- DESCRIZIONI DEL SIGNOR VITTORIO BARZONI. MILANO Presso Ferdinando Bar et* Iibrajo 3 sul Corso di Porta Orientale j ».® 408» i8i5. La presente Opera è protetta dalle vi - genti Leggi , essendosi adempito a quanto esse prescrivono. all’ onorabilissimo THOMAS MAITLAND, GOVERNATORE E COMANDANTE 15 CAPO DELL’ ISOLA DI MALTA E SUE DIPENDENZE, TENENTE GENERALE NELLE ARMATE M SUA MAESTÀ’ BRITANNICA, EC. EC. EC. Eccellenza ! jj rj le armi di Bona parte , e quelle di Murai , credei non poter meglio passare il mio tempo , che coll’ oc- cuparmi dell ’ edizione di quest ’ Opera che vi consacro , o Signore. Forse sembrerà troppo leggiera a Voi , che tanto vi distinguete nei varj rami della legislazione , e nella difficile arte di governare gli uomini ; ma come le menti forti amano ri- crearvi talvolta dalle loro gravi occupazioni , colla lettura di cose puramente dilettevoli ; così mi lusingo che possa non esservi del tutto discara la produzione che vi dedico. Accet- tatela con quello stesso buon cuore col quale a Voi la offro , e crede- temi quale con sentimento di pro- fonda stima mi dichiaro Di Vostra Eccellenza Milano , a' dì io aprile >8i5* Umil™ Dev mo Obb mo Servo Vittorio Barzonju DESCRIZIONE PRIMA. Il Busto del Principe Carlo d’ Austria scolpito da Giuseppe Pisani. Il Principe Carlo è effiggiato in quel- l’aria guerriera che ricorda li vetusti Capitani di Roma. Inclina a destra il capo ; alquanto lunga è la forma del volto; regolari ne sono i tratti; tras- curata l’acconciatura de’ suoi capelli; alta e spaziosa la fronte; il contorno del naso scorrevole ed ondeggiante ; piene le guance; le labbra tumide, rilevate, nobilmente composte, ed il mento con esattezza tondeggiato. Per- ché la scultura non può esprimere q uè’ miti suoi occhi, che fan prova dell’ umanità dell’ animo suo! La nitida e lucente sua armatura e sull’ una e l’altra spalla sostenuta e serrata da due ampj fermagli, che i 2 scendono fino a mezzo il petto: fra quelli avvi raffigurata la terribile Me- dusa. La clamide rattenuta da una borchia sull’ omero sinistro , con pieghe grandiose ed in concertato disordine volte e ravvolte , erra sul braccio manco , e scende abbandonata dietro alle spalle. Un aspetto marziale è l’e- spressione la più evidente della testa , e tutto ciò che adorna il busto rin- gagliardisce quella militare apparenza: ma 1’ Artista che fece quest’ opera su- però se stesso nell’ animar tutto il sembiante in modo da risvegliare in qualche maniera l’ idea delle qualità di questo illustre Capitano dell’Impero austriaco. DESCRIZIONE II. ha Rosa Damascena. Sopra uno stelo debile , guernito di pungiglioni, ed ornato di foglie pen- iate ? spunta , si apre , e si espande 5 fastosamente la Rosa. Un verde calice in cinque parti diviso la comprende, ed il calice è seno della fecondità. — Ma La Rosa quanto più lussureggia nella corolLa , tanto più decresce nella sorgente della fruttificazione. Il suo orgoglio, il fasto suo sembra come punito da limitata prole. Ne é prova la doviziosissima Rosa Damascena. Per essere assai folta di petali , assai scarsa si trova degli elementi della propagazione. Però la Dea de’ fiori , quasi vana dì aver prodotta questa Rosa , com- pensò in lei la poca ubertà col versarle sopra assai altri doni. — Puri , delica- tamente rossi sono i di lei colori. In- teressanti divengono quando l’aurora li bagna colle sue lagrime ; se poi il Sole co’ suoi raggi gli accarezza , qual seducente incanto non acquistano al- lora , e quale magìa ?... Sembra vedèr il riso scherzare attorno a que’ petali porporini. E li grati odori che da quelli esalano ] Ma perché , dopo 4 tanto onor di frondi , tanta bellezza di colori , e tanta soavità di profumi , tanti pungiglioni? ... Questi providi ripari salvano la Rosa Damascena da molti degl’ insetti , che la sopraffareb- bero , avanti che giugnesse de’ suoi corti dì all’ ultima sera. Se la decenza é guardia della beltà , la spina lo è della Rosa. Regina de’ fiori, figlia dell’aurora, ornamento della primavera , amabile Rosa, di te sempre s’ infiorino le gra- zie, e s’inghirlandino gli amori. Flora creò te per pompa di sua grandezza , e per fare all’ umana specie un dono particolare. Se il primo uomo colse de’ fiori per adornare il seno o la testa alla prima sua figlia , scelse certo la Uosa Damascena. DESCRIZIONE III. TjCi Statua mutilata dell' Accademia di Vienna. Questa ignuda statua , benché molto mutilata , e molto dall’ inclemenza del tempo corrosa, pare tuttavia rap- presenti un eroe , nel momento di una bellicosa azione. Il torso, il braccio manco , é quanto rimane d’ intatto a questo simulacro; gli rimangono, ma danneggiate , la coscia , la gamba , il piede sinistro, che sono congiunti ad un tronco d’ albero , il quale é quasi intieramente occultato da un usbergo che vi é sovrapposto. Un balteo, da poche frange all’estremità ornato, tra- versa al simulacro il petto. Sul di lui omero sinistro da un fermaglio é rat- tenuto il paludamento , il quale in ampie volute sul dinanzi libero on- deggia,in gran partiti di pieghe dietro alle spalle cadde abbandonato, indi riunito e ravvolto sul restante braccio, 6 da questo pende in negletti panneg- giamenti. La statua é configurata con esat- tezza , e con verità. L’ evidente ten- sione de’ muscoli del destro petto , r inclinazione di quelli dell’ opposto fianco, il paludamento cosi rassettato, l’ usbergo deposto sul tronco d’ albero , la leggiera inflessione del ginocchio sinistro, lasciano trasentire che la per- sona era tutta appoggiata sul destro piede, che trovavasi in sulle armi, e forse in atto di schermirsi da un colpo , o di vibrarlo. Il balteo, che da destra partendo, pende alla sinistra di questo campione, manifesta esser egli stato personaggio comandante ; come 1’ usbergo gittato cosi alla rinfusa sul tronco d’ albero pare esprima che egli se ne spogliò nel procinto di battersi. Incanta la semplicità delle pieghe di quel vestito militare, incanta F eleganza delle fim- briate listre che dallo stesso pendono, ma più incanta il modo coi quale è 7 gittato sul tronco: vi sta con tanta naturalezza, che sembra si possa le- vamelo, per indossarlo. Quella statua, e questo si adorno vestito , attestano tuttavia che il mo- numento era consecrato ad un non vol- gare capitano. Forse fu questa la statua di un soldato felice , che da stranieri nemici liberò la patria , e la patria grata compensollo col voler eternarne la ricordanza. Perché il tempo , non contento di ridur in cenere gli eroi, percuote fin i monumenti che la na- zionale riconoscenza inalza alla lor. DESCRIZIONE IV. U Eremo di Monfalcone . Tu, dissi ad un Giglio che vidi alle falde di Monfalcone, tu sei ognora sicuro del tuo trionfo , poiché quando fai di te mostra , comparisci nella pompa la più solenne : cedi al certo s in fragranza «al fior d’arancio, in va* ghezza al garofano, ma hai il singo- lare pregio di raffigurar l’innocenza. Simbolo della purità! sii sempre 1’ og- getto delle tenere cure d’ ogni fan- ciullo, di te sempre si adornino gli altari , sempre s’ incoronino i martiri , le vergini, i romiti! — Alzai alcun poco gii occhi e vidi V entrata del- 1’ Eremo di Monfalcone: é un’aper- tura semicircolare, formata di rozze pietre, insieme tenute da spesse zolle di erba. Venni nell’Eremo: terra innane e vota, qualche nera radice di quercia, alcune rare ortiche , grosse pietre che tra lor lasciano transiti a sotterranee cavità ne formano il pavimento. Pen- denti macigni , foschi e disordinata- mente congiunti , compongono l’aspra e spaziosa volta. Dalle commessure di que’ disordinati macigni sbucano il musco e 1’ édera, e vanno per quelli serpeggiando. Gli occhi mettendo a traverso un forame che è nella volta 9 dell’ Eremo , scorsi gli alberi su per la montagna , e tra le fiondi degli al- beri , il cielo. Nel fondo dell’ Antro e dall’ alto , fra cespugli di virgulti , sgorga una fonte viva e perenne. Sassi alla rin- fusa adunati sotto quella sorgente, coll’ interromperne il corso la fanno mormorar continuamente. L acqua trabocca da’ que’ sassi , fresca come la viola che spunta fra la ruggiada mattutina; trabocca e con gran tonfo piomba in una sopposta vasca , dal tempo , dalla natura , o forse dalla mano dell’ uomo scavata in un ma- cigno. Dall’ orlo della vasca cola la sovrabbondante acqua , e nel cascare forma tutto all’ intorno un trasparente velo che va a perdersi sotterra. 11 Sole percotendolo il fa luccicare in mille punti , sicché sembra vera immagine d’ un’ azzurra notte d’ estate trapunta di stelle. Il sacro orrore, che regnava in quella spelonca, passò nell’animo mio; rimasi i IO immoto al forte spettacolo. Un Romito che viveva in queste solitudini, qui spesso veniva a meditar sulla vita avvenire ; ed in questo stesso Eremo dove tanto pensò all’ eternità, fu se- polto. Difatti a destra dell’ Antro vidi alcune meschine zolle di terra a sar- co frigo composte, ed in cima a queste, una grossa e bassa croce di legno. Mi avvicinai alla stessa , e sopra vi trovai scritta questa epigrafe : Prega per r anima mia , pensa alla tua } e va con Dio. DESCRIZIONE V. La Psiche scolpita da Canova. Non veggo i cieli aperti, ma tra due ardenti fiaccole veggo brillare una figura angelica. Ella é l’ imma- gine pura dell’ anima ; è Psiche Ignuda dalla testa ai fianchi , da questi ai piedi coperta da un velo, inclina al- quanto il volto per contemplare una 1 1 farfalla che ha nelle mani — Colto da quella specie d’incanto, che la beltà diffonde su tutto ciò che la cir- conda , estatico rimango ad ammirar sì vaghe , sì regolari fattezze . . . Quale armonica proporzione non domina in tutta la figura ! Quella linea che cir- coscrive per intiero la parte ignuda e che ne comprende le forme , è di una perfezione sublime. Dessa si svolge in mille dolcissime ondulazioni ; ora scappa e si nasconde, ora riappare, ed in tutte le sue direzioni forma de’ con- torni che vanno insensibilmente a svanire in molli cavità. Qui si abban- dona ad una docile flessione per se- guire F eminenza di un seno nascente, e là si erge colla dolce elevazione delle spalle , discende e s’ interna nella caduta delle reni, risorge e si alza colla rotondità de 1 fianchi ... No , non traveggo : fin 1’ ossatura si fa sentire per quanto lo soffre la morbidezza delle carni, e queste istesse sono più o meno delicate secondo le diverse parti del nudo. 12 Affisai la sua testa divina. Le chiome accolte in massa dietro al capo , strette da un nastro, e di là cascanti in fiocchi variamente e con vaghezza in- nanellati, mi hanno incantato. Come non è molle l’ inclinazione della testa, ed amabile l’ aspetto del suo sem- biante? Quegli occhi assorti nella deliziosa contemplazione della farfalla che tiene nelle mani , quel sorriso che traluce dalle labbra colla sem- plice ingenuità della natura, e quel- la innocente compiacenza che rende amena tutta la sua fìsonomia , pare lascino sentir la pace che a Psiche regna nel cuore. Le sue braccia si allontanano mor- bidamente dagli omeri, si atteggiano in una opposizione ammirabile , e veggonsi piegate in un modo il più pastoso. Le mani , le dita , sono sì piene di grazia , da provocar a ba- ciarle Ah quanto quelle mani sono belle , e quanto le belle mani sono rare! i3 Con che agevolezza questa Giova- notta non preme, e non sostenta col braccio sinistro la veste che ricopre la metà inferiore della persona? Con quanta intelligenza non è compartita questa veste? Quanto non è fina , sem- plice e brillante? Fuor fuori dalla stessa , senza deviare dalla direzione delle gambe gentili , appariscono colla maggiore naturalezza i piedi svelti ed eleganti. Il sinistro, sul quale appoggia per la maggior parte la persona , é fermo ; 1’ altro leggiero come l’ aria lambisce colla sola punta la terra , ed appena appena la tocca. Sì quest’ opera è un miracolo del- l’arte. Non v’ha colpo di scarpello che non sia un tratto di Genio Illustre Canova , non è dato che a te d’imprimere in un sasso il suggello dell’immortalità !... Oh come l’ occhio resta contento da qualunque punto io ti contempli , o Psiche ! Il tuo molle atteggiamento spira d’ ogni in- torno la purità più soave , l’ amore «4 più casto, e la più cara innocenza* Tu sei semplice come la natura, e non men bella di lei .... Psiche, io ti ammiro , e stommi alla tua pre- senza. Come Pimmalione innanzi a Galatea , sono assorto dinanzi a te , ed invoco al par di lui il fuoco sacro di Prometeo, che scenda sulla tua fronte e ti dia la vita. DESCRIZIONE VI. Quadro della Riconoscenza . » Ittibro Ozivrano pittore cenomano, per avere scritte libere verità al ti- » ranno della sua patria, fu da co- » stui condannato a morte. Li suoi » amici s’ impegnarono fin con loro » pericolo di salvarlo dal supplicio , » e lo salvarono. Ozivrano sensibile » a quanto avevano fatto per lui , » compose un quadro detto della Ri- » conoscenza , nel quale li dipinse » tutti , e sul quale effigiò pur anche i5 » se stesso, nell’atto che scrive sopra » una piramide a perpetua memoria » ed in seguo di grato animo, i loro » nomi. » Così uno scrittore anonimo del decimottavo secolo. Il quadro rappresenta una campe- stre piaggia. Nel fondo della mede- sima si vede rosseggiare vivamente il mattino : nel mezzo stassi una per- sona simbolica di naturale statura; all’ atteggiamento, agli emblemi dessa é ¥ Amicizia. Abbraccia unoimo dis- seccato colla sinistra, volge alquanto a quel verso la testa , lisa gli amici dell’ artista che sono schierati di là dall’ albero , e colla destra stesa loro addita dall' altra parte Ozivrano isfesso, che posto a sedere sopra una pietra, il dosso rivolto verso lo spettatore , la destra alzata, pare che momentanea- mente la rimova dallo scrivere sopra una piramide , che gli sta dinanzi , i loro nomi , e che interdetto drizzi loro incontro gli sguardi, come veg- gendoli allor allora comparire. La iò* subitanea maraviglia di Ozivrano, IL j suoi occhi che istantaneamente s’ in- contrano con quelli de’ suoi amici , il | cenno affettuoso dell’ Amicizia , col qual pare dica a questi : Ecco La ri- compensa delia buona azione che avete fatta ; tutti cotesti sentimenti concentrati in un punto solo , formano l’unità di quell’incontro appassionato, che mette in una simultanea corris- pondenza tutti gli attori. All’idea di quel commovente spettacolo con- suona il colorito delicato , ed il tuono morbido della pittura. Ingegnoso é T artificio della composizione , e gli oggetti sono egregiamente compartiti ed equilibrati. Il pittore bilanciò la copia delle persone che sono da un lato del quadro , con una selva di piante che dal lato opposto si erge j dietro alla piramide , e non pose nel I mezzo che una figura , per lasciar li- bero il campo a quell’ aria gaja e piena di festività , che un mattino brillante e sereno spande sulla terra* ! I? V Amicizia è di una struttura leg- giera: pare che l’agilità e la solleci- tudine tralucano da tutta la persona. Scoperta fin al dissotto del petto , una veste candida al pari di quella dell’ innocenza , e da un nastro rat- tenuta presso al cuore, le scende d’ogni intorno circonfusa quasi fino ai piedi. Il contorno de’ ben composti omeri , il seno, le braccia gradatamente de- dotte fino alle sue belle mani , tutte queste parti ignude non presentano che una carnagione finissima e piena di morbidezza. Ma la beltà delle forme spicca soprattutto dalla sua fronte di greca eleganza , dalle ciglia espresse con forza e ravvivate da due occhi neri e grandi , e da quelle labbra fresche e vivide dalle quali parte un tenero sorriso che anima e rallegra tutta la fisonomia. Le accrescono va- ghezza que’ capelli neri, che folti ed innanellati le fioccano d’ ognintorno del capo, e giù le scendono neglet- tamente per le spalle. i8 L’ olmo die Ella abbraccia e che florido tenne , nè abbandona sfron- dato , è ricinto tuttavia dall’edera se- guace, e dalla vite amica. Cosi Ori- tene seguitò Socrate nella seconda e nell’ avversa fortuna : gli fu fedele quando lo vide divider gli allori con Alcibiade, e quando nella carcere il vide colla fatale cicuta bere la morte. Quel personaggio, che è ’l più vi- cino all’albero, è nella massima con- tentezza. In vista si tiene felice di aver giovato ad Ozivrano : mostra un temperamento sensitivo , un’ indole umana, una mente lieta. Tutto il suo sangue è in moto, e tutta la sua anima è ne’ suoi occhi. Tiene 1’ una mano sul cuore, e colla sinistra stringe fortemente la destra di colui che gli è dappresso. La sodezza del sembiante di questo, gli occhi raccolti e gravi , l’attitudine dello stare, annunziano un uomo che ricorda la severità degli antichi costumi. Sulla sinistra spalla di costui, il terzo appoggia il destro *9 braccio, e sul braccio lascia cadere come abbandonata in dolce atto pie- toso la testa. Ha un’ idea placida e soave , e due occbi patetici da intene- rire. La tinta scura delle sue vesti rileva la candidezza delle sue carni, e quegli spontanei sensi di pietà che sono sulla sua languente faccia. L’al- tro che a questo viene appresso é adombrato dal colorito che rincalza e si fa più denso. Si distingue per altro una fìsonomia risoluta , franca , e piena di fuoco. Sotto un panneg- giamento fosco e scuro si veggono alcune altre persone , accennate piu o meno , o lasciate nello sbattimento. L’ artista espresse sui loro volti un tal sereno di virtù puro e profondo, che rimasi per essi compreso da una specie di religiosa venerazione : tanto è vero che la sola virtù si fa adorare ! Ittibro Ozivrano è effigiato nell aria di un cenomano : ha 1’ occhio inu- midito, e l’idea dei volto alquanto scomposta dal sentimento che dolce dolce lo commove; pare in un inno- cente e semplice imbarazzo : Ah ! la riconoscenza é come 1’ amore ; queste due passioni non sono mai piu vere , che quando si esprimono male , e con qualche sorta d’ impaccio. Gli og- getti che attorniano 1’ artista non sono che varj simboli della gratitudine. La pietra, sulla quale siede, porta scol- pito in basso rilievo Androdo , e quel Leone che gli lambì i piedi nel circo di Roma. Le piante che s 1 innalzano dietro alla piramide , sono d’ istinto sollecito a rendere largamente all’ a- gricoltore il premio de’ sudori che sparse ad esse intorno ; tanto sono colme di frutta e folte di frondi , il robusto colorito delle quali fa viva- mente risaltare la lucentezza della Pi- ramide, che sta a quelle piante davanti. Sulla medesima vidi in gran parte scritti i nomi degli amici dell’ artista, e presso a quelli, questa epigrafe : Ai suoi Amici Ittibro O zi v rana grato. In tai modi li primitivi abitanti di qualche antica borgata , nella rozza loro semplicità riconoscenti, con ine- rudite note e poche cifre sopra un sasso impresse rimuneravano le fatiche di que’ primi tozzi e rustici eroi, che erano stati utili alla loro patria. Qual migliore ricompensa si può mai dare ai benefattori degli uomini , che ren- dergli immortali , trasmettendo ai po- steri coi loro nomi le loro sembianze ? Ed Ozivrano possedea un tale secreto. Nel suo quadro tutto è opera di un Genio franco , libero, originale , e che conosce le vie dell’ immortalità. La distribuzione armonica delle ligure , la prospettiva degradata con giusti sfuggimenti e diminuzioni , quel modo di gettare , di piegare i panni , di coni» partir le tinte, di avvicinarle , di am- morzarle, F evidenza del rilievo , l’in>- tuonazione dei coloriti, l’ amenità delle erbe, dei fiori, della campagna, la schiettezza d’ Ozivrano, 1’ aspetto com- movente de’ suoi amici , tutto quasi per magico incanto bea 1’ anima eia trasporla — Ma quell’ /fmicizìa è eli un tal gar! o di fa nozze, di una grazia si naturale!.. Ah! quanta vita è in lei, e come la tinta della sua car- nagione, c he somiglia una rosea au- rora, trionfa tra il color mesto e fu- lminoso dei rami disseccati dell’olmo! Non so quale strano prestigio mi tenesse attaccato a quel quadro. Io stetti fiso in quelle persone , come se fossero veracemente vere e vive , e ne fui si illuso che le salutai ; ma allor l’inganno svanì e me n’ increbbe. Così gentil Garzone nel sonno im- merso, e fervorosamente occupato nel pensier della sua amante, la contempla, la vagheggia, l’adora, ma allorché si affanna per abbracciarla, stringe il suo errore , si sveglia e piange. DESCRIZIONE VII. La Venere de 3 Medici . La descrivo anch’ io. — Questa gio- vane Dea sembra uscita or ora tutta nuda dal seno del mare , nella sua maggiore venustà. Mollemente incli- nata, volge alquanto la testa verso la sinistra spalla. Timida e circospetta, j perchè ignuda, tenta colla destra ve- lare il petto , colla manca la sorgente della vita , che occulta più ancora stringendo ed avanzando il destro gi- nocchio. Simile ad una rosa , che apre il seno al primo spuntar del sole dopo una bella aurora, par che senta quel- 1’ età che s’inizia ne’ misteri d’ amore. Le più belle forme sono insieme fuse per comporre questa immagine di una beltà ideale , e quelle forme sembrano innaffiate da un’anima purificata in cielo. Tutta la figura è sovrumana , ed è immune da qualunque difetto , quale appunto si conviene esser quella di una divinità, che assumendo spo- gbe sensibili, dee vestirle sì pure, che sembrino l’ inviluppo immacolato di una sostanza celeste. La curvatura del dosso , la ton- dezza degli omeri , il seno , l’ elevazione dell’ uno e dell’ altro fianco , presen- tano varj contorni che con molle ori- I deggiainento si sollevano e si abbas- j sano, con insensibile gradazione gli ! uni dagli altri derivano, e gli uni j negli altri si perdono. Su questo torso ammirabile per la sua regolare e flo- rida pienezza , si leva una testa su la quale si dispiega una divina origine. In giro rotondo spuntano sulla fronte breve e dolcemente convessa i capelli, che d’ ogni intorno raccolti, un lac- ciuolo gli stringe, e dietro al capo li rattiene. Due ciglia amorevolmente piegate le incoronano due begl’ occhi, le cui inferiori palpebre coll’ essere al- quanto rialzate spiegano un tal vezzo languido e lusinghiero che innamora. Piene e morbide le guance, le labbra socchiuse, tumidette, spiranti amore, e 1 mento rabbellito da una pozzetta, j Sotto un collo molle ed alquanto in- I clinaTo lentamente sollevasi il seno, poi si divide , e sul bel tornito petto §ta la prova eh’ ella è verginella ancora, 25 Colia più soave declinazione derivano dalle morbide braccia, le mani gen- tili, e sulla superfìcie di queste sono indicati i nodi delle dita da fosserelle terse, delicate e simili a molli om- breggiamenti. Le parti più astruse veggonsi colla maggiore soavità am- morbidite, e le ginocchia istesse non sono che un rialzamento dolce , uni- forme, tondeggiato, e scevro da qua- lunque sensibile interruzione. Le gam- be ritondette, pienotte, e degradanti con facile armonica finezza fin là dove appariscono le sue belle piante : dalla testa ai piedi tutto è un prodigio della scultura. La compostezza e la decenza elei suo atteggiamento; le mani che tiene lungi da quelle parti che è intesa celare, quasi tema di comprimerne! o disfiorarne la purità ; quella fìso- nomia che nè sì , nè no invita ; quel- l’ espressione di tutta la persona che pare ami nascondersi , ma che bramì prima farsi Yedere ed ammirare ; quelle a 26 voluttuose emozioni che ispira, e cui pur sembra che non senta ; quelle mosse simultanee di tutte le membra, che provano aver ella un’ anima, ma sì serena e contenta da non iscom- porre i tranquilli lineamenti del suo volto ; quelle fattezze che sono una pura derivazione dell’ armonia su- prema ; tutto lascia nella mente la deliziosa oscillazione che un sogno lusinghiero e caro nel risvegliarci ne lascia. Quale semplicità! Quale armonia di parti le une sulle altre rimbalzanti per un si evidente riverbero di bel- lezze , che pare si prestino una mutua luce, e che maggiormente accrescano avvenenza alla persona! ... Venere! sotto le tue spoglie, io ravviso la tua Divinità. Tu se’ a me dinanzi, ma sei fetta pel cielo : poggi sulla terra , ma leggiermente come una colomba che la preme appena : vesti femminili sembianze, ma presenti un’idea si sublime di una persona sollevata sopra G 7 l’umana natura, die sembri più pro- dotta dal pensiero che dalla mano. Ali ! non è il tuo cinto che contiene tutte le malìe amorose , le più sedu- centi attrattive, l’amore diversificato sotto mille forme incantatrici, i desi- deri sempre rinascenti, i piaceri deli- cati e voluttuosi , quegli scherzi fan- ciulleschi e nativi , quelle pazzerelle vivacità, e quegli artiliziosamente in- nocenti ed infantili abbandoni , che la mente e ’l cuor guadagnano ; è la tua beltà ripiena di tutti questi artiHzj , ed è la sua magìa che tutto seduce e tutto all’ intorno ammalia ! Venere f Tu se’ or ora uscita dal mare, e sei come bella fanciulla che ancor più bella appare al primo sorger dal letto* DESCRIZIONE Vili. Il primo giorno d' ottobre veduto dogli Appennini. Il cielo annunzia un giorno sereno , quale é talvolta sugli appennini il di primo d’ ottobre. Un dubbio e tremulo albore comincia a rischiarare in oriente un tratto immenso d’aria, ed a di- radare le orni re della notte. Già veggo offuscarsi le stelle sparse pel firma- mento. L’ astro di Venere si sforza invano contendere Y impero del mat- tino all’aurora: questa trionfa colla rapidità del piacere , inargenta la chio- ma delle foreste , fa luccicar la cima di queste altissime montagne, ed a poco a poco rende il colore, e l’ ani- ma alli varj oggetti che la terra ador- nano. Pare che la natura , come per impulso della luce, si risvegli dal sonno suo profondo , e quasi trion- fando esca dalle tenebre della notte. L’ aria depurata dai notturni gravi vapori , con più agevolezza respirasi , e dal petto esalando facilita all’anima la via d’ espandersi , dilata il cuore ricreando le dolci sue affezioni, ed ingentilisce la mente sublimandone le delicate immagini. Io sento scorrermi jùù soave nelle alleggerite membra i 29 la vita , e sembrami acquistare nuove facoltà , per goder nuovi piaceri .... Ma quell’alba che ognora più s’ in- fiamma , e che ognora più vampeggia d’ un fuoco puro e vermiglio, quanto non é seducente? Con quanta magìa non rabellisce tutto, e con quanta rapidità non proinove il giorno, col diffonder per tutto i vivi raggi del suo amore !... Così l’ aurora mattutina tenera e serena si alza , come sposa novella che dal letto suo nuziale esce voluttuosa e cara. Zitto : eccolo ; il Soie apparisce so- pra 1’ orizzonte , e la notte è già in- tieramente svanita. Il nascer di quel pianeta risveglia l’idea di quel primo stupendo momento , in cui egli usci dalle voragini del caos , e sorse a ri- schiarar 1’ universo. Al suo comparire tutta la natura si rianima , senso acquista, e sembra come sortir aal- 1’ orrore del nulla. Il sole ha già co- minciato il suo cammino , e più nello stesso avanza, spande luce maggiore. So Più non inumidisce le erbe la rugiada mattutina, la hanno scossa dalle penne gli augelli che vanno pe’ campi del- l’ aria , asciutte sono le frondi che adornano le piante : solo da dissiparsi rimane la folta nebbia che tuttavia ingombra queste immense valli. Quel poco che in quelle io scorgo, a tra- verso un appannamento il discerno. Ecco lì fuor della nebbia apparire un cappello di paglia, ed una mano che alza una zampogna: più lungi zappe, braccia e teste levarsi, poi sommer- gersi in quel pelago di tenebre. Un colpo di fuoco rompe il silenzio di questa solitudine : che veggo ? due braccia , un archibuso , una testa , ed a non molta distanza un augello per- cosso cadere. Questi oggetti , presen- tati cosi alla vista, opprimono l’anima di stupore : con tremante piacere os- servo que’ portenti. Ma coll’ inoltrarsi il Sole nella sua carriera , minori e minori questi laghi di nebbia si fanno : più asciutte e piu chiare si fan queste 3t ampie valli. Il busto del cacciatore e del pastorello distinguo; metà solo della figura degli zappadori é nasco- sta, ed io resto estatico e trasognato a contemplare parte a parte questo strano spettacolo. Quanto maggior- mente il Sole s’inalza, fiumi di luce inondano questo vasto emisfero, e f ultimo fondo rischiarano di queste profonde vallate. T utto è netto , tutto verdeggia , tutto prende e moto , e vita. Ecco venir su per la valle una greggia di pecorelle, le quali nell an- dar sbrucano de’ cespugli: un pasto- rello le guida , le osserva , sorride e suona la zampogna : per quelle balze insegue il cacciatore una lepre : in- numerevoli rusticani affaticano in la- vorar le lame di terra, sparse tra queste montagne. E tu gran luminare tutti riscaldi, tutti rinvigorisci, e tutti animi ne’ loro disegni! Ah quando tu uscisti dalle mani del tuo Autore, ricevesti certo il comando di par- lar sempre ai mortali dell’ onnipotenza sua! Con quanto impero non in- cuti agli uomini colla maraviglia , la venerazione ! Assorto nella tua im- mensità , ne’ tuoi prodigi, immoto ti ammiro, ed in te mi perdo .... Astro splendentissimo del giorno, quante nazioni non vedesti nel corso della tua vita nascere , grandeggiar e ]pe- rire? Quanti eroi non vedesti , segna- larsi e cadere? Quante moli, che l’uo- mo pretese far eterne, non andarono sotto i tuoi occhi in cenere ? Ciò che nacque sotto di te , disparve : tu stai , e sembri di una eterna gioventù do- tato. Come sono eccelsi i tuoi attri- buti, vivaci i tuoi colori, immensi i tuoi raggi ! Come non è enorme la tua sfera ! Eppure voli con tanta ra- pidità! Un dardo scoccato, un au- gello che spaurito fogge, non tengono dietro al tuo corso. Il pensiero in te si smarrisce; non può la mente com- prender 1’ essenza tua , F occhio non può fissare il tuo volto, e F occhio stanco , lo sguardo abbassa sulla terra. 35 Qui un misero che da poi avere rac- colti de’ rami secchi di quercia , ne fa un fastello , il prende in ispalla , e vassi a cuocere il suo pranzo; là un pellegrino che sforza il passo, per giugnere al mezzogiorno all’ albergo. Sotto quel castagno una contadinelia, leva da un canestro tre pani, del caeio, un botticello di vino, ed ap- parecchia a’ suoi un’ agreste desinare. Ma intanto che io divago ad osservar questi fatti ; come il Sole vola del suo cammino alla metà, come alla stessa è presso! Quanto non è vigoroso il suo calore! Quanto non incalza di forza ne’ suoi raggi! Quanti oceani di fuoco non ispande, per riscaldare ed illustrar l’universo! Ah è pur caro un bel giorno d’ ottobre ! Pare una festa, che il cielo dà alla terra. La campana di una Chiesetta che è sugli appennini , suonò il mezzodi. Stanco di ammirare , mi ricoverai sotto un salice che è al margine di una sorgente d’ acqua , tolsi di tasca del 54 pane e delle frutta , e mi posi a bel- l’ agio a mangiare. Finita che ebbi quella refezione, presi il mio cappello tondo, ne ripiegai da due parti la tesa , attinsi dell’ acqua dalla fante , bevei , mi distesi appiedi del salice, e mi addormentai. Dopo alcune ore di sonno, uno spesso batter di ali mi risvegliò: era un colombo selvatico , che era venuto a posarsi sull’ orlo di quella fonte. Senza far moto, mi misi ad osservarlo. Egli bevve , mi guardò ; bevve di nuovo, quasi il facesse alla mia salute,, e parti. Io stesso alzaimi , stesi le braccia e le gambe, cacciai colle dita il sonno dagli occhi , e venni a contemplare il cader del Sole e le maraviglie del Cielo. — Nubi di forme le più eleganti, di colori i più vivi, collo sbocciar ad ogni istante in nuove e singolari figure , cangiano Ognora la decorazione spettacolosa del Cielo. Tutto viene successivamente rab- bellito dai più mirabili accidenti della luce. Nubi, cieli, montagne, quale 55 teatro ! A tanto portento , l’ uomo quasi insuperbisce deila maestà del suo domicilio. Almeno il dì che vede un simile spettacolo, è certo per lui un caro giorno. Ma questo istesso di- vertimento passa e fugge, poiché nes- suna mano può rattener il Sole dal- T andare al suo occaso. Quel pelle- grino che s’ inginocchia dinanzi a quel santo simulacro che è attaccato a quell’ abeto , senza dubbio ringra- zia Dio d’ un sì brillante giorno. Quel zappadore che alza gli occhi al cielo , poi sollecita il suo lavoro, certo ha guardata l’ ora , e prima che si fa- cesse scuro , vorrebbe finire. V e’ come raddoppia li suoi sforzi , perchè il Sole precipita all’ occidente. Io sento intie- pidirsi i calori del giorno , l’ aria rin- frescarsi , e veggo tutta la natura prendere un malinconico , ma incan- tante aspetto. Que’ ruscelli inargentati che divertono nelle valli i loro er- rori , quelle grotte nelle quali Eco pietosa risponde al roco lamenta 36 dell’ acque, queste querce orgogliose , sulla cima delle quali gli augelli vanno a dormire, tutte queste scene campestri, maggiormente incantano al tramontar del Sole. E chi caccia per le foreste, e chi lavora la terra, e chi va a visitare i santuarj, e chi pasce gli armenti lascia ogni cura , si inette in cammino , e più e più si affretta per andare a casa , o per giu- gnere a ricoverarsi in qualche ca- panna. 11 Sole come nel nascere, grande nel tramontare , cede pacificamente al suo destino , in tranquilla maestà si som- merge , e con calma abbandona il mondo alle ombre della sera. Colle nubi al piede, egli ha tuttavia i raggi in fronte, e gli ultimi suoi raggi già muojono sulle estremità della terra. Astro benefico del giorno, addio ! Tu discendi nell’ ampio pelago dello spa- zio , ed io mi rimango fra l’oscurità e la notte. DESCRIZIONE IX. $7 U Ebe scolpita da Canova. Sì, ella é (lessa. - Quell’ atteggia- mento , quella leggerezza eli tutta la persona , quell’ interna compiacenza di se, che una fanciulla gode nel punto della sua perfezione , quella corona di gloria che le orna la fronte , quegli attributi , e quella veste cinta in alto alla maniera delle donne ad- dette al servizio delle mense , tutto annunzia la Dea della Gioventù , Ebe , quasi nel momento che mesce ne’ ce- lesti conviti il nettare ai Numi. Al- zata colla punta de’ piedi sopra una nube, ed in atto di con ere, non. corre; vola. Tutta la figura in aria molle e sciolta si porta innanzi , alcun poco avanzando la gamba sinistra , ed in- dietro stendendo l’ altra. Colla destra mano sollevata al dissopra della testa, stringe un vaso dorato ; colla manca : ss presenta un dorato bicchiere. Ella è ignuda fin sotto al petto ; da dove una veste , da una fascia stretta alla vita , le scende , e la copre fin oltre la mezza gamba. La sua mossa ar- dita e piena di fuoco , indica l’ anima giovanile che la infiamma , grazia le accresce, fa parte della sua beltà, ecl eccita il più grande stupore nell’ ani- mo. L’intera sua configurazione pre- senta una immagine astratta dalle più belle forme della natura. Pare una fanciulla puramente ideale, e sembra non tenga del sasso , che ciò che le è assolutamente necessario per rendersi visibile. Morbide e fresche carni conformano tutte le parti scoperte. I contorni del dosso soavemente si alzano agli omeri , e con lenta declinazione si perdono verso le reni. Inviolato, amorosamente disgiunto, e di moderata pienezza il seno: sotto il seno scorgesi una dolce? ondulazione di forme, quale avviene sull’ acqua d’ una limpida fonte , per auretta estiva. Nel fondo di un collo ben tornito giace una pozzetta , in- torno alla quale divagano i lineamenti d’ una ridente giovinezza. Le braccia sue pieghevolissime , ai polsi , alle giunture lasciano leggiermente traspa- rire l’ interna ossatura. Pienotte ha le mani, con gentile, regolare diminu- zione degradate mostra le dita, sulle quali colle grazie sono sparsi i nodi estremi. La modesta e rispettosa sua Jfìsono- mia, scevra da tutti quegli affetti che turbar ne potrebbero la calma , non ha che quella espressione che basta per manifestare il ragguardevole suo ufficio , e quella minore che è possibile per non iscomporre il con- certo delle parti del volto , in grata armonia ordinate. Maestosa l’incassa- tura degli occhi , soave il giro delle palpebre , da una facile prominenza indicate le ciglia, morbide le guan- ce, tumidette le labbra , piccolo e compiuto il mento. Una inalterabile 4o serenità domina sulla sua fronte , alta, nobile e piena di grandezza. Fiocchi di capelli , disgregati in vaganti ricci, \ scendonle sulle tempia. Una benda l che tutt’ intorno le cinge il capo , ; tiene di dietro piegata ed in su rav- ? volta la chioma folta ed abbondante , j che quasi scossa dal vento, in molte j scomposte a nella serpeggia nell’ aria. La parte inferiore della persona é coperta da una sottilissima veste sotto I il seno rassettata. Un cinto , che in I forma d’ elegante nastro si annoda j alle reni , la stringe e la ferma. È sì ' leggiera che non apparisce nè drappo, | né tela, ma un trasparente e finis- j simo velo. L’ estremo suo lembo so- I speso al destro fianco , libero ondeg- I già in ampie ed inesprimibili volute : sul dinanzi il velo non presenta che minutissime pieghe : di dietro , come' ] spinto dal vento, svolazza con gran pompa di panneggiamenti, in mille cur- ve diversificati. L’aria che naturalmente resiste alla persona che corre, tantq 4 * davanti comprìme sul nudo quel velo , che tutti li dintorni scorgonsi dei fianchi , e ad evidenza fuori ne bal- zano le più belle cosce, le ginocchia le più flessibili, e le gambe le più ben fatte. A queste non la cedono i piedi. Pdtondetti , pieni , agilissimi, ed avvezzi a volare sopra un elemento che non forma alcuna resistenza , neppure là dove toccano la nube ^ non sono nè dilatati , ne scomposti. Al calcagno , alle caviglie, sotto le piante , sulle dita , tutto e raddolcito dalla morbidezza, e tutto sembra in- formato da uno spirito celeste .... Figlia di Giunone e di Canova , sen- sibile simulacro di un ente non visi- bile , quanto sei bella! pure bella come sei , lungi dal sedurmi i sensi colle attrattive del piacere, mi tra- sporti fiamma nel soggiorno delle so- stanze perfette. Io ti veggo, quale ti videro i N umi in cielo .... ma come descrìverti ? . . , Nell’ Ebe tutto è Ebe: in lei tutto 4‘2 spira divinità , vigore e gioventù ; ma i quella figura svelta e staccata, quella espressione ingegnosamente sparsa so- pra ciascuna parte per non alterare 1’ armonia del tutto , quelle avvenenti sembianze rendute ancor più avve- nenti dal movimento generale della persona , quella giovinezza che infiora le sue fattezze, quelle gambe quasi a metà scoperte ... Se un Giovanetto in sul mattino de’ suoi giorni , dopo aver vedute ed ammirate varie belle fanciulle si addormentasse, ed in sogno vedesse di tante amene forme com- porglisi dinanzi una sola creatura sulla quale scorgesse un’ impronta ce- leste, immaginerebbe te Ebe, quale appunto Canova t’immaginò, prima di trarti dal sasso. DESCRIZIONE X. V ailombro sa. Da Por.tassieve vidi le montagne che circondano quella si rinomata 43 P*allombrosa , nella quale gli antichi poeti italiani andavano ad accordare la loro cetra, e dalla quale lo stesso Milton colse alcune di quelle imma- gini pittoresche , che si ammirano ne’ suoi poemi. Fuor fuori da una folta ed immensa boscaglia si vede spuntare 1’ Eremo delle Celle che in alto siede e domina la Valle. Conti- nuai il mio viaggio , e secondo che a mano a man progrediva , i boschi che stanno intorno alla Valle, più 1’ Eremo mi toglieano di vista. Dopo un lungo e disastroso cammino , e poggiando, e scendendo sempre, e sempre in mezzo a vedute sil- vestri e teatrali, a rocce che mi- nacciano di scrosciare , alle fragorose cascate eli Pellago , ai preci pi zj spa- ventevoli di Paterno, arrivai sulla vetta delle montagne che attorniano V aliombrosa. La notte occupava già F emisfero , ed il tempo scuro e pio- voso la rendea cupa ed atra. Le te- nebre addensate e fitte occultavano 44 la via a me dinanzi ; se non che lo spesso corruscare de’ lampi tratto tratto scorgere mi faceva il cammino per cui andava, scorgere mi faceva i ritti fusti e l’ alta cima di quegli eterni e ramosi Abeti , tra i quali movevo rapidamente i passi. Un frequente scoppiar di saette, che faceva rimbom- bare la cavità della Valle con tanta forza, da sembrar che V enorme massa della terra patisse violenti scosse e tremasse sotto i miei piedi; il suono melanconico della pioggia che dirot- tamente caclea , cacciata da un vento che sulle montagne faceva ondeggiar le selve nelle nuvole come onde som- mosse e sconvolte ; il silenzio profondo di tutti gli animali che sembravano giacer mo rti , come morto in tomba , e F universo ridotto ad una vastissima solitudine, faceano di quella notte d’orrore uno spettacolo sì forte, che io non lo paragono a verun oggetto, perchè non ne trovo alcuno da com- parargli. Oh come in mezzo a quei 45 parossismi della natura, l’ uomo sente ad ogni istante la sua picciolezza , e ’l suo nulla ! Un meschino lume che alla fine scorsi, mi assicurò che ero presso ad un luogo abitato. In breve giunsi alla Badia di Vallombrosa : le sue porte sono sempre a tutti aperte , come quelle dei cielo. Q uè’ Monaci porgono una mano cortese ed ospitale a tutti gli stranieri ; e cogli slessi modi ur- bani esordiali accolgono i primi esseri della terra , e quelli che dalla terra non ebbero che l’aria e la luce. La natura umana depurata in que’ soli- tarj dalle notturne veglie , dalle pre- ghiere , dal pentimento , offre il su- blime spettacolo del sacrificio fatto a Dio di tutte le terrene passioni, e nel tempo stesso l’ esempio perenne di tutte quelle domestiche ed umane virtù che sono utili agli altri , di ma- niera che quanto sono severi con- tro loro stessi, sono altrettanto pie» ghevoli ai bisogni altrui. Un’ ora 46 mancava alla me/za notfe : cenai, poi corsi a dormire Di buon mattino levabili , per vedere parte a parte VaUombrosa. La giornata era serena: quale felicità, quando il Sole dopo un orrida notte, viene ad irraggiare il mondo] Passai nella Valle. Una vasta ed irregolare prateria ne forma il fondo, ma la inierrompe un giardino di piante fruttifere , ed un orto folto di erbaggi. Un ruscello diviso in varj rami andava irrigando la prateria, l’orto, il giardino. Da una casupola rurale tratto tratto uscivano bovi, pe- core e capre die si spargevano per la valle: chi pascolava, chi dissetavasi al ruscello , chi fregava il dosso contro un albero , chi senza motivo e senza Saperne il perché salterellava. In aria un colombo che ad ali tese e piane andava a posarsi sulla cima dell’e- remo delle Celle , un altro pavoneg- gi a va si sul tetto della casupola rurale; altri in massa da questa levavansi^ kd in massa volavano a traverso le belve , e nelle selve si perdevano. Au- geili d’ ogni specie , da un bosco al- l’altro andavano, venivano. L’ un si pa , l’altro sfringuella, un terzo canta alla distesa, due si danno di becco per aria , e finiscono la tenzone col mettersi amichevolmente sopra un me- desimo ramo di quercia. Era di ro- more e di canti ingombra la foresta: era di armenti e di fiori selvatici piena la Valle. Dessa è recinta da alti e folti abeti , che quasi in anfi- teatro si stendono su per le mon- tagne ; quelli sono circondati da ampj castagni, e questi da fronzuti faggi che giungono fino alla cima de’ poggi. Il colore carico de’ primi formerebbe un contrasto troppo gagliardo col verde delicato degli ultimi, se la loro pros- simità non fosse contemperata dalla quasi mezza tinta de’ Castagni inter- posti , che ne vanno raddolcendo la degradazione. Il rìdente e verdeggiarne aspetto 4 $ della Valle, fa mirabilmente trionfare le bianche mura del monastero. E questo un edifìcio vasto e presso che quadrato: ha una facciata grande, ma che sa dell’ antico , e per la te- nuità delle sue proporzioni risveglia l’idea di un’origine remota, e di un epoca d’ ignoranza e di barbarie. Tor- nai nel monastero. Gli anditi , le porte, le celle, fìn le carcere di ospi- zio, tutto si attiene alla ristrettezza] di un gusto meschino. Il rempio pare un informe aggregato di architettura antica e moderna , che nè ispira quel sacro orrore che in un luogo angusto ed oscuro ridesta la presenza della Divinità , né risveglia quelle grandi idee del potere delia medesima, che si affacciano in un tempio magnifico, la cui ardita mole proclama ai mor- I tali 1’ onnipotenza : se non che questo conserva un quadro di Pietro Van-^ nucci che l’ illustra. La composizione è monotona, le figure sono isolate, la gloria molto pesante , il disegno 49 troppo secco, i dintorni poco sfamati ed alquanto taglienti; pure questi difetti, sì comuni al secolo dell’artista, sono compensali dalla bellezza di que’ campi azzurri che fanno tanto risaltar le figure, dalla verità delle fisonomie , da quel far semplice e naturale delle teste, che pare provo- chino il dialogo, e dal colorito gajo , lucente, robusto, e d’ una freschezza che seduce. Fui condotto al Museo: mi si mo- strò tutta la serie dei quadri di En- rico Hugford; vidi poi de’ crostacei , delle stalattiti, delle agate, de’ dia- spri , de’ volatili, dei rettili .... Mi fermai dinanzi una mummia d’Egitto, che mi destò una repentina tristezza, e m’ infuse un ignoto interesse per lei. u Oh quanto ( dissi ) quegli ahi- » tatari delle sponde del Nilo, fu- » rono industriosi per conservare lun- » gamente le persone che loro erano » care! Con quant’arte seppero in- j> gannar la morte e figurar la vita!..! 5 » Là almeno una madre travagliata, » deludendo la volontà suprema del r> Fato , potea rivedere ancora le fat- » tezze del figlio estinto , bagnarle y> colle sue lagrime, ed animarle co’ » suoi sospiri : Là un infelice amante » potea stringere al seno ancora la »> creatura , elie , viva , era stata f og- » getto della sua tenerezza , delle sol- » lecitudini sue, narrarle i suoi cru- » deli affanni, e vaneggiar con lei... » Ahi ! quanto sono da lor dissimili » alcune barbare nazioni elie na- » scondono sotterra , e nell’ oscurità » delle tenebre i morti , gli uni sopra » gli altri indistintamente affastellano, » spesso confondono le ossa dell’ uomo » onesto con quelle del malvagio , e » spesso anche un misfatto commet- » tendo contro i cadaveri , ne tuibano » l’eterno riposo, e ne disperdono le » sacre ceneri ai venti ! » Mi sentii l’ animo angustiato da una stretta affannosa : aveva bisogno di respirare ; uscii dal monastero , e * 5i tornai nella Valle. A sinistra salendo vidi la cascata del Vicario : che in- cantante spettacolo! Di là dove ad angolo si congi ungono due alte mon- tagne, quel torrente si slancia e pre- cipita : balza e ribalza sui sassi da lui sommossi, dal caso a varie distanze cumulati, dai piombar dell’ acqua in parte schiariti, e dal tempo in parte coperti di musco verdastro Le ruinose sue cadute il fremere imitano del mare dalle tempeste irritato Le onde sue sconvolte e ribattute mugghiando si cangiano in candide spume, e le spume si sublimano in zampillanti faville , che addensate in tenere nubi , e percosse dai raggi del sole si tingono di tutti i suoi colori , e li mostrano schierati e divisi in tutta la loro ful- gida vivacità. A sì dilettevole aspetto estatico rimasi , e mi parve essere in quello stato di soave vaneggiamento, nel quale si trova un giovane sen- sibile quando 1’ amore gli sorride per la prima volta , 1’ amicizia gli presta 52 affettuose attenzioni , ed in cui gli sembra che tutta la natura a lui si presenti nella più ingenua semplicità. In quell’ istante la mia macchina si scosse, si eletrizzò, e tutte le mie idee furono nella più vivace fermentazione. Parvemi vedere i miei amici presenti a quella scena ; li vidi assorti al par di me , ed il mio piacere riprodotto nell’ animo loro si accrebbe d’inten- sità, e multiplicossi di forza. Ah! la sorte iniqua può togliermi la patria , 1’ avversione dei repubblicani frangere con mano spietata le mie relazioni; ma nessun potere umano potrà strap- parmi mai dalla mente l’ inviolabile attitudine d’ immaginarmi per tutto le persone che care a me sono! A destra della cascata si trova un ponte; lo passai per salire la montagna. In alto , e fuor del di lei seno sporge un masso alpestre, ignudo di musco, di erba e d’alberi, e dai secoli e dalle inclementi intemperie delie stagioni all’ intorno sfracella to. Là sopra , varj 53 Romiti posero alcuni umili abituri , per passarvi la vita in pace , nella preghiera, e nella contemplazione dei miracoli della natura. Ascesi per uno stretto , scosceso e tortuoso ralle in- gombro di Abeti, e da Noci, da Aceri e da Castagni quasi ottenebrato ; e dopo molto stento giunsi alla line all’ Eremo delle Celle. Vi trovai una Cappella meschina, ma ricca d’un quadro di Andrea del Sarto. La com- posizione è simmetrica di troppo, i personaggi non hanno né respettiva corrispondenza, né mutuo colloquio ; ciò nondimeno una figura per incanto del chiaro scuro fa rilievo all’altra. Degradate sono le mezze tinte con arte la più accurata ; ed ogni con- torno é delineato colia massima esat- tezza. I partiti di luce e di ombra sono grandiosi , pieni di pompa i ve- stiti, il colorito vivido e lieto, le carni di una pastosità m aravi gliosa , le teste di un’aria si benigna, di un amabilità sì cara 7 e d’ una modestia si penetrante, che commovono dolce- mente l’anima, e la rapiscono senza ; turbarla. Pare che l’Artista abbia im- presso il suo carattere gentile, soave, modesto, per tutto dove toccò col suo pennello. Ah le aniine sensibili di Gesner , di Pergolesi , di Andrea del Sarto, erano certo sorelle! Visitai le cellette: tutto spira la semplicità e l’innocenza de’ tempi an- tichi. Vidi il ritratto di quell’ Inglese Hugford, per pietà verso 1’ Autore dell’ universo , e per candor di co- stume non meno insigne , che per es- | sere stato quasi l’inventore della pit- tura a scagliola. Passò ventidue anni in quel Romitorio perfezionando l’ arte sua , e praticando degli atti d’ uma- nità. I suoi quadri proclamano la sua gloria , quel romitaggio , santificato dalle sue buone opere, canta le sue virtù. L’ anacoreta Don Giovanni da Catignano , caro alle muse , alle let- tere , alla patria, noto per l’ austerità della sua vita , là pure fini i suoi 55 giorni ; e come questi , venti e più altri eremiti in quell’ asilo solingo e deserto albergarono fin che la morte andò a battere alle loro celle. Cotesti beati contemplativi, la cui memoria edifica , andarono a vivere in quelle solitudini, e su quel macigno, per essere in qualche maniera più vicini al cielo. Uscii dall’Eremo, e venni al mar- gine della roccia, per cogliere ed am- mirare i di lei vasti punti di vista. Appena là arrivato : « Quanto non é » bella ( proruppi ) la Toscana ! Quale » grata varietà non v’induce, quei- » l’ alterna elevazione di montagne , » e depressione di valli !... Ah se la » felicità esiste sulla terra , ella riposa » su questo sasso! » Alla mia sinistra la Badìa di Vallombrosa, dietro alle spalle la corona semicircolare delle sue grandi montagne, a destra la ca- tena immensa degli a ppennini , al di- sopra del mio capo la carriera del Sole , dinanzi a’ miei occhi le pianure 56 di Pontassieve , popolate di ville, di torri, di palagi, di casette , di tugurj , e circondate di colli ornati di ulivi , il letto dell’Arno, al di cui corso, quasi spettatori dalle sponde stanno e pini, e roveri, e cipressi, poi li monti dell’ Incontro , di là Firenze che giace in una culla di fiori, più innanzi le montagne dei Pisano , il lago Talen- tine, ed all’ultimo tratto dell’ occhio il mar Tirreno che combaccia colf o- rizzonte, e che con quello del cielo confonde il suo azzurro aspetto. Assorto, immoto, e quasi a me stesso sconosciuto affisai quella su- perba scena. Venne la notte: la luna era da due ore sull’ orizzonte , e span- dea un modesto giorno su quella muta solitudine; il firmamento era sì co- sperso di stelle, sì chiaro da render ogni oggetto discernibile in terra ; e 1 Universo riboccante di tanta magni- ! licenza, da incuter quel religioso e profondo rispetto, che in ogni notte se- j rena l’Universo stampa nelle menti dei mortali. » Tutto Questo tempio augusto » e sterminato della Divinità é su- » blirne ( esclamai ) ; ma questo ro- » mitaggio, nel quale la virtù in figura » umana venne a perfezionarsi , a » divinizzarsi , é ancor più sublime. » DESCRIZIONE XI. Il Monumento di Angelo Emo , fatto da Canova. In mezzo a scolpite onde marine , sorge una colonna rostrata che so- stiene il busto di Angelo Emo. A destra , ed appiedi di quel navale trofeo , giace una batteria galleggiante sulla quale stassi accosciata una ver- ginella di naturale grandezza , la Fama , che addita colla sinistra l’ E- roe , leggiermente toccandone la lo- rica, mentre coll’altra mano è in atto di scrivere sulla colonna le preclare di lui geste. Dal lato opposto vola in un campo d’ aria aperto , elevato sopra 5 * 68 un mar fremente il Genio della nau- tica che sta per incoronarlo. La com- posizione del monumento è piena di tutta quella intelligenza , della quale é capace V assunto. Il soggetto princi- pale, gli accessorj sono distribuiti con tale simmetria , che risaltano a misura della respettiva loro importanza. Angelo Emo grandiosamente cam- peggia nel mezzo. La sua testa ab- bronzata sul mare , inclinasi alcun poco verso il petto , e mostra una fronte ampia ed increspata, ciglia ri- levate ed espresse con forza, due oc- chi incavati e socchiusi , la bocca gra- vemente composta , i muscoli delle gote affondati e rugosi , e poche stri- sene di capelli pressocchè affatto rasi. L’indicazione intensa e risentita di tutte queste parti, dà alla fisonomia quell’aria veneranda, che contraddi- stingue i Capitani dell’ antichità. Lu- cida al par dell’ acciajo è la lorica , ed il suo fulgore forma un doppio contrasto coll’aspetto della carnagione $9 del volto , e col marmoreo candor della clamide. Abbottonata questa so- pravveste sull’ omero destro , ondeggia lungo il petto , e giù cade negletta pel dosso. Le sue pieghe sono di ca- rattere grave , ampj gl’ intervalli fra l’ una e l’ altra , maestoso è 1’ anda- mento di tutte. La dignità è l’impronta distintiva dell’ Ammiraglio , e tutto ciò che gli sta dintorno, la sua grandezza accresce. Intenta la Fama e quasi rapita nella contemplazione di lui , ha la testa portata indietro , lo sguardo alzato , e fiso tanto intensamente nel volto di Emo , che pare gli domandi di quale azione debba far prima ono- rata memoria. Questa Giovanetta, col- I’ esser mollemente incurvata verso la colonna, viene a dispiegare tutte le forme del dosso , e ad accrescer la va- rietà di quelle del petto. Il suo seno alquanto cresciuto , e le pieghe infe- riori della carne , figurano un’ onda , che dolcemente levandosi , e con, mollezza scendendo , scorre colla piu agevole fluidità. Sul tergo è quasi im- percettibile il passaggio da un con- * torno all’altro: nessun contorno balza dalla naturale sua situazione, o d’ im- provviso si estolle dalla linea che cir- coscrive , e tondeggia il nudo. Sulle sue braccia tornite e sciolte, sulle sue mani pienotte e cosperse di molli fos- serelle , sono profuse le più amabili attrattive ma quella pura e can- dida mano , che sta per iscriver sulla colonna ... io la baciai come viva. La testa ha qualche cosa più che d’ u- mano. Una linea pieghevolmente on- deggiata , dal capo al mento profila la sua faccia. Vaga l’ acconciatura de’ suoi capelli , grande il taglio degli occhi , le ciglia delicatamente indicate, le labbra socchiuse ed ammorbidite, ridondanti le guance della più fresca giovanezza. — Le fattezze di tutte queste parti scoperte , appariscono più beile ancora per la contrapposizione del yelo, ch$ ella si è avvolto coij 6 » negligenza alla cintura , e clie le copre la metà inferiore della persona. Di- messo , seguace del nudo, e maravi- gliosamente panneggiato , offre un complesso di pieghe fluidissime , . na- turali, e variate che si abbandonano alle diverse inflessioni delie membra, senza però occultarne le beile forme. Si ergono sulle sue spalle due ali , le cui penne lunghe e spiegate si sten- dono nell’ aria. Ha con lei la tromba, quell 1 istrumento coi quale per F uni- verso diffonde il nome degli Eroi . . . No , la gentile immaginazione di Co- reggio non potea produrre una figura più amabile , più cara. Qui è dove malagevole si fa l’im- presa. Come descrivere , o almeno de- lineare quel Genio della nautica , che pare or ora disceso dalla sua pa- tria, dal cielo? L’elastica leggerezza che F avviva , e che risulta dalle mem- bra protese ed un poco allungate, dai fianchi incavati e ristretti, dalle an- che appena tumide ? dalle gambe sottili ed agilissime; quell’ aria di divinità! diffusa sopra ogni parte della persona;] tutto incanta i miei occhi , ed empie di maraviglia 1’ animo mio. Il cavaliere d ' Azara entra un gior- no improvvisamente nella stanza di Mengs, e stupisce in udire una suo- nata dell’armonico Gorelli, e nel ve- dere Mengs col pennello in mano rirnpetto ad una tavola: doglio fare ( dice 1’ egregio Pittore ) un quadro su questo modo cromatico , allegro e vivace Quale musica intuonavasi alla tua grand’anima, insigne Canova, quando ti venne il pensiero di tras- j formare un pezzo di marmo in questa figura celeste? Dove trovasti questo complesso di forme tutte unite , e tutte eccellenti? ... Ah! qui certo la natura abbandonò 1 ’Artista; non avea questa più modelli da presentargli, ed egli fu costretto cercarli nella fer- tile sua immaginazione. Ignudo è questo leggiadrissimo gio- vanetto che non ha ancora finito di 63 crescere. Alzato in un’ attitudine al- quanto obbliqua , stende innanzi le braccia, che formano un ammirabile contrapposto colla direzione contraria de’ piedi. Gli pende dall’ omero destro un panno leggiero, di cui gli cade un lembo davanti, mentre il resto gli svolazza dietro alle spalle. Su tutto il nudo 1’ effetto de’ muscoli è espresso colla maggiore accuratezza, e non vi si vede che un ameno concerto di si- nuosità quasi svanite , e di forme eminenti , le quali sembrano da una spezie di simpatìa insieme legate. Alle ginocchia, ai polsi, sulle varie giun- ture il giuoco delle articolazioni è indicato con sagace precisione, e con grazia singolare. Tutte le forme di queste parti sono depurate da ogni imperfezione umana ; ma quelle del volto hanno il carattere sublime , che conviene ad una testa angelica. Le ciglia che gl 1 incoronano gli occhi mo- desti e tranquilli , le palpebre dolce- mente aperte, le labbra soavi e placide 6f che sbocciano fra due guance ricolmd ed un mento rotondato , fanno appa- rire sulla sua fisonomia il fiore della gioventù , e la calma della conten- tezza. Le chiome profuse sui capo gli ornano le tempia : in ispesse , e varie anella fioccano ondeggianti sul collo, e danno .... Ah ! io mi sforzo di di- pingere questa testa , e non fo che abbozzarla. E quelle mani tanto circo- spette che stanno per assestare gentil- mente sulla fronte di Angelo Emo la corona civica e rostrata , quelle ali v sì leggiere , quelle piante sì tenere e delicate che mostrano di non aver mai sostenuto il peso del corpo , come ritrarle ? Come rappresentare quel panno rigonfiato , sconvolto e rifranto in mille maniere dal vento ? Come ? . . „ No, non m’inganno; tutto vola in questo Genio ; tutto è fatto per vo- lare ; egli è sì agile , sì vivo che sem- bra che l’esecuzione meccanica delle mani non abbia avuta parte nel for- marlo j ma che il solo impulso potente 65 e la forza invisibile dell’ingegno lo abbia creato e lanciato nell aria. Qual risalto non riceve egli mai dalle onde aspre e scabre del mare che fremono sotto a suoi piedi, e che vanno a spezzarsi contro la colonna? La batterìa galleggiante , il mortajo da bomba , le palle e la trincierà di sabbia, qual piacevole contrapponi- mento non fanno alia figura delicata della Fama? Di quanto non accresce la maestà del Busto di Angelo Emo , la colonna rostrale orizzontalmente attraversata da due navi difese da ro- stri, ed ornate della testa del veneto leone ? Dall’ armonioso contrasto che domina in tutte queste parti, risulta quella specie di poesia della compo- sizione che rapisce ed incanta ; come dalla somma facilità colla quale 1’ o- pera é eseguita , deriva quell’ appa- rente leggierezza , che sembra incom- patibile con una grande massa. Il monumento è dignitoso , ma senza ostentazione *, è finito , ma senza affettata ricercatezza .... Divino Ca- I nova! la tua grand’anima é ravvivata \ da un raggio di quella stessa luce, che illuminò il secolo di Pericle, e che fu tanto propizia a’ tuoi padri, agli scultori della Grecia. Fortunato erede della lor gloria , ne conservi scrupolosamente il lustro, emulando e superando, al par di quelli, le ma- ravigliose opere della natura. E tanto puoi con un pezzo di ferro e con un sasso ! DESCRIZIONE XII. Carceri del Veneto Tribunale degli ex- Inquisitori di Stato. Nell’ ultimo piano del palazzo du- cale di Venezia avvi una mediocre stanza quadrata, nella quale gl’ In- quisì tori di stato teneano tribunale. Sopra un alzato a tre gradini conti- guo ad una delle quattro pareti 6y Stanno tre seggioloni , dove gl’ Inqui- sitori sedeano: Una tavola di legno quadrilunga, mal connessa e decre- pita sta davanti a que’ seggioloni , antichi, di rozza forma, e coperti di cuojo , fermato a tutte le estremità, da grosse borchie di ottone. A destra della tavola avvi un basso sgabello pel Segretario. Sopra il seggiolone di mezzo pende appesa alla muraglia una sacra Immagine di stile gretto e secco. È forse questo un simbolo indicante che il cuore umano in quel luogo s’inaridiva, e perdeva la na- turale sua flessibilità , la sua mollezza? Noi so. Li tre altri lati della stanza sono coperti da altrettanti armadj di noce, ne’ quali erano depositati i pro- cessi , sui quali a caratteri irremo- vibili era scritta la giornata futura della liberazione, o l’ora suprema della morte de’ rei di stato. Sortendo da una porta che sta rim- petto al Tribunale, si ascende per breve scala ai Piombi. Questi sono 68 camerotti di legno, discretamente co* modi , anzi bassi che no , e (pianto basta illuminati. Sono distribuiti alle estremità di un soppalco grande , alto e chiarissimo , nel quale si permettea qualche volta ai detenuti di venir a respirare un’ aria libera e serena , ed ! a salutare il giorno. Que’ camerotti sono immediatamente sotto il tetto , e 1 tetto é coperto di piombo. Gli ardori cocenti della state, i rigori friz- zanti del verno, rendono molto inco- modo quel soggiorno : pel resto è un luogo di custodia , nel quale si può chiudere un reo , senza che in lui la dignità dell’ uomo sia lesa. Dai Piombi scesi per un’angusta scala , ne feci un’ altra a quella infe- riore, ed eccomi al Ponte dei sospiri. All’aspetto di quel luogo, di cui aveva tante volte sentito parlar con orrore, mi scossi , raccapricciai ; nè certo cre- detti in quel momento , che al mio ritorno dovessi chiamarlo il Ponte dell allegrezza ; tanto i sepolcri che poi vidi giù abbasso, erano più spa- ventosi di quel tragitto Una scala bassa , strettissima e quasi affatto oscu- ra , mi stava davanti: come meco aveva due candele di cera, ne accesi una alia lucerna che ardea alla fine del ponte , e discesi a visitare quegli abitacoli tenebrosi , che furono spesso riempiti delle lagrime , e dei sospiri de’ condannati. Una esalazione sepol- crale , che mi percosse fuor d’ ogni uso , fu la prima cosa da me sentita. Sì, dopo gli aliti della pestilenza , l’e- salazione graveolente delle prigioni è la più pericolosa. Da poi esser alquanto disceso , vidi a mano sinistra una soùtovoJta : vi entrai. L’uomo non può starvi ritto; essa ha soli cinque piedi di altezza , e quattro in larghezza. Per una fine- strella difesa da grosse sbarre di ferro raddoppiate, un poco dell’ aria grossa che ingombra il passaggio della scala, trapela in quella tetra carcere. Pa- rnasi per qualche tempo nel cupo abituro : sentiva di star male , nè sa- peva il perchè Nella solitudine si desta la riflessione: in breve compresi che 1’ aria guasta e morta che respi- rava , produceva in me un grave tor- pore , ed un sensibile sconcerto : ma 1’ infelice che 1’ avrà respirata più anni ! Seppelliscasi in quell’ ergastolo un atleta pieno di salute; egli dima- grerà , i suoi occhi s’incaveranno, e diverrà tutto uno scheletro. Vuoi , tu che leggi, sapere quanto sia insoppor- tabile 1’ alitar uri’ aria che non si rin- nova mai , senti : A Copenhaguen , il conte di Struensèe appena estratto dalla sua buja carcere, per essere tra- dotto alla morte, proruppe in questa esclamazione: Quale felicità il respi- rare un aria libera !... Discesi più ancora , e venni in un lungo, stretto e basso corridojo. E qui dove cominciano que’ sepolcri , che sono affatto ignoti alla luce del Sole, dove la rimembranza di ciò che si fa sulla terra svanisce, doye i giorni, le 7 1 ore, i mesi sono inutili distinzioni , e dove i malfattori che vi erano rin- chiusi , perdeano coll’ u»o dei sensi l’istinto dei domestici affetti , e 1’ abi- tudine dei costumi sociali. In quelle spelonche tutto è confusione: tutto è notte. Osservai a sinistra una grossa porta ferrata : la apersi ed entrai. Yidi una carcere quanto basta alta, sei piedi larga , e lunga quattordici : 10 potei camminarvi agiatamente. Uno stretto pertugio nella muraglia , sopra la porta, è il solo forame pel quale entra l’aria; e quest’aria non è che 11 denso elemento che appesta il pas- satojo. Esaminai tutta la carcere atten- tamente , e non vi rinvenni che un’ opera meschina , la quale potea forse aver occupato , nel lungo volgere di j più anni, un delinquente per un quarto d’ ora. Sopra una delle pareti era disegnata col carbone una rupe, e sovr’ essa era dipinto col sangue un croce fìsso. Il prigioniere si aperse dunque le vene, e dipinse col proprio 72 sangue per temperare la smania delle ■ sue noje ! Oh la spaventevole rifles- | sione I Intanto altri che passava pel | corridojo chiuse inavverien remente la j porta; il mio lume si spense, ed io rimasi un momento all’ oscuro in quel luogo d’orrore: non altro udii che il silenzio , e non vidi più che la notte « Ora, dissi , comprendo che » la parola carcere è assai peggiore y> dell’altra morte: » trovai a tentoni la porta , ed uscii. Da chi l’aveva chiusa, mi feci accendere il lume, e continuai il mio cammino per quella f strada di pianto. Presso alla carcere della quale era 1 uscito, un’altra carcere esiste, poi una terza, e poi un’altra, tutte sullo stesso piano, e della medesima forma ; senonchè la porta della seconda è murata. Corre voce che ne’ tempi an- tichi due delinquenti vi furono entro murati vivi. Pietoso Iddio! quale sarà stato il loro terrore , quando avran sentito cangiarsi la porta di ferro ia . ?5 dura muraglia , quando il giornaliero nutrimento loro mancò, quando bran- colando l’un sovra F altro fra le orri- bili agonie della fame e della morte ... Taciturno , immoto , senza respiro e senza sangue, mi allontanai da quel monumento di dolore. — Ero io già disceso sessanta gradini ; eppure con- veniva discendere ancora. L’ aria dal fondo usciva oguor più putrida ed appestata. Due giovani che tornavano indietro mi avvertirono che non si potea più discendere, perché si estin- guevano i lumi. Ciò non pertanto volli andar a scrutinare il fondo di quell’ abisso delle umane miserie : accesi E altra candela che con me aveva, e corsi a trovare que’ Pozzi , che sono scavati nelle viscere della terra. Sono io già tredici piedi sotterra. Entro in una Caverna che fu un giorno intonacata di tavole, le quali poi dall’ umidità infracidate caddero dalla carcere a pezzi. Osservai dintorno 4 74 la bava, che sulle muraglie avean lasciata strisciando alcuni rettili schi- fosi. Nel guatar minutamente quel- la orrenda sepoltura, non so quale fra molti funesti oggetti più 1’ animo mi conturbasse. Uno spettro levatosi nel- l’agitata e sconvolta mia mente, ac- crebbe per me l’orrore di quell’ Antro spaventevole. Credetti vedere steso sulla nuda terra un prigioniere spi- rante ; lo vidi come presente ; 1’ udii: affannosa avea la respirazione , il suo volto era segnato dalle^ continue la- grime che sopra vi scorreano , con voce mezzo morta gemea sbattuto dalla maligna febbre delle prigioni , e divorato da scorbuto desolante , avea le braccia illanguidite e scarne, am- mortiti i piedi , gonfie ed ulcerose le gambe .... Sì questo sciagurato , gri- dai , dee aspirare al termine della sua condanna . alla morte , con quello stesso ardore con cui bramerebbe ì istante della sua liberazione. II terrore mi scosse, e mi restituì 7 5 a me stesso : andai a visitare l’ ultimo e più profondo baratro. La sua porta è bassa : per entrare dovetti molto in- curvarmi. Umida è la volta, l’aria stagnante, sporco e putreolente il suolo, fosche sono le pareti. All 1 orrendo aspetto , tramortito rimasi. Stanco , op- presso dal terrore , mi gettai sopra un tavolato che si erge dal fondo della caverna. Mi parve allora di essere di- steso tutto vivo in un cataletto : tanto l’immagine della morte mi stava da- vanti! Alcune cifre che vidi sulla muraglia , che era alla mia sinistra , mi destarono da quel tetro abbatti- mento. Ad esse mi avvicinai , e vidi scritto a grandi lettere: VIVA AN- DREA TARDI VELLO ! Sciagurato! Perchè desiderar di vivere ancor nella tomba? Ah! il proprio nome scrisse solo per destar pietà nell’ anima di chi sarebbe andato, forse un giorno , a visitare il suo miserando abituro. Più basso, è tratteggiata col carbone una mezza figura ; essa rappresenta un uomo di fisonomia spaventevole , il quale ha rasi i capelli, barba corta ed irta, ciglia folte, fronte increspata, guance dimagrate e secche, labbra e narici asciutte , occhi fulminanti. Una nera corona gli sta sulla testa : egli comparisce armato di tutto punto ; 1’ una mano appoggia sul sinistro fianco , e l’altra stesa quasi in atto d’imperare, brandisce uno scettro rozzo e pesante. Qui forse il misero che lo delineò , volle ritrarre , sotto strana divisa, il suo giudice. Pendegli da manca una piccola campana ; ma os- servai che non avea martello. Infelice, che segnasti quel simbolo, io ho pe- netrato il tuo pensiere: certo volesti manifestare, che ti si condannò, senza chiamarti prima alle discolpe.- Da quei tratti facili , disinvolti e negletti com- presi che la mano che li segnò, era] nata per emular la natura, e per con-* tenderle le glorie sue. Forse quel mi- sero in altra destinazione di vita sarebbe stato un pittore egregio, forse. 77 non avrebbe funestata la società co’ suoi delitti , e forse Perché mai la patria non offre un’educazione a tutti i suoi figli ? Perché non pre- viene le loro reità, col rendergli at- tivi e virtuosi? Perché? È fama ‘che due fratelli furono imprigionati in quell’abisso: l’un d’essi vi lasciò la vita, e questa epigrafe, ( anima sensibile che vai a visitare quel sepol- cro, ricordati di osservarla: è scritta a sinistra della porta ) OGGI A ME , DOMANI e cadde morto fra le braccia di suo fratello, senza poter terminare la ferale sentenza. Un freddo gelo m’ invase tutte le vene , un fre- mito d’ orrore mi fece tremar tutte le fibre: fuggii da quel luogo di spa- vento e di tenebre , e ritornai a veder la luce. 7 8 DESCRIZIONE XIII. La sera dell ’ undecimo giorno di luglio dell ’ anno i8i5 iu Malta. Non fauste cose prevedendo , in sul far della sera dell’ undecimo giorno di luglio, tutto solo uscii da Birchir - cara e passo passo venni sulla cima del Colle di Santa Venera. Là mi po- sai sopra una pietra, e gli occhi vol- gendo alla sinistra , vidi pender dai bastimenti ancorati nel porto di Mar - sarnuscetto bandiere gialle con mar- che nere nel mezzo: mostre afferma- trici di pestifero malore! A quel verso osservai il Lazzeretto e ’l Forte Manuel , nei quali sono riposti i malati so- spetti di peste : più in qua le forti- ficazioni di Vailetta ed un braccio di mare : a me rimpetto la piccola Chiesa della Madonna della pietà : alla mia destra una lunga e stretta Chiusura , e dopo quella un campestre Cimitero, nel quale si sotterrano coloro che- muojono di peste. 79 Tatto ciò che vedea sembravano avere un mesto aspetto. Il fosco velo che il tempo lasciò sulle mura del Lazzeretto e del Forte Manuel più dei solito pareami scuro. Mi contri- stava il veder le massicce fortifica- zioni di Valletta in qualche luogo ricoperte di edera verdastra, e tratto tratto sfesse dal cappero che a forza esce da quelle. Bagna il piede delle forti Reazioni un seno di mare , e l’ acqua ne é sì queta , che sembra stagnante. Un pescatore ignudo fino alle Anche vi passeggia per entro, e colla mano cerca un po’ di pesce per nutrirsi. Sta di fianco alla Chiesetta della Pietà un tetro e decrepito ci- presso , e par la ingombri. È sì spo- glia la Chiusura che non presenta che un luogo arido senza arbusti , e senza erba. Una croce, una lucerna, due paralelli rialti di terra , due nude mura che fra lor chiudono un ter- reno innane e sparso di preparate fosse , ecco il Cimitero , e vicino a 8o quello un soldato che vi sta a guar- dia. Sembra pensoso : Meschino ! è si presso all’ orrido abituro delia peste i e della morte! Era tramontato il Sole, ed il sito non mi parve più che una desolata solitudine. Levai in alto gli occhi attoniti e dolenti. Più cara deli’ usato splendea la stella di Venere in Oc- [ cidente; movea dolce dolce la luna ] dietro a tenere nubi : ora spuntava dall’ una, or nel seno dell’ altra si nascondeva , e le estremità di ambe- due di candida luce inargentava. Di I pianeti era brillantato, di stelle era pieno 1’ Empireo. Come mai, dissi io, in una si bella notte , in un si dolce clima , sotto un cielo sì chiaro , im- perversa una sì nera infermità! Li miei occhi andarono per caso sulle torri , sulle abitazioni di bal- letta. Ahi sventurata Città ! Poche settimane addietro sì felice , sì lieta , ora ... Non più alle porte de’ tuoi cit- tadini adunanze franche ed^ amichevoli; s 2 ma poste di civici soldati ad ogni passo. Chiusi sono i tuoi Templi, chiuse le case, chiusi gli ufficj , bar- rate le strade e rari per quelle gli abitanti. Povera Malta! Lo straniero appena ardisce accostarsi a te; tu non hai che difficilmente comunicazione con altri, né più sei che una carcere chiusa dal mare, e dalla volta del Firmamento. E questa prigione, quanti infermi di peste non rinserra ! Scia- gurati ! La religione vi rinfranchi nell’ ultimo cimento , e dia a voi co- j'Qggio a bere sino alia feccia il ca- lice delia vostra amara fine . . . Infelici ! Come agonizzano ! Ogni sforzo che fanno per sopportar con pazienza i loro tormenti , non mitiga il lor mar- tirio. Col cuore angustiato, immobili per istupore , senza un anima a canto, aspettano 1’ ultimo loro istante. Come palpitano nel veder che ognuno teme e trema di accostarsi ad essi! Come impietrano! Soli, senza conforto, in- vocano essere liberati dalia peste ; e 1^ 4 * Sa peste contro di loro incalza. Moribondi stesi su di un letto di desolazione , ove il dolore vorace corrode tutte le forze della vita , coperti di piaghe , tra crudeli angosce, vanno misera- mente a finire. Alcuni di loro, quai disperati, implorano esser ridotti al nulla, e solo l’ eternità ad essi rim- bomba sui cuore. Oh! Voi pietose stelle , voi , che li vedete si infelici , colla soave vostra luce rasserenateli ! Dio di misericordia! deh li consola nella lor disperata agonia , rianima la loro virtù, rinfranca i loro sensi erranti . . . sono tuoi figli , e latri sono ad immagine di te ! T utto iacea si a me d’ intorno , che la natura intera mi sembrava spenta. La campana del Forte Manuela, tocchi lenti ruppe quel profondo e lugubre si- lenzio , e parve pianger 1’ appestato che chiamava al sepolcro. Come , esclamai , il di lei suono piomberà tremendo sul cuore di que miseri , che sono brava* gliabi da eguale infermità ! Tutti sono 85 atterriti , ed uno solo è morto , e tu, che giaci morto , domani sarai pure tratto in. questo Cimitero, e quivi tra bollente calce viva sepolto. Ogni giorno per quella strada angusta e scabra, che è rimpetto ai miei occhi, sono a questo luogo tradotti li morti di pe- ste ... E sono Forzati che escono dalla Gran prigione di Valletta, che ac- compagnano fra le guardie li carret- toni dei defunti a questo Sagrato , gli estraggono , gli slanciano in profonde seoolture, affastellano sui ricchi 1 po- veri , sui vecchi i giovani , coll’ ado- lescente la vergine, e tutti di molta e grave terra ricoprono. Tu pure , o Testaferrata , benché ornato dei fiori della gioventù, dei prestigi della na- scita, da fresche corone d’imeneo, tu pure fosti dalia peste mandato in uno di questi sepolcri ; nè so quale sia. Che grida non si levarono dal seno della tua vaga sposa , nel vederti spi- rar fra le di lei braccia! ... E coloro che muojono senza essere da alcun animai u consolati? E quelli die nell’ ora su- prema non si veggono attorno che solitudine? Muojono desolati, e sono miseramente sepolti. Poveri morti!... Pace sia con voi , ombre sciagurate! Un giorno uscirete dalle tenebre di queste tombe , al chiarore di una bea- titudine impassibile. Batte la mezza notte ! Quanti infe- lici non sognano in questo momento capellature arruffate , ascelle gonfie e livide, inguini piene di nere macchie, di sangue e di sanie , cadaveri sui quali é tutto l’ orror della morte ! Quanti altri non muojono attual- mente, torturati dalla peste! . . . Eppure in questo momento di dolore , di notte, di strage forse l'usurajo, coll’a- nima più della mano rapace , defrauda il misero di un danaro che tra poche ore non servirà più nè all’ uno , né all’altro; forse l’uomo superbo in. questo istante a color che crede suoi inferiori distribuisce il disprezzo , e gli affronti } e forse in, questo punto 85 istesso l’Adultero ascende il letto del suo amico , e l’ Empio bestemmia Id- dio, ed i suoi comandamenti sprezza . „ . E siamo tutti sull 1 orlo della tomba , ed in quella saremo forse tra poco cacciati tutti. Ma un forte vento si leva , il mar si turba , e la notte s infosca. Lo splendor delle stelle lotta invano colle tenebre che ognora più spesse e più nere si fanno. Tra tanto bujo appena qualche astro sbocia di distanza in distanza: la Luna è fra le nubi som- mersa , e ’1 Cielo si copre di uno strato funebre. Quale solida oscurità ! rotta solo dai fuochi che si accendono in V alletta per depurar l’ atmosfera. Che notte! Quale momento! Io sento il cigolar de’ vascelli che il vento scuote: mi par di udire il gemito di color che spirano nel Forte Manuel ; mi par sentire le grida di chi piange sui morti del Lazzeretto ; mi sembra d’Ombre dolenti ingombro il Cimi- tero . . . Deh ! liberaci 7 o Signore , da 8 6 questa orribile infermità , fa cossaré in quest’isola il terror che la contri- sta, e le comuni preghiere esaudisci! DESCRIZIONE XIV. ( J ) Villa Imperiale di La xenburgo. Appena fuori della Linea favorita di Vienna , entrai in un’ ampia strada ai di cui lati si ergono antichi tigli , pochi e rari aceri, e molti olmi, assai dal tempo , e più ancora dal vento oltraggiati A man a mano si va la strada innalzando col Colle snburbano di Vienna , e dall’ una e dall’ altra parte lascia vedere un’aperta ed uni- forme pianura. Di là dal Colle su- burbano giace il Villaggio d’ In- zer sdorf , osservabile per un su- perbo castello , un ameno giardino , una povera Chiesa , e varie povere ca- panne. Cammin facendo , le alterne (*) Questa Descrizione fu fatta nell’ anno i8o3« «7 salite e discese, die or mi lasciava n vedere , ed or mi celavano le più de- liziose Ville, mi ricordarono in qual- che maniera il veleggiar d’ un Va- scello a vista d’amenissima spiaggia, sovra un mare dolcemente dal vento agitato. Il lontano aspetto del Viale che da Shònbrunn si stende quasi fino a Laxenburgo ; la deliziosa ca- tena de’ monti che si alzano come i ri anfiteatro dietro a Siùtendorfe vanno a finire a Meidling ; il castello di Zjichtenstein\ le ridenti vedute di Brill mi presentarono di mano in mano nuovi piaceri allo sguardo. Senza av- vedermene giunsi alla statua di San Giovanni Nepomiceno. Poco dopo vidi a destra Enzersdorf che signoreggia in una vasta pianura: più innanzi a manca, scorsi la cima dei tetti del Villaggio d’ H ochau , in una valle quasi sepolto. Alla fine giunsi a Bie- dermansdorf. Vi trovai un agreste Cimitero esposto a tutte le inclemenze delle stagioni. « Forse qui ( dissi eoa 88 » Gray ) giaciono degl’ infelici che » avrebbero potuto scorrere sulla cetra » d’ Apollo coll’ agilità di Vieland, od » annunziare alte cose colla magni- « loquenza di lvlopstock; ma la for- » tana non li trasse mai dagli abituri » nei quali il cielo li nascose : vissero » sconosciuti, morirono, e neppur una » cifra ricorda sulle tombe il loro no- » me. » In questa funebre riflessione assorto , varcai il torrente di Baaden , e poco appresso il canale di ISeustacl^ ma senza osservarli. In meno d’ un quarto d’ora fui a Laxenburgo . Al primo entrarvi non trovai che bassi casolari , un rustico albergo i l’ufficio della posta ed una taverna. Nessuna di quelle fabbriche risve- gliommi da bel principio 1 idea della Villeggiatura d’un Monarca: mi parve andare in un Gasale abitato da mi- seri agricoltori. Al termine della prima strada nella quale mi ero messo, mi vidi in un’altra più regolare, e piu grande. A destra un Tempio, la cui facciata si forma dalla base del cam- panile, e di rincontro al Tempio, il Palazzo di Maria Teresa. Lungo questo camminando , ne venni al fine , e voltomi a manca mi trovai in un altra spaziosa via , dall’ uno e dall’ altro lato della quale veggonsi stanze a pian di terra. A sinistra li Corridori delle suppellettili , poi la sala dei conviti, e più innanzi il teatro: rim- petto le rimesse , le stalle , indi gli alloggiamenti militari. Gli opposti edi- iìzj terminano in un vasto cortile , che ha nel mezzo una Fontana. A sinistra di quella una Casa di' Econo- mia per la gente di servizio della Corte , ed a destra un antico Castello nel quale la Maestà di Francesco II, da poi aver date leggi all’ Impero, va colla sua Famiglia a nascondere la sua possanza. Questo Castello, fabbri- cato nel deci moqu arto secolo , è di una forma irregolare e meschina. Non vi trovai di osservabile che un detto di Federico Terzo inciso in lapida. 9 ° Questo Imperatore , perdute irrepara- bilmente varie provincie , disse : Di- menticar le cose che non si ponno riavere, è suprema felicità. La fossa che anticamente contornava il Ca- stello , è ora convertita in un Orto , ed attorno a questo vi sono parecchie corone di alberi. Orti e Giardini. Mi volsi a sinistra , andai lungo I quelle piantagioni di castagni salva- tici che chiudono il cortile, e venni a vedere gli Orti ed i Giardini che \ sono dietro al Palazzo di Maria Te- resa. Trovai un Verziere tutto smal- tato di svariati fiori, i quali presen- tavano alla vista molti eleganti disegni. 1 Parea che le Grazie scherzando gli avessero delineati; parea che Flora ri- dendo gli avesse riempiti di porpora , d’azzurro, d’incarnato, del color d’a- rancio, e di quello che simboleggia* j 9 * l’ innocenza. Con franco piede m’ in- trodussi nel contiguo labirinto, e poco appresso uscii dagli arrifiziosi suoi giri, senza valermi del filo d’ A- rianna. Venni infine a fermarmi sotto al belvedere che si alza sulla facciata posteriore del Palazzo di Maria Te- resa. Quivi tutto è di un carattere regolare; quivi l’arte compiutamente soggiogò la natura. A me dinanzi vidi tagliate in ispailiera due alte schiere di piante , le quali tra lor la- sciando un ampio intervallo , vanno a perdersi nell’ aperta campagna. Pas- sai fino all’ estremità di quelle , poi mi ridussi in un cortile , da cui par- tono otto sentieri di tigli , dal basso all’alto e sopra le cime troncati a disegno , e con rigorosa simmetria pa- reggiati. Vi udii mille augelli che pubblicamente cantavano i loro amori nei Giardini dei Monarchi. Le scene improvvise e varie si cam- biavano ad ogni istante. Fra ipocastani 9 2 maestrevolmente ordinati , vidi parec- chj Orci cinti di siepe. Colà i giova- netti Arciduchi d’ Austria vanno ad esercitare colle lor mani la più au- gusta delle arti, l’Agricoltura. Una tale vista mi ricordò que’ fortunati tempi di Roma, ne’ quali si andava a togliere dall’ aratro i grandi uomini, che doveano difender, o reggere la nascente capitale del mondo. Errando a traverso svariati meandri , venni in una piaggia , ove lussureg- gianti alberi, ridotti in forma di lun- ghe pareti , offrono nel loro interno ameni recessi, occulti pergolati, ed ajuole co’ loro spartimenti , che di por- zioni moltissime formano un tutto maraviglioso. Assai volte tra que’ fron- dosi alberi andaronsi a eliporto per- sone per autorità , per fatti , per mente illustri , e là forse presero quelle alte risoluzioni, che decisero la sorte d’in- tere provincie, che cangiarono destino agli stati y e che a popoli diversi di lingua e di costumi stesero lo scettro 93 dell’Austria Là Maria Teresa in mente volgea g' andi imprese od atti di be- neficenza ; la Denis cantava le glorie sue , e Laudon meditava come con- servarle intatto T Impero, o come di- latarne i confini. Senza sapere dove mi andassi, pas- sai più oltre. Tutto in un colpo, ec- comi in un altro sito, che porta ovun- que F impronta della maestà. Carpini schierati in ispalliera, lasciano far loro quattro diverse vie. Glispazj esterni che tra quelle restano, sono del pari rin- chiusi da Carpini. Nel mezzo d’ognuno di que’ spazj grandeggia una Bignonia Catalpa , la cui selvaggia pompa e delicate foglie, fanno un singolare contrasto colle gravi tinte, e discordi forme delle piante d’ intorno. Nel centro delle quattro vie sta un pie- destallo di marmo, che da una parte in alto rilievo presenta .1’ Industria e ’l Commercio ; dall’ altra 1’ Agri- coltura , la Pastorizia , e per non fio quale capriccio la Legislazione. 94 Sul piedestallo si erge tutta di bronzo la statua equestre di Giuseppe Secon- do. Due volte vi lessi quest’ affettuosa epigrafe: A Giuseppe Secondo Im - perator de ’ Romani Principe immor- tale nell ’ animo de suoi ; Francesco Secondo da Fratello Nipote , questo monumento come ad altro padre eresse. La notte occupava l’orizzonte, e la luna sì irraggiava quel simula- cro , che lo rendeva ai miei occhi e vero e vivo. « Principe sventurato ! T) esclamai , il destino pose nelle tue v> mani lo scettro del potere , eppure » non riuscisti a formare la tua feli- » cita. Vivesti inquieto , e stracciato » da sinistri avvenimenti, che imma- » turamente ti spinsero nella tomba. » Il riconoscimento delle perniciose » massime di coloro che chiamasti a » gradi eccelsi , e che ti compensa- » rono col tradire la santità delle tue » intenzioni , 1’ amara rimembranza » della ritirata di Lugosch, la ribel- » lione dei Paesi Bassi •, le nascenti .95 [ « sollevazioni della Francia, che tra » mille perigli ravvolgeano tua so- ; » rella , le discordie del Tirolo , del- 5 » 1’ Ungheria i tumulti, e la luttuosa \ » catastrofe deli 1 Arciduchessa Elisa- ; » betta , furono li funesti oggetti che : » ti squarciarono l’ anima negli ul- » timi tempi , fin nelle ore estreme tì del viver tuo. Infelice ! Qui non » finì il tuo supplicio. Mille ombre i » si alzarono dopo la tua morte , af- } » fine di ottenebrare la fama del tuo » nome; ma ti sovvenga che a tra- » verso le tenebre , pi ù forte si fa la » luce. Che che dicano li tuoi detrat- » tori , al mondo è noto che conser- ti vasti il cuore da uomo , in mezzo » alle cure di un vasto impero , in | » mezzo a quelle assidue cure che | « spesso il cuore incalliscono all’uomo. » La notte era inoltrata, e le dense nubi ond’ ella cominciava ad ingom- brarsi molto mi occultavano della terra e del cielo. Venni al sito folto di Carpini che sta di fianco al Teatro., traversai quegl’ Tpoca stani che lo om- breggiano, e mi ridussi all’ Albergo, che è presso all’ U ffìcio della posta. Bosco di Delizia. All’ aurora del dì seguente mi al- zai , e mi posi in cammino per andar a vedere il resto di Laxenburgo. Tra- versai il Casale, oltrepassai il Palazzo di Maria Teresa , le rimesse , le stalle , gli alloggiamenti militari , il Castello abitato da Francesco Secondo, e giunsi al margine del Bosco di Delizia. Questo si stende sopra una vasta pia- nura. La sua pianta è di una forma che in qualche modo somiglia una luna falcata. Al di lei concavo seno terminano gli Crii ed i Giardini dei quali parlai : la sua convessità finisce nella campagna. Alla mia destra , e ad uno degli angoli di quella forma , comincia il Piccolo Pro ter , che ha fine ad una via la quale alla mia sinistra divide per traverso il Boscq 97 di Delizia , ed é detta Via del para- sole cliinese : di là da questa è la Selva delle vedute che termina allo Stradone dei Leoni Da questo prin- cipia il Villaggio dei Pescatori , il quale apre la strada al Feudo dei Cavalieri , che all’ opposto angolo stassi. All’estremo confine del Piccolo Prater , il fiume Tristing da una ca- teratta si riversa nel bosco, e forma un canale da varj ponti interseccato , che rettamente scorre lungo tutto il Bosco di Delizia. Il Tristing giunto che sia presso allo Stradone dei leoni, sforza una sponda , e forma un alrro fiume, il quale scorre di traverso pel bosco di delizia , passa sotto lo Stra- done dei Leoni, piega verso il Feudo dei Cavalieri , corre agli ultimi limiti della selva , e va a perdersi nella campagna. Piccolo Prater . Entrai nel Piccolo Prater. Quer- ce , frassini , salci , faggi ed abeti 5 93 raggruppano una folta boscaglia , solo interrotta da solitarj calli, che per inde- cise vie conducono ad ameni interni siti. Le piante crescono a lor posta , senza che la mano dell’ uomo ne re- goli le sfrenate abberrazioni. Alberi nati in diverse piaggie si trovano quivi uniti, benché li disunisca il discor- dante color delle frondi. Tutto rap- presenta la selvaggia natura nella sua maestà, e con li suoi altieri di- fetti. Inconsideratamente passeggiando, mi parve che il bosco si diradasse, e che 1’ aria si facesse più aperta. Dopo alcuni passi , mi trovai in una gran piazza. Nel mezzo si alza un padi- glione orientale ; ed alle di lei estre- mità biancheggiano una macchina per l’altalena, un’agreste casetta, varie chiusure pel giuoco de’billi, ed in lontananza un palco pei fuochi arti- ficiali. Il repentino strepitar d’ una musica ottomana mi trasse di nuovo nel bosco. Quale spettacolo! Uomini, donne , giovani , vecchi , fanciulli su 99 e giù per la selva passeggiavano, cor- reano, cadeano, ed in un lampo rial- zavansi. Sovra un banco ornato di tutti gli attrecci da caccia , stavano parecchi contadini , ì quali s’ indu- striavano a colpir con palle di terra rassodata , e scagliate con balestre , una rocca che era lor di rincontro. Più addentro un Libramento. Due fanciulli rossi , come le rosse poma , vi si divertivan sopra , e ridevano con tutta l’ ingenuità della semplice na- tura. Qui varie contadinelle che ga- reggiavano, a chi prima gitterebbe una palla nella gola d’ una belva di legno, e là villanotti seduti a parec- chie tavole, i quali beveano alla sa- lute della gente dabbene. — Egli è gran danno che non siasi trovata per anche una macchina per pesare ’ in- gegno dell’ uomo ; più utile sarebbe al certo che quella di Santorio , la quale trovasi quivi costrutta : ognuno può posarvisi sopra; una mano indi- ca sopra un quadrante, la gravità IOO respettiva d’ ogni persona. In un altro luogo del Plutei' trovai quattro sta- tue raffiguranti soldati svizzeri, che \ stanno in certo modo a custodia di uno steccato rettangolare. Là entro , rim- petto ad un torrione di legno , ^sono da corde fermate sopra verticali trayi , sospesi in aria due navicelli ed un cavallo di legno : fanciulli e fanciulle vi stavan sopra , barcollavano , e nel ciondolarsi tendeano a coglier con lance di punto in bianco il bersaglio che era nel torrione incastrato. — Nel più folto del bosco spaziandomi , rin- venni una Saletta ottangolare, intorno alla quale gira un porticato sostenuto da eleganti colonnette : è la Casa del ■piacere. Nel suo interno non presenta che vedute campestri. Dall’ alto viene I la luce, e viene da cristalli ornati di I Driadi , di Fauni , di Satiri , di Deità I protettrici dei campi e delle foreste. 1 Vi trovai seduto un giovane di gra- I ziosa fisonornia, che avea gli occhi I irrorati di pianto ; una donzella j I lOL stavagli presso: lo guardava e sorrideva, L’ amore é come la guerra : ha le sue ire , le sue sconfì tte , i suoi trionfi. La musica frattanto si fece più ro- morosa, il fervore dei giuochi incalzò, ! crebbe il trambusto , e lo spettacolo divenne più vago. Con renitenza, spesso soffermandomi , e più spesso volgen- | domi indietro lasciai quelle care scene, 1 passai il Vallo elei maglio , e giunsi al termine del Piccolo P ratei'. Selva delle vedute. Traversata che ebbi la Via del Parasole Chinese , misi piede nella Selva delle vedute , ed andai ad un Ridotto che per 1’ elegante struttura, pel verde gajo ond’ è dipinto, e per 1’ oro che sfolgora da suoi vasi , mi attrasse. È il Tempio di Diana, tutto reticolato , ed eretto sopra otto pilastri. Fra questi si aprono otto archi, che corrispondono ad altrettanti viali. Uno di essi mostra in lontananza una Casa di delizia del Villaggio d’ Hocliau ; un 102 altro l’antica Chiesa di Meidling; un terzo il Tempio della Concordia ; quasi tutti gli altri vanno a perdersi in una interminabile campagna. La volta del- 1’ edificio di Diana rappresenta l’in- dignazione di questa Dea, al veder che va spirando la prediletta sua cerva da Agamemnone trafitta. La smania di vendicarsi sbuffa dai volto di Diana. Dall’alto delle nubi fra ninfe e zeffiri , e sovra un carro da due cervi tirato, colla mano minaccia il Duce dell’ esercito argivo, il quale cerca d’asconder quell’arco, che fu stromento del suo misfatto. Tutto in un punto , quasi per opera sovru- mana , Nettuno si addormenta, Eolo si sforza di tener imprigionati i venti, ed una calma fatale si diffonde sulla marina. La costernazione è nella flotta greca , che non può scioglier dal lido. Agamemnone quel Re dei Re, com- punto del suo delitto, abbattuto da 1- 1’ orror del castigo, spaventato dal furor di Diana , ammutolisce e trema» io3 I suoi soldati nel disordine e nell’ av- vilimento abbandonano le triremi : chi si nasconde sotto lo scudo ; chi alza gli occhi al cielo e sospira ; chi s’ accoscia e piange. Avrei rimprove- rato a Pichler di aver effìggiate le navi di struttura moderna, e di non essere stato abbastanza corretto nel disegno delle figure ; ma dove bril- lano molte cose in un quadro, pochi errori possono perdonarsi. Girando , col pensiero a Diana , e ad Agamernnone , andai ad una piaz- zetta , alla quale mettono sette viali di tigli. L’ arte e la natura si sono date la mano a formarli. Gli opposti alberi di quattro di que’ viali , con- giungendo le fraterne braccia, ed in- trecciandole , formano deliziose volte, che procacciano un’ ombra ospitale ed amica. I rami delle piante che fanno le spalliere degli altri tre viali, tendono gli uni verso degli altri, sembrano amo- rosamente cercarsi, ma non giungendo a confondere insieme le loro fiondi , i©4 offrono il doppio incanto di una tenera luce, e di un’ aggradevole freschezza. Passai innanzi : quivi la mano del- l’uomo si fa vivamente sentire. Alberi ridotti a muraglie di folta verdura , presentano altre maestose scene , ed altri spaccati di nuova forma. Sopra un piano alquanto elevato si apre un ampio Precinto dal quale friggono sei viali, fronteggiati da doppie file di tigli, e fra que’ viali altrettante triangolari corticelle. È il Ridotto del ballo. Una strepitosa orchestra si al- zava in mezzo al recinto. Giovanetti e giovanette intorno valzavario colia regolarità delle sfere. Chi alla sua bella quasi abbracciato , stava aspet- tando il ritorno della musica, per movere i passi in giro ; chi attendea che fosse stanco il suo rivale , per ballar colla capricciosa che si diverte con tutti ; chi solo attorno volava colla speditezza del vento ; chi perdea la sua compagna e continuava la danza ; chi una fanciulla seguiva ; chi io5 era attento a tutte , chi era a tutte indifferente Qui il geloso industre , che coll’occhio divora chiunque il suo bene gl’ insidia. Là solitario, l’amante chelangue inamato. Questi balza nella fiducia di una ventura , che fin nello sperarla gode; e quegli palpitatile ad altri sieno fatti comuni gl’ impartiti onori. Da un canto accorti discorsi , lusinghieri sorrisi, e cenni decisivi di cari istanti: dall’altro ire, minacce, guerre , che poi tornano in liete paci* A man a mano che andavo in- nanzi , sempre più rischiaravasi il no- bile stile del Tempio della Concordia , Egli consiste in una cupola , ed in otto scanalate colonne erette sopra un piano di tre gradini. Il tutto é di or- dine corintio. Sono di superbo lavoro gli ornati scolpiti sul fregio. I fcapU telii, le volute non potrebbero essere più eleganti ; non meglio modellati gl'interni stucchi. Tutto 1’ Edificio é un capo d’ opera dell’ arte , degno del- T Architetto che lo innalzò , e della Divinità cui é consecrato^ * xoS Villaggio dei Pescatori. Alla line traversai lo Stradone dei Leoni , e mi posi in quel Villaggio dei Pescatori, che P Imperatrice Maria Teresa seconda , e la natura abbelli- rono. Un ramo del fiume Tristing, scadendo da macigni dal musco co- perti , forma un copioso ruscello, il quale serpeggiando , irriga gran parte del Villaggio , poi disordinatamente si spande pel restante bosco di delizia. Donde vengono , diss’ io a me stesso , queste voci, queste grida si liete ? Fra palustri alberi, sotto un coperto di stoppia, intorno ad una mensa di legno , pescatori si cibavano di cacio e di pane, fra vivaci discorsi, e sin- ceri elogi alle rozze virtù delle lor mogli. Più semplice , e più dilette- vole , mi si offerse poco lungi di là, un’ altra scena. Sotto una cupola di canne, da tronchi d’albero sostenuta, Vecchi contadini stavano intorno ad una tinozza , e con tazze in mano \ io? colme di birra spumante, ricordavano le prodezze della lor gioventù, le venture solo ad essi note delia lor vita , i giorni lieti delle lor nozze , ed i più lieti della nascita dei loro figli. Non facea un passo senza essere colpito da oggetti che mi destavano sensazioni le più dolci. Ecco una ba- racca : vi sono entro schierati , remi, bandiere, reti, tutto ciò che appar- tiene ad un arsenale di pescatori. — Come nascosto ad ogni occhio umano vidi un tugurio , che avea 1’ esterna forma di una capanna. Vi entrai : quale elegante cameretta ! è sempli- cemente adornata ; eppure prevale alle magnifiche stanze dei Re , appunto quanto il sorriso spontaneo di vere- conda donzella prevale a tutte le arti d’ Alcina. Parea che tutta si rallegrasse con me la natura : il cielo colle azzurre sue tinte , co’ soavi suoi fremiti F onda , e la terra con sempre nuovi spettacoli. Fra la selva travidi una gran catasta ioS di legne , cementate col musco. È un’ altra capanna, che ha tutt r intorno tratteggiate caricature che simboleg- giano F ubbriachezza , l’ alterazione , il grossolano risentimento, e le altre basse passioni proprie degli abitatori delie campagne. Dinanzi all’ entrata vidi pendere dagli alberi, in maniera trionfale distribuire, nasse, e gratic- cine. Entrai : quale superba sala ! Pesci d’ ogni specie sono dipinti , sono incisi per tutto : le sedie costruite di legni palustri, e di alga intessute. Due tri- toni di legno sostengono una dipin- tura , che come in un panorama pre- senta tutti gli aspetti del Villaggio. Sedotto dall’ incanto del luogo mi assisi. Il mormorar delle vicine acque, che ne’ lor tortuosi trabalzi somiglia- vano il cader di rapido torrente , quella vaga luce, che passando per cristalli di vario colore, sembrava dif- fondersi da lucidissimo prisma, par- vero ingentilirmi 1’ anima, solleticarla j e disporla alli più delicati affetti. Da 1Q 9 quella magica sala uscii più lieto di prima. Ovunque volgessi lo sguardo , tutto mi sorridea di gioja. La serenità era nel mio cuore , era impressa sugli og- getti che successivamente mi si pre- sentavano Non molto di là discosto trovai il Colle delle rose Un sentiero spirale conduce alla sua sommità , ove tra zolle di erba si apre uno spazio capace di due persone , ed ombreg- giato da un rosajo. Ero solo, e se avessi avuta l’ imprudenza di andar a sedermi sopra quel solio sacro all’a- more., avrei sentito quel molto che mancava alla mia felicità. Non so il come, pur non potea staccarmi da quel luogo incantato , che ad un tempo ammaliava tutti li miei sensi. Di delicate immagini aveva io piena la mente, di tenere illusioni il cuore. Ah ! perchè non potei colle mie pro- prie mani , di quelle rose adornare una vaga sposa, intessere una ghir- landa e deporla sulla fronte d’ una IIO pudica fanciulla , o formare dei fe- stoni ed appenderli alle are di Flora ?. r . Giardino eh ine se e Bosco ottomano. Dapoi aver alquanto errato pel bosco , mi trovai in una pianura, per la maggior parte bagnata da acque, nelle quali pesci ed anitre vi guizza- vano , vi si dibatteano. Negli spazj di terra, fra cespugli d’acacia salvatica, si ergono alberi stranieri e di curiosa struttura. Quivi uno orizzontalmente distende nodosi rami ; là un altro con ardimento nell’ aria si estolle: questo quasi si rappiatta, e par che tenti nascondere l’ informe tronco , e le sue misere fiondi : un altro confidan- dosi alla propria maestà , solitario si mostra , e solo pare adornare il sito. Li chinesi non amano di passeggiare : ecco il perché non trovai nè vie , nè sentieri , ma invece molti sedili di terso e levigato legno. Da un canto, un semplicissimo arco di strane cifre cosperso, passa sopra un fiume , e dall’ opposta parte pompeggia un pa- diglione. Ingannato dalla singolarità del luogo, più non ricordai Laxen- burgo, e per un momento mi parve trovarmi negli orti dell’ Irnperator della China. Nel centro del giardino avvi un lago, e su questo si stende un fastoso e ad un tempo leggiadris- simo ponte. Alla metà dello stesso si alza una saia per ogni parte aperta e che ha nel mezzo una tavola e più sedie. Sei leggierissime colonne di ordine orientale ne sostengono la volta, e questa é rabbellita da figure di augelli, e da altri oggetti pelle- grini. Sovra la volta poggia un angolare coperchio , e sovra questo torreggia mezza figura di un Man- darino. Danno a questo leggiadro edificio una curiosa sembianza , le sentenze di Confucio che vi si veg- gono soprascritte ne’ loro nativi ca- ratteri , gli danno un maraviglioso aspetto di asiatica magnificenza que 5 ri 2 vasi del Giappone che lo adornano * ed un’aria bizzarra le innumerevoli e quasi sempre suonanti campanelle di vetro che pendoligli da tutte le parti. Ah perchè non ornar le sponde di questo lago, coi più bel fior del- r Indo , col Lion-hoa ? Perché non animar la composizione col perenne movimento di quelle idrauliche mac- chine , che si ammirano alla superba Zhe-hol ? Dalla China , mi parve passare al Bosforo Tracio. In lontananza vidi un J bosco, che forma come la decora- zione di una Moschea. Ha dessa una luna falcata sovra la torre , e fuori di questa esce la figura d'un musulmano, che pare sfiatarsi per annunziar le ore della preghiera. Una scala a due opposti rami si erge dinanzi al por- tone. Salii : come rimasi maravigliato entrando nella Moschea ! Ella presenta il corso della giostra. Cavalli e calessi vengono tirati da schiavi : sono tutti di legno , e sono messi in ì i3 in giro da macchine sotto il suolo. Avvi di distanza in distanza la quin- tana, ove vanno a ferire i giostra- tori. Le pareti della Moschea , dipinte all’ asiatica , ornate d anni orientali e di orientali insegne. Queste diverse rappresentazioni , questo contrasto di selve, e di pianure , di tranquilli laghi e di fiumi rapidissimi , queste varia- zioni continue di oggetti aggradevoli e di superbi spettacoli, formano un complesso nel tutto , e nelle sue parti maravigli oso. Romitaggio. Fuggendo dai raggi del sole, m’in- ternai nel bosco che cerchia la Mo- schea. Quanto andava più innanzi , più si ficea folta la selva, e più l’o- paco suo orrore crescea. Da una parte , in mezzo ad aspri sterpi, alberi di- sordinatamente cresciuti : dall’ altra querce percosse dal fulmine che ne mostravan tuttavia le tracce incendiate. 1 1 4 Qui tronchi dall’ antichità infracidati, e là aridi stecchi e rami che colle cortecce dai tarli corrose scrosciavano a terra: ovunque boscaglia profonda e foltissima , che tutto ingombrava con ombra immensa. Dopo un lungo e disastroso giro , sovente intercettato da frassini infranti, da tralci e da spineti, potei discernere uno stretto e tortuoso sentiero , ma da nessuna orma segnato Andai molto avanti : meno spessa ritrovai la foresta , e sul sentiero qualche pedata d’ umana creatura. La seguii, ed in breve tratto giunsi in un’erma piaggia, la cui eccessiva frescura era alquanto cor- retta da alcuni raggi del sole. Tutto spirava in quell’ austera solitudine edificante pace: tutto vi parea colti- vato da povere e romite mani. Solchi di viole erano dall’ una e dall’ altra parte sparsi: limpide acque da una meschina fontana versavansi in un serbatojo scavato nel ceppo d’un ol- mo. Sotto uno sdruscito tetto vidi la - 1 15 figura di un Romito seduto sopra un mucchio di sassi, star col guardo fiso in un libro che avea tra le mani: dietro a lui un compagno Eremita inginocchiato pregava: presso di que- sto la seguente iscrizione : Gran Dio! Tu re immenso , ed ogni opra tua è buona: tu non hai posto in obblio il tuo servo \ e qui egli s’ inginocchia e ti adora. Mi volsi a manca , ed ecco colle finestre impannate di ruvida tela il Romitaggio di que’ beati contempla- tivi : è tutto di rozzi tronchi d’albero. La povertà lo costrusse; la pulizia si naturale ai Solitarj gli diede quell’a- ria di decenza che attrae. Con una specie di religioso rispetto m’ inoltrai nel Romitaggio. Il Refettorio è in claustrali maniere dipinto: ha una lunga tavola, ed un inginocchiatojo innanzi all immagine di San Fran- cesco. A destra vidi una cucina , prov- veduta di quelle poche masserizie che sono bastanti ad apprestare una parca i 16 refezione : a sinistra una cameretta : v’entrai. La figura cV un vecchio Ere- mita , per mezzo di occulte molle al- zossi dal suo sedile , chinò la testa , e fece in certo modo gli onori del luogo. Due sdruscire seggiole , un banco sfasciato, un antico orologio, dei grappoli d’ uva e delle frutta di- pinte sulle muraglie, ecco E addob- bamento della celletta. Eppure , dissi Ira me, vi hanno uomini che pas- sano la vita in somiglianti luoghi , e che non s’incontrano mai, fuorché per annunziarsi la morte! Gran Gostanza! Questa severa virtù dee aver dunque delle ignote e perenni attrattive. Sim- boleggiata sotto forme di una Divi- nità , appoggiata ad una piccola co- lonna tronca , tutta di bianco vestita, con fiori sopra il capo , con tra le mani un vaso di fiori , io vidi la Sta- tuetta di questa virtù in una nicchia del Refettorio. La Usai attentamente, e coll’ anima ripiena di santi affetti . a passi lenti uscii dal Romitaggio. ri 7 Nel ri tra versare il bosco che lo circonda , appiedi di una quercia vidi un tumulo fra i bronchi sepolto, e su la scorza della quercia affissa una croce. Sotto la croce una tabella , la quale tutt’ intorno avea tratteggiate palme di cipresso, lampade sempi- terne, cranj da morto, e nel mezzo di una si triste corona questi detti: » Per quell’ Abituro dei Cacciatori , »> ove talvolta ti condussi a cogliere » quelle piume che per tua mano » trasformate in eleganti pennacchi >» ti ornavano le tempia*, per quella » Cameretta celeste nella quale sì « spesso di noi parlavamo ; per quella » Foresta dei Cappuccini, sulla rozza » tavola della quale incidemmo i no- » stri nomi ; per quella Catasta d’a - » bete sotto alla quale tante volte » versasti , ed io versai amaro pianto ; » per quel Pensile Ospizio , là sul » ceppo di quel vasto olmo, nel quale fi ci nascondemmo sovente , e dove » scordammo 1’ universo ; per questa 1 18 5> sacra selva, per queste ombre so- » lenni , per le ceneri tue, giuro, Elisa, » mantenerti la data fede, sin allora » estrema de’ miei sventurati giorni.» Casa della Rivoluzione > erronea- mente detta Magione del C apriccio. Lasciata la selva del Romitaggio , venni ad una strana Vedetta tutta cospersa di occhi dipinti, e di pipi- strelli. Eia d 1 intorno, invece di catene, festoni di poma di legno , che pen- dono da grossi gambi di sparagi del pari di legno. Sulla cinta della Ve- detta sta colmo di raffigurate frutta un Mastello, e sovra questo si erge una figura di donna con ali al dosso, e testa di capro. Nella sinistra tiene una spazzoletta , nella destra una pippa con cui sembra suonare. Da questa pende un drappo, sul quale è scritto : Sentiero che guida alla Casa della Rivoluzione. Tra una foresta ed una campagna JI 9 aperta vidi poco appresso torreggiar la Casa della Rivoluzione, chiusa da uno steccato di lance. Due personaggi stavano osservandola. Da poi averla ben esaminata, l’un d’essi prese a dire : « L’ ordine del fabbricare , l’in- » dispensabile destinazione d’ ogni » membro , tutte le note regole sono » pervertite in questo edificio. Mille » disparati frammenti insieme eon- » fusi il compongono. Non v’ ha al- » cuna legge fra le parti , nessuna » corrispondenza fra esse ed il tutto, » ed in questo rovesciamento dì con- » venienze e di proporzioni affogossi » fin l’ idea di ogni ragionevole mo- » dello. » L’altro, cogliendo la palla al balzo , rispose : « Se questo nuovo » modello , anzi che sulle adottate , » è fondato sopra regole ignote, que- » sta non è ragione per censurarlo. » L’ingegno che lo costrusse, indi- » spettilo delie rigide leggi dell’arte, » non riguardolle, se non come dati t) fitlizj , sofismi di tradizione , e 120 » pregi udizj cT abitudine. Giacché la » natura intera non presenta un tipo » architettonico ai quale uopo sia « conformarsi, è certo che ognuno » può, fabbricando, tramutar l’or dine » conosciuto, in un nuovo componi- » mento, e le maniere simmetriche, » in forme non ancora immaginate. » Voi credete che qui l’artista abbia » confuso tutto, ma solo cangiò si- » sterna; voi pensate che abbia sna- » turata l’architettura, ma le diede » invece de’ nuovi esemplari ; voi sup- » ponete infine che abbia prodotta » una bizzarra novità, ma non ha che » scoperta una via di più per andar D alia perfezione, a Da poi aver tacitamente udito quel breve dialogo, dissi fra me, questa Casa è un enigma pel comune degli uomini: dessa non dee essere riguar- data come un monumento d’ archi- tettura , ma come un’ allegoria , che simboleggia le stravaganze di una ri- voluzione. Diffatii, svariatissimi ordini 121 ordini insieme confusi formano il pian terreno : il piano superiore é com- posto di simulati manipoli di fru- mento. Sotto il tetto v’ è la cantina ; e ’1 tetto è sormontato da palloni, da pennoncelli , da favi di miele e da gran pani di zucchero. L’ ordine delle cose è sconvolto in questa fabbrica, a ppunto come il sistema sociale é ro- vesciato in una popolare sommossa. Uomini condannati all’aratro, ed alle taverne , tronfi di vanità , e sedotti dalle melate attrattive della fortuna , dal fango si sollevano audacemente alla sommità del potere, senza ba- dare che la volubilità delle bande- ruole è segno , che non vi resteranno a lungo. -- Passai lo steccato di lance, e nel punto di metter piede sulla soglia della porta, osservai due fiac- cole ; ma non gittavano che fumo; il sacro lume della ragione si estin- gue forse nel momento di entrare in questa Casa ?... Sono nella Sala del giuoco. Tutti 6 122 gli strumenti di quello , servono ad abbellirla. Che singolare lumiera! Con quant’arte sono insieme congegnate quelle pallottole che la formano! E que’ due Persiani che giuocano al volante , sotto quell’ orologio fregiato di dadi? E quelle cornici delle pa- reti, que’ seggi, que’ tavolini intessuti con carte da giuoco ?... Come stanco di ammirare , mi appoggiai a quel trucco a tavola che é nel mezzo, e j per caso gittando l’occhio in una « cameretta contigua , vidi innestati sui vetri delle finestre , bicchieri , vasi di confezioni, di arabi aromati, e bot- tiglie di diversi vini. Queste palestre, io dissi, significano certo, che colle j rapide alternative del giuoco , colle j confezioni, cogli aromati, e coi vini, fra suonanti tazze, si adescano e si scaldano coloro, che si vogliono at- trarre ed atteggiar ad una rivoluzione. Mentre io ero assorto in questa mia I osservazione, un cadente Vecchio af- I labilmente mi si presentò, mi prese i 123 per mano, e mi condusse per una scala. Salendo , voi non ignorate , dissemi, che la musica è una molla ' soventi volte impiegata per riscaldare e sollevar una nazione : e quest’ O- deon , proruppe nell’entrare in una Sala , raffigura questo fatto. Oh! come tutto é qui ordinato , esclamai , per sedurre ed affascinare ! Il pavimento, le pareti sono coperte da carte di mu- sica : di zampogne intessute le sedie , di flauti il tavolino ; e fin la lampada è formata d’uri piccolo timballo , che ha per braccialetti varj corni da cac- cia , e per fiocco una cornomusa. Ma e questo vaghissimo gabinetto a che serve egli mai? chiesi io en- trando in uno Stanzino contiguo alla Sala. — Non fermatevi molto , rispo- serai il saggio Vecchio , poiché é un luogo sacro all’ amore , il quale é un potente mezzo per trarre gli uomini a qualunque partito — Oh come, dissi , questo luogo mette in fiamme T immaginazione ed i sensi ! — È f 24 tutto intessuto , tutto ornato di ar- redi di paglia. ~ Quest’ultra è la Camera delle stampe inglesi, seguitò il mio Conduttore. Voi vedete che ve n’ha sopra le pa- reti, sullo scaffale, sul soffà, fin sopra* le sedie. Attorno osservando ; ho in- teso, io dissi: il rappresentare alti fatti di malvagità o di virtù ad un Fanatico, è lo stesso che stimolarlo e disporlo a farne d’ eguali. L’ im- magine elei prillo Bruto armò il braccio del secondo e Avete in- dovinalo il segreto, proruppe il buon Vecchio; ora calmatevi ed ascoltatemi. L’ epoca di una rivoluzione è d’or- dinario un’ epoca d’ ignoranza e di barbarie , e benché in que’ tempi molto si parli di scienze , non si ha però che la superficie del sapere. Questa biblioteca , soggiunse nel con- durmi in un’altra cameretta, è il simbolo di un tale fatto. Voi credete che nei cancelli sieno riposte varie opere ; eppure non yi stanno che 125 frontespizj. Cartoncini di effimeri li- bricciuoli, lettere, gazzette, giornali sono innestati sulle pareti , sul pa- vimento, appunto perchè non si mol- tiplicano mai tanto queste transitorie produzioni, quanto nella crisi di una sollevazione- Quella carta geografica ond’è tappezzata la soffìta, quel globo terraqueo che di là pende in forma di lampada,, esprimono la frenesia di un Rivoluzionario, che non ha pace finché non iscorga l’ universo sconvolto ed in fiamme. Vedete que’busti ?... Sono , cosi detti , Filosofi che o promossero , o sostennero , o compierono rivoluzioni. Nell’ uscire da que’ magici luoghi, io vidi una ascendente leggiadrissima scala. È forse questa , richiesi, la scala, che guida al cielo? No, risposemi il cortese Vecchio : ella conduce ad una Cantina. È inutile che andiate a ve- derla ; non vi trovereste che botti di ogni capacità, un palmento, del pane, del cacio, e questo motto che 1 2.6 potrebbe servir di divisa ad un in- sorgente: Egli è un sensato testa- mento il tracannar tutto avanti la morte ; così li procuratori non fanno verun guadagno. Discendendo al pian di terra, dissi al sensato mio Compagno : ma gli Alunni di una rivoluzione , sedotti che sono col giuoco, col vino e dal- l’ amore ; affascinati che sono dalla musica , dagli esempj d’ eroismo, dalla vanità del sapere, che divengono poi? Animali, risposemi entrando in un’ altra camera , e questi nella lussuria sono d’ ordinario si rotti , che per soddisfarla si abbassano a qualunque servile ufficio. Costoro son qui raf- figurati in questa stanza della tavo- letta. Al par di que’ loro confratelli che sostengono l’esterna balaustrata, stanno in piedi , e tutti al minimo cenno sembrano pronti a servire , ad adulare, ad adornar l’oggetto delle loro voluttà. Infatti voi vedete che due scimiotti sono attenti ai ventagli, 137 li monili, alle colanne, congegnate >ni cristalli delle finestre ; un orso presenta lo specchio, un cane l’ ac- cappatoi , un altro gli spilli, un terzo la borsa della polvere cipria. Alcuni di questi Animali , seguì egli a dire , manifestano talvolta un ca- rattere rapace e diabolico. Cotesti de- monj sono appunto rappresentati nella contigua Cucina , che , come vedete , pare un inferno. Diavoli e draghi appajono volar su e giù per artefatte fiamme: altri infernalmente effìggiati siedono sul focolare, e sembrano giun- car tranquillamente alle mincliiate. — Assai volte , soggiunsi io , li malvagi in una rivoluzione trionfanti rubano gli averi altrui, poi tra ior giuocano il bene delle vittime da essi immolate. Nauseato da quelle disgustose rap- presentazioni, entrai nell’ ultima Ca- meretta. Quale lagrimevole scena! In un angolo la statua d’ una povera Vecchia che piange: rimpetto un’altra donna afflitta, avente per mano una 128 bambina che par domandi pane , e poco lungi un povero prete che legge avidamente le gazzette. Questi, dissi fra me, rappresentano gli sciagura i che nello sconvolgimento della lar patria perdettero i loro averi E quel miserabile che sembra assorti in un pensiero che lo divora? Ha fia le mani un vaso di creta ... È forse V unico utensile che ha salvato dH naufragio delie sue sostanze. Quali iìsonomie abbattute e dimagrate ! . . . . Ora comprendo, che significhino le teste esternamente collocate agli otto angoli della casa, ed ora solo intendo 1 perché una sia malcontenta, l’altra languente , la terza attonita , la pros- sima sdegnata, perchè due piangano dirottamente, e perchè le altre sieno in procinto di scagliare orrende im- precazioni. Fanno il ritratto di tutti coloro che scadono in una rivoluzione. Tutte quelle cose osservate , mi congedai dal saggio mio Conduttore, uscii dalla Casa, e da me solo andai 129 à disaminarne dettagliatamente l’ e- sterno aspetto. Tutto all’ intorno si trovano confusamente affastellati l’or- dine gotico, l’ egiziano, il cittadinesco, il pastorale ; appunto come in una rivoluzione si confondono insieme i difensori degli antichi sistemi, il sa- cerdozio , i cittadini , i pastori. Fra gii altri oggetti spicca una torre costruita sopra pietre vulcani- che: ella é sormontata da una tor- retta rotonda , dalla quale sorgono due piante d’ Aloe , ed un’altra tor- ricella. Varj cannoni spuntano dalle ferito je. Una sollevazione nazionale infiammando e volcanizzando il cuore di tutti , trasforma gli uomini in im- perterriti eroi, in impassibili rocche. L’ Aloe che naturalmente non alligna fuorché ne’ paesi dal sole scottati , certo manifesta che una terra avvam- pata da una popolare sedizione, è sempre feconda di menti riscaldate. Quell’ altra torre che finisce in un gabbione a tre piani, sulla cui cima 6 ♦, / i5o sta un daino; e la terza edificata sopra fredde stalattiti , simboleggiano forse luoghi di custodia per coloro che oltrepassano la misura rivoluzio- naria, e per quelli che restano in- dietro di quella? Noi so. — Un co- I lombajo tutto dipinto come un abito \ d’arlecchino sta sull’ ultima torre, e pare allegorizzar la carcere di quelli, j che senza essersi in una insurrezione I denigrati con delitti , si sono resi fa- mosi con follìe di tutti i colori. Quel Pulcinella che ride là sul colombajo, que’ grandi occhiali che sono schie- i rati ai suoi piedi, sembrano rimpro- j verare a questa bizzarra spezie di stolti di aver veduto male, o di non aver veduto che in un impero sommosso j non si fanno impunemente mai, né imprudenze , nè stravaganze. Que’ due secchi , uno de’ quali j ascende , e 1’ altro discende , dovreb- j bero essere effiggiati sugli stendardi j d’ogni ribelle. — Ecco dei balconi O # superiormente aperti , ed eguali a i3i quelli che sono dattorno ai monasteri. Quanti uomini non si veggono uscire dai chiostri, per partecipare nelle ra- pide sorti di una rivoluzione! — Nel bollore d’ un popolare sommovimento i malvagi si trasformano in uomini sì snaturati , che non se ne sospettava neppur possibile l’ esistenza. Sono ap- punto qui espressi da quelle due ignote figure, una delle quali ha due serpi per braccia, e l’altra il ceffo d’ una bestia immaginaria. Per ultimo una pira che gitta fuoco, un cuore lacerato da una forbice , due pugnali incrocicchiati sotto uno scudo , urne cenerarie, epigrafi se- polcrali, teste di vittime, ed una ca- tacomba. Così d’ ordinario han fine le febbri delle nazioni: cominciano tra i giuochi, le danze, e gli evviva; terminano fra le tombe ed i cipressi. Castello e Feudo dei Cavalieri. Cinque bastioni rotondi , riuniti da altrettante cortine, una delle quali é l3>2 interrotta da un torrione , formano l’antico Castello dei Cavalieri. Da uno di que’ bastioni si alza una piramide, sulla cima della quale si erge la sta- tua di un guerriero , vestito di ferro. Da un altro sorgono congiunte due alte torri ; e la più sottile , all’ altra sovrasta. Ai bastioni rotondi corri- spondono esteriormente cinque ba’- stioni angolari. Antichi archibusi sono fra le merlature della rocca : dei can- noni stanno sulla moderna fortifica- zione. Un’ opera a corona protegge l’ ingresso , ed una a corno il portone dell’ uscita. Larghe fosse, per le quali scorre perennemente l’acqua, con- tornano il Castello. Presso a questo si erge una piccola Fortezza. E di forma tetragona, ed ha un bastione ad un angolo , una guglia ad un altro. Nel suo interno non offre che un bagno , ed un arsenale di armi antiche , e di vestiti di ferro.* È cinta da una fossa ricolma d’ acqua. Passai un ponte , poi un altro, misi i3& piede sulla soglia del portone del Castello , e vidi a me dinanzi un Cor- tile, nel mezzo del quale avvi una cisterna. Tutto l’ edificio é di gotica architettura, e tutto, non so il come , trasfonde nell’ anima una tristezza che abbatte. Ciò che v’ha di vera- mente straordinario in questo Castello si è, che quasi ogni monumento è dell’ Era brillante della cavalleria. Da ogni parte della Germania si fece venire ciò che trovossi di quell’ epoca maravigliosa. Qui furono partati sof- fiti , sedili, tappezzerie, invetriate, porte, e fin una Cappella di marmo fu da lontane regioni qui in pezzi trasfe- rita e rimessa. La mano dell’ uomo non si adoperò che per riunire in questo angusto spazio tutto ciò che d’ an- tico in separati luoghi si rinvenne. Sotto queste stesse volte, su questi stessi pavimenti passeggiarono dunque un tempo eroi che riempirono il mondo colia fama delle loro geste. Fortemente penetrato da questa idea, x'S 4 mi feci a visitare que’ venerandi ri- cetti , con quella spezie di devozione che ispirano alberghi abitati un giorno da campioni per alti fatti , per alta nascita illustri. Salendo per una scala a chiocciola, giunsi in breve sulla Galleria di di- fesa , e passai all’ Ospizio del Gran Limosiniere , che è come nascosto sotto il bastione piramidato. Consiste quello in due stanzette, l’ una delle quali è sovrapposta all’ altra. La superiore è nuda d’ogni ornamento; non cosi la prima , che è tutta coperta di antichi quadri. Incresce il veder crudi e secchi li dintorni delle figure , e queste mal distribuite e peggio atteggiate ; ma tali difetti sono compensati dalla vi- vezza delle tinte, dalla verità degli alberi , delle erbe , dei fiori , e dal- l’ incanto di que’ campi d’aria, tanto sereni ed aperti, da somigliare al cielo. Venni al torrione che sta a lato della porta d 1 ingresso , e trovai il quartiere dei Castellano , consistente i35 in una cameretta , un irregolare ri- covero, ed un angusto corridore. Vidi in questo molti ritratti d illustri donne, che vissero nel decimo quarto , e nel decimo quinto secolo. Han vestiti dei loro tempi: alcuni estremamente strani e goffi ; altri elegantissimi , e tali da farsi ammirare in ogni tempo, ed in qualunque metropoli. Nei compiere il giro della Galle- ria , rinvenni la loggia della capito- lazione , un’ antica Vedetta , ed una saracinesca. Girando , tratto tratto os- servava T interno aspetto della rocca, la cui struttura sembra disparire sotto lo sfarzo di licenziose decorazioni. Esili colonne, archi a sesto acuto, capitelli riboccanti di foglie, involuti ornamenti che assorbono 1’ assunto principale , membra forzate di pre- starsi ai capricci d’ una strana imma- ginazione , forme composte sostituite alle combinazioni semplici , marmi tagliati e ritagliati come il papiro , tutto traforato da finestre, da rosoni. m tutto in aria , tutto costruito a giorno! mi parve essere in un Castello della Scandinavia , edificato dal Palladio dei Vandali. Discesi al pian di terra , ed il Cu- stode del luogo m’introdusse in una stanzetta destinata al servo del Ca- stellano. In un angolo è un’enorme colonna , che occulta una scala per cui si sale ad un superiore ricettacolo. Uscendo dalla stanzetta, mi trovai in un angusto corridore , come addob- bato da un quadro , che presenta un ridotto a maschera di cavalieri e dame de’ tempi di mezzo. Coll’ occhio liso su que’ singolari personaggi, andava pensando all’ ordine dell’ antica ca- valleria. Definir coll’ armi romorose contese, o decider cause le cui prove erano occulte o dubbiose, proteggere l’in- nocenza, debellar gli usurpatori, col sangue scontare i ricevuti insulti, o giustificarsi di un’ ingiusta accusa , ed andare al tempio della gloria pel cammino più disastroso, erano li grandi oggetti a cui tendeano i figli di que- sto Istituto. L’ amore era sovente il segreto motivo delle loro imprese, e la smania di meritare la stima e qual-* die volta il semplice sguardo di una donzella , facea loro affrontare i più ardui cimenti , e trasformavali di fe- deli amanti, in bravi guerrieri. Vit- time della gloria , martiri dell’ amore, timidi ai piedi di una donna, audaci al campo, amici degli oppressi, ne- mici degl’ infedeli , tranquilli all’o- spizio , leoni negli steccati ; sembra- vano numi allor allora discesi dal cielo , per combattere sopra la terra , e far miracoli di valore. Il Custode mi scosse da quella astra- zione, mi condusse nella Camera da conversare , e diffusamente mi parlò di quello sparuto cuojodoro che ne copre le pareli , di quel soffìto che fu trovato in lontane regioni, dei complicati intagli di quelle porte , 1’ origine delle quali si perde nelle i38 tenebre di tempi remoti, e della ve- tusta forma di quelle panche , le quali come per miracolo sopra lo schienale indorato , conservano tuttavia dipinti in tutta la lor freschezza eroi a ca- vallo , co’ loro scudieri a lato. Mentre con questa spezie di dab- benaggine andavami egli contando simili storie , io fissava un armadio sul quale', fra colonnette di lapislaz- zalo , mirai dipinture si delicate , si fine e pastose, che l’invidia stessa non troverebbe di che accusarle. Fra i varj ritratti che pendono dalle mu- raglie, osservabili per la magnificenza dei vestiti , e la pienezza del colorito, ne affisai uno che per la originalità della berrettuccia , del sajo e della fisonomia più d’ ogni altro m’ inte- ressò. Quegli, mi disse il Custode, è Massimiliano primo , che va alla cac- cia : voi vedete che ha la balestra tesa fra le mani. Il Pittore, io re- plicai, anzi che del volto, ha fatto il ritratto del carattere stravagante di quel Monarca. Eccovi nella Sala delle armi, disse il mìo condottiere, introdotto che m’ebbe nel luogo contiguo. Siccome da questa parte vedete, cominciando dalia balestra stanno alla parete appese tutte quelle armi, che a gradi condussero fino al tro- vamene, ed alia perfezione dell’ arco- bugio. Osservate da quest’altra parte lo scudo pedestre dei Franchi, la targa an- golare dei Vandali , le lance dei Cava- lieri , li giavelotti dei fanti , ed in appresso i morioni degli antichi Ger- mani ombreggiati da piume di au- gelli , gli elmi dei Galli rabbelliti da fogliami , e le celate degli uomini d’ arme , ignude d’ ogni cimiero : Quivi il Custode tacque. Lungo la sala vidi fregiati di stemmi , il sacro vessillo , il trionfale stendardo, e senza divisa il semplice pennoncello, che in grado agli altri prevale. Osservando varie armature, che là pur erano, trovai quelle degli uomini , al petto ed ai fianchi diverse da quelle delle donne: eguali in entrambe i braccialetti, le 1 4o gambiere, i guanti. Queste corazze, dissi fra me, furono indossate da prodi eroi , quelle armi da loro imbrandite, e da loro quelle bandiere difese, sul disastroso sentiero della gloria. Chi sa, se non forse di questa lorica si rico- perse qualche donna sventurata , che si espose agli aspri perigli di Marte per seguir le tracce di un infedele amante, o per contenderlo colf armi ad una sua rivale !... Chi sa , se questa forse non è l’armatura, e questo il simulacro di quel prode Bajardo, che affrontò mille volte la morte , pria di perder la vita! ... E se l’altro che sta su quel bellicoso destriere, e che ha due scudieri a lato, non è quel- 1’ altero Duca d’ Alba , che consacrò la conquista del Portogallo ad una Donzella di cui ambiva i favori ! . . . . Il Custode scuotendomi da questi di- vagamenti, mi prese per mano, e mi mostrò la figura di Stefano Fedingher con quella stessa picca, con quello stesso elmo, e con quella stessa camicia * 4 * di ferra , che aveva in dosso , allor- quando alla testa dei contadini d’Au- stria pose a sacco Wels, Steyer, Lam- bach, facendo vista di voler propagare le dottrine di Lutero. Ma , il Custode borbottò, li suoi stessi compagni danni lo trucidarono perché scadde nell’as- sedio di Lintz. Rimprovero a Fedin- gher , altamente risposi , di aver sac- cheggiato Wels , Steyer, Lambacb ; ed ai suoi di averlo ucciso perché nell’ e- spug‘ nazione di Lintz non riuscì. Carlo Magno nel procinto di andar a debellare gli Ungheresi , conferì a Luigi suo figlio 1’ ordine della caval- leria. Sdir esempio di Carlo Magno, in un altro luogo detto il Tempio dell’ Onore, Francesco li armato di tutto punto , ed in piedi sovra un trono militare, é in atto di dar un colpo di scimitarra sulla sinistra spalla al primo de’ suoi figliuoli, per crearlo Cavaliere d’armi. Un Arciduca d’Au- stria presenta il balteo , un altro la sciabla al Candidato. Questi depostc* i4a 1’ elmo e la clamide , ed in aria ri- verente inginocchiato innanzi a suo Padre , sembra che giuri di non ri- sparmiare il sangue per sollevar gli oppressi, tutelare i pupilli , difendere la religione e liberar la patria da genti straniere Quella spada di Damocle che pende dalla volta del sacro luogo, il fiammeggiar di quelle aste di finis* simo lavoro , di quelle magnifiche faretre, e di quegli scudi egregia- mente cesellati che contornano il solio , danno alla scena un aspetto maestoso. Quale spettacolo , veder ce- lebrarsi questa cerimonia augusta sulla tomba del Redentore, o sulla breccia di una Fortezza presa d’assalto! Quest’ altra é la Camera del foco- lare, mi disse il Custode nell’ intro- durmi in un’altra stanza. Osservate quell' antico tavolino ammirabile per la tortuosità dei caratteri ond’è co- sperso, e quelle vetrate sulle quali sono a piene mani profuse le mara- viglie della pittura* Vi sembrerà ohe i45 i sedili sieno di una maniera che non ha nulla di nobile, ma que’ loro com- plicati intagli vi faranno maravigliare, come altresì quelle porte sì magni- fiche negli ordini loro, e ne’ loro ac- cessori. Non disprezzate come me- schina la soffitta , perché presenta mille aspetti rettangolari , mille concave forme, e ricordatevi che que’ singolari compartimenti, quelle svariate pro- duzioni dell’ invenzione, provano che in qualunque arte, prima di arrivare alla semplicità, si passò per tutte le composizioni complicate. Non posso trattenermi più a lungo con voi: potete andar solo a veder la contigua Sala dei Banchetti : io vi lascio : più tardi ci ri- vedremo : addio ... Senza badar al Custo- de , mi perdei in un quadro , che era nella Camera. Che ritratto eccellente! dissi. Qual eroe,o qual nume è mai quello? Il vestito é di una ricchezza e d’un fulgore , che non posso descrivere. Ha una benda orientale avvolta sull’el- Wio, e sulla benda una brillante corona* ì44 Dalla lorica scoppiano le saette : pendongli dai fianchi listre di viva- cissimi colori , ed aria superba sciabla. Il volio è marziale, egli occhi hanno quella fierezza che comanda alla vit- toria. L’attitudine, la robustezza della persona, la mossa delle braccia , tutto presenta la maestà di un uomo chia- mato all’ Impero. Andai da me solo nella Sala dei Banchetti. Essa ha nel mezzo una ta- vola intarsiata d’avorio e di madre- perla. La lanterna che vi pende sopra é goffa e pesante, ma é osservabile per esser di lami nette cornee , che erano le materie trasparenti che si usavano prima del ritrovamento dei vetri. Sulla credenziera sono antichi piatti della porcellana di Vienna, vasi d’ avorio , calici di creta , deschi d’oro e d’argento superbamente isto- riati e cesellati. Scettri , gentilizie in- segne , corone trionfali , imperatori diademi sono effiggiati sulle invetriate. Amerei meglio imitarla, che portarne i/f5 s7 nome , è scritto attorno al ritratto di Maria Teresa Seconda che sulle in- vetriate è pur dipinto. A lei rimpetto é 1’ Augusto suo Consorte tutto vestito di ferro : ha il capo scoperto e dagli omeri gli pende maestosamente il palu- damento : Reggere colla legge e coliti fede , ecco la sua epigrafe. La volta della Sala è svelta ed ardita. Essa ap- poggia sopra sottili colonne meschini capitelli e gracilissimi spigoli che vanno ad unirsi e finire in un punto. Mi- chelangelo senza ammirar quest'opera, la avrebbe però guardata con piacere. Alla fine mi ridussi nell’atrio del portone d’ingresso, e passai a vedere l’appartamento che era a me dirim- petto. Quattro stanze di diversa forma, e di diversa grandezza il compon- gono. Non so che sieno le donne ef- figiate su quelle tavole che adornano la prima camera , ma so che è un quadro non comune quello , che pre- senta una danza attorno ad un al- bero di maggio. Gli svariati vestiti 7 i46 delle persone che ballano sì danno un risalto scambievole , e presentano insieme all’ occhio una scala di ben armonizzate tinte. Quanto non seduce la prospettiva di quelle montagne !... E quell’orizzonte infuocato, che spande un’aria di festività su tutto il qua- dro, come non è brillante! Se non mi attraesse, proruppi en- trando nel gabinetto della tavoletta, quell’orologio in forma di torre, che per la convenienza del disegno , e la puntualità del cesello merita ogni lode , non vi resterei un minuto se- condo. Quali attrattive può mai avere per me il tavolino, che là pur vidi, tutto coperto di tartaruga, e sopra la tar- taruga un minutissimo lavoro a niello? Quanto non è sfarzoso, e quanto non è addobbato il letto che vidi nella terza stanza !... La sua forma però è un po’ troppo singolare ed an- tica. 11 tavolino, l’orologio, le sedie, gli scanni da preghiera , quegli eroi dipinti sulle muraglie, tutto ricorda repoca dei Goti; ma quella luce so- lenne che viene dall’alto, tramandata da cristalli di vario colore, mi risve- glia l’idea dei beati Elisi. N on ho mai veduto un colore che mi piacesse più di quello delle viole : e quando questi fiori sono dal sole irraggiati , quale cara tinta non acqui- stano mai? Tale fu appunto il senso che mi si destò dal fastoso velluto so- vrapposto alle panche , che stanno attorno alla quarta Cameretta. Su quelle panche mi posi a sedere , e molto mi divertii nell’ andar contem- plando quelle statuette di guerrieri, di monarchi , di uomini , di donne che ricoverate in gotiche nicchie , stavano al dissopra della mia testa. Sazio che fui di stare in quel Ga- binetto , entrai nella prossima Sala che io intitolai Sala da pompa. Perchè non è possibile all’arte il de- scriverla ? Quale magnificenza ! Ogni oggetto per la novità della sua con- figurazione , e pel fasto singolare delie «48 sue parti , ingrandisce 1’ anima e rinfiamma. Tutto è sul gusto antico, ma è un antico maestoso. L’ oro , l’ argento ovunque risplende. Il ri- camo non si presentò mai a me in meandri più eleganti , che su quel velluto violaceo , il quale con grande sfarzo di festoni, e di ricche frange addobba i sedili. Lungo le loro spal- liere sono schierati svariatissimi stem- mi. Ve n’ ha d’ inquartati di nero in campo d’ argento , d’ oro in campo azzurro. Qui tre leoni scompartiti so- pra un rosso scudo , e là sovra un altro d’argento un leone solitario; in maniera che i Goti, i Franchi, i Da- nesi , i Germani , tutti i prodi infine dell’ antica nobiltà europea sembrano aver posto d’omaggio in questa Sala. Il paramento delle muraglie è di co- lor cilestro , ravvivato da biondi fio- rami. Fra un quadro che rappresenta il banchetto di Francesco II a Fràncfort, ed un altro che mostra la cerimo- nia della sua incoronazione , su due gradini si alza il solio. Il baldaehino, il dossiere, i seggi reali alla gotica tra- forati, sono da ampj pennacchi rab- belliti. Nel mezzo del dossiere pom- peggia con poche divise 1’ aquila dei Cesari. Fin sotto la volta, che per la quantità delle scanalature , dei fo- gliami , e di ogni genere di decora-t zione fa maraviglia, sono incastrate araldiche arme. Li pilastri delle due porte hanno quella convenienza di proporzioni , che potea confarsi colle idee dei secolo , nei quale furono costruiti. Negli opposti frontoni , coi vampo della maestà , figurano i busti di Francesco II, e di sua moglie. Ma- ravigliosamente effigiati sono sulle in- vetriate i loro figliuoli. Quella unione di antichi e di moderni oggetti , quel contrasto di sensazioni , agitando l’a- nima con con tra rj moti , mi fece una profonda impressione. Alarico , dettan- do leggi all’Italia dal Campidoglio, non poteva avere una Sala più magnifica. Traversai un vestibulo , e per una i5o piccola porta venni in un tetro San- tuario. Non ha che una Cappella. Li dodici Appostoli , e li quattro Evan- gelisti la adornano. Da cristalli co- spersi di sante immagini si diffonde un mesto chiarore , che dispone alla preghiera. Dietro all’ altare da terra fino alla volta s’ innalza , coperto di guglie, di statuette r di nicchie, e di minutissimi bassi rilievi , un taberna- colo di marmo. Eia nell’ interno sca- vato un ricetto, che mostra il cenacolo^ Il momento dell’azione è gravissimo, quello cioè nel quale il Salvator del mondo, colla tranquillità , e coll’as- severazione d’ un Dio urna nato dice agli Appostoli : Uno di voi mi tradirà. A questo inaspettato annunzio , tutti i convitati sono in tumulto. Giovanni sviene fra le braccia del Nazareno ; chi protesta di essere innocente, chi rinova la data fede, chi bieco guarda il suo vicino e par che lo accusi , chi se stesso offre alla difesa del Re- dentore, chi minaccia di sterminare i5i il reo. Giuda con un ceffo da mani- goldo , con una borsa di danaro in mano, volge altrove la testa, parche trionfi del suo delitto , e che sprezzi il cielo , la terra , i santi patti , gli Appostoli , e ’1 figlio di Dio. — Croci, ostensorj, calici, ampolle, sacri ar- redi , e sacri appararne n ti all’ antica foggiati ; ecco ciò che trovai nella sagrestia. Uscii alla fine da quel San- tuario, e passai nel Cortile. Io ero compreso da quella devota melanconia che incutono i luoghi alla religione eonseerati: avea bisogno di ricrearmi, andai per vedere in un solo colpo d’ occhio tutto il Fenda dei Cavalieri. Da poi aver saliti cento c settantacinque gradini , mi trovai sulla sommità di quella Torretta della Scala , che sì in alto si spinge colla sua cima. Stanco, siccome io ero, mi assisi. Il sole diffondea nel tramonto una tenera luce, che soa- vemente rischiarava tutti gli oggetti d’ intorno. Fuor fuori da un bosco di larici , di frassini e d’ abeti , vidi la statua d’ un Cavaliere posar sopra la colonna indicante la giurisdizione del Magistrato, che stabilisce la forma dei Campi chiusi , per li duelli ad ultimo sangue. Più innanzi, sovra un canale una Chiesetta Gotica , che nel- l’ antica sua semplicità ha un tale incanto da invitare all’ orazione. Dal- r opposta parte la cascata del Tristing, ed alle sue sponde due colossali sfingi, che maestosamente giacciono sopra due gran piedestalli. Dalla stessa banda , ma più da vicino , quattro enormi rastrelli offrono altrettanti in- gressi al Tornèo. Sopra i pilastri, da una parte spiccano leoni di marmo , dall’ altra statue di cavalieri , quasi in atto di sfidarsi a singoiar tenzone. Tenni lungamente gli occhi fisi su quella Lizza di desterità e di valore. Indebolito dalle fatiche di un intero lunghissimo giorno, e lasso di osser- vare e di scrivere, il sonno mi colse , mi addormentai. 1 53 Poco appresso, come sbattuto dalle recenti impressioni, sognai di esser presente ad un Tornèo. Una Don- zella da un Cavaliere accusata di aver mancato al proprio decoro , avea pro- dotto un altro Cavaliere a sostener le ragioni dell’ innocenza sua. Sovra le opposte tribune stavano i Giudici della tenzone. Sulla loggia sedeano spettatori il Principe , i Grandi del Reguo , le Dame ; lungo lo steccato il popolo. Un cupo silenzio regnava per tutto. Dopo gli stridori del Pie d’ arme , dopo i solenni giuramenti dalle parti prestati di combattere per una causa giusta, dopo consegnati da entrambe i pegni del combattimento, si chiusero i rastrelli , si tesero le ca- tene , serraronsi le barriere , e ’l Con- testabile , a terra gittando il guanto delia sfida , gridò : Lasciate andarle i Combattenti Uscir dalle tende , montare a cavallo , calar la visiera , imbrandir la lancia , e 1’ un contro r altro avventarsi fu un punto solo. i54 Del nitrito de 5 destrieri , del crepitaf dell’ armi , e dell’ urto delle orrende percosse tutto il campo rimbomba. Li Combattenti s’infiammano, s’az- zuffano e s’insanguinano, finché le lor lance volano per 1’ aria in mille pezzi infrante. Impugnar le spade , e rinnovar la pugna , offrir nuovi spe- rimenti, e per nuove vie tentar di darsi la morte , fu lo spettacolo che al primo succedette. Dopo una fiera tempesta di micidiali colpi , il Cam- pione difendente fino all’ elsa immerge il ferro nel petto all’altro, dagli ar- cioni lo balza, e salva 1’ onore della Donzella. Mentre il vinto e morto Campione veniva dagli araldi disar- mato y mentre si calpestava la sua corazza, e nel fango si strascinava il suo scudo, il Vincitore parti trion- falmente dall’ arringo, seguito dagli alti evviva del popolo , e dal ramo- roso squillar di mille trombe. A tanto fragore mi scossi, e mi risvegliai. Il sole frattanto era tramontato del i5§ tutto. Vidi apparir in oriente gli astri, e sull’orizzonte venir la luna, che una magica luce spandea su quel- r ampia solitudine. Levaimi , ed alle merlature delia Torretta appoggiato, mi posi a mirar fisamente gii oggetti varj che erano sotto i miei occhi» Quale incanto ! Per un lago, cosperso di piccole isole, ombreggiate da salci piangenti , leggiermente scorreano ele- ganti barchette. A traverso i diroc- cati macigni di una tortuosa Grotta che posa sul margine del Lago, mor- morava in roco suono 1’ acqua , poi nel Lago sgorgava ed agitavano le placide onde. Que' ruscelli che in mille giri serpeggiano per entro il feudo , quei fiume che tutto l’ accer- chia , il delizioso prospetto delle mon- tagne dell’Austria inferiore , dell’ Un- gheria , 1’ amenità di que’ luoghi , la ridente scena di quella notte , mai non usciranno dalla mia mente. Il Custode , con una fiaccola in mano , venne ad avvertirmi che l’ ora i56 era tarda , e che conveniva discendere. Salutai le stelle, discesi, e con lui andai a vedere, nell’ altra Torre con- giunta a quella dalla quale smon- tavo , la Sala , detta U Aula di Stato, Questa é ottagona , e sostiene una volta che a poco a poco convergendosi , va a finire in un punto acuto. Danno alla sala un aspetto di magnificenza lo spazzo intarsiato di legni di vario colore , un ampio stendardo sul quale è intessuto lo stemma dei Cesari , ed i suoi superbi sedili adornati ed in- tagliati alla gotica. Quella tavola da giuoco che é nel mezzo, è osservabi- lissima , dissemi il Custode , poiché sulla stessa anticamente la cieca sorte dei dadi assai volte determinò con- tendenti Principi alla pace, od alla rinovazione della guerra , ed assai volte un gittar di dadi decise le contese fra Langravio e Langravio, fra stato e stato. Le figure che brillano su gl’ in- vetriati, pel disegno, per l’ espressione, per la pompa dei panneggiamenti , e per la maestà delle loro insegne in- cantano. Queste dipinture sono tut- tavia si piene, si vivaci, si fresche, che sembrano uscite or ora dalie mani deli’ artista , eppure sono più secoli che stanno esposte agli affronti di un’ aria inclemente. Sulle pareti vidi effigiato quel Ferdinando che nelllni- pero succedette a Carlo Quinto , da poi che questi ne depose le redini , quell’ Alberto Duca d’ Austria che meri tossi la Corona e lo Stato colla totale sconfitta del suo competitore Adolfo di Nassau, quel Massimiliano che fu a vicenda intraprendente come Metello , e timido come Augusto , avaro come Vespasiano , e liberale come Cesare, e quel primo Rodolfo d’ Absburgo che non tentò alcuna impresa senza riuscirvi , che espugnò tutte le fortezze cui strinse colle armi, e che uscì trionfante da quattordici memorabili combattimenti. Voi avete veduto in questo Bosco di delizia , dissemi il Custode , il i58 genere ridente, l’incantante, il mae- stoso, ora vi resta da vedere il Ge- nere terribile ; ed in cosi dire agitò la fiaccola perchè meglio divampasse, discese per la scala ed io con lui. Sotto V Anici di Stato , trovai un luogo conformato alla maniera di quelle clandestine e sanguinarie Curie della PV'esbfcdia , che per più di due secoli desolarono 1’ Allemagna. Tutto rattrista in quell’antro, ed imprime terrore. Cupa la volta , finestre an- guste, mura fosche, pavimento scuro, ed alle estremità cosperso di rosoni bianchi e sanguigni. L’anima s’in- gombra di fredda melanconia , nel veder quegli sgabelloni , coperti di nero velluto tra unto in oro. Nel mezzo della Curia si alza un’ara a due piani : dattorno al secondo stanno sante immagini , e sulla sommità il simulacro della Giustizia. L’ ara ri- copre una rotonda buca , che mette nella sopposta prigione di stato. Quella Curia infernale mi raffigurò all’ agitata «lente il momento , nel quale il Fn- gravio , co' suoi feroci Sccibini in ne- gre cappe avvolti , e con orrende ma- schere sul volto , di notte , al chiaror di fuligginose lucerne , a tribunale sedendo , fuor fuori della sepolcrale buca colla sola testa faceano compa- rirsi dinanzi l’infelice destinato al sa- crificio , ed al vivo presentommi la tremenda ora , nella quale da poi averlo con minacciante voce interro- gato, sdegnando fin di ascoltare le sue discolpe, lp condannavano a morte. Ancor nell’ anima mi suonò il pian- gere affannoso dello sciagurato , nel- l’ istante che dalla sopposta caverna era sollevato fin al pavimento della Curia , ed ancor sentii come da una tomba uscire quel flebile e moribondo grido ; Me infelice ! ... Non senza in- dignazione ricordai, quando gl’igno- ranti e rapaci Scabini , sordi alle voci dell’ umanità, al tocco lugubre della campana a stormo, mascherati scor- reano per le campagne , notavano le i6o •vittime, registravano i loro nomi sul Libro del Sangue , indi le faceano rinchiuder vive in sotterranee spelon- che , dalle quali non uscivano mai , che per andar all’ estremo supplizio. All’estremo supplizio! E per quali colpe? ... Trasgredivasi un precetto del decalogo? Pena di morte. Erano profanati li Cimiterj? Pena di morte. Era taluno accusato di stregherìa ? Pena di morte. Assai volte con una sola sentenza si condannavano a morte gli abitanti d’interi distretti; indi sui sepolcri dei vassalli immolati s’ isti- tuiva il processo , per discoprire se erano innocenti , o rei. Que’ tempi di spietata tirannide commiserando , e benedicendo la me- moria di Massimiliano Imperatore , che tanto contribuì a disfar le Curie della Weslfalia, uscii da quella Spe- lonca. Scesi ancora , e dopo molto discender, il Custode aperse una porta di ferro , che strido sugl’ irruginiti eardini. Non so il come , ma allora x6t udii un calpestar frequente, ed uno spesso squassar di catene , che mi fece balzar il sangue per ogni vena. Non vi sgomentate, dissemi il Custode, menano questo romore gli artefatti prigionieri della Curia della Westfa - Ha: andate a vederli, ed in così dire mi diede la fiaccola, e partì. Facen- domi forza continuai il cammino, di- scesi per un" angusta scala, ne feci un’ altra , ed alla fine venni in un Corridore tetro come un abbisso , e di là in una Carcere che ha nel mezzo una cisterna coperta da una grata, e tutt’ intorno delle annerate muraglie , macchine da tormenti. Tra- versando quella Carcere, mi ridussi in un Antro più ancora orrendo. Trovai un mezzo pilastro, e sovra esso dei ceppi. Scosso dal romore che iidiva a destra mi volsi , ed a traverso raddoppiate sbarre, in uno stretto calle , travidi la figura di un prigio- niere che a passi larghi e tardi cam- minava, seco strascinando delle catene. i6a Quel subitaneo spettacolo, mi fece rizzar sulla fronte i capelli: la fìac- y cola mi cadde di mano, e si estinse. Più non rimase allora fuorché il po- \ vero lume di una lanterna pendente dalla volta , che spandeva più orrore , che non diffondea luce. L’ ora, la so- litudine sì desolante nei pericoli, la novità del sito, e di un sì orrendo sito, accrebbero la mia agitazione* Brancolando calai di nuovo nella car- cere, e nel calar vidi disteso su nude pietre un altro prigioniero del pari incatenato, e che avea tracce disan- gue sul petto. Quella tragica ed ina- spettata vista finì di desolarmi. In quell’ istante la campana del Castello suonò , il prigioniere fortemente scosse le catene e crollò la testa . . . Indietro caddi, come uomo morto cade. Fine. Pai Tipi di Francesco Fusi. INDICE Descrizione prima. Il Busto del Principe Carlo d? Austria , scolpito da Giuseppe Pisani . Pag. I Descrizione IL La Rosa Damascena » 2 Descrizione III. La Statua mutilata dell ’ Accademia di Vienna » 5 Descrizione IV. Id Eremo di Monfalcone » 7 Descrizione V. La Psiche scolpita da Canova ...» IO Descrizione VI. Quadro della Riconoscenza » Descrizione VII. La Venere de Medici Descrizione Vili. Il primo giorno d ’ ottobre veduto dagli Appenini » 27 Descrizione IX. L Ebe scolpita da Canova . . . DELLE COSE CONTEE UT E IN QUESTO LIBRO, Descrizione X. Vallombrosa Pag. 42 Descrizione XI. Il Monumento di Angelo Etno , fatto da Canova » Descrizione XII. Carceri del Veneto Tribunale degli ex- Inquisitori di Stato . » 66 Descrizione XIII. La sera delV undecimo giorno di luglio dell ' 1 anno i B 1 3 in Malta. . » 78 Descrizione XIV. Villa Imperiale di Laxenburgo. . . » 86 Orti e Giardini * . » 90 Bosco di Delizia » 96 Piccolo Prater. ........... >1 97 Selva delle vedute »ior Villaggio dei Pescatori » 106 Giardino chinese e Bosco ottomano » HO Bomitaggio ............. » ii3 Casa della B.ivoluzione , erronea- mente detta Magione de l Capriccio » 1 1 8 Castello e Pendo dei Cavalieri . » 1 3 £