLEGRI Forse i pagamenti nelle mani dell’ Allegri eseguiti nel 1518 in un vincolo risolvevansi, con cui i Cassinesi di San Giovanni Evangelista, bene informati della cla- morosa riuscita della Camera di San Paolo, affrettaronsi nello accaparrare l’Allegri a por mano ai cartoni prepara¬ tory del gran lavoro della Cupola del loro Tempio, o ad altre opere non ben precisate, e che, salvo il tempo trascorso in Correggio per assistere al Matrimonio della sorella e piii tardi per celebrare il proprio colla Merlini, debbono averlo intrattenuto in Parma. Nella quale Citta sarebbesi costantemente fermato sino a quando ebbe ultimati gli affreschi delle Cupole, ove non debbasi ammettere una comparsa dell’Allegri in patria sulla fine dell’ Aprile 1521. Questa comparsa vorrebbesi derivata da previste ostilita tra Roma e Francia per la signoria di Parma, che scoppiarono nel successivo Agosto. Piu presto pero che a timori di sommosse o di guerre in quella Parma, che, qual seconda Patria amava, ne pare piii ragionevole doversi ascrivere la presenza dell’ Allegri in Correggio al motivo di dar sesto alle sue cose, per indi trasportare la Moglie nella Citta che, maravigliosa- mente iniziato col dipinto della Camera di San Paolo, il Pantheon diventar poi dovea dell’ artistica sua gloria. E 1 ’ intimita che si assevera esistente fra gl’indicati monad e 1 ’ Allegri da tempo addietro, trae sua origine dalla Fratellanza accordata all’ Allegri medesimo ed intera sua famiglia, che, in virtu di una emmessa fede, a tutti i beni spirituali e prerogative partecipo dell’ Or- dine Cassinese. Doviziosissimo era di quei di nella Citta di Parma il Monastero de’ Cassinesi di San Giovanni Evangelista. Crebbero a dismisura le loro favolose ricchezze, perchk quei Monad, ben lungi dagli umilianti bisogni del VITA E LAVORI 5* questuare, nella maggior parte traendo origine da cospicui casati, co’ loro pingui assegni, e cogli averi lor devo- luti quali cadetti di poteati famiglie, il Monastero a larga mano arricchivano, e lor dovizie in buona misura in usi al pubblico bene accomodati erogavano. Ad essi, e principalmente alia grandezza d’ animo del non mai bastantemente glorificato lor fondatore, la societa deve ben molto. Ad essi tutti quei bonifici, e conseguenti notevolissimi vantaggi vengono ragionevol- mente attribuiti, che dal dissodamento e relativa attitu- dine de’ terreni provennero; ad essi la conservazione e difFusione delle scienze, delle lettere e delle arti eroi- camente in tempi barbari custodite, ed al benefizio delle vegnenti generazioni propagate; ad essi quant’ altro im- maginar si possa, che alio sviluppo ed incremento della vera civilta e del vero progresso era indirizzato. Chiaro discendea che essi eziandio dell’ Allegri si giovassero non pure per maggiormente illustrare il di lui nome, ma per significare in pari tempo le eccellenti loro disposizioni nell’ allogar lavori ai celebri artisti. All’ Allegri pertanto affidarono que’ Monaci la dipintura degli affreschi della Cupola del lor Tempio di San Giovanni. A quest’ opera diede egli mano in quella eta, in cui il bollor giovanile ad un irrequieto amor del- 1 ’ arte congiunto, parea ripromettergli ne’ tempi futuri un invidiabile nome, perocche modesto com’ egli era, dissimularsi del tutto non potea cio che di frequente udiva, essere egli cioe sulle labbra d’ ognuno, per la squisitezza e leggiadria degli ammirabili suoi lavori. Pero dalla pubblica voce appieno in suo favor di- chiarata non trasse argomento 1 ’ Allegri per chiamarsi al tutto di se contento, ma di essa fecesi sprone ed eccitamento per vieppiu progredire nell’ arte sua, di J ANTONIO ALLEGRI maniera che in quell’ arduo lavoro che assumevasi, alia natural sua grazia voile far compagno 1’ ardimentoso volo dell’ aquila specchiantesi nel sole, frutto cotesto non gia derivato da una scuola da altri appresa, ma si dalla inesauribile sorgente dell’ incomparabile suo genio. E a tale ardimentoso volo francavalo il sim- bolo dello stesso Titolare del Tempio, in cui eser- citar dovea le maraviglie del suo pennello, di quel- 1 ’ Evangelista cioe, che rapito, i celesti segreti, ed il sacramento del suo volere bevve dallo stesso seno della Divinita. E opinione diffatti dallo universale accettata, che ove si accettui la ispezione delle opere dello Zio paterno di lui, Lorenzo, di Antonio Bertolotti indicato Maestro Antonio q. Bertolotto dei Lancini detto Tognino dipin- tore, e di pochi altri terrieri, i quali neppur toccarono, come fu detto, il livello della mediocrita, e piu tardi lo esame di quelle di Andrea Mantegna e d’ altri manto- vani gia indicati, egli 1’Allegri nell’ arte sua fu il solo e vero Maestro di se medesimo, perche in tutto e per tutto infaticabilmente si propose e riusci ad imitare la natura. Errano pertanto, e non sard ~ mai quanto basti asseverato, quei tutti che argomentaronsi avere 1 ’ Allegri attinto in Roma la venusta, la grazia e 1 ’insormontabile magistero del colorito, onde gli affreschi ed i quadri creazioni della sua mano, furono per eccellenza nobilitati. A corroborare questa asserzione alienissima da ogni spirito di critica disquisizione in odio a chi altramente opino, ne piace qui riassumere che il Vasari schiettamente scrisse non aver giammai 1 ’ Allegri veduta Roma. Il Landi lascio scritto essere stato 1 ’ Allegri pittore nostro nobilissimo, fatto dalla natura, piucche da maestro al- cuno . ... morto giovane senza aver potuto veder VITA E LAVORI 53 Roma, E per soprappiu debbe notarsi che Ortensio Landi ebbe onorata ospitalita in casa di Rinaldo Corso nella stessa Correggio, alloraquando recente era ancora il decesso dell’ Allegri, ed alia casa del Corso era altresl ammesso Pomponio figlio del defunto pittore. Svanisce adunque ogni ragion di dubbio, tantoppiu che Pomponio rettificato avrebbe cio che in ordine a notizie del proprio Genitore fosse stato da taluno in contrario al vero asserito. Nello scritto gia citato e redatto sotto la direzione e a cura del Can.co Cavallini, accennasi a pitture esi- stenti in Mantova e supposte di mano dell’ Allegri. Citansi molti autori fra i quali annoverasi 1 ’ Abate Bet- tinelli, reputato illustre da quasi tutta Europa, asserente essere stato il Correggio discepolo del Mantegna, ed aver eseguito in Mantova alcune pitture giovanili nella Cappella del Maestro, nel Portico di Sant’ Andrea ed in qualche stanza del Castello. Di piu sta scritto che Giovanni Cadioli, pittore Mantovano, nella sua opera stampata in Mantova dal Pazzoni nel 1763 pre- tende essere di mano del Correggio i due Santi An¬ drea e Longino dipinti lateralmente alia gran porta d’in- gresso del Tempio di Sant’ Andrea, e gli altri Apostoli dall’ un lato all’ altro della finestra stata aperta, poi murata, sopra la porta medesima, e cosi altre opere, le quali condurrebbero alia persuasione che Allegri fosse stato discepolo del padovano Andrea Mantegna, che in questo medesimo scritto assicurasi morto, come dicemmo altrove, il 2 6 Settembre 1506 e nell’anno 12 0 della eta dell’ Allegri. Nello stesso scritto si confessa trovarsi piu ragionevoli gli editori Della serie degli uomini illustri nella Pittura, Scultura ed Archittetura pubblicata in Fi¬ renze 1 ’ anno 1772 cd il celebre Abate Tiraboschi, i 54 ANTONIO ALLEGRI quali dichiarano essere loro incognito il Maestro dell’- Allegri. Benche il di lui genio (per far ritorno al nostro tema) misurato avesse le difficolta e le fatiche, ond’erasi gravato per le grandiose opere che ebbe accettato di condurre in Parma, nulladimeno ei ripromettevasi di superare gli ostacoli che il loro eseguimento avrebbero potuto attraversare. Ne a fronte di questo pensiero, che grandemente affaticavalo, nell’ Allegri punto scemo il il cordiale affetto che il comprendea per la sua famiglia. Era gia destinata in isposa a Vincenzo di Marco Mariani di San Martino in Rio 1 ’ unica di lui sorella per nome Caterina, ed era imminente la celebrazione del rito ma- trimoniale colla assegnazione in dote di ioo Ducati d’ oro, da ridursi a pubblico documento, che fu poi celebrato nel Casino abitato da Veronica Gambara Moglie a Giberto X. Per la qual cosa la presenza di lui era come voluta dalla eccezionale circostanza. Son queste le occasioni in cui la espansione del cuore, e piu, se trat- tisi di cari congiunti, tocca il punto suo piu. culminante. £ la parola, cui spetta il compito della manifestazione de’ piu nobili affetti, ma bene sapea 1 ’ Allegri, che, se in mold casi & la parola interprete fedele dei sentimenti del cuore, non di rado risolvesi in vuote ed usuali frasi od in amara ironia, e prestasi piucche a dichiarare, a velare invece e nascondere quei mod che nell’ intimo dell’ animo stesso si ravvolgono. Per lo che non acquietossi 1 ’Allegri alle comunque sincere espressioni del labbro, ma nobilmente piacquesi dimostrare alia sorella quanto i fatti avvalorino e la genuina essenza costituiscano della parola. Avea ideato pertanto quel Grande, ed attuo la dipintura dello Sposci- li^io di Santa Caterina, che, a differenza di altro prece- VITA E LAVORI 55 dentemente dipinto, il maggior Sposali^io fu denominate); opera mirabile, avente per iscopo di ammonire la propria sorella, che, come sante furono le nozze cui strinse collo sposo celeste la forte Vergine Alessandrina, altret- tanto di fede e di santita esser dovea di guida all’amata sorella nell’ indissolubile nodo ond’ era per legarsi col Mariani. Giammai pensato avrebbe 1 ’ Allegri che 1 ’ asso- luta bellezza di quel dipinto esser dovea 1’ origine, come vedremo, delle future sue nozze, e che il vuoto nella casa paterna lasciato dal matrimonio di Caterina, dovea essere riempiuto da una ammiratrice del medesimo dipinto. Alcun che di divino traspariva dalla leggiadra ve- nusta del volto della Santa, che pudicamente gioiva nella realta delle agognate nozze, e percio a torme ac- correvano gli amici e conoscenti dell’ Allegri per am- mirare quel celebre dipinto, e seco lui congratularsi dell’ esimio dono, con cui voile onorate le nozze della ben amata sorella. Nelle rispettive case a tutta ragione gareggiavano i genitori nel magnificare e portare a cielo in faccia ai loro figli 1’ arcana potenza che dirigeva ed animava il pennello dell’ Allegri. Di qui la febbrile ar- dentissima brama nelle donzelle ad ogni ceto apparte- nenti, quali per naturale vaghezza, quali pet attestato di ben sentita estimazione, di trarre alia casa dell’ egregio Pittore. Fra queste una ve n’ avea di seducente malinconico aspetto, che recatasi pur essa alia casa dell’ Allegri per vedere quel quadro, attonita rimirando le fattezze divi- namente ritratte della Santa, non pote a meno di fissare lo sguardo sul volto dell’ autore dell’ incomparabile lavoro. Incontraronsi gli occhi, e nell’ istante furono entrambi compresi da quella ineffabile ebbrezza, che gli 5 6 ANTONIO ALLEGRf animi solleva sopra di se stessi; ed irresistibilmente costringeli ad amare. Cotesta donzella di natura leggiadramente mesta nomavasi Girolama Francesca. Natu era il 29 Marzo 1503. da Bartolomeo Merlini dei Braghetti, prode nel- 1 ’ armi, rimasta orfana di soli otto mesi nel Novembre successivo, perocche in quell’ anno il Genitore di lei, valorosamente pugnando, fu spento nella battaglia com- battuta sul fiume Taro. Vivea ella sotto la tutela e custodia degli avi Giovanni e Lucia Merlini. Forse, se non fosse stato 1 ’ incontro coll’ Allegri, allorche essa pure fu spinta a visitare il dipinto di Santa Caterina, quella giovinetta non pensava a terrene nazze, rilevan- dosi da Rogito del Notaro Tommaso Parma 8 Giugno 1518 che nella eta allora di quindici anni circa fece il suo Testamento, col quale istituiva eredi i sunnominati Giovanni e Lucia Merlini, I propri voti appago 1 ’ Allegri nel 1520 impalmando 1 ’ amatissima sua Girolama Merlini, che recogli in dote, come da Rogito Francesco Alfonso Bortoni 26 Luglio 1521, case, terre, diritti, beni, ragioni e mobili che Girolama tenea sino allora indivisi co’ mentovati avi suoi, e che le pervenivano per eredita di Bartolomeo Merlini e di Antonia suoi Genitori. Fu superiormente detto che in virtu della buona fede non per anco allora scomparsa, protraevasi la celebrazione de’ rogiti dotali, e qui ne abbiamo una patente prova, ove si consideri che il rogito dotale porta la data 26 Luglio 1521 e nel successivo 8 Settembre fu allietato il Matrimonio dell’ Allegri per la nascita del primo figlio, al quale furono imposti i nomi di Pomponio Quirino. Fu il bambino levato al Fonte Battesimale dal celebre Dottor Giovanni Battista Lombardi, che continuo, sinche visse VITA E LAVORI 57 la vigilante sua amorevolezza alia famiglia dell’ Allegri^ e da Isotta Fassi che alia casa apparteneva di Melchiorre Fassi, commettitore del quadro della Santa Marta. Giunto alia completa soddisfazione de’ suoi desi- deri mediante 1 ’ ottenimento della mano di Girolama,. Antonio potea chiamarsi lieto e felice, ma di breve durata esser purtroppo dovea quella felicita. Se la natura gli fu larga e a dovizia nel senno e nella mano, avara gli fa e tiranna, nel tempo che assegnava ad una cotanta preziosa esistenza. I fiori piu rari e delicati presto avvi- ziscono e precocemente abbassano il capo sullo stelo, Se non che i brevi giorni che gli furono concessi, tutti egli consacro a consertar le gravi fatiche assuntesi col tenero amor della moglie, e colle gioie della piccola sua famiglia. Ei non previde che, sebben giovine, due terzi avea gia trascorsi della sua mortal camera. E, previstolo, maggior lena e maesta sarebbesi egli prefisso nello eseguimento degli incomparabili suoi lavori. Si disse che i pagamenti eseguiti nelle mani del- 1 ’ Allegri dai Monad Cassinesi di San Giovanni nel nel 1519 erano con assai di probability riferibili a lavori anteriori alia Cupola, od attribuibili ai cartoni o disegni delle opere che attuar doveansi nella Cupola stessa. Siamo nella meta del 1520 e troviamo 1 ’ Allegri tutto assorto nella intrapresa di un lavoro quanto malagevole altrettanto sublime. Le cupole, avanzo dell’ architettura bizantina, intro- dotte pel suo rimescolamento coll’ architettura vigente all’ epoca della erezion delle basiliche, come aggiungono maesta alio esteriore de’ sacri edifizi, altrettanto nella interior parte arrecano di nobilta e di decoro. Terri- bile e la ’difficolta da superarsi nella dipintura di queste cupole, ove specialmente non suffraghi una luce con- 58 ANTONIO ALLEGRI veniente, e questa derivar debbasi, per mancanza di lanterna, da ristrette aperture, dalle quali ottener si possa la quantita solo sufiiciente ad illuminare il vuoto del bacino. Queste difficolta 1 ’ animo non fiaccarono dell’Allegri, perocche alia felice riuscita ponea per base la libera scelta del soggetto e della maniera di trattarlo; soggetto e maniera, cui, fiducioso, commetteva alia ispirata sua fervida fantasia. All’ aspettativa eloquentemente rispose 1 ’ effetto. Finse 1 ’ Allegri una visione del rapito di Patmo Evangelista, soggetto che a capello attagliavasi al Tempio nel quale dovea essere esposto. Maravigliato ed altamente attonito 1 ’ Evangelista, contempla gli Apostoli, che tutti nel dipartirsi dalla terra il precedettero, facienti corona al Salvatore, che estollendosi sembra imparadisarsi, in quella che in mezzo alle nubi, contrapponendosi soave- mente alle gravi figure degli Apostoli, distinguonsi garzoncelli a volto angelico espressi con tale una leg- giadria da caratterizzare quella esclusiva proprieta, ond’era dotato 1 ’ Artefice. Laonde non le grandiose dimensioni, ma si il magistero dello scortare, del chiaro-scuro e degli altri pregi piii esquisiti dell’ arte ne danno quell’- incantevole effetto, che potentemente attrae, trascina e sublima il riguardante. Del dipinto di questa Cupola, qualificato vero rni- racolo della pittura cosi scrive il Mengs, che in quell’ o- pera riscontra « uno stile si grandioso che sorpassa ogni immaginazione, e nondimeno le forme sono bellissime, e servirono di modello ai Caracci, principalmente a Lodo- vico. » Il Rosini afferma al tutto nuovo il concetto, e creato interamente dall’Artista, e lo scorto del Salvatore, il piu ardito e piu felice esempio di questa difficil parte VITA E LAVORI 59 della pittura. II De Brosse giudiee avvedutissimo esclama « quella cupola non e composta che di dodici figure, ma disegnate con un arditezza inudita, posano in modo si prospettico, si vero, che in tal genere sicuramente nulla e stato fatto d’ uguale. Osservate quelle stesse gigantesche figure, alcune non hanno se non due piedi effettivi di altezza, eppur si veggono da capo a fondo, dalle piante sino alia testa, e vi giuro che sono nell’aria. » E il Ro- chery pienamente entusiasmato prorompe in siffatte al tutto poetiche espressioni. » La Cupola di San Giovanni e 1’ opera d’ un uomo che univa ad un gusto squisito una immaginativa straordinaria: quella gloria che attornia il Cristo con luce prodigiosa apre, quasi a dire, gli spazi celestial!. Gli occhi si turbano, 1 ’immaginazione si esalta, par d’ essere trasportati fuor del mondo reale, in quel regno de’ Cieli, di cui il grande Vangelista di Patmo ha raccontato i misterii. Gli Apostoli hanno una gravity cosi serena, i putti che scherzano in mezzo alle nubi impalpabili son si belli, si freschi, si puri che tuttocio non puo appartenere alia terra. Postergando le tradizioni, il Correggio non ha temuto di rappresentare parecchi Apostoli interamente ignudi, il che gli ha permesso di mostrare tutta la sua sapienza nella notomia, e di pro- durre que’ magnifici scorti, da cui nessun pittore seppe trarre effetti cotanto maravigliosi! » I quali giudizi di persone di inconfutabiie compe- tenza, e principalmente le parole improntate dalla piu colorata vivacita del Rochery valgono, come rettamente giudica il Martini, di cui seguiamo le traccie, a rintuz- zare 1 ’ audacia del Cochin, che, nel suo Viaggio in Ita¬ lia censuro le gigantesche forme in quella Cupola espresse, nell’ intendimento di sminuire ed oscurare 1’ ardita ma- gnificenza di quel dipinto. 6o ANTONIO ALLEGRI Che se dalla magnifica gloria di quella Cupola, scendia- mo alia consideraziane de’pennacchi, da non minor stupore saremo compresi perche nulla ne avverra di riscontrare di piu grave, di piu dicevole, di piu dignitoso. In cia- scun pennacchio un Evangelista, dal noto suo simbolo ben dichiarato, sta in compagnia di un Dottor della Chiesa. In cio ne si manifesta 1 ’ esteso grado di coltura intelet- tuale, ed il filosofico intuito dell’ Artefice. Nulla di piu convenientemente appropriate quanto il vedere San Gi¬ rolamo il piu sapiente, il massimo fra i latini Dottori associato all’ Evangelista Matteo, del cui Vangelo esaro il commentario. Sant’ Ambrogio detto sermoni sul van¬ gelo di Luca, e percio a questo Evangelista va compa- gno. Sant’ Agostino non si stanco di scrivere Omelie, che poi sponeva al popolo d’ Ippona di cui era Vescovo, e perche moltissimi scritti di quel Dottore riferivansi ad opera dell’ Evangelista Giovanni, a questo Santo percio e associato. Per egual motivo Gregorio Magno, 1 ’illustre figlio del Senatore Gordiano, che fu il primo de’ Ponte- fici di tal nome, ed espose il Vecchio ed il Nuovo Te- stamento, fu fatto compagno all’ Evangelista Marco. E condotto all’ intorno un fregio, che manifesta il pennello dell’ Allegri ne’ grotteschi, ne’ vezzosi putti e negli animali alati, che rannodansi alia composizione maggiore, quali simboli degli Evangelisti o dipendenze della visione di Ezechiello. Vengono eziandio attribuiti al Correggio diversi ovati esprimenti fatti del Vecchio Testamento e simboli del Nuovo. Ma ahime ! Quel grandioso e. sublime lavoro ebbe non poco a soffrire si per l’ingiuria del tempo, si per la poca previdenza e cura degli uomini. La necessita di allungare il Coro nel Tempio di San Giovanni, comunque ogni sforzo non si risparmiasse per VITA E LAVORI 61 la loro conservazione, porto con seco la demolizione della maggior Cappella o Tribuna antica in un col dipinto che la nobilitava. Una copia di quel dipinto fu allogata a Cesare Aretusi che la inizio, e da altri fu ultimata. Ma gloria della conservata memoria di quel lavoro debbesi ai valorosi Caracci, che d’ ordine de’ Monad condussero, 1 ’ opera in discorso, e, passionati ammiratori com’ essi furono dell’ Allegri, ne tramandarono le belle copie, le quali, benchfb coi colori all’ olio, ne porgono la verosi- miglianza che piu al buon fresco si accosta. In mezzo ad uno splendentissimo sfondo vedesi la Incoronata ed il Salvatore, poi le figure del Precur- sore di San Benedetto e di San Giovanni primo abate, che senza fondamento vuolsi della Casa de’ Signori da Correggio. Figure tutte, che come al desiderio de’ com- mittenti, altrettanto rispondeano al luogo ov’ erano rappresentate. Dai volti di que’ Santi spira la pienezza della felicita celeste, della felicita tranquilla perche eterna. Di parte di questo dipinto sara occasione di parlare piu innanzi. Un San Giovanni Evangelista dipinto sulla lunetta soprastante alia porta, che mena ai chiostri nella gran cappella a destra dell’altar maggiore, e 1’ ultimo affresco condotto dall’ Allegri sui muri di San Giovanni. Se pur non mettasi conto all’ aquila a pie del Santo, 1 ’ A- postolo prediletto dal Savatore e che poso sul di lui seno, e indicato dalla penna che tiene fra mano o per iscrivere cio che era da lui meditato, od attendere la ispirazione del dettato divino. Egli e seduto sul terreno con un ginocchio alquanto sollevato senza offesa della naturalezza della giacitura, la quale e imposta dallo spazio semicircolare della lunetta entro cui & ritratto. II gusto raffaellesco riscontrarono gli intelligent! nella leggiadria e nobile fisonomia di quel Santo. 62 ANTONIO ALLEGRI Nel Tempio di San Giovanni si conservarono per molto tempo due celebri tele del Correggio, il Martirio di San Placido e di Santa Flavia, e la Deposi^ione dalla Croce , che, poi passate, ammiransi nella piriacoteca parmense. Diremo del primo de’ due accennati di- pinti. Non curante delle agiatezze, delle quad nella casa paterna mai provo penuria, Placido tutto alia sequela dedicossi del Patriarca Benedetto. A Messina, ove fu da questo spedito, molti gli si aggiunsero; ivi fondo un Monastero, e ne fu dichiarato Abate. Flavia sorella, e li fratelli Eutichio e Vittorino, della dottrina del Cristo zelantissimi fautori, recansi a visitarlo in quella che un naviglio capitanato dal corsaro Manuca spande nella Sicilia una mano di scellerati, di ladroni, di nemici del nome cristiano, i quali, se non disertata la fede, quest! fratelli ed i cristiani tutti vogliono morti. Imperterriti i fratelli ed i seguaci fra i quali Donato, il Diacono Firmato, Fausto ed altri trenta Monad perdurano co- statemente nella fede del Cristo, e tutti divennero Mar¬ tin; il Monastero istesso e la Chiesa dedicata a Gio¬ vanni Battista, cui Placido eretti avea non lungi dal porto di Messina furono distrutti dalle fiamme. La tela presenta un manigoldo, che gia vibro un colpo mortale al collo di Placido, il quale, composte a croce sul petto le bellissime mani, attende un secondo e terzo colpo. Mortalmente piagata il verginal seno Flavia apre le braccia , e volonterosa mostrasi a subire il martirio. Placido nelle mortali sofferenze, nobile e digni- toso; Flavia dischiude le labbra ad angelico sorriso. D’ ambidue le pupille son fise al cielo in quella che un angelo dalP alto co’ gigli e colle palme arreca il premio a chi trionfo de’ tormenti e della morte. Da una parte le teste di Eutichio e Vittorino staccate dal busto, e sul VITA E LAVORI tL terreno inzuppato del loro sangue gli altri avanzi. II fi- losofico intuito dell’Artefice non voile offendere lo sguardo deliziato nella delicata e gentile bellezza de’ due Santi colla offerta della truce e brutale faccia del manigoldo, che le spalle presenta al riguardante. L’ altro sicario ve- desi piu indietro nell’ ombra, e non impedisce la stra- ziante vista della trafitta innocentissima donzella. L’ altra delle due tele, gia in San Giovanni, rappre- senta la Deposizione dalla Croce. Offreei quella tela le forme perfette del piu bello degli uomini, dell’ estinto Redentore. Apparisce in essa una bellezza ancor piu a- nimatrice del precedente descritto Martirio de’ Santi Fla- cido e Flavia. Sostiene Maria sulle materne ginocchia il corpo esanime dell’ Umanato Figliuol di Dio. Quel gruppo, che direbbesi avere toccato il punto piu culmi- nante dell’ arte, ne rappresenta la morte apparente della Madre, e la vera del Figlio. Vi campeggia non lungi la Maddalena, della cui figura, conlrontata con quella della Madonna, Y Affo scrisse al Bettinelli « dove si loda tanto la testa della Maddalena, che piange con tanto decoro, quella di Maria Vergine e infinitamente piu apprezzabile. Quegli occhi che perdono, svenendo, la luce, quella bocca da cui escono sensibilmente gli aneliti, quel pallor, quel languore sono cose da non saziarsene mai. Vi compariscono altre figure, che giu- dicansi una delle accorse pietose Marie, e Y Apostolo prediletto. Il mezzo della tela e dominato dalla Croce, e vedesi scendere un uomo che vuolsi Giuseppe d’ A- rimatea. Coevi agli affreschi pei Monad di San Giovanni, due altri lavori eseguiva Y Allegri. Per primo, il dipinto dell’ Annun%ia%ione in una lunetta della Chiesa intitolata appunto all’ Annunziazione, e che Pier Luigi Farnese fe’ ANTONIO ALLEGRI demolire per fabbricarvi un castello. Da questa Chiesa quel dipinto fu levato, e poscia introdotto in quel gran¬ diose Tempio, di ugual titolo, che sorge in Parma, nella parte della citta chiamata capo di ponte. Vedesi ivi quel- I’ affresco appena entrati dalla minor porta a sinistra. E alquanto avariato, causa le poche cautele usate nello in- castrar il fresco nel nuovo muro, da cui assorbi copiosa umidita. Parlando di questa pittura dell’ Annunziata Fra Ireneo di Busseto ministro provinciate dell’alma provincia di Bologna de’ Minori Osservanti nelle sue ricerche sto- rico-critiche intorno la Chiesa, il Convento e la Fabbrica della S.ma Annunziata di Parma scrive « Venendo ora all’ atrio interiore della Chiesa presso una delle porte laterali scorgiamo un Altare con un’ Ancona ove sta reccolta inferiormente una pittura vecchia di San Fran¬ cesco, e superiormente la lunetta di Maria Vergine An¬ nunziata dipinta a fresco dal celebre Antonio da Cor¬ reggio sulla porta della Chiesa dell 3 Annunziata di fuori, come dice il Malazappi. Salvata alia meglio, e qui trasferita quella pittura, fu ornata per divozione dalla Famiglia Ajani, cui nel 1602. concedettero i Religiosi 1 ’uso dell’ Altare ivi eretto, con facolta inoltre di avervi il sepolcro. Eredi degli Ajani furono i Conti Scutel- lari, i quali conservando i diritti degli antenati, anno di fresco ornato di decenti suppelletili il detto Altare ». La Madonna della Scala presenta una immagine cosi gradita alio sguardo, che nel rimirarla provansi que- gli interni indescrivibili sentimenti, onde e compresa una Madre allorche abbassa amorosamente il ciglio verso il figliuolo che la careggia ed abbracia. Varie le opinioni sul luogo, ove fosse dipinta questa Madonna. V’ ha di certo che nella demolizione di parte di un edifizio, fu conservato il muro, su cui era quella immagine dipinta, VITA E LAVORI 6 5 e divenne lo sfondo ad un Oratorio allora appositamente costrutto, al cui accesso resesi necessaria la costruzione I di gradinate, e da cio ripete la denomiaazione di Ma¬ donna della Scala. Da nuovi pericoli fu francato questo dipinto ad opera di Pietro Bicchieri, che, nella erezione della presente barriera, a cui era subordinate, la demoli- zione della Chiesuola ov’ era conservato, con grande av- vedutezza euro fosse trasferito e collocato in una parete dell’ Accademia di Belle Arti. Alla quale pervenne per Decreto del Proconsole civile reggente Parma per 1 ’ im- pero Francese all’ epoca del primo Regno d’ Italia, che malamente si persuase di detergere col donativo di cosa | non sua la turpe onta derivante dalla usurpazione del San Girolamo, e di altri artistici tesori volati in Francia j per arricchire 1 ’ Imperiale Museo di Parigi. Di varie altre Madonne attribuite al Correggio faremo I breve cenno, ma sufliciente per averne almeno distinta | contezza, e cosi indichiamo : 1. ° Una Vergine col bambino suite ginocchia , appog- giata la sinistra mano ad un libro. Questo dipinto ap- partenne alia casa de’ Conti Bertioli di Parma. 2. Una piccola Madonna in tavola, asserta di gra- ziosissima maniera, e posseduta dai Conti Sanvitale di Parma. 3. ° Una tMadonna recantesi in braccio il figliuolo che regge un globo, e San Cristoforo che incurva gli omeri per addossarsi il Bambino, presenti il Trecursore e San Michele, questa Madonna esiste in Firenze, ma per le sue durezze il Mengs la giudico cominciata dal Correggio, ma compiuta da altri. 4. 0 Una Vergine in gloria, che apparisce ad un Donatore, il quale, coll’ assistenza dei Santi Girolamo e Giacomo, 1 ’ invoca. MARCH [-CAST ELLIN I 66 ANTONIO ALLEGRI 5. 0 Un altra col Bambino, lo stesso San Girolamo e Sant 3 Idelfonso, che si asserisce colla precedente nella Galleria di Monaco. 6 .° Un altra Madonna coi Santi Tommaso, Ilario, Bernardo e Giovanni Battista Patroni di Parma, dal pittor pavese Giuseppe Baldrighi, gia Professore nell’ Accademia Parmense venduta quale opera dell’ Allegri al Duca Melzi. 7. 0 Un altra Madonna col divino Fanciullo e San Giovanni dicesi essere in Vienna, ed altra additata a Parigi dall’ Autor Francese delle Vite de’ Pittori, pur col divino Fanciullo ed i Santi Giuseppe, Girolamo e Giovanni . 8. Una Sacra Famiglia fu incisa dal Mogalli, ed e figurata poco dopo la nascita di Gesu, che nel Presepio vedesi addormentato colla Madre mentre San Giuseppe veglia. 9. 0 Una Madonna che allatta il Bambino, co’ Santi Giuseppe, Girolamo e Giovanni$ ebbe questo dipinto varie incisioni, ed in una il San Giuseppe fu scambiato in un Angelo offerente alcune frutta al Bambino, che sem- bra rifiutarle, e far segno di preferire il nutrimento che gli appresta il seno materno. 10°Una Madonna col Bambino in grembo, sorridente, come destosi allora, alia Madre, che sorreggendolo sem- bra lo aiuti a disbrigarsi d’ un lino, in cui e avvolto dal mezzo in giu; questa Madonna e posseduta dagli Eredi del chiarissimo Marchese Cesare Campori di Modena. Finalmente una Madonna carreggante il Bambino, un altra simile col motto: dilectus mens mihi et ego illi: una terza, guancia a guancia col Bambino $ e forse tratte da una composizione di ugual concetto, vennero incise come composizione di Antonio Allegri. VITA E LAVORI 6? Era per votare sino all’ ultima feccia l’amaro calice, prezzo della Redenzioae, quando 1 ’ Umanato Dio, nel- T Orto di Getsemani, soprafatto da mestizia e da estrema desolazione dell’ animo, rivolse, prim a di patire, una preghiera al Padre. Questo e il tenia di un sublime dipinto dell’ Allegri conosciuto col no me di Crist0 nel- V Orto. Spandesi sul Cristo orante un raggio del Cielo, che rifrangesi sull’ Angelo consolatore. Questa invenzione fa si che la solenne tristezza della scena e padroneggiata dalla espressione di quel volto cosi illuminato; vi si legge il presente e futuro dolore, siccome egregiamente osserva il Martini, e vi brilla il sublime concetto dell’- Artista, che mostro non poter 1 ’Angelo, a tanta presenza, risplendere di luce propria, ma dover egli riceverla dalla divinita, inseparata anche in quell’ istante dal Nazareno. Questo prezioso lavoro fu eseguito dal ccmpiacente Allegri per compensare un Farmacista, che andavagli creditore di qualche scudo. E fama fosse comprato dal Conte Pirro Visconti di Milano per quattrocento scudi, (la qual cosa per contingenza fu accennata anche in addietro); passasse poi in Ispagna acquistato da Filippo IV.° Finalmente quando gli eserciti britannici occuparono la Penisola Iberica negli anni della gran lotta contro il primo Impero Francese, quel prezioso quadro passo nelle mani del Duca di Vellington, i di cui eredi tuttora lo posseggono. Passo pure in Ispagna, dopo di aver dimorato presso illustri case italiane, 1 ’ altro quadro sotto il nome Noli me tang ere, e rappresenta 1 ’ apparizione di Cristo alia Maddalena. Carlo Gregorio Rosignoli nel suo Libro intitolato La pittura in giudigio , stampato in Bologna nel 1696, al Gap. VII. §. 68 parlando della saviezza in ischivar le profanita nelle Immagini sacre lascio scritto; 68 ANTONIO ALLEGRI « Ben ammirabile, e degnamente ammirato fu il « Correggio in effigiare il sembiante di Cristo, maestoso « ma devoto, bello ma modesto, che si conciliava amore « insieme e venerazione, che metteva ne’ riguardanti « diletto insieme e pieta. Onde per tali figure si merito « la lode di pio e saggio Pittore, e fu onorato col se¬ ct guente elogio. « D’ onde il Correggio mai prese V idea « Quando del Salvatore « Cos! viva 1 ’ Immagine pingea? cc La ritrasse da quella il pio Pittore cc Che gl’ impresse nel cor fabbro 1 ’ Amore. » Altra pittura, che dicesi donata da un Duca di Mantova a Cosimo 11 ° fu eseguita del 1520. Rappresenta una Madonna, il cai manto steso a terra con sopravi poca paglia serve di giaciglio al Bambino, cui la Madre adora. Piu celebre e F altra Madonna conosciuta sotto la denominazione della Cesta. Siede in atto di vestire il divino Figliuolo, ed ha presso un canestrello, conte- nente una cesoia e pannilini, da cui il titolo del quadro, che rappresenta pure San Giuseppe, alquanto indietro, inteso a lavori di falegname. Altra composizione somigliante alia precedente rappresenta una Madonna, che pur veste il Figlio, e nella quale San Giuseppe non lavora , ma porge frutta al Bam¬ bino . E pur di questo tempo, o piu veramente del 1521 il dipinto della Zingarella o Madonna del coniglio. Ap- plicossi quella prima denominazione a tale pittura, per avere F Artista circondato, a foggia orientale, il capo della Vergine con una fascia, quasi turbante; egli piu verosimilmente voile figurare il costume ebraico, e trasse VITA E LAVORI 69 partito dicevolissimo al suo grazioso comporre. Della grazia Correggesca e una delle piu celebri prove questo quadretto, in cui ebbe ragion soave di infondere piu singolar dolcezza, se non e fallace la tradizione, che avesse ritratta la propria moglie nel sembiante di quella Vergine. Essa, collocata di profilo, tutta gentilezza ed amore, regge sulle ginocchia il figlio, gli appoggia sul capo la fronte, e sostiene nel braccio destro 1’ addor- mentato Fanciullo. Regna quiete e soavita in quella scena ove fra gli alberi, che verdeggiano intorno, 1’ occhio fermasi ad una palma, su cui posa un bell’ angioletto. In alto, in mezzo a vapori, veggonsi altri putti leg- gieri, sfumati, quasi al par delle nuvolette, fra cui si perdono e si confondono quelle incorporee creature. Da una parte un cucolo, dall’ altra vedesi un coniglio, da cui sort! questo quadro la seconda delle dette due deno- minazioni. II descritto dipinto e in Napoli, trasportatovi da Re Carlo, a cui pervenne da casa Farnese. Era pos- seduto da Donna Maura, Monaca, alia quale fu legato, come lavoro sin d’ allora famoso, dal fratello Ranuc- cio L° La Car it a, dipinto che vorrebbesi assegnare al Cor¬ reggio, atteso la molta analogia nell’acconciatura e nelle movenze colla Zingarella, ritiensi "assolutamente opera del celebre bolognese Annibale Caracci, imitator studio- sissimo del grande Correggese. L’ Ecce Homo e altresi uno dei rinomati dipinti dell’ Allegri. Varie sono le vicende a cui ando soggetto: perocche dalla famiglia Dalla Rosa pare passasse alia quadreria de’ Baiardi, poi a quella dei Colonna, dai quali sarebbe stato ceduto a Simone Clarke. L' ebbero poi Re Gioachino Murat, indi il Marchese di London¬ derry, finalmente la Pinacoteca di Londra. Fra i dissidii ?o ANTONIO ALLEGRI insorti sulla autenticita di questo quadro, 1’ autorevole Tiraboschi asserisce non esistere altro originate tranne quello che dalla famiglia Dalla Rosa passo a Luigi XIV.°; e I’ Affo dopo aver detto come si disputi intorno al quadro di Londra, chiude col render no to essere opi- nione in Parma che il Marchese Pier Luigi Dalla Rosa, erede dei Prati, per far contento un gran personaggio mandasse in Francia 1 ’ Ecce Homo, e non avesse di ritorno che una copia. E taciuto se lo scambio awe- nisse col beneplacito del proprietario, ma e fatto che la pittura di quell’ argomento, posseduta all’ ultimo dalla famiglia Dalla Rosa, non era piu 1 ’ originate correggesco, ma una copia, non senza pregio, che ora conservasi nella Galleria dell’ Accademia Parmense. Nel San Scbastiano dipinto per Modena abbiamo la Vergine in gloria, fra la viva luce del sole, che abbrac- cia il vezzoso Bambino, ed e circondata in alto da teste di putti, e piu presso da figure intere di angeli senz’ali in atto di giubilo e di adorazione. Campeggia in prima linea San Gzmmiano Vescovo di Modena, che in veste pontificale addita la Madre di Dio ad una fanciulletta, che reggendo una Caiesa con camoanile, significa la Citta di Modena, di cui fu Vescovo, ed e Patrono. Da un lato vedesi San Szb-astiano trafitto da un dardo, dal- ’ altro San Rocco in veste da pell egrino, e come im- merso in placido sopore. La Confraternita di San Seba- stiano di Modena interprete ed esecutrice di un voto di essa Citta formato in tempo di pestilenza, in cui suolsi invocare San Rocco che ne fu vittima, sommi- nistrava la ragione di quel quadro. La luce di sole che vi si ammira, e che fa brillare di celeste splendore la Madre, il Bambino, la gloria, li spicca con maggior effetto dal fondo, condotto semplicemente con un leg- VITA E LAVORI 71 gier giallo, attomiato con una linea un po piu carica, dall’orlo del quadro. Fra nubi scure alquanto, appaiono gli Angeli piu da presso alia Madonna, e la rispettiva distanza delle figure, ed il girar dell’ aria fra quelle, offronsi con portentoso effetto. I tre Santi che stanno nel piano piu basso presentano il notevoie contrasto del ricco paludamento ond’ e ammantato San Geminiano, colla vista delle ignude trasparenti carni del San Seba- stiano, colla figura in parte scoperta del pellegrino, e colla fanciulletta graziosissima che porge il voto. Una delle maggiori prove della eccellenza dell’ Allegri nel chiaro-scuro e dichiarato dal Mengs questo dipinto, cui per la composizione, preferisce al San Giorgio, del quale qui tostamente. All’ entusiasmo spinge il sublimissimo dipinto rap- presentante il San Giorgio, la cui straordinaria bellezza, se non supera, va del pari coi piu celebri parti del pen- nello dell’ Allegri. Fu pur questo quadro fatto per Mo¬ dena, ed un garzoncello tiene F emblema di questa Citta. Vi si vede ‘AL ostra Donna, Crist0 Bambino, il Protettore de 3 Modenesi, il Santo da cui e intitolato il dipinto, il Battista e San Pietro il Martire, dal quale ripete la denominazione il Sodalizio che commise la pittura. La dignita soave della Vergine sopra un trono, sorretto da putti simulati in oro, il Bambino che affet- tuosamente volonteroso mostra di accettar 1 ’ offerta, San Giovanni, il quale additando esso Bambino, par che dica: Ecco 1 ’ Agnello di Dio!, il pietoso volto del Mar- tire Domenicano in bianca veste e nero cappuccio, il venerando aspetto del Vescovo, quello nobilissimo, e che primeggia, del San Giorgio, gli angioletti, che scher- zando, mostransi ne’ piu naturali e leggiadri atteggia- menti, formano contrapposto di figure, giuochi di luce, 72 ANTONIO ALLEGRI efficacia di espressioni, varieta di panneggiare, artifizii di chiaro-scuro mirabilissimi, ecco i titoli per cui co- tanto levasi a cielo questa celeberrima pittura. In suc- cinto il Mengs cosi si esprime: « E straordinariamente finita di grande morbidezza, d’ impasto eccellente, gusto- sissimo in tutto. Sebbene composizione interrotta, le figure hanno movimenti bellissimi, il disegno offre un carattere grande e di maravigliosa intelligenza nel nudo, massime del Battista e del Bambino, la dolcezza del quale non puo abbastanza venir significata. » Ed il Martini seguendo il D’ Agincourt esce in queste parole « Os- servabile massimamente e il San Giorgio, gran prova del buon senso di Antonio, il quale seppe dover fare di quel celebre guerriero d’ Oriente, e fece, il tipo ca- valleresco dei forti umiliantisi alia legge d’ amore, e si raggiunse lo scopo, che V eroico personaggio parve ad Ippolito Zanelli « la piii bell a figura che sia s'tata al mondo ». I putti occupati sono, e in fanciullesco tenore; e quale pon 1 ’ elmo di San Giorgio sul capo al piccolo compagno, che sotto i'l peso s’ incurva e, per non cadere si attiene alle coscie del terzo putto; quale regge il ferro, onde fu morto Pietro Domenicano, ferro che, divenuto strumento, non piu di barbarie ma di gloria, ben puo gioiosamente, reggersi dal garzonetto; quale consegna il tempio gia ricordato, immagine della Citta, al DioWanciullo, che stende le braccia per accoglierlo benignamente. Le parole di Guido Reni, serbateci dallo Scannelli nel Microcosmo della pittura, bastano per cio che potrebbe dirsi di quei putti. Chiedeva il preclaro Artista Bolognese: « se quei putti eran divenuti grandi- celli, e se piu si trovavano nella Tavola di San Pietro Martire, dove li avea lasciati) perchb, dimostrandosi vivi e di came animata, non potea credere che fossero per VITA E LAVORI 73 is tare in una tal forma, e di cib accrescendosi sempre in se stesso la difficoltli, desiderava, per meglio chiarirsi del fatto, rivederli di nuovo ». Le figure di questo dipinto escivano fuori quasi vive dagli archi e dalle colonne, V ordine architettonico che servl di sfondo al quadro rannodavasi ad altri architettati, e condotti in pittura sul muro. Dal luogo ove fu posto, fu levato dal Duca Francesco I.° d’ Este irresistibilmente invaghitosi delle opere di mano Correggesca. E fama pero che questo Duca volesse compensare la levata di quel quadro con ordinarne una copia al Barbieri detto il Guercino da Cento, ma altri asseriscono essere quella copia di mano del Boulanger inferiore di molto al nominato Barbieri. La soave illusione, onde si e compresi, nel rimi- rare lo sfavillante sole che illumina Nostra Signora nel San Sebastiano ; il nobilissimo attraente aspetto che con- templasi nel San Giorgio sono un nonnulla al confronto dello incantevole prestigio, del fascino che invade, preoc- cupa e s’ insignorisce del riguardante nel dipinto che e- sprime la Nascita del Redentore, a cui fu dato il nome di c JSLotte, perch£ figurato prima dell’ aurora. La composizione semplice, queta, cosi 1 ’ appella il Martini, sgorgo dal pennello dell’ Allegri, come figlia spontanea di una delle piu felici ispirazioni. Il Neonato, che giace su poca paglia, la Madre, San Giuseppe, alcuni angioletti, pochi pastori, i due noti animali, formano questa grandissima scena, in cui ravvisansi F affetto e 1 ’ arte in istrettissimo connubio collegati. « La varieta delle tinte, il fulgor della luce, si facili e naturali al- 1 ’ ingegno del nostro pittore, avrebbero, come sottilmente nota il Rochery, spogliato il subbietto di quel sentimento misterioso, sovrannaturale, che gli si addice. Il Bambi- nello principal figura dell’ argomento, non sarebhe stato, 74 ANTONIO ALLEGRI atteso le incompiute forme de’ nati appena, gradevole alio sguardo; ed eccolo visibile soltanto nel volto e nella opposta estremita; ecco, a voler che campeggi, messa in atto la sublime idea di far che dal Bambino guizzi la luce, e si spanda e si rifletta sui void del circostanti, e degli angeli stessi che aleggiano beati, sovrastando alia divina creatura, cui San Giovanni chiamo la vera luce che illumina ogni uomo. La Madre, di prospetto, inginocchiata, ed in contemplazione del fi- glio, piegasi alquanto ; pero siam privi in parte della vi¬ sta de’ lineamenti di lei; ma e pur bell’ artifizio lasciar indovinare dal sentimento che apparisce, quello che si nasconde ; e 1 ’ incurvarsi della Madre in tal mo do, non solo e naturale atto di adorazione e di amore, ma giovo ben anco ad evitare un’ ombra sgradevole che sarebbesi prodotta, battendo il lume dal basso nell’alto della figura. Dal principal gruppo, lo sguardo e invitato a mirare un vecchio pastore, dalle cui rozze sembianze traspare la bonta dell’ animo tranquillo. Con lui ragiona deli’e- vento un ingenuo giovinetto, sul cui viso piii viva span- desi la luce, al lulgor della quale sembra non poter reg- gere una donna, che reca 1’ ofxerta di due colombe’le, e si fa schermo della mano alle pupille fise nell’ adorato Bambino. Par che arrivi in quel punto San Giuseppe, che seco trascina il giumento, ed e collocato in guisa da allargare la scena, la quale rappresenta un bel paese, donde in lontano veggonsi giungere altri pastori. Ivi co- tanto b dato spaziare, da spingersi, quasi a perdita d’oc- chio, sino all’ estremo limite del cielo, ove una lucida striscia manifesta 1’ alba nascente. Questo lume ben di- stinto per se, risulca accessorio, a fronte del suddescritto, che va digradando sul piano, e mentre batte lievemente sulla gloria, si la rischiara, che fa palese aver 1 ’ Artista VITA E LAVORI 75 cercato di rappresentare, in quanto e possibile, end im¬ material!. » Luigi Scaramuccia, artista e scrittor notissimo, ravviso nella Notte = tutti i numeri dell’ arte = . E alia autorita appoggiati del Bellori, del Mengs, del D’ Agin- court e di mold altri diremo come al contemplar 1’ opera medesima, provisi tutta la illusione che puo produrre la magia del chiaro-scuro, e si riconosca nella sempliciti dei mezzi, e nell’ apparenza della facilita maggiore = quell’ artifi^io profondo che e il colmo della perfe^ione = Fu la Notte allogata all’Allegri sino dall’anno 1521. da Alberto Pratoneri di Reggio, ma 1 ’ Artefice non la ese- gui tosto, ne fu collocata che del 1530 nella Cbiesa di San Prospero in quella Citta, ove rimase cento anni, e donde fu tolta per comando del Duca Francesco I.° — Fulvio Rangone Governatore di Reggio scriveva del 1507 a Giambattista Paderchi Imolese Segretario di Alfonso II. 0 essere arduo impadronirsi della famosa pittura, la proprieta della quale era passata in retaggio a due mi- norenni, che, insieme coi Sacerdoti del Tempio di San Prospero, la si tenevano con inestimabile gioia. Tacquesi per alcun tempo, 111a oltre cinquant’ anni dopo, sappiamo da una memoria sincrona dettata in latino, e rinvenuta nei libri parrocchiali del tempio suddetto ( o forse me- glio economici) die la tavola della nativita di Nostro Signore Gesu Cristo fu nottetempo rapica d’ ordine del Duca Francesco I.°, e fu cagione del piu sentito ram- marico a tutti i Cittadini. II Lomazzo, gia citato, parlando del lume cosi si e- sprime = Come nella Nativita di Cristo, che essendo occorsa di notte pensar dobbiamo che vi risplendesse una luce divina, siccome rappresenta una Tavola di An¬ tonio da Correggio, che egli dipinse alia sua Citta, la quale e tra 1 ’ Opere di pittura una delle singolari che ?6 ANTONIO ALLEGRI siano al mondo. Tale doveva essere la luce dell’ An¬ gelo, che apparve a Cristo nell’ Orto, il cui lume divino abbagliare e restringer doveva tutti gli altri, ancora che non fosse stato notte, come in un altra Tavola rappre- sento eccellentemente 1 ’ istesso Antonio. = E toccando de’ lumi riflessi e del colorito dice, = nei quali riflessi fu principale Antonio da Correggio, = e conchiude : Antonio da Correggio fra coloritori piuttosto singolare che raro. — La Maddalena reputata a buon diritto il fiore della bellezza e della grazia correggesca, e che pare al D’Agin- court il capo d’ opera di Allegri, compie la serie de’ qua- dri di Antonio, che conservansi nella Capitale Sassone. Basterebbero questi soli ad immortalare il nome dell’Al¬ legri. Ma sparsi, come sono, i correggeschi cimelii, non in qualcuna delle Citta d’ Italia, si per la Europa, atte- stano della irrefrenata brama di possederli, ed insieme del religioso culto, che loro, ovunque esistano, prestasi e si profonde. Fortunata Dresda ! L’ oro speso dal terzo Augusto, con biasimo di savii di corta veduta, fu egre- giamente impiegato, diede frutto inestimabile e procuro a te 1’ attuale tuo superbo vanto. La Maddalena , come accennammo, e un quadret- tino di minor mole, che pero, quasi gemma, brilla su tutte 1’ altre, onde componsi un ricchissimo diadema. = « In ombrosa grotta, o fondo di una valle, (qui sti- miamo non potersi riassumere, ma doversi trascrivere le parole del Martini, per non scemarne la bellezza) « la Santa e prostesa, sollevato il capo, cui appoggia « alia destra, che preme gli ondeggianti capelli divisi « sul fronte, formandone dalT una parte e dalT altra una « vezzosa ciocca. Le braccia, le spalle, il seno, i piedi « ha ignudi, e piu leggiadre fattezze, piu amabilita di VITA E LAVORI 77 « persona, carne piu vera non possono immaginarsi. E « viva! Chi vi potesse trovare una menda, direbbe ia fi- « gura troppo viva e seducente. Placido e sereno & quel « viso, e, mentre la somma avvenenza di lei sembra « ne ricordi i piu. giovanili trascorsi, quell’ aria tranquilla « dimostra gia entrata nell’ anima la pace frutto del pen¬ ce timento, e delle trionfate passioni. » = II Mengs no- tando il prodigio della fattura de’ capegli della Santa dice che = oltre la soavita con cui son fatti, sembrando es- servi fusi i colori, danno idea cosi perfetta di quello che sono, come se fossero lavorati ad uno ad uno, ed hanno persino la lucentezza de’ naturali. = « Se tanto e bella questa Maddalena , continua il « Martini, sebbene non si ofFre colla espressione di « quel dolore, che la rese penitente, quale sara stata « 1’ altra = genuflessa dal lato destro, con le mani « giunte, alzando gli occhi al cielo in atto di domandar cc perdono de’ peccati = che pure V Allegri dipinse. Mi¬ ce rabilissimo al certo, e compassionevole spettacolo cc avra presentato, avvegnache ne faccia fede la cele- « bre Veronica Gambara, la quale in una lettera, a Bea- « trice da Este, favellando di quella immagine, segue « a dire : = il suo bell’ atteggiamento, il nobile e vivo « dolore che esprime il suo viso, la fanno mirabil si « che fa stupore a chi la mira. In questa opera (Anto- « nio Allegri) ha espresso tutto il sublime dell’ arte, in « cui e gran maestro . = Ma ignorasi ora se pur sia, « e dove, ovvero, se non peri, puo sospettarsi guasta « ed alterata in guisa da non piu serbare traccia della « venusta nativa. » Il Riposo della Sacra Famiglia nell’andata in Egitto, ossia la Madonna della Scodella rappresenta la Beata Vergine seduta, il Figliuol divino, San Giuseppe ed 78 ANTONIO ALLEGRI alcuni Angeli. La Madfe mostrando nell’ aspetto di aver patiti dolori e fatiche, siede; tien fra le ginocchia il Figliuoletto, non piu bambino, e vedesi in atto di por- gere una scodella (dal che il nome del quadro) verso un putto in ombra. Il Dio umanato, figura indicibilmente vezzosa, sorride con celeste dolcezza a’ rignardanti, e pone la sua nella mano di San Giuseppe a pigliar dat- teri. Il Santo, nella movenza di chi, calando da un pendio, piega alcun poco la gamba che posa piu alto, offerse naturale cagione ad uno scorcio di stupenao effetto, senza sforzo veruno. Un giovinetto, od angelo, poco distante, lega ad un tronco il giumento; una gloria incantevolmente disposta e raggruppata, le figure della quale sembrano spingersi al cielo, occupa 1’ alto di questa composizione, la quale sembrerebbe ispirata da una leg- genda apocrifa, in cui si narra che Madre e Figliuolo riposarono sotto una palma, ed eglino e San Giuseppe furono, a prodigio, satollati e dissetati. Sappiamo che 1 ’ Allegri, incurante di leggende meno vere, attenevasi al sodo deile sacre carte, che felicemente espresse negli artistici suoi lavori. « E questa pittura fra le piu ammirabili per facilita, « garbo, splendidezza ed in ispecie per la ingenua « espressione che parla al cuore. » A questo dipinto, che sin da principio, sembra fosse collocato nella Chiesa del Santo Sepolcro in Parma, il Tiraboschi assegna la data del 1530, e il Pongileoni, fidato a memorie tratte dall’ Archivio del Monastero Parmense di San Salvatore, lo vuol creato del 1527. Da carteggi, cui pubblico lo stesso Pongileoni risulta che Parma corse pericolo di perdere questo dipinto. Le trattative che, paurosamente e di furto faceansi da un Carmelitano, da un Sagrista e da un Rettore per ven- VITA E LAVORI 79 derlo o al Conte Braun, o al figlio d’ un Senatore Barbieri di Mantova o al Re di Polonia fallirono, e Parma ne rimase fortunata posseditrice sinche in un con tanti altri tesori dell’ arte italiana, fu asportato in Francia; e non avrebbe forse rivalicate le Alpi, senza gli avvedimenti dello iliustre Toschi, in grazia dei quali la Madonna della Scodella restituita a Parma fu posta nella R. Pinacoteca, ove fa riscontro al famosissimo San Girolamo. II San Girolamo, capo-lavoro, di cui, la nobile Parma, seconda patria dell’ Allegri, puo sbramare ad ogni giorno la vista, « e per essa il piu glorioso mo- « numento artistico, dappoiche le Cupole, colie quali, « ragguagliati i due diversi modi, potrebbe rivaleggiare, « sono ora ben lungi, per le nodssime ragioni del « deperimento, dalla freschezza che nella stupenaa tavola, « quasi gioventu perpetua, si mantiene. Lo straniero « che sa di non poter vedere le maraviglie della pittura « se non in Italia, accorre dalle piu lontane parti ad « ammirare il San Girolamo; e Parma 6 del continuo « testimonio de’ sensi che sveglia, quando a parole « significati quando per via di esclamazione, piu spesso « coll’ eloquente silenzio di chi attonito, estatico ammira « e considera e studia, innanzi di esprimere cio che « internamente prova. Signoreggia nel mezzo del quadro « la Vergine seduta, che amorosamente contempla il « Bambino, il quale con vezzo infantile stende il braccio « destro verso 1 ’ aperto volume delle opere di San Gi¬ ft rolamo, cui sorregge colla sinistra mano il Santo « medesimo, che dalla diritta lascia penzolare una per- « gamena, sulla quale in caratteri ebraici e scritto = « Gloria a Dio. = Un leone vedesi a pie della robusta « figura del Santo, la quale, di profilo, ritta in piedi, 8o ANTONIO ALLEGRI « mirabilmente contrasta alia delicatezza inefFabile delle « altre. In tale contrapposto nulla vi ha che torni sgra- « devole o spiacente. Tra il San Girolamo ed il Bambino « un Angelo addita il volume, e sorride con una soavita « di cielo, ed in quella special guisa con la quale si sorride « ai bambini quasi a dimostrare che la ingenuita di lor vez- « zi, ed i raggi di loro innocenza difFondonsi nel nostro cuo- « re. Dall’altro lato, a destra del riguardante la Maddalena « appoggia la guancia al divin Fanciullo, che le cinge « quanto puo del piccolo braccio il capo, onde scendono lega ad un albero; lo affascina il diletto, come lo indica il putto o satiretto che offre de’ grappoli; intima pena, il rimorso, lo strazia, ed e figurato dalle serpi, cui altra donna lancia al cuore del brutale mancipio de’ vizii. Il Pongileoni non consente nell’ ammettere che i due dipinti allegorici, di cui sopra, chiuder debbano la serie delle Opere dell’ Allegri. Il detto autore allega e pone sotto la data del 1533 la pittura della Maddalena che superiormente rammentammo, e di piu nota la re- trodazione di 25 scudi d’ oro per parte di Pellegrino Allegri ad Alberto Panciroli, somma da questi anticipata ad Antonio che fu colto da morte prima di por mano all’ Ancona che sarebbegli stata dal Panciroli allogata. La letizia in noi destata dai continui e sempre maggiori successi e trionfi dell’ Allegri, se per un mo¬ menta fu interrotta da amarezza e da sdegno al ricordo del motto ignominioso, di cui fu fatto segno all’ atto del primo scoprimento dell’ Assunta; ora, anche dopo il volger di secoli, in noi si convene nel piu sincero ed intenso dolore! Eccoci al 5 Marzo 1534, giorno funesto, giorno nefasto, giorno da segnarsi con nera pietra! Avea di ben poco vercato il mezzo del cammino della umana vita; era giunto a quella piena virilita in cui la fiamma del suo genio poteva sprigionarsi in sempre piu vivaci lulgori e . . . . . moriva! VITA E LAVORI 95 Ma la malattia ? .... La durata ? . . . . Soffriva molto ? . : . . Ebbe conforti ? . . . . Silenzio e sempre silenziol Direbbesi sciagura cosi dolorosa, che fu sin grave solo il rammentarla! £ d’ uopo indurre ed argomentare, persino rispetto alle circostanze della sua morte; sicch& puo dirsi che quella sensivita e quel pudore di vergine natura che in vita lo adornava di si gentile modestia, in morte lo circondava di segreto e di mistero 1 Per potere alcun che affermare con sicurezza riguardo alia sua morte, bisogna riflettere ai fatti seguenti: negli ultimi anni di sua vita, e cioe dal tempo in cui, abban- donata Parma, si restituiva a Correggio, i lavori da lui compiuti furono relativamente assai pochi, in confronto di quelli che con febbrile attivita avea condotti negli anni precedent; Pellegrino Allegri restitui ad Alberto Panciroli 25 scudi d’ oro da questo anticipati ad Antonio nello stesso anno 1535 in conto della commessagli dipintura d’ un’ ancona. Da quest’ ultimo fatto puossi rettamente concludere che 1 ’ ultima malattia dell’ Al¬ legri fu pressocche improvvisa, 'certo breve ; poiclub tutt’ al piu possono esser decorsi due mesi e quattro giorni dallo sborso eseguito alia morte. Dal primo s’in- ferisce che la sua salute fosse da tempo alterata. Non ebbe Antonio Pontefici e Monarchi che lo assistessero e nelle loro braccia lo raccogliessero; ebbe le amorose cure, i sinceri conforti della sua famiglia e specialmente dell’ amatissima sua moglie, di cui possono argomentarsi con verita le pene e i dolori, pensando che, sebbene ancora giovane, poco stante seguivalo nella to mb a. Dei figli, Pomponio, dodicenne appena alia morte 9 6 ANTONIO ALLEGRI del padre, divenne piu che mediocre pittore; Francesca Letizia passava a marito con Pompeo Brunorio di una delle piu distinte e nobili famiglie di Correggio; di Anna Geria e di Caterina non e speciale ricordo; deces- sero forse in istato infantile o nubile. Allievi, dubitiamo col Martini ne facesse. Come, a parer nostro la sola natura fu sua Maestra, come gli aperse vie inesplorate e nuove; cosi niuno, compreso il figlio, valse a seguirlo. Che se V Allegri non ebbe scolari certi, nk imita¬ tor i cosi fatti da riprodurre anche loritanamente le piu eccelse qualita del suo concetto e del suo pennello; ebbe pero seguaci nel meccanismo della tavolozza, tra i quali Francesco Maria Rondani, di cui si voile gia una testa di San Giovanni, nella Galleria degli Uffizii a Firenze, che era attribuita da gran tempo all’ Allegri, Michel Angelo Anselmi, Bernardino Gatti detto il So- jaro e Giorgio Gandini. Della sua casa, certa solo 1 ’ area in cui sorgeva. Sulla sua immagine, opinioni varie e fiera lotta, probabilissima quella incisa da Giuseppe Asioli. A dare un saggio delle diligenti ricerche in passato fatte anche sopra questo speciale argomento, accenniamo ai seguenti documenti: i.° Il Barone Giuseppe Vernazza Segretario di Stato di S. M. il Re di Sardegna scrive al Bibliotecario Mo¬ denese in ordine al Ritratto del Correggio, e cosi si esprime « Essersi recato col Conte Massazza Capitano di quel Palazzo (La Vigna della Regina) e non aver rinvenuto il ritratto del Correggio ne’ termini descritti dal Cavaliere Azzara, e di aver rinvenuto nell’ anticamera della Regina cinque o sei ritratti uno de’ quali ha sulla tela la nota Antonins Choregius. Rappresenta un uomo VITA E LAVORI 97 di mezzana eta, dipinto in faccia, con lunga e folta barba, ma non e biondo. II colorito e oscurissimo, e non se ne conosce il pennello. 2.° Con Lettera 2 Gennaio 1782 dichiara la niuna esistenza in quella Corte all’ infuori del syiddetto ritratto, del quale il Tiraboschi avra ordinata copia, perche con successiva Lettera 7 Agosto 1782 se ne fa spedi- zione. 3. 0 Con altra Lettera 20 Novembre 1782 avverte che Lorenzo Pecheux primo Pittore del Re assevera essere il Ritratto del Correggio, che vedesi nella Vigna della Regina, antico e probabilmente coetaneo anzi lo stima copiato dalla immagine del Correggio colorita da lui medesimo, e con Lettera xi Dicembre 1782 lo giu- dica copiato da un originale del Correggio, ed aggiunge sembrargli di aver veduto in qualche chiesa o Galleria un quadro del Correggio, nel quale vedesi una figura che stimasi comunemente il suo ritratto dipinto da lui medesimo, ed affatto rassomigliante alia fisonomia espressa nel quadro che e in Torino. Finalmente in Lettera 28 Giugno 1786 scrive che Guttenbrunn, egregio pittore, nativo di Grems presso Vienna d’ Austria desidero di trarre copia del ritratto del Correggio. Il Conte Novellone attual Capitano della Vigna della Regina ne fece parola al Vernazza, il quale disse al Novellone, essersene cinque anni fa eseguita una copia per servigio di V. S. (ossia del Tiraboschi). Accennasi al desiderio di sapere se da tal copia sia stato cavato qualche disegno e intagliato in name, e se sia stampata la Vita che ne doveva essere adorna; e a compimento in Lettera 30 Luglio 1788 scrive che il supposto ritratto del Correggio e poi stato intagliato in name, e per far credere che fu dipinto da lui medesimo, MARcm- castellin: 7 98 ANTONIO ALLEGRI si e fatta, dopo le parole Antonins Chorigins, la giunta di una F che nell’ originale assolutamente non vi figu- rava. L’intaglio e dedicato alia Principessa di Pie¬ monte. A queste notizie sul Ritratto del Correggio aggiun- geremo quelle che si rilevano nelle Biografie degli Illustri Correggesi, e segnatamente in quella del celebre Minia- tore Antonio Bernieri altrimenti detto dei Gentilini. Un tal soprannome servi a distinguere la Famiglia del Miniatore Bernieri, che chiamavasi anche Antonio da Correggio, da quella del Cardinale, il cui Nipote Girolamo, Conte di Coenzo, dimoro in Parma, ed ebbe in secondi voti per moglie Bianca sorella naturale del Principe Siro. Da quel matrimonio naquero due figlie, una delle quali per nome Lucrezia, che maritossi il 27 Gennaio 1638 col Conte Casati di Milano. E cosi pure per distinguerla dall’- altra che sino a questi ultimi tempi ha esistito in Cor¬ reggio. In essa Biografia, che si conserva in questo Archi- vio di Memorie Patrie si legge: « Il detto ritratto era nella Villa della Regina fatto « intagliare dall’ illustre Signor di Valperga, e dicevasi « dipinto da Dosso Dossi, copia del quale fu mandata « dal Tiraboschi in dono al Dottor Antonioli per ani- « marlo a tessere la vita dell’ Allegri. Ma s’ inganno « su di cio qualunque scrittore, poiche il detto ritratto i « non e quello ne dell’ Allegri, ne del Bernieri, ma bens! I « di un soggetto, che fu Rettore di San Martino (Villa « Suburbana a Correggio) chiamato Antonio Correggio. « Nemmeno poteva esserne autore il citato illustre Pit- I « tore Ferrarese, che visse assai prima dello stesso « Sacerdote. » = VITA E LAVORX 99 Cosl estinguevasi quel Grande, che (gia esaurito^ a commendarlo ed esaltarlo ogni titolo di super' > • . eccellenza) il Viardot chiamava l'Aquila de’ Pittori. brillantissimo astro che straordinario appare, e breve corsa in campo etereo a noi visibile, trasvola ad. altri cieli ; cosi compieva il suo tragitto Aiuonio Allegri UASPETTO SI^MTETICO DEI LAVORI m ANTONIO ALLEGRI i k Parte Seconda f]ono scorsi secoli, e dopo che una schiera di illu- stri scrittori cogli studi piu accurati e col piu sottile ingegno trattava di Antonio Allegri e delle sue opere, poco piu rimane a dirsi, quando, se- guendo 1’ analisi, vogliansi riprodurre i momenti pre- ziosi di sua vita, o pronunziar giudizii sul merito de’ singoli suoi sublimissimi lavori. La stessa sua modestia, 1 ’ amore che lo stringea al luogo natale ne gli consentiva di allontanarsi da questo se non per breve distanza, F avversione a cercare appoggio nella protezione de’ Grandi ci faceano perdere importanti particolariti della sua vita, e toglieano non poco ne’ primi tempi di venerazione e lustro alle sue opere. Ma quantoppiu quella grande anima sentiva non 204 ANTONIO ALLEGRI II mondano rumor altro che un fiato Di vento che or viea quinci ed or vien quindi E muta nome perche muta lato; tanto piu nelle sue solitudini e nella sua vita modesta e ritirata pensava, meditava e lavorava per creare all’arte nuova un ciclopico monumento. E di vero lo creava aere perennius• io creava di siffatta guisa che, mentre quasi in un istante ottenevasi immenso, illimitato progresso sulla grande Arte antica, rendevasi sinora impossible, salve le ragioni del vero e del hello, estenderne gli ardimenti non tanto, ma ben anche solamente calcare le stesse orme, da lui con tanta sicurezza eroicamente impresse. Sicche nulla di piu giusto del grido di entusiasmo rnisto a terrore, in cui usciva un suo biografo: Egli continuamente cammina spedito suU J orlo della eresia pittorica, ma non vi cade mail! E nulla del resto di piu naturale della inutilita degli sforzi finora fattisi se non per superarlo, almeno per imitarlo. L’ ingegno creatore prevenendo 1 ’avvenire, preoccupando i secoli, ne riassume e ne assorbe la po- tenza. Dopo lui, pare quasi che la natura, per 1 ’ opera laboriosa di una straordinaria creazione, rimanga affie- volita; se pure non e piu vero che essa, la gran Madre, attende pazientemente che la generality degli uomini divenga capace e degna di quello slancio cui abbando- navasi 1’ ingegno creatore, attende che 1’ umano gregge abbia abituati i deboli occhi, dapprima abbacinati, a raccogliere e ad ammirare il novissimo vivido lume. Ma se nel campo analitico, sia per la storia che per la critica, sopra le notizie e sui fatti sinora accertati e arduo aggiungere una sola pietra alia gran mole eretta dalla Letteratura a celebrare il nome di Antonio Allegri; ASPETTO SINTETICO non e, a nostro avviso, a dirsi altrettanto, allorche cer- chisi di raccogliere in uno il numero grandissimo de’ suoi lavori, e, ravvicinati in un tutto, od in gruppi, si studino attentamente i loro rapporti, le simiglianze e le differenze. E mai possibile, che la mente vasta ed acuta, il cuore delicatissimo del grand’ uomo si arrestassero, si circoscrivessero ai singoli lavori che man mano uscivano dal suo pennello e fossero, mi si permetta il dirlo, affatto assorti dai pochi metri di tela o di muro, cui infondeva una vita si gagliarda e rigogliosa? Non e piu naturale che quel potentissimo, quel sommo ingegno fosse tratto a stabilire nessi tra lavoro e lavoro, e che nudrisse un concetto generale direttivo, ed avesse una idea madre, che tutti o quasi tutti li ispirasse, ed a cui tutti si rivolgessero? Quanti putti e come varii! . . . Quante donne e specialmente quante madri in tutti i momenti ed in due distinte eta della materna epopea! . . . Or non e questo, se non 1 ’ unico, certo il princi- pale aspetto sintetico delle Opere dell’ Allegri? Ei creava il Poema piu grande alia Maternita! Io, Leda, Danae! Vedute ne’ dipinti di quel Grande, il pensiero piu non si adima in brutali passioni, ma si aderge e si sublima in miti che adombrano pro- fondi pensamenti, in simboli che esprimono i piu nobili sensi. E la brutalita piu schifosa invece si rav- visa ne’ successori di Gustavo Adolfo, i quali per lungo tempo permisero che que’ portentosi lavori servissero di chiudende alle regie scuderie di Stoccolma, e nel Duca d’ Orleans che due di essi fece mettere in pezzi. Come mai potrebbesi sol per un istante ammettere che la volutta soltanto ispirasse tante grazie, tanta ANTONIO ALLEGRI 106 venusta e quel che e piu tanta effusione di candido affetto? Io, Leda, Danae sono fecondate dal Sommo Giove, dallo instancabile Amatore Divino, da quell’ Amore che fa tutte cose belle. Ed Io diviene la Iside che da vita alia egizia civilta; Leda genera Elena e Clitennestra, Castore e Polluce, e doe la bellezza e la forza; di Danae nasce Perseo, e cioe il valore congiunto all’ ardire e alia prudenza. Venere ed Amore dormenti, o, come con piu ragione si e da ultimo giudicato, Antiope , la vezzosa figlia di Nitteo re di Tebe. Essa pure, quasi raggi di Giove, della somma sapienza, del primo amore, genera Anfione e Leto, e cioe la Musica e la Coltura de’ campi; essa e la nobile origine, la benefica fonte della umanita e gentilezza de’ costumi, degli onesti piaceri, del lavoro che alimenta, che fortifica, che produce. Ma, annun- ciando essa e propugnando novita, deve essere male accolta ed osteggiata dal piu degli uomini, di cui cerca il miglior bene, deve peregrinare pel mondo, e vivere infelicissima vita; confortata pero ed illustrata dalla grande missione de’ suoi parti portentosi. Scuola od Educa^ione di Amore. Se oltre ai solid pregi proprii del grande Maestro, e cioe la grazia in- comparabile, la naturale distribuzione di chiaro-scuro, il pennelleggiare sicuro e delicato, alcuno ammira in Mer- curio 1 ’ esultanza del Maestro ai progressi del discepolo, altri in Cupido la infantile amabilissima attenzione alia lettura, che rivela un ardente desiderio di apprendere e di ottenere una parola di lode; a noi pare di gran lunga piu ammirabile la figura di Venere, del resto principale del quadro, che in una posa elegantissima, accennando col sinistro braccio al diletto suo nato e formando ASPETT0 SlNTEtrCO lOJ sovr’ esso della gentile persona un graziosissimo arco, quasi a protezione e difesa di oggetto vezzosissimo so- vranamente prezioso, fissa in tal guisa lo sguardo, che mentre ti rivela la Madre che medita i proprii doveri e degli stessi si piace, pare che attenda dal riguardante una congratulazione ben meritata. Questa Venere e rappresentata con I’ ale, e tale singolarita die’ luogo a molte interpretazioni. Ognuna che studio di indovinare il concetto dell’ artista ne esprimeva una diversa; nessuna di esse , benche pieni di rispetto verso il Mengs, il Ratti, il Rosini, il Martini, a noi pare accettabile. Pero 1 ’ aspetto sintetico, che no! cerchiamo di svolgere, rende, se non erriamo, molto facile la risoluzione de’ lunghi dubbii. Per 1 ’ Allegri la Madre, fosse pure stranamente favolosa, quando esercita le funzioni della Maternita assume degli Angeli la natura e la forma! Venere. seduta con Amove che la hacia. Di questo quadro facciamo cenno solo perche 1’ argomento dello stesso e un ulterior conferma del nostro assunto. Ma disgraziatamente null’ altro ci e possibile aggiungere, non conoscendosi f originate e neppur copie o riproduzioni, e solo restandone la menzione nell r Inventario della Quadreria de’ Conti Gonzaga di Novellara. Venere che toglie V arco ad Amove. Sebbene il Martini, dichiarando di ignorare su quale fondamenta questo quadro sia attribuito al Correggio, mostri di dubitare della autenticita dello stesso, e sebbene i nostri giudizii si pronuncino sopra la copia che si conserva in questo Palazzo Comunale; pure a noi pare certo che un serio esame di quel quadro debba condurre ad una perfetta persuasione che i piu speciali caratteri delle pitture dell’ Allegri trovansi in esso eminentemente rac- io8 ANTONIO ALLEGRI cold e che deve noverarsi tra i capo-lavori di quel Grande. Venere vuol casdgare il capriccioso e petulante fi- gliuolo, che forse ha abusato dell’ arme sua. Gli ha percio tolto V arco, che dene nella mano sinistra alzata sulla testa, e mentre con infinita grazia abbandona all’ indietro la persona per allontanare sempre piii 1 ’ arco, trova pur modo di piegarsi verso Cupido, cui, per materna tema che possa cadere, stringe il brae- cio sinistro ed offre al destro sgabello di suo ginocchio. Cupido, quanto piu puo, si allunga e cerca di ria- vere 1 ’ arco e sta per afferrarlo perche la Madre ondeg- gia tra il dovere che la consiglia a correggere il figliuolo c 1 ’ amore che la trae a secondarne le voglie. Ma la natura soccorre alle sublimi debolezze della Madre, ed un Satiro che sbuca dalla vicina selva compie il ca- :stigo che la Madre esitava ad applicare, involando a Cupido il turcasso. Non ultimo argomento a favore di questo quadro ;si e che era inciso dall’ illustre Morghen. Le tele sopradescritte equivalgono certo a Canti piu che sufficienti a celebrare la Maternita pagana e spe- cialmente la mitologica. Debbesi pero notare che a 'questa parte del grandioso suo Poema, il Correggio pose tnano negli ultimi anni della sua troppo breve vita, giacche quelle composizioni si comprendono nel periodo che corre dal 1521 al 1532. Che mai avrebb’ egli ag- giunto se, vivendo, avesse potuto trattare argomenti di Maternita romana? E cio puo bene escogitarsi e deve dirsi a somma lode di lui, quando si consideri che i principali de’ quadri teste menzionati furono all’ Allegri commessi da Federico Gonzaga, Marchese, poi Duca di Mantova, per presentarne Carlo V.°, per consiglio od ASPETTO SINTETICO 10 ^ almeno dopo consultazione e parere di Giulio Pippi a Giulio Romano, il prediletto allievo di Raffaello, l’erede de’ disegni e delle commissioni di lui! * Benche storicamente prima, la Pagana Maternita fa dall’Allegri illustrata dopo la Maternita Cristiana, e quando* non era lontano il termine de’ suoi giorni. Ma se la im- matura morte ci lasciava nell’ ardente desiderio ch’ egli avesse celebrati altri fasti della Maternita antica; nulla, ei preferiva, nulla lasciava in disparte o nell’ ombra di quanto potea valere a renderci cara, amabile, seducente r sublime la Maternita moderna. Che anzi tanti e si sva- riati sono gli aspetti, ne’ quali ce la presenta, che arduo^ compito riesce il tentare di riassumerli, come ora faremo, Chi abbia acquistato sufficienti cognizioni dei lavori dell’ Allegri, Volga il suo pensiero alia Nativita di Ma¬ ria, alio Sposalizio della stessa, alia Nascita del Reden- tore o Notte, al San Girolamo o Giorno, alia sorpren- dente serie di Madonne e specialmente alia Madonna che adora il Bambino, alia Madonna lattante il Bambino* in presenza di San Giuseppe, alia Madonna che lo ca- rezza, alia Madonna che piegasi a cogliere un fiore, alia Madonna che veste, a quel la che sveste il figlio, alia Madonna col Bambino che si sveglia, alia Madonna con San Giovannino, o con putti che fanno festa al Bambino- o con lui scherzano, alia Madonna guancia a guancia col figlio, alia Fuga in Egitto, ai Riposi, alle Sacre Famiglie.poi chiegga a se stesso se in guisa piu vera, piu afiettuosa, piu sublime potevansi non che descrivere e rappresentare, ma poeticamente celebrare i tanti principalissimi atti e momenti della Maternita! E chiegga pure a se stesso se fuvvi mai chi nell’ arte della Pittura valesse come 1 ’ Allegri a rendere divina la amanita e ad avvicinar tanto il cielo alia terra! no ANTONIO ALLEGRI Ma il portentoso Figlio ha una missione altissima da compiere, deve rigenerare la umanita! Presto quindi si stacca dagli amplessi materni, e lanciasi in mezzo al mondo, di cui sara il Martire piu grande, ma che mo- rendo, dovra conquistare. Se la madre non appare nelle cose prospere e ne’ trionfi, e pronta nel dolore e nella morte. A cio ne richiama la c Deposi%ione, mentre Y As- sunta e la Incoronata ci recano la piu. splendida apoteosi della Maternita. Ora bello sarebbe dalla Nativitd di Maria alia In¬ coronata toccare di ciascuna tela, di ciascun disegno, di ciascun fresco; ma troppo sarebbe a dire, e forse la esatta rassegna parrebbe poco propria di questo discorso. Percio, benche a malincuore, restringeremo le nostre osservazioni ed alcuni soltanto degli accennati lavori. Annuncia^ione. Affresco nella Chiesa omonima di Parma. — Maria allora ha conosciuto di essere Madre. Splendida di verecondia, si rivolge in se stessa, ed as- sorta nella sua innocenza gioisce e trema a quel pensiero, quasi presaga de’ guadii come de’ futuri dolori. Notte o Nascita del Redentore. A chi voglia cono- scere gli innumerevoli pregi artistici di questo capo- lavoro, che conservasi nella R. Galleria di Dresda, ac- cenniamo il Pongileoni, il Ratti, il Bellori, il Mengs, il D’ Agincourt, per tacere di parecchi altri. Ne ci fer- meremo su quelle particolarita del quadro, che si per la idea che per 1’ effetto e da tutti indicata come un por- tento, vogliamo dire della luce che parte dal Bambino, diffondesi e si riflette sui circostanti e sugli stessi Angeli, anche perche ci pare che V eccesso della ammirazione di tale particolarita, come P eccesso dello zelo, nuocia anzi che giovi, traendo a stabilire che Y Allegri curasse, come una risorsa, gli effetti forzati e la convenzione. ASPETTO SINTETICO II I Noi siamo attratti a guardare, ad ammirare la Madre. Dessa infatti e la figura che prima si presenta e che crediamo a disegno, collocata nella posizione principale del quadro, come sovrastante al Bambino. Quale piena di affetto in quel volto, in quell’ atteggiamento! Non ti rivela, fissandola, tutto il tesoro delle idee che si suc- cedono nella sua mente e de’ sentimenti, che sotto una apparente quiete estatica pongono in tumulto il suo cuore? Non vedi che da quella quiete stanno per escire e prorompere baci sulla fronte, sulle guancie, sulla bocca della sua creatura? Per yero, se altri a somma lode di quest’ opera insigne ravvisa in essa « tutti i numeri dell’ arte » o « quell’ artifizio profondo che e il colmo della perfezione » noi invece nella stessa piu special- mente ammiriamo la natura ritratta al vero, la natura nella sua belta, nella sua purezza, nella sua divinita, noi ammiriamo il celeste concetto della Maternita rappresen- tato e celebrato con forme le piu reali, ma cosi attraenti, che ti rapiscono e ti spingono all’ entusiasmo. Zingarella o Madonna del Coniglio. In Napoli. La Madre seduta in terra tiene il figlio addormentato sulle ginocchia; colla piu vera espressione dell’ immenso amore che la domina s’ incurva al fanciullo, e legger- mente posa il capo ardente sulla fronte di lui, mentrecche in atto di mirabile naturalezza colla destra mano ne cerca e raccoglie, quasi a riscaldarli, i piccoli piedi. Per vero, ragionevole e fondata deve riconoscersi la tradizione che 1 ’ Allegri ritraesse la propria moglie in questa affettuo- sissima Madre. Madonna della Seala. Alfresco trasportato nell’ Ac- cademia di Belle Arti di Parma. Ripetiamo parole del Martini perche stimiamo che nulla di meglio possa dirsi, e perche in questo luogo, come in molti altri, costitu- 112 ANTONIO ALLEGRI iscono autorevole argomento a dimostrazione del nostro assunto « Con pochi segni, senza sforzo, con un ab- bassare amoroso della pupilla dice quanto puossi imma- ginare di una Madre e da una Madre intendere, allorche la vezzosa, la diletta creatura delle proprie viscere la careggia ed abbraccia, come fa il sorridente Bambino di questa si gentil composizione. » Giorno o San Girolamo. Nella R. Pinacoteca di Parma. Non presumiamo di fare una novella illustrazione di questo maraviglioso capo-lavoro. Riassumiamo i giu- dizii del Mengs, che in esso afferma rinvenirsi la espres- sione e la precisione di Raffaello, le tinte di Tiziano, F impasto di Giorgione, la verita e caratteristica esattezza di Wan-Dych, lo spazioso di Guido, il gaio di Paolo Veronese con quella tenerezza e delicatezza che solo il gran Correggio possede. Soggiungiamo le seguenti parole del Martini che spiegano come questo quadro fosse chiamato II Giorno. « Per avere una idea del portentoso effetto di questo dipinto, nel riguardo della luce, sappi che, allorquando 1’ ora imbruna e dilegua dallo sguardo le cose, se entri (massime al tempo estivo) nella stanza in cui il San Girolamo, come in suo tempio, e collocato, quelle figure appaiono tuttor visibili e sembra che da loro non dipartasi quella luce che da tutto il resto si toglie. Non e illusion poetica, e fatto ripetutamente sperimentato da quanti usano alia pinacoteca parmense: pero il San Girolamo a buon diritto fu chiamato II Giorno, che in questa parola, chi ben consideri, e tutto quanto puo dirsi di tale miracolo di pittura. » Ed ora uno sguardo al nostro tema. In mezzo del quadro signoreggia la Madre che amorosamente contem- pla il Bambino, mentre questi stende il braccio destro verso il volume delle opere di San Girolamo ed abban- dona il pie sinistro in mano alia Maddalena. A'SPETTO STNTETICO IIJ Voi non potreste certo dire senz’ altro che quest© quadro rappresenta la Scuola o la Educazione di Gesu, che cio urterebbe col concetto della sua divinita e ren- derebbe piii flagrante P anacronismo rispetto a San Gi¬ rolamo, quando gli si attribuissero le parti di Precettore. Ma potrete ben dire che Gesu sino dalla sua infanzia alle amorose cure della Madre rispondea col dimostrare tale ardore verso le severe discipline, tale pieta ed affetto verso chi molto amava, che sin d’ allora potea presagirsi com’ egli avrebbe provocati miracoli simili a quelli della Maddalena e del San Girolamo, facendo si che quella si liberasse da tutto che di basso potea essere negli ardentissimi afFetti di cui era capace, e togliendo questo ad una vita brillante ma vana ed oziosa, per consacrarsi lungi dagli uomini a studii gravi, pesanti, penosi. Eccovi la Madre che lietissima assiste al prim© manifestarsi di idee e di afFetti nobili nel Figlio, 1© incoraggia carezzandolo e sorride pregustando i futuri successi e trionfi di lui. Madonna della Scodella. Nella R. Pinacoteca di Parma. « La Madre,, dice il Martini, in sembianza di chi, sostenuti dolori e fatiche, posa la persona e P animo, ha fra le ginocchia il Figliuoletto non piii Bambino. » Questa pittura che veramente parla al cuore, e che fu reputata degna di far riscontro al San Girolamo, se ebbe il nome di Madonna della Scodella dalla tazza die la Madre stende al putto in ombra, e da tutti pur detta un Riposo della Sacra Famiglia nella andata in EgiUo. A noi pare (esprimiamo una opinione che sem- braci fondata) sia invece un Riposo nel ritorno dall’ E- gitto. Per vero: Gesu non e piu bambino, e un grazio- sissimo e vispo giovanetto, e la Madre, sebbene beta MARCai-CASSTKLLlKI $ ANTONIO ALLEGRI della gaiezza del figlio e sorridente alia elegante e feste- vole mobilita di Lui, pur raostra qualche languore e certa spossatezza propria di chi compie, non di chi incomincia un lungo viaggio. Sicche stimiamo che le stesse succitate parole del Martini, il quale pure chiama questo quadro un Riposo nell’ andata in Egitto, valgano invece a sostegno della nostra opinione. E rispetto alia Maternita quanto mai potrebbesi aggiungere! Osserviamo solo che la Madre sebbene stanca, e forse in cuor suo profondamente mesta, pure si occupa costantemente, piu che di se, del figlio, cui forse allora allora ha di sua mano porto cibo o bevanda. II figlio con movimento fanciullesco di una naturalezza e di una grazia inimita- bili, si volge al riguardante, cui sorride con dolcezza celestiale, e pare lo inviti a contemplare sua madre e a dirle che e la piu belia e la piu buona di tutte le creature. Non possiamo ommettere la Madre con tre bambini (forse anch’essa una Madonna, forse la Provvidenza, forse la Carita che alcuni tolgono al Correggio per attribuirla ad Annibale Caracci) che si conserva tra i quadri di perti- nenza del Municipio di Correggio. Sebbene abbia sempre fatta parte delle antiche e tradizionali copie delle opere del gran Maestro, noi non siamo fortunati al punto di poter dare alcuna notizia dell’ originale. Ma fatta la debita parte alia infelicita del copiatore, pur traspare tanta grazia correggesca da quella tela, che ci e mestieri soffermarci anche su di essa. Troppa materia manife- stamente abbiamo del resto a trar prove evidentissime del nostro assunto, perche non possa dirsi che poniamo in rilievo questo quadro solo pel motivo che ci torna ; vualmente a proposito e singolarmente ; calza al nostro larvomento-. ASPETTO SINTETICO XI 5 La Madre e inginocchiata sulla gamba sinistra e su questa si asside. II primo bambino, disteso sulla spalla destra della madre, si regge stringendo 1’ indice della mano destra che la madre graziosamente e tutta sorridente gli porge, e che in pari tempo allunga le labbra per incontrare quelle del bambino. Quesci riso- lutamente piegando la sua testolina mostra di anelare i materni bad. L’altro bambino, abbracciando il ginocchio destro della madre, succhia il latte dalla mammella de¬ stra con indicibile compiacenza. Il terzo, seduto sul ginocchio sinistro della madre, e col braccio sinistro da questa sorretto ed abbracciato. Quest’ ultimo e volto verso il riguardante, concetto ed atteggiamento che tro- vansi in gran parte de’ quadri dell’ Allegri; e colla destra manina segnando il petto scoperto, e quasi cercando di meglio scoprirlo, par voglia invitare e provocare lo spettatore ad ammirare una scena si gentile, si amabile, si commovente. — Non manca in fondo il consueto amenissimo paese = A chi toccasse in sorte di con- templar 1’ originale, non correrebbero forse spontanei sulle labbra i versi del celebre sonetto: Qual madre i figli con pietoso affetto Mira e d’ amor si strugge a lor davante . . . ? Tietli o Deposi^ione dalla Croce. Nella R. Pinacoteca di Parma. — La Madre accoglie fra le ginocchia il cadavere del Figlio e sviene. Lo avea seguito al luogo del supplizio; ai tormenti che il diletto Figlio pativa, con sovrumano sforzo non mostro di commoversi; forse gli sorridea per confortarlo; reclinato anche il capo sulla croce, essa spera sempre che un soffio di vita gli rimanga. Ma il gelo della morte toglie ogni illu- sione alia infelice che cede alia piena del dolore e sta cssa pure per esalare lo spirito! ANTONIO ALLEGRI 116 Vi ha materna virtu, vi ha passione materna com- parabile a questa? E vi ha poeta che piu vivamente, piu affettuosamente 1’ abbia celebrata?. Assim^ione di Maria. Affresco nella Cupola della Cattedrale di Parma. — Rovesciatela, empitela d’ oro, ne 1’ avrete pagata quanto vale! = Queste parole nelle quali per tradizione manifestamente veritiera affermasi prorompesse Tiziano Vecello, allorche, passando nel 1543 per Parma diretto a Busseto col seguito di Papa Paolo III.°, fu invitato ad osservare quella Cupola e ad esprimere su di essa il suo parere, terranno luogo per noi di ulterior descrizione e di commenti. « E se il Vecellio fe’ si gran schiamazzo Quando ei fu a Parma per 1 ’ Assunta a fresco », come canto il Boschini; e d’ uopo concludere che tro- vossi in presenza di un portento. Dante solo, ne crediamo di essere trascinati da eccessivo entusiasmo, Dante solo che di necessita debbe ricorrervi alia mente, ammirando questo dipinto, potea trovare immagini e parole atte a ritrarne le sovrane bellezze ed a produrne nel lettore un vivo e giusto concetto. Oppressi da maraviglia e da stupore’, timorosi torniamo al nostro tema degno al certo di penna piu della nostra valente. La Madre sta per ottenere il premio di tante amorose cure, di tante virtu, di tanti dolori. Perche non resti il dubbio piu leggero che la gloria, a cui Maria e assunta, si destina alia Madre, osservate: e Gabriele che discende dal cielo ad incontrarla, e quello stesso Arcangelo che le annunciava, benedicendolo, il frutto del suo seno. Osservate pure che fra le celebri donne dell’ antica Legge sovrasta la prima Madre, Eva, che giubilante pare slanciarsi verso Maria. Osservate ancora quel bambino che stendesi sul ASPETTO SINTETICO I 17 fianco di Maria, ed introdotte le braccia sottesso un lembo del manto che la ravvolge, pare aver cura di tenerlo sollevato, perche troppo non gravi sul petto della Madre; poi ditemi se questi non sono divini canti alia Maternita! E questo bimbo pure e volto al riguardante e lo incita, se pur fosse d’ uopo, ad estasiarsi in quel mi- racolo di umilta e di grandezza, di grazia e di vigore, di popolare e di regale, di terreno e di celeste, che e la Madre assunta alia eterna gloria. Incoronata. Affresco nel Coro di San Giovanni in Parma; ora nella Biblioteca Regia Parmense. Non basta che il Pittore - Poeta della Maternita ne abbia rappre- sentata la sublime glorificazione coll’ inimitabile dipinto, di cui superiormente si fece cenno, ei seppe trovar modo di renderne l’apoteosi talmente grande, siffattamente eccelsa che altri non sapesse piii mai immaginarne maggiore. II Figlio-Dio nella stessa sua celeste sede crea Re¬ gina la Madre, ed il serto che di sua mano le depone sul capo e formato di stelle! Chi puo descrivere quella modestia e quella grazia ed in uno quella grandezza d’ animo e quella alterezza che si rivelano dalla figura della Madre? Essa, incrociate le braccia sul petto, porta avanti il sinistro omero in modo che par voglia allontanarsi dal Figlio, mentre poi in atto modestamente regale inclina verso Lui il capo per ricevere la corona. Non nel nobilissimo volto sol- tanto, rna in ogni movenza di quella figura si legge a splendidi caratteri la forte interna lotta tra la umilta ed il sentirsi pur non indegna di tanta onoranza. Questi tratti, se non erriamo, offrono sufficienti ragioni e fatti a dimostrazione del nostro assunto. Po- ANTONIO ALLEGRI 118 tremmo ancora e a lungo proseguire nelle nostre osser- vazioai. Ma la ricca e sublime materia vince 1’ umile lavoro, e tale e tanta ci si appresenta da rompere forze ben altramente euergiche e poteati delle nostre. Siamo quindi costretti a riassumere quanto sinora discorremmo, e, col rincrescimento di chi deve distac- carsi da persona dilettissima, cui pero presso che inutile sia 1’ opera sua, la sua servitu, a por termine a cio che riguarda 1’ immortal nome, al quale per primo s’ intito- lava il presente scritto. Se in esso vi ha akun merito, quello si e di esserci nella esposizione e nelle analisi acquietati solo alle sen- tenze che dopo accurato e coscienzioso esame ne parvero alia verita piu conformi, o perche da documenti sorrette, o perche appoggiate a fatti irrecusabili. Osammo tentare nuova via, e dalla osservazione delle parti ci portammo alio intero, dall’ analisi alia sintesi, ed allora 1’ ossequente figlio, 1’ affettuosissimo marito, il padre amorosissimo, 1’ ottimo cittadino, l’im- mortale pittore ci apparve anche Poeta, ci apparve cias- sico autore di una grande Epopea della Maternita, in cui agli ardimenti di Lodovico Ariosto si accoppiano V amorosa grazia e la severa austerita dell’ Alighieri. A questo grand’ uomo la patria, 1 ’ arte, la civilta doveano da secoli un monumento. Ma quanto piu a lungo erasi atteso, tanto piu dovea essere di lui degno. Ma il grande Artista solo potea ritraersi e farsi rivivere da akro grande Artista. Fortuna alfine ci sorridea e 1 ’ opera insigne, con grande animo accettata, col piu nobile disinteresse e colle cure piu amorose condotta, ora e splendidamente compiuta dallo- scalpello di Vin¬ cenzo Vela! VINCENZO VELA VITA E LAVORI is 3^J| = ^ ; El| = Jrb « ch^J|^ _ ?rB : ^J| = ^rfa is ch^JI^^Fgl? da una Fotografia Vincenzo Vela [’art £ Teaz a tremv'azux: . .;fr'r>mc?V;/ . sr rK i;; : lo til Antonio Aliegn c . ora che diamo alcuni ce» : di ■ esftro di quelia scuoja lombarda, k qirale c stata cJ pur sempre canto • beriemerita dell . italiana. Ma sincera gratuudme cbe da ..noi gli b )e i uta e che alti mente se-ntiamo, F ammirazione che hanno destate c destano quel fortissimo ingegno, qr la n cc •- enti sima, ci vietano di tacere, come la nosta- ; .cen; ci consigliava e come forse avrehbt voluto ?a -eru.b modestia, di cui' quel valentissimo si adoma era, con altre grandi virtu, vbamente dc r : <; l > aveva la buoiia sorte di . vederlo e di La parola e data all ttomo per o ;>ru » . '' 'k ■./ S .• ~v 'Jfi \ V ■ • ■ !r- v ^ .4.;/&« ^ ,, Parte Terza a trepidazione che ci commovea, scrivenda di Antonio Allegri e de’ suoi lavori, non ci lascia Jora che diamo alcuni cenni di altro insigne ma¬ estro di quella scuola lombarda, la quale e stata ed e pur sempre tanto benemerita dell’ arte italiana. Ma la sincera gratitudine che da noi gli e dovuta e che alta- mente sentiamo, 1’ ammirazione che hanno destato e destano quel fortissimo ingegno, quella mano potentis- sima, ci vietano di tacere, come la nostra insufficienza ci consigliava e come forse avrebbe voluto la gentile modestia, di cui quel valentissimo si adorna, e che ci era, con altre grandi virtu, vivamente descritta da chi aveva la buona sorte di vederlo e di seco intrattenersi, La parola e data all’ uomo per coprire i proprii pensieri, sentenziava un famoso scettico. Ma fortunata- 122 VINCENZO VELA mente tale desolante massima non di rado si dimostra falsa; e tra quelli, che piu completamente la smentiscono e il venerando Vincenzo Vela. Tenteremo di riprodurre sue osservazioni fatte la in mezzo agli ameni, ai bead colli della sua Ligornetto e riferiteci da chi con religione ascoltava quella parola semplice, chiara, pittoresca, direi quasi scultoria, quella parola che, come limpidissimo specchio, riflette il bello e grande animo di lui e cost pur anco spiega le norme ch’ ei segue nel culto e nello incremento dell’ arte: « Osservate!.La luce, i toni, i colori sono « sempre varii a seconda de’ luoghi. Crescono le di¬ ce stanze ? crescono pure le differenze. Dite lo stesso « degli uomini! . . . Se un artista meridionale viene in « mezzo a noi, dovra adottare le nostre tinte relativa- « mente fredde; se uno di noi va a Napoli dovra ri¬ ce trarre que’ colori smaglianti .... A Napoli non si cc dipinge colla luce di Milano ne viceversa .... Cia- cc scuno deve interrogare il cielo e la natura che lo « circondano, e bravo e quegli, che in ciascun luogo cc in cui si trova o finge trovarsi, avvezza 1’ occhio e « la mente a saper francamente e senza tema imitar la « natura .... Quello pero che 1’artista vede ed imita, « deve diventar suo, perche egli deve trasfondersi nel « lavoro che fa, se vuole che veramente sia suo .... « Nella pittura siamo stati in decadenza, ma ora i na- « poletani specialmente hanno gia cominciato a prendere « la rivincita sugli stranieri. Nella scoltura, napoletani « e romani han vinti tutti nella mostra di Torino. Io « stesso per verita e per giustizia debbo dirlo ». La ragioae per cui ci studiammo di riprodurre queste sentenze del Vela, in breve si parra manifesta. Ora pero non possiamo ommettere di indicare che VITA E LAVORI 123 le parole del Vela sulla riscossa de’ napoletani corrispon- dono a capello con previsioni che formava il nostro Luigi Asioli e che ci comunicava poco dopo la grange Esposi- zione universale di Parigi del 1867. E nemmeno possiamo lasciar di notare 1’ analogia con quelle parole di quanto L. Chirtani, il traduttore del Viardot, scrive in proposito della rnostra di Torino nella Illustra^ione Italiana : « L’ arte non s’ impara senza studii lunghi, ostinati, cc pertinaci, continuati senza posa; ma quando non da « altro che 1’ eco degli studii sudati sugli antichi, e arte (f mo-rta, b bugia, b F effetto di una ossessione, e un « morto che lavo-ra senza lena nel corpo di un vivo Benche nel concludere i suoi studii, il Chirtani non trovi la pittura meridionale immune da diffetti, segna- lando anzi che in generale assume facilmente aspetto vitreo ed e parago labile a certe splendide stoffe orien- tali, superbe d’ intonazione e di disegno, ma di un tes>- suto non molto consistente; pure, prima con frasefeli- cissima afferma che F odierna pittura napoletana e una squisita poesia sprigionata da scene le piu realiste; che i napoletani danno F anima propria nelle proprie tele; e che alia scuola francese, prima in Europa poco fa, ora i napoletani fanno potente concorrenza, sicche puo dirsi che quella decade. Un ragazzo, come Francesco Paolo Michetti, ei dice, un abruzzese calato giu da’ suoi monti con ben poca istruzione, un bardassa che al suo giun- gere in Napoli non e accettato alia scuola del nudo 7 .... ora offusca le celebrita. Fatto cenno come di previsioni, cosi di giudizii posteriori che collimano colie parole del Vela; noi a queste riferendoci, quaii priticipalissimo argomento di autentica interpretazione delle sue opere, diciamo che se il Vela ha fatto lunghi e profondi studii sulFarte antica, 124 VINCENZO VELA lunghi pure e senza posa continuati sono stati e sono i suoi studii sulla realta; che dalle pastoje del classici- smo si e risolutamente sciolto e che di esso conserva traccia solo allora che il tema lo esige e sarebbe errore far altrimenti; ma il vero e 1’ obbiettivo suo fisso, co- stante, vagheggiato e la natura sua guida. Per molte ragioni ci intratteremo specialmente di di questa tesi. Tocchiamo di alcune. E fuor d’ opera tessere elogi di chi per unanime consenso di tutte le nazioni civili ha la sua sede gia assegnata tra i primi, piu valenti e piu celebri scultori della eta nostra. Poi tale, gia 1 ’ accennammo, e la modestia di quell’ animo franco, leale, delicatissimo, che se non isgradite e moleste, le lodi lion gli sono guari accette. Preferiamo percio di fermarci sul suo stile, sul metodo e sulla scuola che segue. E curioso ed a primo aspetto inesplicabile come alcuni notino in Vela il classicismo o la convenzione ed altri troppo verismo. Fra i primi ben di buon grado scegliamo Silvio Corradino, perche del resto dimostra tale rispetto e tale amore al Vela e con tanto ardore difende il Ferrari ed il suo Cum Spar taco pugnavit, che le parole di lui hanno 1’ impronta di un animo onesto e convinto di quanto afferma e percio meritano di essere specialmente riferite. Parlando dello Spar taco del Vela, dice: = E il « Vela prima di lui (del Barrias) ne avea gia rappresen- « tata 1’ azione (dell’ uomo straordinario che avea pro- « clamato sul Campidoglio = La for^a b il diritto) = « collo Spartaco combattente = lo Spartaco simbolo della « audacia, del diritto, simbolo dell’eroismo, che prima della « grande battaglia decisiva, in cui moriranno di ferro qua- VITA E LAVORI I2 5 « rantamila de’ suoi, uccide il suo cavallo dicendo che « se vincitore, ne avrebbe trovato uno nel campo de’ « nemici, se vinto, non ne avrebbe avuto bisogno. . . . « II Vela (nello Spartaco) convenzionale ancora — non « di forma certo — ma di concetto. ...» Cio che il Corradino qualifica convenzione, a noi sembra necessita del tema, speciale natura od almeno abitudine inveterata del soggetto, e quindi non conven¬ zione, ma verita. In quale modo potevasi concepire Spartaco, spe- cialmente quando combattea 1’ ultima decisiva battaglia, prima della quale, col proposito di pugnare corpo a corpo, a coltello e con ogni mezzo che la disperazione possa offrire, uccideva il suo cavallo ed usciva nelle eroiche, nelle classiche parole riportate dal Corradino, e durante la quale vedea cadersi dintorno le migliaia de’ suoi, in qual modo, diciamo, potea concepirsi, se non come 1’ antico gladiatore, 1’ antico pugillatore, ruggente di bellico furore, anelante la strage, ma pur sempre posando, movendo, lanciandosi a guisa di classico atleta? Forse chi, sebbene fremendo ed imprecando, avea veduto centinaia de’ suoi compagni o connazionali od amici sgozzati, solo perche le versae mantis di capric- ciose o spietate Vestali faceano notare che, feriti in barbarici ludi, erano caduti poco drammaticamente, non dovea delle pose e delie movenze aver fatto uno studio, sino a diventar queste abitudine e seconda natura? — Come mai, se altrimenti fosse stato, avrebbe egli potuto essere 1’ eroe degli anfiteatri, 1’ idolo de’ suoi e di molte donne romane? - O dovea concepirsi in qualsiasi modo coperto, adorno ed armato, o composto a comando di console, od imperatore, ei, che schiavo volea redimere gli schiavi, e che ponea ogni sua forza nel suo diritto, nel suo braccio, nel suo pugno? 126 VINCENZO VELA Sicche, a parer nostro, il convenzionale e del tutto escluso, il concetto e classic©, per che il soggetto e classico, ma cio non toglie che sia vero, anzi ci sembra che altro modo non abbiavi per ritrarlo nella sua realta senza cadere in convenzioni nuove, per la smania di evitare le antiche. Anche in questo proposito ci soccorrono notizie, ■che altri potea raccogliere dallo illustre autore. Il Vela, prima di por mano alio Spartaco, facea speciali studi storici, indagini lunghe ed accurate, anche intorno alia nazionalita di lui molto controversy , e solo a fatti accertati o ad autorevoli argomenti si acquietava. Cio prova quanto sia bramoso ricercatore della verita e quanto abborrente dalla convenzione. Ora ci volgiamo al campo degli idealisti, de’ clas- sici, degli accademici. — Dobbiamo in questo occuparci specialmente del Sig. Ottavio Lacroix, che scriveva intorno al Napoleone morente agli iiltimi giorni di Napoleone 7 °, durante la Esposizione universale di Pa- rigi. Dopo di aver notato che quel lavoro destava la piii grande sensazione tra la folia degli spettatori e dei visitatori della Esposizione, che alia emozione risvegliata la maggior parte dovea assoggettarsi e subirla; che in quella folia che si rinnovellava continuamente e facea corona all’ opera del Vela non si udivano da mattina a sera che voci di lode; esce in una splendida descrizione, nella quale nulla di meglio potea certamente dirsi, per concludere che 1 ’ opera del Vela era grande, maravi- gliosa, supremamente vera. Ma questa stessa suprema verita urta i nervi dell’ accademico, come 1' orgogLo e 1’estrema cura de’ piu minuti particolari ed accessori tr.adisce il francese. VITA E LAV0RT 127 Avrebbe voluto ammirare 1 ’ opera del Vela, come si ammira la Venere di Milo, lo schiavo Vindice e la Diana cacciatrice. Sembraci molto difficile che possa spiegarsi ed anche concepirsi come V ammirazione, specialmente per Venere e per Diana, sia comparabile con quella che deve destare Napoleone morente, e come questa potesse riprodursi al pari di quella; tanta b la discrepanza e la difformita di soggetto, di tempo, di luogo e di ogni circostanza. Voleasi ad ogni modo opporre al nuovo ed al reale il classico e 1’ antico; ma si facea con evidente sforzo e fuor di proposito. Avrebbe voluto un po’ meno di tragedia romantica. Ma la scena drammatica e lontana mille miglia dagli Ultimi giorni di Napoleone, il quale si atteggia e sta per morire non come un eroe, non come 1’ uom fatale, ma come muoiono i piu semplici mortali. Or ecco il francese. Il Vela, dice il Sig. Lacroix, ha saputo accreditare in Francia il suo talento e la sua fama; ha acquistato vera popolarita, in grazia de’ nostri soggetti istorici e nazionali, de’ quali molto si diletta; niuno mai indarno si rivolge al patriottismo francese; 1’ uomo che sa toccare in noi certe corde, eternamente sensibili, ci guadagna di primo tratto e ci rapisce. Il Sig. Lacroix fa poi notare come tra gli spettatori del Napo¬ leone morente si udisse a dire da ogni parte: Guardate come il ricamo e bene imitato Guardate ! . . . un po’ il raso e la lana di quella veste da camera! ... E questa coperta,che scende con tanta naturalezza! . . Di soggetti in relazione colla storia francese, tranne il Napoleone morente, il Murat e pochissimi altri, il Vela non ha trattato, per quanto almeno noi sappiamo; in ogni caso que’ soggetti sono in numero molto infe- riore a quello considerevole delle statue e monument! tratti da altre storie. Ma si voleva regalargli la prote- 128 VINCENZO VELA zione della gran nazione, di cui per vero il Vela non ha bisogno, e si foggiarono soggetti non esistenti. Del resto e ben certo che il Vela col Napoleone e col Murat volesse celebrare le glorie francesi, o non piut- tosto nel primo la grandezza, la perseveranza e la fine del genio italiano, e nel secondo colui che pur una volta avea tentato di cacciar lo straniero dall’ Italia, e di ] rac- coglierne le membra sparte e che percio era assassinato ? Da ultimo poi che% nous chi, non diremo davanti al Napoleone del Vela, e nemmeno davanti al Leone X.° inciso dal Iesi, non davanti ad un umile tema qualunque trattato in pittura, in iscultura profondesse le sue ammirazioni ed esclamazioni principalmente ai ricami, alia seta, alle nappe, finirebbe certamente per far ridere . . . di compassione. Dicemmo a primo aspetto inesplicabili i commenti che si fanno o, ad esprimerci piu propriamente, i desi- derii che si inviano al Vela dai seguaci di ambe le scuole, le quali si contendono Y arena e che purtroppo ben di spesso non si tengono nella serena sfera della estetica, ne loro scopo e soltanto il progresso dell’arte. Ora oseremo noi di offrire una spiegazione. — Il Vela procede franco e libero per la sua via. Studia I’ argomento e vuole rappresentarlo colla maggior pos- sibile verita. Hgli ama sinceramente le novita e gli ardi- menti e riesce verista corretto; ma cio non gFimpedisce di addimostrare la sua valentia nel classico, quando il soggetto lo esige. Come il Vela si tiene ben lungi dalla cieca adorazione dell’ antico a cui gli accademici vorreb- bero condannar Y arte, non lo fulmina di ostracismo, come nella foga della passione e della battaglia fanno alcuni veristi. Lo dicemmo verista corretto: e di vero niuno abborre piu di lui dal brutto e dal mostruoso, e niuno meno di lui, checche dica il Sig. Lacroix, cura VITA E LAVORI 129 la messa in iscena e 1 ’ effetto drammatico. Se il Vela avesse voluto seguir le regole degli autori di tragedie romantiche e di melodrammi, non si sarebbe certo nel ! Napoleone mcrente contentato di una assai prosaica pol- trona e di una piu prosaica veste da camera, per quanto ne siano ammirabili il raso e la lana; ma potevangli soccorrere le piu svariate risorse, che egli invece tutte neglesse. — Ne il suo Guglielmo Tell si presenterebbe, come presentasi e si dovea presentare, e cioe un povero cacciatore di camosci, sopra un embrione di rupe. Ma pure davanti a quella semplice e, se volete, modesta figura, la immaginazione, raccolta e non di- stratta da teatrali accessorii, piu pronta vi finge presso a lui i congiunti e gli amici Gualtieri Furst, Verner StaufFacher, Arnoldo Melchthal, e la scena e popolata da gruppi di abitatori di Schwitz, di Uri, di Untervald, appoggiati a balestre ed a scuri, e pronti a lanciarsi alia pugna, al grido, che tu odi, di patria e liberta! A noi pare che nel parlar del Vela, sia stato assai piu nel vero Luigi Viardot nelle Maraviglie delh Arti, poiche se lo dichiara novatore e cercatore , locche ne’ termini sovraespressi, costituisce per noi un grande elo- gio; non ha parola che valga a concludere che egli ecceda i giusti limiti e che sia sprezzatore dell’ antico. In parte riassumiamo, e, per quanto riguarda al Ve¬ la, trascriviamo il Viardot, tanto piu volentieri, perche ci serviamo della traduzione con note dell’esimio Chirtani. Negli ultimi tempi la scoltura italiana van to, in Roma il carrarese Tenerani e Iacometti; in Firenze Bartolini, Pampaloni, Costoli, il sanese Dupre e Fedi; in Venezia Zandomeneghi, Ferrari, Fraccaroli; in Pie¬ monte Marocchetti; in Napoli Angelini; in Milano Cac- ciatori, Argenti, Miglioretti, Tantardini, Tabacchi. MARCHI-CASTELLINI 9 13° VINCENZO VELA Pero, segue il Viardot, nella scuola milanese pih rinomato, oltre a Magni ed alio Strazza, e 1’ au- « tore notissimo dello Spartaco e del Napoleone mo- « rente, che fece tanto rumore ad una Esposizione di « Parigi, il Vela, artefice innovatore e cercatore, che « eccito nella scoltura italiana moderna 1’ irrequieto « bisogno del nuovo e 1’ ardimento dei tentativi, e del « quale si riconosce la influenza in quasi tutte le novita « degli artefici piu recenti. Fra i suoi monumenti pub- « blici,. cito quello dell’ Aljiere Piemontese che si vede « in Torino, tra i funebri quello di Murat a Bologna, la « commovente Rassegna^ione del cimitero di Vicenza « ed il Monumento della Contessa d’Adda per singolarita « di realista\ fra le sue statue iconiche, il Rosmini, fra le « sue opere religiose, gli Angeli di risurregione e del « giudigio ed un Ecce Homo ammirabile » Forse il Viardot non conosceva la statua della Uesolagione, nel monumento eretto alia loro madre dai fratelli Ciani in una loro Villa presso il Lago di Lugano; che, stimiamo, non 1’ avrebbe dimenticata. Nell’ opera citata troviamo indicati tra gli scultori piu recenti il Barzaghi di Milano, Monteverde di Casal Monferrato, Bergonzoli pur di Milano, Beliazzi e Ghita siciliani, e come giovani di belie speranze Grandi di Milano, Civiletti di Palermo, Rosa di Roma, Gallori di Firenze. Poi seguono le conclusion! che riportiamo: « La scoltura deve saper raggiungere la originalita, « senza inimicarsi colle tradizioni greche e colle mi- « gliori tradizioni della scoltura italiana antica, e senza « cercar fuori della scoltura, nelle arti affini, dei sussidii pericolosi e degli acrobatismi piu sorprendenti che a ammirabiH; tendenze che, unitamente ad una certa ,’fif pieg! verso il lezioso e la mollezza delle forme .... VITA E LAVORI 13 ^ « si manifestano nella scuola italiana, accompagnate da « una eccessiva destrezza ed abilita nel lavorare il « marmo ». Auree parole ed aurei concetti comprende la prima parte del brano teste trascritto. I principii che in essa si affermano a noi sembrano giustissimi e quegli istessi che, a nostro avviso, inspirano ed informano le opere del Vela. Rispetto pero alle accennate tendenze della scuola italiana, la recente mostra di Torino se ha offerto qualche esempio di acrobatismo e piu di lezioso e di molle, ha pure addimostrata tanta originalita, tanta semplicita e verita e tanta robustezza, che puo concludersi, non solo non essere la scoltura italiana finora da alcun’ altra nazione superata, ma avere forza e vigore per prepararsi a slanci novelli. La destrezza poi e la somma abilita della scuola italiana nel lavorare il marmo potranno forse produrre qualche abuso, come d’ ogni cosa puo abusarsi; ma cio non torra che siano qualita essenziali alio scultore, e, lungi dal potersi mai dire eccessive, costituiranno sempre per lui una grande risorsa ed un grande merito. Diremo come si acquistano. Nel vago paese di Clivio, a pochi minuti da Li- gornetto, una elegante casina apre 1’ adito ad un’ ampio cortile, circondato da una tettoja. Sottessa vend o trenta fanciulli da otto a quindici anni lavorano attend, inde- fessi, chi sedendo sulla nuda terra, chi in ginocchio, chi in piedi. E chi sega il marmo e chi lo digrossa con pesanti martelli che le piccole mani palleggiano come giuocatoli, chi lo modella e ripulisce in semplice croce, che ricordera in qualche ? campo santo un card estinto, in cornici, in festoni di fiori, in isvariate de- corazioni. 132 VINCENZO VELA La scena desta commozione, ma anche compia- cenza ed orgoglio. « Vedete! Io pure ho fatto quello che ora fanno « questi bravi ragazzi. Io pure ho lavorato le intere « giornate sui mirmi, ed io pure, com’ essi, riceveva « ad ora fissa dalla mia famiglia una scodella di mi¬ ce nestra, finche potei ottenere di recarmi a Milano per « guadagnarmi da vivere ». E chi pronunciava queste o consimili parole? II simpatico, 1 ’onorando, 1 ’illustre abitatore di Ligornetto, Vincenzo Vela. Che se il gran bene, derivante dall’ abilita degli scalpelli, delle raspe, delle lime, de’ brunitoj non e sce- vero da ogni vizio, come quello della mollezza e della leziosita; non debbesi percio procurare che quella abilita si abbia in poco pregio, sia trascurata e forse posta in non cale. Come V error grossolano e la ridicola pretesa di coloro, che cercano in ogni lavoro il suggello della tradizione e predicano dover 1’ arte tornare ai principii, non ci debbono indurre a stimar giuste ed utili le con¬ clusion! degli altri che, tutti i capolavori classici egual- mente detestando, volentieri e senza piu li manderebbero al ferravecchi. Di conseguenza, se poco commendabile e quel gruppo di pittori toscani che si stempera in tenerezze pel classicismo e nella ricerca di una sottigliezza raffinata di colore; la grassa villanzona, la volgare popolana ed altre simili creazioni di scultori toscani, per quanto mirabilmente ed energicamente modellate, se non ci mettono i brividi, come agli adoratori delle tradizioni, non ci destano finora un grande entusiasmo. E se queste tricoteuses della rivoluzione che si viene manifestando nella scoltura italiana, come con altre felicissime frasi VITA E LAVORI T 33 osserva il Chirtani, fossero capaci di mandare alia ghi- gliottina tutte le Veneri e tutti gli Amorini della scuola classica, la Psiche e la Flora del Barzaghi, la Rebecca di Masini, le Pompejanine e le mamme del Guarnerio; saremmo certamente compresi dal piii vivo dolore, perche per lo meno e ancor molto problematico, se T arte alcun che vantaggiasse in questa strage, o se in- vece fosse trascinata in opposti mostruosi eccessi. Sappiamo che il Bartolini, un bel giorno, propose a mcdello di nudo un gobbo, ma sappiamo pure che cio fece per prendere in canzone alcuni accademici ar- rabbiati propugnatori del classicismo ellenico. In ogni caso pero, co’ suoi lavori, certo non canzonava il pub- blico, ne lo urtava nel naturale e caro sentimento del bello. Comprendiamo anche che, in un movimento piu determinate per un rinnovamento dell’arte, si possa rie- scire illegal! ed impetuosi, come il D’ Orsi, il Gemito e Vincenzino Ierace. Ma prima di assentire alia violenza che vuol tutto annientare e rifarsi da capo e prima di incorraggiare nell’ arte 1 ’ anarchia del Terrore, bisogna essere ben certi di novelle e piu potenti creazioni, non abbandonarsi ad incognite e far salti nel bujo. Stimiamo quindi piu logico, piu prudente, piu sicuro d’ esito il progresso che si e toste notato nell’ ammira- bile gruppo Cum Spartaco pugnavit, ne’ Romani che alzano il trofeo della rivincita di Germanico, nell’ Eulalia cristiana che ricorda, cosi il Chirtani, speciali modi della multiforme attivita artistica, innovatrice del Vela; = il quale, se nella mostra di Torino colla sua Minerva segna il momento della transizione da un ben inteso classicismo artistico a ben intese artistiche novita; la incontestabile influenza de’ suoi lavori su queste novita 134 VINCENZO VELA stesse sempre spiegava per migliorare, non per peggio- rare,.per creare non per demolire e per intero distrug- gere. Desideriamo percio con tutto 1’ ardore e fervente- mente ci auguriamo che lunga vita resti al Vela e ben ferma salute, afEnche in pro’ dell’ arte e ad incremento della sua gloria pass a attuare il proposito di lavorare ancora, certi come siamo ch’ ei puo compiere opere anche piu grandiose di quelle che per ogni dove hanno gia reso illustre il suo nome. (Attendevamo dalF egregio Ingegnere Augusto Guidini di Milano notigie di fatto, per continuare e compiere i nostri cenni sulV illustre Vela e sulle Opere di lui. Con nostro sommo piacere riceviamo invece un lavoro compiuto, elegante, brillantissimo, che hen di buon grado inseriamo per intero , vivamente ringragiando il gentilissimo che ce lo favoriva.) « Dieu donne & chaque artiste un empir divers: = Au poete le souffle epars dans 1’ univers, La vie et la pensee, et les foudres tonDantes., Et le splendide essaim des stropes frissonantes Volant de 1’ homme a 1’ ange et du monstre a la fleur; La forme au statuaire; au peintre la couleur; Au doux musicien. reveur limpide et sombre, Le monde obscur des sons qui meurmure dans l’ombre. La forme au statuaire! Oui, mais, tu le sais bien, La forme. 6 grand sculpteur, c’est tout et ce n’est rien, Ge n’est rien sans l’esprit, c’est tout avec 1' idee! » « VoilA ce que tu sais. 6 noble statuaire ! Toi qui dans 1’ art profond, comme en un sanctuaire, Entras bien jeune encore pour n’en sortir jamais! Esprit qui, te posant sur les plus purs sommets, Pour creer ta grande oeuvre, ou sont tant d’harmonies, Pris de la flamme au front de tous les tiers genies! Voila ce que tu sais. toi qui sens, toi qui vois! Maitre severe et doux qu’ eclairent a la fois, Comme un double rayon qui jette un jour etrange Le jeune Raphael et le vieux Michel-Ange! Et tu sais bien aussi quel souffle inspirateur Parfois, comme un vent sombre, emport le sculpteur, Ame dans Isaie et Phidias trempee, De 1’ ode etroite et haute & 1’ immense epopee ! » V. Hugo. « Le rayons et les ombres. * I. Lque percorre quel pittoresco paese che si spec- nelle cerulee onde del Lario - del Ceresio e Verbano = comunemente denominato « dei tre Laghi » = e piu specialmente la zona centrale che rinserra il Ceresio, prova una sensazione identica a quella che scuote l’animo del viaggiatore nella classica e ve~ tusta terra delle Arti e della Scienza = la Grecia. 136 VINCENZO VELA Le montagne brulle — scoscese — dai vigorosi profili, le baize ed i picchi che sfidano il passo dell’ uomo; le cascate cupamente fragorose, i limpidi ruscelli; le col- line talvolta verdeggianti talvolta rocciose e squallide, variate e sempre pittoresche, = che qui si aprono la- sciando intravedere un panorama gaio — splendido — gran- dioso, e la si rinserrano in valle ombrosa-solitaria- mesta e misteriosa; il terreno ovunque accidentato, e sempre in nuove forme ardite - originali - caratteri- stiche, - che scuotono la mente e risvegliano nel viag- giatore un attivita di osservazione e di pensiero rara- mente provata in altri luoghi e circostanze; 1’ ulivo e 1’ arancio che fioriscono sotto un cielo profondamente azzurro ed un sole splendidamente luminoso; il tipo energico-attivissimo e spiccatamente intelligente dell’ a- bitante, dal fronte largamente disegnato — dall’ occhio svegliato e dalla parola facile e pronta: = tutto cio mi trasporta sempre col pensiero sulle rive del Cefiso — ed all’ ombra dell’ Olimpo, e mi fa vivere la vita di uno dei piu grandi popoli del mondo antico: = il popolo dalle sublimi creazioni d’ Arte — dal concetto e dalla forma per eccellenza. E se riteniamo col Grimm che « esistono nomi » — e paesi — « i quali posseggono in certa guisa un prestigio magico » = nella zona meridionale del Ticino dicasi « Atene! » soltanto — e tosto, quasi un raggio subitaneo improvviso di luce, ci appare quanto porge di piu grandioso, di piu. sublime l’antichita. Nulla vediamo di distinto, di preciso, nessuna figura determinata, ma quasi schiere vaporose di figure sublimi le quali s’ in- nalzano al cielo, mentre ci lambe un soffio simile alle prime aure tiepide, che fra mezzo ai geli ed alle nevi, sembrano promettere, ed annunciare la primavera » VITA E LAVORI 137 E questa potente sensazione si manifesta e si impone maggiormente — allora quando davanti alia mente del viaggiatore sfilano le immagini severe della Storia dei due paesi; e della Storia la pagina luminosa dell’ Arte e degli Artisti. Libero attualmente in massima codesto quanto quell’ altro lo e stato, di quella liberti, « dove ognuno si ritiene parte della base generale su cui riposa l’essenza del governo » — di quella liberta che e impulso alio sviluppo poderoso ed audace dell’ umano ingegno, — e che costituisce una piramide sublime che ha per base il popolo nella generale eguaglianza e per vertice la nobilta e grandezza delle azioni e 1’ aristocrazia della intelligenza che si estrinseca e sale collo studio e col lavoro, — la qualita caratteristica del Ticinese — come del Greco antico — e la energia intellettuale e fisica, ed una vigorosa tendenza alle Belle Arti — forse u- nicamente spiegabile coll’ essenza della terra specialis- sima che fu — ed e — loro patria, La Grecia antica — pagina divina di civilta nella Storia — e sempre l’ammirazione del mondo; ed attra- verso a mille dolorose ed umilianti vicende di distru- zione e servaggio — la classica terra rifulge sempre di vivida luce. Spenta la liberta sui civili altari di Sparta — Corinto ed Atene dalla grande e terribile lupa Romana, — 1’ at- tico alloro coronando il capo di Cesare —• e la classica ed eroica terra ridotta provincia romana, — 1’ artista greco — dopo aver popolato di miracoli il libero suolo — espatria attratto dal nuovo sole di potenza e grandezza che brilla dall’ orizzonte latino, e veste di forme stu- pende e divinamente decora la Roma Cesarea. E la ema- nazione del genio nazionale che si diffonde quasi pla- 138 VINCENZO VELA stico evangelo di civilta, ed illumina e incivilisce il popolo vincitore che ammira soggiogato, conseguendo la piu grande delle vittorie = la vittoria del culto del bello e dell’ intelletto sulla forza brutale. La Grecia fu un centro di luce che irradio per secoli su tutti i popoli vicini, e 1’ artista greco porto ovunque la scintilla del genio nazionale dal Tevere al Bosforo : = la fastosa Bisanzio e la grande — la su- perba — la colossale Roma furono una emanazione di Atene. L’ espatriazione: = ecco un punto di contatto ca- ratteristico dell’ antico artista greco coll’ artista ticinese. Esule volontario dalla terra che chiama sua colla feb- brile espansione di un cuore potentissimo per irradia- zione di affetto; dalla terra che ovunque indirizza il suo piede egli vagheggia sempre col pensiero chiedendole la ispirazione e l’energia; — esule per istinto vigoroso d’ attivita — a soddisfare il quale mal si presta la patria priva di grandi centri di popolazione, — per intelligenza potente che chiede sviluppo — espansione ed applica- zione; per esempi grandiosi che lo incitano di somme personalita, — che partiti giovani — poveri — oscuri seppero levarsi in altissima fama legando il loro nome ai piu superbi monumenti innalzati dal genio dell’uomo = dal San Pietro di Roma ai Palazzi Imperiali della Russia moderna —, l’artista ticinese si hndirizza ovunque la civilta ha un culto per 1’opera del genio umano; = e mai dimenticando la sua patria — la terra del cuore, — si crea una nuova patria di adozione — la terra della intelligenza, — ove studia — soffre — combatte e vince, — popolandola di capolavori. Spettacolo grandioso nella sua semplicita quello di tali esseri eletti, che animati da un sacro fuoco mo- VITA E LAVORI ^39 dellano con potenza sovrana la fisionomia artistica di un’ epoca e di un popolo. Donde vengono? Dalle mon- tagne. Dove vanno? Alla gloria. Fontana - Maderni - Borromini - Falconi - Lom¬ bardo - Rogiari - Carboni - Albertolli - Mercoli - Canonica - Rusca - Gilardi - Adamini - Bernardazzi - Fossati - e fra gli attuali grandissimo Vela, = o Voi tutti, dagli oscuri « magistri » medioevali agli ar- tisti famosi dei tempi nostri, = sacra — gloriosa e nu- merosissima legione = architetti — scultori — pitted che in ogni epoca e paese alto teneste e luminoso il concetto della patria fama, io vi ammiro e vi saluto reverente e commosso. II genio ticinese ha una delle pin splendide pagine nella Storia dell’ Arte. « Une des plus douces, des plus vives jouis- sances qu’ il soit donne a 1’ homme d’ eprouver c’ est celle qui resulte de la perception du beau. Devaut un grand spectacle de la nature, en face d’ un chef - d’ oeuvre ne de la palette ou du ciseau il nous semble comme an philosophe antique que 1’ ame quitte son enveloppe ehar- nelle et agite ses ailes de papillon pour voltiger autour d’ une centre de lumiere .... Puis il se mele peu a peu au sentiment du beau se ne sais quel elan vers le vrai et le bien, quelle passion pour tout ce qui est grand et genereux. » L’ atelier de Monsieur Vela Prof. Louis Revon. 25 Ianvier 1860, II. queste idee volgevo nella mente un bel giorno che — attratto dal vivo desiderio di conoscere il grande scultore che levo di se tanta altissima fama — dirizzavo il passo verso Ligornetto; => villaggio nel Cantone Ticino, fra Mendrisio e quel paese celebre per le antichita romane ivi rinvenute, per le acque termali, e per le insane e funeste ire di partito che vi si scatena rono fanatiche insanguinandone il suolo = Stabio. Un palazzo di carattere moderno, d’ apparenza gaia e nobile ad un tempo, dalle linee calme e senza osten- tazione, = con un corpo avanzato a grandi luci illegiadrito da statue, ed una forma severa che torreggia sul centro — traduzione caratteristica di un grande salone, = s’ erge *4 2 VINCENZO VELA sopra un grazioso ed evidente rialzo di terreno coltivato a giardino e domina Ligornetto. L’ attenzione di chi tie varca la cancellata e colpita dalla espressione maestosa di due busti (Colombo e Cellini) che fiancheggiano 1’ ingresso; ed incominciando la dolce salita una « Pri- mavera che si sveglia tra i fiori » — Candida forma di fanciulla che graziosissima spicca fra gli alberi e le rose — ne offre sorridente il primo saluto tenero e caldo di amore. Davanti alia casa la effigie solenne- mente scolpita di quattro sommi italiani, = il divino poeta dal canto topotesiaco sublime ed immortale, alto — severo ed inappellabile giudicatore dell’ umanita, ed il gran padre della pittura che ci lascio quella meraviglia d’ architettura policroma che e il campanile di Santa Maria del Fiore, a dimostrare che la sesta b sorella tanto alio scalpello che al pennello gentile; il sublime Michelangelo — il genio delle universali e terribili ma- nifestazioni — e Raffaello — il divino Raffaello — sotto al cui pennello la natura si vestiva di forme piu belle e sorrideva fpiu gaia, = preparano 1’ animo alia reve- renza ed alia ammirazione. Dalla gradinata che conduce all’ atrio spazioso e signorile della abitazione un panorama grandioso si con- templa: = 1’ occhio e rapito dalla incantevole bellezza della zona di paese che si spiega dalle rive del Ceresio sino a quelle del Lario. Montagne elevate — fra le quali giganteggia il rinomato Generoso, verdeggianti colline, la striscia estesa dell’ ubertosa pianura, borgate — villaggi — caseggiati ridenti — templi severi colle punte dei loro campanili che si disegnano sul cielo, — e laggiu in fondo una linea sfumata ed azzurra di colline ed un orizzonte grandioso ed affascinante = 1’ orizzonte d* Italia = ecco il magnifico quadro. VITA E LAVORI 143 La Natura e 1’ Arte, = sono le note dominanti del suono che ci avvolge e suscita in noi le piu dolci e vivissime sensazioni; armonia misteriosa ed ineffabile che scende al cuore e lo scuote, ed allargando V oriz- zonte delle nostre percezioni evoca nel luminoso campo del pensiero il sentimento squisito e superiore del bello — del grande — dell’ ideale. Varchiamo la soglia dell’ abitazione reverend e com- mossi, imperciocche queste profonde impressioni ci hanno fatto presentire Y essere eletto che li racchiuso medita e lavora, e ci troviamo davanti alle magiche creazioni di nno scalpello maestro. E 1’ abitazione — la pinacoteca e lo studio di Vin¬ cenzo Vela. .« Pour toi — viens te poser sur ma lyre — Enfant de F immortality » . . . = Le genie des Beaux Arts =» Olimphie Gassina Dentp — (A Vincent Vela) — III. incenzo Vela: = ecco un nome che sdegna il co- dazzo di notee document! per essere illustrato; un nome che la tromba della fama ha gia fatto echeg- giare per tutto il mondo civile; un nome gloriosamente inciso nel tempio dell’ Arte a fianco di quello dei piu grandi maestri. Ed il mondo civile saluto con entusiasmo — e da lunga data — il grande artista ticinese che fa fremere — piangere — sorridere — sospirare —• amare la creta; = che anima il marmo col soffio creatore della mente e del cuore, e che lo fa palpitare con una potentissima abilita di esecuzione che trova solo riscontro nei tempi d’ oro dell’ Arte Greca in Fidia e Prassitele; = che studia la natura collo sguardo profondissimo del genio e colla guida intuitiva d’ un animo superiore, e la fissa nei momenti piu svariati e solenni di ira — di gioja — di dolore — di fede — di calma — di speranza — e di amore, = con una verita che sa del meraviglioso, 10 VINCENZO VELA 14 6 con un sentimento che scuote la fibra del cuore di chi ammira. Emanazione luminosa di un sole sublime di verita, •— umano ideale che si traduce e concreta colle forme le piu squisite della natura, — anello di congiunzione del passato coll’ avvenire — dell’ uomo della storia coll’ uomo ideale, — altare dell’ umanita — simbolo ed idea ad un tempo, — poema della pietra — dei colori — dei suoni — a seconda che si battezza archi- tettura o scoltura — pittura — musica o lettere, — « excelsior » della natura: = ecco 1’ Arte. Essere eletto per il quale la natura b madre — non matrigna, — che ha un mondo sotto la mano ed un universo sotto la volta del cranio, — che tende 1’ orecchio all’ ignoto e comunica coll’ infinito, — per¬ sonality risultante di un duplice « io » — umano l’uno — divino 1’ altro, — che investiga le misteriose e me- ravigliose bellezze della natura — e crea miracoli che sono la somma della bellezza di mille modelli alia stre- gua di un grande concetto, — che passa in rassegna uomini e cose e ne fissa il giudizio all’ eternita, sa- cerdote del vero — del bello — dell’ ideale, — martire e sovrano ad un tempo, — estrinsecazione del genio della umanita e genesi dei suoi alti destini: = ecco 1’ artista. E Vela nacque artista. Quando la fiamma del genio delle Arti rischiara la fronte di un uomo — quell’uomo e un eletto, quell’uomo ha una missione sulla terra che deve compiere. Da qualunque punto della scala sociale egli comincia a muovere i suoi passi, la meta e sempre lontanissima — elevatissima, ed egli deve raggiungerla: = una forza sublime ed irresistibile lo attira. VITA E LAVORI H7 II maligno lo sferza e lo guerreggia, le forze troppo usate nella lotta accanitissima cbe non ha tregua minac- ciano di abbandonarlo = « avanti — sempre avanti. ■» L’ ideale lo guida e sorregge — la fede in se stesso lo fortifica, il suo cuore cerca un conforto e lo trova nel suo intelletto — ed il suo intelletto si tempra a nuovo vigore nel suo cuore, sviluppando una attivita di lavoro — di studio — di creazione che b la somma di un epoca e di un popolo = « Avanti — sempre avanti. » Sdegnoso di rispondere agli attacchi sleali — invi- diosi — meschini — maligni, sprezzando il labbro pal- lido — glaciale e sarcastico del detrattore « alia macchia » coll’ occhio sfavillante del profeta ed il cilicio del martire, colla mente nelle sfere dell’ ideale e coi piedi insanguinati dagli sterpi del cammino, gittando le sue creazioni a risposta e pascolo della critica che tante volte invece del giudizio calmo — severo — indirizzatore b 1’ estrinsecazione della mediocrita che inscientemente sentenzia = « avanti — sempre avanti. « Quanto dura questa lotta ? Quali delle due forze contrarie si logorano prima? Chi vince? Il martirologio del genio ha risposte disparate. Alie volte il cuore si frange — 1’ ingegno si spezza — e 1’ artista e ucciso prima di poter sfolgorare nella sua potenza, — alle volte invece 1’ alloro della vittoria e della gloria incorona 1’ ispirato suo fronte: = talora la sorda camorra delle mediocrita lo svia — e la passione lo aliena, — talora b messo sugli altari — e tutto b riverenza a lui davanti. Si provo che il genio talvolta e follia, ma ben a ragione puossi asserire che il genio b sventura, — sventura sempre — vincitore o vinto. Ge¬ nio e missione — e missione e sacrificio. 248 VINCENZO VELA Si disse che Vela « fu un fortunate) che non trovo mai I’ Arte difficile » = e un errore — ed io credo un maligno errore. Nessuno ha studiato — ha lottato — ha sofferto piii di Vela: = ma ben pochi pero ne fu- rono altresl piu gloriosamente ricompensati. Un’ epoca indifferente da sucotere, una legione di mediocrita che protestava velenosa contro il nuovo astro che sorgeva, i bisogni e le difficolta d’ ogni ordine che lo stringevano quale doloroso cilicio, una nuova Arte da imporre — o meglio la missione di ricondurre l’Arte alia vera sorgente, — tutto cio gli gravo sul capo e sul cuore: = il trionfo del grande principio, il plauso universale, la nuova e vaiorosa generazione in Arte che percorre ed avanza nella via del vero da lui segnata con indirizzo vigoroso e potentissimo = tutto cio fa vibrare il suo gran cuore d’ atleta — di sublime pla- sticatore di idee. Or volge circa il mezzo secolo, 1’ Arte in Italia non aveva una fisionomia ne originale — ne vigorosa — ne spiegata — ne vera. Canova — Appiani Cagnola = intelletti supe- riorissimi nudriti alle austere quanto ora aride forme della greca maniera = avevano espresso sin dal contatto dei due secoli — nel modo piu potente — quanto puo fare 1’Arte imitatrice dell’ Antichita. Una legione di artisti valorosi = Camuccini - Benvenuti - Agricola - Landi - Pizzi - Pacetti - Serangeli - Rossi - Longhi - Zanoia - Traballesi - Sala - Bellosio - Nappi - Pela¬ gia Palagi — teneva pur sempre alto il prestigio della nazionale attitudine. Ma lo svolgimento dei tempi che vigorosamente tentava e conseguiva un nuovo centro di gravita sociale, creava il bisogno di un’ arte originale — vera — mo¬ dern a. VITA E LAVORI 149 Nel campo della pittura il poderoso ingegno inno- vatore di Hayez segno finalmente la linea che separa la scuola antica dalla moderna, = battezzata col nome di scuola romantica =, dando un indirizzo vigoroso e decisivo alia generazione artistica che lo seguiva; nella quale « sovra gli altri com’aquila » tanto merito d’affer- mazione era ancora riservato al pittore del sentimento = Bertini. Nella scultura due ingegni straordinari si disputavano il campo: = Lorenzo Bartolini, il figlio del fabbro fer- raio di Savignano, battuto quotidianamente per la passione al disegno — alabastraio — ladro per Flaxmann — vio- linista — allievo di David, nato col sigillo in fronte del genio e della sventura; e Pietro Tenerani —- allievo di Torwaldsen. Questi due grandi artisti per vie diverse — arri- varono entrambi alia eccellenza deli’ Arte: = Bartolini pensatore e riproduttcre esatto della natura — Tenerani freddo ed austero — sulla scorta dell’Arte greca e cristiana. In Bartolini havvi piu genio — originalita e potenza di esecuzione, -- in Tenerani 1’ intelletto ha maggiore vastita: = Bartolini b la natura vivente ed esatta, — Tenerani b la deformita velata per non nuocere alia bellezza complessiva: = 1’ uno b la schietta natura nelle sue deformity e bellezze, — V altro b un corso di estetica. Pel carattere battagliero e per la verita che procla- mava era naturale che dovesse vincere il primo: = ma la sua vita essendo stata delle piu aspre e burrascose, e I’ opposizione avendolo inasprito, egli varco i limiti => e forse la grande scuola sarebbe stata soffocata prima di germogliare, allora quando un suo capolavoro fu scin¬ tilla che infiammo il genio di un giovinetto che gia 1J0 VINCENZO VELA colla febbre di una fede latente tentava e meditava la espressione nuova — vera e grande della scoltura. Quel capolavoro era « La fiducia in Dio » esposta in Milano: quel giovinetto era Vincenzo Vela. La grande verita — che Vela aveva gia fatta sua — germoglio allora colla potenza di una fede appoggiata; ed il giovane scultore s’ incarico entusiasta di renderla evidente e di farla riconoscere. Egli e cosa ammessa da tutti gli scultori d’ arte = dal profondo Grimm al brillante e potente ingegno di Tullo Massarani che luminosamente lo deduce da Mac- chiavelli e lo prova — tanta e la potenza e 1’ universa¬ lity delle leggi del vero = che quando 1’ arte e avviata a decadenza, quando il culto della maniera sofFoca lo studio del vero, quando il falso idealismo rinnega e soppianta il sentimento, quando il sistema uccide il concetto, = un grande ingegno che coll’evidenza dei risultati riconduce 1’ arte alia vera sorgente = alia natura ~ e ne spoglia lo studio da ogni falso concetto preventivo, e sempre sicuro di vincere, e d’ avviare F arte sul vero cammino. E T ardito ed ispirato Vela — spezzate le strettoie del convenzionale —- del manierismo — del falso idea- lismo, risali ardimentoso alia sorgente d’ ogni cosa grande — bella e vera ~ alia natura: = e rettificando il motto storico del maestro di Bartolini = « Soyons vrai d’ abord, nous serous beau ensuite » fondendo il culto della natura col sentimento degli animi eletti egli seppe esser vero — bello — grande ad un tempo, egli seppe accoppiare il sentimento alia forma colla potenza di grande artista. Sotto auspici cosi luminosi, osservatore profondo deli'a natura morale e materiale, con una attivita feno- VITA E LAVORI menale di studio e creazione, rispondendo alia critica invida — gretta o cieca con nuovi capolavori di verity e di sentimento, col motto dei grandi uomini sul labbro che si sentono investiti di una missione « Avanti — sempre avanti » = egli non tardo ad essere salutato innovatore e maestro, a suscitare a se d’ intorno un entusiasmo che non conobbe limiti. La nuova scuola — la scuola del vero — aveva vinto; ed un nuovo periodo — giusto — meritato ed incontrastato titolo di gloria per la Italia = che presenta al mondo meravigliato capolavori ove il genio stampo la sua cifra luminosa = incomincio per la scoltura. E per completare questo sguardo generale sul campo delle Arti in Italia, accennero pure brevemente alle condizioni dell’ Arte sovrana = 1’ architettura. Nell’ architettura la vera espressione non fu per anco trovata; e la vecchia scuola riccamente imitativa dell’ Arte greca e romana b pur sempre nelle Accade- mie in vigore d’ insegnamento = rifiutandole il rimon- tare alia vera sorgente = la natura e la costruzione. Ingegni potentissimi additano il vero indirizzo e gli architetti vi si precipitano; ma la marcia non e ne regolare ne disciplinata — ne capitanata. A cio si aggiungano due considerazioni: = che 1’ Architettura b tal cosa che s’ aggira principalmente nella sfera finanziaria, e 1’ in- gegno che medita tenta e cerca deve avere 1’ appoggio (difficile a trovare) del capitalista fidente ed illuminato per manifestarsi nel campo dei fatti (ed e facendo che si impara seriamente); e che un esercito di ingegneri meccanici — idraulici e civili facendo servire 1’ archi¬ tettura da guadagnapane = impugna e spezza la sana influenza ed i conati dell’ architetto. Nondimeno tre nomi brillano per attualita e potenza in questo cozzo di imitazioni —* tentativi e creazioni. VINCENZO VELA' 1*3 Due in perfetto antagonism© <=» Antonelli e Men- goni: — ingegno audacissimo e straordinario il primo 7 per il qnale la scienza e la pratica della costruzione- non hanno segreti, = artista erudito ed immaginoso il second© (povero Mengoni!) che dell’ arte medito profon- damente un solo lato = la decorazione. Il punto di vista di questi due elettissimi inge- gni e diverse: = per Funo il motivo architettonico deve scaturire logico e caratteristico dalla costruzione r — per F altro la decorazione e una veste che panneggia pomposamente Y ossatura. E se e vero che alle volte il primo e nudo quanto audacissimo, e pur vero che alle- volte il secondo copre senza disegno e carattere. L’uno e piu sapiente = 1’ altro piii artista; F una ha piu in- telletto = 1’ altro piu immaginazione: ma dei due sistemi quello logicissimo della costruzione d migliore. Il terzo ingegno nel quale io = a vantaggio dell’- Architettura = volgo 1’ attenzione e Camillo Boito; iiomo singolare che maneggia la sesta con pari abilita della penna = vale a dire da maestro: intelligenza serena e convinta che indicando agli architetti colla voce persuasiva e competentissima le medio-evali crea- zioni =- ove la legge alia quale 1’ Architettura do- vrebbe informarsi e evidentissima => finira per dare: all’ Architettura il vero indirizz©: ■* Salve o mio Vela cha dai vita ai sasso. Mirando al ciel d’ Italia che t 1 inspira i II tuo scalpel tocca 1’ informe masso, Ed ei freme, sorride, ama, sospira: = Iddio cosi nella plasmata argilla Potente infuse 1' immortal scintilla. » A. Long®. IV. acque Vincenzo Vela nel maggio del 1822 111 Ligornetto nel Cantone Ticino — villaggio come si £ detto fra Mendrisio e Stabio — da poveri e onestissimi genitori, dai quali fu informato fin dall’in fanzia — colle parole e coll’ esempio — alle virtu so- stanziali del cuore e del carattere. La modesta casetta che lo vide nascere esiste tuttora — oggetto di tutte le sue cure: = quante memorie non suscitano in Vela quella rustica architettura e quelle nude pared sulle quali egli scarabocchiando col carbone si guadagnava qualche volta gli scapellotti paterni. A dodici anni lo troviamo apprendista scalpellino nelle cave di Besazio, paesello poco discosto da Ligor¬ netto sul fianco della montagna. Quelle cave danno un calcare rosso-macchiato, discretamente apprezzato anche 154 VINCENZO VELA oggi giorno; col quale si fanno balaustrate d’ altari e colonnine, ma piu comunemente vasche da bagni e camini. E facile immaginarsi il nostro ragazzino attivo “ osservatore — timido — dolcissimo di carattere, tirare il mantice della fucina per la tempra degli scalpelli spuntati, oppure lavorare di tutta lena — colie mani dolorosamente peste dai colpi in fallo — alia abbozzatura di una vasca dozzinale. Ma quelle operazioni faticose non lo assorbivano completamente; e tra un colpo di mazzuolo e 1’ altro il suo pensiero viaggiava lontano, ed accarezzava timida- mente un ideale vaporoso — forse irrealizzabile — ma pur tanto affascinante «== « Vedere Milano, studiare — lavorare — vivere a Milano, — la citti delle meravi- glie, la citta dell’ Arco della Pace e del Duomolll Duo- mo = una montagna di marmo popolata di Statue; lavo- rato — traforato e fabbricato in modo maraviglioso! » Ed il suo cuoricino batteva pure violentemente per un altro sogno piu. bello — piu interessante — piu. do- rato, ma tanto ardito e vanaglorioso che non si sentiva il coraggio di confidarlo ad alcuno. = « Diventare uno scultore di decorazione. » Xmperciocche giova sapere che un suo fratello maggiore — Lorenzo — attualmente Professore di plastica a Brera, studiava la scultura orna- mentale in Milano, e cominciava ad avere qualche suc- cesso, = precoce caparra della fama che in seguito levo di se. E tutte le volte che questo arditissimo pen¬ siero gli balenava alia mente, il buon Vincenzino arros- siva sino alia punta delle orecchie come se fosse stato colto in flagrante delitto di superbia, e storcendo gli occhi batteva freneticamente il mazzuolo sul povero scalpello che non ne aveva proprio la minima colpa. Ma 1’ idea divenne tanto insistente — tanto riottosa VITA E LAVORI *JS a scacciarsi — tanto incalzante per sempre nuove ten- tazioni — che egli ne fu del tutto soggiogato, e si persuase alia fine che sotto un certo punto di vista era forse possibile il realizzarla, Persuaso egli — incomincio il lavorio di persua- sione in famiglia —- assunto dai suoi polmoncini, colla calda dialettica d’una passioncina nascente; = i quali non ebbero tregua finche un bel giorno lo troviamo a Mi¬ lano — col fardello in ispalla — colla bocca spalancata e gli occhi sbarrati fissando il Duomo. Allogato per opera del fratello Lorenzo presso un certo Franzi marmista, che lavorava per 1’ appunto per T opera del Duomo e teneva bottega 1! dietro, il nostro Vincenzo realizzo la prima parte del suo superbo pro- gramma: allora — sbollito il primo e colossale sbalor- dimento — si convinse che tutto era proprio possibile « magari anche di diventare uno scultore nel vero senso della parola. » Ma intanto con che gioia egli scorrazzava sul Duomo, con che festosita egli saliva e scendeva le rl- pide scallette, con che contentezza egli pigliava d ? assalto le piattaforme ed i pinacoli, con che largo sospiro di soddisfazione dalla balaustrata della maggiore aguglia — mangiando il suo pezzetto di pane nelle ore meridiane del riposo — il suo sguaido contemplava Milano — la gran citta di Milano. Ma quando il suo occhio ceruleo — chiaro si fissava all’ estremo orizzonte sulle forme va- porose ed azzurre delle sue montagne lontane, ed il suo pensiero ritornava in famiglia, vicino alia mamma, .... allora il suo cuoricino si sentiva dare uno schianto,. una lagrima gli rigava la guancia impallidita, — ed egli pensava mestamente quanto dolore costa il realizzare un ideale! E se la mamma Y avesse visto quando egli — VINCENZO VELA legato con una corda in vita e penzoloni nello spazio — lavorava a ritoccare od a mntare qualche frammento sui fianchi del marmoreo colosso .... Dio che spavento! Ma noi 1’ abbiamo gia scorto a dare un tale svi- luppo al regno del suo ideale ed allargarlo tanto, che egli febbrilmente sorridendo ad occhi socchiusi non ne vedeva gia piu i limiti. Ma come realizzarlo? Ed anche qui T opera del fratello Lorenzo venne in suo aiuto. Gli ottenne due ore al giorno dal buon Franzi per frequen- tare F Accademia di Brera, e studiarvi gli elementi del disegno. Brera = che magica parola! Come egli la mulinava avviandovisi, con che trepidazione ne varco la soglia! Brera = il tempio dell’ arte, dove insegnano tanti Pro- fessori da nominarsi col cappello in mano, dove si im- para a fare una statua — un quadro — un palazzo ! E con che animo il povero ragazzo si applico alio studio, e che progressi egli fece, e quanti bei premi vinse sui numerosi condiscepoli! Decisamente la scoltura di deco- razione era assicurata: tanto assicurata che gran parte della notte egli lavorava aiutando il fratello a modellare sulla cera candelabri —■ lampade e croci per le chiese e per gli orefici. Ma tanto rapido progresso, certa spiccata facilita di imparare e di eseguire, e certi bagliori forieri di un ingegno non comune, non sfuggirono all’ occhio amo- revole ed osservatore del fratello Lorenzo, = il quale concepi del fratellino un serio concetto: talche toltolo dal Franzi lo allogo presso il Professore Benedetto Cac- ciatori scultore allora di gran fama. « Alea jacta est » s=s il nostro Vela era laudato sui gran cammino so- gnato. Allora quanto studio — quanta applicazione — VITA E LAVORI 157 quanti sagrifici = qaante notti vegliate alio studio nes- suno lo pud ridire: = sgIo che nella scuola il Profes- sore aveva sempre una parola di lode e di incoraggia- mento per il giovine ticinese, (e principalmente il grande Sabatelli — genio michelangiolesco ingenuo e buono come un bambino — del quale Vela ne parla sempre con riconoscente entusiasmo,) ed i condiscepoli in gran parte uno sguardo bieco d’ invidia. « Vela spieghera vela » = diceva sempre afFettuosamente sorridendo il florentino illustrissimo Professore. E la squisita delica- tezza del cuore di Vincenzo si estrinsecava evidente in ogni occasione, e modellava nell’ anima sua quel senti- mento robusto e profondo che e una delie sue doti le piu grandi e caratteristiche. Mi limitero ad un’ esempio. In un concorso al basso rilievo fu dato per soggetto P episodio del ritorno di Ulisse in Itaca — tolto dal- P « Odissea di Omero — allorquando la vecchia nu- trice lo riconosce alia cicatrice del piede; episodio cosi plasticamente tradotto dal Pindemonte: = 574 — « Tal cicatrice P amorosa vecchia Conobbe, brancicandola, ed il piede Lascio andar giu: la gamba nella conca Cadde, ne rimbombo il concavo rame, E piego tutto da una banda, e in terra L’ acqua si sparse. Gaudio ad un’ ora e duolo La prese, e gli occhi le s’ empier di pianto; E in uscir le torno la voce indietro. Proruppe alfin, prendendolo pel mento. Caro figlio, tu sei pur certo Ulisse, Ne io, ne io ti ravvisai, che tutto Pria non avessi il mio signor tastato. Tacque: e gnardo Penelope, voiendc Mostrar che P amor suo lunni non, ev -,. VINCENZO VELA IjB Ma la Reina n£ veder di contro Potea, ne mente por: che Palla il core Le torse altrove. Ulisse intanto strinse Con la man destra ad Euriclea la gola, E a se tirolla con la manca, e disse: 593 « Nutrice, vuoi tu perdermi? » Libro XIX , All’ animo gentile di Vela ripugnava far afferrare la vecchia ed amorosa nutrice per la gola — quasi a stran- golarla; onde egli — con una licenza ardita e caratteri- stica in un allievo — ft posare la mano di Ulisse sulla bocca della vecchia Euriclea agitata, e coll’ altra a se attirandola — lo sguardo furtivamente fisso su Penelope assorta — pareva le dicesse = « Taci, vuoi tu perdermi? » Allorclft il gran Sabatelli vide il lavoro e ne rilevo 11 concetto — commosso lo abbraccio, e lo addito al- r ammirazione degli scolari con parole che per Vela avevano cento volte piu valore del premio che vinse — e che erano caparra di quello che un giorno sarebbe diventato: cio che gli valse da parte di alcuni futuri discreti scultori — vincolati in camorra d’occasione — una strangolatina al sortire della scuola. « Sic transeunt res mundi » e cosi si pronuncia talvolta l’umano brutale egoismo. In tanto vigoroso e rapido sviluppo, nella mente di Vela una luce si faceva strada ; una luce che sempre aumentava d’ intensita, che vi suscitava idee giammai prima concepite, che tendevano ad uno scopo non per anco definito ma presentito ed elevatissimo, — vaporoso embrione quasi di materia solare in costituzione: = ed a fianco di queste idee si sviluppava e temprava una ferrea energia, una atletica attitudine per concretarla. E queste idee — questi embrioni - questa arcana tendenza VITA E LAVORJ 159 verso una meta ignota, si rivelavano nello studio del maestro con un certo modo di comporre pieno di un insolito sentimento, con una certa esecuzione volta a volta potente — originate, con una cifra specialissima di tendenza al vero, = cosa assolutamente in urto col manierismo e col convenzionale allora dominanti. E Cacciatori lo redarguiva, egli che lo avrebbe voluto strettamente a lui pedissequo; = e Vela timido e som- messo ascoltava le sue correzioni — talvolta a rabbnffi — e non fiatava. E tante volte le lagrime gli rigavano il ciglio pensando a cio che sentenziava di lui il Pro- fessore, e si domandava con angoscia se non era meglio per lui ripigliare la subbia a Besazio. Ma poi tornava a fare lo stesso, tornava a tentare la soluzione del mede- simo problema, lasciando parlare e gridare il maestro. Egli sentiva 1’ Arte che emana direttamente dallanatura, 1’ Arte viva che parla palpitante alia mente — al cuore — alio sguardo: = e le doccie classiche e glaciali di Cacciatori erano impotenti a spegnere la fiamma che s’ accendeva nel suo intelletto. Fu in quell’ epoca che la « Fiducia in Dio » del grande Bartolini cadde sotto il suo sguardo e gli strappo un grido d’ entusiamo; quella vista fu piu che un’ im- pressione — fu un raggio di luce: = i suoi pensieri avevano uno scopo — la sua energia una meta decisa. Ed allora largo al futuro grande artista, largo al genio che colle ali dell’ aquila spicca il poderoso volo nel- 1’ orizzonte — verso 1’ altissima meta. Era appena diciottenne allorquando il gran concorso che doveva esser giudicato in Venezia fu posato nelle Accademie del Regno Lombardo-Veneto: 1’ argomento era sacro — « Cristo che risuscita la figlia di Jair » ed il vincere — oltre alia ricompensa materiale che era VINCENZO VELA £ So Lin tesoro per un povero giovine — equivaleva al bat* tesimo d’ artista. Con che entusiasmo — con che febbre — con che attivita di pensiero e d’ esecuzione il giovine Vela si mise al lavoro b piu facile immaginarlo che descriversi Ma in uno di quei momenti di accasciamento = cosi facile a dominare un organismo sensibilissimo allorchk dopo un lavoro febbrile, 1’ opera creata sembra solo una pallida ed incerta traduzione del luminoso ideale che sfaviila nelia mente = il giovine Vela ricorse al suo maestro, e mostrandogli l’abbozzo lie ascolto trepidante il verdetto. Cacciatori — scultore della vecchia scuola — non voile vedere il miracolo di vita — di sentimento — di potenza d’ espressione che quella creta abbozzata accennava, o piuttosto lo condanno come difettoso. Le regole accademiche si sentivano offese. Egli critico aspramente i tre apostoli che fissi sulla morta e sul Maestro attendevano ansiosi il miracolo, e li avrebbe voluti uno di fronte — uno di fianco — uno di profilo; egli disapprovo assolutamente l’azione dei genitori che in ginocchio imploravano straziantemente la figura calma e solenne del Cristo onde risuscitasse la figlia loro ... A Vela non basto 1’animo di sentire tanta fiera scomunica, = si vide povero d’immaginazione — di sentimento —■ di esecuzione, = si sent! condannato scalpellino — u- mile scalpellino per tutta la vita, = vide crollare il luminoso suo sogno spezzandogli il cuore, = e calpe- stando le stecche gi^. maneggiate con tanto entusiasmo — ruppe in pianto dirotto fuggendo disperatamente dallo studio. Ci voile un fierissimo rabbuffo del fratello Lorenzo, — brusco di carattere quanto buono e leale — per ri- condurlo alio studio; ci voile una lunga paternale coi Vita e lavori fiocchi per far rinascere nell’amareggiato e sconvolto suo animo un po’ di quella luce cos! offuscata da tanto uragano. E per una di quelle leggi psicologiche che gover- nano il geuio e che finora non souo spiegate, per una reazione vigorosa che lo trasporta dagli scoraggiamenti profondi ai piu alti entusiasmi, il filo di luce spuntatogli nell’ animo si ingigantisce — e diventa un sole che tutto rischiara — che suscita una nuova ed immensa fede nell’ opera sua ed una poderosa energia di esecu- zione non mai prima sviluppata. In pochi giorni il basso-rilievo era finito; ed il giovine artista ticinese —- afffanto di fatica — lo guardava commosso. E pensando al turbine che lo aveva sconvolto, prima ■di spedirlo a Venezia voile ancora mostrarlo all’ uomo che lo aveva fatto piangere. Cacciatori vide — esamino — medito — cambio al lavoro luce e punto di vista, colle mani dietro il dorso — ora aguzzando ora soc- -chiudendo lo sguardo —- stringendo le labbra silen- zioso e calmo: = un Professore di tanta levatura non doveva mai tradire la sua emozione davanti un allievo — si capisce! Ma movendo verso 1’ uscio per partire, al giovine Vincenzo che lo pedinava, col suo .accento nasale gitto in viso il franco dilemma: « Se questo lavoro e giudicato secondo le mie idee — egli non vale nulla; se e giudicato con altre idee allora e un capo d’ opera « e se ne ando » Fu solo la magistrale qualifica di Professore che imped! a Vela di saltargli al collo . . . . e baciarlo. A Venezia il lavoro suscito entusiasmo, e fu pre- rniato all’ unanimita con una medaglia d’ oro e 60 zec- chini. E quando il Segretario dell’ Accademia di Brera anostro a Vela un letterone con cinque suggelli rossl CUXDINI 11 i6z VITA E LAVORI contenente 1’ avviso del premio, poco manco, che egli non impazzisse dalla gioia. II lungo sogno della sua fanciullezza si realizzava; 1’ oscuro giovinotto cominciava a larsi un nome, 1’ umile scalpellino era diventato un valentissimo artista. Ci siamo fermati con compiacenza e con attenzione speciale su questi fatti caratteristici dello sviluppo del grande artista: = imperciocche e sempre con viva com- mozione che si vede il genio lottare con difficolta di mille specie — dalla poverta alia sorda camorra; dai soffocati entusiasmi ai dolori profondi che spezzano il cuore; dai brividi della febbre che divora il giovine organismo — dal freddo — dalle privazioni d’ ogni specie — alle lagrime infuocate di un ideale infranto — di una speranza sfumata. E sopra tutto cio quanto lavoro — quale sfolgorio di idee — quanta fede — energia passione e coraggio ! Come si deve dilatare il cuore di tanto eroe dell’ intelligenza = allorche prorompe nel- T urlo — piu che nel grido — della vittoria! Le crude difficolta non sono finite - e vero: = ma ora egli non combatte piu solo — non combatte piu deriso e sconfortato; ed e coll’ accento della fede piu intensa e temprata che egli ora emette il suo grido di lotta = » avanti — sempre avanti! » Da questo punto la vita di Vincenzo Vela e nota a tutti. Malgrado cio — fedele al mandato che mi sono imposto — 10 la tratteggiero nei suoi lineamenti piu vigorosi — nei punti i piu spiccati: *=- in altri termini mi limitero ad una triangolazione nel campo d’ azione del genio (mi si passi il vocabolo da ingegnere topo- grafico). E cio per due ragioni: = la prima che la sua camera non e chiusa ancora alia illustrazione e vantaggio dell’ Arte, ed io aspetto nuovi miracoli che siano com- VITA E LAVORI l6 3 plemento e suggello della gloriosissima sua camera; la seconda che in tempo piu opportuno d mia intenzione lo scrivere un lavoro particolareggiato sulla vita e salle opere sue, Javoro che qui sarebbe fuori luogo e troppo voluminoso. La citta di Lugano gli allogo V esecuzione di una statua rappresentante il vescovo Luini, per 1’ atrio del nuovo Palazzo Governativo. Era pagata pochino davvero ■(£50 Lire) e doveva essere cavata dall’ umile calcare di Viggiu; eppure egli fece un’ opera cosi cospicua, tanta era 1 ’ armonia dell’ insieme — 1 ’ espressione del volto — la morbidezza del panneggiamento e la sapienza di .ogni particolare rivelante uno studio profondo del vero, che suscito entusiasmo; e — caldamente lodata dall’ Hayez — tutta Milano trasse ad ammirarla nel modesto .studio dell’ artista. II duca Litta gli commise allora una statua lascian- done libero il soggetto: ed il nostro Vela esegui « La preghiera del mattino » = figura delicata — soave — bellissima di fanciulla ravvolta in leggiero panneggiamento che disegnava le forme pudiche, ed inginocchiata con un libriccino tra le mani. La fama dell’ artista si estendeva sempre piu: = i gentili concetti e la stupenda esecuzione delle sue opere gli guadagnavano ovunque caldissima .ammirazione. Era pur naturale allora che la invidia dovesse mor- derlo col suo dente velenoso; ed ammantata a critica, pur ammettendo gli evidentissimi pregi, 1 ’ accuso di insipienza del nudo : = 1 ’ accusa era maligna — e mi- nacciava produrre il suo effetto. Ma Vela — memore del motto di Shakspeare = » la conoscenza del male che si dice di noi fa sul nostro cuore 1 ’ effetto dell’- aratro sulla terra = lo strazia e lo feconda » risponde VINCENZO VELA 'I 64 dalla Eterna Citta = ove erasi recato col modesto peculio avanzato dal suo ultimo lavoro (imperciocche Vela fu fin d’ allora V ajuto ed il sostegno della fami- glia) ==> con un capolavoro della moderna scoltura che strappo la lode alio stesso Tenerani: = lo « Spartaco » simbolo e genesi della rivoluzione latente. Roma = la Eterna Citta dei capolavori = fu certo una rivelazione per Vela, che investigatala rapidamente in poco piu di sei mesi di dimora, ne afierro tutto quel lato maestoso - grande - imponente che ne e generale e gloriosa espressione. E Roma e tale citta che evoca il genio; e facendolo spaziare sulle traccie colossali dei secoli passati, gli comunica la forza di fissare 1’ epoca sua con una cifra parimenti luminosa; tale una citta che suscita in cuore un brivido a chi ne calca il suolo, bri- vido febbrile ed intenso che sale dal cuore al cervello e scoppia in entusiasmo; e tale una citta che strappa F ammirazione ad ogni zolla — ad ogni pietra — ad ogni rovina — ad ogni opera intatta ed imponente della sesta — dello scalpello — del pennello: = eterne fonti di meditazioni e studi profondi. La scintilla piu. luminosa del genio umano — dopo Atene — brillo in Roma: = nella Roma Cesarea, nella Roma papale — e facciamo voti che abbia ad essere anche nella Roma degli Italiani. Tutte le epoche hanno scritto la loro cifra gloriosa; tutti i paesi hanno concorso col genio dei loro figli a fissarne 1’ eterno stampo di bellezza e di grandiosita = ed il genio ticinese vi fu largamente rappresentato coi Fontana — coi Maderni — coi Borromini, astri luminosissimi del cielo dell’ Arte, e con cento altri di minor fama. Quale incitamento per 1’ animo ardente ed appassionato di Vela; quanta luce nel vasto orizzonte del suo intelletto! VITA E LAVORJ La vita del grande Artista ha qui una interruzione gloriosa e patriottica. Correva allora un’epoca climaterica; un’epoca nella quale i popoli reclamavano liberta — e minacciavano risorgere contro la secolare tirannide ed oppressione. La reazione in Isvizzera aveva acceso la guerra civile — cosldetta del « Sonderbund » — minacciando di sofFo- care la Elvetica liberta: Lucerna e Friborgo ne erano centri e piazze forti. Alla prima notizia di guerra che minacciavano la patria, Vela — lasciato lo scalpello per il fucile e spe- dito a Milano il gesso dello Spartaco ancora incompleto — volo piu che non corse a Lugano, ove si arruolo volontario nei carabinieri liberali a difesa dei popolari diritti, e non depose le armi che a campagna finita; = vale a dire dopo che Friborgo capitolo e le truppe cat- toliche furon battute e sconfitte a Gislikon. Intanto nuovi avvenimenti erano maturati. Milano insorgeva eroicamente, e con cinque gior- nate di titanica lotta scacciava F odioso oppressore croato; il Piemonte dichiarava la guerra all’ Austriaco, ed il Papa medesimo ne inviava le sue truppe in santa ed italiana coalizione. Sembrano fatti di un altra eta. A1 grido di = « fuori i barbari » = la « terra dei morti » insorgeva compatta — convinta — terribile; il grande concetto dell’ unita e dell’ indipendenza della gran patria italiana faceva divampare la fiamma del nazionale entu- siasmo sulla vulcanica terra; ed il fiore della italica gioventu pugnava eroicamente — quanto sventuratamente — sui campi di Custoza — di Curtatone — di Monta- nara — di Novara, e moriva col grido di « Viva Italia » sul labbro fremente: = immensi e cruenti sacrifici che santificarono la causa coll’ aureola del martirio e col VINCENZO VELA 1 66 lutto della nazionale sventura, e dai quali pin tardi germoglio la vittoria. Ed il Vela si fece soldato della gran patria italiana per la santa causa della liberta, e si distinse per maschio- valore — per tenacita di propositi — per incrollabile* fede: = glorioso periodo cbe richiama la fiera grandezza di Michelangelo alia difesa di Firenze. Un suo model- lino in gesso rappresentante Pio IX figurava sulle bar- ricate di Milano; e sopra tutte le numerosissime deco~- razioni delle quali fu insignito — mo'stra con santo e legittimo orgoglio una medaglia guadagnata nella sven- turata campagna del 1848 . Dopo la catastrofe della Bicocca — allorche Tltalia fu nuovamente inchiodata nella bara e le sue sorti sem- bravailo spente per senipre = Vela col cuore affranto dai dolori della nazionale sventura, col corpo estenuato dai padmenti delle due campagne, torno mestamente al suo srnlio, cercando nuovamente all’ arte quegli entu- siasmi tanto luttu.osamente sbolliti. Cavato il modello dello « Spartaco » dalla cassa di spedizione che aveva dormito il soimo dell’ obblio nel- nell’angolo umido ed oscuro di un magazzino, ed ove gia- ceva fracassato ed ammuffito, lo condusse in marmo per il Duca Litta — uomo benemerito delle Arti e della Patria. In quello schiavo che spezzate le catene — anelante liberta — si precipita col pugnale convulsamente serrata nella destra sugli oppressori, e nella potenza terribile e meravigliosa dell’ espressione e della esecuzione, n v’ era tutta la sorda ira degli oppressi e la fede entusiasta nei destini della patria che repressa == ma non donna — fer- veva senipre nel suo gran cuore. Quel capolavoro fu compiuto superando mille difficolta di ogni ordine; dai rnezzi deficienti alia VITA E LAVORI I67 mancanza di modelli che o non si trovavano adatti o che si stancavano subito nella energica posa. Superava le prime con un regime cosi strettamente economico di vita da far meravigliare; le seconde col far servire se stesso di modello servendosi di uno specchio, sagrifi- cando la sua bella barba bionda per studiarsi le mascelle irosamente serrate. Sono gli espedienti del genio — congiunti ad una forza di volonta straordinaria. L’ entusiasmo suscitato da quella idea ultrice che freme racchiusa in una forma stupenda — allorche fu esposta pnbblicamente « fu straordinaria: mai opera d’ Arte moderna scosse cosi profondamente gli animi di tutta una popolazione. Fu un successo clamoroso — popolare — immenso. Era la fede di un popolo che — sublime connubio — si fondeva col concetto del- 1’ Arte. Hayez — il grande Hayez — che gia aveva tanto lodato ed ammirato i primi lavori del Vela, lo saluto un lavoro Michelangiolesco. Lasciamo la parola aH’illustre e compianto Ventura* che tanto efficamente scrisse sulla scoltura e lo « Spar- taco » di Vela. « L’ arte regina dei sensi doveva estendere il suo impero sullo spirito. Lo scalpello italiano doveva giun- gere ad improntare potentemente il vero sul bello, e porre in piena luce 1’ espressione senza punto turbare F armonia delle forme » « Ora alio Spartaco innalzano in Milano un inno di tutta lode gli artisti, e cogli artisti s’ unisce il popolo che trae frequente alio studio dello scultore divenuto il tempio di una terribile divinita. » « Innanzi ad essa tutti meravigliano, tutti si com- movono, tutti parlano poetizzando. Oh somma potenza i68 VINCENZO VELA 1 dell’ arte! Ecco la sublime tua meta! Ecco il tuo im- pero sullo spiritof » « Ed e uno schiavo che scuote tante menti, che fa palpitare tanti cuori! » cc- .... Egli ha spezzato le catene che- limitavangli il passo; e fuori si slancia dal carcere per alcuni gradini, armata la destra d’ acuminato coltello di cui tiene atter- gata la punta, e facendo; della sinistra pugno innanzi al petto che si solleva e si stende, mentre il ventre s’ in- cassa per represso sospiro. Il capo maestoso e terribile sporge quasi a cercare nell’ aere il sentore dei nemici, ed aggrottando le ciglia, aguzza 1’ occhio indagatore, e stringe le vellose labbra, come a rattenere col fiato la fbga dell’ ira . . . . » Colossale e questa statua, trace n’ e il tipo, chiaro ed evidente ne e il concetto-; ed una sceltezza di forme e in essa da non lasciar desiderio di greci modelli. » « .... Mi rallegro colla patria che un altra non peritura gloria puo fin d’ ora additare in Vincenzo 1 Vela. » E 1’ autore dello « Tre Arti » con vigorosi tratti cosi sentenzia: = « Una bellezza primitiva, una natura completa e poderosa, uno sprezzo grandioso delle particolarita mi¬ nute, un’ assoluta assenza d’ ogni artifizio, e dopo tutto cio, un’ arte che sdegna di star chiusa nel gabinetto a far compagnia al patrizio afrodisiaco, ma che cerca il popolo nelle pubbliche vie, e si compiace della sua gran voce, e aspira a rappresentarla in tutta la grandezza della sua volonta e della sua potenza. » E la musa fece pure ed altamente vibrare le sue corde frementi ed entusiasticher la poesia — grido dell’ animo — e sempre la nota dominante nel plauso VITA E LAYOUT 169 universale al bello — al grande — all’ ideale; e sempre la nota piu sonora e potente nell’ inno alia liberta dei popoli. Ecco uno squarcio di lirica. « .. « Al trasvolante Genio Veglia fratello il cuor. Quindi mirando all’ opera L’ occhio non sol s’ allieta; Entro nei petti un palpito Vien del marmoreo Atleta; E nei commossi spiriti Balena il suo pensier » Trascrivero pure questo hero e patriottico sonetto, che faceva arricciare i baffi alia polizia croata; « Deh, quanta vita in quel feroce! Quanta S’ accoglie ira tremenda in quell’ aspetto! Chi non legge in quel torvo occhio la santa Fiamma di liberta che gli arde in petto? Ed or che il servo la catena ha infranta Dal pie calpesta con viril dispetto, Qual tiranno si forte anima vanta Che pavido non geli al suo cospetto? Orsu via dite pur — mostri beffardi = Che dell’ Italia le virtu son spente E sol sappiamo nei marmi esser gagliardi. Ma tremate per Dio, terra ove in questa Forma si crea, non dorme eternamente = E di voi che sara quando si desta? 1849 La nuova Scuola aveva vinto: = « quando la rivelazione del bello e completa ed assoluta, le teorie VINCENZO VELA 17 O dissidenti depongono le armi per fondersi tutte in un’ am- mirazione concorde « = e con queste parole grandiose per semplicita e verita che Rovani fisso magistralmente nella storia dell’ arte il magno avvenimento, che segno la linea di separazione dell’ antica scoltura colla moderna, aprendo a qaesta un cosi vasto orizzonte. II sole del vero brillava in tutta la sua pienezza — e nel giovine Vela si salutava gia il maestro. Allora diventato famoso come pochi artisti lo furono, 10 vediamo = assediato da commissioni = eseguire colla sua fulminea rapidita, conquistata con tanto studio, una quantita di splendidi lavori. Fu in quell’ epoca che 11 sole evocatore dei piii santi entusiasmi — brillo con tutto lo sfolgorio della passione sull’ animo suo; fu in quell’ epoca che conobbe — amo e fece sua la nobile e superiore creatura che e stata — ed e sempre = il suo angelo tutelare, completamento e consiglio soavis- simo della sua vita di artista e di cittadino. Fra tante produzioni accolte con sempre crescente ed entusiastica ammirazione, tre hanno una cifra cosi spiccata e luminosa di genio, che malgrado la impo- vStami ristrettezza non posso a meno di darne un breve cenno: = sono la « Desolazione » eseguita per i fra- telli Ciani, ferventi cittadini rifugiati in Lugano, loro patria adottiva; quella commoventissima « Donna pianta nei suoi estremi momenti » — monumento sepolcrale alia contessa D’ Adda in Arcore presso Monza; e la « Madre di Dio » ivi pure collocata. Una figura di elettissime forme — severamente seduta — col capo appoggiato alle mani e le braccia pontellate alle ginoccbia — lo sguardo fisso e concen- trato e sul volto tale uno stampo di « un dolore antico, cocente, senza speranza « = ecco « 1’ Addolorata » tanto stupendamente tratteggiata dal poeta Maffei r animo eletto e gentilissimo, fratello piu che amico al grande artista. « Scomposto il crine, la gonna cadente, Scanno il ginocchio all’ inarcate braccia 7 E queste appcrggio alia protesa faccia, Le ciglie fisse e in un pensiero interne. Disperato pensier che prepotente Tiranno dello spirto ogni altro scaccia 7 E vi domina solo e tutto allaccia Le potenze del core e della mente. Chi sei tu? Qual dolor sublime, immenso Cosi dentro t’ impietra — o derelitta — Che piu non hai ne lagrime ne senso? Del tuo cordoglio- anch’ io 1’ alma ho trafitta, Che nel mirarti, alia mia terra io penso Misera, al par di te bella ed afflitta. » 1850 La in un ampio letter — sotto un cortinaggio severo — una donna = col pallido viso sofFuso dalla calma espressione di una morte santa e gia irrorato dai riflessi lugubremente fosferescenti dello ignoto, cri- stianamente stringendo nelle scarne mani un Crocefisso = s’ afhsa coll a fede di un animo angelico in un nuovo mondo ideale — luminoso — divino . . . . = e la contessa D’ Adda Isimbardi che muore! Davanti a questo marmo sentiamo il sangue precipitarsi a ritroso sul cuore e scuoterlo fortissimamente: = il nostro pensiero evoca i momenti strazianti che gittarono su noi il nero manto del lutto di figli derelitti; oppure febbrilmen- te addolorato e scosso corre alia madre — all’ arnica che si ha o si vorrebbe compagna di nostra vita, con una forza d’ affetto ed una commozione cosi profonda 172 VINCENZO VELA die strappa le lagrime: Quanta potenza di sentimento in quella creazione! E quanto perfetto ideale nel tipo e nella espressione di quella « Madre di Dio » = ove pensiero ed esecu- zione gareggiano e divinamente si equilibrano. E questi due capolavori avevan pure guadagnato a Vela oltre all’ ammirazione la fraterna amidzia della illustre ed aristocratica famiglia die li commetteva. Lo scalpellino di Ligornetto — lo notiamo qui per inddenza — fu 1’ amico delle piu grandi personalita die occuparono il teatro delle vicende italiane = da Carlo Cattaneo a Nicolo Tommaseo — dal Duca Litta ad Alessandro Manzoni — dal generate Garibaldi al Conte Camillo Benso di Cavour. E la les^e ascendente del Genio — vera aristocrazia intellettuale — che supera ogni altra piu che eguagliarla. Ma nuovi ed aspri dolori dovevano ancora contri- stare il cuore del nostro sommo artista. L’ Aquila bici- pite, che signoreggiava ancora sulla terra lombarda, era troppo rapace e gelosa degli orizzonti che chiamava suoi — per tollerare che le aquile dell’ intelligenza vi spaziassero a lungo. Xnvitato nel principio del 1852 a far parte come Membro Onorario dell’ Accademia di Belle Arti della citta — allora istituto governativo e quindi odiato •— (lui — 1’ artista patriotta, — 1’ autore del simbolo della rivoluzione — il hero soldato della indipendenza nazionale — la personificazione del motto « Frangar non flectar) « ed avendo recisamelite rifiutato, = fu espulso da Milano — la citta prediletta del suo cuore ed ove mettono capo le sue piu care memorie, la citta che lo conobbe oscuro scalpellino e lo sa- luto con tanto entusiasmo artista grandis-simo e mae¬ stro. VITA E LAVORI 173 Col cuore affranto ma non domo, e sempre vagheg- giando nell’ animo il santo ideale dei destini italiani, si ridusse in Ligornetto — al fianco dei vecchi e cadenti suoi genitori = ed ove l’irradiazione del loro intenso affetto, la parola confortante degli amici, lo sdegno dei buoni al vilissimo sfregio e 1’ ammirazione della sua libera patria — giustamente orgogliosa della sua gloria — ne lenivano il cordoglio. Fu in quell’ epoca che egli eseguiva, per gli amici liberali e la Famiglia, la statua del carabiniere Francesco Carloni (zio a chi scrive queste linee) comandante 1’ eroico manipolo di ticinesi nella Campagna del 1848, e morto — gloriosamente trafitto dal piombo austriaco — a Somma Campagna, combat- tendo volontario per la liberta ed indipendenza d’Italia. Quel marmo lodatissimo era la risposta alia tracotanza iniqua ed oppressiva del croato; era l’apoteosi del mar- tire, ed il culto di un’ idea vindice e santa. E per una di quelle vicende anormali che alle volte distruggono in un tratto i frutti di un lungo periodo di progresso; il Ticino — diventato ora officialmente clericale — lascia insultare a quel marmo (gia in gran parte mutilato da mano infame e nefanda) rinnegando cosi quel glorioso periodo di storia patria che ha scritto con « penna d’oro » i patjmenti sofferti dal Ticino (blocco) per la energica simpatia alia causa italiana, e la fraterna ospitalita offerta agli emigrati. Si disse « che i popoli possono tentare qualche volta il suicidio — consumarlo giammai » — facciamo voti adunque che il Ticino sorga nuovamente a civile virtu ed illuminato esercizio di liberta popolare. Per Lugano Vela scolpi pure la statua del leggen- dario Elvetico eroe = Guglielmo Tell = in atto di prorompere nell’ immenso grido di vittoria, allorche il tiranno della patria cadde fulminato dal suo strale. 374 VINCENZO VET.A. Dominate dalla passione dell’ arte, scosso dal suo genio che agognava nuove e grandiose estrinsecazioni, e da tante calde amicizie che gli indicavano a nuova sua sede Torino — la citta ove maturavano i destini d’ Italia, — Vela = pur amando intensamente il paese suo — vagheggiava un campo d’ azione piii vasto e nuovi allori che cingessero la sua giovine fronte. Mi e caro citare un brano di lettera che 1’ illustre suo amico Pietro Rotondi — artista e patriotta ardentissimo — gli scriveva: = » Credo fermamente che la tua dimora in Torino recherebbe assai utile per 1 ’ influenza educatrice dell’ Arte, e tu operand© a questo effetto serviresti mi- rabilmente il paese anche per questa via . . . Capitale di quel poco d’ Italia che comincia a vivere della nuova vita, offre interesse ad un buon italiano, e campo ad -operare per la grande idea. Le vecchie forme ed i vecchi vizi spariscono da se, noi dunque adoperiamoci a fecon- dare il terreno delle nuove istituzioni. Non e solo nel campo militare che si combattono i nemici della liberta. » Torino li 4. Ottobre. Ed infatti verso la fine del 1852 lo troviamo in Torino •— « col santo marchio dell’ esule in fronte » — Professore nell’ Accademia Albertina. Il popolo to- rinese e la numerosissima legione degli emigrati non tardarono a correre con entusiasmo al suo studio; = il suo scalpello aveva sempre una scintilla di genio e •di patriottismo elettrizzante. E mold emigrati si dovranno ricordare di Vela colla dconoscenza dovuta ai benefattori. « Io » = mi diceva egli un giorno con voce commossa = » io facevo pa- gare qualche cosa di piii i miei lavori, e distribuendo quel danaro facevo concorrere indirettamente i ricchi committenti ad aiutare tanti poveri emigrati « In principio VITA E LAVORI 175 teneva nota di questi soccorsi; ma quando la somma raggiunse ed oltrepasso la dozzina di migliaia di lire un bel giorno gitto lo scartafaccio sul fuoco « Potevo morire repentinamente » mi diceva « e non avendo mai confidato a nessuno il mio piano, non volevo che i miei eredi avessero a mettere in imbarazzo tanti poveri amici. » Quale ottimo cuore! Fu un lungo periodo di creazioni la sua residenza in Torino, — fu un nuovo ciclo luminoso della gloriosa sua carriera = e speriamo non ultimo. Fra i numero- sissimi e stupendi lavori ivi eseguiti nei primi tempi, notiamo la « Rassegnazione » per la Contessa Loschi di Vicenza; il matematico « Piola » per 1 Accademia di Brera ed il Poeta « Tommaso Grossi » (del quale Giulio Carcano che ne fece il discorso scrivea all’ artista = « . . . cio che meglio mi animo fu il pensiero di unire un mio scritto a quella stupenda opera tua ») per i Pubblici Giardini in Milano (pur sempre calda d’ am- mirazione per il grande artista d’ adozione ); il teologo ct Rosmini » per la basilica di Stresa sul Lago Mag- giore; una « Minerva » nell’ atto di distribuire corone d’ alloro, per 1 ’ Universita di Lisbona in origine indi restata nell’ Accademia Albertina, opera che fece stupenda mostra di se davanti alia IV. Esposizione Nazionale di Belle Arti in Torino; « Camillo Cavour » per l’atrio della Borsa di Genova; e quel meraviglioso monumento a Do¬ nizetti, vera poesia evidente — sonora — commovente della pietra. Il grande maestro e effigiato in un bassorilievo: — una stupenda figura ideale d’ elettissime forme = 1 ’ Armonia — in attitudine di fierissimo dolore, la testa china sul petto — il braccio sinistro abbandonato e sostenendo colla destra una cetra, piange sul monumento VINCENZO VELA. la morte del Cigno dell’ antichissima citta degli Orobii, ■= unitamente alle sette note musicali — stupendamente effigiate in sette alati genietti. Un’ ala distesa che sfiora la tastiera di un piano simbolizza la poetica — poderosa e versatile fantasia del music©, e la prodigiosa [rapidid delle sue composizioni. E continuando la sommaria rassegna dei tanti pre- gievolissimi lavori, notiamo « La Speranza » monu- mento sepolcrale alia Famiglia Prever di Torino; il Cesare Balbo per i pubblici giardini di Torino, saggia- melite eseguito in atto meditabondo — quale si conve- niva all’ illustre autore delle « Meditazioni S tori che; le « due Regine » Maria Adelaide e Maria Teresa, con- dotte con meravigliosa verita = una in atto chiuso e freddo — pregando col fervor della eta avanzata, l’altra innalzando — con posa leggiadra e piena di vita — il sentimento a Dio, come fanno gli animi giovani che attenendosi alio spirito piu che alia lettera della pre- ghiera ne fanno una conversazione ideale, = state ese- guite per pubblica sottoscrizione e collocate nella Chiesa -della Consolata; e quella stupenda « Primavera » per la Famiglia Bottaccini di Trieste (diverse volte richiesta da altri ed eseguita), leggiadrissima fanciulla che si sveglia tra i fiori e ne emerge come Venere dal mare. « Tutto in lei e speranza e promessa: ella e in quell’eta in cui la fanciulla si muta in donna nella prima stagione della vita. Sembra svegliarsi e sorride. » Ed a proposito di una riproduzione inviata alia Esposizione italiana in Firenze nel 1861, 1 ’ illustre Andrea Maffei scriveva la seguente letterina al grande arti^ta: VITA E LAVORI I Firenze, 2 Novembre 1861, Caro Vincenzo, Io sperava vederti in Firenze, e valeva ben la pena di visitarla in questo momento lieto e glorioso. Sperava in Dio di vedere ed abbracciare la tua persona, perche il tuo spirito ci venne nella tua bellissima primavera; il fiore secondo me di tntte le opere di scalpello che adornano questa magnifica esposizione. Ora quel saluto e quel bacio che avrei dato a te, lo diedi a quella tua figlia coi pochi versi che ti accludo, ed Ella mi rispose assai gentilmente con altrettanti versi che mise in bocca al valoroso poeta e carissimo amico mio Emilio Frul- lani. Possano essi ricordarti il tuo vecchio amico. ■ « Torna, torna al tuo sonno, o verginella, Sovra il letto di rose ove sorgesti, Oim£ — la veglia non sara gia quella Che, dormendo tra fiori, a te pingesti ! Spare, come baleno, ogni piu bella Vision quando gli occhi al ver son desti. Oh delle tue palpebre a lui fa velo. Premi ancor quelle rose, e sogna il cielo! » Risposta: « Poiclie alfine sull’ Alpe il lagrimato Sole spunto, che vita nuova informa, E si riveste omai l’italo fato Dell’antico splendor, vuoi tu ch’ io dorma? Nei di della vergogna a me fu grato Gli occhi aver chiusi alia vandalic’orma; Ogni anima all’ amore oggi si desta, Che primavera di riscatto e questa! » I milanesi (o piuttosto gli emigrati e principal- mente i lombardi residenti in Torino) a titolo di rico aoscenza all’ Esercito Sardo e forse per incitamento Guidini i 7 8 VINCENZO VELA commettevauo al Vela V esecuzione di quell’ « Alfiere » che brandendo la spada colla"destra e stringendo il ves- sillo coH’altra mano, in attitudine fiera — marziale — im- ponente nel mentre la fucilata gli scroscia d’intorno, col- l’occhio fisso e terribile, = si puo chiamare il compendio del coraggio e dell’ onore nazionale. Un bassorilievo in bronzo — fissato sul piedestallo — rappresenta il gio- vine Re Galantuomo a cavallo alia testa dell’ esercito. La combinazione degli eventi, la scintilla del suo genio ed il suo gran cuore di patriota fecero si che tante opere del Vela fossero note dominanti della grande causa italiana e pietre miliarie dello sviluppo. Questo capolavoro patriotico veniva inaugurato nella gran piazza davanti al Palazzo Madama nel periodo di tempo che Vittorio Emanuele II. proclamava dal balcone del Palazzo Reale la guerra nazionale contro 1 ’ Austriaco. Correva il 1858, e foriera di quella fratellanza che doveva piu tardi battezzarsi col sangue a Magenta e Solferino, una sottoscrizione pubblica in Francia ed Italia voile innalzare un monumento al Gran Patriota Manin; e Vela fu scelto per condurlo ad esecuzione. Pratica assai lodevole quella delle pubbliche sottoscrizioni; im- perciocche tende di nuovo (come benissimo s’ esprime Rotondi in una lettera a Vela) ... « a far commettere dal popolo le opere artistiche, ed emancipare cosi l’Arte dai protettori che ne vorrebbero fare una sgualdrina. » L’ illustre professore Planat de la Faye gli scriveva allora da Parigi: = Tar is S Aout iSjS. Monsieur x Tous les amis de 1 ’ illustre et vertueux Manin, et ils sont nombreux a Paris, ont appris avec une veri¬ table joje que Vous aviez accepte la noble tache de VITA E LAVORI I?9 reproduire la figure de ce grand homme. Manin avait une grande admiration pour vos ouvres, Monsieur, et durant la grande exposition de 1855 il conduisait tous les amis a la salle ou elles etaient exposees. C’est surtout votre « Spartacus » qu’ il admirait, et que j’ ai admire avec lui. » « L’ esclave brisant ses chaines est un sujet sympa- thique a tous les amis de la liberte. » Ma a dir il vero lo « Spartaco » esposto in Parigi per iniziativa dell’ Accademia di Brera nel 1855 aveva offeso un po’ i nervi dei Galli . . . imperiali; poco memori dei principii e del valore che spensero il medio evo. Ma nella falange liberale e nella schiera degli artisti senza false prevenzioni 1 ’ effetto fu immenso; e MafFei gli scriveva: « quando ci rivedremo ti parlero delle cose vedute a Parigi ed altrove: sappi intanto che fra la tua statua e le altre esposte v’ e un abisso di mezzo. » Avendo citato il nome illustre e venerando di Pla- nat de la Faye, non posso vincere la tentazione di esporre un frammento d’ un’ altra sua lettera a Vela, ove tanto efficacemente dipinge Manin e la gran causa italiana allora in pieno periodo di crisi. .... « Alors qu’ un fureur presqu’ aveugle de- chainait en Piemont tous les partis contre le grand patriote Italien. Les temps sont bien changes depuis lors; tout le mond reconnait qu’ il avait raison, et que les vrais Italiens n’ avait rien de mieux a faire que d’ adopter sa divise et son programme. Malheureusement Manin n’ a pas vecu assez longtemps pour jouir de son triomphe. Vous avez raison, Monsieur, de me regarder comme un des partitans les plus devoues et les plus ar- dents de la cause italienne. J' ai fait un assez long sejour dans votre beau pays, pour connaitre et apprecier i8o VINCENZO VELA les eminentes qualites du coeur et de 1* intelligence qui distinguent votre nation, et qui, selon moi, lui assignent le premier rang parmi les peuples Europeens. Malgre trois siecle d’ oppression, la Nation Italienne a conserve intacts son genie et son caractere. Les barbares du de¬ dans et du dehors n’ ont pu eteindre le flambeau de la civilisation qui est reste entre ses mains, et qui n’attend qu’ une revolution pour eclairer V Europe aujourd’ hui plongee dans les tenures. Telle sont mes opinions sur T Italie. Malheureusement je ne puis servir efflcacement cette sainte cause, etant tres vieux et presqu’ aveugle mais je puis encore instruire nos jeunes generation, et leur apprendre a regarder les Italiens non seulement comme des freres, mais encore comme nos maitres en fait de civilisation. — Le sejour de Manin en France ou il etait respecte de tous les partis, a puissantement contribue a repandre dans la population Francaise les idees que je viens de Vous exprimer, et a reveiller des sympathies qui semblait sommeiller, mais qui ont tou- jours existe chez le peuple Francais. On peut dire de Manin qu’ il a releve V Italie courbee sous le poid de ses miseres. » Paris 2 ybre iSjS. Nel periodo dal 1859 ai 1867 = allorquando i destini italiani gloriosamente maturati ed in gran parte raggiunti furono scossi da una sventurata campagna = un’ altra quantita di splendide opere uscirono ancora dal suq__ studio: fra le quali « Vittorio Emanuele » — per il Palazzo Civico di Torino — che snudata la spada si slancia a combattere; « Carlo Alberto » ravvolto nel manto sullo scalone del Palazzo Reale; il temerario fucilato del Pizzo — infelice « Gioachino Murat » — nel suo pomposo uniforme — col frustino alia mano — VITA E LAVORI 181 la posa altiera e lo sguardo spavaldo che aveva sul campo di battaglia, per commissione della famiglia Pe- poli e collocato nel Camposanto della Certosa di Bologna; Dante e Giotto, in atto di profonda meditazione il primo e di ispirazione il secondo per la Piazza della Valle in Padova; la « Orante » mesta e formosa giovane — inginocchiata — con una crocettina nelle mani — pre- gante col fervore della fede e della passione, = cost tratteggiata da Andrea Maffei. =* « Io piangea sconsolata al caro letto Della buona mia madre, e quella pia Che dal Signor chiamata al del salia Quest’ aurea croce mi poso sul petto! Poi baciandomi disser (e il lungo affetto Di nove lustri in un sol bacio unia) Da questo segno redentor ti sia, Figlia, il core inesperto ognor protetto. E 1 ’ ora, o madre, dei perigli e questa! Piu non regge il mio cor debole, infermo A quel volto, a quegli occhi, a quella voce. Salvami tu che il puoi della funesta Virtu che mi soggioga, e fammi schermo, Custode Angelo mio della tua Croce. » Un capolavoro di sentimento =■ una mestissima bambina che col grembo pieno di fiori primaverili fissa il cielo collo sguardo triste e languid© dei predestinati, inspirava pure al biondo poeta del cuore —• all’ effica- cissimo ed elegante volgarizzatore dei capi d’ opera della letteratura straniera — i seguenti flebilissimi versi: =« « La breve umana via Tu m’ hai sparsa di fiori, o madre mia. Ad uno ad un dal suolo Io li raccolsi, e presi al cielo il volo. !&2 VINCENZO VELA Un serto ne composi T E presso al trono del Siguor lo posi. Li bagna un sacro u.more, E ne avviva ogni stelo ed ogni fiore. Le tue lagrime belle, Madre, che Dio converta in tante stelle! Che se quaggiu di spine II mio ratto sparir ti cinse il crine, Consolati o diletta! Questo serto di soli in ciel t’ aspetta. » Riva di Trento 14 Mar^o iS6j. Nella Esposizione Francese del 1863 occupava if posto d’ onore, ed era un oggetto della pubblica ammi- razione, un gruppo marmoreo rappresentante « 1 ’ Italia riconoscente alia Francia » = dono delle Signore Mi- laiesi alia Imperatrice di Francia, e lavoro di Vela. Nulla di piii puro e di piu soave di quelle due fcsrmo- sissime donne che si abbracciano, e principalmente di quell’ Italia che = colie spalle ed il bel seno- scoperto a dinotare la patria unita non ancora raggiunta = con un tenero — lungo — soavissimo sguardo fissa ricono- scente la Francia arnica. Quell’ opera = per scottanti questioni politiche = fu oggetto in Italia di vive pole- miche e delle piu opposte apprezziazioni; una seconda edizione delle quali minaccia Milano. E deciso che tali quistioni non cesseranno dall’ insorgere ad ogni identica occasione fino a tanto che sbollite le attuali passion! partigiane^ certi fatti e certe personality non sieno en- trate nel dominio assoluto e severo della storia — cosi imparziale . . . quando e imparziale. A darne un’ idea riportero due sonetti che corsero> alLora per le. stampe, potendosi essi ritenere le du« note VITA E LAV0RJ 183 salienti degli opposti campi: « Sommo scultor, che col divin scalpel]o Tal ne’ tuoi marmi infondi e vita e moto Che fin la Senna col non facil voto, Fra i plausi t’ acclamo Fidia novello, A 1 par che giusto il tuo pensier fu bello Scolpendc Italia che col ciglio immoto La Francia affisa, ed offre il cuor devoto A chi di liberta le fu puntello. Ma la promessa che suono si cara: « Dall’Alpe al mar » fu vana ... or mesta in volto A non fidar che in se V Italia impara. Bench& d’ un nuovo allor t’ orni la chioma Getta un vel su quel marmo, e non sia tolto Finchs la Francia non ci renda Roma ». Ottavio Tasca. Al quale la musa rivale rispondeva: « Quando a quei marmi il tuo divin scalpello, Ispirato scultor, die vita e moto, Che sciolgono si ben d’ Italia il voto « Al par che giusto il tuo pensier fu bello » Che ingrato solo e il vil; ma Italia immoto E libero ha il voler, sebben devoto A chi di liberta le fe’ puntello. Ne la promessa che suono si cara: « Dall’Alpi al Mar » fu vana. Or lieta in volto A confidare in se V Italia impara. Or segui d’altri allor a ornar tua chioma, Fa pompa di quei marmi e non sia tolto, Che Ella acquisti da se Venezia e Roma ». Chiarloni. VINCENZO VELA Colpita dal genio del grande artista, la Imperatrice dei Frances! desidero avere di Vela opera piu colossale, e gli diede la commissione del « Colombo » = gruppo destinato a bondersi in bronzo e ad essere innalzata sulla piazza principale di Vera Cruz in America. In quel gruppo = » la figura elevata e paga della su.a grande scoperta che si presenta in una bella selvaggia (il vero tipo delle aborigeni) quasi la lotta fra la timi- dezza e la curiosita delle cose nuove che le si offrono*, tutto palesa Y artista filosofo, vale a dire 1 ’ uomo arri- vato all’ ultimo grado nell’ Arte. » Sono parole di un grande intelletto = Andrea Maffei. Ma I’ Autore dello « Spartaco » Y angelo della liberta — che rugge battaglie e suscita il fuoco nell’animo,. voile pur dare al mondo un nuovo e colossale capolavoro che fosse il simbolo dello spegnersi di un folgore di guerra in una grande sventura, gittando in tanto com- passionevole tramonto « un bagliore raggiante nei lun- ghi crepuscoli dei secoli ». La folia cosmopolita ed innumerevole che si accal- cava nell’ immenso Palazzo dell’ Esposizione Uni¬ versale del 1867 a Parigi, traeva commossa — palpi- tante — stupefatta davanti ad una delle piu grandi opere del genio della scultura: = era il « Napoleone mori- bondo » di Vincenzo Vela. L’ ode meravigliosa del Manzoni e quel canto hero* — grandioso — giudicatore di Byron =» tutto era com- pendiato in quel marmo. « Tutto fini .... ieri ancora eri re e facevi guerra ai re .... . ora sei una cosa che non ha nome, tale e il tuo abbassamento .... Eppur tu vivi!. « Il trionfo della vanita, Y estasi delle battaglie, la ,oce della vittoria, che fe tremar la terra e che era VITA E LAV 0 R 1 185 I’ alito della tua vita: la spada, lo scettro, e un dominio imposto irresistibilmente dovunque la fama aveva un grido . . . tutto fim! — Genio tenebroso, quanto atroce debb 7 essere questo supplizio della tua memoria. Byron = Ode a Napoleone Bonaparte ». Cediamo la parola ad Ottavio Lacroix: = « La Statua di « Napoleone morente » o di « Na¬ poleone nei suoi ultimi momenti » ha destato la piu grande sensazione fra la folia degli spettatori dell 7 Espo- sizione Universale. » « Se taluni si mettono a discutere questa emozione 7 la maggior parte vi si assogetta facilmente, e la subisce; ed in questo pericirco che si rinnovella continuamente e fa corona all 7 opera del Sig. Vela, non si odono da mattina a sera che voci di lodi. Nessun altro spettacolo d 7 altra parte poteva svegliare e tener vivo tanto inte- ressamento, come lo spettacolo di Napoleone in balia del suoi nemici » . . . » di Napoleone che dopo aver mo- strato un eroe al mondo gli lascia la memoria di un martire. « Egli » in quelle ore estreme autorizza tutte le congietture tutti i commentari della penna, dello scalpello e del pennello, trasfigurato come e di gia davanti alle eta abbagliate, e fuori ormai d’ ogni malevolenza, se non d 7 ogni critica. L 7 apoteosi b cominciata, completa per quanto puo esserlo appo i contemporanei ». « L 7 Imperatore, avviluppato in una veste da ca¬ mera a grandi fiorami, il collo coperto per meta dalle pieghe ricamate della camicia di battista, ma il petto quasi nudo e assiso, ed una coperta discende sulle gi- nocchia e sui piedi del grande uomo. » « Sfinito, dimagrato, colie gote infos sate ed inca- vate, colla testa monumentale appoggiata appena ai cuscini, e piu pallido ancora (tale almeno e l 7 effetto dell 7 insieme) del bianco marmo in cui e sculto, ». i86 VINCENZO VELA . . . * V •V >• ’• v; - . '• ••. . . : - • T - . .*• ' ' * \ * • • • A 5 ;- *. v - •. ^ > ; • t --/ . v :nacqiie.in ' Corro^giQ* neL * \6 Dicen d. Asioii . *(i) ^ • ' < - -Amsti,-*'wd r.tisia^el pyre drventir -Asloli Gk^er-tx. lentissimo &di$ore, distftfto cuirc o di i : • cembaloi del famc^o P^ote* pens ore V. pri^fj^strd di Co-: •/; ' •atorio Mask :de .d : ^ilaixp .lied . . Wr- (i) Gray parte delle notice . - • sente Biogrdfia e . • l Plmcnte sorflministraia ■ • tello di Luigi, ed at tv /'• - • : >-v neit* Istituto 'di Beli& . Parte Quarta Giuseppe Asioli nacque in Correggio da Enrichetta Rosaspina nel 16 Dicembre 1817. Luigi Asioli. Padre e Madre appartenevano a famiglie di celebri Artisti, ed artista ei pure divenne. Asioli Giuseppe, va~ lentissimo incisore, distinto cultore di rnusica e suonator di cembalo, era fratello del famoso Professore Bonifazio, Censore e primo Maestro di Composizione del Conser- vatorio Musicale di Milano negli ultimi tempi del primo (1) Gran parte delle notice difatto contenute nella pre - sente Biografia e nella LsLecrologia inserta nel n. 200 del Giornale = L’ Italia Centrale = anno 1877 fit gen- tilmente somministrata dal Dottor Ferdinando Asioli, fra¬ tello di Luigi, ed attuale Professore di Lettere e di Storia nelV Istituto di Belle Arti di Modena. 2o6 LUIGI ASIOLI Regno d’ltalia, Autore della prima Grammatica Musicale che fosse accolta dall’uso e dal plauso universale, scrittor d’ opere e specie poi di Musica Sacra, che anche ora e duopo ammirare. Giovanni Asioli fratello di Giuseppe fu rinomatissimo suonatore d’ organo, e Luigi, fratello anch’ esso di Giuseppe, grandemente si distinse come Suonatore di Piano, e Maestro di Musica in Londra, ove ancor giovane il di 17 Novembre 1816 finiva i suoi giorni. Enrichetta Rosaspina, donna di alti sensi e di inge- gno svegliatissimo, era figlia di Francesco Rosaspina da Bologna, celebrato Incisore e Disegnatore. Fin da’ primi anni il nostro Luigi mostro singolare attitudine e naturale inclinazione al Disegno; ei non ebbe a soffrire contrasti ed a superare ostacoli, che anzi, appena avvertita la cosa, 1 ’ Avo materno, vedendo il profitto che se ne potea ritrarre, la voile con se in Bologna per avviarlo ei medesimo ai primi passi del- V arte. Forse, se fin da principio avesse dovuto incontrare e vincere alcuna difficolta, maggior lena avrebbe avuto, allorche adulto ebbe , noi pensiamo, a tentar difficili prove, tratto da ardente ed appassionato amore al vero. Dal 1828 al 1837 fu scolaro dell’ Accademia di Belle Arti di Modena. Giovanissimo ancora addestro la mano a ricopiare dal vero e, puo dirsi, piena fu allora Correggio dei ri- tratti a matita a semplice contorno, che vi conducea negli ozi autunnali. Di essi, restano molti pregevolissim i per somiglianza, per facilita, brio, intelligenza di segno. Richiamato a Bologna dal Rosaspina, ernerse tra gli scolari di quell’ Accademia ed otteneva prerni mag- giori col quadro rappresentante Cesare Ottaviano, Marl VITA E LAVORI 207 Antonio e Lepido , i feroci triumviri, che spartironsi il mondo nella isola di Lavino, e con un disegno di com- posizione ritraente Marcello, a cui sono recati gli stru- menti di Archimede, lavori che figurano nelle Sale dall’ Istituto' Bolognese. — Togliamo questi particolari dalla citata necrologia dell’ Asioli. Dipinse pure in Bologna un bel ritratto del Cini, ed il quadro offerente lafiglia di Erodiade col teschio di San Giovanni Battista. Nel Ritratto del Professor Cini, la perfetta somi- glianza e la singolare spigliatezza di pennello, ond’ & foggiata la bella e vigorosa testa di quel vecchio, fecero grandissimo onore all’Asioli esordiente. Quel ritratto fu eseguito di primo getto e in un sol giorno, e nono- stante e tenuto anche oggi in tanto pregio, che la Dire- zione dell’Accademia Bolognese, fattane ricerca in questi ultimi anni dai proprietarii, ne voile fregiata la sala destinata alle opere de’ suoi piii distinti allievi. L’ Asioli, studente in Bologna, condusse molte copie de’ capolavori di quella insigne Pinacoteca, tra le quali e da annoverare quella desunta dalla gloria di un quadro di Guido Reni, rappresentante la Vergine col ‘Bambino , che ora trovasi nella Chiesa della Madonna della Rosa suburbana a Correggio. Nel 1839 od in quel torno ando a Firenze al fine di perfezionarsi alia scuola del celebre Bezzuoli; fu con- discepolo del Pollastrini che gli fu sempre carissimo amico. Ivi dipinse un’ Episodio del Diluvio Universale ed un vastissimo quadro, rappresentante il Balilla 0 la cac- ciata dei tedeschi da Genova, che egli condusse, rifor- mandola in parte, sopra una composizione di altro gio- vane pittore che non pote compiere il suo lavoro, per morte. 208 LUIGI ASIOLI In questo dipinto ordinatogli dal Cav. Puccini di Pistoia, 1 ’ Asioli, malgrado le mende dell’ eta giovanile, mostro grande facilita di segno e di pennello, confer - mando le promesse che avea dato di se. In Firenze ispiravasi sui cimelii dell’ arte mondiale raccolti in quelle Gallerie ed ivi pur accendeva di nuovo fuoco quell’amore del vero che sempre avea nutrito e che in altre citta d’ Italia era allora appena sentito o poco meno che sconosciuto. La scuola fiorentina pro- dusse illustri artisti. Anche oggidi, quando si tolgano i portentosi lavori del Morelli, che riproduce il vero colla potente ingenuita del Rembrand, animandolo colie filosofiche concezioni del pensiero moderno, primeggiano fra i grandi quadri storici la Cacciata del Duca d’Atene dell’ Ussi, quelli del Pollastrini, del Bellucci e d’alri, cui devesi aggiungere l’Ezzelino del Malatesta, che dal Boito e accennato secondo fra le opere Monumentali della pittura odierna italiana. Cosi quella scuola non si fosse canto arrovellata ed affievolita in troppo sottili e minute ricerche intorno al colore! In Firenze, che gli fu dilettissima, pratico ad inter- valli sino al 1846 nel qual anno condusse il proprio Ritratto, ammirabile per verita, per buona e potente tavolozza. Nel frattempo compiva in Correggio lavori non pochi per numero, per importanza e per merito. Tra i primissimi quadri di composizione fatti in Correggio e a porsi una grande Ancona, rappresentante V Ascensione di IsLostro Signore, condotta per la Chiesa Parrocchiale di Villa Fosdondo. In quel quadro cerco di ispirarsi sopra un passo della Messiade di Klopstok. La figura del Redentore grandeggia in aria, con sotto a piedi la distesa della terra in piccolissime dimensioni. VITA E LAVORI 209 Dipinse mold ritratd, tra i quali sono da rammen- tarsi quello di suo padre, quello del sacerdote T)on Emi¬ lio Guggoni, quello a figura intera della Signorina Ma¬ rietta Ricchetti Foglia , quello di un fanciullo dormiente. Altri quadri di questo tempo sono: la figura di un Estense Marchese di Ferrara , oggi a Vienna; un San Francesco di Taola e lo Stendardo della Confraternita di San Sebastiano di Correggio; la grande ancona rap- presentante la Feata Alacoque , a cui offresi in visione il Nazareno, onde fregiasi la Chiesa di Santa Chiara di Carpi, suo massimo quadro per dimensioni, per singo- lare espressione nella protagonista, ben composto, dise- gnato e dipinto, ed altri lavori quasi tutti comparsi e loda- tissimi nelle mostre artistiche dell’ Accademia modenese. Piii grande onore gli procuro il grandioso offresco rappresentante V apoteosi di San Quirino nella Chiesa maggiore di Correggio, opera in cui il giovane pittore mostravasi provetto nella piu difficile fra le branche dell’ arte sua. Stabilitosi a Modena, 1 * illustre Adeodato Malatesta lo prese in grande amore, lo desidero insegnante del- 1 ’ Accademia. Infatti nel i° Gennaio 1848 eravi nomi- nato maestro e nel i° Giugno Professore di Disegno. Buon patriota (trascriviamo le parole dell’Autore della citata Necrologia) per la parte che prese in Correg¬ gio ed in Modena agli eventi del 1848, ebbe a patire nel 1849 il corruccio ducale. — Ad istruirsi maggiormente trattennesi alcun tempo in Venezia, ove ft studii su que’ grandi coloritori; fu a Genova ed a Milano e torn6 spesso alia sua diletta Toscana. In questo tempo condusse per la Chiesa Parrocchiale di Villa Fazzano suburbana a Correggio un Sant* Antonio Abate benedicente alcuni animali, forse il piu bel quadro Marchi-Castellini 14 210 LUIGI ASIOLI uscito dalla sua tavolozza. Non potevasi invero eleggere tipo piu bello di celestiale mitezza, per rappresentare il Santo, che pur le bestie nella sua carita comprendea; difficile immaginare composizione piu armonica; difficile rinvenire una scena dipinta con maggiore sentimento della natura e della vita particolare degli animali. Dipinti lodatissimi dell’ Asioli sono ancora un Ga- nimede rapito dall’ aquila, che ammirasi a Modena nella casa Castelfranco e due mezze figure rappresentanti la Samaritana ed un Templario. Crediamo di dover ascrivere a questo tempo istesso i Ritratti de’ due IMarchesi Rangoni$ studi dal vero, figuranti un Turco ed un Fariseo$ una mezza figura di San Paolo; un pifferaio; un gruppo di militari; scene di animali ecc. Nel 1859 ando soldato a [Brescello. Sullo "scorcio di questo medesimo anno condusse in Moglie la Clo- rinda Romei di Reggio, donna di mente e di cuore gentile e dotata di singolare virtu, che lo prosegui mai sempre di tenero affetto, lenendo piu tardi con ogni maniera di amorose cure gli ultimi anni della travagliata esistenza di lui. Nel i860 fu nominato Professore di Pittura in Modena. Da quest’ anno al 1867 condusse medaglie commemorative, bozzetti, ritratti, fra cui primeg- giano quelli del Castelfranco } del Tagliagucchi, del Gui- delli; inizio e reco kinanzi i dipinti di un San Giovanni che predica nel deserto, di un San Girolamo, di una Sanf Anna che non pote finire. Lascio pure pregevoli bozzetti di quadri storici che intendeva di condurre in grande: quello della battaglia sul Taro fra i collegati italiani ed i francesi di Carlo VIII., e 1 ’ altro de* Pavesi che insorgono contro i Tedeschi, recanti in Germania le spoglie mortali dell’ Imperatore Ottone III. VITA E LAVORI 211 Se fu coloritore facile e brillante, versato com’ era nell’ anatomia pittorica, fu pure disegnatore di singolar gusto e di squisita correzione: i suoi studii di anatomia dal vero sono tuttavia pregiato modello agli scolari deli’ istituto modenese. Tra i suoi lavori merita specialissima menzione, e campeggia per eleganza e grandiosita di segno e per nobilta di espressione ideale, il Cartone, disegnato in figure maggiori del vero, rappresentante il Padre Eterno col Redentore morto in grembo, che intendea dipingere a fresco nell’ altare del Sacramento della Chiesa di San Quirino di Correggio. Fu di carattere indipendente e sincero, d’ intelli- genza naturalmente vigorosa, ebbe cara la lettura e fra tutte quella della Cantica dell’ Alighieri; fu di animo espansivo e pronto ai dolci sentimenti dell’ amicizia. Fu anche insegnante rarissimo per dottrina, per zelo; avvio scolari mold che furono e sono ornamento del- 1 ’ Accademia modenese. Fra gli altri acquistarono bella rinomanza Lugli Alberto, Ford Fermo, Muratori Rai- mondo, Bigoni Venceslao. Anche il modenese Muzzioli Giovanni che ora va tra i migliori della odierna pittura italiana, studio sotto di lui. Non euro gli onori; fu pero Professore onorario dell’ Accademia di Perugia e socio di quella di Urbino, e fu richiesto del suo ritratto dalla R. Galleria di Fi¬ renze, distinzione concessa solo ai valentissimi. Di poco facile contentatura, massime negli ultimi anni, per 1’ ideale elevato propostosi nell’ arte, lascio meno di quanto avrebbe potuto attendersi dalla sua singolare facilita di segno e di pennello. Come da Firenze portava piu intenso amore del vero, cost gli Studii in quella citta compiuti lo eccitavano ad una 212 LUIGI ASIOLI febbrile ricerca di questo, massime nel colore. In una ardente natura, quale quella dell’ Asioli, con una co- scienza oltre ogni dire scrupolosa, la indagine fatta con brama irrequieta spingevasi di leggieri quasi sino al parossismo; quindi, se non lo sconforto, certo il disgusto e lo scontento. Questa pure, pensiamo, che fosse prin- cipalissima cagione de’ subitanei pentimenti, cui di fre- quente cedea. O forse quella instability di pensiero era I’ effetto de’ primi germi della terribile malattia che in- jianzi tempo lo spense. L’ impareggiabile artista cui si erigeva degnissimo monumento, il sommo artista che lo eseguiva, 1’ egregio che potentemente lo promovea si presentavano associati al nostro pensiere, e percio sin da principio unimmo i nomi di Allegri, di Vela, di Asioli. Ora presso a con- cludere, ci si affacciano alia mente piu intimi rapporti. Tutti tre alunni, almeno nelle origini e ne’ primi spe- rimenti, della Scuola Lombarda, tutti tre devoti al vero ed al nuovo. L’ Allegri principalissima sua maestra e duce ha la natura, sottopone al naturale il soprannaturale, o, se vogliasi, innalza quello a questo, con forme bellissime certo, pure schiettamente umane e diremmo quasi co- muni; che anche oggidi possiamo trovare tipi de’ suoi Gesii, delle sue Madonne, de’ suoi Angeli. Idealizzava, e vero, le sue creazioni con una inimitabile forma sog- gettiva, cosi nella linea graziosamente sinuosa, come nella convenzionale condotta di un magico chiaroscuro. Ma i suoi modelli non gli erano offerti da scuole od accademie; interrogava un maestro che dovunque puo trovarsi, e che sempre amoroso risponde alle inchieste che rettamente gli si fanno; interrogava il vero e lo ritraea come 1’ aveva contemplato ed appreso. VITA E LAVORI 21 3 ’ Nel Vela Y amore del vero perfettamente imitato e del nuovo non iscompagnato dalla correzione del segno e gli splendidi successi ottenuti nelle novita da lui pro- mosse, non hanno d’ uopo di ulteriori dimostrazioni o commenti. E ben forte dovette essere nell’ Asioli, se lo traeva ad essere troppo esigente e quasi ingiusto verso se stesso. Come poi le discorse cose ci offrivano al pensiero gli accennati rapporti, cosi ci portavano a considera- zioni piii ampie ed a conclusioni piu generali. A noi pare dialetticamente retta e giusta quella scuola che b tenace della perfetta imitazione del vero colla correzione del segno, quella scuola che non isprez- zando disdegnosamente 1’ antico, il classico, V ideale, non se ne fa un idolo esclusivo e tirannico, ma real- mente e potentemente coltiva la verity, studiando la natura. Certo che questa potri darti anche il brutto e l’or- rido, se il capriccio, il puntiglio o la corruzione ti spin- gono a negligere la regola per curar la eccezione; ma avrai sempre il bello ed il sublime se in buona fede, con animo sincero, e con retti intendimenti tu vorrai ricer- carla. La scuola che, argomentando dal titolo assunto, si spinge ad oltranza nella ricerca della verity e che ora entrava in lizza apertamente, forse con foga disordinata di troppo audace e poco scrupoloso nova- tore; lungi dair apparirci un ritrovato degli ultimi tempi ci sembra il risultato di un poderoso movimento gia da secoli iniziato; chb ogni umano evento deve cercare le sue origini molto di lontano, non potendo vicino a se trovare fuorchfc le occasioni. LUIGI ASIOLI 214 Se cio &, come a noi appare, avremmo altro gra- vissimo argomento per non perdere mai di vista il passato, quello cioe di potere all’ uopo richiamare la genesi ed il processo di quel movimento, per valutarne giustamente i risultati e gli effetti, ed ove fosse mestieri allargarli oppure emendarli. Rifuggendo il nostro cuore dal rimembrare la fine dell’amico, ci abbandonavamo a digressione forse troppo lunga. La causa addotta, speriamo, ci otterra scusa. Nel I867 era colpito da grave malore, che nel 1875 cangiavasi in una meningite cerebrale. Per tutto il 1876 trascinavasi alia sua diletta scuola del nudo, oggetto d’ immensa pieta, di riverenza agli alunni. Da indi in poi si venne ecclissando il suo pensiero, gli fallirono le forze, finche nel 15 Agosto 1877 era tratto al sepolcro. Profondamente commossi, qui poniamo termine, aggiungendo solo 1 ’ intero testo del Legato che ordinava a favore del Comune di Correggio per la erezione del Monumento ad Antonio Allegri con suo Testamento segreto in data 19 Giugno 1868 consegnato al Notaro di Correggio Dottor Andrea Scaravelli, ed aperto a Rogito dello stesso Notaro nel 19 Agosto 1877. « Desiderando che finalmente sorga nel suo luogo « natale un ricordo al Grande Artista Pittore Antonio ct Allegri, lego al Comune di Correggio una Cartella di « Consolidato Italiano del valore nominale di L. 10000 « diecimila da consegnarsi entro rnesi sei 6 . dalla mia « morte, al fine che possa iniziarsi il fondo occorrente « per erigere un monumento degno di taut’ uomo, sotto « pero le seguenti condizioni: i.° che 1’ opera sia affi- a data ad uno de’ piii distinti Scultori Italiani, come « Vela, Dupre. 2. 0 che si componga di statua alta non « meno di Braccia 5 e mezzo con basamento in relazione VITA E LAV0RI 2T£ a alia stessa. 3.° che sia collocato nella Piazzetta nuova « di fronte a San Quirino. 4° che sia compiuta e col- « locata entro anni 5 cinque dalla mia morte. Man¬ et candosi anche ad una sola delle dette condizioni, il « Legato dovra cessare, ed il capitale e frutto devolved « air erede. » Questo Legato, e non crediamo di andare errati, bastera solo a rendere eternamente caro e rispettabile il nome di Luigi Asioli! AGGIUNTE Stimo di far cosa molto gradita ai lettori, aggiun- gendo alle copie di questo libro, rimaste incompiute il 17 Ottobre scorso, an Elenco di recente ricevuto, delle prin - cipali op ere eseguite dallo illustre EEL A. Questo elenco dovrebbe far parte ed essere come il complemento della biografia dello stesso. Debbo pero notare che il momento dell’ agione, ammes- so nelle osservagioni sullo Spartaco a carte 624 e 625 di questo libro, non corrisponde con quello che si dtscri- ve nel suddetto Elenco. E debbo anche aggiungere che, sebbene il VELA sia ajfatto estraneo alia compilagio- ne dell' Elenco medesimo, pu>re la provenienga di esso pub assicurare che le notigie in quello contenute sono state attinte a fonte sincera. Del resto nel citato luogo di questo libro io mi limitava a riportare la interpre- tagione, non certo priva di verosimiglianga, che dello Spartaco dava Silvio Corradino. Trovando poi nel detto Elenco notati 80 Busti, non posso tenermi dal dichiarare colla piii viva compiacenga che non ha guari il Vela donava al Municipio di Cor¬ reggio un magnifico Busto di Dante, da lui modellato , ed eseguito in hrongo $ — in segno di riconoscenra per essere stato nominato cittadino di Correggio. Da ultimo la fretta e furia, con cui componevasi e si pubblicava questo Libro ci hanno consigliati a rive- dere ed accrescere V Errata- Corrige e ad aggiungere alcune Varianti. Correggio 14 c 2 Covembre 1SS0. Can. Giulio Cesarb Marchi Castellini V JLj LENCO DELLE PRINCIPALI OPERE ESEGUITE DALLO SCULTOBE VINCENZO VELA SPARTACO che spezzate le catene ed anelante li- berta scende dai gradini del recinto ove era tenuto prigione. Statua piii del vero. Gih a Milano nel Pala^o Litta, ora nel Palazjo Vion-Dervis Lugano. NAPOLEONE I. nelle sue ultime ore. Statua piu del vero. - Castello di Versailles. DORIZETTI. Monumento al vero. L’ armonia dolente, sopra basamento con bassorilievi rappre- sentanti sette puttini, mito delle sette note musicali. - Bergamo nella Chiesa di Santa Maria. CARLO ALBERTO. Statua colossale. - Torino sullo scalone del Tala^o Reale. VITTORIO EMANUELE II. Statua colossale. - To¬ rino sotto i portici del Municipio. 222 AGGIUNTE ALFIERE SUL CAMPO DI BATTAGLIA. Statua colossale, collocata sopra un piedestallo di Metri 5.00 con basso rilievo in bronzo rappresentante il re Vittorio Emanuele alia testa dell’ Esercito. I fianchi sono or- nati di trofei guerreschi. Monumento na- zionale italiano donato dai Milanesi al- l’Esercito Sardo nel 1858. - Torino, Tia^a Castello. L’ ITALIA RICONOSCENTE ALLA FRAN CIA. Gruppo al vero. Dono delle signore Mi¬ lanesi all’ Imperatrice di Francia. - Parigi nel Pala^o Reale. TURCONI ALFONSO. Statua piu del vero, posta sopra un piedestallo di granito rosso, che si alza in mezzo a quattro vasche nel cortile dell’ Ospitale Cantonale in TiCendrisio. GENERALE MURAT. Piu del vero. Statua posta sopra un piedestallo con basso rilievo rappresentante la figlia del Generale. - bo¬ logna nel Camposanto alia Certosa. CAVOUR CONTE CAMILLO. Piu del vero. Posto sopra un piedestallo di marmo nero con bassorilievi in marmo di Carrara rappre- sentanti i fasti piu salienti della suavt. - Genova nel Pala^go della Borsa. L’ ADDOLORATA. Al vero. - Arcore nella Capella d’ Adda. CONTESSA D’ADDA negli ultimi momenti di vita. Al vero. - Arcore nella Capella D’ Adda. ROSMINI FILOSOFO. Al vero. Inginocchiato sopra un’ urna decorata d’ emblemi di filosofia. - Stresa, Lago Maggiore, nella chiesa dei frati %osminiani. AGGIUNTE 223 MANIN. L’ Italia dei martiri che presenta il ritratto di Manin. Monumento colossale. - Torino nei Giardini pubblici. MINERVA che distribuisce delle corone di alloro. - Ter V Universit'a di Lisbona = attualmente da- vunti al Palaggo della IV? Esposigione Na- gionale di Telle Arti in Torino. LA SPERANZA. Al vero. Monumento Prever. - To¬ rino nel Camp os ant 0. MONUMENTO LUTTI. - Tirolo, Riva di Trento. GROSSI POETA. Statua colossale. - Milano nel cor- tile delV Accademia di Trera. PIOLA MATEMATICO. Statua colossale. Milano nel cortile delV Accademia di Brera. LA RASSEGNAZIONE. Monumento Loschi. - Campo Santo di Vicenza. DANTE. Statua colossale. - Tadova nella pia^a Prato della Valle. DANTE. Meno del vero. - Ligornetto nella villa Vela. GIOTTO. Statua colossale. - Padova nella piagga della Valle. GIOTTO. Meno del vero. Ligornetto nella villa Vela. PREGHIERA SOPRA UNA TOMBA. Al vero. - Belgio. DOTTOR GALLO. Al vero. - Torino nel Cortile delV Universit'a. CRISTOFORO COLOMBO nell’atto che scopertal’A- merica la presenta agli Europei in figura d’ una Selvaggia. Gruppo colossale fuso in bronzo. - Repubblica della Colombia. America. CESARE BALBO. Piu del vero. - Torino nei Giar¬ dini Tnbblici. 224 AGGIUNTE VESCOVO LUVINI. Statua al vero. - Lugano nel - V atrio del Palaggo Governativo. GUGLIELMO TELL. Piu del vero. j- Lugano sul Tia^ale del Tarco. LA DESOLAZIONE. Posta su un piedestallo fra due vasi funerari ornati di fiori, in marmo di Carrara. Al vero. - Lugano nel Giar- dino Ciani. ECCE HOMO. Al vero. - Verate Brian^a, nella ca - pella della Contessa Giulini Della Torta Belgioioso. FONTANA MITOLOGICA. Colossale. - Torino alia Mandria del Re Vittorio Emanuele II. ANGELO TUTELARE E RAGAZZINA MORTA TREDIGENNE. Gruppo al vero. Monu- mento Sommellier - Ginevra. ANGELO CHE SPARGE FIORI SOPRA UNA TOMBA. Monumento Piazzoni. - Ber¬ gamo. LE DUE REGINE, MARIA ADELAIDE E MARIA TERESA. Statue al vero poste sopra una gradinata di marmo nero entro un’ edi- cola, con tre angioli in basso rilievo. - Torino nella Chiesa della Consolata. V ANGELO CUSTODE, che gii librato sull’ ali, sol- leva dal funereo drappo un’ altro angio- letto che la morte spicc6 dalla Terra. Gruppo meno del vero. Monumento del fanciullo Tito Pallestrini. - Torino nel Camposanto. V ANGELO CUSTODE. - Bergamo in casa Camo Vertova. AGGIUNTE ^5 L’ ANGELO DELLA RISURREZIONE. - Costanti- nopoli. MONUMENTO AL GENERALE COLLEGNO. A 1 vero. - Torino, Camposanto. L’AMOR FIGLIALE. Monumento Calossi. Meno del vero. - Torino nel Camposanto. LA PRIMAVERA. Statua al vero. Diverse volte ese- guita. IL MERCANTE DI SCHIAVI. Gruppo meno del vero. - Torino nel museo Civico. INAUGURAZIONE DELLA STRADA FERRATA A CUNEO. Lapide rappresentante la citta di Cuneo LA STORIA. Meno del vero. Monumento a Vin¬ cenzo Dalberti e Soldati. - Olivone Can- tone Ticino. CARLONI FRANCESCO. Carabiniere Ticinese morto a Somma Campagna nel 1848. Al vero. Sul Piaggale di S. Pietro Pambio presso Lugano. MORTE DI SOCRATE. Basso rilievo in marmo di Carrara. GRUPPO DI TRE BAGNANTI. Al vero. MONUMENTO AD UN FIGLIO DELL’ AVV. TECCHIO (Ufficiale di cavalleria, morto alia battaglia di Novara. - Camposanto di Vercelli IL PRIMO DISPIACERE. Piccolo gruppo. - Belgio. FRANSCINI. Mezza figura. - Lugano nel Liceo. MONUMENTO DELLA FAMIGLIA CONTI CLE- RICI. - Milano. L’ ANGELO DEL GIUDIZIO. - Chiasso, Casa Ber- nasconi. / 226 AGGIUNTE LA PREGHIERA Al vero. Monumento Boffi. - Cam- posanto di S. Abbondio sopra Lugano. RITRATTI DI TRE BIMBI. Gruppo al vero. - Porto- gallo presso la principessa Pia. LA FIGLIA DEL MARCHESE CARLO D’ ADDA. Al vero. RITRATTO AL VERO DELLA CONTESSINA BO- LOGNINI all’ eta d’ anni 9, ora duchessa Litta. Figura intera. - Milano. RITRATTO AL VERO D’ UNA FANCIULLA VE- DANI. Figura intera. - Lugano. RITRATTO DELLA FIGLIA FERRAGUTTI. Figura intera, al vero. - Ferrara. RITRATTO DELLA FIGLIA NIGEA. Figura intera Al vero. - posto in chiesa a Sartirana. RITRATTO DEL FIGLIO BUSTI. Figura intera. Al vero. - Venorame. LA LIBERTA. Monumento ai Fratelli Ciani. Colos- sale. - Tosto nel Campo Santo di Milano. LA SCIENZA DOLENTE. Monumento Kramer. Co- lossale. - Posto nel Campo Santo di Mi¬ lano. LA PREGHIERA DEI MORTI. Monumento alia Con- tessa Giulini Belgioioso. - Capella Giulini in Verate Brianga. CARLO CATTANEO. Medaglia al vero. - Liceo di Lugano. MONUMENTO BRUNSWICH. Bozzetto (Eseguite la statua equestre colossale e 4 figure di antenati) Commissione rifiutata per Gine- vra. AGGIUNTE 227 N.° 80 BUST! Fra questi: DANTE, MICHELAN¬ GELO, RAFFAELLO, CELLINI, CRI- STOFORO COLOMBO, GALILEO, TORQUATO TASSO, GARIBALDI, CAVOUR, MASSIMO D’AZEGLIO , VITTORIO EMANUELEII., DUFOUR, ABATE PEYRONE, PALEOCAPA, PA- SINI, LUVINI COLONNELLO, LA- MARMORA, LAVIZZARRI, CAMOZZI, PEPOLI, FRICCI, CAGNOLA, SOLDINI BENIGNO, CIANI GIACOMO ecc. Piu una quantita di Statue e Monumenti che si omette di citare per brevita. INDUCE ANTONIO ALLEGRI (MARCHI-CASTELLINI) Parte Prima ■— Vita e lavori.Pag. 9 Parte Seconda — Un aspetto sintetico dei lavori di Antonio Allegri. » 103 VINCENZO VELA Parte Terza — Vita e lavori . » 121 (AUGUSTO GUJDINI) » » — Capo I.°., » 1^5 » » — Capo II. 0 . » 141 » » — Cap. III.°. » 145 » » — Cap. IV.°. » 153 » » — Cap. V.°., » 195 LUIGI ASIOLI (MARCHI-CASTELLINI) Parte Quarta — Vita e lavori. » El 205 ' ERRORI CORREZIONI E VARIANTI 24 rilevano 25 remeritava 26 affidati 27 Cane 29 Padova 29 Cadde 29 Fabri 29 ai Precettori 30 di essi 33 soggiorvava 3 6 bignignamente 37 ai suoi 37 aquirente 46 Stannovi 50 1518 59 e 1’ opera 61 Ma gloria 61 dal Savatore 62 costatemente 62 a Giovanni Battista 64 reccolta 66 carrezzante 70 dal altro 75 i5 21 75 I 5°7 . 82 Veroni 82 tomato 82 dissidi 94 vercato 98 Chorigius 104 impossible 109 prefetiva no guadii 126 al Napoleone mo- rente agli ultimi giorni 128 non davanti 133 tost& 135 stropes rivelano rimeritava affidate Canco Patria Cade Frari a Precettori diessi soggiornava benignamente de’ suoi acquirente Hannovi ij 1 ? e V opera Ma la gloria dal Salvator^ costantemente a San Giovanni Battista raccolta careggante dalV altro if 22 1587 Peroni tornata dissidii varcato Choregius impossibilt preferiva gaudii al Napoleone morente od agli ultimi giorni ma davanti testl strophes ERROR! CORREZIONI E VARIANT! 135 meurmure 135 emport 136 dicasi « Atene ! » soltanto — 137 dall’ orizzonte 129 — Carboni — 141 se ne sais 142 Cellini 142 manifestazioni — e 145 viens te poser 146 dei suoni — a se- conda 147 « Avanti — 147 « alia macchia » 148 sucotere 148 Rossi 149 artisti per vie di¬ verse 150 scultori d’ arte 150 eletti egli 151 » Avanti — 151 riccamente 151 — rifiutandole il 151 e cerca deve 151 e civili facendo 153 1822 155 per T appunto 155 scallette 155 ceruleo ■— chiaro 156 Professori 157 « Odissea di 158 temprava 159 problema, lasciando 160 cosi facile 162 manc.o, che murmur e emporte dicasi « Atene! soltan¬ to — sulV orizzonte —- Carloni — Solari — je ne sais Galileo manifestazioni, e viens poser dei suoni — della idea — a seconda « avanti — « alia macchia scuotere Bossi artisti — per vie diverse — scrittori d'* arte eletti, egli » avanti — ciecamente — rifiutandosi queste di e crea deve e civili = facendo 1S20 appunto scalette ceruleo chiaro Trofessoroni « Odissea » di tempravasi problema, tornava a battere V eguale cammino , la¬ sciando cost pronti manco che ERRORI CORREZIONI E VARIANTI 162 Ci siamo fermati 162 organismo — dal freddo — dalle 163 panneggiamento che disegnava 165 risorgere 166 repressa = ma 167 pubblicamente = fa straordinaria 168 dello 169 sonora 169 sappiamo 170 gia 170 e sempre = il 170 completamento 170 pontellate 170 cocente, 17 1 gia 171 e lacontessad’Adda 172 lagrime: 172 aNiccolo Tomraa- seo 172 del motto « Fran- gar non flectar) » 175 il matematico «Pio- la » per 1 ’ Accademia di Brera ed il poeta « Tommaso Grossi » (del quale Giulio Car- cano che ne fece il di- scorso scriveva all’ar- tista = «. cio che meglio mi animo fu il pensiero di unire un mio scritto a quella stupenda opera tua ») per i Pubblici Giardini in Milano (pur sempre fKi sono fermato organismo — dalle un panneggiamento che ne disegnava insorgere repressa — ma pubblicamente — fu stra- ordinario delle acuta sappiam gia h sempre — il complement puntellate solenne, gik l la contessa d* Adda lagrime. a Massimo d* A^eglio del « Frangar non flee - tar il matematico « Viola » ed il poeta « Tommaso Gros¬ si > (del quale Giulio Carcano che ne fece il discorso scrivea alV ar¬ tist a — «. ci'o che meglio mi animo fu il pensiero di unire un mio scritto a quella stupenda opera tua ») per VAc¬ cademia di Brera in Mi¬ lano y citt'a pur sem¬ pre ERRORI CORREZIOHI E VARIANTI 177 Sperava in Dio di vedere 178 Gran Patriota Ma- nin 179 ouvres 180 sullo scalone 182 apprezziazioni 183 e non sia tolto 183 « al par che giusto il 1 Sperava — io dico — di vedere gran patriota Manin euvres per Jo scalone appre^agioni e non fia tolto il voto, 0 pensier fu hello » il voto Di serhare alia Francia amor novello, « Al par che giusto il tuo pensier fu hello * 185 congietture 188 la bibbia 188 il genio 190 I’ ospitale 190 Belgioso 190 chino =* e 190 mestitzia 190 Scienziato 191 ottagonale 191 scalea ottagonale e decorata da 191 otto pilastri 191 mormoreo 192 dal 192 illustri ed inten- denti 192 interessante — che strappa 192 da ammirare 193 Giulio II: del 193 fu congetture il vangelo E il genio l J Ospedale Eelgiojoso chino e mesti^ia scienziato esagonale scalea decorata da sei pilastri marmoreo del illustri artisti ed inten - denti interessante — in una posa di saluto c alma e nobi~ lissima — che strappa ad ammirare Giulio II. del fu ERROR! CORREZIONI E VARIANT! pag. 194 banchieri, » 194 del Correggio. « 195 suo opere » 195 tutto affetto » 196 campagna » i96aH’indietrononspo- glia » 196 ceruleo-chiaro » 197 ingegno, — » 197 affermarmi, » 197 quanta osservazione — superiority incisiva — profonda » 199 Nessunto » 199 prolusione all’Ac- cademia » 206 la » 206 Mari Antonio » 208 Ranbrand banchieri $ del « Correggio ». sue opere tutta affetto compagna alVindietro con gravit'a non spoglia ceruleo chiaro ingegno, affermarmi, = quanta osservazione e su¬ periority incisiva e pro¬ fonda ‘fftessuno prolusione al professorato neir Accademia lo Marc’ Antonio Rembrandt * »* ■