ilmilcare Cipriani nella Comune PAOLO GINISTY 0 dniLQflRE Cipriani NELLA QOHUNE FIRENZE CASA EDITRICE NERBINI AMILCARE CIPRIANI Brisighella (Ravenna* 4-06, Tipografia di E. Servadei Prcmzione Tale per modo di dire. Chi tradusse questo capitolo, Le Retour, dal lihro, Paris Intime, en Révolution (1871) di Paolo Ginisty, ebbe un du- plice scopo: Ricordare Amilcare Cipriani nella Gomune, che altro uomo ital'ano non nè sarebbe cosi meritorio, e, attraverso alia vita vissuta in quel periodo dal grande agitatore, aile sofferenze patite con fermezza stoica, ferire la mollezza di certi spiriti moderni, che dimenticano l'epopea ri- voluzionaria della Gomune, e ad arte la giudicano. Non risveglio di passioni, ma un documente umano che rischiara e ritempra il carattere. Questo per i giovani. Non altro ! IL TRADUTTORE IL RITORNO ^olui che parla è un vecchio eroe. L'età e le prove non l'ànno punto fiaccato, e malgrado i lunghi anni di prigionia e nel bagno, che gli fu- rono inflitti dai tribunal! di Francia, d'Italia, d'In- ghilterra, à conservato la fede rivoluzionaria in tutta la sua freschezza. Fu dapertutto dove poteva credere che vi fosse in causa la Libertà, la causa degli oppressi, in Creta, nelle Due Sicilie, a Roma, in Grecia, dove riportô, durante la guerra contro i Turchi la sua ultima ferita. É restato un cre- dente. è fuori di moda avere un ideale? Il sud viso maschio, rischiarato da due occhi ardenti, in- quadrato d'una lunga barba grigia, à conservato, come una grande gioia di disinteresse e di sacri- ficio. Non ebbe mai gradi, nè onori, nelle ore 8 stesse in cui trionfava il partito chc serviva. Kgli è poverissimo. Bisogna anclie fargli un poco vio- lenza perché consenta a raccontare qualcuna delle sue avventure. Dovette essere terribile in certi momënti di lotta, questo credente ! E vi è in lui, che fu il fralello di tutti i sofferenti, della dolcezza e della tencrezza. Una figura come questa, d'un uomo chc avendo combattuto durante tutta la sua esislenza e non avendo odiato persona, si tro- verà ancora ? Oualunque opinione abbia, impone rispctto, per la compléta abnegazione che egli niostro in tutte le circostanze. Risentimento, lunghe collere ?... Si una volta, in tutta la sua vita, egli confessa di avere nutrito, durante un doloroso periodo di detenzione, un de- siderio imperioso di punire. Ma ancor là, era meno a lui che pensava, che a quelli che aveva visto sof- frire. L'istoria à una specie di grandezza feroce. . X — Sono stato parecchie volte condannato a morte, disse egli, e anche sono stato, una volta, giustiziato a metà! Ma interrogando la coscienza, non o giammai pensato, lo credo bene, che a compiangere quelli che si credevano obbligati di dare simili scntenze... Cio che è odioso, è di fare il male per il male, ecco quello che è più difficile 9 perdonare. La mia vecchia filosofia, mi darebbe forse oggi, questa forza d'animo. Confesso che una volta non l'ô avuta. Ma quali ricordi, pari- mente, ô conservato della traversata a bordo del bastimento che ci trasportava allaNuovaCaledonia!... Erano dicci mesi che faccvo il giro dclle pri- gioni di Francia. Voi sa pete in quali eircostanze fui arrestato, il $ aprile, al fianco di Flourens, uc- ciso d'un colpo di sciabola, sulla soglia d'un al- bergo di Chatou, cM Flourens stanco della vita, es- sendosi quasi volontariamente lasciato cogliere, di Flourens, del quale conoscevo il doloroso segreto... Trovavo che era assurdo farsi cogliere in una trappola dove ci si era chiusi da sè... Avevo ten- tato di deciderlo ad altra fine, ma poichè si osti- nava a restare là, alla mercè di una sorpresa, non era dato a me di abbandonare il mio capo e il mio amico... Egli non si difese, andô in faecia alla morte con una suprema indifferenza... In quanto a me, ero positivamente trapassato da colpi di baionetta. Coperto di sangue, ero caduto davanti alia porta dell'albergo, e avevo avuto un breve syeni- mento. Fu la voce di un gendarme che mi fece rinvenire: egli ripeteva, con una tale frenesia, come in un ritornello tragico : 10 — Tu sarai fucilato... fucilato... fucilato... Mi si mise in piedi per forza, perché ero inca- pace di sostenermi e si trascinô fino davanti al niuro la specie di brano umano che ero. — No ! disse ad un tratto un ufficiale, vale meglio fucilarlo a Versailles... pubblicamentc... Fu a questo raffinainento délia scelta del luogo del supplizio, cui devo la vita, insomma. Mi si era lasciato cadere di nuovo, e, dopo che si fu constatato che nè colpi col calcio del fucile, nè per- cosse non poterono farmi camminare — avevo le ossa délia gamba sinistra alio scoperto — si andô a cercare una carretta a braccio, dove mi ci si gettô. -—Bada di non crepare prima d'essere arrivato, almeno! mi gridô uno dei gendarmi. 11 giorno dopo, un tribunale nnsto mi condannô a morte : non valeva dunque la pena di curarmi, nemmeno di lavare le mie ferite. Quell'altro giorno, all'alba, mi si caeciô in una carretta da mercanzie, dove si trovavano di già quattro uomini, che portavano l'uniforme di sotto- ufliciali di linea : questi disgraziatï erano stati tratti al movimentô di Parigi, forse semplicemente per essere stati dimenticati, corne tant'altri, e non so come erano stati ripresi. In questo furgone, si erano poste cinque bare, quelle che ci si destinava. 11 La vettura arrivé a Satory. Ci si fece discen- dere. Un picchetto di fanteria s'impossessô dei sol- dati, che condussero al posto preparato per essi... Io li avevo seguiti... Ma vi era un po' di disor- dine, a Versailles ! A quanto sembra, io, non po- tcvo essere fucilato che da un pelotone di agcnti di polizia, coniandati da un ufficialc municipale! Ora, si era dimenticato di prevenirli, e si fu un poco imbarazzati, un istante. Soffrivo orribilmente, avevo fretta di finirla. Ma il formalismo arnministrativo aveva la sua etichetta. — Voi, mi disse un ufficiale d'amministrazione, sarà per un altra volta... siate tranquillo ! Non ci perderete nulla ! Assistei dunque all'esecuzione : fu presto fatta. Poi mi si rimise sulla carretta, dove si posera le quattro bare, che non erano più vuote — quella che mi era stata destinata restava sola inutilizzata provvi- soriamente — e fu con quei morti che feci, il viaggio di ritorno alla prigione. Intanto, il decreto delta Comune sugli ostaggi impressionô un momento il governo. Mi si accordé una dilazione che non pensavo punto di sollecitare, e mi si invié a Belle-Ile, con un numéro di pri- gionieri fatti a Châtillon. Ci si trattô duramente 12 Eravamo rinchiusi nei vagoni bestiame. Per via mi uomo ebbe una congestione, entro in agonia. 1 suoi compagni chianiarono soccorso. Il treno si fermô. — Ah ! fate tlel runiore ! disse il capo del di- staccamcnto incaricato di sorvegliarci... lîisogna dire (pieste eosc ? Per rendcrci saggi, feee tirare alcuni colpi di fucile a casaccio, sul mucchio di detenuti, serrati gli uni controgli altri, che noi formavamo. Alla stazionc vicina, si scaricarono al¬ cuni cadaveri. A Belle-Ile, quando apprese chi ero, il chi- rurgo rifiutô anche di visitarmi. Le mie ferite di- ventavano d'un tratto pericolose, e brutte macchie le ricoprivano. Vi sono, fortunatamente, delle brave persone dapertutto. Un vecchio guardiano ebbe pieià di me, mi diede qualche consiglio, e, tratiandomi come poteva, cioè a caso, mi regalô di nascosto una piccola siringa c una bottiglia di glicerina. Bel le-Ile, la sua vecchia fortezza, — era il pa- radiso in confronto aile mude della cittadella di Cherbourg, dove fui bentosto spedito, sofferente senipre, perché, con quei mezzi empirici, non avevo potuto che arrestare un poco il male. A Cherbourg, 13 la mia cella era una cantina profonda, al disotto del livello d'acqua, in un'oscurità compléta. Pas- sarono dei mesi crudeli, in cui ero corne se- parato dal tnondo. Bisognava che avessi un tempe- ramento forte, per essere ancora del numéro dei viventi, quando si venne a levarmi di là per es¬ sere, decisamente, rinviato a \'ersailles, dove do- vevo essere giudicato, questa volta da un consiglio di guerra. La luce mi abbaglio. Mi tenevo a pena in piedi, ero in uno stato di estrema debolezza. Nella corte, un maresciallo d'alloggio di gen- darmeria (non ho avuta fortuna coi gendarmi !) mi si avvicinô per mettermi le manette. Egli strinse, strinse cosi forte, nella speranza, credo, di strap- parmi un grido di dolore, a cui si rifiutava la mia fierezza di vinto, che il viso mi divenne paonazzo. Un ufficiale aveva assistito a questa scena. In- tervenne forse a tempo, perché mi sentivo mancare. Ordinô a questo uomo di allentare i legacci e parve provare una specie di vergogna di questa stupida ferocia. Mi disse molto cortesemente, e molto ge- nerosamente, con un accento di tristezza che non ho dimenticato : — Signore, non crediate che si approvino queste brutalità in tilt ta l'arniata. 14 X A Versailles, mi ova condanna capitale, in una se- duta dove il présidente parve non avere che uno scopo, impedirmi di raccontare la morte di Flourens ; e, aspettando la sanzione, detenzione alia caserma di Noailles, con altri condannati a morte, Bourgeois, Herpin-Lacroix, il quale rifugiatosi nel Belgio, era ve- nuto a costituirsi perché un altro non fosse accusato al suo posto, Verdaguer. Ouesti due ultimi erano stati condannati per participazione all'assassinio dei generali Clément-Thomas e Lecomte, benchè fosse niaterialmente stabilito clie essi avessero cercato di salvarli. Avevanto un vecchio guardiano che non cessava di gridare e sacramentare, ma che era il miglior uomo di questo mondo. Erastufodi tutte le atrocità che aveva visto, e, non avendo più che alcuni mesi di gridare da fare per ottenere la pensione, teneva solamente a finirli con buone note. II suo zelo aveva l'aria terribile, in presenza degli ufficiali di ronda. In fondo aveva grande pietà di noi, di quegli uo- miui giovani e forti dei quali i giorni erano contati. Ouando la visita regolamentare era passata, borbot- tava ancora, per abitudine, ma la sua vecchia figura di soldataccio prendeva un'espressione cordiale, e ci diceva : 15 — Ora, passatevela ragazzi, ma non fatemi avere noie ! Era l'unica maniera, colla quale poteva esercitarsi la sua carità. Un mattino di novembre, all'alba, allorquando eravamo ancora a letto, il nostra guardiano entra nella nostra camera. Faceva sforzi visibili per dissi- mulare la sua emozione, e, contrariamente all'or- dinario, non bestemmiava come un diavolo. Mise molto dolcemente la mano sulla spalladi Bour¬ geois, che svegliô : — Vi si cerca, disse egli... vestitevi... E per cambiare di prigione. Un'inquietudine ci prese tutti alla gola. Bour¬ geois, molto calmo, si vesti. Domando solamente : — Dove mi si conduce? Gli sguardi del vecchio guardiano evitarono i suoi. — Non so, disse egli... Sembra solamente, che si abbandoni la caserma intiera alia truppa. Bourgeois ci abbracciô tutti, gli facemino giuraredi trovare mezzi per darci sue notizie e parti. Uno stesso presentimento si era impadronito di noi : non volevamo confessarci i nostri pensieri, ma non fummo capaci di vincere la nostra tristezza. II buon uomo fu quasi invisibile, in quel giorno. 16 Non feec, nella camera cheledueo trc apparizîoni nccessarie, c, siccomc cercavamo d'interrogarlo, se ne sollrasse : — I miei ragazzi, ci rispondeva, sono O«upato... oggi... Ho un'ispczione. Quel silcnzio non era di buon augurio. Il giorno dopo, durante l'ora dell'aria -nel cortile, una buona donna che vendeva ai prigionieri qualche piccola ghiottoneria, e délia quale non ero cliente, per la ra- gione che non avevo un soldo, mi fece segno d'av- vicinarmele. E, siccome un sorvegliante passava in quel momcnto, mi disse : — Ecco il prosciutto che mi avete pagato ieri. Sorpreso nel momento, non m'accorsi che la por- zione era involta in un grande pezzo di giornale. La ringraziai brevemente, e attesi con pazienza il momento di leggere quel brano di carta stampata, che essa non m'aveva rimesso evidentemente senza ragionc. Era, dalla parte di questa umile, che non poteva nulla, questa forma di pietà che si presentava, per mancaoza di meglio, sotto alla forma d'un avvertimento. Quel brano di giornale conteneva il racconto dell'esecuzione di Bourgeois. Isa nostra volta, non mancava di venire quanto prima. 17 La sera, quando il nostro guardiano entrô, gli domandammo, poichè egli ci testimoniava un pô d'umanità, di renderci l'ultimo servizio di avvertirci alla vigilia délia nostra esecuzione, di non usarci sotterfugi superflui corne aveva creduto dover pren- dere con Bourgeois. — Corne!... lo sapetel... — Si, lo sappiamo... — Ma in quai modo ? — È cosa che ci riguarda. — Io che volevo nascondervi ciô più che potevo ! Uno di noi riprese : — Vediamo, noi siamo degli uomini... Noi ab- biamo fatto il sacrificio délia nostra vita... Ma vor- remmo essere prevenuti un poco prima del momento decisivo... Si à bisogno, voi lo comprendete, di fare un piccolo esame con sè stessi, per renderci anche conto di essere sicuri di sè... Il vecchio guardiano alzô tristemente il capo. — Ma, miei poveri ragazzi, si è che non sono più informato di voi... — Perô, voi avete bene qualche indizio... — Ebbene, ecco tutto quello che posso dirvi... Al di sopra di voi, vi è una camerata di gendarmi. Se, poco prima di mezzanotte (perché non si dà 18 loro l'ordine che a qucll'ora) voi udite del rumore, là in alto, vuol dire che vi c... del pericolo... Era mollo abbattuto, il buon uomo, addolorato di tutte quelle cose tragiche. Mormorô : — Vi voglio bene, io... voi siete dei buoni gio- vani... So bene che non siete cattivi... Che diavolo avete fatto in tuttc quelle istoric della Comune ! Due notti passarono nclla calma. Certo, posso dirlo, e Pavvenimento l'a provato, non eravamo dei vili Nondimeno verso mezzanotte, ci accor- gevamo che eravamo svegli, che stavamo in orecchi, che attendevamo. L'indwgio abituale era passato per noi ed eravamo alla mercè d'una subitanea decisione. La terza notte, avemmo siibito la sensazione d'un grande scômpiglio, al disopra delle nostre teste. L'ora era venuta. Lo credereste voi ? Fra quegli uomini, che non avevano piit che qualche ora da vivere, vi erano dei dissentimenti profundi che sussistevano. \'erdaguer e Herpin-Lacroix si erano imbronciati in prigione, in seguito a discussioni politiche, separati da pic- cole differenze che avevano una curiosa vanità, sulla soglia délia morte ! Tutti e due erano uomini di coraggio e di earattere, non pertanto... 13 Mi ricorderô sempre di quegli ultimi istanti, quarido cosi vicino alia fine! mi sforzavo di riconci- liarli, di quella ultima conversazione tra loro, nella notte di giàavanzata, di quelle obiezioni che solleva- vano quegli agonizzanti, come se ogni minuto non avesse divorato ciô che loro restava d'esistenza. Non fu che dopo molto che ottenni che si ab- bracciassero fraternamente. Allora, l'ora comin- ciando ad avvicinarsi, ci facemmo gli ultimi saluti, e, con una matita, che ci prestavamo successivamente, scrivemmo ciascuno, sopra a pessimi pezzi di carta, qualche parola all'indirizzo dei nostri parenti. Era- vamo sicuri di noi, lo constatavamo non senza fierezza. II sacrificio essendo fatto, sentivamo in noi lo stesso, in quel momento una certa tranquillité di spirito. , Si ha, in quei momenti, un'incredibile finezza di percezione ; sentivamo, malgrado la lontananza i gendarmi mettersi in rango davanti alia prigione, le porte aprirsi, l'andare e venire del personale. II nostra guardiano ci trovô tutti vestiti e pronti. Egli era agitato, e non usô il più piccolo artificio. Miei poveri ragazzi ! ripeteva egli... miei poveri ragazzi... Ci strinse le mani con una rude tenerezza, e, prima che noi avessimo avuto il tempo di formulare 20 alcun desiderio, egli indovino il nostro ultimo voto : St, portero le vostre lettere... esse saranrto re- capitate... siate tranquilli... Herpin-Lacroix ed io, ci trovavamo per caso, i primi sulla soglia del corridoio, Verdaguer ci se- guiva ad un passo. L'uomo mi fermo dolcemente per un braccio : — No, non voi... — Perché ? dissi io con grande sorpresa. — Non so... voi non siete sulla lista d'oggi. Ebbene vi assicuro che provai un grande rin- crescimento... Perché ci si separava nella morte ? Ebbi come una specie di vergogna in faccia ai miei camerati, e fintanto che mi avessero conosciuto la paura che un sospetto traversasse la loro mente... Questa dilazione che mi si accordava mi sembrava ingiuriosa. 1 miei amici compresero senza dubbio quello che passava in me. Mi abbracciarono con suprema cor- dialità, ed io restai solo, veramente accasciato, que¬ sta volta, nelPorrore di questa separazione... X Quindici giorni piii tardi, senza che avessi fir- mato alcun ricorso di grazia (mi sarei, credo, piut- tosto fatto tagliare le mani!) appresi la commuta- zione délia mia pena, e fui mandato all'isola del Ré. 21 Da un anno, conducevo una vita che non mi aveva dato una fiorente salute. Le mie ferite mi face- vano sempre soffrire, e non riuscivo a ristabilirmi. Conservo un riconoscente ricordo dell'umanità, d'un eccellente medico di marina il D.r Baudoin, che vo- leva non riconoscere in me che un malato, senza preoccuparsi delle mie opinioni, nè delle sue. — La cassa è ancora buona, mi diceva, sorri- dendo, ma oh ! à ricevuto delle avarie. Non biso- gnerebbe che vi si imbarcasse troppo presto... E il bravo medico cercava di sottrarmi al numéro dei condannati che dovevono fare parte del primo convoglio. Ma non aveva che un credito meschino, in ragione dei pochi galloni che portava al disopra dei paramenti di velluto rosso della sua manica. Il giorno venne in cui dovette presentarmi alia visita di uno dei suoi superiori, il quale era tutt'altro uomo. Il D.r Baudoin mise' avanti, quando venne il mio turno, che ero molto debole, che avevo an¬ cora bisogno di qualche cura — Voi fate un pô troppo sentimento con questi vermi, mio caro ! rispose il medico in capo. E aggiunse designandomi : — Buono pei pescicani ! Quell'altro giorno, eravamo quattrocento poveri 22 diavoli imbarcati sopra un vecchio trasporto, avente per ironia, un nome mitologico sorridente e fastoso. II comandante, per nostra disgrazia, era un vec¬ chio realista, che spingeva, fino ad una specie di follia, l'odio ai rivoluzionari.... Voi sapete d'aitronde che, in quel momento, si poteva credere ad un pros- simo ritorno della monarchia.... Quei Parigini, che avevano avuta 1'audacia di sognare un tutt'altro stato di cose, e di battersi per la loro fede, gli sem- bravano specie di mostri, appartenenti appena al- l'umanità. Quando penso a tutto ciô, voglio, oggigiorno, sperare, per cercare una scusa alia sua crudeltà, che il suo piccolo cervello non fosse confezionato come i cervelli ordinari e che certe concezioni non vi potessero entrare. Si pub essere cattivi, semplice- mente per essere cattivi?... Si, evidentemente, egli ci considerava come esseri eccezionali, non aventi nulla di comune con quclli nei quali si era imbat- tuto fino allora. Sul ponte del vascello, ci si passu in rivista. Ob- bedivo macchinalmente, in uno di quei niomenti, in cui il pensiero sembra spento, guardando il mare grigio, seguendo 1 'eterno movimento delle onde formantisi chetamente, ingrossantisi, poi frangentisi. Non prestavo alcuna attenzione, lo confesso, ad un 23 arringa banale che ci annunciava un regime di ri- gore. Sùbito intesi chiamarmi per nome. Con qualche lentezza, mi présentai. — Ah ! disse il comandante, siete voi, quel fa- moso bandito! Compresi, rientrando in me, sortendo dalla spe¬ cie di stato di torpore al quale mi lasciavo andare, che il comandante cercava di provocare malumori per giustificare le misure violenti che voleva pren- dere fin dal principio. Mi contenni, per non dan- neggiare i miei camerati e risposi semplicemente : — Bandito o no, sono io ! Che cercate da me? — Ah! voi fate il gradasso, mio gagliardo! Non sono stato mai paziente, lo confesso , ma necessitava per il bene di tutti che conservassi un'ap- parenza di calma. Mi limitai ad alzare le spalle. Quel disgraziato, perché lo compiango quasi, ora, come compiango tutti quelli che commettono un atto vile, mi copri d'ingiurie. Per quanto cercassi di restate padrone di me, alia fine non potei, subire docilmente quelle ingiurie. P'eci un passo verso lui, e gli dissi : — Signore, voi siete un vigliacco. Divenne cremisî, aprendo un istante la bocca senza potere pronunziare una parola, tanto era stupefatto. Un vinto che teneva alia sua mercè, osante mal- 24 grado la sua impotenza, avere coscienza della sua dignità!... Inline, quello che sorti, non senza pena, dalle sue labbra frementi, fu un ordine : — In fondo alia stiva! II supplizio che soffersi per quarantacinque giorni, credete, è inesprimibile. Ero incatenato ai piedi in uno spazio cosi ristretto che non potevo muo- vermi. Il caldo, a misura che avanzavamo, diveniva più spaventevole ; non avevo aria, vi erano momenti in cui il respiro mi mancava, e rantolavo. Ah! la sete, l'orrore della sete ! Mi si portava ogni mat- tina, un quarto d'acqua. Malgrado, tutti i ragiona- menti che facevo, non potevo impedirmi di berla immediatamente, coll'avidità di una bestia ferita. Ma che cosa era il ristoro d'un minuto per il mio disgraziato corpo bruciato dalla febbre ! E il resto del giorno e della notte, in quella segreta che sem- brava incendiata, quando arrivammo sotto i tropici, io ansavo... Invano cercavo di appiccicare la lingua disseccata sulle palle di ferro della catena che avevo ai piedi, cercando disperatamente una sensazione di frescura... \'i erano dei minuti, in cui per quanto inutile sapessi fosse questo appello, non potevo 25 fare a meno di gridare : « Da bere, da bere! » Non avevo più altro pensiero, in quelle notti in cui si ottenebrava a poco a poco la mia intelligenza, che quello di cercare di calmare la mia sete... Tentai di bere la mia urina, ma — scusate questo det- taglio realista — non ne avevo quasi più. Era la più abbominevole morte lenta, e non so ancora come abbia potuto resistere. D'altronde, non era più che una sola piaga... E poi, nulla, non sapevo più nulla di quello che accadeva. Non intendevo che il flut- tuare delle onde. Non si poteva meglio murare un uomo. Una mattina, non mi ricordo per quale ragione, invece di un marinaio, fu un detenuto di fazione che fu incaricato di portarmi, la mia miserabile goccia d'acqua. Quando mi scorse, getto un grido di pietà. Mi credeva buttato in mare, da molto tempo, e il rumore per la mia fine, difatti, si era sparso inten- zionalmente fra i miei vecchi compagni. Nella gior- nata ; pervenne ad introdursi vicino a me, ed a dirmi rapidamente qualche parola di speranza. Aveva raccontato ai camerati, quello che aveva visto, e i deportati, sebbene fossero trattati con brutalità, si erano riuniti in conciliaboli minaccianti. 26 Un soflîo di rivolta brontolava. Essi che si rasse- gnavano a tutto, esigettero, a dispctto dei cannoni appun'ati contro essi, che fossi fatto rimontare alla luce. Una rivolta a bordo, cio nota maie ad un comandante. Jn quel tempo, non era nulla aver fatto fucilare qualche individuo, e si poteva anche esservene grati. Ma una ribellione indicava dell'imprevidenza, cio poteva dare luogo ad un'in- chiesta, a storie spiacevoli... Il grande capo ebbe paura di compromettere la carriera, e, sacramentando, cedè a quel sommovimento dell'opinione che si disegnava, imperioso, venisse esso da miserabili con- dannati. Poteva rifarsene in dettaglio. E, difattî, colui che aveva rivelato la mia situazione fu prima di ogni altra cosa messo ai ferri. Il comandante, accompagnato da un luogote- nente di vascello, discese dunquc nella mia segreta. Egli simulava gcnerosità. Ma risentiva sopratutto un'acre collera che io avessi resistito a tali'tratta- menti. Non seppe dissimularla. — Sei domato ora canaglia? mi disse. Certo, non ero più quasi, allora, che un ago- nizzante, ma ritrovai, a queste parole, tutto quello che mi resta va di fierezza. Risposi : 27 — No. In quai modo quest'uomo, ufficiale, dovente avere il sentimento dell'onore, copri egli il povero diavolo che ero, rassomigliante più ad un'ombra chead un vivente, d'abbominevoli ingiurie? Era odio- so. Per quanto debole fossi, quegli oltraggi mi scon- volsero, tanto erano miserevoli, nella mia angoscia. Volli sputargli in viso, ma non avevo piii sa¬ liva ; mi morsi le labbra e furono alcune gocce di sangue che lo sporcarono. Allora, verde di una sordida rabbia, diede l'or- dine di lasciarmi morire nel mio ripostiglio. II luogotenente di vascello ebbe il coraggio di prote- stare. Era pochissimo sospetto di tenerezza per la nostra causa, ma era un buon Francese al quale ripugnava tutto quello che non era leale. S'indigna generosamente; dichiaro che non si aveva il diritto di fare subire un tale supplizio ad un essere umano qualunque egli fosse. Il comandante borbottô tra i denti e non osô mantenere il suo ordine. Mi si porto fino alia batteria, ove svenni, soffocato dall'aria e dalla luce. Non ero più che uno scheletro. 28 II medico di bordo, burbero in apparenza non aveva punto il cuore duro. Mi vide e non nascose la sua vergogna che simili trattamenti, fossero po- tuti essere imposti sovra una nave dello Stato. Mi fece conduire all'infermeria. Una decisione formale, c scritta, dal comandante, me ne fece sortire. Allora, il medico preso dalla pietà, non paven- tando, per fare il suo dovere, i fulmini gerarchici, mi euro, nella batteria, da quel bravo uomo che era. 1 miei compagni mi assistevano del loro meglio, e, per una tacita connivenza con lui, fu convenuto che ciascuno d'essi, alla sua volta, si farebbe passare per malato, per darmi i medicamenti uffi- cialmente accordati. Era una cosa commovente questa carità di brave persone che ne avrebbero anche avuto bisogno per essi stessi, anemici, sfi- niti corne erano, dei medicamenti dei quali mi facevano dono. Il comandante apprese questi pii sotterfugi, puni il medico, puni i detenuti, e esasperato dell'auda- cia che avevo di vivere ancora, ideô contro noi, durante gli ultimi giorni délia traversata, misure barbare incredibili. 1 miei camerati pagavano ca- ramente l'affezione che mi avevano testimoniaux 29 X In seguito ? In seguito, fu la deportazione in con- dizioni implacabili, in principio... Ed io, credete, ero perseguitato da un'idea fissa. Ouanto durerebbe questo esilio, non lo sapevo ; ma quello che sapevo, era che, un giorno qualunque fosse, dovessero pas- sare degli anni, castigherei quel carnefice, e che la mia giustizia lo colpirebbe senza grazia. Facevo naturalmente sogni d'evasione, io pure. Ma era necessario del denaro. Mi privavo di tutto (ero trenato aile privazioni !) vendevo il mio pane per ammassare pazientemente qualche soldo, man- giavo dei sorci ai quali avevo fatto la caccia, mi ricusavo il necessario. Che cosa m'importava, se l'ora doveva venire, in cui, in nome di quelli che aveva vilmente torturati, potevo una volta, ma apertamente, a faccia, a faccia, uomo contro uorno stringere la gola all'iniquo. Gli anni passarono ; l'occasione di fuggire non venne. Bisognô — oh, cosi lungamente! — attendere l'amnistia. Quegli anni, i cui giorni erano stati in- terminabili, non avevano calmato la mia volontà di vendicarmi ; non avevano fatto che esaltarla... Non un minuto avevo cessato di pensarvi. E venne la traversata per il ritorno, e Brest ap- pariva alfine ! Un amico — che doveva essere uc- 30 ciso in Africa alcuni anni dopo — mi attendeva alio sbarco, prodigandomi le cure le piii cordiali ! Ma ero preoccupato, distratto nervoso. — Che ài dunque ? mi domandô. — Nulla. — Tu non ài l'aria contenta di trovarti libero. — Si... Solamente, prima di tutto, ho un indi- cazione da domandare aU'Ammiragliato. Mi ci feci condurre. Mi si rimandô da un uffîcio all'altro. Potei infine indirizzarmi ad un cancelliere. — 11 comandante*** di***? gli domandai, cer- cando di dissimulare, la mia aspra curiosità. Che ne è divenuto? Dove si trova? Il cancelliere cercô in un registro, poi in un altro, ed io seguivo anelando, i suoi movimenti. Egli leggeva, aiutandosi colla mano, seguendo le finche délia colonna. — Ah ! fece egli, ecco il nome in questione. — Ebbene? — 11 comandante è morto, tre anni fa... 11 mio essere tutto intero si era in tal modo teso che venni meno d'un tratto, tanto l'ansia era profonda. Caddi sopra una panca, impallidendo, e grosse lacrime mi vennero agli occhi... Avevo tutto previsto, all'infuori di questa cosa semplice, 31 la morte strappante il mio nemico aile mie rappre- saglie. E restai schiacciato dalla mia impotenza. L'uomo alzo la testa con qualche noia. Egli prese per rimpianto quello che non era che lo stu- pore délia mia vendetta perduta. — In fede, Signore, disse... Se avessi saputo che era vostro parente, vi avrei annunziato la cosa meno aspramente... Ma conte avrebbe egli potuto dubitare dell'uso che avevo risoluto di fare délia sua indicazione che, categoricamente, aboliva ora questa espiazione alla quale avevo per lungo tempo sognato. Ecco la storia délia sola vendetta da cui sono stato posseduto : essa abort! pietosamente... Ciô è stato forse meglio! X E se, qualche volta, durante il racconto, fatto pittorescamente, d'una voce calda, con gesti espres- sivi, l'occhio si è acceso al ricordo delle ore violenti d'altri tempi, quell'ultima parola fu pronunciata con dolcezza. Il vecchio rivoluzionario, che ebbe i suoi momenti feroci, che fu senza paura, di cui tante cicatrici dicono le avventure, riprese d'un tratto, nella calma del suo viso leonino, l'espres- sione sua abituale di forza leale e sincera... E penso che quest'uonto, tante volte proscritto e condannato 32 per avere tentato di demolire 1'edificio del vecchio niondo, è lo stesso che, durante la guerra dei Greci contro i Turchi, porto tre giorni in braccio, con infinita tcnerezza, una piccola bambina cieca, che dei contadini, fuggendo davanti all'ininiico, avevano abbandonata in un fosso, cullandola, ap- poggiato sul suo fucile di volontario per acquie- tare il suo pianto di piccolo uccello ferito... Nel testo francese vi è una mancanza a cui è doveroso riparare. Ed è alla pagina 1 riga 9, dove si parla delle nazioni per le quali Cipriani ha combattuto, e si dimentica che egli si battè pure per la Francia. Una inesattezza si riscontra anche a pag. 10, riga 10 dove lo si dice ferito alla gamba sinistra, mentre lo fu alia destra. NOTA DEL TRADUTTORH