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J-Jsce fmalmente a luce l'Esiodo tradotto co- me il meglio io seppi e comentato ; libro annunziato da altre penne al pubblico fin dall' anno 1773. e per non so quale timidita trattenuto sernpre fra le opere inedite in- sieme con la Bucolica di Teocrito , e con Ga- VI tullo da me similmente volgarizzati . E parto di un mediocre ingegno , ma diligente ; che per mold anni e ito migliorandolo ; ed ora il produce solo per ubbidire ad un Signore di merito conosciuto fin da prim' anni , cui non seppe non compiacere . Era 1' Esiodo destinato a solennizzare le faustissime vostre nozze ; ma se piu tardo , comparisce ora piu lieto per festeggiare la nascita recente di un infante amabilissimo, che rassicura la progenie de'Giustiniani , illustre nella Storia di XV. secoli ; al quale , crescendo , non sara men che utile si fatto libro . Sappiam de' Ro- mani, che a' tempi di M. Tullio da esso in- cominciavano la prima istituzione de'fanciulli ; non trovandosi fra gli antichi altro piu adat- to ad inserire per tempo giuste massime di morale con maravigliosa chiarezza , brevita , ed eleganza . II metro, in cui e tradotto, ajuta a ritenerne i precetti a memoria ; e le co- piose note, ond'e corredato., servono ad emen- dare i pochi errori, che la superstizione vi mescolo , ed a sviluppare i semi, quasi dissi, VII di ogni scienza clie 1' accorto Scrittore vi spar- se per entro. Cos! 1'opera e ridotta, pare a me, utile , e dilettevole alia prima eta puerile ; purche da savio precettore sia instrutta. Per- cid anclie ho scelto un modo di scrivere piano 9 per quanto il libro lo permetteva, e facile; senz' ambizion di correggere, e di citare mol- ti testi greci e latini ; contentandomi di ac- cennare per lo piu i luoghi ove sono inse- riti ; affmche egli abbia il piacere di riscon- trargli e giovarsene in eta piu matura . Vi troverete piu volte biasimato il sesso donnesco , ragione per cui non parrebbe be- ne intitolato a sposi cosi felici . Ma oltreche ad un Poeta non tutto si vuol credere cio clie dice , sara per 1' uno di Voi una vera consolazione V essersi abbattuto in una don- zella , ch' e al coperto , pe' suoi egregj co- stumi ? di ogni biasimo ; e per l'altra di Voi sara un vero piacere il considerarsi immu- ne da quelle tacce , che si danno a tante e tant' altre ; e amendue godrete in vedervi adombrati in quella sentenza ( v. 702. ) che VIII 1' uomo non ha sorte migliore che trovar buona la Donna , con cui si lega . Nel resto entrando voi ora in una vita, die vi costi- tuisce padre e madre di famiglia, vi trove- rete precetti acconcissimi alia condizione vo- stra ; ed in tanto numero , che alcuni dotti han riposto il libro fra gli economici piutto- sto che fra' georgici . Gradite^ umanissimi Signori, le mie qua- lunque fatiche , e sianvi testimoni perenni del mio giubilo per la felicita chevietocca, di tramandare all' eta future le virtu delle vostre famiglie quali le riceveste dagli esimj e incomparabili genitori , ed essi da' loro avo- li celebri fin dal nascere della patria vostra. Vivete felici . DELLA VITA E OPERE DI ESIODO ASCREO. jh\ Ilia e sciagura comune di que'che vissero in Grecia prima del cominciamento delle Olimpiadi, che quasi nulla dai poste- ri se ne sappia , che non sia deformato dalla favola , o sogget- to a gravissime controversie. Delle memorie di taliUomini non erano compilate storie dai loro contemporanei ; n'era deposita- ria la fama pubblica; e cib, che male udito avea da'maggiori, peggio raccontava a'minori. Esiodo,ed Omero son di quest'epo- ca; ond' e che le notizie loro raccolte dopo lor morte non han piu fede di quel che abbiano i romanzi, se non vi entri di mez- zo la cricica a sceverare il dubbio dai certo, il vero dai falso,e, come dice Plucarco nel suoTeseo, a far che la favola ripurgata col raziocinio prenda sembianza di storia. II secolo, la pacria, il lignaggio di quegli antichi, che vis- sero in molta gloria, son cose il piii delle volte conosciutissime: ma in Omero, e in Esiodo sono alcrectanti punti di storia. Noi per ovviare ancora alia stucchevolezza consideriamo nelle an- notazioni molti di que'dubbj circa Esiodo, che son fondati nelle Opere, e nelle Giornate : giacche in questp libro, egli poeticamente , ma pur diede alcuna relazione di se, e delle co- se sue. E ordendo fin da principio si fece originario di Cuma Eolide (a): ove subito nasce questione s' e' fosse, o no parente di Omero. Lo arFerma Eforo; dicendo che Atelle, Meone, e Dio Cumani erano fratelli; de'quali Dio il padre di Esiodo, (a) Oper. v. 636. 2 passb in Ascra ; A telle morto in Curaa lascio Criseide, onde nacque Omero , non in Cuma , ma a Smirne , ove Criseide si era condotta (a): cosi Omero sarebbe nipote , non carnale, siccome parlano , di Esiodo . Taccio per ora di Proclo (b) , e della genealogia che ne tesse . Ma Eforo, il quale a giudizio di Seneca spesso e ingannaro , spesso inganna (c), non sia atteso, speciaimente ove a Cuma sua patria vuol procacciare un decoro si specioso, qual e farla autrice de'due poeti piii nobili della Gre- cian men fede merita dopo che Leone Allacio ha invincibilmen- te mostrato, che la patria di Omero fu Scio. Cosi tolta fra que- sti due la comunione della patria , svanisce ancora ogni co- munione di sangue. Piii difficile e a decidere la eta loro; e con quale inter- vallo di anni e'vivessero; questione agitatissima fra gli Antichi, come si raccoglie da Seneca, Luciano, Pausania, Sesto Empiri- co, che non si fidano di definirla (J). Alcuni, fra'quali e Ta- naquille Fevre nella Storia degli antichi Poeti, fanno Omero molto di Esiodo piii antico: Poiflrio, ed altri degli Scrittori letti da Suida (e) lo fanno anteriore di circa 100. anni, Vellejo Pater- colo (/) di cento venti, Solino (g) di centrentotto, Gio. Tzetze di 324. (/i), Catone presso M. Tullio nel Jibro da citarsi po- co appresso,di molti Secoli. Mal'opinione piu vera, e piu dai moderni seguita e che insieme vivessero, la qual e assai ben provata dal Longomontano, dall'Orsini, dal Vossio, dai Dod- wello, dal Quadrio, dal Robinson. Essi fondansi sull' autorita degli Antichi, i quali pressochc tuiti , per quanto Gellio avea letto (/'), concorrevano in questa sentenza , o che convivessero nel medesimo tempo , o che Omero fosse di poco ad Esiodo anteriore: e noi lo sappiaroo espressamente di Erodoto (k), di " (a) Vulg. Plutarchusde vita Homevi . (b) In vers. 299. (c) Natural. Quaest. Lib. VII. cap. 16. (d) Sen. ep. 89. Luc. in encomio Demosth. c. 9. Paus. in Boeot. Sex. Emp. lib. cont. Cram. p. 259. (rj"Suid. v. 'H^/oeTof . ( f) Lib. I. extremo . (g) Cap. 40. Polyhist. ih) Chil. XII. cap. 3$>p. (i) Lib. XVII. c. 21% {h f In Euterpe . 3 Varrone(a), di Cassio (6), di Plinio (c).E Plutarco(i), Filostra- to (e) , Dion Grisostomo (f), Libanio (g) non solo dicono, che vissero, ma che cantarono insiememence. S. CirilJo Alessandri- no (h) Ii fa vivere 165. anni dopo la presa di Troja , Clemente Alessandrino (z) circa a 200. anni ; e que' che segnano il tempo del Regno di Salomone, o di Roboamo, come S. Girolamo, Sincel- lo, Cedreno , Faculfo, non iscompagnano l'uno dall'altro. Ne gli scompagna il Carli, che ha facto il calcolo della eta di Ome ro, e di Esiodo riportandogli all' anno 906. avanti Gesu Cristo. Veggasi la lettera di lui al Tartarotti pag. XXXVIII. e segu. e notisi con quale felicita, e come ben combinando un luogo di antico ed un altro provi il suo assunto. All'autorita degli Antichi si aggiugne il computo astrono- mico, che su l'asserzione di Esiodo, a'cui tempi 1' Arturo na- sceva 60. giorni dopo la bruma, si asserisce, non poter essere cio awenuto, che 900. anni in circa prima dell' Era cristiana: o 953. come vuole il solo Riccioli . Ma al 900. in circa si rapporta la eta di Omero, e di Esiodo giusta la numerazione di Erodoto, e di molti de'citati autori: il qual computo dee leggersi confer- mato presso il Robinson, che fece farlo giusta il dato astronomi- co dianzi detto a Giuseppe AtweJ astronomo insigne. Aggiu- gni quelle leggi di Critica, che dallo stile di due Autori argo- mentano, che fra l'uno e 1' altro non pote correr gran tempo, le quali in Esiodo, e in Omero maravigliosamente concorrono. Aggiungasi la eta avanzata di amendue . Omero morl di 114. anni . Esiodo dovette viverne ancor piu , quando la sua vec- chiezza al par di quella di Nestore restb nella Grecia in pro- verbio (/). Adunque e troppo ragionevole il supporre, che per qualche tempo insieme si abbattessero a vivere, se non pon- [a) Ap. Gellium lib. TIL cap. II. (b) Ap. Gell. lib. XVII. cap. 21. (c) Confer librum ejus VII. cap. 16. et 1. XIV. in piaef. f.d) Symp. V. p. 6^5. (e) In Heroic, cap. 18. {{) Or. II. de Regno . (g) Lib. Apol. S^crntis . (Ii) I. li- bro contra Julianum p. II. (i) I. libro Stromatum pag. 3Sp. (Z.) V. Suidnm 4 ghiamo fra di loro una smisurata distanza di tempo, la quale e l'autorita e la ragione ci vietan di ammettere. Piu oscura cosa e a decider se Omero nascesse prima o dopo Esiodo. Ne fu questione fra gli Antichi, su la quale sap- piamo avere scritto in fra gli altri Eraclide Pontico , e nei suoi scritti aver profittato da Camaleonte (a). In questa dispu- ta la maggior parte degli Autori da 1'anteriorita ad Omero: ma non percio e decisa la lite. Quei piu, clie dicono Omero nato prima di Esiodo, sono dietro Giuseppe Ebreo tutti que'Pa- dri che considerano Omero come il primoScrittor profano,che ci rimanga. Non e perb da trasandare in proposito di loro, e dialquanti anco de'Gentili, che tenner la stessa sentenza, la ri- flespione, che dopo Sesto Empirico (b) fa Leone Allazio: Semper magna ingenia praeferuntur ; et uti priora laude, ita prima, licet posteriora aetate, judicantur (c). Senza cioavverto ilprimo, che i piu Antichi favoriscono Esiodo rammentandolo innanzi Ome- ro, come Erodoto : 'Htr/oJov x.ai "Opupov due volte (d) . Lo sces- so fanno nominando i piu antichi Poeti con quest' ordine : Or- feo , Museo , Esiodo, Omero; lo fanno io dico , Platone (e) , Ermesianatte (f) Cicerone {g) Aristo£me (Ji) ; nve lo Scolia- Ste avverte cot; Tcpum ovroe, 'Ho-idfu (jlI ' (amtcu , uti prius Homero existentis Hesiodi meminit . Ne e da sprezzar Eforo, che quan- tunqueper favorire la patria ne facesse oriundi i due gran Poeti; nondimeno fece Zio di Omero il nostro Esiodo, avendo potuto fiire il contrario: ma lo rattenne la pubblica persuasione dell'an- teriorita di Esiodo. Lo stesso dee dirsi dell'Autor del Certame fra Esiodo, e Omero, che non avria fatto il secondo pronipote del primo,se non avesse avuta la famapublica piu conforme all' anteriorita di Esiodo. La quale fu dianni quasi 30., se vale l'au-r torica de'marmi arundelliani, ch'e stimata gravissima. L'autor di essi vivuto circa un secolo dopo Eforo par persuaso della sua opi- (a) Laertlus in Heraclide . (b) Loco citato . (c) de Patria Homeri I. c. 5. (d) In Euterpe . (e) In Apolog. Socratis . (/) Ap. Athenaeum lib. XIII. pag. Spz. {g) Lib. I. de Nat. Deorum cap. 1 5. (h) In Ranis v. io65. 5 nione, scrivendo cosi; dtp « 'Ho-foSbt; ityavvi , try Th HTiAA... ove i dotcissimi Interprets del Monumenro suppliscono un A, e fanno: Ex quo Hesiodus floruit ,anni DCLXX. di poi 'Aq> £"0/uvipo<; itpctvy, '{in Th&&&&111 , Ex quo Homer us floruit, anni DCXLIII. Quest'autorita de'marmi arundelliani ignota al Petavio, chepero mise Omero mille anni in circa prima di Cristo , ha maravigliosa- mente persuasi i moderni, Robinson, il Carli, l'Arivabene, i quali o espressamente si son dichiarati per l'anterioritadi Esiodo, o han mostrato di propendere a questa sentenza. Special men- zione deggio far del Co. Zamagna, il quale nella bellissima edi- zione del suo Esiodo tradotto in latino, e publicata 1'anno 1785. si degna di annunziare questa mia opera; e per la maggior sem- plicita che. scuopre in Esiodo , e per 1' autorita de' marmi arun- delliani , inclina a crederlo anteriore ad Omero. Oppongono, che a Salmasio (a) parve Omero men colto, e per conseguenza piu antico. Rispondo, che il paragone non vuol farsi tra l'lliade, e lo Scudo d'Ercole, opera secondo Lon- gino il criticissimo, per lo meno sospetta ; ma fra l'lliade, o l'Odissea, e le Opere, e le Giornate , lavoro certo di Esiodo: e in questo alcuni presso il Vossio (6) e Giusto Lipsio nel pri- mo libro di Patercolo riconoscono in Esiodo majorem simplici- tatem, et rudiorem antiquitatem. II giudizio e si comune a'gior- ni nostri, che l'Ab. Lenglet (c) appoggiato su di esso da sen- za piu l'anzianita ad Esiodo . Sebbene , a riflettere col Fa- brizio (i) in una eta si vicina, qual comunemente si mette fra Omero, ed Esiodo, non si fa una variazione cosi grande di stile, che possa conoscersi chi sia primo, chi sia secondo. Ma, ri- pigliano alcuni e antichi, e moderni, fra'quali il Bogano (e) , il Fevre (/) , l'Osservatore britannico (g) , ed altri, sono in Esio- do alquanti versi presi , o imitati da Omero con certa servi- (a) In Solinum pag. 867. (b) De Poetis Graecis pag. II. (c) Tavol. Cronol. Tom. I. pag. 2^0. (d) BibLGr. lib. I. cap. 1 3. pag. 8?. (r) De Ho- rtiero ct Hesiodo hebraizonte in Appendice . (f) In vitis Poet. Graec. (g) Tom. II. pag. 814. 6 lita, che fa comparirlo vero emulatore di quel grand' Uomo. Ma, ripiglio io, i versi opposti chi pub dire che non sian de- rivati da qualche poeta piu antico, da cui arnendue gli abbian attinti? Chi pub dire, che non siano intrusi in Omeroistesso dal- le opere di Esiodo, o in Esiodo dalle opere di Omero? Certo so no in Omero mokissimi versi, che l'Antichita ebbe per sospetci, e 1' edizione del Villoison ce ne rende certi ; e di Esiodo pronunzia il Ruhnkenio nella seconda Lettera critica, che niun altro poeta e scato piu spesso interpolato. Chi dunque pub asserir con certez- za, se que' versi prima sieno stati nell'uno, o nell'altroPE di al- cuni mostro nelle note, che deon essere stati prima in Esiodo. Piu sottile e l'objezione del Clarke (a), il quale osserva, che Omero usando 270. volte la voce x.a-\o<; sempre ne fa lun- ga la prima sillaba ; ov' Esiodo spesso la fa anche breve: fi an- che brevi doricamente 1' estreme sillabe di Jtapag ec. che Omero avea semprer allungate: e la estrema di oV kcit^^co, Ascraeum genus hesiodum claudo. Piu di tutto mi fa forza il detto del Poeta stesso, il quale attesta di non aver fatto altro viaggio marittimo, che quello a Calcide. E quegli, che il fan di Cuma, possono spiegarsi quan- to alia origine,come quel di Properzio , che chiama Augusto: longa servator ab Alba. In Ascra dunque luogo, come osser- viam nelle note, non cosi spregievole, come par che il de- (a) Eel. IV. v. 4. Eel. VI. v. 70. (b) Lib. XITI. pag. 622. (c) V. K*>»> . (d) V. 'Ht/ocTo; ( c ) In Prooemium . (/) De Ponto lib. IV. Episc. 14. vers. 33. (g) Lib. L extremo . (7t) IIL 25. 8 scriva Esiodo, venne Dio padre di Esiodo, o fosse per omici- dio, o fosse per debito, o fosse per desiderio di migliore for- tuna; giacche queste tre sentenze han ciascuna qualche antico tutore . Quivi ammogliatosi con Picimede , generb Esiodo, e Perse; cui lascib morendo in buono stato, e da non aver bi- sogno di altrui, purche con saggia economia custodisser l'ere- dita. Un'altra eredica n' ebbe Esiodo, se io non m' inganno ; e fu un amor per le lettere, degno di essere insinuato da un che veniva dall'Asia; seppur non si dee dire, che Dio istesso avesse di quesre qualche tintura, e a! figlio la comunicasse. Certo e, che la Grecia rozza ebbe qualche principio di colturadi letcere, non dalla Etruria , come spacciano gli Ecruscisti senz'al- tro fondamento che i sogni de'lor maggiori; ma dall'Asia, e nominatamence dalla Giudea, come prova il Bogano nel dot- to libro: de Home.ro hcbraizonte , e il Mazzochj nello Spicilegio, ove tratta del creduto Orfeo, e de'suoi versi (a). Ma ebbelo per mezzo della Fenicia, di cui moke colonie furon nella Beo- zia. Quindi Esiodo pote secondo Cedreno scriver m qso/i'iKU res Phoenicum , e par da intendersi delle donne fenici che in- seri nelle sue Eee. (Z>) . Non nego perb , che dalla Grecia an- cora qualche cognizione potesse trarre; come qualche insegna- mento morale, che Piteo savio antichissimo della Grecia la- sciato avea, e ch' Esiodo ha innestato nelle sue opere (c) . Cos! parte per cognizioni estere, parte per greche giunse Esiodo a forrnarsi in testa un tesoro di notizie, per cui la Grecia gli da il titolo di a-otpoc,, come fa Platone nel IV. de Repub. , Te- mistio presso Stobeo al Serm. 119., Dione Crisostomo alia ora- zione sectima; ed altri lo accumolan d'altri elogj . Che che siasi di cib, Esiodo flnge che il suo sapere tut- to gli vcnisse dalle Muse. Era Ascra situaca alle radici dell' Elicona, luogo assai atto a'pascoli; ed Esiodo in quelle valli pascea il gregge , professione onorata anche da'figliuoli de're- (a) Pag. 1. [V) Cedren. paulo post initium . (c) Plut. in Theseo . \ v 9 gi ne' tempi eroici (a), cioe dugenc'anni innanzi. Ivi gli appar- vero le Muse , e rampognatolo dell' oziosita , gli porsero un bel ramo d'alloro, e gl'inspiraron l'arte di cantare il passato, e d'indovinare il futuro. Tanto dice Esiodo stesso (b); e dee prendersi per poetica finzione, come se un magnano dicesse di essere stato da Vulcano istruito nell'arte sua. Ma quancunque per finzione l'interpretasse e Pausania (c), e Aristide (d),e Mas- simo Tirio (e) ; molti piu mostrano, che la tennero storia , siccome Dionisio Alicarnasseo, Libanio, Celso (/), e gli al- tri che di tale credulita son da'Padri della Chiesa derisi, e bef- fati. Taccio i Valentiniani , i quali giudicavano Esiodo il Pro- feta della gentilita (g) . Sinesio racconta il fktto altramente : dice che addormentatosi Esiodo, sognb di parlar con le Mu- se (A) , e destossi poeta ; Niceforo , che le Muse gli dessero a mangiar deH'alloro (/); Alceo nell'epitafio, che gli desser bere da' sacri fonti d'EIicona (k) ; Virgilio che lo regalasser d'una sampogna, col cui suono traesse le querce (/) . Ne questo solo: ma di cosi poco seme , come il Casaubono rirlette (m) , nacque una messe copiosissima di favole, di cui i buoni Poeti, e piu spesso i cattivi, fecero uso nei loro componimenti. Anco il Ci- terone, e il Parnaso divenner sedi delle Muse, perche all'Eli- cona vicinij l'lppocrene, 1' Aganippe, quanti fonti, o flumi so- no per que'paesi divennero prodigiosi a formar poeti; ognuno, che sapesse far versi gloriavasi di aver sognato in quegli antri ; ogni alloro gustato potea formare un poeta; ogni pastore era allievo delle Muse in poesia . Omero non ne fece mai motto , o che sdegnasse cose si nuove, o che non le avesse udite. Esio- do ne disse il poco che abbiam contato; e di quel poco nacque (a) Homer. Odys. XIII. 223. (b) Theogon. v. 22. (c) Pag. 689. (d) Paneg. Romae p. 398. (e) Dissert. XXI. ( f ) Dion. Hal. de Panegyr. Liban. pag. 348. Celsus ap. Orig. contra eundem lib. II. («) Nat. Alex. torn. V. pag. 1 3. (h) Synes.de insomniis pag. i36. edit. Petavianae . (£) Niceph. Comment, in Synes. pag. 32 1 . (k) Alcaeus Antholog. lib. III. cap. 25. (Z) Virg. eel. VI. v. ?o. (;n) Casaub. in prolog. Persii. 2 IO il molto, che i posteri finser di lui; il moltissimo, che finser di alcri. Cos! e avvenuto di altre favole , che semplicissime da principio, a poco a poco crebbero a dismisura. Qualunque fosse la scienza di Esiodo, e comunque acqui- stata, nulla gli giovo nella lite ch'ebbe con Perse suo fratello, il quale, morto il Padre, con donativi guadagno i giudici, sic- che gran parte dell' ereclita toccasse a lui in pregiudizio del Poe- ta . Egli se ne querela nella favola del rosignuolo afferrato dallo Sparviere, di che noi a suo luogo. Qui a decoro di Esio- do direrno, che non lascio di ajutare il Fratello comunque in- grato, comunque discolo, e con le sostanze, e co'consigli; al qual fine compose il libro dell'Opere. Ebbe pur molestie da un tal Cercope, che fu quasi il suo Zoilo, sprezzato perb da Tommaso Maestro, quasi un Marsia, che vuol dar briga ad A.pollo (a). E v rammentato ancor con disprezzo da Laerzio (b) . Sebbene io non so persuadermi , che fosse si da poco un Uomo, di cui dubitavasi da' Grammatici, che fosse autor dell'Egimio, recato da molti ad Esiodo (c) . Cio che pote opporsi al nostro Poeta fu una cosa sola; cioe ch'egli non sapesse suonar la ce- tra ; motivo per cui presentatosi a'giuochi Pizj ne fu esclu- so (i) . Suo costume fu cantar tenendo in mano un bastone,_ o ramo di alloro; il quale se spogliato di fronde diceasi pa'/S/o?, a cui aggiunto pJti , si chiamasser quasi pct/3JpJoi que' che can- tavano con esso; vestito di frondi diceasi xAai??, come divisa il Bonarruoti (e). E tanto fu proprio d' Esiodo questo ramo, che con esso in mano lo effigiavano sempre i pittori, e gli scultori; sicche Pausania disapprova una statua di lui, che in vece del ramo teneva in mano una cetra (/) . Col ramo dunque presentavasi alle feste, nelle quali sole- va cantarsi a prova; il qual esercizio, utilissimo alia gioventii, vuolsi da alcuni, che cominciasse in Grecia a' tempi d' Esiodo. (a) In Argum. Ranarum Aristophanis . {b) In Vita Socratis p. 44. (c) Athe- naeilib. XI. pag. 5o3. (d) Pausan. pag.620. ( e ) Vetri pag. 221. (/) Pag. 585. 1 1 E v fama, che con Omero gareggiasse in Delo, di che siallega un frammento troppo sospetco (a) . L'anonimo autor del contrasto fra Esiodo, e Omero gli fa anco competere in Aulide; notizia similmente incerta, perche ci vien da Iui forse solo. Piu ragio- nevole e il credere, che cib avvenisse nell'esequie di Alcida- mante in Calcide, il quale essendo Re di quella Citta, e di tut- ta Eubea, oggidi Negroponte, voile assalir gli Eretriesi con flot- ta navale, e combatcendo ivi mori. Gannittore figliuolo di lui, e successore fece bandir giuochi funebri, e premj solenni per le sue esequie; ove infra gli altri dandosi Juogo a'poeci di con- correre , dicono che Omero, ed Esiodo gareggiassero in cantare aprova. Cosi racconta Plurarco (b) , Filostraco (c), Temistio (d), Libanio (e) , Gio. Tzetze (/) citati dal Fabrizio, il quale in vi- sta di si bel numero di antichi non osa negare il fatto (g) , sic- come pure fan Dodwello (/i),il Quadrio (/), il Robinson (£), che soli cito, perche la questione esaminarono a fondo,eil lor vo- to e di sommo peso. Quanto alle circostanze essi non le garan- tiscono almeno tutte ; essendo dagli autori raccontate diversa- mente . E in prima Tzetze vuole ch' Esiodo non si cimentasse col grande Omero, ma con Omero Focense figliuolo di Eufo- rione distante per ben quattro Secoli da Omero il grande : la qual sentenza, comecche paja probabile al P. Politi nel proemio del suo Eustazio , in vigor delle cose gia dette non puo ammet- tersi. Altre circostanze si trovano, compendiate nel libro, che hapertitolo: 'O^w'py , ^ 'H). Ma il tripode conservavasi fino a' tempi di Pausania (c); 1' iscri- zione non gik; altrimenti egli non avria detto , che dopo ave- re investigato con diligenza molta il vero su la eta de' due Poe- ti, non gli era riuscito di trovar cosa, onde decider la questio- ne. Bene dunque giudico il Salmasio (d), che quel titolo sia ope- ra di qualche ammiratore di Esiodo . Sopravvisse il Poeta a questa gara alquanti anni, come rac- cogliesi dal libro de'Lavori, e delle Giornate , in cui senza no- minar Omero, ne fa menzione. L'Anonimo peio, che descrisse il Certame, e Tzetze lo trasportan subito per mare in Delfo (a) Lib. III. cap. n. (c) Paus. in Boeot. pag. 585. et 588- (6) 'Hy/oJo ? M»Va nxrirai; gi> XaXx/J/ Siiov "Oftn^ov. Anthol. III. 2?. *4 a consultare l*Oracolo. S. Girolamo sembra aver avuta la me- desima persuasione, quando alludendo certamente al canto di Calcide cosi scrisse: Hesiodus , Stesicorus , Simonides , grandes nam, cycneum nescio quid, et solito dulcius vicina morte cecine- runt . Piu verisimile e, ch'egli da Ascra passasse in Delfo, luo- go, ch'era in venerazione a tutto il Mondo ; e che ivi secondo il costume chiedesse l'Oracolo. E l'ebbe, dice anche Tucidide grave , e verace istorico;e fu, che si guardasse daNemea, che ivi si apprestava il fine alia sua vita . Tanto dice Tucidide (a) ; e l'Anonimo ancora, il quale recitando l'oracolo, specifica anche piu il luogo A/o\ Ni/u'Ja cLXo~o<;, Jovis Nemaei lucum; il che Tu- cidide esprime pure in altra maniera : bi> •» Aioc, w Ns^e/a ra> /gp£ : in Jovis Nemaei delubro. Esiodo,udito l'Oracolo, si guardo dall' andare in Nemea del Peloponneso, ov'era tempio,e bosco sa- cro a Giove; ma non riflette, che nella Locride v'era la pic- ciola Citta d'Enoe, o Eneone, come la chiama Tucidide, la qua- le aveva l'istesso nome , per quanto dichiara Tzetze ; i^ctkeiio Si w 'Oipovi Atos Nefjieix hpov. Vi venne dunque sicuro parecchi anni , secondo me , dopo il canto di Calcide ; ed alloggib presso Gannittore suo ospite , e padre di Ctimeno, e di An- tifo, per nominargli coi nomi, che danno loro Eratostene (b), Pausania (c), Plutarco (i), e Suida (e): quantunque l'autordel Certame , e Tzetze al padre dicano Feseo J' uno, Fegeo Pal- tro; a'figli Gannittore, e Amfifone. In questo mezzo tempo av- venne, che una figliuola dell' Ospite, detta Ctemene fu violata: del qual delitto fu incolpato Esiodo, come contr'ogni apparen- za di vero affermano alcuni presso Pausania al citato luogo, non riflettendo che la buona morale, che spicca in ogni pagina del Poeta, lo mette al coperto d'ogni tale impostura. Piu verisimile si e, che l'autor dello stypro fosse Demode, compagno di viag- gio d' Esiodo ; e che al piu il buon vecchio desse consiglio, e (a) Histor. lib. III. pag. 23S. (b) Ap. auctorem Certaminis . (c) Pag. 58) Paus. et Plutarch. 1. c. (c) Erarost. ap. Auct. Certaminis. (d) Plutarch. Item auctor Cevtaminis. (e) Ap. eundem . (/) Ap. eund. (g) Ap. eund. (7i) Pag. 589. {i) In Conv. Sapient, (it) P. 969. (Z) Onomast. lib. V. cap. 5. i6 morire sventuratamente. II Barnes nella vita di Euripide ne tes- se il catalogo, che io credo di far cosa grata al lettore se lo ri- produco variato di poco. Cominciando da' piu antichi, Orfeo inori lacerato in brani , Museo percosso da Alcide, Esiodo di ferro, Omero di fame, Anacreonte, e Sofocle d' un acino d' uva, Empedocle del fuoco etneo, Archiloco ucciso dagli assassini, Euripide sbranato da'cani, Licofrone di saetta , Teocrito di laccio , Terenzio di naufragio, Cornelio Gallo della sua spada, Lucrezio della stessa morte, Ovidio,e alcunigli annetton Proper- zio, rilegato da Augusto, Seneca e Lucano svenati da Nerone. Ai quali se aggiungasi Dante cacciato in esilio , e i Poeti delle recenti nazioni d' Europa, morti sgraziatamente , il catalogo potrebbe aumentarsi non poco. Lascib oltre il fratello, che Sui- da annovera tra i poeti , Mnasea suo flgliuolo (a) . Filocoro ed Aristotile vi aggiungono Stesicoro (b) natogli da Climene, o Archiepe; che altri credon moglie di Esiodo (c) ; ma la patria, e la eta di questo Poeta ci vietano di dar fede a tale sentenza. Per continuare il filo della interrotta narrazione , Esiodo per la sua celebrita fu dai Locresi pianto, e nel territorio di Naupatto non molto Iungi ad Enoe , o Eneone sepolto . Qui Proclo (d) da una notizia interessantissima dedotta da Aristo- tile nella descrizione della llepubblica degli Orcomenj ; ma la riferisce in guisa, che senza il sussidio di Pausania non s' in- tende pienamente (e). Narra dunque, che in Ascra entrarono i Tespiensi, popoli assai vicini ; e che misero a fil di spada quanti degli Ascrei poteron trovarvi. Una parte perb di loro si rifugio presso gliOrcomenii Minii, popolo inclito di Beozia, diverso dagli Orcomenj d' Arcadia. Quivi sorta una terribile pestilenza, mandarono per rimedio a consultare 1' oracolo di Apollo Delfico; il quale per mezzo della sua Pizia rispose, che 1* unico modo di liberarsene saria stato toglier dalla campa- (a) Procl. et Tzetz. ad vers. Operum 2^1. (b) Ap. Scholiastas . (c) Gyraldi in vita Hesiodi. (d) Ad v. Operum 640. (e) Lib. IX. pag. 600. n gna di Naupatto l'ossa d'Esiodo, e traportarlc in Orcomeno: il luogo dove giaceano sarebbe loro additaco da una cornacchia. Gl' inviati tornando a casa, e passando da Naupatto, ov'era gia ito in dimenticauza il luogo del sepolcro di Esiodo, trova- rono una cornacchia posata sopra di un sasso. Sotto il quale guatando vider 1' ossa di Esiodo indicate loro da un epigram- ma (a), che tradotto qui riferiremmo, se vero fosse. Ma vi son nominati i Minii, cioe gli Orcomenj , e Pausania lo ascrive a Cherse lor cittadino e poeta: senza nome, e alterato alquanto si ha nel III. libro dell' Antologia greca. Or io lo credo piuttosto messo dagli Orcomenj, che nella gran citta loro avean due tom- be veneratissime, quella di Minia autor della nazione, e questa di Esiodo. In luogo dunque di questo epigramma malconcio citeremo un altro epigramma dell' Antologia (b) , che in nostra lingua suona cosi : parla il sepolcro . // grand' Esiodo Ascreo chiuder mi vanto, Corona della Grecia, onor del canto. Alia tomba pure dagli Orcomenj avuta dopo quella di Nau- patto, e alia vecchiezza d'Esiodo, e a quel proverbio JV^ 7rouSz<; 01 yipovise,, bis pueri senes , allude un bell' epigramma, che Sui- da ascrive a Pindaro; ed e questo (c). Xoupz Si$ y/3v{). Sopra lui era scritto un poema epico da Euforione, intitolato /' Esio- do , citato da Suida, e pieno, come vuol credersi, di titoli da tenerlo cosa piii che umana . Socrate (c) riguardavalo come am- messo al ruolo de'Semidei, e fra coloro, che doveano nell'al- tro mondo fare il soggetto della sua beatitudine. Quindi le co- tante statue erettegli nelle Citta, e pe'Ginnasii. Pausania, che dovette rainmentar le piu celebri, una ne vide nella piazza di Tespia, una nel delubro delle Muse in Elicona, una nel tempio (a) Inscript. dom. p. 675. (b) Faber in VitisPoet. Graecorum. (c) V. Pla- tonis Apologiam. di Giove Olimpico, accompagnata da quella di Omero, lavori ambedue di Glauco Argivo (a) . In Costantinopoli era una sua statua di bronzo in atto di cantare soavemente, di che l'Anto- logia (b) . Da queste, e da altrettali statue crediam propagata la fiso- nomia di Esiodo; seppure si puo dire volto di Esiodo un volto, che finto come quelle* di Omero ci fa supporre Plinio: Edam quae non sunt , finguntur , pariuntque desideria non traditi vultus , sicut in Homer o evenit (c), e in ogni altro soggetto, che sia vi- vuto prima della invenzione della pittura, e della perfezione della statuaria: quantunque Cupero si opponga all'asserzione di Plinio (i), di che non e ora luogo da quistionare. La testa di Esiodo e molto difficile a rintracciare . Loesnero ne rapporta una, che io credo d'Aristippo, persuaso dal Vetro con nome antico di questo Filosofo, che pubblicai l'anno 1805. V'e una gemma nell'Orsini col nome H2IOAOC, che io tengo per im- postura, quantunque riferita da piu d'uno ne'loro Esiodi . V'ha una testa in erma doppio, di Omero, e, come parmi, di Esio- do, nel Clementino, ed una negli orti di casa Colonna; che si somigliano assai . Questo e il piu sicuro Esiodo che m'abbia yeduto. Egli e nominato insieme con Omero suo coetaneo da quasi tutti i Classici, ed etroppo connaturale, che anche ne'marmi si accompagnassero, com'eran usi di fare gli statuarj de'sogget- ti simili ; unendo verbigrazia Milziade e Temistocle, Erodoto e Tucidide, Epicarmo e Metrodoro in ermi, o teste duplicate. Passando dall' uomo al Poeta, cercasi primieramente se que- sto nome di Poeta gli sia dovuto. Gliel nega il Vossio, dicen- do, ch'egli e teologo nella Teogonia, e fisico nella Georgica(e). E parimente gliel negano il Castelvetro, il Varchi , il Minturno, ilRapino,il Bossou, e glialtri Critici italiani, e franzesi (J),sic- (a) Paus. p. 582. 585. et 33p. (b) Anthol. 1. V. c. 6. (c) H. N. 1. XXXV. c. 2. (d) In Homeri Apotheosim . (e) De artis Poeticae natuia . (/) V. il Crasso nel- la Storia de'poeti Greci alia paiola Esiodo, e Baillet ne'Iugements des Sa- vante tomo VI. ..^- 20 comeaquello chc manca d'invenzione, e ne fragli Epici ne fra' Melici, ne fra'Drammatici non ha luogo. Costoro pero sembran regolarsi da'suoi piu noti poerai; senza riflettere, che gli anti- chi il fann'autore di alcuni altri, in vigor de'quali e da com- putarsi fra'poeci. In fatti PJatone non gli diniega tal vanto (a), ne Proclo, che presso Fozio il mette fra gli Epici (b), come pur fa 1'AnonimoaV rerum inventoribus publicato dal Fabrizio(c): Tlorn- Ttti 7TZVTS, "O/uwpot;, < Hu cur /$, 'A^T/^a^o? • Nel resto non e la sola mancanza della invenzione, e il non pocersi ridurre fra gli Epici, o i Melici, che ad Esiodo contra- sta il nome di poeta; e anche la dicitura piana, naturale, e quel sorger di rado, come parla Quintiliano, raro assurgit Hesiodus (d). Al che io rispondo, che non dee misurarsi lo stile di que' pri- mi poeti con cib , che scrissero i poeti posteriori . Prima che venissero in onore gli Storici, e gli Oratori, bastava a' Poeti di- lungarsi dal coraune uso di favellare, il che ottenevano merce del metro; nel resto erano non curanti di certi ornamenti piu gaj, che divertendo l'animo del lettore dalla immagine, che gli si dipinge, sciolgon l'incanto, che fabbrica alia sua fanta- sia una poesia che imita il vero a perfezione (e) . Ed ecco in che sta il maggior merito di Omero, e di Esiodo, e di quan- ti altri scrissero in quella felice eta , che lo Scaligero chiama primavera della poesia: descriver le cose con una inarrivabile naturalezza . La quale par soverchia in Omero e in Esiodo, specialmente per le molte repetizioni di una medesima frase, e talora di una medesima cadenza. A purgare Omero (lo stesso val per Esiodo) di ogni nota di tautologia adduce varie ragio- ni dopo Mons. Boivin il Sig. Angiolo Ricci (J), e specialmente queste;che tal' era 1' uso d'Oriente in que' primi secoli ; che [siccome il verso serviva al canto, era dilettevol cosa, che una cadenza fosse ripetuta con sobiieta nel medesimo tuono ; che {a) Legum 1. X. (b) Photius pag. 982. (c) B. G. T. IX. p. $99. (d) Inst. Orat. 1. X. cap. I. (e) Gravina Epist. ad Maffejum. ( f) Dissert, in Homer. VI. 21 Macrobio stimava queste ripetizioni si conformi al resto della poesia di Omero, che non le avria cangiate con le piu studia- te variazioni de'recenci. Ma dato, che cib sia riprensibile , questa e colpa non della persona, ma del tempo in cui visse Esiodo, compensata da tante bellezze , che la fanno poco men, che scomparire . A lui si da la palma, dice Quintiliano, in quel genere di dire, che si chiama mezzano (a), cib che pure era stato il sentimen- to veneratissimo di Dionigio Alicarnasseo negli elogj, e pub dirsi di tutta l'antichita. La soave armonia , che risulta dal suo verseggiare non solo e in ammirazione al predetto Dioni- sio (b) , ma a Quintiliano, e Vellejo (c) ; per questo Alceo pa- ragonb i suoi versi al latte ed al mele (d), per questo Ateneo (v . ( /") Epigr. 29. MtX/xpowTO)-. {<£ I n Opera et Dies v. 238. (ft) Pag 95. (z) Epistola critica I. tis crebrius interpellatorum manus expertum esse , quam Hesiodum. I Rapsodi, cantandolo, ove qualche cadenza non era a lor mo- do, audacemente mutavanla ; come dopo gli antichi congettura il Grevio . I Cricici, fra'quali Aristarco flagel d'Omero, e Plu~ tarco Beoto prevenuto a favor d'Esiodo, sicche ogni neo gli sia una imputazione, spesso lo alterarono. Ne solo ne sono stati es- clusi i versi creduti non degni di tant' uomo (ma che per esser uomo, e vivuto in tal secolo dovean lasciarsi), ma alcuni pure, che o non son citati, o citati variamente, o che sono in alcuni Codici , e in altri no. Possiam pero consolarci. Almeno abbiamo il testo di Esiodo quasi qual si leggeva nella eta di Plutarco, co- me risulta da Proclo e dagli altri Scoliasti, che ne riferiscono le correzioni. Cio non interviene in altro Classico, e ci risparmia il pensiero ordinariamente di fare altre congetture per emen- darlo. L' emendarlo consiste, se io non erro , in ridurlo quale era in quell' eta. Da tutto questo io raccolgo quanto parca- mente nell'emendare Esiodo si deggia dar luogo a congetture. Non ci paja vero il ridurlo qual leggevasi a tempi loro . Os- serviam bene i MSS. confrontiamogli , non ci partiamo dalla lor fede, se vogliamo recare ad Esiodo qualche vantaggio. Seguita di dire delle poesie di Esiodo in particolare, la mag- gior parte smarrite. Tie ce ne avanzano, le Opere e Giorna- te, la Teogonia, lo Scudo d'Ercole. Fino a' tempi del gram- matico Tzetze , n'esistevano varie, parte vere, come dee cre- dersi, parte supposte ; delle quali egli ne novera cinque nel prologo, e la sesta nel decorso del suo commento. Altre son ci- tate a nome da varj Greci, e Latinij le autorita de'quali riu- ni insieme il dottissimo Giannalberto Fabrizio nella Bibliote- ca de' greci scrittori per tessere il piii accurato catalogo che delle poesie di Esiodo vedesse luce (a). Esso regolerk ancora il nostro. I. v Epyet *) 'Hjui'pcu. Le Opere e Giornate. II piii celebre, e il piu stimato di tutti i libri di Esiodo, e per tradizion de'Beo- (a) Fabr. Bibl. Gr. lib. II. c 8. 2 3 ti, l'unico ch* egli scrivesse ; ma di csso a bastanza diremo nella prefazione. II. Qioyovla.. La Generaziom degli Dei. Questa poesia e ri- conosciuta per legitcima da tutti gli antichi, specialraente da Gio. Diacono, e da un Anonimo, che ne fecer comento. Pausania solo defer! troppo alia tradizione poc'anzi detta, e appena cito mai la Teogonia, che non mostrasse di dubitarne, finoa dire, che ugualmente, che i versi di Lino, gli parea fal- sa (a). Ma non e questa difficolta che merici d' essere attesa. III. 'Aa-7Tic, 'UpctTtXiat; . Lo Scudo d'Ercole. E x la terza delle poe- sie che rimangonci sotco nome di Esiodo, su di cui abbiam le chio- se di Giovanni Diacono, e di Gio. Tzetze. Quasi tucti gli antichi il danno o per apocrifo , o almen per sospetto , fra' quali e il gran Longino, detto per certa eccellenza il criticissimo (b) 6 hpit/kcotutoi;. Le ragioni di tal sospetto posson vedersi nelle os- servazioni critiche degli eruditi Britanni del 1733. Ivi pure si trovano le risposte di un dotto Anonimo, alle quali il Robin- son aggiunse le sue l'anno 1737. nella uuova edizione di Esio T - do. Per quanto si sieno ingegnati questi due bravi oltramonta- nt di rispondere alle objezioni addotte , quel libro, a dir poco, e sospetto molto. Di queste tre opere colla giunta degli antichi Scoliasti fe- ce Daniel Einsio una bella edizione nel 1603. Fra gli Scoliasti manca il migliore, che fu Plutarco, quantunque e'sia nelle co- se, che deon supporsi le piu interessanti, trascritto da Proclo. Mi dispiace di vedere nel catalogo degl' Interpreti d'Esiodo es- cluso Plutarco, mentr'e citato da Gellio il quarto libro de' suoi Commentary in Esiodo(c). Oppongono che questi libri non sien notati nel catalogo di Lampria ( • Epicedioin morte di Batraco. Sui- (a) In notis ad loc. piraed. (b) Cit. Fabricius Bibl.Gr.T. I. p. 99. (c) I. Sya ;m. fW) Quadiio Storiadclla Poesia vol. II. 2 9 da riferendo quest' opera nel catalogo, non dice se non che Ba- traco fu amico di Esiodo. v XL TUq Tr&zJioS'oi; . II giro delta Terra. E v citato da Strabone nel iibro settimo pag. 302. e da cio che ivi aggiugne, e da va- rie altre citazioni e sue e di altri scrittori pub farsi congettura, che non poche belle notizie vi si contenessero su i regni e i popoli antichi. XII. 'AtylfjLioq. UEgimio. Si disputo fra' Critici , se ne fosse autore o Esiodo, o il suo grand' emolo Cercope. Cosi Ateneo al libro XI. Nelle note a questo scrittore dubito il Dalecampio che il titolo dovess' essere cdytvofjuouy o sia I 'arte di pascer ea- pre : ma none solo Ateneo, che nominasse l'Egimio; v'e anche il chiosator d'Apollonio nel lib. 4. e Stefano alia parola 5/ A/3a*>r/£; di che e da vedere il Pineto . XIII. v ~Ej7ty\ fzouiriKx x) £%viyr,i< 3 ° penna. Lo stessoe il giadizio de' Grammatici presso Ateneo(a). XVI. Kipzpeit;. I Fornaciai . Cosi intitolano i Grammatici alcuni pqchi versi , che rapporta Erodoto come composti da Oraeroj ma per altri furono ascritci ad Esiodo. Veggasi Pollu- ce libro X. capo 23. segm. 85. XVII. BouKo\/x,oy. La pastorale . Opera moltodubbia, non ci- tata da veruno degli antichi, da Fulgenzio in fuori (b). I mano- scritti variano. Alcuni hanno in bucolico carmine, altri in bucolico ludicro , come osserva Munckero. Lo Scriverio contraddetto spe- cialmente da Gronovio dichiara l'opera apocrifa(c). Ma non par da discredere, che alcuna pastorale poesia d' Esiodo conosces- sero gli antichi. Virgilio non gli avria di leggieri messo in ma- no la sampogna, se non lo avesse considerato come scrittore di pastorali. XVIII. MiydXa. '{pya.. Magna opera. Ateneo nel libro VIII. pag. 364. cita questo poema; ma i versi sono della Georgica conosciuta. Proclo lo cita anch' egli a pag. 44. yivoc, dpyup%ov to £' dpyvpiov ivtQt tyi yvt aKovxan, "kiyovnc,-, on ivroic, yLiyct'Koic, ep- yoic, to dpyvpiov iHq yve, yivictkoyet , quidam vero verbum apyvptov terrae subaudiunt , diceptes quod in magnis operibus argenti ter- rae genealogiam texit; il che pure dee intendersi della georgica conosciuta. XIX. KcvmXoyoi. I Cataloghi . Cos! generalmente si chiama- no, secondo il Meursio, tre diverse opere, che alcuni dotti nan considerate come una sola (d); e pretendesi, che tutte in- sieme le considerasse il Chiosatore di Omero, citandonel secon- do libro b) KcLTokoyoic, ; e gli altri che scrivono b> xctTuXcy&>, come Strabone e Pausania (e). Suida nomina Tvvoukgov vipcoivcov xoltuXo- yov oi> fiifiXiQK, i, il catalogo dell' eroine diviso in cinque libri . II Fabrizio congettura, che i primi tre fossero veramente con- trassegnati con questo norae ; giacche lo Scoliaste di-Apollonio (a) Athen. 1. II. p. 49. (6) Fulgent. 1. III. p. 704. (c) V. Casaub. in Sveton. II. cap. 67. Iacob. Gvonov. de Dodone . Fabric. 1. II. c. 8. 23. {d) Meurs. Le- wtionum Atticaium 1. III. c. 20. (e) Stiabo 1. 1. Paus. in Attic, p. 41 . 3 r scrive iv jrpamy KctraXoyojy , e Arpocrazione iv t?J.t&) yvvaxiicov ■no.-' raXoya {a): ne sappiamo, che questi tre libri con altro nome fos- ser discinci. Ma il quarto libro, siegue il Fabrizio, e quello che con alcro nome chiamavasi 'Ho/a*, owero 'ilo7cu fj.iya.Xxz. La ra- gione di questa sua congetcura e perche il principio dello Scu- do d' Ercole : w oih 7rpoXi7rovcra £ofjov<; *) TrarpIJa. yaiav con mol- ti altri versi che sieguono, si trovaVa nel quarto libro de'ca- taloghi per testimonianza duun ancico chiosacore di quel poe- mecco: adunque tal libro era quello, che dalla frequence ripe- tizione di quesca Voce w o7y fu chiamaco l'Eee, o le grandi Eee; qual ch'egli sia il significato di quesca voce; di che poco ap- presso . Finalmence il quinto libro dovea contenere la genea- iogia degli eroi detca da Gio. Tzetze rpcooyovia, e distinta da lui dal cacalogo delle donne; onde si raccoglie, che fosse un libro a parte. Che poi succedesse- all' altro, e vi fosse in alcun modo connesso, par che lo afFermi Massimo Tirio (/>); Ka.6a.7np 'Hv v\pooaov a7ro yvvaxttcov ap^ojucvoi; , 7i.ara.Xi- ycov rdyim , o?i<; «'£ ws \ e chi di es- si da questa o da quella sia nato . Questo libro nomina il com- mentator di Licofrone wptXYi ipyct re, come le unl in un suo epigramma Asclepiade (a) . Ma il Batavo ne' primi sei versi ravvisa la Teogonia ; nel settimo tutto il libro delle Opere e Giornate : perche il tema di questo, secondo il sistema suo, non altro e che il Regno della Fortu- na , la quale iusieme co' Genj , regge il freno e il governo delle uma- ne cose : e flnalmente ne' sei ultimi versi riscontra quella vasta e com- piuta Georgica , a cui e stato il tempo si furiosamente nemico . Ed e notevole il triopfo ch' egli mena di tale scoperta . Vid.es , ut in superiori- bus , plant ationem : quae pars praecipua horum librorum hie nusquam ap- paret : it a ut ex hoc Manilii testimonio plantatio et propagatio vineae , insitio arborwn omnium , librorum illorum argumentum fuerit : quae loca praeterea his vel illis commoda vel incommoda sint, in iis Hesiodus mul- tis probarit... postremo vagatus in iis PoetaJli.it circa sylvarum , hor- torum , fluviorumque descriptionem , amoenitatemque illorum; quam Poe- tae plerwnque , ut hie Manilius , Satyronun et Nympharum nomine desi- gnant . Ma io non veggio come in un Poeta, che per incidenza ram- menta 1' opere di.un altro, possa un Critico fondarsi tanto . Se Mani- lio fosse ad Esiodo ci5 che Asconio a M. Tullio , ajuterebbe molto a fortnare il piano di un' opera gia smarrita . Ma da un Poeta , che pub ritrarsi? Ogni poeta considera queste cose come le altre; vuole che in queste pure campeggi quella naturale sua liberta di osar tutto entro certi limiti; sceglie a suo talento cib che lusinga la fantasia con ido- letti gai e leggiadri , e abbandona il resto alia oblivione ed al silenzio . Se dunque io dirb di Manilio, che quel suo tratto aspergesse di qual- che finzioncella, saria forse una strana difesa (b) ? e se io dirb, che toc- ca ivi gli argomenti di parecchi libri smarriti (c) , sarb convinto mai , che tai libri deggiano essere d' una lunga e piena Georgica ? O se an- ehe dirb , che forse nelle Opere e Giornate di Esiodo vide Manilio in- seriti pur alcuni versi, che a questi di o per giudizio de' critici,„o per incuria de' copisti sieno smarriti; dirb io forse altramente da quello {a) Anthologiagraecal.IV. c. 2%. {b) Simile liberta si piese Properzio al L. II. E. 34., ove, come avverte il Sig. Volpi, finge che Virgilio nella Bucco- lica scrivesse il dono del capretto, che in Teocrito si legge, non. in Virgilio. (c) Veggasi la edizione padovana di Esiodo pag. 252- e 271. 4 8 che giudicarouo un Grevio ed un Glerc (a) ? Sebbene io uiedesimo non ricuso di cadere dalla mia causa , quando il testimonio di Manilio sia maggior d' ogni eccezione ; e val a dire quand' egli sia un autore diligente , esatto , osservante nelle relazioni delle opere altrui . Ma egli certo non e tale . Veggasi il suo rapporto della Teogonia d' Esiodo , da noi citato poco sopra . Non conta ivi la favola di Bacco rinascen- te da Giove , quasi fosse di Esiodo , mentre in Esiodo non se ne par- la , e forse la prima volta che s 1 incontri, e in Euripide (b)} Non di- ce ivi della nascita di Vulcano , e de' Titani parecchie cose, che lo Scaligero stesso ha censurate in Manilio, quasi per incuria attribuis- se ad Esiodo cib , che per altri Poeti era stato favoleggiato (c) ? Or come si accordan queste due cose , che Manilio non sia punto esat- to parlando della Teogonia ; e sia di tanta autorita parlando dell' agri- coltura ? ci scuopra un'altra Georgica, perche non ben ci descrive que- sta che abbiatno : e descrivendo non bene la Teogonia che ci resta , non ci scuopra medesimamente un' altra Teogonia ? Non si fa dunque ingiuria a Manilio , se non gli e prestata fede in alcuna particolarita ; dacche egli e un testimonio convinto di falso intorno alia stessa per- sona di Esiodo , e pu6 dirsi anche nello stesso contesto . Passiamo all' altra parte della dissertazione ; nella quale, a dir vero, e tanto di verisimile , che il Fabrizio stesso l'adotta ; ancorche , pare a me , troppo facilmente , e senza ponderar le ragioni per la contraria parte . Vuol dunque 1' Einsio , che il presente Poemetto di sua pri- maria intenzione riguardi nOn 1' agricoltura, ma la economia . Gosi par che V intendesse Massimo Tirio, quando dice, ch' Esiodo scrisse Tot &/$ 7ov /3/ov Ipya. ts Si S'pctztov , x) tifxipat;, iv cue, Spctstov (d), e lo Scoliaste di Nicandro , che citando quest' opera , dice £i> to7<; Trpctr- ropilvoic, , (e) e Tzetze, il qualvuole ch'Esiodo scrivesse a Perse 7rctpcti- vicriv ySiKiiv , x) otKovofjtiMv 7rat>T0iaui> . Rispondo alle autorita . E incer- to se Masssimo Tirio volesse intendere opera , quae in vitam , ovvero in victum facienda , et quibus diebus facienda ; e se lo Scoliaste di Nican- dro volesse intendere in iis quae jlunt ab agricolis , ovvero a patri- (a) Veggansi le loio edizioni a' versi 99.116. 294.ee. (b) Esiodo scrisse questo solamente £s/«'A» ie*e pa'iiipov v'tav, Euripide nelle Baccanti (*»(£... Zsf'?-- »?irart Yw, femori airipuit eum. (c) Ios. Seal, in Commentario in II. Manilii. (d) Dissert. XVI. (e) Pag. 27. 49 bus familias . V autorita poi di Tzetze e falsa, in quanto vuole, che il tenia dell' Opere e Giornate sia una esortazione alf etica , ed econo- mla tuttaquanta . E chi e , che non vegga maucarvi le principali parti dell' etica e dell'economia ; ed esservi anco le meno importanti dell'agri- coltura ? Ordinar che si aguzzin le falci , e non far parola della edu- cazione de' figli ? Speciflcare i legni per minute- , che compongono il carro , e niuna cosa dire delle qualita delle camere , che deon compor- re una casa ? Chi potria perdonargli queste e molte altre omissioni , se il suo principale scopo fosse stato di formare un economo ; men- tre Gatone , Columella , Palladio , che di primaria intenzione forman T agricoltore , ne parlano si a dilungo ? Ma intendendo ancora favore- volmente all' Einsio i testi di Massimo Tirio , dello Scoliaste di Nican- dro , di Tzetze , che peso hanno eglino in confronto di quasi tutti gli antichi , e moderni , ch' egli ci concede essere discordi dalla opinio- ne sua? Poco o niuno. Ma andiamo innanzi . E in prima si vuol supporre , che di alquante opere antiche non e facile determinare lo scopo, nelapartizione. Quali dubbj si eccitarono, per recarne un esempio solo, sul Panegirico d'Isocrate (a), se egli ap- partenga al genere deliberativo , o all' esornativo ? e se sia veramente panegirico della Grecia, o esortazione a una guerra da intraprendersi da' Greci contro i barbari ? E di tal genere debb' essere il presente Poemetto non facile a ridursi ad una unita incontrastabile , ne a di- visarsi nelle sue parti. Nondimeno ancor qui dee giovare il principio, che il gran critico Quintiliano suggerisce per quando si dubita se una orazione deggia ridursi ad uno, o ad un altro genere, e distinguersi in uno , o in un altro modo . Osservisi , die' egli , quid sit quod Orator sibi praecipue obtinendum intelligit (b) . Con questo filo , che mi par sicu- rissimo , e che dal Wolfio e accennato nella controversia del Panegirico d' Isocrate , io credo potermi disimbarazzare da' cavilli dell' Einsio . Adunque 1' Einsio dice , che 1' Opera e economica , avendo in vista T acquisto , e il mantenimento delle sostanze , e non limitandosi all' agricoltura , ma abbracciando anco la mercatura , di cui da precetti : e parimente etica per gl' insegnamenti morali , de' quali e sparsa . Tut- to bene , ripiglio io , ma qual e lo scopo che specialmente si prefigge ? E di formare un agricoltore . Per questo comincia dal fuoco , o sia (a) V. Wolf, in aigumento ejusdem. (b) Instit. Orat. 1. III. cap. 6. 2 5° dal vitto nascosto da Giove agli uomini ; per cui trovare , convengasi cercarlo con la fatica . E siccome il Fratello , per declinar la fatica , avea con donativi pervertiti i giudici; cosieglicon buoni principj s' in- gegna di persuadere all' uno , e agli altri la giustizia ; e molta cura si prende di ridurre Perse dalla oziosita al lavoro . Prima di proceder piu oltre si vuol notare, che non e contro 1'unita del Poema la trattazione anche ampia di qaeste cose . L' arte imita la natura; e come il fuoco nell'ardere unlegaofauna sola azione, disgom* brandone l'uinidita col fuino, e introducendoci poi la fiamma; cosl Esio- dofann sol poema, rimovendo gl'impediinenti , che alienano.il Fratello dal lavorare, che sono specialmente l'ingiustizia , e 1' oziosita, e rivolgen- dolo, e istruendolo alia fatica. Ma a qual fatica? Perciocche economo, secondo che eel descrivono Aristotele e Senofonte, pub essere un citta- dino , il quale intendendosi de' lavori della campagna , vada di tanto in tanto a rivedergli . Ma a Perse s'incnlca di fargli per se stesso , e di non vergognarsene , e spesso se gli rammentano i doni di Gerere , de' qua- li debbe andar ricco. Questa e la prima parte del poemetto , la quale ottimamente e espressa da un dotto , che dice : duo agit , primo ut volun- tarium habeat agricolam ; passa di poi alia seconda , deinde ut peritum (a) . Cib che fa in 23o. versi in circa , lie' quali raccoglie poeticamente quanto in ogni stagione dee fare F agricoltore . Vien poi alia mercatura , cioe ad un'arte, che pub ajutare l'agricoltura , portando a vendere al- trove cib che in patria meno varrebbe ; ma cib non prova , ch' Esiodo tratti di questa parte come dell' agricoltura , e che a lei 1' uguagli , sic- che lasci dubbio qual delle due parti sibi praecipue obtinendam intelligat . Si spaccia dalla mercatura, tolti gli episodj , in pochissimi versi; prescri- ve a Perse di attendere al campo tutto l'anno , e star fuor di casa pochi di ; gl' insegna cose minutissime in gener di coltivazione ; e in genere di negoziazione , come nota anco un de' greci interpreti , poco piu che niente. Dipiudopo avergli comandato e con gravissimi termini inculca- to il lavoro della campagna, prende circa la navigazione un tenor di consiglio, e si contenta di avere in bocca se vuoi, se ti aggrada, se a cib far ti disponi . Questo non e metterla al pari con l'agricoltura, ma molto al di sotto. Anco la vita venatoria pub ajutare; e come ajuta- (a) In veteri Operum et Dierum argumento apud Crispinum , Schrevellium , Zanolinum etc. 5 1 trice, serva, e ministra del la vita rustica la considera Aristotele, eCa- tone , e Virgilio ; e Pier Crescenzi tra' nostri dietro la coltivazione ste- samente parla della caccia degli animali. Gontuttocib pub ella raettersi del pari coll' agricoltura ? Pub all' agricoltura contrastare il vanto , di esser come prima cosa considerata nel poema di Virgilio , nel trattato di Aristotele, di Gatone , e di Pier Grescenzio? Nb certo- Sieguono ntili precetti su la moglie , su' figli ; e varj altri ne avea dati su i servi , e le sostanze domestiche ; tie' quali quattr' oggetti tutta raggirasi la scienza economica , secondo Aristotele e Senofonte . Cib pa- re che favorisca l'Einsio , ma non e cosi . Esiodo , torno a dire , forma 1' agricoltore ; e al suo stato attempera i precetti che da . Anco in Ga- tone , e in Varrone , e in Columella si parla di queste quattro cose ; ma perche se ne parla in proposito di agricoltura , niuno e che le tor- ca all' economia in generale . Ed Esiodo non fa il medesimo ? La moglie par deggia essere tessitrice (a), mestiere che alia moglie dell'agricoltore assegna anche Virgilio nella*Georgica (b); il figlio dee pascere il greg- ge (c) ; i servi deon far le faccendq rusticane (d); la serva dee accompagna- re i bovi (e); le sostanze sono buoi, aratro, grano, vino , cib che colti- ?ata rende la terra. Ma la scelta degli amici, e degli ospiti , ma i tanti precetti di morale che han che fare coll' agricoltore? L' agricoltore e uomo , e vive anch' egli nella societa , e gli appartengono mold ufi- z) , che sono comuni a' cittadini , e a'sovrani ancora . -Che di questi par- lisi a Perse , qual raaraviglia ? Isocrate a Nicocle , Dion Crisostomo a Trajano , Sinesio ad Arcadio scrivon di Regno : contuttocib non vi fra- mischian bellissimi insegnamenti su le amicizie , su le ospitalita , su la pie- ta, su la temperanza , da poter servire ancora a un privato? Torniamo onde partimmo . Riguardisi il fine , che specialmente ha avuto in mi- ra il Poeta , ch' e stato sicuramente formare un agricoltore ; e siccome tal professione ordinariamente non va disgiunta da conjugio , da figlio- lanza , da servitii, da vicinato, da ospitalita, da amicizie, da molte altre relazioni ; queste s' innestin pure , o per modo di principale discor- so, o per modo di episodio nella Poesia: ella non lascia di essere una Georgica; col qual titolo e distinto questo libro di Esiodo nel bel codi- ce laurenziano del secolo XII. forse XI. che citiamo a suo luogo . Resta nella dissertazione dell' Einsio la favola di Pandora , di cui ( a ) v. ti9- (A) v. 293. (c) v. 3^6. (<*) v. 5o2. hn- (, 'Pwro/ r appvTOi n A toe, /uiyctXoio iKvtri . „ P«a (xiv ydp fipictn , p{ct St (BpidovTU ^aAeVre* ' 5 ,, 'P«« /' d.pify'hov (jiivuSii, xcu oIJyiXov di^ei- „ Pet at Si t iSvva (rxoXiov , xou dyyvopa, ndpcpei } , Ziv<; v-\>i(2pi(AiW(; , oc, V7r{pTCtm. ScJ fjuxret voua . „ KXud-i IScov dioov rs • Sizy S' i&un QlyLiscte, „ Tvvvi • iyco Si xi Hippy iwrv^ot. (iv^ry\Si%tx. Supov i%ov(rii> ■ H fxiv yap 7r6\i(xov re kolkov, kou £ypiv otpiWu , X^irX/yf xtii; ryvyi

• Ty'v J* iripyw , 7rpoTspy\v fxiv eyeivctm N^ ipifiivvvi , Qvixi Si [jlip Kpoi>/S>n; v\i<£vyoc, 3 cti^ipi voueov , io M. usae ex Pieria carminibus gloriam conciliantes Adeste quaeso , dicite vestro patri hymnum , Per quern mortales homines pariter obscurique sunt , et clari , Nobiles , ignobilesque Jovis magni voluntate . Facile enim extollit , facile etiam elatum deprimit ; Facile praeclarum minuit , et obscururn auget , Facileque corrigit pravum , et superbum attenuat Juppiter altitonans , qui supremas aedes incolit . Audi intuens et auscultans , et juste rege judicia Tu : ego vero Persae vera dicere queain . Non sane unum est contentionum genus , sed in terra Sunt duo : alteram quidem probaverit sapiens , Altera vituperanda : diversa autem sentieutem animum habent . Nam haec bellum exitiosum, et discordiam adauget , Noxia : nemo banc amat mortalis , sed necessario Immortalium consiliis litem colunt molestam . Alteram vero priorem genuit Nox obscura , Posuit vero ipsam Saturnius sublimis in aethere habitans 59 C A P I T O L O I. V, oi , che date co' versi eterno vanto , A tesser inno a Giove , onde nasceste , Muse , Pierie Dee , movete il canto . Chiunque mortal velo in terra veste E cliiaro al Mondo , o scuro ; inclito , o vile , Pur come aggrada al gran Motor celeste . Ei di leggier' ogn' uomo in signorile Stato solleva , e 1 sollevato prostra , E scema il grande , e crescer fa 1' umile ; E a chi va torto il cammin dritto mostra ; E i superbi deprime il sommo Nume , Che regna , e tuona in su 1' eterea chiostra . O tu , die vedi , e ascolti , or col tuo lume Drizza i giudizj , e m' odi ; intanto ch' io Di veri sensi a Perse empio il volume . Due gare ha in terra ; e '1 savio , a parer mio ; L' una lodar , biasmar 1' altra devria , E varia hanno tra lor mente , e desio . Perversa e 1' una , e brighe e guerre cria , Ne piace ad uom; ma, perche a' Numi piacque, E forza che tra noi si onori , e stia . L* altra e piu antica , e da la notte nacque ; E di porla chi d' alto ogni ben dona Nosco , e neir ima terra si compiacque : <5o Veuve, r iv p7£vwv , kou dv$pd. kou. dvipii 1 otpzXXoic, KrJi(/. E/'c utpivov a-7TivSovT ' dyctSnt eP iptc, )5'o~t Slxcuc,-, out e'jc Atdc, «V/y dpi^ou . H.Sw fJiiv ydp zXyipov i Sourer d{/i& ' ' ctXXd ts ttoXXx 'ApTrdfcov ityop&ic, , fXiyot xvSouvcov (BetcriXyictc, Terrae' et in radicibus , et in hominibus , longe raeliorem . Haec quamtumvis inertem , tamen ad opus excitat . Alium enim quispiam intuens opere vacans Divitem , et ipse festinat arare , atque plan tare , Domumque recte gubernare . Aemulatur enim viGinum vicinus , Ad divitias contendentem : bona ergo haec contentio hominibus . Et figulus iigulb succenset , et fabro faber , Et mendicus mendico invidet , et poeta poetae . O Persa, tu vero haec tuo repone in animo : Neque malis gaudens contentio animum tuum ab opere abducat , Lites spectantem, concionum auditorem existentem . Cura enim parva esse debet litiumque et fori , Cui non est victus domi in annum repositus , Aestate colleetus, quern terra fert , Cereris munus , Quo satiatus lites ac rixam moveas De facultatibus alienis . Tibi vero non amplius licebit Sic facere : sed in posterum dirimamus controversiam Rectis judiciis , quae ex Jove sunt optima. Olim quidein hereditatem divisimus : alia autem multa R.apicbas y valde deinulcens . reges 6i Ed e molto per noi cosa piu buona; Pero che l'uomo, ancor die pigro e tardo. Non pertanto a fatica incita e sprona. Spesso a piantar s affretta uomo infmgardo > A stampar solchi , a regger sua famiglia, Perche ad un ricco volse emulo il guardo: Che 'nvidia nel vicin ratto s' appiglia Verso 1 vicin_, che farsi ricco ambisce . Buona e tal gara, a cui l'industria e figlia. Vasaro per vasaro aschio nodrisce; E'n sirnil guisa un fabbro , ed un mendico, E un poeta per 1' altro ingelosisce. Chiudi nel cor quant' io , Perse , ti dico ; Ne gara iniqua dai lavor ti stoglia Fatto del Foro e d' udir liti amico. Di liti e foro aver non de' gran voglia Chi dell' estiva fruge , che rinnova Cerere ogn' anno , in casa non accoglia Tanto, che iniino all' altra stagion nova Basti a nodrir ; onde all' altrui sostanze , Sazio del suo, briga e litigio mova. Seguir piu non potrai si fatte usanze,- Ma i buon giudizj , opra del Re superno , Tutte quetin. fra noi le discordanze: Che gia partimmo in due 1' aver paterno, E piu rapisti assai , molta blandizia Facendo a'Begi, ch'han di noi governo; 62 Aeopoipayovt; > o'i TttvSi Slzvw i^iXova-i Sizdtrau. Nvi7r/0i' aa icraxrip otrca 7r\iov vi pua-v wolvt6<;^ 4° Oud Strop ip fxctXd^vi ts zou dp-qsoHXa fxiy opemp- Kpu-^owTet; yap i%ov (Mya Tnifia-, zou dvSpdcrip .io m o~o[tiPoio't ■ To7q Tcu, xxm Svuov > icv xctxov a.u.7rou SifJAv ctuSyv , Kou t'Xo7rov vidoc, Tiv£i, A/ot; fiovXycri /2apuKTU7rov iv J'' d,pa (pcovvtr ®Hx.i Sicov XYipuZ • ovdftyvi JV riv&i yvicuKct 8o Yloui^copvw • on TrctvTic, oXv^ia. S'cJfxctr i^ovrsc, Acopov idcoptftrav , 7tyi fx dv^pdcrtv a.X • AvTtip i7rei SoXov cu7rvv ot[jt,w%aji>oi> i^iiiXiarcriv , Eic, E/ri/MiSio!. 7riy.7ri ^ctrnp kKutov 'Apy&ttponnv &wpov ciyovizx. $i&ii> Tct-xpv (tyyihov . Oud 'ETsr/yUwSWs 85 'E OLTSp TS KCtKOO V , X.OU Ev ytcti i7ri<7a.[AtvGo(;' dv$pco7rcov ASa.vct.mi 7roiYi 6XijfX7r/a Scofxctr z%ovts<;. 110 O/ fxiv iTT/ Kpovov v\ S' cot; i>7rvto SiSfJWfxivo/ ' i&Xd Si 7rdvm Toia-iv shv xa,p7roi> J' ttp'cpi ZeiSoopoc, dpovpa KvT0fxa.Tn yroXXov ts xou dlV y To/ (Atv Sodfxovlc, Wov Aioc, /utydXou S/d /SovXag 'E&Xol > iir/yPov/o/ j 7rcov ' O/' pa (puXdo~o-ovo~ I v ts Slxaq xau o-^TX/a \pya , Hi'pa ivvdyLiVO/ , 7rdvm (po/iwvTsc, i7r cuw y is5 Caeterum si voles , alium tibi sermonem paucis expediam Belle ac scienter : tu vero praecordiis infige tuis . Ut simul nati sunt Dii , mortalesque homines , Aureum primo genus variis articulate loquentium hominum Dii fecerunt caelestium domorum incolae . Et ii. quidem sub Saturno erant , cum in caelo regnaret : Et ut Dii vivebant , securo animo praediti , Plane absque laboribus et aerumna : neque molesta Senecta aderat : semper vero pedibus ac manibus sibi similes Suaviter vivebant in conviviis extra mala omnia , „ Abundantes pomis , cari beatis diis . Moriebautur autem ceu somno obruti : bona vero omnia Illis erant : fructum autem ferebab fertile arvum Sponte sua , multumque et copiosum : ipsique ultro Quieti ( moderatos ) labores distribuebant cum bonis multis . Verum postquam hoc genus terra abscondit, Ii quidem daemones facti sunt Jovis magni consilio Boni , in terris versantes, custodes mortalium hominum: Qui quidem observant et justa et prava opera , Aere induti , passim oberrantes per terrain , C A P I T O L O II. v o, f r io, se vuoi, con brevi e scorte note Le altre cose diro: fanne tesoro Nella tua mente , e ve le serba immote . Quando i Numi , e i mortali a par con loro Nacquero , allor gli Dei d' uomini 'n prima Fero una eta , che si nomo dell' oro . Sedea Saturno de l'Olimpo in cima; E sotto lui sicura e senz'afianni Vivea, come gli Dei, la gente prima. Non v' era egra vecchiezza ; e per molt' anni La mano , o '1 pie non si facea men forte : Sempre lieti conviti , e non mai danni . Ricchi di poma, e piu de la lor sorte, A' beati del Ciel vivean cari ; Quasi prendere un sonno era lor morte. D'ogni ben si godea : frutti non rari Per se stessi nascean: il vitto e l'opra Concordi e queti si partian del pari . Poiche la terra a tal lignaggio sopra Fu sparta , in buoni Genj e'fur conversi , E in guardia de' mortal Giove gli adopra . In Terra stanno , e liti suoi diversi Scorron d'aereo vel coperti e cinti, Notando i giusti fatti , ed i perversi . 7 ' 2 UXouwJoTou- ;gt) t«to ylpctc, $clo-iXy\iov '{cyov . ZWrepo:/ 0£D7H J/gVflg 7TcAu ^etpOTSpOV f/,iT07n^iP 'Apyvptov 7rolv\ yap dTtz&ctXov ovx tSvvowm 'AXXv'Xcop a.7riy(p» , »' drove,- Sipcnriveiv l35 "YiQiXov , »'J" i'pSetv /uctxdpeou hpoie, iTri fioofxole,, "H/ Sifxie, dv$rpu)7roi ic, vjpooivru ScfAou apvipQ 'Ai^ctoy Neouvfxvoi ' ScLvcnvq tametsi terribiles essent, • Invasit atra , splendidumque liquerunt lumen solis . Sed postquam et hoc genus terra operuit , Bairsum aliud quartum in terra multorum altrice Juppiter Saturnius fecit justius et melius , Virorum heroum divinum genus , qui vocantur Semidei , priore aetate , per immensam terrain . Hos quoque bellumque malum et intestina discordia^ Alios quidem ad septem portas habentes Thebas, Cadmaeam terrain , Perdidit pugnantes propter oves Oedipi ; Da'frassini eran nati, e i tristi guai Seguian di Marte , e i soperchianti torti ; Ne vitto di frumento gustar mai. Cor d' adamante , rigidi ad accord, Cui dal tergo sorgea. vigore immoto , E invitte man! in membra altere e forti . Col rame ogni lavoro a' fabbri noto , L' armi., le case ancor facean col rame j Che 1 bruno ferro era a que.' giorni ignoto . Poiche l'un V altro uccise, e questo infame Secol fu spento; ei senza grido o gloria Sceser del freddo Pluto all' ombre grame: Che, sebben spaventosi, ebbe vittoria Morte di loro; e fuor de' rai del Sole Ne caccio le persone e la memoria . Sepulti questi , ecco la quarta prole II gran Padre del Cielo al.Mondo crea, Gente miglior, che piu giustizia cole; Gente , che dagli Dei stirpe traea , Eroi, che Semidei gia si nomaro D all' eta prisca, ovunque il di splendea. Questi pugnando in guerra a morte andaro, Quai pe' greggi d'Edippo a Tebe intorno, Tebe cadmea, cui sette porte ornaro; 25 w v -. ' Tout; Si koI qa> vY\ r s.&' H to i, rove, (Xiv Sou/dm rsXot; d fj.(pi7idXv\,i • Tot c, Si St-% dv5poo7rit)v (Biotov kou %$■£ o/rdoTctt; TjIvc, Kpov/Syic, holts Vetera 7rtx.wip it; 7r&ipctTU young ■ 55 TwAa a.7r ctOouicLmv rolcri Kpo'vot; ifxfiao-/Xiui . Kou to/ fjAv valour /v dwth'tx, Sv/uov i%ovTS<; 170 Ev /jctKapav vyicro/cr/ Trap 'Q.Kicu>ov /3aduS/i'm> 'OX0/o/ Upcoie,' to1o~/v. ftiX/viSitx. Kc?.p7r6v Tp/c, tv Wove, SrctXXovTct tp(p&/ ^Scopoc, dpovpet- Miliar i7r&iT cotpeiXov iyco 7t{(X7tto/o'/ piireivou AvSpdcr/v y dXX' m 7rp6o~%i Sroiyeiv, w \7thtu yivi&au. \lj> Nov ydp S\i yivoc, g'gv c/Syfpiov ovSi ttot viftoip Uaoo-oi'TCU KctjUxm kou 6/^voc, , a'Si 77 vux.ru>p <&9eipouii'0/- x&Xi7rdc, Si Sfti/ Scoa'ao'/ (Xi^fxvac, • AAA' i{A7rtit; kou ro7a-7rw£/a Scliv , XetpoS/zca- i repot; S iripov 7roXiv i^aXct7rd^et , OvAi tic, ivopKou x Mu3rot AiS'ooc, xcu 'Ns'fXic/c,- rvi Si X&i-^irca ciXyict Xvypd 200 Qvyiwit; dvSpco7roio-i • xctxa S' oux. io-viroii dXxy . Celeriter vero senescentes contumelia afficient parentes . IncusabunL autem illos molestis alloquentes verbis Impii , neque Deorum vindictam veriti ; neque hi sane Senibus parentibus nutritia reddent , Violenti ; alter vero arteritis civitatem diripiet . Neque ulla pii gratia erit , neque justi , Neque boni ; magis vero maleficum et injurium Virum colent . Jus'tilia vero in manibus et pudor Non erit ; laedetque malus meliorem virum , Verbis injustis alioquens , pejerabit vexo . Livor autem homines miseros omnes Malos rumores spargens malis gaudens comit^ibitur inviso vultu Turn demum ad coelum a terra spatiosa Candidis vestibus tectae corpus pulchrum , . ■ Ad deos ibant , relictis hominibus, Pudor et Nemesis ; relinquentur autem dolores graves Mortalibus hominibus ; mali vero non erit remedium . 79 Tosto che per molti anni e fatto antico Un genitor , la prole empia Y offende Con aspri fatti, e con parlar nimico; Ne 1' ira degli Dei" paventa o attende . Oh iiera ^gente, che'l dovuto merto Del nodrimento a' genitor non rende! L' un la cittade altrui ruba all' aperto ; Ne s'araa il giusto e'l pio: si rende onore A chi soverchia", ed in mal fare e sperto. Vergogna ed equita bandita e fuore DalF opre lor : spesso maligno e cieco Parla e spergiura un rio contra un migliore. Veggio il tristo Livor con volto bieco, Che ree sparge novelle e gusta pianto , E a tergo , ovunque mova , ognun 1' ha seco . Ond'e che avvolte in lor candido manto Verecondia ed Astrea , vinte da tedio , Volan alto dal Mondo al regno santo, Lassando a noi gran duol senza rimedio. So Nt/V J' aivov fiaL , 'T-^i fiiaA qjd nyi dfxtp ovvyicrori^ 205 MfpsTO- nv d by i7T/zpctTe60$ ?rpog (a.v$ov %ei7rf AcupoviYi , ti XiXazoig-j i%&t vv an 7roXXov dpeicov . TjicT' «$, y iyca 7rtp dyco , kcu doiSov iovca»- A&7ri>ov cf > oux. tSiXca , Trotycro/uou , tie fJuSjo-oo . „ ''Atppcov & be, ti iSiXot 7Tpot; npeio-o-ovcLc, dvr Mpi^'i^w 210 „ N/JtW$ 7S s-ipircu, wpoc, r auL rasucri7nspoc, opvie,. ? ,Q, Hi perm , ■ » Jg ^gV i&\o<; 'PwJIcot; (piptfMV SvVCtTCU, (ZcLpU&H dY & V7T OLVTYIC,-) 2l5 'Eyx.vp iPfifXOLV . O/ JV J/^a? £eivoi w oyi T&t%o<; , *H viae, Qj» 7t4vtm Kpov/Svis aTrorlvuvTCti clvtwv ■ 'D. fict. 2.55 'H cf/ re yrapSrivoc, esv Aim, A tot; ixyzyavta, KuSpn r uiSot'yi re ^go7^ ot j /3acnXifzc, , i^uvzrs (tuSxt;, Acopotpayot ■, tntoXtoiv S~£ Stxcov Z7rt7rdyyy XdSi&i • Or avrta zaxd riv^&t dvvip aXXoj xaxd isv'yuv ' 265 'H JV xanvi fixXn too QovXivo-axri kcck/tyi ■ 3; liana tScov'Aidt; otpOaXftot;, xcu 7rdvru voYi'crat; , 5> Kcu vv 7uS' , cutt e&{Xyifr\ Z7rtMpxzTcu- y'JV s XySei )> Oi'yv JV xcu vii>S\ Jimp 7roXtt; ivioc, zzpyet. ? , Nov JV sya (amt ctvrot; ca> di>d-poj7rot(rt Jixcuoc, 2^0 3 , E'lw, ftwr i/uot; vtot;- inn xaxov , dvJpa Jlxcuov ,, "Epucvcu , ei fjLH^co yz Jtxvw dStxconpoc; £'£'« . j; 'AAAa za'}/ bV» ioXyra tsX&v At a TspTTtxipawov- Qui judicia observant , et prava opera , Aere induti , passim oberrantes per terrain . Virgo autem est Justitia , Jove prognata , Augusta et veneranda Diis , qui coelum habent . Et certe, cum quis ipsam laedat impie contumelia afficiens , Statim apud Jovem patrem considens Saturnium, Queritur hominum iniquitatem : ut luat Populus peccata regum , qui prava cogitantes Alio infleefcunt jus, injuste sententiam pronuntiantes . Haec caventes , reges , corrigite sententias , Donivori , injustorumque judiciorum prorsus obliviscamini . Sibi ipsi mala fabricatur vir alii mala fabricans : Malumque consilium consultori pessimum . ,, Omnia videns Jovis oculus , omniaque intelligens , „ Et haec ( siquidem vult) inspicit : neque ipsum latet ,, Qualenam hoc quoque judicium civitas intus exerceat . ,, Ego porro nee ipse nunc inter homines Justus ,, Sim, nee meus nlius :quando malum est, justum ,, Esse , siquidem plus juris injustior habebit . „ Sed haec nunquam arbitror facturum Jovem fulmine gaudentem E d' aer cinti van per ogni dove I giudizj spiando , ed in qual cosa L' equita , e la giustizia non si trove . Vergin pura e Giustizia , alma famosa , • Figlia di Giove , ed. agli olimpj Dei Veneranda lassuso e gloriosa : E s' altri pecca , ingiuriando , in lei , Assisa a lato al Padre si richiama Di que' mortali , e de' lor fatti rei ; Finche punita sia la gente grama Per chi la regge , e le sentenze obblica , E fa con reo giudizio iniqua trama . Vedete , o Regi , gente a' doni arnica , Che retta da voi mova ogni sentenza , Dimenticando ogn' ingiustizia antica . Chi di mal fare altrui non ha temenza , A se stesso mal fa : per chi lo porge Un reo consiglio e di dolor semenza . L' occhio divin , che tutto intende e scorge , Guata anche noi se vuol ; e in questo piato Com' opri la Citta , vede e s' accorge . Non io giammai, non altri di me nato Fia giusto , ove mal pro giustizia faccia , Ed al peggior piu di ragion sia dato : Ma cio credo che a Giove unqua non piaccia. 88 Kcd VV $KVi$ iTTUKOUi, Give, cf' ITTlXyBiO TTCtfXTTCW . ' 2?5 TovSi yctp civSrpco7rot vnwrov aici&vi , Too Si r d/xuvpoTzpn yoviYi ynT07n&i XiXennauf 'AvSpoq cT' iudpaou yeviyi /y,iTV7ri&w dfx&vcov . 285 So/ ^ iyoo i&\d voitov ipsa , fxiya, vy7rn Tliptry . TxV \xiv toi x.a.K07nm kou iXctSov iarriv iX{&au "PmSt'eoc,' oXtyy fxsv 6So<; , fxdXct J" iyydSi vadei . O Persa , caeterum tu haec in animo tuo repone , Et justitiae quidem obtempera, violentiae vero obliviscere prorsus Namque hanc hominibus legem posuit Saturnius; Piscibus quidem et feris et avibus volucribus , Se mutuo ut devorent , quandoquidein justitia carent . Hominibus autem dedit justitiam, quae multo optima Est . Si quis enim velit vera in publico dicere Quae novit , ei opes largitur late videns Juppiter : Qui vero testimoniis volens pejerans Mentietur, justitiam impediens, sine spe remedii laeditur , Atque ejus obscurior posteritas postea relmquitur : Viri autem justi posteritas postea illustrior ( est ) . Caeterum tibi ego bona sciens dicam, valde infans Persa. Malitiam quideju cumulatim etiaru capere Facile est : brevis quippe via est , et in proximo habitat • 8 9 C AP IT OLO IV. A te Perse io favello : ascolta e segna Questi detti nel cor : ama ragione , E la forza in oblio fa che ti vegna . Si fatta legge all' uom Giove propone ; A' pesci , a fere , ed agli augei pennuti Che si mangin tra se , da concessione : Perche senza ragion vivons' i bruti ; Ma agli uomin die giustizia : e certo e questo Miglior vantaggio assai , se ben riputi . Che chi 'n giudizio a dis velar e presto Tutto 1 vero che sa , ricchezze aspetti Da Giove che ogni faito ha manifesto . E chi con rei spergiuri , e infinti detti Maligno testimon giustizia preme , D' immedicabil piaga sente effetti : E scuro dopo lui resta il suo seme ; Ove de' giusti genitor la prole Sempr' e miglior fin all' eta postreme . Oh di sen no fanciul piu che non suole Uomo in cotesta eta > io ti vo' dire , Perse , e ben so il dover , sagge parole . Facil cosa e malizia a conseguire Anche a ribocco : assai ci sta vicino j Poca strada per lei basta fornire . 12 9° Tyc, S a'psw$ ISpcom $noi 7rpo7rclpoi$cv i&vixaj> KSrctvcnoi • /uaxpoq Je xou op3vo$ oJ/uog gV ctdiviv , 290 Kctt rpy\yvc, to 7rpa>Tov i7TY\v £' «s cixpov IWTOU, Phi din d H7remx ttIXh , %a.Xi7ni Trzp zxcrct, ■ OUTOC, fJ.IV TTOLVOliHS-OC, OC, OLVTM 7T0LV7tX, \0V\0~&i, „ (bpctoe, wi x tTrenu xou ie, t{Xoc, ycriv afxeivco- E&Xo<; cf ctv y.q.KHvoc,, oc, iv ei7rouTt 7ri$ryTou. 2p5 ' 0$ Si XI (J.YI& OLVTM VOi-A , fXYtT ciXkov dxXCOV Ei> $u/u7n\$pi . Acu/uovi d oi'oc, 9,yi&cl ' to £pyd£i&ou du&vov , E/ KC4> &7T dXXorzxoov nrsdvcov di (did ts 7roXXd TinTUi, ivr civ JV wip&Q-c, voov i^a.7rctTti y Trctupov JV r iTTi ^ovov oA/Soc, OTrnSei . 'Io-ov £ oc, £■ ikityiv oc, re %eivov xclkov i'p%&t' Oc, re xcuriyviflToio in dvd Siyt,v/ct (Bouvo/ Kpu7mzS/vi<; ivviic, dAo^ys } 7rctpaxcu£jiot pi^cov Oc, re Tiv d(ppctS/'vic, dA/TcuviTou optpavd tskvoc. • 33o Og re ^oj'wa ytpovia. JtattJ S77-/ yy'pxoc, sSm N&X&iYI X&7\i7T0l(Tl KCtSciTrTO/MVOC, i7TiicrO-/l' ■ Tp Jw to/ T^ivc, dvwc, dyadvwii y ic, JV TsAivviv ' Epycuv dvr ctdtTteov %_ct\i7rv\v eVg'^M/CC* diio/ftyv ■ 'AAAd o-v twv fxiv 7rd[A7rcu> iipy dicrl top cf' z%$poi> idcrau. Toy Si (J,dA/ 7rpoortQvri 7rpotreivou . yy Kod SoUCV oc, KiV Jm , kcu {ni\ So/ua> oc, HOP UVI ££ . ,, AcJry fiiv rig g'JWc? , ci^ary ^ ovtic, iJcokcp ■ Z55 Aae, ayadm , otpTra^ JV hum Savetwto Soreipet. 'Oc, fxiv yelp kop civvip iS{\cov , oyi nap aiyct tyy Xodp& TCti J 'CO p<$ , H.CU TSpTTiTCCl OP ltOtTK §VfJLOP. "Oc, M kcv cIvtoc, iXmoti , cipou^eiyipi 7ri%Yio~eic,y Kal 75 CUlKpOV iCV , 70 y iTTCt^VCtlO-CP (p'lXov YlTOp . 36o Ei yelp step xcu o-fxixpov i7ri o-fj.nipy ■kcltuB&o > Kcti Sctfict 7»S" ipdoje,, Tix^tx tup fjAyct X) to yivono- Si enim tibi negotium domesticum aliud (i. e. adversum) eveniat , Vicini discincti accurrunt , cinguntur autem cognati . Noxa tarn magna est malus vicinus, quantum bonus commodum . Nactus est honorem , quicunque nactus est vicinum bonum . Neque bos interierit , nisi vicinus malus sit . Hecte quidem metiaris a vicino (mutuum accipiens ) reeteque redde , Eadem men sura , et amplius , si quidem possis : Ut indigens etiam in posterum promptum invenias . Ne mala lucra captes : mala lucra aequalia damnis. „ Amantem te ama , et invisentem invise . „ Et da ei qui dederit , neque da qui non dederit . ,, Datori namque est qui dat , non danti vero nemo dare solet • Donatio bona , rapina vero mala atque letifera . Quicunque etenim vir libens dat, etsi multum dederit, Gaudet donando , et delectatur suo in animo . Qui vero libens rapuerit , impudentia fretus , Quamvis id sit exiguum , tamen cruciat suum animum . Siquidem enim parvum parvo addideris, Et frequenter istud feceris , mox magnum et hoc evaserit . Che se disastro in casa avrai patito , Discinto il tuo vicin ti si offerisce , Mentre il parente cingesi 1 vestito . Buon vicino e gran bene , e chi 1 sortisce , Sortisce onor ; e rio vicin gran male : Senza tal peste un bue non ti perisce . Prendi a giusta misura , e rendi a uguale , Quando dal tuo vicin togli 'n prestanza j E a maggior , se tua possa a tanto sale : Cosi in altri bisogni avrai speranza Che ti sia presto . II reo guadagno aborri : Fra' danni e rei guadagni e simiglianza . Am a chi t' ama ; a visitare accorri Chi da te vien ; e dona anco a chi dona : Ma in donar chi non dona non precorri . Si da solo a chi da : pregiata e buona Cosa gli e il dono ; e la rapina e trista , E morte a venir sopra incita e sprona . Chi largisce di cor, piacer ne acquista , Benche gran dono faccia \ anzi ne gode Ivi entro , 've non giugne umana vista . Ma chi T aver d' altrui si prende a frode .Sicuro e baldo; ancor che toglia poco, Per lo rimorso se n' attrista e rode. Che chi cio fa sovente, e a poco a poco Picciola somma a picciola congiunge, Gran cosa vien a fare al fin del gioco. *3 n n 98 _ "O? S' sV g'o'fr/ (xiv, 7rap r iovToc, iXicOoti ■ 7riipa, Si Qvpto , Xpwf£eii> ct7ri6vToc, , a. o<; dpz/oq '{$&. 3^0 „ Kax 7* Kcto-iyvyrco yiAdcrctg iTri fxaprvpot. 3r{&ou . » II/S"«? S otpa. ofxtog nxu d^t^Iou a Aw 09 dvSpttt; • MjjJV yvpyf iov olzov tyipfiifAW 00 c, ydp 7rAxmt; di^ivxi w (xiydpoiG-i . „ Tvipouog Si Sravoig enpov TrcuS^ $yK , v Ap^so&-' dfxwns • dporoio JV } &vcr6jwt ya9 ct. OiKOf (jliv 7rpooTtTct ■> yvvouaa. re, /2b v r dpovipa , /\.o5 Kmrnv, « yctfxi-wv , wr/5 *ai /2h 'H TTTopQoio re Xyyet- Tv\fxoc, ap tlXowfAeiv [XifAVYifAivoc, toqjov Ipyov , 'OXfXOV (AiV T2J.7t6Sy\V TUfXVetV , VTTipOV Si rg/V^UjU , v A%ovd 3- i7ntt7roSv\v fxdXa. ydp vu 101 dp/ua>ov a to. E/ St kqv 6KitX7r6Sy\v oltto kou cnpvpoui) ki mfio/o, 4 2 ^ T&.eii> SiKotSeopa d/ud^yi , UoXX' e7ri KciiU7rdXot xaiXcf To[A(poivi(rd{A,cvot; Kurd olnov , Avioyvov xou ttmtvv ' S7ret ttoXu Xcoiov a to . E7 x ttzpov y arctic, , '{rspdv y ini fixcr'i /SdXoto . Acupvnt; S m 7TTcXiy\c, dxicoTUToi iso@OY\ic,. 4-35 Apvog '{Xvpct y 7rpJ.va Si yvvw • /2oi S' QAvctmipco Quando minime cariei est obnoxia caesa ferro Silva , folia autem humi fundit', finemque facit germinandi : Tunc sane ligna secare tempestivum esse opus memor , Mortarium quidem tripedale seca, pistillum vero tricubitale, Axemque septempedalem : valde enim certe conveniens sic . Si vero octopedalem et malleum inde secueris , Trium palmorum curvaturam rotae secato decern palmorum currui , Multa praeterea curva ligna : ferto autem burim , cum inveneris , Domum , sive in rnonte quaerens , sive in agro, Iligneam ; haec enim bobus ad arandum firmissima est , Si Palladis famulus dentali infigens Clavis conjungens temoni adaptaverit. Bina vero facito aratra , laborans domi , Non compositum et compactile : quoniam multo optimum sic . Si quidem alterum fregeris, alterum bobus injicias . E lauro autem vel ulmo firmissimi temones sunt . " Equercu dentale , ex ilice burim (facies); boves vero duos novennes Quando le secche frondi a terra scuote E da' germogli 1' albero s' arresta , E se lo tagli , in lui tarlo non puote ; Ti rimembri a que' di , che 1' ora e questa A' legnami opportuna ; e al taglio usato De le mature piante il ferro appresta. Con tre piedi il mortar sia misurato ; Si sollevi a tre cubiti il pestello , L' asse di sette pie molto e adattato : S' egli ha 1' ottavo , fanne anco un martello ; Dieci palmi aggia il carro ; e di tre spanne Le volte delle ruote siano in ello. Gran curvi legni aduna , e in traccia stanne D' una bura di leccio , e se la trovi In monte o in pian, con essa a casa vanne. Che invitta e all' opra degli aranti bovi Se al timone 1' unisca , ed al dentale L' innesti il fabbro con infitti chiovi . Due degli aratri , e 'n foggia disuguale Faratti , intero 1' un , 1' altro composto : Cosi tenergli in casa a molto vale: Che se 1' un si dirompe , all' altro tosto I bovi sopporrai. L' olmo e l'alloro Se a' timon degli aratri in Opra e posto , Fermezza altra non e pari alia loro: Ed il leccio alle bure , e 1' aspra e dura Querce de' tuoi dentali usa al lavoro. H io 5 io6 *'Api x.ix,m&ou ( tu>v yap Srivoc, x'x d\a7ra$vov •) "H/2yi<; fxirpov s%ovtb- tw ipydfy&ou d^co. Ook ix.v mo y pd£ cT tSax.' dvSpoc, dfiovreco . Aii tvts ^QpiuCeiv '{Xixac, fioctc, iv&ov iovmc, • PiifSiov yap i7ro<; &7reiv 5 /3oi JV$ xctt d/ua^M> ■ 'Pm/JW Sd,7rau>Yivct&ouy7rclpct S' tpyat, $6ia-, ^55 Nw 57705* a'cfg to y 01S' , exctTov Si ts Sodpa.& dfxd^yii; . T«y/> 7Tf>0&CV fAlXiTHV y\to7o~i fin , An tot itpopfxviSvivou, , ofxooq Spcoie, ts xou clvtoc, , Auyv Kcci Snpwv dpocov , dpoioio x.a.S' oopnv , 4^0 Ilp&i - fx.tx.Xtt. o~7rivScov 'iva, to i 7r7\Yi$oocnv dpapcu- EittZA 7roXeiv * &ipio$ Si vico^ivn « cr' d.7rcmiar&i ■ N&gv Si cr7reipeiv ?ti xov

ao~ajv apoopoui. N«o$ dXi^/dpn , 7rcdScov iuxyiXyTsiptt. • Ev%i£rou Ss Aii' %Soi>iM , An^Tspj. <9-' dyvy , 4"^ 'EKTsXitt. (3?}.$eiv AyfJMTspoc, iipov dxiriv KpyofAQsVOc, to. 7rpaoT dpo-m, otcw d'xpov s'^sVAh^ X«?i Xctfioov op7rtiKtt fiooov t7Tl VGOTOV ixycu v ~EvSpvoy iXxovmv jUi OXv ' [A7I 10 >g i&XoP G7rd£ot. Ex. S dyyicap iXdo-etac, dpd^vict r xou an e'cA/ra 4-7^ rw^wcrw^, fltdm/o g pgj fxzvov '{pSop iovwc,- Evoypioov S l^iou 7roXiop i'otp • &Si fsepoc, ct S7om , "H./mpo<; a.fmo'€ic ti oXiyop 7rizX y&poc, iipyoov , 4^0 Apt! a dfyr-ptivav xizopifxtpoc,, ov fjtdXa, %oup(.' dpoo-yt; , to Js «. 7rvn&'hoio~i To 7rpa>7vp y 7sp7rei 7? /3poTX<; i7r d7reipopa. youcui , Tvifxoc, 7jiv<; voi r&Tcp yi/uolti , [ah'S' dyroXyyoi , Mortalibus hominibus est ; confusio vero pessiraa . Sic quidem ubertate spicae nutabunt ad terrain , Si iinem ipse postea Juppiter bonum praebuerit . xl vasis autem ejicies araneas : teque arbitror G avisurum , victu potitum intus reposito . Bene instructus cibis autem pervenies ad canum ver , neque ad alios Respicies : tui vero alius vir indigus erit . Si vero bruma araveris terram almam , Sedens metes , pauxillum manu comprehendens , Ex adversa parte manipulos ligans pulverulentus , nee valde gaudens Feres autem in sporta : pauei vero te suspicient . Alias vero alia Jovis mens Aegioehi : Sed mortalibus hominibus earn deprehendere difficile . Sin autem sero araveris , hoc quidem tibi remedium fuerit : Quando cuculus canit quercus in frondibus Primum , delectatque mortales in immensa terra , Tunc Juppiter pluat triduo , neque desinat , 1 1 1 Nulla cosa e miglior del buono e retto Ordine per ogn' uom , che vive al Mondo , Nulla cosa e peggior del suo difetto . Cosi le spiche per soverchio pondo II capo a terra piegheran da' steli Sol che da Giove il fin venga secondo ; E via torrai dei vasi i ragnateli Lieto e gajo , cred' io , di tanto. acquisto , E de la provigion ch' ivi entro celi . E a la bella stagion verrai provvisto Senza sguardare altrui : ben fia mestiero Altrui di pregar te dolente e tristo . Ma se di verno sol prendi pensiero D' aprire il suol , farai la messe assiso , Peso chiudendo in man poco e leggiero: E gli opposti covon con poco riso Legherai polveroso , e porrai 'n sporta : Pochi ergeranno ad ammirarti il viso . Altro tenor di cose al Mondo apporta • Talor la mente dell' Egioco Giove ; Che a ben saperlo umana mente e corta . Se tardi arasti , qual rimedio giove Or ti diro . Qualora intra le frondi De le querce il cuculio il canto move , E gli uomin per la Terra fa giocondi ; Allor tre di , senza restare unquanco , Giove con pioggia i colti ti fecondi : II<2 / > Mwr ap OTTip/S/xXXcou /3oo\ oVAwV, pmr a.7roXei7rcav ' Outw k o^apdwts 7rpcoTnpoTY\ i(ro $VfAM £ otto 7 * x-pvoq dvipae, etpyov 'l dfji,yixau>!vt Ka.irxfxdp-\,vi Xvf 7TCA>iy> Xl7TT\) dt 7TCtX^V 7roJtX ;£«£/ 7Tfi^0fg. TLoXXd S' dipyoc, dvyp zcvwr i7r/ i\7ri$a. pi ' fxvcov , Xpyir^cop fiiOTOio homo, 'zspoeriAi^ciTo Supp . 'EAzrv; £ an dyct^vi KifcyfAivov dvipa. no fillet , ^00 r 'H{AC4>oi> h» \io~xy j ry fjnfl /Slot; dpxio; &-a . A&KWi JV , 53o Qwyoutriv , kou 7nx'<; VX ^ITWlCf Smfxov/ ) 7roXXviv KpoKO, [jwpv ''y ci,&pof/,ivau koltu trcof^a- 54© AfXQ)/ Ji ■/TOa-O'l 7TiJ"lXot fioOC, I (pi KTUydvOlO v hpfjtsvu, $y\c , cl&ou ) 7riXoi<; i 'vto&z ■ TrvKcttraa; • Tempore hiberno , quando exossis polypus suum pedem arrodit , Irjque frigida domo , et in latibulis tristibus . Non enim illi Sol ostendit pabulum ut invadat : Sed super nigrorum hominum populumque et urbem Vertitur , tardius autem Graecis lucet . Et tunc sane cornutae bestiae et non cornutae silvarum cultrices Misere dentibus stridentes per nemora clivosa Fugiunt ; et passim omnibus id curae est , Quae tecta inquirentes , derjsas latebras habent, Et antrum in petra : tunc utique tripodi homini similes , Cu jus et humeri fracti sunt , et caput terrain spectat : Huic similes incedunt vitantes nivem albam . Et tunc indue munimentum corporis , ut te jubeo , Laenam et mollem , et talarem tunicam : Stamine vero in pauco multam tramam intexe . Hanc circuniinduito, ut tibi pili non tremant , Neque erecti horreant , arrecti per corpus . Gircum vero pedes calceos bovis vi occisi Aptos ligato , pedulibus intus condensans . Fatevi schermo contro il fier Febbrajo, E i mali di, che i buoi menano a morte, E 1' aspro giel che in terra crea Rovajo , Quando coll' aure sue di Tracia sorte Di destrier madre , muove del mar 1' onde . E piagge e boschi si costipan forte ; E per valli da' monti al suol diffonde Opachi abeti , e querce uscendo in terra , Ed ogni selva con fragor risponde . Trema qualunque fiera per boschi erra , Benche d' irsuto pel cinta e difesa , E la ritorta coda al ventre serra . Che se ispida e la cute , a farle offesa II freddo vento arriva : i bovi anch' elli Provan che i duri cuoj non fan difesa . Fiede le capre , ancor che lunghi han velli ; Le Pecorelle no : che mai non passa Rigor di Borea si lanose pelli . Gli omeri e 1 capo al vecchierello abbassa: Solo di molle vergine pudica Per le tenere membra non trapassa ; Che appo sua madre in casa si nodrica ; Si lava , e d' olio s' unge , e a notte riede Di verno al letticciuolo , e vi s' implica , "5 1 14 Mil vet JV Xvivoucovci, xctx.' vi uamt , /SsSopct 7ravm, Thtov dXzvet&ctf xcu TTYiyctSctc,^ cur S7rt yououf 6o5 TlvzuarauiToe] fiopicto , Sv • 'Oc, TS Sid ©p/KM^ ITTTTOTpdtpx iVpil 7T0VTCO E/U7rn urate, co'ejvt' ptiftuxt Si ycuet xou vXy TloXXctc, Si Jpy? v-\ixd uxe\ *, iXdwtc, ts 7rct%&ci<; , Oupioe, cv Sn'crcrpe; ttiXvo. , %$rovi 7r%Xv(2oTSipy 5lO ~EiA7ri7nwv, nod TTcta-at, 0oa tots me/Toe, u'Xy. 0wps<; JV tpcjcrcrouG' > ou'pde, S "Jsro* /fctfe^g i%cvTo ? T jco* Xdyi'y Sipuet iLctmcrxtov ctXXd pv xcu twu "$~u^oc, ioov Sictvio-i j Scttrv^ipvoov Trip idvnav ■ Kou ts Sid pn'S fioct; ip^irai > hS( aiv 'tercet . 5i5 Kou ts Si ctiyet divert Tuvvr&x ct ' TTodici S' xrr OiiviK iTryiiTcivou r^j.^ie, clvtwv , 06 Std'A ne piu ne manco , S' erga il caduto umor : oosi al piu pronto Ogni tardo arator puo stare al fianco . Chiudi nel cor quant' io scrivo e racconto ; Onde non sia che inosservata lasce O pioggia che a' bifolchi metta conto , O chiara primavera allor che nasce . "$ CAPITOLO VI. N, el tempo che 1' inverno si rinnova , Quando gli uomini un giel preme gagliardo \ E assai 1' industre a la famiglia giova ; Trapassa , si che non ti dian ritardo De' fabbri le fucine , e F altre sedi , Ove si scalda e garre ogn' infingardo , Perche lo stremo e il mal non ti depredi In quella rea stagion , ne ti convenga Premer con magra mano enfiati i piedi . Chi senza cibo aver che lo sostenga Sta aspettando ozioso in vana spene , E .forza- che gran mal covando venga . Non buona e la speranza a cui s attiene Chi del vitto ha penuria , e le giornate A' ridotti sedendo s' intertiene . E dillo a' servi mfin da mezza state : Non sempre sara estate e tempo gajo: I tugurj per tempo fabbricate . m i r Mentre ne' freddi suoi tristi antri il piede II grasso polpo a roder si conduce ; Che pasco da' sfamarsi allor non vede ; Ne gliene scopre il Sol , che 1 carro adduce Sovra regni e citta. dl gente fosca , Ed a tutti gli Achei piii tardo luce . Ciascuna belva cui la selva oiFosca, Di corno armata o inerme , i denti batte , E per erte fuggendo si rimbosca . Tutte punge una cura , e cercan ratte II noto asilo di boschetto folto , E di petrosa tana , che le appiatte . E van di neve paventose molto , In guisa d' uom , che con tre pie s' avaccia , Rotto le spalle ed atterrato il volto . A schermo delle membra allor procaccia Morbido manto e lunga sottovesta , E in poc' ordito assai ripien si faccia . Di lei vo' che ti copra , e ti rivesta , Che non tremino i peli , e intirizziti Ergans' indosso come secca resta . A' piedi porta acconciamente uniti Calzar di bue per viva forza estinto , Che dentro di buon feltro sian vestiti . / n8 Tlpcomyoveov £' iPjLtpcov , cttots ttpxloc, cogjtov t'XSy , Aep fxxra, cuppdwrnv vivpa (Boot; , o(pp ztt/ vcaro) Tax dptpifidXy dXzyv • KitpxXyipi ef VTripScv 5^.5 H/Xov t'x&tv dfntwrov , Hv ovarct fj.ii KontxS'ivyi ' "irv^Yi ydp r vicoc, 7TiXzTou /Sopzoto 7r'i$dfAOi>oe, > zpyov tsXz 'o~ a. c, , olnov Si pa&cu , MwVo7S G" j/pW3"CV CrnOTOQV v{(pOC, d.U(pl)tOt.X^'\-Yi • 555 XpCOTtt 7H fXvSctXiOV &&YI) KClSd 9' &t jUOCTCt SiUCTYI. 'AAA' v7rctXsvct&cu , fx⁢ ydp ^aXz7rco7tx,Toc, £ltoc, X&{iz'e/o$ > xotXi7ro<; } Z7r' dvioi J£ 7rXiov eiv\ 'Ap {ActXwt; • (JtctKpou ydp i7rippo$oi zotppcvou ei &$ hnavwp „ 'lo-ii&OU VVMCLC, IB KCU % (AciTU , CiCTOKCV avSiq }> Ti\ wdvTWv fjt,yinp napwop cvfA,y.iK7op iv&Hy. Ev r up £' itynopTtx. {Xird rp07rdc, iiXioio XeifXiZA ixTeXitry Zivt; tifjutruy JV pa roV aVu'p ^5 'ApXWpO? <®ft0Xt7TCdV hp6l> pOOP Q.HiOLi'O/0 , Jlpcowp 7roL(/.(pouvcov e-7r nzXXvim ctxpoMUpcuoq. Top Si (Jtir opSrpoyovi TLavJiOPtt; to pro yjXtJav 'E7roic, J e'apo? )lo) Ifctfiipoto ; . TwV q>Sd(ACt>o(; oh etc, Tn&mfxpi ' (xiv '•' (8$ yap *pen>oi>. 5?o 'AAA' oWr a> (pipsoiKoe, awo %$ovo$ dp (pvm /Saipy, IlXwdSai; (pitlyatir > rcn JV cntdtpot; 4kiri otviaiv' 'AAA' apTrctq & x u P a *"" Jt**> u $ ty&P&v - Qwy&p Si arKttpouq-&uKit$ , %m iw i» wi-mv , „ Haec observans, totum in annum Aequato noctesque et dies, donee rursum „ Terra omnium mater fructum omnigenum proferat . Quum autem sexaginta post Solstitiunr Hibernum exegerit Juppiter dies , tunc sane astrum Arcturus'relinquens sacrum aequor Oceani , Primuin totus apparens erf oritur vespertinus . Post hunc mane lugens Pandionis venit hirundo In lucem hominibus , vere nuper coepto . Hanc praevertens vites incidito : sic enira melius . At quum domiporta ( cochlea ) e terra plantas ascender. Pie jades fugiens , tunc nou amplius fodiendae vites , Sed falcesque acuito, servosque excitato . Fugito vero umbrosas sedes , et matutinum somnum. 121 Questa norma di cibo , onde t' ho istrutto , Paragonando colle notti i giorni , Tutto 1' anno terrai ; fin che ogni frutto La madre antica a germinar ritorni . C A P I T O L O VII. p oi che Giove del verno avra donate Sessanta intere luci dopo quelle Che da lo star del Sole son nomate; Incomincian d' Arturo le facelle , Le sacre acque del mar lasciando a sera, Tutte ad aprire lor sembianze belle . Dopo esso agli occhi nostri appar primiera La rondinella , e piagne in sul mattino , Sorta di pochi di. la primavera . Or poi che questo tempo fie vicino Potar le viti , e diradar si vuole ; Questo e '1 miglior partito al contadino . Ma come dalle Plejadi s invole Quella che a tergo la magion si porta , E di terra alle piante ascenda, e vole, Zappar viti non dei ,• ma la ritorta Falce raffina , e su la cote appunta , E de' grani a la taglia i servi esorta . E schiva il sonno da che 1' Alba spunta , E i seggi ombrosi , quando 1 gran si affascia , E corpo e lena dal sole ci e smunta : 16 122 "Xlpw op dfAHTV , ots r wlXioe, ytpct adp(pfi , &1^ TitfAXToc, 7rov dy&p&p , ''Op.S'pa dviFcl/ucvot; ) n'ct to/ /3/oe, dpz/oc, &jy- Hcoc, yctp t Ipyo/o T?j.iyiP aTTOjueipzTCt/ alara» . HeJq toi <®poOL»ei A/u&xri £' i7roTpvv&v AyifjWTtpoc, hpdv dicmv Awzfxcv, iur dv 7rpatwt (p'juvy &ivoc, D.qJ.coi/0/; , Xapa bit tva.ii y xou ivrpo^xXo) cv dXcaYi . Mirpa cT' iv x.o{J.t ivj'o&cv 01X.0U , 0mt' doixov 7roi&t^ou } kou drsxvov '{qj&ov Al£i&OU xiXo/UOU • %CtXi7TH J' VTTOTTOpTte, i'?j$o<; . KoU XVVCt HCtp^CtpO Joi TVt KO/UGif j [Ail (p&JiO (TllX - Mw' ttots $, 610 Fontemque perennem ac defluentem, quique illimis sit. Tres partes aquae infunde, quartam vero partem vini admisce . Famulis autem impera Gereris sacrum munus Triturare , quando primum apparuerit Orion , Loco in ventis exposifco , et bene planata in area. Mensura vero ( usus) diligenter recondito in vasis ; sed postquam Omnem victum deposueris bene conditum intra •domuni, Servum domo carentem conducere , et sine liberis ancillam Inquirere jubeo : molesta est autem quae liberos habet ancilla . Et canem dentibus asperum nutrito , nee parcas cibo : Ne quando tibi interdiu dormiens fur facuitates auferat . Foenum autem importato, et paleas , ut tibi sit Pro bobus ac mulis annuum pabulum ; sed postea Servorum refocilla cara genua , et boves solve . Quum vero Orion et Sirius in medium vencrit Coelum , Arcturum autem inspexerit roseis digitis Aurora, l 2S. Limpido fonte di viva onda fresca Vi corra j e infondi dell' umor che versa Tre parti , e per la quarta il vin si mesca . Or come prima d' Orion' emersa Vedrai la face , a la famiglia imponi , Che la mano a trebbiare sia conversa . De la spicosa Dea tritura i doni In aja rasa , in loco all' aura esposto : E misurando in vasi gli riponi . E poi che tutto in casa e ben riposto II tuo vitto , una fante , ed un famiglio A' domestici ufficj ne sia posto . L' un senza casa , e 1' altra senza figlio Bada che sia . Serva che nutra eredi Sempre di noja e seme , e di scompiglio . Nodri can d' aspro dente , e lui provvedi Largo di cibo : che le tue fortune Chi dorme il giorno , a notte non depredi . Delia paglia e del iieno , esca comune A' muli e a' buoi , quanto bisogna a un anno , Tanto a' fenili tuoi se ne raguni . Poscia rinfranca del sofTerto danno Le debili ginocchia a' servi lassi , E disciolti da giogo i buoi n' andranno . Ma quando a mezzo il Ciel muovono i passi Canicola , e Orion ; e gia 1' Arturo A la rosat' Aurora incontro stassi ; 12(5 'il HipO-YI , TOTS 7ra.VTCtC, Ct7roJpi7Ti o'tKOtJ'i fioTfiVC, !• Aei^ou S' iiiX/p Swat, r vi fxcarx. x.ou S$x.ct vvktu^- Tlii>7V Si (ru '£lqj.covoc > Qivyovarau , 7ri7nw1 01V07TI 7T0VT&)' rifi> J" ipyatji&ou {jn/upyi[j,ii>o<; , wc, pv caviwy , 6a5 O Persa , tunc omnes decerpe et fer domutn uvas . Exponito vero Soli decern dies, totidemque nodes. Quinque autem in locum opacum repone , sexto in vasa conde Dona laetitiae datoris Bacchi . Sed postquam utique Pleiadesque Hyadesque ac vehemens Orion Occiderint , tunc deinde arationis memor esto Tempestivae ; ita annus in opere rustico bene dispositus sit . Quod si te navigationis periculosae desiderium ceperit , Quando utique Pleiades , vehementem Orionem Fugientes , subierint obscurum pontura , Tunc certe variorum ventorum strident flamina ; Et tunc ne amplius naves habe in nigro ponto ; Terram autem exercere memento ita ut t« jubeo . Navem vero in continentem trahito , munitoque lapidibus Undequaque , ut arceant ventorum vim humide flantium , Tutti vendemmia i grappi , e all' abituro Recagli , o Persa ; e dieci di gli tieni Con altrettante notti all' aer puro . Indi per cinque all' ombra gli sostieni ; E de' doni , onde gioja da Lieo , Nel sesto giorno i vasi fa ripieni . Al fin , quand' Orione in mar cadeO Con le Plejadi , e F Iadi , ad arar pensa ; Che tempo e gia : cosi 1' anno febeo A' campestri lavor ben si dispensa . 127 C AP IT OL O VIII. s e poi nel cor ti nascera talento Di sospingere in mar legno spalmato , Opra piena di risco , e di cimento ; Nel tempo che Orion fuggendo armato Si dileguan le Plejadi nel mare, E di venti diversi spira il fiato ; Le navi al fosco mar piu non fidare , Ma de' fertili campi a la coltura , Cosi com' io t' esorto , dei pensare . Traggi '1 navilio in terra , e 1' assicura Contra gli umidi venti e i lor contrasti , Facendo a lui di pietre alta chiusura . 128 Xel/xupov u%ipvTUva.&au , 'iv oltxctSi XipSoc, etpyoUy "\l Sid 7TOVTT3V O.VUO'Crai.C,-, 635 Ku/uyii> AtoXiSa. <®fo7\i7roov , o» vy\\ [A:\ouvy ' j, Ovx cttpoMoc, ipivycdv -, a* Si ttAsstcV te, xou o)\fiov y ,, 'AXXd xolxav 7rc#JY!i> , wV Z?y? zvSpi-^ ''EXixoovoc, 6i£upy ivi xco/uviy ''Arxpy, %ei[Aa xctxy , Sspsi dpyaXiy , nSi 7ror 6o9-Am - 040 Tt/Vw J* 1 ', » Ili'po-M , '{pycov uijjLVAyAvoc, ekvcu 'Upoucov TrctvTitiv , 7ri?} vavriXiAC, Si fxetXt^a ■ Nw oXiyyv cuveiv , [xiy&Xy & evi (poprla. Si&cu- M&i^cop (xiv tpopwt;, [X&t^ov S' eV/ xipSn xipSo$ v E rpe->f,,wj dirtippovct ^vfxov , BisXycu Si ^icc ts 7rpotpoyeiv , kou Xt/uov dT*p7ri\ , Aei£co JV to/ [Airpot, 7roXv(pXoio~(3oio $aXda~) Od yelp 7TCO7T0TS VA'i y iTTiTrXcoV ivpict 7TQVT0V , 65o v E( fxvi ic, Etifioiow 6$; AvX/Soq , ri ttot 'A%auoi , 3, Meivowjsc, %etpcovx } ttoXvv o~uv Xclov cty&tpajf „ 'EXXdSbc, 6% itpvic, Tpoi'viv it, ■naXXiyu 'vcuKot . \, Ev&dd' iyoov i7r aiSXa. aodfypovoc, Ap.(piSd(/,avro^ _,, XaXx/Sa. t et07r i jraxSic, [AiyaXiATvpu; • tvSd ya QYipi ,, 'Ifxvcp viY.v\p>n;, • t £lpau6e, 7riXitcti SvyitoIc, 7rXdo; • xts Ki viia, Quando autem ad mercaturain verso imprudente animo , Volueris et debita efFugere , et famem molestam , Ostendam tibi rationes sonori maris , Etsi neque navigandi peritus , neque navium • Neque enim uiiquam navi transmisi latum mare , Nisi in Euboeam ex Aulide ; ubi quondam Graeci , ExpecLata teinpestate 5 magnum coilegerunt exercitum " Graecia e sacra ad Trojam pulchris foeminis praeditam . Illuc ego ad certamina strenui Amphidamantis ',' Chalcidemque trajeci; indicta (per praecones) vero multa „ Praemia constituerunt juvenes magnanimi: ubi me dico Carmine vie tore in tulisse tripodem auritum • Quern ego quidem Musis Heliconiadibus dicavi , " Vbi me°primum duleis eompotem fecerunt cantus . ,',' Tantum naves expertus sum inultos clavos habentes . „ Sed tamen dieam Jovis consilium Aegiochi , Musae enim me docuerunt divinum carmen canere . Dies quinquaginla pot>t Solstitium , Ad finem progressa aestate laboriosi temporis, Tempestiva est mortalibus navigatio ; nee certe navem Dunque se, volto a mercatura e imbarco II folle tao pensier , vuoi d' ogni parte Di debito e di fame gire scarco; Del lempestoso mar poss' io mostrarte I tempi , e le ragioni ; ancor che istrutto Non foss' io mai di navi o di tal arte : Che gli ampj spazj del marino flutto Con legno non premei , se non se allora Che nell' Eubea fjii d' Aulide condutto ,* Ove di Grecia sacra uscendo fuora Per Troja , il grand' esercito s'unio Aspettando al tragitto il tempo e 1' ora . La prima , e poscia in Calcide venn' io Quando all' onor del prode Anfidamante Spettacolo solenne si bandio . Promise e die gran premj la prestante Sua prole ; ed io tripode ansato n' ebbi , Che ad ogn' altro cantor fui messo avante : E l'eliconie Dive indi ne accrebbi La Ve del canto la gentil scienza Merce di loro , e da' lor fonti bebbi . Tanto , e non piu , di navi ho sperienza ; Pur di Giove i consigli avvien ch' io dica Poi che del divin metro ho conoscenza. Quando la state piu non ci fatica , Per ben cinquanta di dopo il solstizio , Ricorre l'ora a'naviganti arnica: , 3 I 132 Ketvet^uiq xt avSpctc, "emHp&fo-eH 6dXctch$ r ctupcu , zed ttovtoc, d.7rvi(xoov , 670 Ev «wAog- 7D7H wet ^omV uvifxoicn 7r/Silo-a<; EAiiipQ* IC, 7TQV TOV , pc/pjW J" gj TTCtVUt TlSl&ou. T2>7Tiu£eip d" otti my/Tot 7rct\iv oinovSi vli&au ■ Mj/dfc [XiPGiV 01 POP TS PiOP KOU Ci7TCtiZJ.VQV uBpop KCU X&t(AtoV S7Tl'j:TtX. , VQT010 TS Setpolc, avimc, , 675 ' Oc, r w&vi SolXcag-g-om , o/ua,pma~a,<; Ajoq oufipa HoXXa OTTcopivcp • %ctAi7rop Si ts ttgptop zS-tut&r . '' KXkoc, S &a,&i>o<; 7rz\iTZti 7rXooc, d.v&poo7roio-ip ■ 'HfXOq JV TO <2Bpit)TOP yCO'OU T i7Tl/3uO"a. XOpCdPH ''l%poq i7T0ina'cv > tootg-ov 7ritctX dpJpjL (pauyelvi Ev zpdSy UKpoTury tots S a.fx@ct.Toc, g'sv Sra.Xa.a-ffn. Eia.qj.voc, S' ovtoc, 7nMTCti 7rX6oc,' h fxiv 'iyeoyi AipyifX' a ya.pt ifxu> OufXM ■n.i^a.qj.a-fxivoc, i^lv , 680 Fregeris, neque homines perdiderit mare, Nisi dedita opera Neptunus terrae quassator , Aut Juppiter immortalium rex velit perdere Penes hos enim potestas est simul bonorumque malorumque . Tunc vero facilesque aurae , et mare innocuum , Tranquillum : tunc navem celerem , ventis fretus , Deducito in pontum : onus vero bene omne colloca . Propera autem quam celerrime iterum domum redire : Neque vero expectato vinumque novum , et autumnalem imbrem Eb hyemem accedentem , Notique molestos flatus, Qui concitat mare , comitatus Jovis imbre Multo autumnali : asperum vero pontum facit . Sed alia verna est navigatio hominibus , Nempe cum primum quantum incedens comix Vestigium fecit , tan turn folia homini appareant ■ Summa in iicu : turn sane pervium est mare . Verna autem haec est navigatio; non ipsam ego tamen Probo : neque enim meo animo grata est , J 33 E cortese porgendo al legno ospizio Non tel fracassa il mar ; ne le persone* Sormontato trabocca al precipizio; Se in cor di ruinarle non si pone Giove o Nettun : pero che sta in lor mano E del bene e del male pgni ragione . Schiette 1' aure , tranquillo e 1' Oceano , E sicuro a que' di : iida il tuo legno A' vend , e . '1 traggi nel ceruleo piano . Vedi , che tutte poste a buon disegno Vi sian le merci , e ratto il »piu che possa Di ritornar premura abbi ed impegno . Non aspettar vin novo , e che sia scossa Pioggia d' autunno , e '1 verno che avvicina , Quando da tristo Noto e 1' aura mossa ; Che in mar destando va turbo e ruina Seguitato da spessa autunnal pioggia ; E paurosa rende la marina . Un altro tempo ancora , un' altra foggia V ha di tragitto , allor che '1 verno passa E la nova stagion rinasce e poggia. Quando in vetta del iico non trapassa La foglia il breve giro di quell' orma , Che la cornacchia camminando lassa , Varcar si puote il mar ; in questa forma Ha Primavera il suo marin viaggio ; Sebben nol lodo , che mal si conforma m 'ApwaKTo^' yaXnraic, th (pvyoit; kakov aXXd vv £j rat "Au&p<»7roi pitpvauv di$p&yvxh 7TiXvrui SeiXoicri @poroivz /3iOf x.oiXy ax^ oc > delpae,, "A^ova x.avd£ou$, vx Si zix.o<; dvyp Aw/^r' ayL^ivov T'yh; dyaSHc,' rye, £ cturs xcfuyc, a plyiov aAAo £.&7rvo'ho , xy\c } ' v\t .cLvSpct xou 'i'^ifxov Trip iovwc. ILuh ctizp SaXa , xou cofxf yripoii S'cokz.v • £05 Ec/ cT ottiv a. r $JwcLTU)V (xctytcipoov 7ri /uyi (jliv 'zepoTzpoc, ■x.clx.qv ip^vit;- M.mJV -^evJi^ca yXu dpx*i) "H ti i'Trog (iTTCov IhroSv (J-tov j MS max zp^ctt;, 710 A/$ meet Tivvv&au (jLiuvAixivoc,- «' JV x.cv avSrig HyUr 7 it; (p/Aowraf > J/x.yii> J" e&'Awov 7rapav vemi^yipa • Earn vero potissimum ducito si qua te prope habitat : Omnia diligenter circum contemplatus , ne vicinis ludibria ducas Neque enim muliere quicquam vir sortitur melius Bona : rursus vero mala non gravius aliud Commessatrice : quae virum licet robustum Torret sine face, et in praematura senecta constituit. Bene vero reverentiam erga Deos immortales observato . Neque fratri aequalem facito amicum : Quod si feceris , ne ipsum prior malo afKcias . Ne vero mentiarls solatii caussa. Sin autem coeperit Aut verbum aliquod dicere ingratum , aut facere, Bis tantum punire memineris : si vero rursus Bedeat in gratiam , poenam autem velit dare , Becipe . Pauper quidem vir amicum alias alium Facit : tuum vero ne quid animuin coarguat vultus . Ne vero multorum hospes , neve nullius hospes dicaris , Neve malorum socius, neque bonorum convitiator . T 37 Se 1' hai vicin di casa , attienti a quella ; Ma per non aver beffa da' vicini , Guata ben tutto e prendine favella . La virtuosa donna infra' destini Per 1' uomo e 1 meglio ; e il peggio e la cattiva , Che a laute cene di soppiatto inclini . Essa un marito , che robusto viva , Brucia pur senza faci , e discolora , Si che immature- a la vecchiezza arriva . De'venerandi Dei rispetta ognora L' alta presenza . Un amico sincero Meno , che '1 tuo fratello , ama ed onora . Se un amico t' acquisti ; a lui primiero Onta non far , ne tanto digli o quanto Ne anco a scherzo mai , che sia men vero . Ma s' egl' incominciasse dal suo canto Con parole o con opre a farti offesa, Rendi male per mal due volte tanto . Pero se a rappaciarsi cerca presa , E presto a satisfare si offerisce , La tua pristina grazia gli sia resa . Or uno , or altro d' amicarsi ambisce II pover' uom : te non accusi '1 vol to , Ch' ei dissente dal core , e che fallisce . Ne inospitale , ne ospitale molto , Ne compagnon di tristi sii chiamato , Ne morditor di buoni audace e stolto . 18 i 3 8 Mtldi 7T0T 0V\0{A,il>YlV 7TZVIYW &UfA0$Q6p0V dv$o). TtrXaS oveidi^&tv , fxctxdpoov Jtitrtv ouiv ioviuv. rXeocra-ni; to/ $Yiaruvpo\ cv dv$-p6)7roi auSo7ra. oliov Xeptr/V dvi7notctwi?rv7rTV%o-i d( r dpdq- Mw^' dvr tizX/o/o TtTpctfAfAivoc, op^oc, OfXl^eiV • Aurizp i7ryv xi dvv\ , fxiyLvyyiivoc, , £'<; r dviovroe, . MwV df o£a> ) {A.WT ixioc, 6 Sou 7rpo/3dSnv ap>/crjt£, MtfcT ')krn?yuuvGo$reic > • fxaxotpeov to/ vvkts$ lacriv. ^3© 'E^o/ucvot; S' oyi Seioc, dvvip 7ri7rvvpt.{vcL eiSeac,^ *H oyi 7rpoc, Toiyov 7rihdara,e, ivipxtot; ac/Aw<;. MyS' ouSola. yovy 7ri7rccXay/j,iP0i; ipSo&Qjp o'Jxx 'E^ty i[X7rikdS6v 7rapct , aAA' d\{ct&ou . MviS' ")vrv Juo'tyYif/.o/o raspy ' s ^7mvo^Y\o-a^TOt ^35 X/np/Jiouveiir ytviviv , «'AA' a.$ou>ctTWP !&& SbuT0$> Neque unquam miseram pauperiem animum comedentem, homini Sustineas exprobrare , divorum doiium imraortalium . Linguae certe thesaurus inter homines optimus Parcae , plurima vero gratia , si modum servet . Quod si malum dixeris , forsan et ipse ma jus audies . Ne in convivio , quod multi amici instruunt , sis morosus Ex communi (quum comeditur) ; plurima enim gratia , suiuptusque mini- Neque unquam mane Jovi libato nigrum vinum (niue. Manjbus illotis, neque aliis immortalibus . Neque enim illi exaudiunt, respuunt vero etiam preces - Neque contra solem versus erectus mejito , Sed etiam postquam occidit memor ejus rei, usque ad (ipsum) orientem Neque in via , neque extra viam inter eundum meias , Neque denudatus : Deorum quippe noctes sunt. Sedens vero divinus vir et prudens , Aut ad parietem accedens bene septae caulae . Neque pudenda se mine pollutus intra domum Focum juxta revel at , sed caveto . Neque a feralibus epulis reversus Seminato progeniem , sed Deorum a convivio. i39 Ne al poverello il suo misero stato Che rode il cuore , rimprocciar giaminai : Che dagli eterni Dei tal dono e da to . Parca lingua e un tesoro ; e merto assai A chi e temprato parlator si rende . Se dici mal , forse che peggio udrai . Ne al pasto sii ritroso , ove si prende Infra gli amici a scotto ; e pensa ch' ivi S' aggrata molto , e ben poco si spende . Lordo le mani , a Giove o ad altri Divi Non libar vino mai quando il di nasce ; Che a' voti tuoi saranno irati e schivi . Ne a la vescica 1' acqua si rilasce In piedi , o al Sol ; e poi che 1 giorno cade Tal contegno terrai fin che rinasce ; Che camminando , in via, ne fuor di strade, Ne mal velato il faccia . II tempo scuro Di notte annolo i Numi in potestade . II savio , che dal Ciel divino e puro Tragge costume , assidesi in tal opra , O di chiuso cortil s' arretra al muro . Ne al sacro focolare sidiscopra Vergogna immonda entro del tuo soggiorno ; Ma sempre in cose tai riserbo adopra . Qualor cenasti a' sepolcreti intorno A prole non attendi; ma ben quando Da la mensa de' Numi fai ritorno . 140 MYlJt 7T0T dcvdcov 7T0TZXU&)1> KdXXt ppOQV U Scop Yiotrci 7npav', 7r?).v y iu%y iSoov i$ zxXa pi&pa > Xvpucc. vi\a.fx fxoipct t^tuktixi • 7 4 5 MtfJV S6/J.0V 710100 V, dvl7Tl^t^0V K.aiTX.Xei7rHV , Mw TO/ itylCpfJiiw Kpoofy XctKtpvt,OL KOpGoVA. MwcT' ^ctd v ^rpo^-oJa^ a.Vi7TipplX.T(0V aViXilTOt m ''Ea&W [AYlS'i Xoi&CU • i7T&i KOU TDl ' C, gVl 7T01VA . MwcT' eV cL'x.ivwtvio'i Kct%it,eiv («' ^ap auwov) 7^0 IlcuJa Svoo^ittctTauLov , or amp' dvn'i'opa yroi&t '■ MwJV cbcoSiKCLfAyiVOV ICOV KCU THTO TSTUXTVtt . MtfJe yuuouKHti} Xxrp:o }%oa (pcuJpuvi&ou. Avipa,' XivyocXiv yap tni y^ovov %f eV/ kcw rjji Tloivn • [jwS' i'polcriv sV aiSou.ivoi dXctSi 7rpopidi>7wy y „ MvS , %ct\i7rvi S' ")>?m$r{&au- $>Vfxvi S' a r/5 7rd.{X7T'JJj d7roXXvTxi > v\v rivet 7roXXoi Aaoi Sclts d&cu ■ 5, ~Evt dp ctXwSeiyv Xaoi Kiivovrse, ayaxriv * Ai'Si ydp Yi/Lupcu &o~i Aice, wctpd (jwtioqjvtoc,. Tipoowv IvYi , TSrpac, rs , kou iSSo/uvij hpov vi/uetp. HO Tyi ydp ATrdXXcoPct "fcvordopa, yeivaro Awra. „ Nee unquam in alveo fluviorum mare influentium, ,, Neque super fontes mejito : quin valde evitato . ,, Neque ventrem exonera; id enim nihilo est melius Sic facere ; gravem vero mortalium evitato famam . Fama enim mala est, quae celeriter quidem excitatur Facillime , molesta vero portatu , difficilisque depositu . Fama vero nulla prorsus perit , quarn quidem multi Populi divulgant ; quippe Dea quaedam est et ipsa . DIES. M I ir jes vero ex Jove observans , bene secundum decorum „ Praecipe servis ; tricesimam mensis optimam „ Ad opera inspieienda, demensumque dividendum : „ Nempe cum vere judicantes populi (dies) aguut . Hae enim dies sunt Jov^e a prudente . Primum , novilunium , quartaque , et septima , sacra dies : Hac enim Apollinem ense aureo armatum genuit Latona . H3 Ne dal corpo disgombra inutil peso A' fonti , o di real flume a la corrente , Ma di cio guardia e gran pensier sia preso» Schiva la trista fama appo la gente . Mala cosa e la fama ; a sorger presta , Grave a portar , dura ad uscir di mente t Spenta del tutto mai fama non resta , O sia di buona cosa o sia di rea: Che molte lingue lei fan manifesta , Ed ella pure in se medesma e Dea . CAP. X. LE GIORNATE. D i ciascun giorno , che per Giove splende , Osservando il tenor , insegna bene A' servi i giorni adatti alle faccende . Nel di che d' ogni mese estremo viene , De le mercedi a' servi far dispensa E visitarne 1' opre si conviene , Ma cio val tra le genti, ove si pensa A notare i di veri : il saggio Dio A tali affar tai giorni ci dispensa . II primo di che nova Luna uscio E '1 quarto , e '1 settim' anco , in che Latona Febo dall' aureo brando partorio , i44 OyJodvt r , ivdvf ts , JV dXtaarSou 780 XTrtpucnvt; dp'taSTou- (pvm, sT wdp{-\ct&ou d?(.^tt ■ "EZ7ft cT' JJ [/.iCTG-YI (JLcLX CICTV fXtpopo't; i?t (pUTD/CiV ' hvSpoyovoc, r dya^y • axpvt J" a cruf/.^opo<; i?jv , OJre ^c^t&cw TTpcor , «V #p yd/ua dvriQoXviict jUv'Xeov y Xyx.Qi' r a./u{p/3ciXeiv 7rotfXvv\iov httiov m fActp . 'E&Aw eT' dvSpoyovoc,, (piXi&t Si ts Kiprofxa fid^&v, ~i'iuStd 9', oupLVAiac, ts Xoyzc,) Kpup/as r cct& apHat; Si SvooSzudTy TuXcapyovt;. EindSi S ct> {/.zydXy , wXicc tifxctri , It^opa. q>coTtt Tetvctojcu- fxctXa. yap ts ioov 7ri7rvKct kou apwa; T&Xoupyiii; TLptld'lttrtP 1 iTTl X&pct T i&& ■>■> TtrpdS ctXiua&cu (pSivovTot; $' , tg-ctf/.ei'a ts , ,) ''AXyioc. Sufxofiopeiv ■ fj.dXct toi TSTsXiCfxivov v\y.ap . 'Ev Si TSTUpTTI [AWCC, uyi&OU it, OIKOV UKOITIV , 800 OlCOVOVC, K'iJ.VCLC, , of Z7T tpyfXCtTl THTM dtt?Ol . HifA7rmt; S' 6'^ctXia^az ' i^ei %a.Xi7rau re kou cuvod . 'Ev 7ri{A7TTy yelp q>a./ ^s? ^ap -9" w'Jg (puTiVi/ucv y w'JV ycv{&cu> 'Aui'ej- r tiJz yiv.axKi ■ hcw s7rore 7rdy)tct)iov y fxctp . Hetvpoi S etvr /'cretin , T&.cretvdJa. pi/woe, dojsluj '' Ap^ct&cd ts 7r/Ssy xcu art "Cvyav ctv^vct SeZvcu 8i5 BOUCTI KOU WfMOVOlCTl X.OU l7T7r0iq COKV7ToJi(T) Apud Columnam pag. 240. (c) Hist. Nat. 11. cap. 7. (/V«s ; dicendo che cosi ha edito Isingrino in Basilea , cosi portano due MSS. vossiani , cosi meglio suona , che doppiando la » , col dire sVouveVo-as , o eVoavaWae . Ma come noi leggonoProclo, lo Stefano , Aldo , iGiuntinella prima stampa , e nella seconda , il Trincavel- lo , il Commelino , V Einsio , quattro Codici presso Loesnero , piu presso noi ; e cio che assai monta , nella edizione Basileese d' Isingrino del i$$o. e scrit- to eTouvrireits con doppia che altri ometta il ts, mi e riuscito di trovarne esempio . 20. Jl Brunck persuaso dal suo codice , contro 1' autoriti de' tre Scoliasti , e dell' edizioni , e MSS. migliori vuol qui mutare dirdXafxvov in dvaXnuov , perche al metro non si faccia forza . Ma niuna forza si fa al metro , leg- gendo uTrdXctuvov , perciocche una vocale innanzi pv e comune , come prova il Gretsero nella sua gramatica . 2.5. Kou xe?oi(xsij$ x.st>a{xii Korea . Nel Tomo 11. delle Osservazioni critiehe in- gles! condannasi questa giacitura di parole , come troppo semplice e disa- dorna > e con Aristotele (a) si emenda x«i Ki^auu r.t»oiittu% x.oria : al qual can- giamento si adatta il Sig. Brunck . Ma que' Critici non si avvidero che quella non e citazione , mentre il Filosofo non dice che proverbialmente quelle due voci congiunte con un ? . Ncl resto come noi leggono Platone (b) , PJutarco (c) , Dionp Crisostomo (ci) , Stobeo (e) , Prisciano (_/■") , Filostrato (g) , a' quali non parve quel testo degno di riprensione . E certo lo stil mezzano, in cui Esiodo e principe , ammette quell' ordine di parole . 2.6. > . Sentenziosamente Dante (i) Apri la mente a quel ch' io ti paleso , E fermalvi entro ; che non fa seienza Senza lo ritenere averc inleso . 28. Mx^g ir"E»/f etc. Questo verso contiene la proposizione del poema.Noti il Lettore come spontaneamente discenda dall'Esordio delle due Gare ; che qui viene a riunirsi quasi in un punto ; ove Perse si ritrae dalla mala Eri- de, e s' invita alia buona. 2p. Ne/W onrtirreuovat. , Lites spectantem j non perche un' altra volla pensi a liligare , come parve ad alcuni lnterpreti ; ma perchd curiosamente Perse si tiatteneva nel Foro, e vi perdea tempo. Era allora il Foro un ridotto di (a) 11. c. io. Rhetoric. (Z>)inLyside (c) De tranquillitate animi p. 473. (d) O.iat. 77. (e) Serm. XXXV111. (/) Instit. gram. Lib. XV111. (g) De vitis Sophistarum pag. 544. (h) Epigr. lib. XI. 25. (i) Cant. 111. 5. 40. ! 57 oziosi , come si raccoglie da un passo di Omero nella descrizione dello scu- do di Achille > che mi piace di riferire : Aaoi che Aristo- fane chiama «?»? «S vte/Lt^ififxetiet , e presso i latini son detti concionales > sub' rostranei, circumforanei, come il Grevio osserva. 3o. *ii?« ?-«'? t' ixiyit . L' Einsio ed albri , voglion cof igq 'Ho-ZocPej *flf« yd? r i\iy* nriXiTw. . i. e. curam , ut etiam Hesiodus Cura enim porva est, cioe debet esse. 34. col d" ouxtri Sivrsqov \<;cu 'ilcf Iq&av etc. Luogo difficile ; ma che spiegasi dependentemente dalla nostra sentenza , di sopra accennata ; cioe che Perse non pensi a litigar nuovamente , comunque sollecitato da' giudici . Gli dice dunque ilFratello: Non potrai sazio del tuo, muovermi lite: giacche appres- so la divisione sei caduto in poverta, e non hai luogo di prender di casa cio che vuoi . Adunque , se altra pretensione avrai, converra che ti accamo- di al giudizio tenuto. Fa difficolta , come giudizj si rei possan chiamarsi i&et'yo-i fixats ; ma quell' epiteto equivale a twcftois per sentimento degli Sco- liasti ; e vuol dire legittimi giudizj , proceduti da chi avea facolta di giudicare . 38. 0a?i\»ns, Reges . Termine equivocq inGrecia. Ne' tempi eroici era ve- ramente la somma delle cose presso i regi , ma dependentemente dalle leggi, e dalle costumanze (c) : ne conoscevano per s£ soli le cause , ma avean col- laterali i principali del regno, che Omero chiama pur /Sas-Awaj , d^icrou^ , ytfavittg . 11 regno di Alcinoo conta molti di tal grado. Dopo i tempi eroici, distrutte le monarchic , durd il nome di re. Ne parteciparono i posteri delle famiglie, che in qualche citta aveano signoreggiato , come presso gli Scepsj ne' discendenti di Ascanio , e Scamandro (d) . In altre citta , come in Atene , ne partecipavano i soprintendenti alia religione . In Ascra questi che chia- mansi regi, non erano, dice Prodo, che cf/*a;-ai , ed dfx ! "" Ts i > judices et praefecti urbis . 3P. 7»'vJ > e i'mnv i$i\ouri &txa.7vou commentano gli Scoliasti , e vietano che quel &i*.d'f <**/«' raj . (c) Dion. Halic. Hist. Rom. lib. V. p. 337- (d) Strabo lib. XIII. pag. 607. 21 ■5». i giudici per la speranza di nuovi doni aizzino Perse , per quanto disastrat© sia , a litigar di bel nuovo . 40. Nniriof » non solo perche nobilitato da' versi di Esiodo , che cita piu volte» ma perche nominato da Omero specialmente nella descrizione che-nella Odis- sea fa dell' Inferno , ove conta di un prato pieno d' asfodelo ; talche Luciano nella materia de' navigj di colaggiu fa menzione della stessa pianta (t, 1 . Lo scopo per cui ha fatto qui ricordanza della malva , e dell' asfodelo e di lodare la parsimonia , e la semplicita del vitto , come crede quel Periandro , che Plutarco introduce a parlare nel convito de' sette savj (k) . Gli antichi pero vi trovarono un senso piu recondito 3 ancorche falso ; ed e che il Poeta alludes- se all' alimo , cioe ad una composizione di malva, e di asfodelo, che man- giata cacciava la fame e la sete : cos-i Proclo , rna in dubbio . Ma pai-e anzi ch' Esiodo abbia con quell' erbe simboleggiato il vitto frugale } come Ari- stofane lo simbolcggia nelle lenticchie (Z) , Orazio nella malva e nella cico- ria (m) . 42. Kp£/'4o»"rec etc. Gli Dei , cioe il solo Giove , avverte il Grevio , secondo il parlar de'poeti, che ascrivono a tutto un ceto cio che proprio e di un solo, nascosero agli uomini il vitto, non piu facendolo nascere spontanea- mente come faceano nel secol d'oro- L' Alamanni si servi di simil' espressio- ne la dove disse : „ ascose 1' esca ,, Sotto la dura terra ; onde non saglia ,, Fuori all' aperto Ciel , se in mille modi ,, Non la chiama il Cultore (n) . (a) Lib. II. ode 10. (b) Anthol. 1. 48. (c) Verbo » pto-tia (d) De leg. 111. (e) In Ther. v. 534- (/) Pallad.l. 37. (g) Salmas. Exerc. Plin. pag. iop8. (h) L. XXII. 22. (z) De vera historia lib. II. pag. 12). (k) Pag. \Sj. {!) In Pluto v. ip2- {m) Ode 3l. lib. I. (») Coltivaz. 11. 3$7. T 59 48. "O-rr/ (xiv etc L' inganno di Prometeo £ contato nella Teogonia a'versi53S. Sacrificd egli un bue a Giove 5 e messe sotto 1' adipe dall' una parte le ossa , dall' altra le carni , disse a Giove di scene qual delle due parti volesse , la- sciando agli uomini 1' altra. O che Giove fosse ingannato j come Igino raccon- ta(a)j e scegliesse il peggio ; o che si avvedesse della beffa, come piu con- venevolmente iinse Esiodo ; concepi tant' odio verso 1' istesso Prometeo, che dimentico dell' amicizia lino a quell' ora professatagli , e de' consigli presine , e de' serv-igj importantissimi ricevutine , voile punirlo con gli uomini da lui protetti (b) . '4p. TSviH af dv$^coirota-iy etc. Quocirca hominibus machinatus est tristia ma- la ; cioe una laboriosa vita , come chiosa Proclo ; o come Jerocle (c) le malat- tie , la poverta , la perdita delle persone a noi piu care , il disdoro nella citta . Eschilo spinge piu innanzi 1' odio di Giove contro gli uomini , ai\wa-a^ etc. . . distrutto tutto il gencre Ne volea generate un altro nuovo ; come traduce Mon- signor Giacomelli (d) . So. K f t/-|e ii nru f , Abscondit vero ignem . Che deggia intendersi per questo fuoco, lo cercan gl' inteipreti . Io credo, che sia la scienza , che da princi- pio fu creduta nascosa all' uomo ; e da Prometeo comunicata al genere uma- no. Platone cosi V interpreta : 'H etc. Quels ego etc. Questo fatto da Esiodo contato come isto- rico fu dall' Einsio riportato come allegorico , e con molte stiracchierie adat- *ato alia Fortuna . Gli antichi tutti 1' intesero della Donna istoricamente ; fra' quali Igino (b) pro quo Jupiter facto mortalibus parem gratiam referensmtdie- rem reddidit . Potrei addurre qui molti altri antichi , che vi hanno alluso or piu , or men chiaramente , massime parlando in biasimo delle Donne , siccome sono Sofocle , Euripide , Simonide , Platone , Plutarco , Tibullo , Ovidio : ma mi contento di riferire un bellissimo epigramma di Pallada che volto in vol- gar lingua suona cosi (c) . Altro foco e la Donna , a noi renduto Da Giove in pena del rapito foco : Deh non avesse occhio mortal veduto Ne foco mai , ne donna in verun loco : Ma 1' un si spegne : inestinguibil vampa E' 1' altra , ed ogni cosa arde , e divampa . 5p, "il; etpu-r' i* cT' £yi\aeis e lezione approvata da Proclo , dalle glosse di un MS. Va- ticano, e di un altro Vossiano , e da buon numero di C«>dici ; quantunque un numero alquanto maggiore di MSS. e tutte 1' edizioni citate al v. 12. abbiano nrue$evix.ou; . Scelg'< la prima lezione , perche mi pare piu naturale . 65 • K&a >«a"' e ' ;c * ^ £ veimstattm etc. Oltre la bellezza comunicata da Vul- cano a Pandora , Venere le comunica la grazia ; dono diverso } come ap- par da Catullo : Lesbia formosa est , quae cum pulche>rima tota est Turn omnibus una omnes surripuit Veneres (Z>) . Ivi. y^uo-Hv 'Apfsfiriiv, del qual epiteto usato da Omero non rade volte, e inserito da Virgilio nella sua Eneide , rende Eustazio (c) varie ragioni . La prima e perche si ornasse di vesti d' oro . La seconda e perche aurotransi- gitur . La terza e perche gli antichi tutte le belle e pregevoli cose diceano auree , come osserva anche il Valesio (d ) . L' epiteto par venuto di Egitto ; poiche in Tebe , dice Diodoro Siciliano , Venerem ob vetustam quamdam tra- ditiunem am earn appellant (e) . 66.-K.ou toS-ov d^yaX-ot , Et desiderium mole s turn . Tassa qui la donna per quel desiderio impotente , che naturalmente ha in ogni cosa, non badando a spesa , purch' ei si adcmpia ; onde Giiivenale : Non unqttam rcputant quanti sibi gaudia consent [f ; : ma sopra tutto qui si parla del desiderio libidinoso, in cui la donna supera l'uumo, per sentenza di Tiresia , e per osservazio- ne di Properzio (g) . Objicitur toties a te mihi nostra libido : Crede mihi i vobis imperac ilia magis . Ivi. ^ yuioxtitx; uiki&w.et, , et ornandi corporis curas . 11 Gujeto , e moderna- mente il Ruhnkenio , e il Brunck vorrebbono anzi yvio$o qx<; , epiteto che si- gnifica membra depas< entes etnas; e lo approvano come piu. conforme alia Esiodica semplicita . Nulla si rinnuovi contro la fede de' MSS. ch' escludono aft'atto questa correzione . Altronde la ragiune insegna , che nella donna e vizio innato la cura di ornarsi soverchiamente > e percio non e credibile , che sia sfuggita alia investigazione diEsiodo . Giovenale nella cilataSatira (h) Est in consilio matrona , admotaque lariis Emerita quae cessat acu . Sententia prima Hujtis erit ■• post hanc aetate , atque arte minores (a) Genesis II. 7. (b) Carm. 85. (c) In Iliad. III. v. 0*4. (d) Ob sew. critic, lib. III. c. 7. (<-) Libro 1. p. 88. (/) Sat. VI. v. 364. |g) Lib -111. eleg. XIX. vers, 1. (h) Sat. VI. vers. 4p6". 22 1 62 Censebnnt , tanquam famae discrimcn agatur , Aut animae : tanti est quaerendi curd decoris . 67. xv'veov ii viov , caninam mentem . Appella alia impudenza , come in Ome- ro xt/fcf tpfxaiai t^wv (a) , per sentimento di Eustazio . E % questo nella donna vizio piu raro , ma piu notabile , dopo che una volta ha mandato in bando la pudioizia . Properzio (b) Vos ubi contempti rupistis fraena pudoris N^scitis captae mentis habeie modum . Tuttavia non tanto mi par che voglia in questo luogo notarsi la femminile impudenza , ch' e di poche , quanto la femminile stizza , ch' e di moltissimc , come si ha a lungo pressoStobeo , che ne cita ben molti autori (c) . E' in que- sto vizio pure , che la donna supera 1' uomo', onde Plutarco ywuoux.es dvaqwv o'f-yiXarsfou (d) , e piu c'he all'uomo le si alfa il canino carattere . Ivi • nff\ ivtx-XoTov ■ >!3-o; , tt falluceni movem . Tei mina il cominciato carat- tere femminile con la simulazione j di cui un ignoto poeta (e) : Crede ratem ventis , animum ne crede puellis , Namque est fe mine a tutior unda fide . Intanto £ da notare quanto giudizioso dipintor di caratteri sia Esiodo , che il debole del sesso donnesco ha ridotto a quattro propriety, impotenza di vo- lere , cura di ornarsi , furor di stizza , infingimento di costume . Se si con- sultino tutt'i biasimatori delle donne , che questo frivolo tema han trattato , . . . * . come sono Euiipide , detto Feminaritm osor(f), specialmente nella Medea } e nell' Ippolito ; Giovenale nella citata Satira , il Boccaccio nel Iilocopo , l'A- lamanni nella Satira X. si vedra , che i lor biasimi per lo piu battuno in una di queste cose ; che deon dirsi non biasimi del sesso , ma delle sciagurate del sesso . 73. XaeATs's Ti ©eou, et Charites Deae . Aglaja, Eufrosine , Talia, secondo Esiodo (o) 7 a cui aderi Onomacrito presso Pausania , che or ora citeremo. Ma Proclo a Talia sostituisce Pito } aderendo , come si raccoglie da Pausa- nia (h) , alia opinione di Ermesianatte : siccome Omero sostitui Pasitea . Ma circa i nomi , il numero,e i natali delle Grazie , veggasi oltre 1' autor men- tovato anche Seneca al 1. de Beneficiis cap. 3. e Fornuto al capo i5. Ivi . TlziSu . Presso i Greci fu celebratissima per la virtu di muovere gli animi,e di piegarli a quel che si vuole . Fu tenuta moglie di Mercurio ; fa- vola che presso i Greci antichi non si trova ; in Nonno autore de' Dionisia- ci si ha(?)> e forse egli 1' attinse dagli Etruschi ; perciocche : Etmsci dice' bant , Facundiam ipsi Deo nuptam fuisse Cyllenio (k) ; favola propriissima , per- che Mercurio e preside della eloquenza . Ma n«m ostante la* celebrita che Pilo ebbe presso i Greci, e gli Etruschi, i Latini poco o nulla la curarono ; (a) Iliad. 1. 225. (b) III. eleg. XIX. v. 3. (ef) Stob. Sevm. tfl. (d) De ira cohibenda pag 4S7. (e) In fragm ap. Petron. Arbitr. pag. 5^9- (/) Cell. XV. 20. (g ) Theug. v. po8. (h) Lib. IX. pag. S96. (i) Lib. VIII- v. 221. {k) Mart. Capella , in Nuptiis Phil. lib. II. e quantunque Ennio s'ingegnasse d'innestarla fra gli Dei romani , chiaman- do il facondo Cetego Suadae mednllam (a) , tuttavia Suada e Suadela pochis- simo furono nominate da'Latini; anzi Quintiliano par che ne disapprovi per- fino il nome-: Neqite enim mihi permiserim eadem uti declinatione , qua Ennius M. Cethegum Suadae medullar:! vocat(b) . L' ofFese forse- che Suada invece di Persuada fosse chiamata ; mentre suadeo signihca consigliare ; persuadeo in- indurre a fare cid che vuolsi . jS. Hfou , florae . Deon intendersi quelle tre , che il Poeta nella Teogonia nomind Eunomia , Dice , Irene (c) . Con gli stessi nomi son mentovate dal creduto Orfeo negl'inni, da Pindaro nelle Olimpiadi , da Diodoro nella sto- ria al Lib. VI. Le han tenute figlie di Tetni, con la quale insieme si veg- gono scolpite in antico termine presso il Pighi(c?) . Si confa al presente luogo il notare , che le Ore ebbon presso gli antichi anche presidenza alle nozze ; onde giudiziosamente son qui introdotte ; giacch£ Pandora si uni in matri- monio con Epimeteo ,o come altri vuol con Prometeo, e nacque di essa Deu- calione . Moeco di Europa ^ oi Xix°i tvrwjov ~£lfou , et Horae ei parahant le- dum (e) , e Apulejo nel VI. libro descrivendo le nozze di Psiche : Horae rosis et ceteris florihu-i purpurabant omnia (f) . j6. ndvm Si oi *got } etc- Et omnem aptavit corpori Pallas ornatnm . Questo £ commentato da Proclo "Kaimoj noc-fxov ; cio£ la cresta , i sandali, e quant' al- tro compone il mondo muliebre . Con questa nota di Proclo , che suppone il consenso ancor di Plutarco , bastevolmente confutiamo Ruhnkenio , che questo verso e tenebriconis manu esse ducit : e il Brunck che l'esclude dal contesto , quasi non debba essere stata opera di Minerva 1' ornar Pandora. Se Minerva presso Omero provvedc Giunone di belle vesti («) , se nella Teo- gonia orna Pandora , perche non pud farlo in questo luogo ? 77. Piu. difficolta han seco i verei che sieguono , riputati da alcuni presso Proclo illcgittimi : perciocche se Vulcano avea dato la loquela a Pandora , come ora gliela da Mercurio ? Ma a costoro rispose il Grevio meglio di Pro- clo j prendendo quel.ipww; non per voce, ma per nome, come presso Omero Tleiauo; S' 'EXivOji ix.ix avov j dolum inevitabilem , che abbiam tradotto alto, ha se- condo gl' lnterpreti questo senso , che la don'na , per cui mezzo s' ha a pro- pagare la specie (che prima di essa gli uomini uscivan da' tronchi), ha messo i mortali in necessita di essere infclici , malgrado la industria portata in terra col fuoco : perciocche o 1' uomo non si ammoglia) e gli convien vivere senza compagna , e morir senza erede ; o si ammoglia , e gli conviene fati- (a) Annal. IX. p. 1 J8. (ft) Instit. Orat. lib. X. c 1. (c) Theog. vers. poi. (d) Thesaur. Antiq. Graecar. torn. IX. (e) Pag. 162. (fj Pag. 55. (g) Iliad. XIV. v. 178. (ft) Iliad. XXIV. J28. 164 car molto per nutricar la famiglia , e supplire alle spese del donnesco lusso . Fa al proposito il proverbio presso Apostolio , K^avaiBV i$i X.-XX.OV ygj uvayx.cu.ov ywuri . ImmO'tali femina est malum, et necessarium (a) . 84. E/'f 'Eir/j'twS-a'a , Ad Epimetheum . Atticismo invece di , 7r?o'? . Epimeteo e sti- mato scioceo ; e il rovescio di Prometeo ; come bastevolmente indica il no- me , che suona tardiapprendi . Pindaro lo chiama o-^ivoov , (6) Tzetze uszqa!2v'> ov, post consultantem (c) , Platone nel Crizia lo dice compagno di Prometeo nel formare uomini ed animali ; ed aggiugne , che negli animali consumo le fa- colta necessarie a mantenersi ; che meglio avria consumate nell'uomo .Clau- diano lo fa autore degl'improvidi , Deteriore luto quod pravus condidit auctor j Quern merito Graii perhibent Epimethea votes Et riihd aether •>>?«? , afferunt s-encctutem ; quantun- que sia meglio legato col verso seguente , se leggasi }*{>«?. Ma il verso se- guente e di Omero (g) , e come di Omero lo citano Calliergo nelle note a Teocrito , e cio che piu e , Plutarco (h) , a' tempi del quale , siccome a quegli di Origene e di Proclo istesso non si leggeva in Esiodo, giacche l'omettono. L' errore debb'esser nato da un Copista , che trovato il verso di Omero in (a) pag. 281. (b) Pyth. V. (c) In Chiliad, torn. IV. Poelarum Graec. pag. 370. (d.) Lib. 11. in Eutrop. v. 495. (e) De consolat. ad Apollonium pag. io5. (/) Iliad. XXIV. vers. 528. (o) Odys. XIX. vers. 36o. (h) Lib. de audiendis poetis t. II. pag. 24. 1 65 Esiodo citato al margine come nota , lo inseri nel testo, credendol testo - del che molti esempj ha raccolti il Bentley nelle annotazioni sU la poetica di Orazio . Ne da gran tempo mi pare imjerito ; avendo osservato che niuno Scoliaste , niuno de' MSS. piu antichi il riporta ; quantiinque no' piii moder- ni , e nelle edizioni tutte si trovi . Quindi Brunck omette il verso hi^a ec. e legge xw^a? . Noi non l'omettiamo , ma lo contrassegniamo come sospettis- eimo , e leggiam x«?«j ; lezione comportabile , anche quando succeda il ver- so di Omero . P4. iruu dt\ovixToi<7i foftota-i , in non fractis receptaculis . Seleuco ( gramatico riputatissimo presso Suida ) cambio il Jiuoio-t in iri&oirt . Ma non ve n'e bi» sogno , mentre alia voce Jo'juoj corrisponde il 9-u'f< Ellenismo . Nel resto confessiamn, c he il si- lenzio diPlutarco , e di Proclo ci fa gran forza per crederlo spurio; sicco- me parve all' Einsio,anche prima di legger Plutarco. E notabile il modo con cui ne scrive . Libere xxra -av 'A^i^x^x ov versum hunc^ induct- nd'um jnaicavera- runs ■ Hunc sententiam nostrum Plutarchi calculo confirmari ihp< ehendimns . qui in Consolatione ad Apollunium , ubi totum hunc locum adducit, solum hunc Versum praetermittit , vel ut vo$ius che pero e inavvertenza , e non nuoce al merito di questi letterati. \o6. E/ S iS-e'Xa; , Si vis, alia maniera che i latini inseriscono si vacat ne' loro racconti , come Virgilio (b) . Jin . 'i a. tempo, eodem tempore , siccome >iw$-o> ,auiorae tempore- Ma i chiosatori spie- gano indidem , ascrivendo ofx6$-cv a origine ; come quando il crcduto Omero scrive HoTg te x-cto-iyvii-wig , 91 ts/ suo-^ev yiydasiv 3 et. t uis fratiibus qui indidem te- cum , cioe ex eadem stirpe nati sunt (d) . Anzi general mente il dotto Scoliaste di Apollonio Rodio (e) osserva, che in Omero o«» sempre vale nel mede^imn luo- go, benche i Poeti posteriori lo rechino ancora al medesimo tempo. Vcnen- do all' applieazionc della dottrina , io ho tradotto a par con !o>o , frase e- (a) P. II, pag. 71. (b t Aeneid. I. 373. (c) Cantica 111. canto 1. (d) Hymno IV. vers. 1 3 5. (ej I. vers. 107P. i6y quivoca , che significa nel medesimo tempo , e dal medesimo lubg&, o sia della medesima stiipe. Nel piimo senso sappiamo , che Anassagora {a) fece gli uo* mini ooevi agli Dei : Win* ygriuwnx ytyovivou. iul y e lo stesso fece Seneca : ho- mines prima uuos mixtos Deis profudit aetas b) . Nel secondo senso Pittagora , $rto-; ysvog let ,6%oTai<7.' , divinum genus est mortal ibu s (c) , e Tulliu ineiendo a'principj di Platone : animum esse ingeneratum a Dip ; ex che sian cose dedotte dalla Scrittura } o a meglio dire dalla orale tradizione de' primi tempi del mondo , ma corrotte poi e guaste da' Gentili a segno , che appena ye ne resti una traccia . Ma questa e chiaris- sima ; ed io mi compiaccio in questo confronto ; e verro facendolo piu esat- tamente forse che non si e fat to finora , a onore della Scrittura santa , a oui vendono testimonianza di verita anche gli scrittori profani . Ivi • >je$QTru>v av$-oioir ov , articulate Utqueniium hominum , come spiega il Clar» ke in Omero , scguendo il preteso Didimo . Ed e quest' articolazione una giu- diziosissima dilferenza fra 1' uomo , e gli altri animali , il cui parlare son ur- li , e incondite voci . 1 nostri traduttori voltano diversis Unguis loipucntium hominum ; il che se pud ammettersi negli uomini delle piu tarde eta 5 mal si confa agli uomini dell' eta prima , ch' erano lubii itnius . IIO- AS-yfani nroiti-rav . Chiosa Moscopulo £ Zej/'s p.i'.o^ t'lroi'na-w , solus Juppiter fecit: maler, perohO Giove non rcgnava per anco : intendo pertanto questo pjasso, di Saturn©-, e de' suoi Dei consiglieri . III. O/' u-iv inri KfoVot/ >t row , Hi v<-ru s che stabilisce il Pope nel suo Uonto : Sol di felicita portan 1' impronta La sanitil , la pace , e il ben che resta Necessario alia vita (a). comincia dalla quiete , e avvedutissimamente . La quiete dell' animo e il pri- mo ingrediente della felicita naturale , permodoche il Muratori nella sua Fi- losoiia morale giudica bastar per se sola a far 1' uomo beato . Ovidio (6) nella descrizione del secol d' oro tutto su le pedate di Esiodo : Mollia sectirae pevagebant otia gentes . Ii 3. Abbiam rimesso come stava da principio ait? m-Cvuv giacche' Tzetze ci dice esser V o in questo luogo comune, in vigor della liquida che la siegue . Cosi faremo altrove > ridendoci di que' magvi gramatici , che hanno alterato Esiodo j perche non iserisse a norma de' lor precetti . Ivi . aVe n Att'kov r»pa? etc. Eccoci alia seconda condizione della felicita simile agli Dei , i quali sono avoa-oi e dynqaoi secondo Plutarco. Godon sani- ta , immuni da malattie , liberi delle mani , e de' piedi , esenti da vecchiaja , ch' e per se stessa una malattia . li 5. liyitovi iv S-aXirnri , D elect abantur in conviviis , ch' e il terzo mezzo di viver felice , abbondare di quelle cose che sono necessarie alia vita. Gli Stoici troppo stimavano la virtu , asserendo ch' ella sola pud far V uumo felice . Gli Accademici considerando ch' egli e composto di spirito e di cor- po, anche i beni del corpo ebbono in veduta ; fra' quali primeggia il convito. Ma perche sia conducente alia felicita debb' esser copioso non tanto di vi- vande , quanto di fiatellevole affetto . I latini imitavano i conviti di que' pri- mi tempi ne' Saturnali , introdottavi ancora una temporanea uguaglianza fra' servi , e i padroni (c) . lid 'Aipveioi pyiXoitTt . Verso che manca negli Scoliasti , e in tutt' i MSS. che ci rimangono . Lo trovd il Grevio in una citazione di Diodoro Siculo(d) , t dopo lungo esilio lo richiamo al suo luogo , se gia vi fu mai ; leggendosi in Diodoro dopo il verso 120. ove qui e il v. iio\ Ivi . MitXx e equivoco in greco , e tanto vuol dir pomi , quanto greggi ; per- modoche ha dalo luogo ad equivocare nella spedizione di Ercole , credendosi che andasse per pomi , quando andava per greggi (e) . Qui il Grevio traduce ricvhi di pomi , parendogli piu conforme all' eta dell' oroil nodrir quella gen- te di pomi, che di alt 10 ; tanto piu che Varrone nel libro II. dice, che fra le vite , la prima fu quella de' frutti, la seconda la pastorizia , la terza quella dell' agricoltura. Ma nulla osta , che questo passo si adatti a' greggi ; purche essi non pascessero di lor carni i padroni , ma sol di lor latte . Nel qual proposito Tibullo parlando appunto di que6ti tempi, (a) Traduzione dell' Adami epist. 4. (b) Metam. I. v. 100. (c) Horat. Serm. II. 7. (d) Bibl. V. pag. 335. (e) Varro R. R. II. cap. 1. 169 .'. . . . . . ultroque ferebant Obv'ia securis libera lactis oves(a) t chiosa il dottissimo Sig. Heyne , pro quo Virgilius ubera lactea . i\6.

£ q>u\cifS-iov, comedebant . 122. To< [xtv Sax^ovic, ftn , Hi daemnnes quidem sunt . Siamo al luogo , ch' Esiodo divien maestro di uno de' principali dogmi della pagana religione . Princeps Hesiodus , dice Plutarco b) , plane et distincte exposuit i atione utentium genera quatuor , Deos, indc Genios midtos ac bonos , mox Heroas , turn homines. Par- lando ora de' Genj , e falsissimo il sistema di un Dotto , che pretese , la cognizione degli Angeli esser derivata da' Caldei ne' Persiani , e da questi nella venuta di Serse recata in Grecia. Essi eran noti fin da' tempi di Esio- do ; e sono lo stesso Angeli e Genj , o Demoni , come dimostra il Petavio (c) citando gli antichi : basti nominare Filone : Hos Daemones Graeci , Moyses An- gelas appellat . Ivi . 11 Mcursio , 1' Einsio , il Grevio avvertirono , che questi versi 122. e 123. in alcuni libri son prodotti diversamente da quel che i Codici ora gli rappresentino . Platone, Plutarco , Aiistide, Teodoreto , riferiti nelle va- rianti , han citati i predetti versi con qualche diversita , che io ascriverei all' aver gli recitati a memoria : ond' e che discordan tra loro. Tuttavia nel piu essi convengono , ch' e come siegue pressa Platone: ' Ayvoi dXe^i'x.ax.01 (puXaxsg S-vhtuv dv&^uirmv , La lor lezione forse preferibile a quella che abbiamo , e nondimeno nella ao- stanza conforme ad essa ; onde nun ho stimato di cangiarla , come fa il Brunck , senza sicuvezza di aver data la vera lezione di Esiodo . Fa difficol- ta , che Giove , che allora non regnava , dicasi autore della mutaaione delle anime de'primi uomini in Demoni ; ma questo puo essere avvenuto dipoi, quando Giove prcse le redini del mondo , e tante mulazioni vi fece . 123. Per quell' i ma. depravata . Che se cio avrenne -presso i medesimi Ebrei , che tante cose credettero della citta di Caino , e delle altre particolarita che interessan quest' epoca , quante cose ne deono aver credute i Gentili ? 11 carattere generale della eta seconda e la' goftaggi- ne ; ed e espressa a bastanza nel parlare di que' primi uomini , che conoscia- mo nelle Scritture nipoti di Adamo ; qual era Lamech : Audite vocem meam uxores Lamech , auscultate sermonem meum : quoniam occidi virum in virtnus meum , et adolesce ntulum in livorem meum (a) ■ Alle ingiurie scambievoli pud aver dato lu«.go di credcrle 1' omicidio di Caino nella persona del fratello Abele j e le soverchierie che il suo lignaggio faceva, giusta il racconto di Giuseppe Ebreo , J,Sgi^av: fin la eletba stirpe di Seth dice , che dopo sette ge- nerazioni comincio a tralignare (Z>) . Degli onori , che non rendevano a chi in Cielo sedea , parla Giuseppe in maniera simile ad Esiodo : fi>irs raj vcyo- fjticrutvac, Tt/uols tm &sv nraqz '%ovt*$ etc. ne que honores debiios Deo reddentes . Do- po quesla descrizione passa anche Giuseppe alia generazione de' Giganti . i3o. 'AAA.' ix.ci.TBv etc. Si dice cento anni , giusta 1' inteipretazione degli Sca- ligeri j per dir molti . Adunque dovean vivere molti piu anni i loro educato- xi j cio che combina con la eta di que' primi patriarchi , e con cio che leggesi nella Scrittura , che Seth comincio ad aver prole di io5- anni ; Enos di po. e cosi gli altri di 6o. di 70. ec. i3l.'Efiq>tT dmUktav , Nuti iebatur crescens valde rudis domi suae . Accortamente incomincia dalla educazione materna , ch'e molle , ed inetta naturalmente . Platone riflctte che Ciro e Dario educati a' costumi guerrieri , divennero va- lorosi ; ove i lor figli tcnuti in ozio fra donne delicate e ricche furon da nulla . E notisi , che in questo secolo ancora eran donne ; e che Pandora fu la prima del terzo secolo, non la prima del mondo . 133. riac/p/cT/oi/ jfaiWxoi/ ,Parum vivebant . Cioe poco rispetto alia eta, che pro- metteva una si lunga fanciullezza. Nel resto quei che non si accorciavano la vita co' disordini viveano lungamente. 134. Lascio dtpoaaiouc. nel suo possesso ; giacche cosi hanno le migliori edi- zioni , e \\n buon numero di Codici : noto pero , che non minore forse e il numero di que' che hanno a'ppa^/Vj , dialetto ionico familiarissimo ad Omero e ad Esiodo , come notammo . V. Chiave Omericana a pag. zSl. e notisi cio una volta per sempre . 1 3 5. af d$a»ci~Kc, 9-ifxirtvetv "HSehov . E' troppo verisimile , che questo non voler servire agli Dei, si deggia intendere del culto esteriorc , che si fa public e , pagatim ,oppidatim . Altrimenti , se fosse ro stati empj. e avesser nc- gato anche il culto interiore , come dopo morte esser cangiati in Genj ? An- che nella Scrittura Enos figlio di Seth , e nipote di Adamo, di cui si dice(c), che coepit invocaie nnmen Dnmini, comincio a istituir feste , ed opere di culto pubblico ; mentre il piivato era in uso prima di lui . Con che si emendano (a) Genesis Cap. 4. {b) Antiq. lib. I. (c) Genesis IV. 26. ride Calmct pag. 77. T 2 2 coloro , che spiegano quel x*t' tibia , juxla morem : facendo menzion di costu- me , ove costume non era. Per ultimo offerire, detto cosi assolutamente , co- me abbiam noi fatto nella traduzionc , e quanto offer ir sacrificio , nel modo che Dante, citato dalla Ciusca ,'fa nel Canto X11I. del Pavadiso . 141. lot fttv oirox&o'i'ioi etc. Restituisco alia sua vera lezione il testo di E- siodo , togliendone quell' ehrjjc&.owi) che contro il parer di Proclo , e di Mo- seopuljo , e contro la fede di quasi tutt'i libri editi , e MSS. ci aveva messo il Clerc , c gli editori oltramontani dopo lui , segtiendo Tzetze . Questo Gra- matico fondato nella parola Jiunfoi, avea congetturato , che tutte le quali- ty, che competono a' Genj della etk 'dell' 010 , competessero a quei dell' ar- gentea : quando non e cosi . 11 luogo d' Esiodo va costruito , come Proclo lo costrui, unro^ovtoi , $vwoi t Siwnqot , subtenancy , m or tales , secundi: sono dun- que sotterranei per luogo , perche abitanti nell' inferno , mortali per condi- zione , siccome altri Genj nominati da Plutarco e da Capella (a) , secondary per rango , perche i primarj Demoni sono i Genj del secol d' oro . Dee no- tarsi , che Proclo invece di /U«xjtfg$ legge pi/Xaitej , e comenta rivuv Js ptl'ket- xej ; etc. quorum vco praesides ? ninrirum animarum , quae in Mis versantur lo- cis , quaeque ne juxta naturam quidem vixerunt . 142,. d\\' iunrttg 7i t u>} rv] -rets-tv oifnSii f at honor eos quidem etiam sequitur . Questi presidi d' Inferno forse sono i Demonj , i quali poteron esser con- siderati per Genj , ma non per reprobi . Fors' anche questa favola vien da altra favola scritturale. Anche Dante riconosce un terzo genere di Angioli, che esule dal Cielo , e tuttavia esente dalle pene degli Angioli ribelli , e tie- ne un luogo vicino all' inferno tra gli sciocchi : Mischiate sono a quel cattivo coro Degli Angeli , che non furon ribelli, Ne fur fedeli a Dio , ma per se foro (a) ■ 143. Zswj cT t v irctrif etc. Tutto questo Secolo e fondato nella Scrittura piu ehiaramente de' precedenti , come han notato Atenagora nella legazione , Eusebio nel V. della Preparazione Evangelica, capo 4. S. Metodio nel Ser- mone della Resurrezione di Cristo , ed altri . 145. 'Ex fnXiav : cioe d sequi cursu fcras auderet acres (c) • Ed e verisimile, che quantunque ve ne sia divieto nel Genesi (d) come di carni immonde , i Giganti della Scrittura ancor ne mangiassero. 1-5 1. y-e^*s «*" »'* e's-xe a/Vuf 0; . Emistichio presso lo Scoliaste d'Euiipide nel- le Fenisse v. iop8. 1 Greci lnterpreti dicono,che una certa temperatura ren- deva il rame pari al ferro ; onde di rame erano nun solo le armi , ma gl'istru- menti tutti , che poi si fecer di ferro. Io non niego questa temperatura ; av- verto si bene, che le spade, ei coltelli , e le altre armi di bronzo rimase- ci , che si veggono ne' musei , sono di una composizione , nella quale per qual- che parte entra il ferro ; mentre ove si limino , alcune particelle di esse so- no attratte dalla calamita, come osservo il Sig. Caylus . Nel resto carenza di ferro non fu mai al mondo ; ma solo in alcuni luoghi . Tubalcain uno dei primi uomini fuit faber in cuncta opera aeris , et ftni(e). In Gieciaj dicesi da Esiodo , da Diodoro (f) , da Callimaco (°)esser venuto il ferro da' Calibi . 1 54 IXoiwyoi ha la seconda comune seguitando la liquida y . Non so perche il Brunck voglia vdvuyvot edito da noi per errore . 1 Jp ^kviqdiv nqoiuv 3-eiov yivs<; etc. Virorum heioum divinum gtnus. Succede la eta degli Eroi j che incomincia da Deucalione, o sia da Noe ; nuova con- fermaj ch' Esiodo non segui qui verun' allegoria , ma si attenne al sistema istorico , qual raccontavasi . Proclo e Apollodoro dicono , che al fine della terza et& venne il diluvio , e piu chiaramente Servio h) : Juppiter quum pero- sum habcret humanum genus propter feritatem gigantitm , scilicet quod ex illo- rum sanguine editi tram mortales , dduvio mundavit terras, et umnes homines necavit , exceptis Pyrrha et Deucalione . Deucalione era iiglio di Pandora, da cui Esiodo comincio il catalogo delle donne illustri . Nel resto la memoria del diluvio universale fu comune a tutte le nazioni , come osserva Giuseppe Ebreo(j'). Ved. Monsig- Falconieri nell' aureo opuscolo sul Medaglione del diluvio (it); del qual Medaglione scrissero ancora Froelich, e i miei amici Bartheleiny ed Eckhel (I) uomini dottissimi . (a) Thebaidis IV. v. 278. (£) In Iliad. XX11. v. 126. (c) V. de tota re Senec. in Octav. v. 403. (d) Genesis cap. IX. v. 3. ubi v. Calmet. \,e) Genesis lV.v.22. (/) Lib. V. p. 333. (g) Elegia de coma Berenicis ap. Catull. v. 48. (7i) In Eel. VI. v. 41. ( i) Lib. I. c. 4. (k) Dissertutio dt Nummo Apumeiisi Deu- culionei dduvii typum exhibente . (/) Doctrina Num.Veterum vol. III. p. 1 35. 2 5 »74 i6o.'Hf*l*t°i etc. 1 termini "Hpw?, ed 'H.u/>S9j si confondono; ma esattamente parlandosi deon distinguere. Semidei sono quei che nacquero d' un genitore immortale , d'altro moitale , come Achille , Enea , e simili ; Eroe e termine di virtu, come attesta Servio : Heros nomen virtutis emeritae ; plerumque et generis est (a) . Oltre a cio Semidei , e non Eroi si chiamano anco gli Dei di un rango secondario , ut Faurii , Nymphae , Silenux (b) , e qucsti medesimi } e gl'in- ventori delle arjti , e gl' indovini , e gli Dei di secondo rango chiama Capella Semones (c) quasi semihimines , da homones che in antico dicean per homines, Ivi. x«t' dTtitqova yxiou/ , per imrnensam terram: tvanne i Persian! ^ ove si chiamavano Artei . Hesichio interpreta questa voce heroes apud Persax . 161. -<i!jyi etc. Alios quidem ad septem portas habentes Thebas, Cadmeam terram . Cadmea si dice da Cadmo Fenicio, che primo la fon- do secondo 1' opinione piu divolgata, e tenuta da Apollodoro nel lib. III., da Nonno Panopolita nel V. da Igino nella favola 76. Ben e vero , che altri , fra i quali e Varrone ,1a credon fondata da Ogige . La favola si e alterata o per- che le cose antichissime si dicean Ogigie , di che Spanhemio ha raccolti vari esempi (d) , o perche dopo Cadmo ivi regnasse un Ogige, come vuol lo Scolia- ste di Licofrone (e) . Ivi . ivravdXw . Delle sue sette porte , che a' tempi ancora di Pausania si vedevano , rendon varie ragioni gli autori secondo le varie sentenze che adottano . L' autore de' Dionisiaci le vuol fondate da Cadmo , e scelto il nu- mero settenario in ossequio de' sette pianeti (./). tilostrato crede che sian opera di Anfione , di quello cioe , che tolto il regno alia famiglia di Cadmo, s'impossesso di Tebe, e che da sette toni musici , che Virgilio chiama se- ptem discrimina voutim , desse loro il numero settenario (o) . I nomi furon presi dalle sette figlie di Anrione . Gli recita Igino (h) e sono Tera , Cleodo- xa , Astinomc , Asticrazia , Chia , Ogigia , Clori. Altri nomi si leggono prcsso Pausania e presso i Tragici , che fan congetturare , che una porta avesse piu nomi . 1 <5"3 . unXuv eVe*' OiJitoJxo , propter greges Oedipi . Lo Scoliaste di Licofrone cita questo emistichio al v. p33; e vi fa questa glossa: u»\uv ttvri t« ttXjJts ^ fi'xo-iXncigrgOiJt'iroJoi; , gregum pro divitiis et regno Oedipi. Proclo : oi vaXccioi etc. nntiqui enim in quadrupedibus substantiam habebant . Regum quippe liberi an- te nuptias pastores erant ; sponsisque boves et pecudes muneri dab ant . 11 V. Idil- lio di Mosco par fatto per comentar questo passo di Proclo : ove Dafni venu- (a) In VIII. Aeneid. v. 464. (b) Serv. in Eclogam VI. v. 3t. (c) De Nuptiis Phil. Libro II. (d) In Callim. hymn, in lovem . vers. 14. (e) Versu 1205. (/; Lib. V. vers. 54. (g) Lib.l. lmag. c. 10. (h) fab. LXIa. /25 to a conchiuder le nozze con una 'donzella , le propone iin da principio la condizione di Paride bovajo : Tdv irivwrdv etc. Prudentern Helenam Paris rapuit , bubulcus alius; e in appresso discorrendosi di dote da stabilirsi dal marito , le promette , Universum gregem , omnia nemora et pasuua habebis. \65. EXeVx; ivix.' »6'x.ouoto , causa Helenae bene comatae ; ma e notabile cio chc Isocrate accenna (a) : bellum gerebant . . . verbo quidem pro Helena Mtnelai uxore; re ipsa vero ne Graecia vel consimilia pateretur a barbaris , vel qualia pruts passu erat , qtium Pelops totam Peloponnesum , Danaus urbem Argivorum , Cadmus Thcbas occnpasset . Omero nella divina lliade ebbe in mira di mantener ne' suoi Greei viva questa gelosia de' regni esteri , ed insieme di far loro co- raggio ad invadergli , mostrando loro quanto potessero con£dare nelle lor for- ze,ove fossero unite contro gli stranieri. Y.Gravina della ragion poetica(b). Ttfp. TuXov dv d^cwdiwv tela-i Kfovo; ip,6aai '\zvs f Procul ab immortalibus , Satui nus horum rex est. 11 verso manca in quasi tutti i MSS. ed e rifiutato da Proclo , e dagli altri Ciitici antichi , insieme con un altro seguente , che dovea esser diverso da quello , che oggi abbiamo. La ragione che ne addu- ce e , perche questo e un verso nugatorio , il che io interpreto per la dimo- ra di Saturno negli Elisi negata da molti , e creduta solo favolosamente da' barbari , come afferma Plutarco (c) . E veramente nel Tartaro lo dice racchiuso Eschilo (d) , 1' autor de' Dionisiaci y e) , Ovidio ( f ) , Claudiano (g) , ed altri. Ma non mancano autorita anche per la contraria sentenza . Pindaro siegue in cio Esiodo (h) tniXow 6.tv? etc. peregerunt Jovis viam ad Saturni uv- bem , ubi beatorum insulas Oceanitides aurae perflant . II Gvevio aggiugne la Iscrizione di Regilla moglie di Erode , e si pu6 annettere Diodoro citato dal Grevio stesso , Luciano nel T. 111. pag. 38p. la Tavola VII. del Sepolcro de' Nasoni , ove Mercurio a Saturno presenta un' anima da giudicare . 170. a'xxefs'a Suuov tx 0V ' re S > securum animum habentes . Non sembra questa la teol jgia di Omero. Achille vorrebb' essere anzi un servo fra' vivi, che un Re fra' morti ( 1 ) . Ma Omero mette tutti gli Eroi nell'Erebo : e Pindaro ineren- do a lui dice , che Achille per le preghiere di Teti passo indi agli Elisj . Avea dunque ragion di dire Achille cosi male della sua sorte . Liberato pero egli dall'Erebo, e cosi liberati gli altri eroi, o per sovvenimento di qual- che Nume , o perche aveano espiate le macchie di lor vita , e condotti negli Elisj, ivi viveano senz' affanni. E tali dovean essere a' tempi di Esiodo gli Eroi di Tebe , e di Troja ; mentre non recenti dalla lor morte , come gli Eroi trojani di Omero , ma corso gran tempo possedevano unacompiuta beatitudine. 171. 'Ev uxxdfwv vhtois-1 etc Quali siano queste isole de' beati , si dubita ancora. Ma la opinione piu verisimile e , che sian le isole Mauritaniche , og- gidi Canarie , la quale opinione e sostenuta da Cellario (k) . Di esse Strabone : (a) In Panathenaico pag. 4P2. (b) Delia ragion poetica pag. LX11I. ediz. fioientina. (c) Tom. II. pag. 420. eto^i. (d) In Promethco v. iip. (e) Lib. XXIV. v. 236'. (f) Metamorph. I. 1 13. (a) De raptu Proser. 1. Il5. (/i)01ymp. ll.v.127. (/) Odyss.XI. 488. (k) Tom. II. pag. ^7- n 6 insulae beatorum quae etiamnum apparent , novimusqtte eas non multum distan- tes ab extremis Mauritaniae{a) . E Plinio ; Ju&a de Fottunatis Jnsulis ita inqui- sivit . . . primam vocari Ombrion . . . proximam Canariam vocari a multitudine canum ingentis magnitudinis , ex quibus perducti sunt Jubae duo{b). Unantico chiosatore di Orazio , mutando sito,dice su quelle parole degli Epodi Ode \6. Nos mariet Oceanus circumvagus ; arva beata Petamus arva , divites et insulas Fortunatas insulas quae sunt supra Britanniam , ultra Orcades insulas , ubi mil- los nisi pios habitare scripserunt Graeci . Plutarco nel Sertorio le colloca dieci mila stadj lungi dalla Libia. Tzetze pur nomina la Brettagna al v. izoo. di Licofrone •" A/ >«'? etc. hae enim beatorum insulae juxta tiesiodum , Homerum , Euripidem , Plu.tarchum , Dwnem , Procopium , Philostrotum , et reliquos . Nam circa Oceanian Britannia insula est et Thule . Dicunt autem mortuorum animas heic habttare . 171. iraf 'ilxzowiv fiaS-uJivw . Gli Scoliasti comentano xam 'Slxecwov , ad Ocea- num. L' Einsio vuole , che s' abbia a interpretare ultra Oceanum , nel qual proposito cita Silio Italico , che dice Verum ultra Oceanum sacra contermina fonti Ltthaeos laticcs } et sacra oblivia potat'c). Cio vorrebbe dire , che agli antichi fosse noto il nuovo mondo , il che e dubbio molto , e richiederebbe non una nota , ma una dissertazione (dj . Quel che pare inncgabiJe e , che gli antichi alle terre fortunate credettero non potersi andare se non per acqua ; come raccoglie il Buonarroti da' sepolcri , ove si veggono effigiate Ninfe e Genj , ed anime che veleggiano (e) . 173. Tf/'s to gwj etc. I descrittori delle lsole fortunate, Plutarco, Plinio , Strabone , non lasciano di rammentare la loro straordinaria fertilita. Me- la (/") •" Fortunatae insulae abundant sua sponte genitis , et subinde aliis super aliis innascentibus nihil sollicitos alunt . Eschine Sociatico , che senza indivi- duarne il luogo , le chiama aJa-z&iv x®% ov ) locum pioium, ne fa una bellissima descrizione(g)> che io pretermetto, perche troppo lunga. Volentieri poi can- gio t?i's trsog in Tf/5 to s'toj , lezione autorizzata dal maggior numero de' Co- dici, e dall' edizioni riferite al verso 12. 17?. * inrtiist ya/i (g) Dialogo 111. pag. 11 5- diGiacobbc (a) , e vcramente fu desiderato da ognuna , benche confusamente , in vigore della notizia che di lui sparsero i primi populatori della teria(6). E Ja notizia era, che a quest' ordine di cose un altro miglior ne succedereb- be. La tradizione degli Egizj e espressa in quell' Asclepio , la cui traduzione e attribuita ad Apulejo : Me Dominus malignitatem omnem' alluvione diluvii, vcl igne conutmens , vel morbis pestilentibus usque per diversa loc.a dispersis finiens , ad antiquum facitm mundum revocabitic) . Confucio il maestro de' Ci- nesi predice presso a poco lo stesso (d) . Le scuole de' Greci tutte n' ebbero qualche sentore . E de' Pittagorici ne fa fede Giorgio Scubart ne] principio dell' Opera De Diluvio Deucalionis . Degli Stoici basta legger Seneca in piii luoghi , fra' quali e insigne questo : omne animal ex integro ger.erabitur , du- biturque Terris homo inscius scelcrum , ct melioribus auspiciis natus (e) . De' Platonici si legga Platone nel suo Politico . Ed e notabile s che intorno alia venuta del Divin Verbo il mondo si mettesse in aspettazione di qualche gran mutazione , siccome per tacerne altre prove fa fede Svetonio esse in fans, ut eo tempore Judaea prof ecti rerum potirentur (f) . Virgilio ancora com- pose un'egloga intitolata in piu. Codici : Saeculi renovatio . 176. Nt7v >a'p S-,i yivos i$i l?iov. A quest'epoca del ferro ciascun degli an- tichi rapporta la sua eta ; Platone nel Cratilo, Virgilio nell' Egloga lV.Ora- zio negli Epodi Ode i3- Macrobio de Somnio Scipionis lib. 11. anzi Luciano (g) c Giovenale (h) trovan mite questa espressione ; e dicono , che la eta loro e qualcosa sotto il piombo ; onde debb' essere di terra, o di loto . Ivi . Hi ttot' Hua? etc. Comincia la descrizione del secol di ferro, nella quale sempre abbiam volto in presente (quasi dica suole)ci6 ch' Esiodo ha espresso in tuturo ; di che molti esempj presso il Grevio nella greca lin- gua, e 1' osserva anche Casaubono in Persio nella latina (z) a quel verso: At bona pars procerum tacita hbabit acerva , cioe solet libare . 175). 'AW iuirm; etc. sed tamen ethisce admiscebuntur bona mails . Cercasi da' Hlosofi se il dolore e il piacere si dispensi con equilibrio ; nel qual pro- posito Montpertuis crede che il male prevalga ; altri che v' abbia equili- brio, rispetto alia massa del genere umano , non rispetto agl' individui. A me piace la senlenza di Euripide nelle Supplici v. 196. YlXuu etc. Plura bona quam mala esse homuiibus (judico) Nisi enim hoc esset non essemns in hac luce. l8i.Ei/V av tjiiviixwoi etc. Pochi versi di quest' opera meritano attenzione al pari di questo. 11 Grevio riprova a ragione la spiegazione che davasi comu- nemente prima di lui: postquam facii juetint cai.i : e sostituitce quell'altra presa da Moscopulo : quum vix n'ati canescant \ la qual'e piaciuta dipoi quasi a ogn' altro interprete. Tzetze ci somministra una terza spiegazione , che sc (a) Gen. XL1X. 10. (b) V. l'Eminentiss. Gerdil Intro'luz. alio studio del- la Religione pag. 200. (c) Apuleius pag. 1 5o. (d) Huetius Dt-monstr. Evang. Par. I. extrema (e) Natur. Quaest. lib. Ill pag. 36j>. (/) Sveton. pug. S41. (#) Epist. Saturn, torn. 111. p. 40J. (7i)Sat. XIII. v. 3o. (i) Safcyra II. v. 5. 26 io non erro , e la vera . Egli eomenta : hviku isXt'&uTi xj vvd^%uc-i iroXiox.fompoi xj y-ttfauoi yaviptvoi xj itx&iVTsi;: quando facti sine can! circa tempora et seneS qui gi- gnuntur , ac pariuntur . E tale spiegazione ha il suffragio di Aristide . Sembra egli maravigliarsi ch' Esiodo, essendo indovino , abbia stabilito il fine della eta del ferro alia vecchiezza di que' che allora nascevano, e non piuttosto alia fondazione della citta di Roma , quando in terra furono ricondotte la equita e la verecondia (a) . E noto in prima eontro la spiegazione di Grevio, ch'eJ/E e avverbio di tempo , siccome avverte Eustazio (b) , tor', dv tirigfapd *?' x$ ov '*g v , ' !70 -' ri ? bis , adi'crbium temporis est , aequivalens verbo quando; ove che possa usarsi per quam , o quandoquidem , non e senza qualche difhcolta . Noto per secondo , che nella medesima spiegazione di Grevio si suppone , ch' Esiodo argomenti la vicina cessazione del secol di ferro dalla brevita del- la vita , ch' era a' suoi giorni : quum vix nati canescam . Ma cio e manifesta- mente supporre il falso . Una giusta vecchiezza si compieva a' suoi di nel ptf. anno (c) , cosa , ch' Esiodo scrive , e debb' essere stata non rara in Ascra > Ivi . nroXtoxgoiucpoi, cani circa tempora. L'uomo prima che altrove incanu- tisce nelle tempie , come osserva Aristetile nel libro V. de genemtione ani~ malium al cap 4. onde raccogliesi , che il Poeta dava al suo secolo einquan- ta,o sessant' anni di vita. 182. ot/efa nretrif , neque pater filiis est similis ■ I Comentatori l'intendono dei pareri , quasi si quereli il poeta, che discordano i figli da' genitori.- Proclo e Moscopulo l'intendono ancora delle fattezze , quasi si lamenti , che manchi quel segno , che Orazio loda nel secol d' Augusto : lawlantur simili prole puer- perae (d) , ch' e un segno di prole legittima . Io ho seguita questa sentenza , la qual mi pare piu acconcia ad escluder da Esiodo la tautologia ; mentre appresso nuovamente si querelerebbe della discordia fra padri e figli. i85. A' T a eTe ynfas-xovTou etc. Teognide quasi colle stesse parole , O" ef' diroyxpda-x.Bv'Kts dri[xu%XTi 7sx«af (e) . 186. BajfovT' iiritwi. Tzetze 'Avvi to fid^oyisg' is Juikov dvrt to v\v9-uuurixS , ug sg^ "j ' 'Ou»^(ii • *il Adx.101 virt pivytis ; vuv boot i^ov . Dtinle pro plurali , ut aptid Homerum : O Lycii quo ftigitis? Nunc veloces estis ? Arcaisino notabile . 187- a'eft (*iv oTye . Mendose se.quente verbo modi optativi. Cor. aefe xtv . B runck . Buona nota se Esiodo non fosse poeta antichissimo . 188. dvo 9-ftnrm'fia Jucv . Esige la natura , che si rendano gli alimenti a' ge- nitori vecchj , che gli han dati a' figli mentre erano in eta«da non poter procacciarsi il vitto da se . Quindi degli uomjni morti giovani , Omero II. IV. e XVII. 3oi. quasi con le stesse parole di Esiodo a'eft nx.eu. vers. 21. {g) 1. Eleg. jo. vers. 68. (A) Pag. 738. in Memor. 11. (i) Oratione I. (k) X11I. II. v. 122. 1 8a Astiea, Temide : che bisogno abbiamo di altro comento ? Arato ne' Fenomeni ver. i33. la chiamo Dice; VirgiKo nella Georgica al libro II. v. 474. la no- mind Giustizia ; Ovidio nelle Metamorfosi al libro I v. 14P. la disse Astrea, cd Astrea pure 1' autor della Otlavia al v. 417. Lo stesso nome di Astrea , o di Giustizia le da Claudiano alia Poesia 111. v. 36) Giovenale Sat. VI. v. 19. Igino nelle favole astronomiche capo 25. Nonno ne' Dionisiaci 1. XLI. v. 214. Ammiano Marcellino 1. XXII. c. 10. Bastano ancora? O si vuol che lo stesso Esiodo faccia 1' interprete a se stusso ? E nol fa a sufficienza ove dopo aver esposto poco innanzi , che la Vergogna e la Giustizia e fuor delle mani ( e vuol dire dell'opre) del secol di ferro , dice ora , che abbandonan la Terra la Vergogna , e Nemesi; che altra Dea non puo essere che la Giustizia? Osta che nella Teogonia Dice e Nemesi son distinte con proprieta diverse . Ma Esiodo nella Teogonia non fece punto ; e come dopo aver quivi descritto una Gara , nelle Opere e Giornate ne descrisse un' altra ; cosi puo dopo una Nemesi aver descritto anche la seconda . 2.02. Nuv cT ou- j ov etc. Nunc vero fab id am etc. Questa e la prima favola , che si trovi in autor profano , per cui molti han dato ad Esiodo 1' onor di primo inventore di questo ramo della morale hlosofia. Tal e quel Cleodemo presso Plutarco : Mihi autem videtur Aesopus reciius sese Hesindi discipulum p-ofite- ri (a) . Quintiliano : videtur earttm primus aiutor Hesiodus [b) . Giuliano Augu- sto : Sic Hesiodum genus dlud tractasse constat > turn } qui eum est sequutus , Ar' clulouhum (c) . La favolae maniera d'istruire usitatissima dagli Orientali, di cui porse motivo il ragionamento del Serpente con Eva , come pretendo- no alcuni presso Calmet: almeno e certo cio che osserva V Einsio , che gli apologi tutti si rapportano al secol d' oro . Jvi. (pfovitta-i ^ au'ieli;. E' verisimile che sia awi»7f per solis ;„giacche il grand' Etimologico spiega anche uivo^ quell' tv-ro% . E in cio Esiodo punge ga- gliardamente i giudici , quasi soli sapiant , proverbio , che presso il Manuzio dicesi de'superbi 3 che sprezzan gli altri . 2o3. dnioja Troix.i\of<;t nraqiXOuv uwniv \iyco >i «; id J it-axa dyovtra . 218. 'Ej tj'Xo; IfciXSZa-a. , o «j WXo? , come legge lo Scoliasle di Euripide nell' Ecuba al v. 1187. Ad jinem progrcssa . La Giustizia divina non si cono- sce se non nel fine. Lascia prosperare il reo per qualche tempo; ma al fine lo arriva per lo piu ancor vivente : talora almen dopo morte ; il che se non facesse Iddi.o, non avendolo punito in vita, e non essendosi pentito mai, sa- ria ingiusto . 2ip. 'Avtixu yd? t?ix<*"0?x.o<; . Oreo e il Dio che si fecero i Gentili per pre- sedere alia religione de' giuramenti . Opportunamente ne fa qui menzione il Poeta in proposito de' torti giudizj. Demostene X?*' tci'vwu etc. Oportet veo, vin Athenienses , Mud etiam consideretis , atque ob ocuLos habeatis , quod ju~ rati hue venistis ex lege judicaturi (e) . 220. T»i \<; etc. 11 Guieto e gli altri v'intendon yiwmi . (a) H. N. Lib. X. cap. 2j>. (b) Fab. 111. iJ. (c) I. 2d. (d) Capt.IlI.4- Si. (p) Contra Leptinem. n l8<2 E si fa un f remit o dalla Giustizia , interpretando ps'5-oj per fremito , dedotta la metafura dal fremito delle onde , e de' flutti , come spiegano i due Sfrolia- sli piu recenti. Ma Proclo seguita Plutarco , presso cui ?c9-oj e via angusta , sinistra, aspra , in dialetto beotico. Onde il senso e justiciae est aspera semi- ta > come traduce Robinson . Ma chi ci assicura , che a' tempi d' Esiodo aves- se quel significato strano , che a' tempi di Plutarco? Vi corrono circa mille anni . Cio che siegue favorisce piu la prima sentenza , che la seconda . 222. snrercu . . . . jfS-ea \uu>v , sequitur sedes populorum ."Ettztcu , sequitur e lo stesso che inseqiiitur . Cosi Virgilio : Auritosque sequi lepor es(a) . Persiegue le case de' popoli perch' essi non sono esenti da colpa ne' giudizj rei : primo , perche godevano di tener giudici ingiusti , ■<;■, come comentano gl' Interpreti : secondo , perche nella decision* influi- vano non poco , favoreggiando anche quella parte, ch' era meno assistita dalla giustizia . Aaol «f' •auapOTefOirtv eirvTvov } duQis df&iyoi . Populi autem tit risque acclamabant , utrinque fautores (b) . 22$. O* &i ft'xag etc. Incomincia qui un parlare di Esiodo , in cui promet- tendo premj a'giustij e gastighi agl' ingiusti , par che riduca tutta la politi- ca alia pieta. Percio e assai criticato da Gio. Clerc (c) , quasi non inse- gnasse 1' esperienza , che ugualmente son piu felici i buoni de' cattivi , e i cattivi de" buoni . Ma c difeso Esiodo da Robinson , il qual mostra , che la S.Scrittura ove per Mose a' giusti -non si promettono se non beni tcmporali , e plena di tai promesse , le quali quantunque non si abbian da prendere strettamente , danno buona speranza a' giusti dell' ajuto divino . Ed io non ho dimcolta di asscrire , che le piii volte s' adempiono , e che verissimo c quel detto de' Proverbj (d) : Jwstitia elevat gc.ntes ; miseros autem facit populos peccatum . Lo conobbero anco i Gentili ; e Platone (o) paragonato questo luogo di Esiodo con altro simile di Omero , attesta , che fino al suo tempo niuno avea lodata la giustizia se non come datrice di onori , di gloria, di donij per cui Orfeo le da 1' epiteto di m-o\uo>>(it . 23 i. Tot ci che ometto ; e lo difendo io stesso coll' esempio di Acabo ladro , e percio solo in nascondere iJ suo furto dalle spoglie di Gerico ; e nondimeno cagione della sconlitta sostenuta da tutto 1' esercito di Giosue . Dio faria contro giustizia, se togliesse la vita a titolo di pena personale per delitto non personale: ma la toglie in tai casi pel supremo dominio che ha su la vita dcgli uomini ; co- me ragiona il Grozio al lib. 11. capo 21. §■ 14- Jvi. X-axis dvffos ctTDt'ufa. Lodo 1' acutezza del Grevio , ch' emenda 1' ivaufti ch' era in tutte 1' edizioni antecedcnti , ed e in molti MSS. c lo muta in (a) Hist. Nat. XVI. cap. 8- (b) Hist. Plantarum L. 111. cap. 9. (c) Voya- ge de Jerusalem p. 1 10. e 1 14. (d) Reipublicae gcrendae praecepta. (e) Ep. 242. (/) Carm. LX. v. 221. (g) Lib. VI. cpigr. 20. i8 4 dir»'t/f» t ch' e in Eschine(o) citatore di questo verso, come pur fanno alia stessa maniera altri molti antichi addotti da noi nell' indice delle varianti . 242. 11 Sig. Briinck , trovato in Plutarco p. 1040. gWAaa-e invece di iiniyayt , tien la nuova lezione malgrado tutt' i Codici . Abbiamo osservato , che gli an- tichi citando a memoria i passi de'piu antichi spesso errano. 243. Ai/asv opi ^ Xoipiv,' Famem simul et pestem. Due gastighi , che non vanno quasi mai disgiunti tra loro ; 1' uno produce l'altro. Livio : Deinde duo simul mala ingentia exorta , fames pe stile ntiaque foeda pecori , foeda ho- mini: vastati agri sunt; urbs assiduis exhausta funeribus (b) . 244 Una bella imitazione di Esiodo somministra Callimaco nell'inno sopra Diana al verso 127. e seguenti . 245. "H wvyi ff*iiv etc. Aut Tiorum exercitum ingentem perdidit . Solone , di cui pococi e rimaso , non poco setnbra avere attinto da Esiodo; come ove dice (c): 'E* ydf 3v(?[Jiwi'j)V tu^ius nroXvi^aisv a$v TfC^STau iv auuo$oi$ y to/j dSr/-i?i (pi X»j etc. ab hostibtis enini urbs amabilis subtto opprimitw dum in conciliis sunt qui pa- catas injuria afficiunt etc. siecome inter venne di Socrate , riflette Massimo Ti- rio (d) y la cui ingiuria £u punita con la sconhtta degli Ateniesi : Mortuut est Soarates: damnati autem fuerunt Athcnienses : judex Deus fuit et Veiitas. Ivi . H oyt i*rx°<;- H Gujeto l'avea mutato in -nyt. II Robinson con lunga nota fa vedere, che quell' Sys ha una particolar enfusi, che aggiunge after- mazione . Lo prova coll' autorita di Esiodo v. 32i. di questa opera, e con al- tre di Omero, e di Callimaco. 247. "H victq iv nrivTu etc. Vel naves in ponto etc. Ad ingiustizia , e a somma temerita de' Consoli ascrive Polibio la tempesta , che deserive nel primo li- bro al capo 37. la piu dannosa forse di quante ne conti l' antichita . 248. 'Q> fictTiXeis etc. ll Bogano adduce qui quell' apostrofe del Salmo 2. ^ vuv /SasrAwt rv'vtm , et nunc reges intelhgite . Questo sia come saggio di quella dottrina che si suppone avere attinto Esiodo dagli Orientali , e che ha da- feo motivo al libro di Bogano Homerus ct Hesiodus hebraizontes . 25o. 'ASavxTot "kiwro-xtriv , Dii vident. Di questa persuasione veggasi a v. I22. di quest' opera . Circa il vero sito di questi versi se vadano collocati a v. 122. o qui, o in ambcdue i luoghi 5 come fan tutt' i Qodici , ne lascio libero il giudizio al lettore . 252. Tf/'j yd? (xvqtoty Ter enim decies mille sunt. Questi versi sono addotti da Clem. Alessandrino nella sua Parenesi a pag. 35. Traduciamo trenta mila ; ma ognun sa , che la miriade e simbolo di gran numero , e che il ternario e presso i Greci , e presso i Latini ancora posto invece del superlativo. Lo ha notato Strabone nel primo libro : Sua ^ w; yVe^/SoA*?? etc. praesertim quum haec hyperbole sit omnibus usitaia , quum dicant ter beatos , ter miseros . Quindi Moscopulo chiosa iroWdxif iroWoi ; e Tzetze dvri ™ 91-0XW . Proclo s' ingcgna (a) Oratione contra Ctesiphontem. (£) Lib. 111. pag. 3 18. (c) Fragm. II. ▼. 21. (cZ) Dissert. XXXIX. pag. 232- di spiegare a lettera il passo di Esiodo , riferendolo alle tre specie de' Genj finte da' Platonici . Non credo che questo ternario fosse noto a' tempi di Esiodo. Ben si sapeva tra gli Ebrei il gran numero degli Angioli , da cui e nata tutta questa favola . Del qual numero ved. il Petavio de Angelis c. 14. Nel resto le tre specie de' Genj , primi , ultimi, medj , o sia ragionevoli, ir- ragionevoli , partecipi dell' una specie, e dell' altra, non possono ammetter- si , ne e favola discesa da verita scritturale . 253- Zhvos etc. Immortales Joins. Suppliscon gl' Interpreti vTrvgsrca, vtra^yol , ministri . Cio e secondo 1' uso anche de' Latini , che lasciano il famulus, se- condo le osservazionidiMonsig. Fabretti(a), dicendo v. gr. CIMBER 'L1VIAE- AMANDVS • M-MEC1- Per meglio dichiarare il passo si dee supporre , che ciascuna Deita maggiore avea nella opinione de' Gentili molti suoi Genj par- ticolari , non gia come assessori, cio che contro un valente Italiano ha con buone ragioni impugnato il Sig. Canonico Vida (b) , ma- come servi , e mini- stri. E da esso si denominavano Gioviano , Apollonio , Ateneo , Dionisiaco , Ermeo (c) • Proclo passa piu oltre 3 e dice, che si compiacciono di essere sa- lutati col nome del lor Padrone ; cioe Giovi , Apolli , Mercurj (d) . Che sian rappresentati ne' monumenti co' simboli delle loro Deita principali, e osser- vazione del Buonarroti (e) . Credo pertanto questi esser Genj di Giove , 'AS-«- 2S4. Of ?« (puXdo-o-xiriv etc. qui observant etc. Contro questo dogma della pa- gana teologia , se crediamo a Plutarco (f) , si elevo Euripide nel suo Sisifo , tragedia smarrita , di cui rimangon frammenti ; ma temendo gli Anfizioni di Atene , mise in bocca di Sisifo i suoi sensi • Disse , che un qualche poli- tico, per frenar l'umana cupidita, avea trovata e sparsa nel volgo la favola degli Dei , che spiano i delitti ancora piu occulti (_§) . L' esser poste tali pa- role una volta in bocca di un malvagio , non basta per creder Euripide per- suaso della stessa sentenza. Lo avria fatto piu volte; come piu volte lo han fatto certi moderni pensatori , fino alia sazieta. 256". 'H Si tc nrafSivos s\i biw , Virgo autem est Justitia etc. Gellio riferiscc la descrizione che fa Crisippo della Dea Giustizia . E' pregio dell' opera log- ger tutto il capo 4. del libro 14. del quale noi non riferiremo , che alcune parole : facit quippe imaginem Justitiae ; fierique solitam esse dicit a pictori- bus , fictoribusque antiquioribus ad nunc ferine modum : forma , atque filo vii- qinali , aspectu vchementi et for mid a b Hi , luminibus oculorum acribus ; neque humilis , neque atrocis , sed reverendae cujusdam tristitiae dignitate . Noto di passaggio , che ho mutato rhetoribus in fictoribus scorto da Cicerone ,ove di- ce: Decs ea facie novimus qua pictores fictoresque voluerunt (h) . (a) lnscr. domestich. pag. 40. e 41. (b) Antiquit. Benevent. dissert. II. (c) Plutarch, de Oraculorum defectu. (d) Commentar. ad I. Dialogum Al- cibiadis (e) Mcdaglioni pag. 28.042. (f) De Placitis Philos. Lib. I. cap. 7. (o) Carmeli Tom. XX. pug. 188. (h) De Natura Deorum Lib. IT. 28 1 86 Ivi . A/o? ix-ysyavicc . Dice e iiglia di Giove, e di Temide, secondo Esiodo nella Teogonia a' versi poi- secondo Eratostene , secondo Igino . Questa e V antica opinione , comecche si trovi ella talora scambiata con Temide sua madre , come riflette Marziano Capella (a). iSj- Kvf?n re ( Augusta ) , il Grevio sostitui a xufvn , che leggevasi in tutte 1' edizioni . Ottimamente , giacche x-uSwi e in rarissimi Codici ; x.oJ?» quasi in tutti . Gonsentono 1' Etimologico , ed Esichio, che forse ebbe in visba questo luogo di Esiodo : xt/tJ'po' , gvfotys , o-iuvri , Ttfxia , evrtfzot; . . 255). Ai/V/xa Trap A// tra.r<^i x. cangiando dfix.ui'nfos in driixu'nqoi; . Da questi versi congettura il Clerc , e il Berger , ch' Esiodo non fosse ottimo uomo ; mentre e proprio dell' uomo ottimo operar bene per puro amor della probita , o fruttuosa o infruttuosa che sia . Altrimenti si da in quello sco- glio , che segna Siro Mimo pag. 16. " Quum vitia prosunt err at qui recte facit . Gl' lnterpreti tengono quale una via, quale un'altra per difender Esiodo; poco felicemente , tolto Robinson, il quale pretende , che nell' ultimo verso sia la difesa del Poeta . Negli altri versi, die' egli, e espressa una quasi ten- tazione , come nel Salmo 72. ove si dice : Mei autem paene moti sunt pedes, paene effusi *unt gressui mei , quia zelavi super iniquos pacem peccatorum v-i- dens — Ergo sine causa justificavi cor meum , et lavi inter innocentes manug meas , et fui flagellatus tota die ? Dopo la tentazionc , diciam cosi , vien fuori con questa finale, mihi autem adhaerere Deo bonum est. Cosl Esiodo , dopo la sua tentazione cpnehiude con un verso sanissimo , in cui dichiara , che non si cambiera mai 1' ordine della Provvidenza, sed haec spero nunquam fa- cturum Jnvem . 273. Gl' lnterpreti latini aveano tradotto quel verso ultimo: sed haec nondum (bttw) arhitror facturum Jovtm ; il che non si pu6 pensare senza em- picta , crcdendosi che la Divinita , almeno dopo alcun tempo , possa avere a (a) Paralip. II. \6. (b) Captivi. Act. 2. sc. 2. v. 63. (c) S. Cyrill. Alex. contra Julianum Lib. X. (d) Prometh. vers. 3li. (e) Pag. 704. i88 male cio ch' e giusto : ma a tutto rimediasi spiegando con Moscopulo quell' sww , srfaMwj , numquam , nullatenus , di che vi ha esempj in Omero . 274. 7 il Tit fen. Dalla giustizia pubblica passa alia privata , fondato su gli stessi principj de' beni temporali , che allora erane solamente promessi a' giu- sti . Questo spirito prevale nel Testamento vecchio , siccome osserva Cal- met nell' Ecclesiaste al cap. 8. Notisi ch' Esiodo con questa parte del poema ha preluso alia morale filosofia, si a quella che si chiama dogmatica 3 la qua- le insegna le massime, si a quella che si chiama parenetica , la quale inse- gna i particolari doveri verso gli amici , i vicini ec. V. Lipsio(a). 2,75. ef/^Mf tnrdxoue, justitiae obedi . In tal forza presso i Latini obedio : appetitum rationi obedientem praebeamus (b) . Dalla Giustizia incomincia la sua morale trattazione , come prima delle virtu morali. 275. Tovfi yd? dv$?uiroi. sotia come di fondamento . Gli Stoici par che lo comentino in tutt'i loro prineipi , comeappare special men tc da Epitti'to , e M. Antonino, c specialmen- te da Luciano (it) , o-juix.^ inr'ffx^wfwv id TruvSnua. f'xuw -ns H) , Massimo Tirio (c) , Clemcnte Alessandrino (d) , e nello stesso libro cita Simonide , che pur vi allude (e) , come fa Silio Italico(f), Libanio (g) , Filone (Zi) , lo Scoliaste di Pindaro nelle Olimpiadi , Euripide nella Medea c nell' Ippolito , ed altri. Nel ver. 287- leggono i piu iiv ;*iv yd? invece di i»» /ugv tdi . Nel v. 288. leggo- no Platone e Senofonte : X«'» /uiv invece di i'kiyn fjtiv . 200. 'A-9-aVaw/ etc. Nota qui il Robinson quel pregio , il qual tanto e lodato in Omero da Dionigi d'Alicarnasso (z) , a cui si puo aggiugnere Dion Crisosto- mo (fc) , e fra' moderni il Gravina (Z) ; e consiste nel dipingere al vivo la na- tura delle cose col numero stesso del verso , e colla giudiziosa seelta de' vo- caboli e delle lettere . E'questo un mavaviglioso segreto dell' arte , e per cosi dirlo , il sommo fastigio della poesiaj e dell' oratoria . Esiodo non l'ignoro ; e dipinge la lunghezza della via conducente a virtu con que' tre epiteti quasi di una stessa terminazione , /uaxfo's , £f9-/aj, r guru's , che congiunti alle cinque particelle rendono il discorso piu lungo : ne dipinge la difficolta col con- corso di molte aspre consonanti , e col rompimento del verso a mezzo : ne dipinge la speditezza del cammino di chi e giunto al sommo con la fluidita del verso, colla frequenza di dattili , e coll' uso non parco delle vocali. Ivi . In tutto questo passo traluce il sentimento del Savio , presso cui si promette di guidare un uomo alia giustizia , ch' e quanto dire ad ogni ma- niera di virtu: e gli si dice, che in prima dovra passare per vie strette , dove convien camminare pie innanzi piede ; appresso non soffrira uguale strettezza ; finalmente vi potra correre senza inciampo : Ducam te per semi- tas justitiae , quas quum ingressus fueris , non arctabuntur gressus tui ; et cur- rens non habebis ojfendiculum (m) . 2pi. eVs/V ^' «f ax-goy ixnrcu , in terza persona , come leggono Senofon- te, Filone , Clemente Alessandrino. 11 Gujeto , e il Clerc difendono questa lezione contro quei , che vorrian Yxncu in seconda persona, perche il discorso e volto a Perse. E il secondo vi sottintende o$o% ; giacche siegue 'fttt^in fem- minino : il primo vi sottintende ri g , ch' e probabile spiegazione confermata da Platone (n) : orcw 5. 'ES-Xo; etc. Zenone invert! 1' ordine di questi versi , ed emendo cosi : 'Eo-3-Xo'j J' au xrixlivos o; at/To'j 'trdvia vo»crli [f\ . La ragione che ne adduceva era questa ; che il primo comecche non ve^a tutto da se , tuttavia diretto da altri agisce bene : ove al secondo non si ascri- Te se non la conoscenza del buono . Ma questa , direbbe il Caro , e una sotti- gliezza , che si scavezza ; onde senza variarla e lodata questa sentenza da Ari- stotele (g) , da Cicerone (h, , da Livio (z) , da Isocrate (h) . Chi vcde il meglio, crdinariamente non fa il peggio . Ma gli Stoici eran pieni di cavilli. 2p8 'AXXa au etc. In seguito della giustizia , e della prudenza, raccomanda -a. Perse la fortezza in quel grado che gli conviene . Che non forma gia un eroe per la patria , ma un padre per la famiglia , e un agricoltore per la catn- pagna ; la cui fortezza sta nel faticare , e nel travagliare : grado infimo , ma pur grado di fortezza, secondo Cicerone : Animi excellentia magnitudoaue turn (a) Lib. III. Paedag. cap. 8. (b) Orat. I. de Rhetorica (< ) In Zenone pag. 170. (d) T. II pag. 422. (e) irt^i aiftrtuv Satyra . ( f ) Laertius in Zeno- ne pag. 170. (g) I. Ethicorum cap. 4. (h) Pro Cluentio . (i) Lib. XXX. (it) Orat. II. inter expositas a CI. V. Iacobo Facciolato. Ip2 in augendis opibus utilitatibusque et sibi ct sttis , turn multo magis in his ip^is despiciendis elttcet(a) . 2pp. llov -}ivo<;. 11 Sevin , nome celebre nell' Accademia delle Iscrizioni di Parigi congettura , che essendo scritto A/jo yi--o;, Dii films , sia stato mal co- piato , e per la somiglianza delle due lcttere B,ed » tattone <; giacche anche Omero disse Aa'fJai'o/ per C^a^Soiviat (c) , e an- che i Latini gens Romula per Rom idea . Veggasi il Volpi al libro 111. di Pro- perzio (ci) . Proclo spiega quel Jiov >eVof per genus divinum , e erode che alluda alia discendenza di Oifeo e Calliope; la qual credo favola inventaLa per no- bilitare Esiudo, e ignota a' giorni del Poeta. 303. Tw cfg S-ioi etc. Pi d eagioni p^ssono addursi di quest' odio degli uomini , e della Divinita. Gli oziosi nelle citta sono i meno sempre . Fa dunque na- turalmente disdegno a' piu , i quali si considerano come operai di un mede- simo campy , il veder se in travaglio , e alcuni in ozio . Dio poi odial'ozioj perche nun h mai innocente : multam mahtiam docuic otiositas (*) ; e di Ma- mea Augusta conta Erodiano , che avea affezionato il figlio Alessandro a vi- vere occupato sempre, w; av d%o~A8uwo; etc. at occupato rebus potioribus , ac necef'Sarti* imperanti y ne quod spatium supcres.set vacandi malis artibus { f) . 304. wpvvtTTt x.o$8?oig ?xsXo; ofutiv, fuvii ignavis similis cupiditate. Fuco e un insetto simile alia pecchia , di mole pero alquanto maggiore , di colore, chn tira al fosco , privo di aculeo . Ne provengono in ogni alveare in numero 70. o 8o- volte minore delle api , dalle quuli mal credette Aristotele che nasces- sero(o). Plinio gli chiamo impirfcctae apes, serotinus forru* , servitia veraium apum ,h . I moderni hanno seoperto , che questi sono i maschi dell'alveare, da' quali e fecondata la madre, o sia la reina delle pecchie , eontro Elia- no(i), che favolosamente vuole,che i fuchi abbiano masohi e fommine. Essi non lavorano punto per la fabbrica della cera e del mele; ma si s. stengono co' lavuid delle pecchie; e queste gli sostentano vtQentieri , hnos, «Vo tk x.iu$nv ttIv ivfet., piger ab absco/idenda cau- (a) De Ofhc (Z>) Plutarch, de Stoicorum repugnantiis . (c) 11. 111. v. +56. Ki^^vri (J-lu, Tfwe;, *j l\a$£oivoi , »/d" (irix-s^oi. (d) Pag. 714. (< ) EccllS. 33. v.2p (/, Historiarum lib. VI.p.2i5. (g) H. An. lib. IX. 40. (/i) Hist. Nat. lib. XI. cap. 1 1. (t) Lib. 1- de animalium naturacap. p. T 93 da. Io credo, che la similitudine sia tolta da' quadrupedi, de'quali e pro- prio per timore e per pigrizia , remulcere caudam . Plinio (a) : Canum degeneres sub alvum (caudam) reflectutit . •* Ivi. iff^iv. E' voce di grande uso presso gli Stoici; ma di signihcato contro- verso . V. il Casaubono al primo capo di Epitteto , e Giusto Lipsio ne' Co- menti a Seneca al libro II. de Ira cap. I. Ottima al caso nostro mi par la ipiegazione che ne fa M. Tullio : appetitin animi , quae i?(*>i graece vacatur non ad quodvis genus vitae , sed ad quamdam formam vivendi videtur data(b), quale nel fuco , e nell' ozioso e il talento di vivcre delle altrui fatich« . 3o5. 0^ 7? ixiXta-s-aav xafiasv T^J^isc-jv difjoi , Qui apum laborem absumunt otio- si. L'Einsio noto , che Sbobeo invece di leggere *f0£K°S(»' degyoi y lesse vn'wotvoj fUsrt , emistichio di Omero (c) . Quante frasi di Omero avranno inserite i Critici in Esiodo in tanti secoli ; e viceversa quante di Esiodo in Omero! specialmente Aristarco, solito a mutare in ogni autore cio che gli pareva men bello , come osserva Wolfio citato altrbve. E poi da qualche verso di Omero, che qui si trovi , sara lecito d' inferirne la sua anteriorita del tem- po verso di Esiodo ? 306*. i?yx... ui-r^ia. , justu opera. Sieguo Moscopulo , che comenta vu'fjtfiir^a ry Ef>a/ J 1 ' ZSlv s.eifos, dep)i» Si r ovaio^ , Opus nullum est dedecus ; otio- ±itas veto est dedecus. Ingegnose note su questo verso distesero 1' Einsio , ed il Clorc ; e n' era degno. Raccontano Senofonte (d) , ed Eustazio (e) , ch' era spesso in bocca di Socrate , e che i suoi accusatori se ne servironq per ca- lunniarlo , quasi il suo senso fosse , che niuna opera o buona , o rea e vergo- gna , quando e lucrosa. Infatti il verso inteso a parola da presa alia calun- nia . Eustazio percio lo giudica aV*ip« , il piantare , l'arare, il seminare., e gli altri. Di questi special- mente asscrisce , che niuno puo vergognarsi : e non e obbligato a qualihcar- gli ogni volta; altrimenti sarebbe intollerabile poeta . Socrate poi per nome di £?><* non intese se non Jtara tpv'viv t^ya, e siccome spiegava un suo detto, dovea crederglisi : ma che val ragione in poverta di stato? Ivi. Che sia vergogna il non operare, lo dichiara a bastanza la legge presso gli Ateniesi , riferita da Valerio Massimo \f) : Apud Athenienses inertia e la- tebris suis , languore marcens , in forum perinde ac delictum aliquod protrahi- tur ,fitque ut facinorosae ita erubescendae rea culpae . Presso i Sardi era leg- ge simile , come racconta Eliano (g) . (a) Lib. XI. c. So. (b) DeFinibus Lib. 111. c. 7. (c) Odys. I. 160. (d) Memo- rab.I.p. 7 2o. (e) Iliad. II. v. 4 3 5. (/) Lib. II. p. lz. (g) Var. Hist. lib. IV. c. 1. 3° ip4 3i3. irXx'rqi J" xftri t(cft xSfot; cw il che puo confermarsi co' versi di Teognide citati da essa , e con altri . Non si dubiti'piu clunque della vera interpretazione di questo luogo; d^tvSj e quella pussanza , che al ricco viejie dalle aderenze specialmenle conciliates! col denaro . 314. kodnovi s , nota Gio. Tzetze , est impudent et teme- raria audacia, $dfTog vera est prudens audentia . Simil diflerenza mettono i latini grammatici fra audax e auden? , J'uno prendendolo in mala, 1' altro in buona parte. V. il P. della Cerda al libro X. di Viigilio v. 284. 320. Xfiiftonn eT ax dfirctx.'rx , Divitiae vero non rapiendae . Torna alia giusti- zia , ch' e il primo tema , inculcate percio assai spesso : con che si fa qual- che scusa a questa , che a qualche Scoliaste pare tautologia . Era massima di que' primi Greci osservar la natura , e imitarla a capello. Or noi veg- giamo, che quando ad alcuno assai preme di una cosa , non si guarda d' in- culcarla tre e quattro volte in un discorso medesimo(a) . 323. xg'fJo; vCoj lf%anr an Ty etc. qiuim lucri amor mentem deceperit. Morale quanto altro mai e questo passo , che spiega come una passione giunga a pervertire. Ella seduue 1' intelletto , sicche si lusinghi o che non vi sia Di- vinita , o che si plachi fueilmente ; e dopo cio passa a fare invereconda la volonta ; sicche scacci da se quel riserbo , e quella tcmenza di perder 1' o- nore , che pon freno alle scorrette voglie. Ed e notabile il modo , con cui spiega nel contesto V ingiustizia , dipingendola con due parole x s ? um aggres- sionem nominarunt , sanxerunt tb i ~oj de quantitate dici , t£ Zuotov de quali- tate . Quindi traduco non par , come i passati Interpret!, ma simile delictum , cioe contro la virtu istessa dclla giustizia . Ivi. Fra 1' ospite , e il supplice e qualche simiglianza rilevata da Omero, laddove disse : Zej/'j 6' i'iriTiij.ii'w<> ixiTttais ts^hjuv it , Juppiter autem ultor est sttp- (a) V. Eurip. ne' frammenti delFEretteo pag. 101. e to2. ovc un padre al figlio ricorda nello stesso contesto piu volte le ste6se cose . (b) Cant. L cap. 2. (c) 111. 33. (d) In Commentar.. 196 pllcum et hospitum (a) , per cui Eliodoro (£) nomina Giove ospitale t e supplies insieme. 11 supplice pu6 definirsi qui in aliena urbe vel domo, vel in sacro aliquo loco periculorum perfugium quaerit (c) . Ospite e chi dimora presso altri , non per cercarvi rifugio , ma in vigore specialmente di un contratto scam- bievole,che celebravasi tra famiglia e famiglia , o anche tra privato e citta . 328. dvd Jifxvia, ficuvoi : fiaivet ottativo invece dell' indicativo (Zou.a , ch' e an- che nelle glosse di Esiodo. 11 Brunek lo riprende : Gretsero fin nell' indice lo chiama atticismo . 'Avafiaivoi , nota il Bugano , corrisponde alia frase scrit- turale ascendisti cubile v. gr. patris tui . Ne fu solamente costume degli E- brei collocare i letti bene in alto , sicche ci si dovesse salire ; ma delle altre nazioni ancora ; degli Etruschi , come appare dalle loro urne , ove sono rap- presentati letti con giadino; de'Greci, come costa da Omero {d) : M»irois m% riwii iiriflnuwcu , nunquam ejus cvbile ancendisie ; de' Latini , ove troviam men- zione di piu gradini d' avorio : gradibusque acclinis eburnis stat thorus(e). 33o. In agrum pupillorum ne ingrediaris ; nam Dominus qui est redemptor illorum , est patens , come traduce Calmet (f) . Noto , che 1' edizioni son divise , approvando altre « XtialvtTutt , altre aXirpcavemt . II grand' Etimologo , citando questo verso le approva ambedue ; la prima da dXiTia , fallo ; la seconda da d\nqa% ) malus . 33 I. "O; te yoviia yifovat etc. Et qui parentem senem etc. Plutarco p. 47p. ^ gx. tg-tv etc. neque majus est impietutis orgttmentum , quam parentum despectus y et injuriae . 33 5- 'AXXa a-v etc. Sed tu etc. Dopo i generali precetti , specialmente su la giustizia , viene a' particolaii precetti su gli uffizj della vita , i quali , con- forme alia dottrina di Lipsio , con bell' ordine distribuisce cosi : considera Perse come uomo , come parte della societa , come padre di famiglia; istru- endolo ne' doveri verso gli Dei, verso gli sfcranj , verso i domestici . E notisi ch' egli procede parcamente , e con principj coerenti alia tela che tesse . Egli parla ad un agricoltor povero; tutto e piano, tutto e volgare j nulla di elevato , nulla di grandioso ; quasi tutto misurato coll'util proprio. 336- KttJJu'va/xiv =T' 'iqSn-j etc. Pro facultate autem sacra facito immortalibus Diis • In prima 1' esser d' uomo fonda l'obbligo di alcune esterne protestazio- ni di ossequio alia Divinita , di cui qui Esiodo divisa il modo . Primo , dev' es- ser prestato secondo le forze kcckc Svvtx^iv. Socrate spesso avea in bocca questo precetto di Esiodo. Da .Altissimo secundum datum ejus, e raccoman- dato anche nell' Ecclesiastico (or) . 337. 'Ayvu$ , ^ xa5-«j&i; etc. Caste et pure etc. e 1* altra condizione del ser- vigio degli Dei . Quantunque il Clerc su la fede di Proclo lo creda detto dello spirito e del corpo insieme ; tuttavia gli altri due lnterpreti lo giudi- can detto piuttosto ayvut; dello spirito , xa9"Zf' aWu'v covri xXiifov, ut aliorum emas hereditatem . 11 vocabolo he^e- ditas , o sors , che il Grevio ricusa per sostituire quello di aaer , non veego perche abbia da rimuoversi . 1 due Scoliasti comentano 1' uno x.\»fooy.ia ,1'al- tro xA«f6^oj-/a , e qui ancoraEsiodo fa vedere la sua deferenza agli Orientali : xXnpovoutx J(auv [xiT^g-^dipn dXXor^ioiq , hereditas nostra versa est ad alienos (7i) , Altra cosa e quando il contesto consiglia, come presso Teocrito , che addu- ce il Grevio , a spiegar campagna . 342. La seconda parte della istruzione toccaidoveri di chi vive in sociela. Quei della giustizia rigorosa fondano il gius perfetto s e di essi ha sufficiente- mente parlato di sopra : viene ora a quelli che spettano a giustizia men rigo- rosa , e che fondano un gius imperfetto . Justida , dice Cicerone (1) , et hide con- jun-cta beneficentia,quam eandem benignitatem ,vel liberalitatem appellare licet . Ivi ■ lev (piXiov^ ear/' Scuta. xaXau, riv cf' ix^?'" zv.tou. , A.micum ad convivium vocato , inimicum vero relinquito . Chi non fa cosi? dice il Clerc , il piu severo critico diEsiodo, che pur comenta . E tuttavia Plutarco (k) dice, che sebbene a certi fin d'allora paresse ridipolo questo precetto di Esiodo 5 e sapientissi- mo , giacche ad alcuni che per non debita vergogna lo han trasgredito , e costata la vita. Fra essi nomina Evcole figlio di Alessandro Magno , che in- vitato da Polispcrconte , e accettato 1' invito finalmente per sola mal inte- sa vergogna, fu nel coiivito strangolato : tanto gli costo il mangiare con un (a) VulpiusinTibull. III.eleg.4. v. 10. (Z>) Lib. XIV. p. 660. (c)Pag.«'f 75/ r$ ^"i"' eyxtact ' aXXo yivnrou . Perse non era , cio che il Grevio non vide, uonio di campagna; altrimenti Esiodo non gli raccoman- derebbe di non passar molte ore nelle botteghe } di non perder tempo nel Foro , di tornare a casa presto d' inverno terminato il lavoro . Onde non dee il Grevio tanto impegnarsi per far parere negotium rusticum quel che per eu. femismo e x?«i"' tyxufxiov , o f) ya> ' y.ov } ch'ei vuol sinonimi . Quel negotium do- vrebb'essere un incendio , una visita di ladri , un'altra cosa da non nominarsi apertamente ; c p'ero il poeta dice a\\o , come Livio ferte aliam sortem., cioe adversam . Or che importava chiamar tal disgrazia rusticana , o pagana ? A me piace senza paragene phi la chiosa diSuida,che comenta e?x_ufiov , oixeiov, domesticnm negotium , prescindendo dal luogo ove sia la casa , se in campa- gna , se in villaggio , se in luogo murato , derivando ty^y-ov da xco?:ov locus. Coincide con questa spiegazione quella dello Scoliaste di Pindaro , il quale, ad- ducendo senza alcuna variazione i versi 3^.5. e 345. di questo Poemetto , co- menta quel %?>>«' iyxoiqiov generalmente /3/&>T/xaj ^eicc; , bisogni della vita {d). 345. Tttisnn; a^ag-oi etc. Viciiri discinti accia runt , cinguntur autem cognati . Era della pubblica decenza il non uscire in pubblico discinto ; ne potea farsi senza nota di scioperato : Accincti industrii , negligentes discincti , nota Ser- rio (e) , e il .Comentatore di Persio a quel verso : Non pudet in morem discin- cti vivere Nattae(f) ? La frase di Esiodo vuol significare , che il buon vicino chiamato a soccorso , cosi come si trova in casa , accorre j dimcntico ancora di cio che porta il decoro pubblico . In simil proposito canto Dante di una donna, che vede il hglio in pericol di vita (g) : Che prende il figlio , e fugge , e non s' atresia Avendo piu di lui , che di se cura ; Tanto che solo una camicia vesta . (a) Lib. V. pag. 1 8) : Moris erat aptid eos ut vicini omnes conferrent ad resarciendum quae furto erant ablata.: quapropter pauca furto amittebantur , quod universi pariter sua aliorumque diligenter custodirent . Atque hinn videtur petitum quod apud Hesiodum est: Bos etc. Lo stesso verso cita Giuliano con poca mutazione alia Epistola 3 5. e Columella al luogo indicato , e Plutarco nel trattato de audiendis poetis a pag. 34- 345. 'Eu [Xtv [xir^tt&cu 'jra^dyemivot;, Recte quidem metiwis a vicino etc. Esclusa ogni frode , qual descrive Teofrasto nel carattere XI. ch' e dello scostumuto . Questi misurando colla misura Fidonia, sceglie quella che al di dentro e al- quanto rialzata , e rade diligentemente il muggio quando paga a' domestici il loro compito . In questo precetto di Esiodo vedesi conformita con quel passo del Levitico: Nolite facere iniquum aliquad in pondcre et mensura. Stateia ju- sta , et aequa sint pondera , Justus mod ins , aequusque sextarius ,'c). 3 Jo. At/Vfti t« jjtit^ca 7(^j Xui'ov, ouxi diivnou. , Eadem mensura et amplius, siqui- dem possis • Niuna sentenza di Esiodo lesse M. Tullio con maggiore approva- zione di questa . Egli ne fa menzione nel 1. degli Ufizj al capo i5. nel XIII. delle lettere ad Attico , spesso vi allude nelle Orazioni dopo il l'itorno , in pro di Sestio , in pro di Plancio ; e specialmente nel libro de'chiari oratori al capo 4. Iliad Hesiodium laudatur a doctis , quod eadem mensura reddere ju- bet qua acceperis , aut etiam cumulatiore, si possis. 3 5 1, "il? av ^mXo)v etc. ut indigens , etiam in posterum promptum invenias. Se questo fosse 1' unico fine di quella liberalita , distruggerebbe. affatto 1' idea della gratitudine, che debb' essere affatto spontanea , affatto libera , affatto disinteressata . Seneca (d) : Gratus sum , non ut alius mini libentius praestet priori irritants exemplo , sed ut rem jucundissimam , ac pulcherrimam faciam . Ma Esiodo ricordevole che istruisce un bisognoso , non iscompagna pvessoche mai la beneficenza dulla utilita. 3 52. nMff xepJea fienti y chiosano i Greci , facendo dire ad Esiodo una sentenza da trebbio , quando una ne dice da liceo. Non e dunque il senso di essa , che il donativo sia buono a chi lo ri- ceve , ma a chi lo fa: quas deJeri< solas semper habebis opts, dice Marzia- le (c) . ?vla convien dare del proprio : videndum est ut ea liberalitate utamur quae prosit amicis , noceat nemini , come rifiette M. Tullio (d) , e come torna Esiodo a insinuare a Perse , che avea fatto doni a' giudici , ma della robu. del fratello ; e cosi non senza nota di rapina . ■ 357. "O; (UeV yvq etc. Qui enim libens dat ,et*i multum dederit , gaudet donan- do . Buona conferma e questa della spiegazione data a quel efai; dyai*; spie- gandosi ora perche. sia buono il donativo; perche rallegra chi'l fa; siccome la rapina e cattiva , perche rattrista chi la commette . E quanto al donativo, e tin bellissimo documento quel largire di cuore , «Vo xctffi'ots , £% ^vx^S i P er cui il donatore sen7a cercare altro premio , si appaga del premio della buona sua coscienza , secondo quel detto di Seneca (e) : Sit fructus beneficii primus (a) II, Offic. Vol. X.p. 175. (b) Pag. 4*5. ed. Columnae (c) Epigr.lib.V. 43. ubi v. Raderum p. 401. (J) De offic. I. p. 36'. (e) De Beneficiis 11. c. 3 3. 32 202 ille conscientiae . Colle parole poi lif-vimi 3» x.«rd $u(xov , s' ingegna , come Proclo riflette , che i benefizj non si divulghino. Questo pure e secondo la dottrina di Seneca (a) : Beneficia , quae non producunt , neque honestiorem fa- Giunt'{ accipientem) sed succurrunt infirmitati, egestati , ignominiae , tacite dan- da sunt , tit nota sint solis , quibus prosunt . Notisi che vi ha differenza benche piccola fra x°^? il > e Ts'pirsTo/ , e il primo debb' essere minor del secondo . 11 primo par che corrisponda ad avere allegrez- za , il secondo ad aver gaudio; due affetti distinti , come riflette un autor sacro di grandissima autorita in fatto di lingua , citato percio dalla Crus- ca (b) . 3?p. "O5 &i x.2v etc. Qui autem libens rapuerit , impudentia fretus, quamvis sit exiguum , tamen cruciat suum animum . QlXov x.Hg portavano tutte 1' edizioni avanti Robinson, il quale mutd in tpi'Xov vrog coll' autorita di tutt' i MSS. e di Suida , al quale aggiungo io Stobeo nel Serm. 27. Quanto alia sentenza , io non so come gli antichi e i moderni interpreti riferiscono quel

) Segneri JA.zy. Giugno (0) Heinsius ad II. Idyl. Theo- criti v. 157. Warton ibidem . Benedictus ad I. Od. Olymp. Pindari. Anna Fabri et Th. Graevius in Callim. ad Hymnuin II. v. zS. et III. 226. et alii complures. (d) Orationes veterum pag. S\6. 203 3tf3."Oj J" eV' iivn ptqei etc. Quivero partis adjicit , is vitabit airam famem . Nota , che a' tempi di Proclo era altro 1' ordine di questi versi; essi erano collocati , ove ora stanno i versi 370. 71. e 72. 11 luogo piu opportuno pare che sia questo ; quando parlato di fresco degli uffizj verso ogni gcnere di persone , e de' contratti , che si fan con. gli amici ; prima di passare agli uffizj di padre di famiglia , si parli qui de' contratti che fannosi col fratello , e coll' amico . Ma ancorche ci sia qui un piccol disordine di collocazione , Esio- do era uomo era , attempato , era in una stagione , in cui nascevan le lette- re , per cosi dire; 1' aver fatto quel che ha fatto e un prodigio . Ivi . Comincia la terza classe de' precetti ; i domestici , o vogliam dire gli eco- nomici , primo de' quali e accrescer le rendite . 11 fine della facolta familia- re ; dice Aristotele, e la ricchezza • E Cicerone nel I. deOffciis: Res familia- ris primum parata sit nullo ncque turpi quaestu , neque odwso . . . deinde augea- tur ratione , diligentiu , parsimo'da . 365. Oixs/ fizXizfov ujou, Domi melius est esse. Altro precetto di buon padre di famiglia, aver cura dell' acquistato. Ovidio si esprime cosi : Non minus est laudis , quam -quaerere , parta tueri (a) . Quiridi prescrivono , che in casa vi siano stanze opportune a custodir tutto . Senofonte : Sicca tecta frumentum ( exposcunt ) , humida vinum , illustrata quid- quid operis , et supellectilis petit lucem 'Jb) . 368. 'A?x°! l i vs ^ 6 ' 'klS'* etc. Quum 1 elinitur dolium , et fere est epottim , satU' rare, medio parce. Proclo, Tzetze , Eustazio al XXIV. della Iliade rendono di questo detto di Esiodo una probabile ragione; ed e, che il primo vino si beva nella festa detla Tlid-otyia , quando non era lecito escludere dal berlo nemmeno i servi ; il fondo e men buono , perche vicino alle fecce ; il me- dio e 1' ottimo . Plutarco poi (c) , e Maerobio (d) ne rendono una diver- sa ragione ; ed e , che il sommo del doglio, confinando piu con 1' aria ni- micissima del vino, dee averlo men buono, e cosi degno di finir presto j il fondo del doglio per le fecce alle quali e vicino , dee esser men buono e de- gno di finir presto; in mezzo sta il miglior vino. Ivi . Due modi v' erano di conservare il vino presso gli antichi ; 1' uno en- tro i dogli , e questo era il metodo antichissimo , e de' tempi eroici : 'Ev Je' vi$oi oivoio vaXouS vSwwitiio , ibi vero dolia vini vetei is jucundi (e) . L' altro era colare il vino , e trasportarlo da' dogli in vasi minori chiamati setiae , diotae , amphorae , riporli nelle apoteche , e lasciarli quivi invecchiare per qualche anno; il qual costume comincio tardi in Roma: Apothtcas fuisse, et diffundi solita vina anno DCXXXIII. Vrbis , apparet indubitato opimiani vini argumen- to if). 36'p. tJwvx' <*" ivi TrvS-jjiivi (paSu. Einsio seguito da Grevio cangio tT«v» gravis in itiXii , com' cgK spiega , sera, senz' altra ragione, che un testo ne' cataletti (a) Artis Amat. II. vers. i3. (b) Oeconom. pag. 844. (c) Sympos. VII. quaest. 3. (d) Saturnal. 1. VII. cap. 12. (e) Odys.II. v. 340. (/) Plin. H, N. lib. XIV. cap. 14. 204 di Virgilio , in cui trova sera parsimonia . Benche Einsio tanto si fidi della. sua lezione , io non la stimo la migliore: primo , perche tutti gli Scoliasti si vede che F hanno postergata ; secondo , perche la lezione scartata dall' Ein- sio e piena di sentimento , e di vigore . Moscopulo fttv* chiosa ^aXeir*/ , per- niciosa , e Tzetze di cio da per ragionc , perche n t^u'% ivoy\a ^ Atnr« , faex turhat ! et dolore ajficit . Per risparmiare adunque si fatte molestie a se , e a' domestici, quando il doglio e al fondo , si finisca prestissimo, e non si aspelti che lungamente durando pregiudichi alia salute. 370. Mtc-bos J' aWg/' iv fitpwo-a xaXniv , Blancle garriens , tuum inquire/is horretim; xair/XXao-a c 1' altro. epiteto . Kwr/Xae e rondine in Anacrebnte > e in Simonide , come osservan gli Scoliasti . E in Teocrito un ignoto sgridand* Prassinoe , e la compagna della loro femminile loquaeita, dice Flew' tret cr$' 00 Sij^omoi dva-vvict •/.anriWoioou. , Desinite , o miser ae , inutiliter garrientes (b) . Ivi. naXinv spiegano alcuni tugurium , altri non so con qual fondamento sinum , qualche lessico horreum , a cui conformandosi il Salvini, e noi stessi spieghiamo granajo . Moscopulo chiosa quel #iiTywA»'thj e chiara la etimo- logia da ipxXe'w fallo , decipio ; Esichio 1' ammette chiosando (QvXnmna 1 per Xmj-oIj; pw'Xn^, deceptor e presso Suida . Adunque che osta perche questo vocabolo non debba aver la greca cittadinanza ? Ecco . Non dicesi cpnXiu , »o-a> ; ma, e riconosciuto dal Costantini; ma perche si fonda in autorita dubbia , non e meglio dire , che questo verbo ha avuta terminazione in eu , e in aw; ha avu- ta doppia terminazione, com'e avvenuto di molti altri e greci e latini; che ricorrere a tante baje grammaticali ? (a) Chiliad. CCC. XVIII. (b) Idyl. XV. vers. 87. (c) Med. vers. 416. (d) Iliad. 11. vers. i$4. 33 20(5 3?6. Mxvoya/>iz $i ircii'; etc. Unicus vero filius servabit paternam domum . Sen- za far menzione de' pareri diversi , che ci sono staki riguardo all' ordine > e alia coerenza di questi versi (cio che inutilmente ci occuperebbe lungo tem- po) espongo il mio sentimento , e non ne dispevo 1' approvazione . Lascio in primo luogo al posto loro i versi , ne muto 1' interpunzione ; e al testo fo luce con un verso di Virgilio , che disse : Sola domum , et tantas servabat filia sedes (a) . J77. Ma come un sol riglio conservera la casa ? Han finora risposto pascen- do . Or com' entra qui tutt' a un tratto la pecuaria ? E dato che v' entri , che bisogno ci e di applicarvi un figlio , che dee conservare ed accrescere il patrimonio> e dalla cui assistenza si promette il Poeta 1' ampliamento della famiglia , quando a tale uopo di pascere il gregge basta uno schiavo? Non dunque col pascere, ma col sussistere conservera , e crescera 1' avere paterno . Conseguentemente non ispieghero co' passati Interpret! cendo } come sol pcrmettendo tale interpretazione feci altra volta ; ma mutriendo , e educando . Mi fa scorta Tzetze , il quale a quella parola fa questo comento ; dvri iS TfitpsS-cu , a cui va d' accordo Esichio : (pip/Serca , T%4v fMiXim , jue/ix.n si riferiscono agli stessi , che non po- tendo essere i figli , son dunque gli averi . 'Evi$n'*.n non e altro , che giunta a cio che v'era s accessio , appositw, o come traduce Kustero ad Aristofane nelle Vespe v. i382. e mantissa. Questa e piu facile a chi e gia ricco . Plu- tarco (b) raeconta di Lampide , che domandato come avesse fatto ad acqui- star tanta roba : il poco , rispose , ho acquistato con difficolta; il molto con facilita per la maggior copia de' mezzi , e de' ministri . (a) Aeneid. VII. rers. Sz. (b) Tom. II. pag. 787. 20? 3 g i . Ttoi S' m wX»'to $u[xo<; liXtftuxi iv Qqtetv ii . 382. T rW t %$itv • i?yav Si t' gV l-pyu e'pja'jfac&<« , Sic facito , operamque operae subinde addito . Dante in simil concetto : Perch' egli accunvulando duol con duolo (a) . Cominciano i precetti di agricoltura , necessar j anche a' padroni , benche occupati . Era occupatissimo dalle civili , e letter arie facc&nde il celebre Pre' sidente di Montesquieu ; ma non perdeva per questo di mira la direzione della sua Terra di Brede (b) . Era anch' esso occupatissimo il Padre di Temistio ; e nondimeno 1' agricoltura era il suo divertimento c) . 383. YlXnTdScav etc. In qualche Codice , in Melantone , Crispino , Enischio , Wirterton, Einsio, e qui segnato il libro 11. e nella edizione di Aldo vi e lettera majuscola , per accennare , che qui comincia un libro nuovo . Noi in vista de'eodici, e delle edizioni migliori , che omettono ogni distinzione , e in vista di Servio , che nel proemio della Georgica diVirgilio chiama le Ope- re di Esiodo librum , e non hbros , lo consideriamo come un solo . Picciola va*- riazione e quella che si legge in Massimo Tivio irzftTsWopu/ciav . Venendo al testo , il Petavio nel Tomo III. Parte II. capo p. congettura , che a' tempi di Esiodo sorgesse la lucida delle Plejadi circa agli n. di Mag- gio; 1' ultima a' i5. nel qual tempo cominciavano in Grecia la messe : perche seguendo gli antichi Greci 1' anno lunare , era fallace 1' indicazione per via di mesi : di che e da vedere Galeno presso Petavio medesimo al Tomo III. Parte II. pag. 94. Quindi in cosa di tanta importanza si ricorse ad un punto fisso , cioe al nascere e al tramontar delle Plejadi . Delle quali anche Filo- ne (d) scrisse cosi ■' Suopivmv ydq duXani; dvatiuvovmi ispi<; cTofov etc. nam quum occidunt , sulcos secant ad sementem ; quum autem nasci proximae sunt ,messem annuntiant ; et ortae agricolas gestientes ad comportationem rerum necessaria- rum excitant. Arato dice che son sette stelle , delle quali sei sole si Veggo- no . Igino ne rccita i uomi . I Latini le chiaman Virgiliae . Queste cose , e molte altre spettanti all' agricoltura trovera il lcttore presso il P. Lodovico della Cerda , e il Sig. Heyne nel Comento della Georgica di Virgilio ; i quali libri , siccome han preoccupato il meglio che io potessi dir sopra Esiodo in questa materia, cosi mi potranno ajutare alia brevita- Nel passo presente ▼ed. il 1. della Georg. al verso 221. che appunto dice : (a) Cantica I. canto 28. (b) Lastri Corso di agricolt. til- p. %6. (c) The- mist. Orat. II. pag. So. (d) De opificio miindi. 208 Ante tibi Eoae Atlantides abscondantur . 385. A" JV rot wxb; etc. Jllae quidem novtes et dies quadraginta latent, rur- sum vero vertente anno apparent etc. II tramontar dellePlejadi cosmico , che indica il tempo dell' arare sara da noi considerato a' versi 6\S. Ora del loro tramontare esorger eliaco ; il qual consiste nell'essere involte nella luce del Sole, e sparire , e nello svilupparsi da essa , e cosi tornare a vedersi : delle quali cose la prima avveniva a' tempi di Esiodo il di 3 I. di Marzo , la seconda il di il. di Maggio : cosi il loro oscuramento era di quaranta giorni ne piu ne meno . E in questo tempo cadeva il fine dell' anno vecchio , e il principio del nuovo. Ma di quale anno? Esso potria riferirsi ad un anno naturale , e civile . Infatti Giuseppe Scaligero misura dal sorgere delle Vergilie 1' anno civile d' Esiodo. Ma Petavio gli e contro; e vuole che da questo punto co- minci 1' anno rustico , non il civile; e par che abbia ragione . 387. IBs -sjpwra ^stpas-s-o^jVo/o e Palladio, e Vegezio ho potuto avergli emendati su la edizione Lipsiense di Gesnero; una delle fatiche del P. Gio. Batista Lagomarsini , donatami dal Signor Ab. Gio. Batista Lavagna dottissimo suo nipote . 11 P. Lagomarsini confronto il libro con 1' edizioni del Beroaldo , del Poliziano , e di Jenson , e con varj MSS. della Laurenziana , e di S. Reparata; ed e incredibile quel diligentissimo Scrittore quante altera- zioni vi trovasse . \ 3pi. TXouaa-tv , e due versi sopra scrivo vcuzmx? , riducendo le lezioni del Grevio vauu e vouiiatoo-t a quel ch' erano prima di lui. Egli le muto su la fede di due MSS. ed io le richiamo su la fede di quasi So. e di tutte 1' edi- zioni migliori, che invece del dialetto dorico hanno il comune. Ivi . yvuviv (ttth^siV) yu(xvov Si (soam7v , Tu t uvd)i J' dfxdttv, Nudus serito , nudus- (a) Coltivaz. II. 158. (b) 1. 6. de R. R. (c) Lib. VIII. c. i- (d) De R. R. 1.11. O. 2j. 2 09 que qrato , nudus quoque metito . Vivgilio su le medesime tracce , Nudus ara , sere nudus (a) ; ove Servio : id est adeo sereno coelo.,ut vestimentis non egeas . . . nam non dicit nudum esse debere quasi aliter non oporteat , aut possit . Ma a, parola osservo il precetto di Esiodo il Dittator Serrano, o Quinzio Cincin- nato , ad quern missi legati nudum eum arantem trans Tybtrim offenderunt , come dice Aurelio Vittore(6). E che cio non ammetta limitazione (tolto che di una fascia per la modestia) ne fa testimonianza Plinio (c). : Cincinnato viator attulit dictaturam , et quidem tit traditur nudo . . . Qui viator : vela cor- pus, inqtut , ut proferam Senatus , popuhque romani mandata . Ne egli fu solo. Sappiam da Plutarco (d) , che i Romani antichi d' inverno lavoravano con sola una endromride, e di estate ignudi. 3p2. « x &&■* ttatJt' i&ckriS-cc *E ya x.opi'%ed-cu etc. si matura omnia voles Ope- ra fen e etc. Catone : Opera omnia mature conficias fuce . N-am res rustica sic est ; si unam rem sero feccris , omnia opera sero jacits(e) . 3p<5'. 'ilj Jfjtj vuv sV it* n\$i<; , Sicut et nunc ad me veniiti. Uno de' luoghi piu chiari e questo, con cui provare > che quando Esiodo scrisse il puema , eran quietate le controversie col fratello; altritnenti questa non sarebbe ito a cercare il vitto in casa di Esiodo . 3P7- i?7 a %zv , viiirie Yli'^crn , labora , stolide Persa , Opera quae Dii hominibus (per sign*) demonstraiunt . Non so come i latini inlerpreti han tradotto quel, tf/srefcjupfewre , per labores destinarunt , o imposuerunt . Non adduce altra ragione il Grevio s se non una glossa, che porta •spos-eiwijayro , e 1' Etimologi- co , che nxucufa-/ spiega anche x.aT&7-x.iuct%eiv . Gli Sooliasti greci unanimemen- te spiegano come noi abbiamo esposto . Proclo non solo adotta la interpreta- zione ; ma loda Esiodo , quasi bene abbia detto , che gli Dei per mezzo delle stelle , e degli elementi prenunziano le fatiche da farsi , per non avere indi- genza co' hgliuoli e con la moglie : permodoche chi soifre penuria non possa. rammaricarsi che di se stesso . 3pp. Mk nrorz a-v'v nrouJiva-t yiwoux.! ts etc. .Ne quando cum liberis et uxore ani- mo doltns quae i as vLtum per vicinos, hi vero neghgant . Tirteo ha di qua preso la bella pittura del vinto ; con cui incoraggiva i soldati a vincere , o a morire , per non riduvsi a mendicare colla moglie , co' hgli , e co' genitori : T»^ iruvmsv ig-' dvingottcnv TI\a%6[*ci/ov avv ^.nr^i

t r dXo^w (A . At siquis urbe sua , pinguibusque arvis rtlictis mendicare cogitur , hoc omnium est miscrrimum , vagantem cum cava matre et sene parente , cum parvis filiis , et adolesccntula uxure . 404. che vien dopo ; siccome fanno tutti gli Scoliasti , lo Scaligero , il Gujeto , il Grevio ; dal"complesso de' quali non mi fo lecito di dissentire per aderire all' Einsio e alio Zanolini , che spiega- no uxoiem. E' vero che Aristotele 1' intese anch' esso per moglie (b) ; ma gli falli la memoiia , facendo punto fermo dopo questo primo verso , ed esclu- dendo il seoondo , ov' e la dichiarazione della parola ywjcu-iu ; come conget- tura lo Scaligero . Ripugna al Hlosofo , oltre gli autori soprallegati , il re- sto del poema , in cui prescrive a Perse di aspettare al trcntesim' anno ad ammogliarsi , ove la donna, di cui qui trattasi , dee provvedcrla subilo insie- me con la casa, che .dovra guardare , e co' buoi , o le vacche , seoondo il Gujeto , che dovra seguire alia pastura . 407. XfJfjttaTK d" «i< oixw trcivr a f pa/a nrotHo-aeScu, Instrumenta vero doini omnia apta para. Quel Cresino , che fu accusato di avere per incantesimo tratte le biade da' poderi d'altrui nel suo, perche il suo podere , tuttoche picciolo , fruttava piu degli altri : instrumentum rusticum omne in forum attulit , et ad- duxit famdiam validam , atque , ut ait Piso , bene curatam ac vcstitam , ferra- rnenta egregie facta , graves Ugones , vomeres ponderosos , boves saturos. Postea dixit: Veneficia mea , Quiritrs , haec sunt (c) : tanto importa quel piecetto , che sieno acconci gl'istrumenti rusticani. Le altre cose al trove leraccomanda. 4! I. xaXin'v horreum . 11 grand' Etimologico (dj spiega questa voce per casa di legno ; accorda pero che possa abusivamente prendersi per casuccia di piefcra * e cita questo verso di Esiodo . 4l3. Am £' afx/SoAieyyig cev»p arridi va>,ouii , Semper autem dilator operum vir cum damnis luetattir . Questa cosa , come interessantissima il mestier dell' agricoltura , ha accennata Esiodo di sopra ; e torna ora a raccomandarla , come fa replicatamente Columella : Praelabentis vero temporis fuga quam sit irreparabilis qui* dubitat?... Res e^t agresti insidiosissima cunctanti: quod ipsum expressius vetustissimus auctor Hesiodus hoc versa, significuvit A/a etc. (e). 417. 3-«£ao; aV"'f j cosi chiama il Sole da o-eiftdeiv , che signihca Xapireiv corn- scare , fervere . Proclo . 418. x.nfiT(iiruv> hominum fato nutritorum , Corrisponde alia frase ebraicayzZiws fati , Jilius mortis . (or) Serm. XLII. pag. 2p3. (b) Oecon. 1. cap. 2. (c) PUn. k XVIII. cap. 6. (d) V.x*\id. ( e ) Lib. XI. cap. 1. «2 I I ^ao. ~Huo<: dSwrnidm . II Gujeto corresse *»««$ tunc , e consente gran parte de' MSS. Ma 1' antica lezione e assistita anch' essa da molti codici ; dalla glossa del codice di Loesnero , che cumenta ore ; dalla interpretazione de- gli Sooliasti'j e dal senso istesso , che il n/-io; riserba al verso seguente . 422. Tttfxog dq v "koTB^-av etc. Tunc sane ligna secure ttmpestivum esse opus me- mento . Esiodo circa la ulotomia si spaccia con due avvertenze , che si fac- cia d'aulunno, e quando i'albero si sfronda 3 e cessa di metter germogli : e aceortamente , perche V albero essendo meno abbondante di urn ore , e meno soggetto ad inverminire . Molte altre avvertenze , e con distinziune da pian- ta a pianta , trovera il lettore in Catone (a) . e specialmente quella della luna scema ; il qual precetto e confermato da tutti gli antichi , e specialmente da Plinio , il quale aggiugnc ,che infinitum reftrt lunaris ratio , nee nisi avicesima in tricesimam caedi vvlunt (b) ; raccomanda che tagliato I'albero tino al midollo , silasci stare finche ne scoli l'umore. Si ridono i moderni di ogni lunare avver- tenza j e brevemente consigliano , che il taglio si pub fare in tutt" i tempi, ma meglio e ntlV inverno , dopo colte le ghiande . Cosi il dotto Sig. Dott. Otta- viano Targioni Tozzetti (c) . 423. "Oluov (xi. (c) Lezioni di Agricoltura t. VI. p. 112. (J)Plin; Hist. Nat. lib.XVlIl.cn. (e) CatoDe R. R. c. 14. (/)Lib. XV11I. c. II. 212 acconciamente il Salvini traduce palmo . La misura poi delta ruota e lo spi- tamo, che Plinio traduce dodrante > il Salvini spanna , adattamente , per- ciocche questa e la misura che corre nel palmo aperto dal dito mignolo al grosso; quanto Polluce \a) e Proclo ne pone nello spitamo . Or e una gran diiFerenza fra il doro, o palmo , che non ha piu di quattro dita , e lo spitamo che ne ha dodici : onde in queste due misure dovea il Brazzu li mutar frase . Ivi. Quistiunarsi potrebbe, se questo carro con ruote sia il carro ,che ser- ve a' trasporti v.gr. delle biade ; o il carro che forma parte dell' aratro: per- ciocche fu in uso presso gli antichi , specialmente Galli , un aratro con ruo- te, poeticamente chiamato carro; il qual Virgilio descrive in quel verso: Stivaque quae currus a tergo torqueat imos(b) . Dico currus, escludendo cull' Heyne il cm sus , che un erudito Britanno so- stituiva . Non pare che possa dubitarsi della soluzione . Chi ha veduti gli aratri con ruote, che sono ancor oggi in moda, specialmente in Lumbardia , conosce subito , che in niuna maniera si adatta la loro costruzione alia de- scriziune del carro di Esiodo , il quale dee aver dieci palmetti di lunghezza, e ruote ben alte . Anzi non credo che a' tempi d' Esiodo fosser note le ruote agli aratri . 1 Leontini certamente non le conobbero ; altrimenti in memo- ria di Cerere , che loro insegno 1' aratura ,come nelle medaglie hanno effigia. te tre mode di aratro, non avrebbono omessa questa quarta : e in uno de' piu antichi monumenti dell' aratro che ci rimangano , ch' e nel Museo Etrusco (c) , non si veggon ruote : ne di esse fan menzione o Catone , o Varrone , o altro degli antichi , da Virgilio in fuori , almeno ch' io mi ricordi . 427. lloXX inri v.a.uirv\ot x.a'Xa. • (pcgetv $t jv'lui or' av su f«; , Malta praeterea curva ligna ; ferto autem bu>im ,quum inveneris etc. Si consiglia primieramente a cer- care una bura di leccioj yvnv . Virgilio dice, che a' suoi tempi .si curvava a forza , e per qualche tempo si lasciava cosi curva crescere ed ingiossarsi, finche fosse a tiro di mettersi in opera per V aratro : e faceasi d' olmo : Continuo in sylvii magna vi flexa domatur In bifim , et curvi furmam accipit ulmus aratri (d) . Ma a' giorni d' Esi'do era una fortuna , che rade volte toccava> il trovarne una di lecc uspecialmente in Beozia , ove dice Plutarco presso Proclo, il leccio era legno raro : quindi se trovasi , vuol che a casa si porti . Ivi. 11 Sig. Heyne dciinisce cosi la bura : tignum rflud iocurvatum , cui et temo junctus est {a parte anteriori) et vomer ipse (a parte infcriori) : a cui si potrebbe aggiugnere et stiva (a paite posteriori"., ; perciocche 1' aratro e com- posto specialmente di queste parti, buri , timone , vomere , dentale , e stiva. Esiodo , ed altri gli han denominati yois > 'V°.^ 0S£/ f> Svis , t\vua } exstXn; ma queste voci sono , tolto il Grevio , tortamente esposte da' lessicografi , e da- gl' interprcti. Non mi distendo molto a spiegarle , siccome pure fa il Cerda ; notando^che 1' intendere tali cose e mestiere degli occhi , piu che delle orec- (a) Lib. II. segm. ) S7. (b) Georg. I. v. 174. Heyne pag. 221. (c) Tom. I. tab. extra ordinem . (d) Georg. I. v. iop. - l 6 chie • Rimando pertanto il lettore alia edizicjne del Clerc , o delLoesnero, ove in un rame vedra la forma dell' aratro, e in esso le sue parti, tolto il dentale , coperto dalla estremita della bura , e il timone nascoso fra' buoi . 43o. E^t' civ W^-.yjou-ni; Juno; iv iX-juxrt nr >'t % a c, , Si Palladis famulus dentali in- Jigens . Chiama servo di Pallade il fabbro , quando pare doversi chiamare ser- vo di Vulcano . Ma Platone , ollre altre similitudini che trova fra 1' uno e 1' altra nel Crizia , osserva anche questa ; che amcndue son chiari per inven- ziuni di arti , e per istudio di sapienza . E veramente Minerva ha il cognome di Ergane da questa sua propriela (a) , e Giuliano Augusto (b) : 'Ofdm, dice , ?"» i-jiviiB 7»j 'Efj-avwy 'A&nvas faga, Videte a Minerva Orifice quanta in nos de- rivata sint munera . Ivi. Traduco iXvpctn dentali . Un egregio Comentator di Virgilio vuole , che dentale e vomere sia una medesima cosa , persuaso da un luogo di Co- lumella, ubi Cehus censet exiguis vomeribus et dentalibus terram subigere (c) ; quasi 1' autore abbia que' due termini usati per due sinonimi . Ma veramente par che non siano . Servio gli distingue : dentale est lignum in quod vomer in- cluditur {d) . Proclo parlando dell' e \v{xa , che corrisponde a dentale, dice, ia Si l\vfxd ian to ifj/i\n6iV a; 7a tjIv uvvjv x.zts'%ov %uXov . . . ( uvviv v a-iSriqov ) . iSta Si tu> i\u'uaTfirifi>i<>uo@4 pcra tiv i%,&rkwt %d\ov : il che favorisce chi tra- duce stiva. Cosi fanno quasi tutti gl' interpreti latini, e gl' italiani che ho potuto leggere; giacche fra questi e il Soave , che commesso piu volte in Milano , mai non mi e giunto.Solo ho trovato che spiegan timone fra latini il Grevio , fra gl' italiani il P. Pagnini , i quali , quantunque forse soli , io se- guito ; parendomi improbabilissimo ch' Esiodo avendo usato I e le due ruote sorpassavano notabilmente il capo. V. Win- ckelmann Stotia delle arti del disegno : Tom.. III. tav. 22. 436*. Apuif iXupu. Pare al Brunck , che a render ragione di questo verso , convenga diilo acefalo , cioe cominciante con sillaba breve; alcuni de' quali versi trovansi ne' poeti solo antichissimi, come in Omero 4- 2,. giu.sta Ateneo pag. 6"32. Ma vi e altra maniera di sanarlo : puo Afj/s'j ridursi ad una lunga per sineiesi dell' v e dell' 0. Esiodo debb' essere pien di licenze, giacche anti- chissimo : le leggi di gramatica e prosodia. sevcia son fatte da' posteriori in gran parte. Ivi. &°e ^' iwxirveo) etc. fioves vero duns novennes etc. Fa qualche difficolta la eta richiesta ne' buoi , nella quale Vari'one dissente molto da Esiodo : Igi- tur de omnibus quadni^edibus prima est probatio ; qui idonei sint bovcs , qui arandi caus^a emuntur , quos rudis , neque minor is trimos, neuue majoris qua- drimus parandum ; ut viribus magnis sint ac pares , ne in opere firmior imbecil- liorcm confi.Liat .... turn ita subigendum , ut minutatim assuefaciant , et tyonem cum veterano adjungant : imitando enim faciliu* domantur (b) ■ Ma la discordia si concilia cosi : Varrone parla di un fondo avviato gia , in cui sian bovi vecchj , e per cui servigio si comprino giovenchi giovani , i quali possano imparare da' piu attempati. Esiodo parla di un fondo in cui non sono buoi piu attempati , che possano ammaestrare i piu giovani . Convien dunque pren- dergli di qualche eta . 441, T'0/5 ef' cr.ua. etc. Hns autem simul quadragenwitis juvenis sequatur pa- ttern coenatus quadnfiduin , ccto frustor.um . 1 pani conosciuti dagli antichi eran di quattro specie, dice il Sig. Targioni (T. 1. p. 99. ) e quello che d.iva- si a' servi era il cOnfusaneo , o anche il lurfuraceo; e i pani erano c non preso strettamente , dice Columella (a), corne farebbe un astronomo; ma quando comincia 1' anno dopo la bruma a divenir tiepido; dalle ldi diGennajoin su . Jvi . S-efiog Si viuptvti a a-' dnrans-et , aestate vero iterata te non alht. 11 se- condo aramento si fa di e»tate , e si chiama vta-ig , e in latino iteratio . Alia quale operazione Plinio assegna il Maggio , e il Giugno bj : Stgetes ite- rare : san\tur vero diebus viginti • 4mei em , si- mul et satum jiumentum operiunt in porcis , et sulcant fossas , quo aqua pluvia delabatur (c) . 11 tempo proprio per tale operazione e verso il line di Otto- bre , o in Novembre, o sul principio di Dicembre, secondo Palladio . Rinno- vato cosi il terreno, si chiama ager terciatu^ , o nog rft'iroXog. 454. Ng/o; aXg>/af« etc. Novalis imprecationum txpultrix , libt-rorum placatfix est • Le imprecazioni si scagliano dalla famiglia in tempo che il capo non ha da saziarla i e i lamenti si fan da' rigli per la fame che gli strazia : all'un male e l'altro rimedia il maggese ben coltivato . 11 grand' Etimologico cita questo verso , e invece di veiig legge veig. 4 scoiso anche nella edizione del G cioe la semente . E cio va provveduto , perche non la becchino impiobae alites vomer em comitantes , corvique aratoiis vestigia ipsa rodentes , come dice Plinio (/') . (a) In Pluto v. 727. (b) De Natura Deorum Lib. II. (c) Lib. III. c. 18. (d) Ap. Athenaeum pag. 683. (e) Columella Lib. XI. cap. 3. (f) De Re Rustica cap. 10. (g) Moiet. pag. 223. edit. Christ. Heyne . (h) Lib. XL cap. 2. (i) Lib. XV11. cap. 5. 3* 2l8 471. zu$Hixoevv» yd? dgi'^», rectus enim ordo optimus . Sentenza che hanno amitata varj scrittorij fra' quali Senofonte : eY' J" tsfsv Sms , <5 yuvcti , w eo^»» (rrav ou ' 476. /Siomio ifi'uusvov , presa la metafora dalla ripienezza dello stomaco , co« me Moscopulo si esprime, da iguyA ructus ; e prendesi qui dalla molta so- prabbondanza del vitto . IlGrevio cita un MS. Vossiano, ov' e fiiim aigivijisvo> che spieghisi fruentem non eructantem , aiEnche si eviti una metafora dura , e sgraziata. E per compiacerlo noi , e non fargli stomaco, torremo da Vir- gilio il verbo eruoto , ch' egli ha inserito nella Eneide fino a tre volte; quan- tunque poeta di stil piu nobile ch' Esiodo . Nel resto tal voce e ammessa dagli Scoliasti, e sente di quell' antica naturalezza di parlare. 477. iroXiov ia.% . La primavera dicesi bianca , o perche splendida , o perche abbondi di bianchi fiori . 47p. E/ it v.iv n'eXioio rqoicni; etc. Si vero brtima araveris terram almam , se» dens metes etc. Cio che Omero espresse in due parole, auwrej oXiyg-og (d), Esio- do ampliiica in questi versi , con dire, che sedera il fratello mietendoj che poco stringera; che polveroso leghera in covoni cio che incontra (ch* e la .spiegazione del Brazzuoli); che riportera a casa entro la sporta il frumento; che sara poco lieto ; che pochi lo sguarderanno . Era bene ad un poco rifles- sivo sminuzzar la materia, e mettere in vista tutti questi particolari , per determinarlo alia fatica , e seminare per tempo. Vetus est agricolarum prover- Lium , maturam sationemsaepe decipere solere ; seram nunquam quin mala sit (e) . 482. vai/foi Si o-i S-itn'fovixi , pauci te suspicient . Tanto qui , quanto nel ver- so 478. e espresso il concetto della voce ragguardevole 3 ch' e quel merito di tirare a se gli occhi degli spettatori , come a cosa nuova , ed insolita . L' a- dulatore di Teofrasto e introdotto da quel sommo conoscitore della natura a dir cosi : iv$t>(j.y XIII. S. [<£) Iliad. XIX. vers. 22?. (e) Columella XI. 2. (/) Charact. cap. 2. 2I 9 o / 483. "AX Ao re tT' dWotos etc. ^?«cs autem alia Jovis mens Aegiochi , sect morta- libus hominibus comprehrndere earn difficile esc . Plinio confessa questa diffi- colta , provenientc specialmente dalla variazione delle stagioni : Accidit , confessa rerum obscuritas , nunc praecurrente nee paucis diebus tempestatum significatu, quod tifoxsi^cia-iv Graecivocant, nunc postveniente > quod gV/^g/'/uao-zvee plerumque alias citius , alias tardius coelieffectu ad terrain deciduo (a) . In modo simile discorre Columella nel bel principio dell' opera. Quanto e a Giove Egioco , o coperto nella spalla sinistra di egide or vera , or imitata in oro da Vuloano , son da leggere le Osservazioni del dottissimo Sig. Abate Ennio Vi- sconti sopra un Cammeo rappresentante Giove Egioco, che fu del nobil Vene- to ifuliani, che lo avea acquistato in Grecia. 485. E/ &i xsi/ S-vf' «fo'o-ji; etc Si autem sero araveris , hoc tibi remedium file- rit: quando cuculus canit etc. 11 cuculo suol cantare nel principio della pri- ma vera ; questo e che diletta gli uomini per tutto il mondo , perche annun- zia loro , che passato e l'inverno: dura a star con noi fino al nascer della canicola; poi e rarissimo a vedersi (Z>) . E' uccello , che dal proprio canto «bbe il nomej che presso gli antichi fu per ischerno detto a' vendemmiatori : Vindemiator et invictus , cui saepe viator Crssisset , magna compellans voce cucullum (c) . 486*. Verso addotto dallo Scoliaste di Aristofane negliUccelli al v. Jo5.ove si vantan gli uccelli che il cuculo e il Re de' Fenicj , che prescrive loro il tempo della messe cantando xo'xxy; certamente coctii , non cocci, come han tradotto i partigiani dell' antica pronunzia del greco; ed e inserito anche nella bellissima edizione di Kustero.*, 489. /3odj oirXnv etc. Verso addotto dallo Scoliaste di Aristofane negli Acarnen- «i al v. 740. e riferito ancora dallo Scoliaste di Teocrito all' Idillio IV. v. 34. Ad esso alluseSuida , quando detto } che propriamente iirXtl conveniva alle un- ghie de' cavalli , nondimeno , soggiugne , Esiodo lo disse de' buoi . E' dunque da desiderate per un tardo aratore , che cada pioggia , cio che anche inse- gna Columella (d) • ubi venit imbev multorum dierum sementis uno die surgit .. 4^3. n«'f J' t$t xa\x-ttoi> S-axov rg\ gV dXia. Xg'x&o , Praeteri autem officinam ae- rariam et calidam tabernam tempore hiberno etc. Scrivo g'tf' dXia. , non inraXix , che per errore si trova in uno o due codici , e in niuna delle piu accreditate edi- zioni . Gujeto lo voile per intemperante voglia di novita , e pretese , che ve- nisse da iiraXv^; e questo da dXig cahdus . Meglio altri grammatici deducono dxia dal dorico aXtoq per nXios ; ed allora ha lunga la prima , e il verso e o spondaico per sineresi di £ ed a; o piuttosto dattilico. Ivi • Lo Scoliaste Biseto fa un ottimo comento (e) : As'o-^aj efg irdXou tXtyov fnpOO-IXS Tivdi IBTTHi; j iv 0/f 01 %oX»l> a/Of'JSf i x.a$i"£ovJ9 . "O/WMfOJ (a) Lib. XV11I. 25. (b) Aelian. De Natura Animalium Lib. III. cap. 3o. (c) Hor. Lib. 1. Sat. 7. ove Acrone spiega 1' uso di chiamar cuculj i vendem- miatori, e le ingiurie , ch'essi replicavano a kale insulto. (d) Libro II, cap. 8. (e) In Nubes Aristoph. vers. 1482. 220 OuP e'S-a'Xe/s tu&uv ^«Xx»Tev g'j fipov s'AS-Ji* • 'Hg' its g'j Xg'jc&y ; Ag'&aj oZi'ct vocabant pubhcos quosdam locos , in quibus otium exercentes sede- bant . Homerus : Hon vis dormire in officinam aerariam profectus s Sive m lescham ? Opportunamente Omero congiugne anch' egli , come fa Esiodo , le lesche , e le oflicine de' ferrai ; alle quali si vogliono aggiugnere quelle de' barbieri , testimone Aristofane (a) , che avendo delta non so qual bubbola raccontata gV/ niTt KVfeioicri in tonstrinis , da motivo al suo Scoliaste di schiarirlo con questa nota fg fJ-iyct oixov oipiWet , tunc sane impiger vir valJe domum juvat. Plinio computa fra gli oracoli dell' agricollura : malum patrem fa' nulias, quisquis interdiu facerety quod noctu posset ibj . Lo stesso Plinio (c), e Columella {d) individuano alcuni lavmi, che possono e deon falsi di m>tte , il che vuole intendersi specialmente del verno, che le ha lunghissime. Tali gono il preparar pali per le vigne , il fare alveari , il tesseie sporte , e ca- nestri , l'incider faci , l' aguzzare i ferri , 1' adattarvi i manichi , il raccon- ciare i dogli : nam ine> tis est agricolae expectare diet brevitatem , per con- chiudere con Columella al citato luogu . 4P7« \sirrri <$i vid'a. xeifi vitiate, mucilenta vero crassum pedern manu pvemas . Dicon gl' Interpret!., esser effetto consueto della fame, stenuarc tutto il resto del corpo , ed enfiare i piedi . Aggiugne Pioclo , che in Efeso fu legge di non potere i padri esporre i tigliuoli se non avean per sovcrchio di fame enhate le piante . Noto di passaggio contro Brunck , che 1' ottativo iriiX°'s P u " stare, quanlunque dipenda dalla stessa particella /u>» , da cui di- pende il soggiuntivo xaiw^ua? 4ji . Agli Scoliasti ncn venne in capo di emen- darlo , siccome non venne in capo agli Scoliasti di Omero di emendare il verso itfo. del 1. della lliade , ove da una stessa particella diptndono due modi diversi, 4P$. no>Xa «T a'gpjo; civ iff etc. Multa autcm ignavus vir vanam ob spem expe- Ctans , egens victus mala vertat in animo . Grozio nelle scntenze scelte da Stobeo, traduce : perpetito mala multa suo sub corde volutat . L' ozio non solo e detestato , come origine di molta malizia nelle sacre carte , ma presso i profani sciittori ancora: fra' quali Columella si csprime cosi (e) illud va- rum ist M. Catonis oraculum , Nihd agendo homines male ageie ducunt . Che ge all' ozio si aggiugne la poverta , gran virtu e richiesta a non prevari- (a) In Pluto 3 3;. (£) Lib XV111. cap. 6. (c) XV111. l6. (d) XI. z. (e) Lib. XL cap. i. 22 1 care. Tlevia, JafdrxH J' aviqu t>T ^«a v-urAv (a) , pauper -t as docet hominem ob necessitatem malum : ch' e quel che conferma 1' Ecclesiastico : propter ino~ piam multi deliqnerunt (6) . 5oo. 'EXir/j J 1 ' ex dyct^ti etc. «?pes autem non bona indigentem virum fovet su- dentem in taberna , cui victus non sufficiens sit. Fu detto di Sjcrate riferito da Stobeo : ai trovnqai iXirtits us-irif oi x.axoi Sdtryoi iiri to ajuajw^seia ayur-iv t Spes malae sicut mali viae ductores ad extrema dttuunt (e) . 5o3- iroiuS-i x.a'Xidf, extruite casas . Oppoi'tuno precetto a' sevvi da favsi in tempo di estate . La loro abitazione dovea essere vicino alle pecore ,o a' buoi, ch'essi custodivano (r/) ; ed era buon consiglio il prepararsela di state, per aveila pronta nel verno. S04. lAiivrx. Si Xnvou(ova etc. Mensem vero lenaeonem vitate . Plutarco presso Proclo nega che presso i Beoti vi fosse il mese Leneone a suo tempo ; ma dice) che a' tempi d' Esiodo fosse il primo mese dell' anno corrispondente al nostro Gennajo , e al Gamelione degli Attici , e al Bucazio , che in progresso di tempo sostituirono i Beoti o i Tebani che vogliam dire . Altri poi col Febbrajo pid ragionevolmente lo paragonano , o sia coll' Antesterione degli Attici, e conl' Ermeo che adottarono i Beoti , o i Tebani . E la ragion e perche questo mese sembra che cominciasse nove giorni prima delle Calende di Febbrajo, cioe a' 24. di Gennajo. Or un mese che conta soli otto giorni di Gennajo, e ventidue di Febbrajo , posto che non vi sia intercalare , non e dovere di farlo corrispondere piuttosto al primo che al secondo. Ho dette piu cose, che han bisogno di prove , specialmente in vista dell' avversario che ho nella persona di Moscopulo , dell'autor delle Chiose , del grand' Etimologi- co , per tacerc di varj , e diversi moderni . Essi pretendono , che risponda il Leneone al Gennaio; e v' e fra loro chi asserisce , che a' tempi di Esiodo fos- se solamente questo il nome di un mese dell' anno in Beozia; cioe del Gen- najo. Ma in processo di tempo non fu solo in Beozia, fuinAtene, ove simil- mente fu mutato , testimonio Tzetze ; fu presso i Magneti, i quali lo segnano in un loro decreto ne' marmi di Oxford (e) ; fu presso gli Efesj , che in quel mese fccero lo psefisma in grazia de'Giudei , riferito da Giuseppe Ebreo (f) ; fu in Jonia , e a tempo pcrfin di Proclo non d'altra maniera chiamavan que- sto mese ; e fu quasi in tutta 1' Asia , come si legge nel celebre Ci>dice Lau- renziano , ove sono i nomi de' mesi secondo lo stile di piu nazioni , Cudice illustrato la prima volta dal P. Audiich , dotto Scolopio(«). Or in questo Codi- ce i mesi dell'Asia son segnati con quest' ordine : Posidaon IX. Kal. Januarias Lenaeus ( corrige Lenaeon ) IX. Kal. Februarias . E' dunque il Leneone un mese, che ha del Febbrajo la maggior parte; e per conseguenza che debbe aver la denominazione da questo mese , come veramente da questo mese gliela danno Seldeno , e gl' illustratori de' marmi Arundelliani , e come in (a) Stob. cap $6. (b) Cap. XXVII. 1. (c) Stob.cap. de spe extremo . (d) Co- lum.lib. I.e. 6. (e) V. Piidcaux. Marm. Oxon. p. 35. (f) Antiquit. 1. XIV. c 10. (g) Instit. Antiquai iue pag. 33. 37 222 dubbio glie la da Proclo; il quale lo paragona o al Gamelione , o all'Ermeo; cioe al primo , o piuttosto al secondo mese dell' anno . Tocca anco questa que- stione il P. Corsini antiquario di primo rango (a). 507. "O; it Aid ©fw'xw; iirTTor^oipu etc. qui (boreas) per Thraciam equorum al- tnccm . Che la Tracia sia ferace in cavalli generosi , e valenti , si puo rac- corre anco da Virgilio (Z>) , che ne'giuochi equestri di Sicilia fa cavalcare il solo Priamo in cavallo trace: quern Thracius albls. Portat equus bicolor maculis ■ Ma sopra quanto possa dirsene a tai destrieri onorevole e 1' oracol d' Apol- line presso lo Scoliaste di Teocrito all' Idillio XV. il qual disse : Todns (*tv ttccths to irt\aa-)t*6v v Af>o; afjteivev , "Imirot Q^'ixtoa , Ten >ae totius pelasgicum Argos est optimum , equar. Thraciae etc. Ivi . Notisi, che di qui oltre comincia la gran descrizione del verno , che fa Esiodo , a cui non so se altra uguale ne porga l'antichita. 11 Toaldo, la cui memoria io venero come di buon letterato e mio amico , cosi ne scrisse nella Meteorologia apphcaia all' agricoltura , dissertazione premiata nell' Ac- cademia di Montpellier 1' anno 1775- Che a fare abbia il verno colla fame e col freddo di chi e.mal parato ognun vede. Dunque Omerico si chiami Esiodo per quel suo grande inverno di versi 70. ec. (c) . 508. uif*vx.t it -)oua. >($ u\n , et eonstringitur terra et sylva . Me'juyxe puo esser perfetto da pu%dw ; e allora vuol dir risonare, e pui esser perfetto da uv'u , e allora vuol dire costiparsi dal freddo : ho seguita la seconda interpretatio- ns , perche il senlimento sia piu vario , parlandosi pochi versi appresso del suono , o muggito , che Borea eccita per le selve . 5t2-Con picciola varieta rileggesi questo sentivncnto pochi versi appresso. Vedi al v. 320. la difesa che si puo fare. 5i 3. d\Xd vu ^ tuv . Avverto dopo Moscopulo , e alcune note inedite, che qual fosse quell' animale , che in sul mattino cammina con quattro piedi , nel meriggio con due j a sera con tre ; ch' e l'unmo. 535- Kat isis etc. Et tunc etc. Ordinaa Perse di qual maniera vada intessuta la vcste , quasi egli o abbia a farla per se stesso , o debba assistere alia sua formazione . Cio e tutto secondo il divisamento dell' Hume, che nel T. I. de' suoi Suggi Politici tradotti dal Dandolo , alia pag. 145. cosl si esprime : (a) In fragm. H'-n. Stephani. (b) Lib. XI V. de animalibus cap. 2.6. (c) De s«deitia animalium p. $65. (d) Histor. animalium lib. VIII . c. 2. (e) Plin. H.N.lib.lX cap.2p. (/) Lib. VII. pag. 3 16. (g) Aiistotcles H. A. lib. IX. c.37. (h) Lib. IX. cap. 45. 224 Ne'primit e piii incohi secoli . . . gli uomitu eran comenti chile produzioni del loro terreno , o di quelle rozze preparazioiai , ch' essi pntevan farvi da per lo- ro . . . la lana dtl gregge veniva filata nella rcspettiva fumigUa , e lavorata da un tessitor vici'iO , il quale riceveva in pagamento o biada , o lana ec. Slj. ~X\ouvdv -n (j.u'Kav.nv , Laenam mollt-m etc. Veste propria anche de' Roma- ni ; chiamata da essi laena , da cui e il cognome de' Lenati ; siccome il chi- tone da' Latini e chiamato tunica . Moscopulo in due parole spiega 1' uso di queste due vesti : x^<** ya ™ e X7i »S >m tzxu™ dice a Penelope •' Tov Si ^/t&T/ ivimrcx, nti^i %>?i ervavi cir- ca cutein, stupendam (a). Quella che consiglia al fratello, Esiodo chiama tunica talare per difcsa del verno ; perche v' era la tunica corta per altri tempi e mestieii • 538. ~Zr»y.ovi S' iv nruJ^Cf) iroWvv x.qox.a. fXH^o'a-xS-aa , Stamine vero in paui o rnul- tam tramam intexe . 11 grande Etimologico e Suida lb) ravvisano un poetico metaplasmo in quel xpoxa invece di xjoxwi', come in Omero iwxa per iaxiiv. Trama e stame sono ancor nominati in un verso della Batracomiomachia , in cui Pallade rammentando il suo peplo roso da' topi , dice che avealo tessuto 'Ex f'o'Ja'ywf XeTTj#5 , jgjj $it[xova XtntTOJ ivtira . Ex trama aubtili : et stamen nibtile nevi (c) S^o. MnS ofSou ( Tf/^ej) q>?'o-<7u?iv y Neque erecti (piii) horreant . Pei'sio de- scrivendo gli effetti di un timor grande > tocca questo del rizzarsi i peli so- pra la carne : Alges quum extussit membris timor albus aristas (d) . Ho tradot- to : ergans' indosho come secca resta , aggiugnendo di mio una similitudine ; ma mi e paiuto ch' ella sia adattatissima a spiegare quel (pqieeuatv . 541. 'A^pi Si nra<7(«&>, tutte 1' edizioni citate al num. 12. e tutt'i codici han- no Wry , che suona lo stesso , e non so per qual capriccio e stato rimosso da Grevio . Egli dice che Moscopulo cosi lesse ; ma quel grammatico espose vuia per uffa come altre voci del contesto per altre equivalenti . Dice pure, che trattandosi di vestir pelli , mal si direbbe , che si adattano vurw al tergo ; ma a(jtca agli cmeri ; riflessione che non ha fatla il gran grammatico Proclo , menando buono ad Esiodo il suo vara ; riflessione che non ha fatta Apollonio Rodio quando ha detto , che le tre Dee eran cinte di caprine pelli, afxift re vutu jQtj *%"'*(> circa tergu et lumbos (a). Quanto Grevio e minor di se emen- dando Esiodo ! 545. *£«p r' »oig iriXtiui /So^e'ao ttso- 0^755 , frigida auiem aurora est , Boxca cadente . Alcuni si sono maravigliati, che ove Omero nomina i quattro venti conosciuti per principali dagli antichi , cio sono Euro, Noto , Zemro , e Bo- rea (d) , Esiodo in due Juoghi della Teogonia non nomini se non Noto , Zem- ro , e Borea (e) . 11 Clerc non ad ignoranza di Esiodo ascrive questo disordi- ne , ma a tiasuuraggine : il che non puo ammettersi, giacche non e in un sol luogo, che cosi faccia , ma in due. Adunque dicasi chiaramente, che ignoro il quarto vcnto , e questa prova si aggiunga alle altre, che dichiara- no Esiodo anteriore ad Omero . O dicasi , che siccome distinse i venti uti'li dagl'inutili , e dannosi , e quegli fece figli dell' Aurora e di Astreo , e questi disse nati di Tifeo ; cosi pote riputare il ve,nto Euro fra' secondi in Ascra ; alia cui posizione era forse inimico . (a) Arg. IV. I34P- {b) Ad Iliad. K. (t) Lib. XXXV. cap. 10. (d) Odys. E. v. 2pS. (e) Theog. vers. 3?p. et 870. O lz6 548. 'HJ>»j f'p in questo luo- go e nebbia ; e chi come il Ruhnkenio non vuol crederlo , e percio nega che il verso sia d' Esiodo, spieghi il v. 255. ove i Genj si dicono 'Hs'fa i-v , Qui haustus e fluminibui pe- renmbus etc. Ha moltissima affinita questo luogo con quel di Omero nel- la Ulissea : M>$4) ) Odys»\ V. vers. 460. (cj Lib. XVIII. H. N. cap. 6. (d) Cap. S7. (e) Lib. VI. cap. 3. 22 7 eellati ancora tai versij sarebbono ben legate le eose che sieguono. Ragione debole per torli di mezzo; ne so come il Sig. Brunck gli ometta , ne come il Grevio ne restasse capacitato iino a scrivere : rectius sane abessent . A me pare 3 che alquanto resti tronco il precetto , se non si dice , come si abbia a regolare il vitto nel rimanente dell' anno; e quando deggia iinire qiiella par- simonia . I citati scrittori di agricoltura , e gli altri , che potrebbon citarsi, assegnan tal tempo : perchc Esiodo non dovea farlo in qualche modo ? 561. \vi<&ou wv-Ttxc, >n rg] »unize, Aeqnato noctesque et dies; non gia dies, et rtoctes . E' osservazione del Grozio (a), che Talete il piu antico de' Filosofi insegno , che le tenebre piu. antiche erano della luce; opinione conformis- sima alia Scrittura: che lo stesso mostrano di aver creduto i seguaci di Or- feo ed Esiodo: e che i popoli piu tenaci delFantichita numeravano item- pi incominciando dalle notti e non da' giorni. 56"4- Ha t' av d" {%nx.ovat etc. Qnum autem sexaginta post solstitium hibernum exegerit Juppiter dies etc. 11 solstizio brumale , o sia la bruma a' tempi di E- siodo , secondo il Petavio , cadeva a' 3o. di Dicembre : a tempo d' Ipparco egli 1' assegno a' i 5- di Dicembre (6) , i Caldei a' 24. del medesimo mese (c) , Plinio intorno a' 25. (d) . 566. 'Apxrapo; <&po'knruv liqov p -,ov 'SLksovoTo etc. Arcturus relinquens sacrum fluctum Oceani Primum totus apparent exoritur vesper tinas . Arturo , o sia Ar- torilace , o sia Boote ha ora il suo nascimento vespertino a' 5. di Marzo (e), cinque giorni dopo i] piano d' Esiodo 5 che non si dubita, che segnasse il ve- to tempo, essendo stato, anche per confessione del Petavio, critico esatto e peritissimo in Astronomia secondo i suui tempi. Dice che questo astro 60. giorni dopo il solsti/io iemale comincia ad apparir tutto la sera : con- viene peio ricordaisi , ch' Esiodo parla della nascita apparente , che sempre e anteriore alia nascita vera ve*pertina dell' astro ; di quanto non puo deter- minarsi , ma n anteriore di alquanti giorni. Ivi . 'UfCv foot , sacrum fluctum . Sacro si chiama il flutto dell' Oceano sic- come egli b Nume , e partecipe della Doita del Cielo e della Terra, de' quali e finto primogenito nella Teogonia (f ) . Presso Valerio Flacco e con onori divini salutato e pregato : Ipse ter aequoreo libans carchesia Patri Sic ait Aesonides : o qui spumantia nuttt Kegna qnaiis, terrasque solo complecteris onirics (g) . 568. Tivft tar ofS'foyCn Ylav^iovi^ oj?tb ys'XuS'cov, Post httnc mane htctens Pan- dioni* vmit hirundo Verso considerato dallo Scoliaste di Licofrone alv. 442. Sofocle nella ti-agedia che intitolo il Tereo , come dice Tzetze , disse che Tereo di Tracia prendesse in moglie Progne riglia di Pandione Re di Atene : dopo alcun tempo torno in Atene a prendere Filomela , e condurla alia so- fa) De Verit. Relig.Ch list. (£) Columella XI. (c)Colum.ib. (d) Lib. XV11I pag i3o. (e) Petav. 1. II. variar. Dissert, cap. 8. (/) Vers. i3J. (2 ) I' Argon, pag. 20. 228 rella , ch' era in Tracia ; ma giunto in Aulide di Beozia la violo , e le fcronco la lingua, perche nulla a Progne rivelas&e . Ella venuta in Tracia, per via di un tessuto , in cui scrisse 1' accadutole , di tutto ragguaglid Progne ; la quale insieme con la sorella , ucciso Iti , che Progne avea partorito, aTereo , glielo porsero a mangiare , ed egli nol sapendo ne fece pasto . Risaputo poi il fatto , mentre vuol vendicarlo , e mette mano alia spada , le donne, per pieta degli Dei, furono mutate in uccelli , Filomela in rondine, Progne in usignuolo ( sebbene molti mitologi raceontino queste mutazioni viceversa ) e Tereo in npupa, che le perseguiti . Ho raccontato il fatto secondo Sofocle e Tzetze , e Achille Tazio , che nel V. Libro degli amori di Clitufonte spiega copiosamente una pittura di questa favola ; e ]a spiega in guisa da potere istruire non meno il iilologo che il pittore (a) . Ivi . ogSgoyon. Imitazione di questo passo comparisce in Anacreonte laddo- ve rimprovera la rondine che svegli Batillo viro^6^iaivou<; (b) . S6p. 'E$ e vuol dire , che fugge il caldo della state, la quale comincia dalla comparsa di tutte le Plejadi a scntimento ancora di Ovidio (&) : Plejades adspicies omnes ■, totumque sororum ■ AgniPii ubi ante idus nox erit una super. Turn mi hi non dubiis auctoribus incipit aestas , Et tepidi finem tempura veris habent . £72. Ts'iE i Si it avJfe; } Salacissimae vero mulie- res , et viri imbecillissimi sunt , quoniam caput, et genua sol sijcat . Proclo ci ha conservato un frammento di Alceo , che contiene un' apertissima imita- zione di questo , e de' superiori versi di Esiodo . L' Einsio, e il Grevio si sono ingegnati di supplirlo: il che sarebbe meglio loro venuto fat to , se avesser notato , che Ateneo (e) ne cita alcuni vcrsi , e sono i seguenti : Ttyys m-vs'i/fxovcts oivu • Ts ?-ap aj-foi" iriftTiWeiai • a S' ooqa yjxki'wdi . Tldvnt Si St-^n wrro na^uaw; , Humecta pulmon.es vino : Sydus exoritur : grave tempus est. Acstu sitiunt omnia . Dopo le quali parole par da collocare il resto che malconcio si ha in Proclo , che noi diamo secondo la correzionc dell' Einsio . 'A^« S' ix. trtTuXruv dSia av titti^ 'A^a ra\ o-x.o\u,uo; • vvv Si uia^coTarou r\d tot" tlSti etc. Sed tunc jam sit in antra umbra . Ilir^oun c-x.iv e 1' om- bra , che fa 1' antro ; come avverte il Grevio. 58p. ksh fiiBXno; oivo$ . 11 Clerc cita una lunga nota dell' Olstenio , a cui si conforma in tutto , per provare che qui va scritto fii(s\t/os non @J@'Kivo$ ; e intanto si nella greca , che nella latina lingua , il suo stampatore , e gli air tri ancora in gran parte, fan legger Byblinos . Non si nega , che in Egitto vi fcia stata una Citta chiamata ^v',6A.o{, come attesta lo Scoliaste di Eschilo ( f) , e l'autor dell' Etimulogico grande , che la fa celebre in vino. Un' altra Cit- ta del medesimo nome e in Celesiria al Libano , di cui vuole Dalecampio , che parli Ateneo in quel verso: tov S' dirl Qoivix.*; /?«? tbv /Su'fiXivov cuvtu , Lau- (a' H. N. lib. XXI. cap. \6. (b) H. N. loco cit. (c) De animal. 1. 1. c. 20. (d) H. N- 1. XL cap. z6. (e) Lib. X. p.^30. (/) Prometh.jv. 810. <2 do vinum byblinum a sacra Phoenicia (a) . Ma il Biblo , di CUi Esiodo parla , e in Tracia; e l'uva onde si fa il vino Biblino era in Grecia , in Italia, in Sicilia • E' da vedersi Ateneo [b) , presso il quale si ha, che 1' Argivo Polli Re un tempo di Siracusa v' inti'odusse una specie di vino dolce , le cui viti ebbe d' Italia , e questo in origiue era vin Biblino. 11 Barnes comentando Eu- ripide(c) ha meglio di tutti messo in chiaro la provenienza di tal vino , ch' e in Biblo luogo di Tracia, o fiume , o monte , o citta , o altro che sia , giac- che in questo gli autori non son concordi. Ne son concordi in iscriverlo per v, o per /; giacche Ateneo, che cita Epicarmo , Jilino , Armenida , Ippia di Reggio , sempre lo scrive per / , e lo stesso fanno Euripide, Moscopulo , Esichio ; al contrario Proclo , e Tzetze lo scrivon per v erroneamentejingannati forse da qualche codice mal trascritto . Anche Teocrito fa il medesimo (d) ; ma egli parla forse del vin navigato di Feniciaj o di Egitto ; benehe cio in uno scrittor di Sicilia e duro a credersi. Era vino stimatissimo , perche leg- giero, e secondo Filino , facile a dileguare i fumi del la crapula ; ragione per cui Esiodo ne consiglia 1' uso di state; ove il vin calorcso non fa che aggiugnere fuoco a fuoco . Jpo. Majfa t' duoXyouti etc. Et libum lacteum . Non so aderire al Grevio , che per maza intende la polenta , fondato in Esichiu , che dice : Md£a , dXtpira Tre- tpi/^iva uJari , y^j iXaxv ; at farina mixta aqua et oleo , quasi la focaccia non sia farina mista con olio ed acqua . Ateneo (e) citando questo lu^gn di Esio- do , e discorrendo di altri geneii di maze descritte da Trifune , lo fa dopo aver parlato lungamente di pani , quasi di ci-sa , che co' pani abbia afKnita ; e dice espressamente ch' era fatta a modo di mammella, e che avea luogo ne'sacrificj ; cose , che fan vedere in essa non polenta, ma pane. Gli Sco- liasti tutti, e anche i Glossatori , e 1' Etimologico si servono della stessa vo- ce cifrej panis nel commentarlo ; e chi lo dice aftog yd\ax.ri i^vuufxi'vog , panis lacte fermentatus , chi dfB? fxtiu yd\ax.-n><; e'vre-3 fuuuivog , o ydXaxri nrti. Verso citato dallo Scoliaste di Teocrito (1. 6) senza cangiamenti. 5p2. TlftvTsyovcov t,' e'f/ipajv, et primojremtorum hoednrum . Qual merito abbiano sopra gli altri i primogeniti capretti , 1' abbiam detto di sopra, comentando il verso 5^3. Ma notisi 1' artifizio del Poeta , che in ogni cosa presenta non pure il buono , ma l'ottimo ; e non si cura di mutare vocabolo , purche l'ot- timo si presenti : capretti primogeniti , latte di capra spoppata , carne di vitella che non ha mai partorito, e che mangi frondi , pane che sia il chifel di que' tempi, vin di Biblo. L' istesso e delle vesti , 1' istesso e dell' aratro , 1'istesso del mangiare all' ombra , in faccia al zeffiro , appo una corrente di acqua pura . Jvi. inri J' ouSottx iriviixzv otvov , praeterea nigrum, bibito vinum. Non e questo (a) Lib. I. p.2p. (b) Lib. p.3l. (c) In lone torn. 11. pag. 262. (d) ldylL 14. et v. Scholiast, t. I. p. 187. (?) Alhen. 1. 111. p. 11 5- 2 33 un nuovo vino da bersi; ma di qui pu6 congetturavsi, che il vin di Biblo fosse nero. Ne avean gli antichi anche del bianco, dice Ateneo(a); ma il nero per osservazione di Mnesiteo Ateniese , avea piu di tutti del nutriti- vo; specialmente se fciri al dolce , qual cvediamo essere il vin di Biblo. Plinio (b) assegna a' vini questi colori : colores vini quatuor: albus , fulvus t sanguineus, niger ; ma vuole intendersi di un rubicondo piu carico ; poiche assolutamente nero non esiste . Eustazio (c) , e Omero stesso non lo distin- gue , chiamando il vin maroneo , di cui abbiamo a pavlar nella nota seguen- te or [xi'Xa.v nigrum , ora iqvSqov rubrum . 596.TtifoJcciBs irqoyinv , tres partes aquae infunde , quartam veto partem vini admisce . T$>;'j ucfaro; leggono quasi tutt' i codici , e le edizioni citate da noi al verso 12. ne giova con molte parole confutare le novita del Clerc , che voile rp/j «F {/faros , e fu ciecamente seguitato . Basta osservare col Winter- ton, che Tf/'s in vigor della terminazione e comune . Piuttosto noteremo , che Esiodo insegna a temperare il vino discretamente , laddove Anacreonte all'Ode 56- dice rd. fxiv Si* tyx il "TfcTaTo; f -m ttivte £' otvou Kc/a'-S's; , decern infunde aquae , quinqtie vero vini cyathos . Ivi .Tf/j etc. 11 metodo poi degli antichi nel fare il vino contribuiva a ren- derlo piu. gagliardo , che ora non - riesce . II vin di Biblo, benche de'piumi- ti , avea bisogno di tre quarti d'acqua per esser bevuto senza danno . 11 vin maroneo, di cui fa lungo elogio Omero (d) , ed Euripide (e), avea bisogno di 20. misure d'acqua per ogni simile misura di vino. Lo stesso vin maro- neo mille anni dopo Omero, a' tempi di Plinio, quando dovea aversi impara- to a renderlo piu. bevibile , ritenea molto di quell' antica sua forza ; e non potea bersi , se ad ogni sestario di vino non se ne mescevano otto di acqua , come osservo Muziano tie volte Console, essendo Preside in que' paesi (_/") . Pu6 anche raccorsi la generosita de' vini antichi dall' usanza de' Komani , fra' quali gl' ingenui fino al 3o. anno non ne beevano ; dagli Statuti de' Lo- crensi , fra' quali per legge di Zaleuco era punito di morte chi ne faceva uso senza licenza del medico , e fuor del caso di salute danneggiata (g) ; e da molti altri argomenti. Spy. Auu>?i d"' z'TroTfv'vsiv etc. Famulis autem impera Cereris sacrum munus tri- turare, quando primum apparuerit Orion. Teofrasto nel libro de'venti, dice che Orione nasce tv a?zv ws c/Vwpaj , initio autumni : il Petavio avverte , che (a) Lib. I. pag. 19. (Z>) Lib. XIV. cap. 9. (c) In A. Iliad, vers. 46*2. {d) Odys. IX. io6\ etc. (e) In Cyclop, vers. 141. (/) Plin H. N. Lib. XIV. cap. 4. Ne' libri editi non si legge sextarios singulos octoganis aquae mi- sctri , ma octonis : la qual correzione par equa ; parendo troppo da venti , ch' era a'tempi d'UJisse, passare a ottanta a'tempi di Plinio, quando dovea succedere il contrario; e Plinio non avr%bbe lasiiato di osseivar qucsta gran meraviglia. Ma .1' Arduino ci attesta, che ortogenis e in tutt'i Co- dici; e che sostiluive octotus fu audacia d' interpolatori ; a noi pare -auda- cia il difendere 1' antica lezione . (g) Athen. 1. X. pag. 429. 40 deesi intendere dell' estate , che gia. declina, passato il solstizio di qualche giomo . Quest' apparenza si computa dalla nascita eliaca, o mattutina, che voglia dirsi j della stella lucida del pie d' Orione ; cio che avviene in Lu- glio ; e nellatercolo Petaviano precisamente ai dodici . Ne dee dimenticarsi cio che di questi nascimenti altra volta abbiam notato , che secondo tempi e luoghi si cambiarono : quae res, dice il Petavio(a), morosam , ac propemo- dum inextricabilevi istarum return investigationem facit . 599. Xw'pw iv zvcti'i , ^ ivTqoxdXtfi iv dXari , Loco in ventis exposito , et bene planata in area. Sit autem area loco sublimi , et undequaque perflabili, dice Palladio (b) , rispetto al primo precetto , che 1' aja sia esposta a' venti . Ri- spetto al secondo precetto , che 1' aja sia bene spianata , e necessario , come dice Virgilio (c) , di osservarlo : Ne subeant herbae , neu pulvere victa fatiscat ; Turn variae illudunt pestes . Saepe exiguus mus , Aut oculis capti fodcre cubilia talpae j Inventusque cavis bufo , aut quae plurima terrae Monstra ferunt , populatque ingentem farris acervum Curcuio , atque inopi metuens formica senectae . Quindi si prescrive da' maestri dell' arte 3 che l'aja sia scavata nel sasso vivo del monte , e sia munita di pavimento di pietra , vel sub ipso triturae tempore sit unvulis pecorum et aquae admixtione solidata{d). Lodasi anco lo sminuzza- re la terra, e bene aspei-gerla di morchia d' olio , ch' e nimicissima dell' er- be , delle talpe, delle formiche , de' topi ; quindi appianarla con cilindro , secondo il consiglio di Catone (e) . 600. MsTpw d" it x.o[Ai'7r' aotKov iroieiS-ou , %£ arewov iftSov etc. Servum domo carentem condu- cere, et sine liberis ancillam quaerere jubeo . Cioe servo senza moglie ne fi- gli , come interpreta Proclo , e serva che non abbia figliuolo . E 1 cio secondo le condizioni di Perse , ristrette , e limitate ; nel resto : danda opera ut (praefecti ) liabeant pecidium , et conj uactas conservas , ex quibus habeant filios : eo enim fiunt firmiores , ct conjunctiorcs fundo , e precetto di Varrone (k) . Vi si aggiunge la condizione de' tempi ; perciocche i Prefetti , o Fattori , (a) Diss.variar.lib.il. cap. 8. (b) L. T. tit. 3tf. (c) Georg. I. 180. (d) Pall, lib. 1. p. 887. (e) R. R. cap. i2p. (/) In commentario. (g) Alfen. Dig. ip. tit. 2. leg. 32- (7i) Tom. V. p. 18. (i) Cap. 11. (it) Lib. I. cap. 17. 2 35 Villici eun ufKzio imeno noto a' piu antichi, quando i padroni attcndevano per loro medesimi a' proprj interessi(a) : e Perse dovea essere un di questi padro- ni , che facesse anco da agente . Ivi . tqi$ov etc. Per ci6 che spetta alia donna , Senofonte (b) ben altre qua- lita richiede dalla donna di casa : &j 0oe Xvc-at, Servorum refocilla cara ge- nua, et boves solve. Abbiamo piu esempj fra' latini di simile discretezza verso i buoi , e molto piu verso gli uomini . Per rinfrancarli nelle forze , dopo aver lavorato , si facean feste , nelle quali giusta Orazio vacat otioso Cum bove pagus (g) , e Tibullo : Solvite vincla jugis; nunc ad praesepia debent Plena coronato stare boves capite (h) . Delle feste a Cercre ved. Virgilio nel 1. delle Georg. v. 340; di quelle a Gio- (a) Columella XII. cap. I. (£) Memor. Socratis lib. V. p. 84?. (c) Lib. I. cap. 21. (d) Id. lib. II. cap. p. (e) Lib. I.e. 33- ( f) Corso di Agric. torn. IV. pag. 29. V. anche il Sig. Targioni torn. V. p. 1 82. e segg. (g) Horat. lib. 111. ode 18. {h) Eleg. i.librill. 236 ve Dapale disse Catone : eo die ferlae buhus , et bubulcis(a). Ne* Compifeali, e Saturnali lo stesso vuol che si aggiunga un congio di vino al giorno alia famiglia, e de' buoi da in generale questo precetto: Nihil est quod magis ex* pediat , quam boves bene curare (b) . Ma a' tempi di Esiodo doveano esser rade le feste rustiche , delle quali niuna menziune e in tutto il poema : piutto- sto , dice Proclo, si usava co' buoi una certa discretezza , non prestandosi a' fabbricatori delle case per portar pietre , e avendo loro ogni altro riguar- do; e verso degli uomini raccomandasi il rinfrancarne le forze dopo le gravi fatiche della state; come vedesi nel presente verso citato dallo Scoliaste di Aristofane ; il quale vi fa una nota opportuna al caso nostro : d^yxTiv ol yta>%- yol 7»7s e vocabulo usato da Licofrone , ammesso da Esichio , deri- Tato a paver di Teone (a) appunto dalle Plejadi , quasi regolatrici dell' anno rustico. Ma quell' afpsvos non puo spiegarsi per completes, quantunque un comento di Proclo favorisca tale interpretazione ; dee intcndersi per a^piSioz y come in altro comento segnan lo stesso Proclo, e Moscopulo ; e vuol dire aptif. , accommodates *«?« X& 0V °S circa terram, cioe circa opera ter re stria , circa opeta nistica. E' opportunissima clausula di cio che ha detto Esiodo dal v. 383. ove ha incominciato , e senza interrompere ha iino ad ora proseguilo a trat- tare di agricoltura; divisandone i lavori dell' autunno , del verno , della primavera, della state, hnche di nuovo torna all' autunno. 6i 8. E/' &i ?e vauTtXitt; etc. Quod si te navigationis periculosae dcsiderium ceperit , ijuando utique Plejadcs vehementem Orionem fugientes etc, Le Plejadi nell' occaso mattutino precedono Orione , e percio poeticamente e detto che lo fuggono . 'A/f« han tultiinostri codici , eccetto un solo , che ha cu?>J . Cor- regger la lezione di tanti codici come fa 1' Aldo , mi par troppa animosita. 622. K<« tote etc. Et tunc ne amplius naves haOe in mgro panto; terrum uutem exe>cere memento ita tit te jubeo, Questo consiglio , ritenuto stabilmente , loda M. Tullio al I. de Officiis cap. 42. Mercutura . . .. si satiata queitu , vel contrnta potius , ut saepe ex alto in portum , ex ipso portu se in agros possessio- nesque contulerit , videtur jure optimo posse laudari . 627. "OtX« J' iird?[*ivct etc. Armamenta vera di*posita omnia domi tube repo- ne . lntende gli ordigni, onde si anna la nave prima di metterla in corso- 1' albero , i re mi „ le mulle funi , il timone , lc vele . 628- Eux.io-fxios etc. Recte conirahens navis alas pontigradae . Le vele accon- ciamcnte son chiamate ale, giacche alia nave fair 1' uffizio , che le ale, dice Proclo, agli uccelli . Quindi il mare e da Virgilio (b) chiamato vclivolum ; e volare linteo e detto da Catullo il navigare (c) , ed Eschilo piu per noi a (a) In comment, ad Aratum (b) I. Aeneid. v. 224. (c) Carm. IV. pag. ij>, 4* •238 proposito AtvoTTTsf ivfe vaoTi'Xuv ozriuwrn , invenit navitarum currus lineas alas habentes (a) . 629. UitidXiov &j £ix.a!ov chiosa Mo- scopulo , victus boni et honesti . E Proclo soggiugne , ch'essendo il padre di Esiodo indebitato , per sottrarsi alle molestie de' creditori , intraprese il viaggio da Cuma ad Ascra . Eforo poi , Cumano anch' esso , nega questa po- verta , e questi debiti ; e dice , che il padre d' Esiodo lascio la patria per omicidio . Io non credo quest' omicidio ; perche se indi fosse venuta la po- verta, confiscati i beni pel delitto , come dice il Poeta , che vien da Giove ? (a) Prometh. v.4?8- (£)Pag.p. (c) Theophr. Charact. c. 3. et Casaub. p. I2p. (J) Lib. I. deGenerat. Animal, c. 18. (e) Palmerius ex Schol. Aristoph. Ex«r- citationum pag. 618. 239 Pavla dunque piu verisimilmente di una poverta , in cui il padre era nato , e cresciuto . 636. Kv'alui hioXiJ't ■ofoXtnrwv , Cufnam Aeolidem relinquens . Tzetze cihacon- servato il nomc di questa Cuma o Cyme , con cui chiamavasi ne' suoi bassi tempi; ed era Fricotide. 6iy. Ouk apevos ipiuyai etc. Non reditus fugiens , neque opulentiam etc. Se si avessero a tone , dice il Clerc , tutt' i versi che sono indegni di un poeta di tanta fama , quanta Esiodo ne ha raccolta ; questo verso c il seguente , essendo freddissimi , andrebbon lineati , e veramente lineati gli ha il Signer- Em^ k ; a torto se io non m' inganno . La fama e'relativa al tempo, in cui vive un autore ; e ch' Esiodo , comunque scrivesse , sia giunto nello scrivere tant' oltre , e cosa simile a prodigio , e da conciliargli gran fama. Che poi non sia esente da alcune imperfezioni , e vano a pretenderlo . Lo stesso Otne- ro non ne fu esente; ed e criticato Aristarco per la sua troppa severita in ftmendarlo . 11 Critico e anche istorico ; e dee trasmettere ogni verso a'po- Steri quale lo ha ricevuto . 638. 'AXXa y.axriv irwiku ,sed fugiebat malqm pauperiem • Molte cose dice Teo- gnide della fuga dalla poverta , come dal sommo de' mali,. dal verso 172. e fra V gli altri ha questo sentimento : Xf» ydq "o^w; ivi yitv -re , ^j evjecc vwTtt^ S-aXaVo-nj &i%i£ t cu ^aX£7rw; , Kufve , \vvtv vevi'vi . Oportet enim simul super terram , et lata dorsa maris Quaerere gravis, Cyme, liberationem paupertatis . II che e quello > che con piu spirito disse Orazio al principio delle sue Epistole : Irnpiger extremos currit mercator ad Indos Per mare pauperiem fugiens , per sax a , per ignes ■ 61$. NaWaia ct" ayx 'EX/xwVoj o'i%u?v ivi xwuri, Habitavit vera prope Helico~ nem misero in vico. E pur questo borgo ha egli chiamata citta (voX/j) a' v. 269. del presente poema. Lo stesso nome le da Stefano alia pag. 12 J. Proclo la dice m-oXi-^viov parvam itrbem ; c benche da Moscopulo si raccolga che non avesse muiaglie, cio non osta perche almeno non possa dirsi citta picciola : giacche Tucidide ha espressamente detto. trdXa a.oyct $ufxov , Ubi autem ad met uaturam veneris imprudentcm animum , ftigere veto et dtbita vulueris etc. Pi Tfs^aj, che il Gujeto vorrebbe qui intrudere , vedi le varianti . 648. A«5&> d>' 7a/, non dt , come contro la fede della piu parte de' Codici legge lo Stefano ; il che ha dato ansa a formare un canone , che «'?> T *?3 n£i, n unquam navi trammisi latum viare , Filostrato ( f ) nella vita di Eliano racconta , che que- sto Sofistaj contuttoche scriva con eleganza veramente attica , era Aolito di dire , wf diro$%Snp.\r?.ivou. ir-n lis y»S virtq W"! 'IraXwv ^w'fo* , yn#i i'J&rivcu. vauv, put&i yvuvou S-dXarrow , numquam se ulla parte terrarum peregrinatum ultra ha- lorum fines , neque navem conscendisse , neque expertum esse mate. <55i. Et ft:i 85 Evfioia* i\ AvXt'fos, Nisi in Euboeam ex Aulide . Breve tragitto (a) Paus.lib.lX.p.tfoo. (b) Ap. Strabonem Lib. IX. pag. 41 3 (c) Pag. 304. (d) Georg. IL 412. (e) Lib. IX. pag. 588. (/) In vitis Sophist, lib. II. p. 62$. 241 passar d' Aulide , citta picciola di Beozia , in Eubea . Pausania descrittore esatto di tutta Grecia : 'Ev Si^ifi ii Ei/p/Vs mv Eu/Soicw . . diro n<; Boicotuiv £itkq- yovTm; . . . i$tv Au'Xi't; , ad Euripi dexteram dividentis Euboeam a Boeotiorum fini- bus . • . est Aulis (a) . Ivi. ji vot 'Ax.a*\a. 'A^X' i^iaaM nrou^l? /uej-aXj/rapfj } indicta (per praecones) vuro multa Praemia conatitucrunt juvenes magnanimi . 1 figli di An- fidamante , come dicono gl' Interpreti greci , posero multi premj , dopo aver- gli fatti promettere per mezzo de' baridituri . Quindi comcntano -spoj-xsxs- fuyuiva . E nel preconio se ne facea menzione ; come in quello , che con- vocando gli Dei presso Giuliano usa Mercurio : 'O TSui' xctWig-uiv "AS-Xcov nap/as , Incipit quidem certamen pulcherrimorum praemiorum judex (e). Ove noto di passaggio , che questi preamboli spesso facevansi in versi , ma dozzinali , come raccogliesi dal Giove Tragedo di Luciano; ove Mercurio avendo co- minciato a fare il suo invito in prosa , e da Giove ripreso perche nol faccia in versi; ed egli sdegnando que' de' Rapsodij perche mal fatti , e nun essen- do poeta, impasta alcuni versi di Omero. 6Sy. T-qiTroJ' utwcviu , tripodem auntum- Non e da ricorrere per aver notizia di questo tripode a quelle medaglie , che ci rappvesentan tripudi gieci o romani sostenuti da elevati piedi ; e che servon d' altari , dando luogo a farvi de' sacrifizj . Gli antichi , dice Ateneo ( /) , ebbon due sorte di tripudi, che dissero anche lebeti . Alcuni eran destinati a temperare il vino cull' a^qua , e questi chiamarono aVt/f»s , cioe che non aveano .sentito fnoco . Altri erano destinati a scaldar acqua per lavare il corpo , c specialmente i piedi, e questi chiamaron XoeTfo^iej, ovvero ifxiru&fictmt; , c tenevangli al fuoco con- (a) Paus. lib. IX. p. S70. (6)Pag.4<5o. (c) In I. Argon, ver. 161. (J) Me- tamorph. cap. 3p. (e) In Caesaribuspag. 3l8. (/) Lib. II. pag. 37. 42 tinuamente . Parecchi de' tripodi erano auriti , altri no , cioe alcuni avean anse, alcuni no . Aurito fu quello , che descrive Omero (a) , messo in premio da Achille , che tencva ventidue misure di liquid! , che tocco a Diomede; siccome aurito e questo , ch' ebbe in premio Esiodo . 658. Tov uiv iyd M«Vcn; etc. Quern ego quid em Musis Heliconiadibus dicavi . E si vedeva a' tempi di Pausania , come dicemmo . Anche quello di Diomede fu dedicato ad Apollo Delfico , aggiuntavi una iscrizione , che riferisce Eusta- zio [b) , sebben sospetta. Richiamiamo 1' antica lezione di quasi tutt'i MSS. M6vta seguente : Contrarium hoc est Us quae habuimus in Theogonia v. 3o. et sequentibus : ma non a me solo , ma anco a' greci Scoliasti par conformissimo a cio che dice nella Teogonia dal verso 22. fino al 32. ove racconta d' essere stato dalle Muse fatto poeta nel monte Elicona ; monte in cui fu consagrato il tripode , do"?. 'H/t/ara vivnuoviee etc. dies quinquaginta post solstitium , ad finem progressa aestate laboriosi temporis Tempestiva est mortalibus navigatio . Al Clerc e paruto Esiodo ignaro affatto dell' arte di navigare , quando coercet omnetn navigationem intra quinquaginta dies , quorum initium sumatur a solstitio aestivb , quum praesertim solstitium aestivum inciderit in III. Julii . Quindi stimo j fuor della opinione degli Scoliasti , che mancasse prima qualche verso , in cui si lodasse la navigazione cinquanta giorni avanti il solstizio estivo ; giacche anche questo e tempo opportuno a navigare. Si a questi tempi, si in questi paesi , si con maggiore pericolo . L' arte di navigare era ancora fanciulla a' tempi di Esiodo ; e il legno poco si scostava di terra. Cio special- mente in Grecia ed in Ascra ; ove anche potean esser venti impetuosi al co- minciar della state, miti al finire . Ed Esiodo, che in ogni precetto sceglie 1' ottimo ,come avvertimmo , anche in questo punto avra scelto il tempo piu. opportuno a' tragitti ; in cui senza una straordinaria disgrazia fosse sicuris- simo il navigare . Ivi. fzsTBt rpoiraj »i\loto . Sistole dorica in quel rfoiraj accusativo plurale della seconda declinazione de' semplici : nella prima ancora si trova , ma piu di rado , come in Teocrito v/^ueg w'/raj • J yd? . 66$. ' Slqdioi; viXeiKi $-v»v>?<; nrXio* . Ho tradotto : Ricorre V ora a naviganti a- mica; usando il vocabolo ora per tempo, siccome fece il Petrarca , quando disse : Cose che a ricoi darle e breve I' ora(c). Ed anche fra le Ore , che sono le allegorie de' tempi, Igino computa Euporia (d) , ch' e 1' Ora che presicde alia felice navigazione . 66y. Ei fxn Sri tupiv etc. Nisi dedita opera Neptunus terrae quassator , ant Juppiter immortalium Rex velit perdeie ■ Nomina queste due Deita come re- golatrici del mare ; Nettuno perche Re di esso ; Giove perche dispotico dcll'a- (a) Iliad. XXIII. vers. 26"4- (b) Pag. 1431. (c) Trionfo di amore cap. II. (d) FabulaCLXXXIII. 2 43 ria , e de'venti, che mandandogli sfavorevoli , pu6 sommergere i legni , c gli uomini . 6yh TtniufHv f r 6rri idx"? 1 *- etc. Propera autcm quam celerrime iterum domum redire . Non prescrive tempo determinate) , sicche alquanto prima o alquanto dopo i cinquanta giorni deggia tovnave a casa : dice di tornare il piu presto che sia possibile . Alquanto piu si facean lecito di trattenersi in mare i Fe- nicj a tempo di Luciano , de' quali egli dice : aVas-ow ydg Wto* dxmv etc. omne enim isti litus , et oram omnem , ut ita dicam , singulis annis pevscrutati , sero per autumnum domum suam revertuntur (a) ; ove nondimeno si vede , che al cader dell' autunno anco i Fenicj , spertissimi in navigare , si riducevano a casa loro . 674. MjfcTe fjtivitv oiviv @uj oivx ycvzTtt . Di tal festa vedi il Jonstonio (c) . 67 5. Kcci £«,««/ iviovra , votoio -re £iijd$ a'MTsig , Et hyemem accedentem } notique molestos flatus . Plinio (d) : Post eos (Aquilones ) rursus Austri... Vergiliarum occasus hyemem iuchoat , quod tempus in III. Idus Novembres incidere consue~ vit ; ma prima a' tempi di Esiodo . 678. *AXXo; atf/id r gf/v dpyvpos , anima et sanguis mortalibus est argen- tumyg) .Noi abbiam tradotto danaro, che fin da' tempi eroici era in uso nella Grecia , quantunque non segnato , come vogliono i piu: ma consistente in oro, argento , bronzo pesati . V. Feizio Antiq. Homer. Lib. II. cap. 10. (a) In Taxavitom. Il.pag. Jn. (b) Pastoral, lib. II. p. 3o. (c) Gronov. The- saur. antiq. Giaecar. t. VI. (d) H.N. lib. II. cap. 47. (ej Ibidem. (/) In Apoll. Thian. 1, II. ( g) Apud Natalem Comitem lib. II. Mythol. cap. 2.. p. 40. 244 <5p4. Me'rj>a puXaTtrt^-ax • xoupos J' ivi tra.au> ao/,g-»g , Modum serva : tempu3 veto £« omnibus optimum . Si e dubitato fra gl' Interpret! , se questo sia un sol pre- cetto , o debba dividersi in due. L' Einsio e il Gujeto 1' intesero quasi dices- ae ,u£Tfa Jianveiitvolezza . Di cio il Gievio al v. 506". ove Esiodo notnina unqia. epjoc, adduce varie testi- monianze , come di Platone , che ha uirqiox; xiyitv , di Tucidide , che ha litrfimf sinreiv . In questo senso la voce (terfov conviene a tutt' i pveoetti , che si dan- no in questo capitolo ; in cui ripassando il Pueta molti degV insegnamenti dati ne' precedenti capitoli , senza esprimer sufficientemente il m<.do di esegu'n gli , e dandone anche de.' nuovijdi tutti insegna come convenevolmente, e dicevol- mente mettergli in pratica. V. gr. avea nel capo quarto parlato di far saciiiiuj; ora ne mostra il modo, che si ofteriscano con nettezza; e cosi insegna i mo- di di trattare gli ospiti, i parenti, gli amici , i convitati : i piu de' pre- cetti riguardano questo capitolo quarto ; ma tuttavia al quinto appartiene il non lasciar le case imperfette; al sesto il non cicalar troppo, e cosi di altri. Vano sarebbe ricercar ordine in questi ammaestramenti , che come dicemmo, sono dettati all'uso orientale espresso ne' libri di Salomone . Ivi. KoMpdf S' ivi vaartv detT°s • Con questo verso prelude, come dicemmo, al capitolo delle Giornate ; ma generalmente ancora si puo intender di quel- la opportunity, che in ogni cosa e da aspettarsi , e da seguirsi . E'questo un bellissimo insegnamento, inculcato ancora nelle sacre carte: Fili conserva tempus (a), ove il P. Calmet fa questo comento : Stride, ut omnia suo tempore facias : suum enim est loquendi tempus , suumque tacendi ; aedificandi tempus et destruendi . Gravissimum hoc est sapientiae officium . Interdiun enim quae optima natura sunt, pessima fiunt quod suo tempore gesta non fueiint. Abbia- mo su di cio un altro proverbio preso da Esiodo, di uno de' sette Sav j , che l'erma Clementino , ed Ausonio ascrivono a Pittaco T i?vut . 11 passo e controverso . I piu dietro Moscopulo ci sottintendono Six-a. , presa tal numerazione da' mesi lunari . E nelle chiose assai belle pubblicate da Loesnero , tanto sopra tew?' e scritto inri £s'x.ct , quanto sopra tts'^tttw e scrit- to Six.a . Proclo accenna tale spiegazione ; ma accenna pure quella di Tzetze , difesa da Robinson , che la donzella si avanzi nella puberta , fino a' 14. e aspetti poi cinque anni , e maritisi al ip. Ma se questo e , pcrisce il fine, che ha Esiodo, prescrivendo alle nozze un tempo, che la donzella possa essere educata virtuosa dal marito : perciocche a' ip. anni si c presa comunemente la piega verso la virtu, o il vizio ; cio che non avviene ne' i5. Ivi. Credo, che 1' equivoco stia nella parola » 0a» , che Tzetze vuole in- tendcre strettamente per pubesco , e va intesa per pubesco in senso piu lar- go , cioe per cresco . Cosi la prende 1' Interprete di Omero chiosando ».3a'ainte che propone Isomaco per esemplare di economia , gli fa dire, che la moglie era stata sposata prima di compiere il quintodecimo (a) Idyll. I. versu lop. (6) Cap. dp. (c) Censor. (d) Xenophon de Repub. Lacedaem. (e) Odyss. V. vers. Jo. 43 246 anno, ii» vwco irtvitx.«i£iKt fxiv cItto ixHodSiKcx £>«u y>ifxc Suhcv, et praematurae senectae tradit. Ottimamente ha notato Robinson , che cruda senecta , come han tradotto, presso i Latini ha forza di robusta vecchiezza , qual e quella di Caronte nel VI, dell'Eneide ; a cui aggiunse Virgilio viridisque . Sostituiamo pertanto praematurae a cru- dae . ufxu ?»?ou fwntv e in tutte 1' edizioni piu corrette, in tutt' i codici veduti dal Robinson , e dal Loesnero , e in tutt' i nostri . Nondimeno vulgata lectio, dice francamente ilGrevio, nan potest ferri: a cui io non oppongo se non il detto di Omero riportato dal Costantini (c) , sV&ixev ofu'vyai ,tradidit do- lor ibus . Ben gli accordo , che cfwxcv forse e di mano recente , e da mutarsi , poiche Proclo e Tzetze chiosano ri&ela-a , e Stobeo ancora lesse 9-tixev; e la medesima lezione segue Plutarco (f) . 706. Et? ef' owiv a'&a*dmv etc. Bene vero reverentiam erga Deos immortales ob~ servato . Detto il modo delle nozze , che si fa una volta sola in vita comunemen- te > va discorrendo per altre opere giornaliere ; e comincia dal timor degli Dei presenti. Cosi Proclo intende questo precetto ; le cui parole son degnis- sime di esser tradotte , e lette , e, toltone l'errore della pluralita degli Dei, meditate ancora : Plato ait : Qui in Deum praesentem intnetun-^ curat se ab 0- mni peeulantia et impietate continere : etenim et qui viros bonos veretur ab ejusmodi operibus abstinet Us praesentibus . Quid vero ego Deos loquor , quid viros bonos? Atqui vel imagines bonorum quidam verentur, et mali aliquid coram ipsis facere non audenl ; quemadmodum amatrix ilia quae coram Xenocratis sa- (a) Pag. 204. (!>) Epistolarum lib. 1. pag. 24. (c) Cap. 14?. (d) Lib. II. pag. 77?. (e) V. Ai'Juui. (/) De cupiditate divitiar. pag. $26\ 248 picntis imagine minime amasium quidquam indecori facere passa est . Earn re~ verentiam erga Deos multo magis exhibere opus est . 707. Mn^i Kcto-tyviiru etc. Neque fratri aequalem fieceris amicum . Dopo gli Dei considera le due principali relazioni della vita, la consanguineita , e 1' ami- cizia ; e di amendue stabilisce il modo ; cioe , che 1' amicizia debba ceder la mano , almeno comunemente , alia parentela piu stretta-, perche questa e vincolo di natura , che dee preferirsi a quello di volonta ; e perche il vin- colo dell' amicizia pu6 disciorsi , ove quello della parentela , e molto piu della fratellanza , e indissolubile .• Plutarco (a) stabilisce i confini , entro i quali dee restringersi 1' amicizia rispetto alia fratellanza : cioe , che sempre la relazione della fratellanza deggia precedere nell' ottar le magistrature , nello invitare a' conviti , nella conoscenza de' principi , e in tutte quelle cose , che a parer comune recan gloria , dignita , splendore . Nell' amore parimente , e nella benevolenza comunemente va preferito il fratello all' amico ; percioc- che le piu delle amicizie , dice Plutarco stesso (b) , son ombre , imitazioni , so- miglianze di quella prima che la natura ingenera a' figli verso i padri , a'fra- telli verso i fratelli . Ma pur qualche volta e il contrario ; e allora giovera piu un amico senza parentela, che un parente strettissimo senz' amicizia , co- me dice Dion Crisostomo (c) ; e avra luogo la sentenza , che da' Comici scel- se , e noto Arrigo Stefano (J) : No>/?' aVsXipas- to? «x»tSvv°c> s ]s X"S^ V } neque mentiaris solatii caussa . II secondo precetto nell' amicizia e non mentirc all' amico. Proclo: Monuit quoque Plato eum qui volens mentiatur , merito esse infidum ; qui vero sit infidus eum ab amici- tia esse alienum . E Cicerone nel libro dell' amicizia a cap. 18. Firm amentum autem stabilitatis constantiaeque est ejus , quam in amicitia quaerimus , fides : nihil enim est stabile quod infidum est E tanto e necessaria la fede fra gli amici , che il mentire all' amico non si puo , a parere di Esiodo , nemmeno in giuoco ; e questo acciocche 1' amico non sospetti, che vi sia cosa , che daH'altro amico gli si voglia tener celata . II Salvini j-Xm'ccjjs x*Ci v traduce per grazia di lingua j ne noi ci allontaniamo guari da questo valentuomo volgarizzando per sollazzo. Ivi. a Si km aqx.V ) * H ri ^"s «'»'«*■•' etc. Si vero coeperit aut verbum aliquod (a) Plut. de amore fraterno pag. 4pi. (b) lb. pag. 47p. (c) Orat. Ill (d) Pag. 2$$. (e) P.SyvusSent.34. (/) Orat. 111. H9 dicere ingratum, aut facer? , bis tantum punire memineris . Qui il Poeta , che prescindendo dalla superstizione di que' tempi, era stato buon maestro di mo- rale , da un pessimo consiglio , approvando la pri vata vendetta , non solo a pro- porzione della colpa , che fu errore di altri moralisti antichi,maraddoppian- done la pena. Tanto e vero ,, Che ragion dietro i sensi ha corte 1' ali ,, e che i Savj non illuminati dalla santa religione han sempre uvtato in qualche #coglio ; il che non pure in Esiodo si osserva , ma anco in Epitteto e in An- tonino . La vera vendetta in casi simili e slontanarsi a poco a poco dal falso amico; e dico a poco a poco, perche farlo ad un tratto puo nuocere, ov'egli sia consapevole de' nostri segreti , o almeno per non dare occasione di cian- cej e di romori a'malevoli. 711. H&i mo adbis etc. si vero rursus redeat in gratiam , satisfactionem autem Velit dare , recipe . Cicerone : nihil magno , et praeclaro viro dignius placabi- litate et dementia (a) . E Seneca: reconciliatio tua et facilis sit et certa{b). 7l3. JsAoj rot clviio etc. pauper quidem vir amicum alias alium facit: tuum vero ne quid animum coarguat vultus . Dopo che il Gujeto aveva osservato , che questo precetto e staccato, e non ha che far con cio che precede, non ■o perche si sia rispettato 1' error del traduttore ( ma si e fatto troppe altre volte) che tbi ha volto namque s quando e particella asseverativa , o esple- tiva . 11 senso a mio parere e questo . Dopo aver dato Esiodo precetti di a- micizia stabile , e quando non sia , della maniera con cui debba riconciliar- ji , passa a discorrere dell' amicizia sincera. A questa si oppone talora la poverta . 11 povero ha bisogno or di questo or di quello , che son talvolta fra lor nimici ; e discorrendo con essi , anche contro coscienza , da ragione ad uno , che intemamente crede aver torto. Tal vizio vuole allontanar dai fratello Esiodo. 2a (invece di <7a all' uso di Omero ) viov , il tuo animo non aia mai smentito dal volto , c dall' apparenza . Taci piuttosto ; ma non fare 1' amico, non lo essendo ; o non dar ragione a chi ti pare aver torto. Una bella orazione scrissc Lisia contro questo genere di amici , alia cui familia- rita pubblicamente e solennemente rinunzio (c) . 71S. MxJe' ito\v%mov , [And' a^etvov xctXsiS-ou, Neque vero multorum hospes , neque nullius hospes dicaris . Dici ed esse e una medesima cosa . Nell' Ecclesiasti- co (d) pri xXm^mj 4'*"?°? > n e appelleris stisurro ; cioe ne sis ; modo anche fami- liare a' Latini. V. Calpurnio all' Egloga III. pag. 475. 1 Greci interpreti , e il Gujeto hanno interpretato ^vo; per amico in questo luogo ; il Clerc meglio per ospite nel senso ovvio ; aggiugnendo , che inospitale non si dovea essere , perche viaggiando era troppo incomodo a chi non avea ospiti viver sempre a sue spese ; e ospite di molti non si poteva essere , senza disastrarsi , es- gendo di limitate sostanze. Vie un luogo di Aristotele (e) , ove il Filosofo di- stingue, e c' insegna a distinguere la ospitalita dall' amicizia , spiegando Esiodo ste.;so nel luogo , che abbiam prcso qui in considerazione . (a) De Offic. I. 2 J. (b) Epist. 106*. (c) Pag. 109. (d) Cap. V. 1 6. (e) De moribus Lib. IX. cap. 10. 44 250 y\6. M«JV kukuv ziuqw, neque malorum socius (esto). La sentenza e bellissi- ma , specialmente per la eta giovanile. A questo riduce Plutarco il simbolo di Pitagora /"»' ytutS-ou (JuXdviseov , ne gustes melanurum , cioe commercium cum improbis ne habeto (a) . lvi . jwmJ" io; irzirooufxivoi; yXuo-va. cf/xou's , argentum electum lingua justi. 721. E/ Si iLCfuov avrig etc. Quod si malum dixeris , for sit an et ipse majus au- dies. Proclo cita un verso di Alceo di simile sentimento : a*' s\&uv , afka £i dqclv ; la qual notizia pu6 aggiugnersi al Valeriani , e al Giraldi , che dottamente ci espo- sero quella mistica filosofia . 726". aVoiTTj/ss-/ &i r* d?d; , respuunt vero etiam pieces. Fa al proposito il co- mento di Proclo , il quale spiegando la parola d?od dice , che sono enrcc^ai nu.1% Sus-iou; , » tuIi; s-rrovJous in a<5 '6 \ucv cu , preces quae sacrificiis et libationibus adci" nuntur . Ma qui ove si tratta di libazioni private, private ancora , e recita- te in piana voce , e senza canto deon esser le preci che le accompagnavano . 727. M« si dee usar riserbo nell' orinare . 72p. M>fV £v ofa t (Atir tx.ii{ ofS ■zspo^d.Hw spxVjfj , finf drroyu/jivuS-ag , Neque in via neque extra viam inter eundum mejas, neque denudatus . In via vieta que- st' atto per riverenza alia Dea Enodia , dice Moscopulo , e Proclo; fuor di via semplicemente per decenza. Ove noto , che questa Enodia e uno de' molti nomi , che chiese e impetro Diana da Giovej detta percio iroXvuvupin , di che v. lo Spanemio(6) .- In vigor di tal nome , a Diana Enodia si dedicavano i trofei eretti nelle pubbliche vie (c) , e il suo simolacro , o le tre sue teste iti ponevano ne' trebbj , ov' era specialmente onorata , pei-che guardasse le tre vie : uno de' quali simolacri di tre teste e in questa Imperial Galleiia . Hqofidinv qui e camminando mvvpevos , signiiicato ben raro , come nota Polluee . ?3o. paxafav tb/ vux-res Icttriv , Deorum quippe nodes sunt. Reca Proclo una ra- gione diquesto detto > ch'e approvata dal consenso degli altr'idolatri ; sicche io non so per qual cagione il Grevio dica , che non est nauci . Ecco la ragione di Proclo : quia tunc maxime fiunt apparitiones rieorum , propter quietem a vul- go. Quintiliano (d) addotto dal Grevio medesimo in ischiarimento di questo luogo : omnis religio templorumj omnis religio lucorum y quum tacuere mortalia , «t profani procul , errare sedibus tons , solitndine frui , et de suis dicitur exire simulacris . Si puo aggiugnere ohe presso Aristofane (e) Esculapio visita di notte i malati , e prescrive loro i rimedj opportuni ; e che Stazio addotto dal Grevio stesso di tutt' i Numi brevemente asserisce jche si dile'ttano delle ter- rene cose in tempo di notte : sub nocte silenti Quum Superis terrena placent , tua turba relicto Labetur Coelo (f) . 73 1. 'EJfqueVo; <*" oyi -fraoj avwp etc. Sedens veto divinus vir et prudens , aut ad parietem accedens bene septae caulae . II titolo dLdivino dato da Omero a Eu- melo porcajo, si da ora da Esiodo a chi fa le sue necessita sedendo , o al muro . Convien cercare in qualche Scoliaste come temperarlo ; e Moscopulo ne somministra alcun altro vocabolo equivalente , come $ea ivvoico tx wv > qui habet Dei cogitationem , I vS-so? , qui Dei spiritu afflatus est , chi in somma e di buon costume. 'Eifo|Uovo? vuol dir *a£»>evo ? secondo le glosse sedens, quale era presso gli Egizj il costume degli uomini a' tempi di Erodoto(g); e forse di la era venuto, e conservatosi da' piu morigerati in Grecia.. L' altro mo- do di orinar con decenza e , per osservazione ancora di Plinio , ritirarsi al muro di chiuso cortile (h) : Hesiodus juxta obstantia {lotium) reddi suadet ne (a) Pag.218. (b) Callim.Hymn. 3. p. I2p. (c) Anthol. graeca lib. I. cap. V. epigr. 24. (d) Decl. X. (e) In Pluto vers. 708. (/) Sylv. 1. I. pag. IJH {g) Lib. II. pag. iy.oio m averis adspiciens pulcra flumina . No- tabile e cio che osserva Proclo su le acque perenni: at nraXaioi etc. omnem quidem aquarum speciem , utpote ad nutriendaa augendasque rerum naturas accommo- datam veteres sacram putabaru : maxime vero perennes fluvios divinos crede- bant , indeficientem Deorum substantiam commode imitantes . La orazione do- vea farsi al Fiume medesimo , ed e verisimile , che vi si nominassero anco le Ninfe fluviatili , come fa Virgilio (b) . La formola , che potrebbe aggiu- gnersi al Brissonio , e accipe , o accipite secondoche al solo Fiume , o al Eiume e a Lie Ninfe si fa la preghiera . II Cerda lo comprova(c), paragonando con Virgilio e Sofocle , e Livio , e Stazio , e Nonno , e Properzio ; e ancora , sog- "•iugne , vi si espiimeva cio che le circostanze di quel passaggio potevano consigliare . 73p. X«fa; vi-^d/Jtcvo^ etc. Manus lotus amoena aqua limpida. Virgilio osser- vantissimo dipintore di tutti i sacri riti dell' antichita , non fece , che il suo Enea trasgredisse questo ; anzi nel luogo accennato cosi V esprcsse : Surgit , et aetherei spectans orientia solis Lumina , rite cavis undam de flumine palmis Suitulit , ac tales effudit ad atthera voces . Nymphae , Laureates Nymphae , genus umnibus unde est, Tuque, o Tybri , tuo genitor cum numine sancto Accipite Aeneam , et tandem arcete periclis . (a) P.. R. lib. I. pag. \66. (b) Aeneid. VIII. 71, (c) Tom. III. p. l5i ovuxi£x [a j , se non rammentare a' suoi , che simili pre- parazioni convenivano al di precedente } ch' e il sensoj che trova anche Plu- tarco nel verso di Esiodo(£). 74.4. MxtJ'g ivot oivo^olw etc. Neque unquam vas, ex quo vinum fun d itur , pone super craterem bibentium : perniciosum enim in eo fatum est sltum . Ho mutato 1' tirceum de' passati Interpreti in vas , persuaso , che gli antichi non si vales- sero di orci per cavare il vino da' dolii , o da' crateri, e metterlo su le tazze; ne che gli orci si mettessero mai sopra i crateri , se non per una bizzarria . Oivoxir\ e cosa molto diversa dall' orcio ; e un bicchiei-e , o tazza , che ha lungo manico , il qual preso in mano 3 e affondato nel dolio o nel cratere , se n'estrae il vino. Proclo male inteso dagl' Interpreti , meglio che altri ha schiarito questo punto : y.£v yd.% n^an^ ■zdp&xenz: x.otvo<; £v tcu<; f anri^ou^ • ex tfg n$ dquipwoi ivivev oi aiw^eiwSvng , crater communis statuebatu? in niensis; ex oenochoe vero haurientes bibebant convivae . 11 cratere dunque era un gran vaso a campana ; molti de' quali conservatisi ne' sepolcri , son venuti fino a' di nostri ; e dal cratere collocato nella tavola si estraeva il vino, e si ponea ne' bicchieri . Ovidio : Terra rubens crater, pocula fagus erant (c) . Ma siccome ciascuno avea il suo bicchiere , e saria troppo sconvenevole cosa , che si tuffasse nel cratere ogni volta che si avea a bere ; cosi v' era un bic- chier comune , onde si empivan gli altri, come vidi in un' urna etrusca ; c questo chiamavasi oenochoe. Ho detto che questo era un bicchiere, perche sotto questo nome ce lo esprime Proclo medesimo: oCvox.olw xt/a$-ov \iy* '?''"' dvri to %ufcov . Si controverte in secondo luogo il significato della voce dveirtf ? iamv , voce composta dall' a privativo , da &W , e da $iX,<>> sacrifico , e percio un di quei f nvvS-nzi composti di tre voci, che son rarissimi presso Omero, come nota il suo Scoliaste , ed il Barnes nella lliade XXIV. £40. e XXII. 528. II senso ovvio , che noi seguiamo e, che siccome gli antichi usavano di non mangia- re se non da' vasi consacrati con la libazione ; onde la gran patina di Vi- tellio chiamata per ischerzo clypeus Minervae , fu dedicata prima di metterla in opra (c) ; cosi si parli di una libazione, con cui sia dedicato il caldano , o 1' olla di cui si parla . Ma Plutarco , secondo che scrive Proclo , da una se- conda sposizione, e 1' intende de' quotidiani desinari, e delle quotidiane la- vande, e vuol che questo sia il senso di Esiodo : non prender cibo , o Per- se j prima che abbj libato agli Dei qualche parte del contenuto nel cutro- pode. Mi sia lecito di rifiutare questa spiegazione , perche porta seco una servitu intollerabile . Si controverte in terzo luogo il senso di quella voce dveXovm, che Samuel Bochart (c/) seguitato dal comune degl' Interpreti spiega rapiens, e vuol che sia detto di coloro , che senz' aspettare che le carni del sacrifizio sian finite di cuocere , le strappano dalle olle, e ne mangiano ; della quale ingordigia e accusato Vitellio Augusto (e) . Ma non vi e bisogno di ricorrere a questa rapina; mentre d.'tXovm ci e spiegato per \xfiovm nelle glosse di Loesnero , e in Omero di'SXia. rf' ?o-' uviXovre; (f) , non puo spiegarsi ne non praemia aequalia capientes ; onde siouramente ho mutato il rapiens in capiens . Senza che du- rissimo mi pare ove 1' autore dice olle non santificate intender olle , il cui sa- crificio non e compiuto . (a) Lib.X.c. 12. (b) Tom. I. p. i tute aquae, et balnei di sputa ns , et tempore nndie- bi\s congres^us , et sessions puerorum . E Proclu : Plutarchus ait sinere non opar- tere , ut i ecens natl sine mntu sint , et in immobilibus colloctntur ; fiunt enim im- becilliores : sed movendi maxime sunt ; e siegue a dire , che vi sono alcuni letticciuuli , o curie agitabili , delle quali si puo servire . Ma ancora questo de' fanciulli di dodici anni ? Per questi basti il precetto generale di non collocaili sopra immobile seggio , in guisa che non possan far moto , come farebbe chi messigli ad un' arte sedentaria , pretendesse di tenervegli im- nvibili tutto il giorno. DLr co' varj Interpreti , che qui si vieta il metter bambini a seder su la terra , perche non vengan men fovti , e un opporsi alia contraria esperienza de' villanelli . Dir che qui si vieta di fargli seder su' se- polcri > su' termini , su gli altari , e fin su le leggi , perche cose immobili , e un mettere a tortura 1' ingegno per provare il falso . Perche laceomanda- re questo riserbo non agli uomini, ma a' fanoiuUi di un. anno o di dodici? 753 MnJi yajuoux-eiw Xour^u etc. Neque muliebri in balneo corpus abluito vir : aravis enim suo tempore erit et hujus rei poena . Questo ancora e precetto medico , avvertito dal Mercuriale nell' Arte Gimnastica (a), da cui dopo aver citato Esiodo conchiude : ubi et feminaium lavationes etiam antiquities apud Graecos distinctas fuisse , et viris eas ingredi ob salubritatem vetitum apparet ; cio che Plutarco ancora avea avvertito, ma piu oscuramente . Proclo mol- to apertamente : Ex corporibus mulierum quacdam effluvia manant , quibus ra- pid viros foedum est. L' Einsio crede tal precetto fatto pe' bambini ; e vor- ria trasportar questi versi al passo di sopra, ove. si fa menzione della eta. di dodici anni, e innestarli quivi : non riflettendo che il Poeta dice dvi- f«, non TcaJcc, Anche Clemente V Alessandrino (&) l'intese generalmente di qualsivoglia eta; la ove riferito il lui>go di Esiodo , si duole che a' suoi tem- pi fossero x.otvd dviquetv }$ yujvout,! tbc (ixXajzict . Veggansi i suoi comentatori , e le autorita che adducono per provare , che anco in Roma era questo disor- dine , riparato , ma temporaneamente , da Adriano, Antonino , e Seveio ; poiche fu rinnovato sotto 1' infame Eliogabalo ; di cui Lampridio nclla storia Augusta : in balneis semper cum mulieribus fait (c) . jSS. f*ni\u<; occulte , e nel propiio senso oc- culta. Occulte vuol dire in cuor tuo . Occulta possono essere i mistevj stessi , di cui non si possa a chi vede render ragione; e nondimeno chi gli vede dee n<>n riprendergli , ma venerargli . Questo piu verisimilmente c il senso del preoetto , il quul tende a salvare tutt' i riti del gentilesimo , e a rispet- targli , comunque stiani. E certamente ve ne dovean essere de' superstizio- sissimi, e degni di risa , come raccogliesi da' profani stessi. Uno di essi sorpreso per accidente 3 come appunto porta la voce xuft'trag , cosi parla a co- loro , che lo avevan sorpreso: Pro'endo igitur ad genua vestra supinas ma- nus ; petoque , et oro , ne noctur/iai religiones jociim risumque faciatis , neque traducere vehtis tot annorwn secreta , quae vix ulli homines noverunt (a) . 756. flga'j ri invece di %zi% vu t< e in quasi tutt' i Codici , e 1' edizioni notate al verso 12. 757 M»efa iroT iv tnpoy_o^ etc. Nee unquam in alveo fluviorum mare irifluen- tium , neque super fontes mejito: quin valde evitato . Neque vent rem exonera J id emm nihilo est melius sicfacere: Proclo e Moscopulo dicono , che Plutarco togliea questi versi da Esiodo come indegni del magistero delle Muse; ma essi scusan 1' autore , dicendo che probabilmente ebbe in mira i piu volgari , che non si guardano da tai cose. Nel resto Plutarco (b) dice, che Crisippo avea SCrittO xccXoUt; fx-v uiriulw, Sic facitoi gravem vero mor- tal ium evitato fa mam ■ GV Interpreti greci considerano quell' a'p te xttmJ nriXitax etc. Fama enim mala est , quae celeriter quidem txcitatur facillime , molesta vera poitatu, difficilibque depositu. Virgilio nel IV. dell' Eneide {e) dilato a maraviglia questo sentimento; e fece una descrizio- (a) Pctr. Arbit. Salyr. pag. 5o. (b) De Stoicorum repugnantiis pug. 104S. (c) Pag. 37. (dj Eceles.XLI. iS . (e) Versa 174. 46 258 ne della Fama- , che si riguarda come una delle piu belle di quel poema , tutfca poetica, tutta degna di lui . Ne prendero qualche parte che illusfcra il poeta nostro •• Fama , malum quo non alirtd velocius unquam . . . Tarn ficti pravique tenax , quam riuntia veri . V. ancora Ovidio nel XII. delle Metamovfosi , e Stazio nel III. della Te- baide , e Nunno nel principio del libro XV11I. 7(53. *»«» <*" » rii irafxirca/ dnriWviai etc. Fama vero nulla unquam protsus pent, quam multi quidem populi divulgant . I molti popoli che divulgano una fama dieder motivo a Virgilio di quelle gaje finzioni : Monstrum horrendum , ingens ; cui quot sunt corpore plumae , Tot vigiles ocuh subter {mirabile visu) Tot linguae, totidem ora sonant , tot subrigit aures . I citati versi di Esiodo passarono in proverbio presso gli antichi , ed erano in bocca di ognuno , dice Aristide (a) . Essi porsero un luogo oratorio a due gran dicitori di Grecia (b) Demostene ed Eschine : essi formarono ad Aristo- tele una prova dell'autorita chc risiede nel consenso delle genti (c) . 764. bios vtJ ' T i? i, uv'th , Quippe Dea quaedam est et ipsa . Questo par det« to per provare la perennita della Fama, ch' essendo Dea e immortale. Prova ancora , secondo Moscopulo , ch' ella ha multomm hominum consens< ne edizioni , dul libro delle Opcre . Cio e dovuto a' moderni Greci ; giaoche i piu antichi non fecero tal distinzione , e citando quosto lavoro di Esiodo , dicono tv i^yoii;, ovvero t'v c*p>o/{ >&} fiui^cti^^ ecco per qual ragione 1' Einsio e il Grevio tolgono tal divisione , siccome fa pure il Fabricio (a) . Nei resto niuna parte di questo lavoro e men utile che quella delle Giornate . Sono in essa raccolte le osservazioni non si sa se provenute da' Caldei (a quibus dies, tanquamut Chaldeis petebatur (b) ) , o se da altra nazione , dalla Fenicia v. gr. o dalla Egizia , o fatte in Grecia stessa su la felicita , e infelicita di alcuni giorni del mese rispetto a certe opere specialmente di agricoltura , per cui Esiodo vuole, che i servi le imparino. Ad altre cose ancora serviva la osservazione de' giorni , come si raccoglie , fra gli altri , da Petronio , il qual nel Triclinio di Trimalcione dice , che v' era una dipintura co' sette pianeti, e la lunajef qui dies boni , quique incommodi essent , distingttente bulla notabantur ■ c) . Ivi . Anche i Pagani piii accorti han derise queste follie , come Plutarco nel Cmamillo , Sesto Empirico nell' opera contro i Matematici . Dico follie le cose di astronomia giu'diziavia ; non le fisiche , nelle quali qualche parte puo aver la luna, che agisce ne' corpi sublunari , secondo Aristotele (t/) e i filosofi antichi, per via del maggior caloie o del maggior freddo , che fa a luna crescente o a luna scema ; dal qual principio partendosi Gio. Pro- tospatario ha fatto sopra le Giornate di Esiodo il commento che ci rimane . Virgilio pure sulle tracce di Democrito (e) osservo i di della luna , ma come nota Servio, assai piii brevemente di Esiodo (/) . L' Alamanni ancora della luna discorse , ma poeticamente iinse , ch' ella . . . quante ha nel Ciel erranti o fisse Studj di visitar , e cio che in esse Trova di bene o mal , lo versi in noi (g) . Gli effetti della luna si ripetono dalla pressione specialmente ; ma non e questo luugo da favellarne . 766. Tfinxxocc (ikoos dpiglw etc. Tricesimam mensis optimam ad opera inspi- cienda , demensumque dividendum . L' Economo di Senofonte visita i lavori de' servi piu spesso, che una volta il mese: inrztfoiv $£ i\$aj si\ dy%ov etc. quum autem rus venio, sive qui mihi senility sive novales insti uunt , sive semi- nant , seu fructus important , inspeotis omnibus quo pacto fiant singula, corri' gendo concinnius facio etc.{h) 11 compito ( demensum) e quella misura di vitto, che si dava a' servi : i Greci par che lo pugassero al fin d' ogni mese , i Romani al principio. Plauto (/) : Voi meministis quot calendis petere demensum cibum ; (a) Bibl. Graec lib. II. cap. 8. (b) Cicero pro Murena. (V Satyricon. pag. p3. (d) De generatione animalium lib. 11. c. 4, (. ) Plin. lib. XVIII. cap- 32. (f) Geoig. I. vers. 276. ubi ad verbum recital hos tres versus (g) Coltivaz. lib. VI. v. 36- (h) In Oecon. p. 85o. {1} In Sticho Act. I. sc. 2. 2 do il che era quattro moggia di grano , secondo Donato (a) , a cui Seneca un allro moggio aggiugne , e cinque denari : Servus est ; quinque modios aciipit , et quinque denarios (b) . 768. Et/V dv dXuSstlfju Aao/ x-ftvovres uyavtv , N' j mpe cum popttli veram triacada) judwantes agunt . Questo senso han dato saggiamente gli Scoliasti al verso di Esiodo; ed e il senso, come pare, che gli diede anco Plutarco , e Lutta 1' antichita La cosa e manifesta. I Greci avean bisi'gno di tenere in un certo equilibrio 1' anno sulare di 36S. giorni , e un quarto , coll' anno lunare ch' e di giorni 554. i n circa; altrimenti il Giugno saria coll' andar del tempo caduto nel iitto verno, e il Gennajo di estate , come Gemino racconta essere avvenuto agli Egizj per aver trascurato il quarto di un giomo, che annual- mente avanza dai 365. di . Altronde l'Astronomia vagiva ancora , ne vi era noti- zia piena ne de' giorni che costituiscono 1' anno sulare , ne di que' che comp< n- gono 1' anno lunare: onde con osservazioni fatte cosi alia meglio , e in di- grosso s' intevcalavano dove piii e dove men giorni, dove un intero mese lu- nare , e dove una parte di esso ; in alcun luogo ad ogni biennio, in altro ad ogni triennio ; e nundimeno continuamente trovavano nuovi errori , e ricor- revano a nuove intei oalazioni: permodoche il granPetavio ebbe a dire : Plu- tarchtu pru (enter admonet in istarum return indaiiandis u^iginibus nimium sub' tiles et exuetos esse non opo> tere (a) . Or ecco cio che dice Esiodo; essere ac- concio il 3o. di ogni mese a rivedere i lavori , purche i popoli nun si rego- lino in detcrminarlo da popolari pregiudizj , ma dalla verita delle fasi lu- nari ; il che in tanta oscurita era difficilissimo . Ivi ■ Xecoi x.?ivov7s$ ayuiTiv, populi jndic antes agunt. Lo Scaligero , e il Clerc a questo parere fan guerra , e voglion piuttosto che si paili dell' ora , in cui si da ragioiie dal popolo nel foro , o sia' del pieno giomo . C.intro tale spie- gazione ho piu ragioni . La prima e che se dyziv e vci b>> di giudizio , molto piii e di festa , dicendosi continuamente aytu eopra? , d-)nv h.i\jaia. ,e cosi iyuv Tr/.nx.dtfct : secondo , non sono i popoli che giudicano , almeno ordinariamen- te , ma i giudici, o i regi da loro eletti : terzo , se il trentc&imo di ogni mese era cosi occupato in rivedere i lavori , e in pugaie il compito, non so chi potesse eohvenire al Foro d' Ascra ; non i padn di famiglia , non i servi , non i contadini : ed io inclino a credere , che in paese si piccolo fosse piut- tosto vacanza dal Foro, che azione di liti . 76"p. Ai'oe >a'j> »(Xi?ou etc. Hienim dies sunt Jove a prudente. II Gujeto vuo- le , che di qui cominci il trattato delle Giornate , e che i quattro versi pre- cedenti sieno spurj. Son pero in tutt'i Codici ; e niuno prima, ne dopo Gu- jeto ha dubitato , che sian genuini ; neminen Plutarco, hemmeno Biunck, i due piu seyeri giudici del Poeta . Angelo Poliziano a ragione confutato dall' Einsio , e di paieie, che solo a' tie giorni prossimi debba riferirsi l'ap- partenere a Giove . Gli antichi tutto ripetevano da Giove , cd alcune volte lo nominano , dice 1' Einsio , e* 'rno^TK , di soprappiii, per usanza ; siccomc (a] In Phorm. Terentii act. I. sc. 8. (b) Epistola 8l. (c) T. 1. pag. uJ. 2(5l fa qui Esiodo , che poco sopra lo avea nominato , ma come autore de' giorni in generale , onde da' Romani fu detto Diespiter, da' Salj ne' lor versi Luce- tins , da' Cretesi n ri^i^a (a) . Ed ora torna a nominarlo come aufcor de' gior- ni significanti . 770. Tifioiav £v?i, TETpa; it, >$ ifs&ofxn , itqav tifiettg , Primum, novilunium , quar- tinque , et septimus >sacer dies. Convien premettere, per contezza delle cose che deon succedere , la maniera onde i Greci divideano i lor mesi , e di- atingueano i lor giorni . Ogni mese era diviso in tie parti , mese incomin- ciante , mese medio, mese terminante . Dieci giorni avea il mese incomincian- te , che si contava dalla nuova luna , chiamata iw ; cosi il due #evri?a i?ci- tiivs , il tre Tf/w ig-etfjiivu } e in pari modo fino al dieci. Dopo dicevasi lepum , e i&jii^a , e %im /ues-svie^ , ovvero gVx tut*? , ovvero itri Jix-a fino al ventesi- mo, che dicevasi ««'; , o axo;- h ■ e seguivano medesimamente dicendo ^>i»'w inri axd^i , o «jj«'n tpSivovnx; , e cosi degli altri giorni fino al trentesimo ; o »e v' era ampliazione , fino al trentunesimo j di che , come dicemmo , non si puo dar regola generale . Un' altra maniera tien anche Esiodo , av- vertita dopo Proclo da Moscopulo; ch' e di chiamare il mese i\dfxivov fino a' di 20. e dipoi dire ■zdpa>iae publicae ; ma in modo particolare par che fosse dedicata ad Ecate , cioe alia Luna; giacche la cena , che imbandivasi a' poveii in Alene , chiamavasi Senrvoo Exa77f j (c) . Ivi . !e?ov ti;j.*q , non vuol dir qui sacro giorno , ma fausto , come ben nota il Clerc , paragonando questo verso al v.8i£- del presente p^emetto. Prosperi son questi giorni secondo i numeri pitagorici , e platonici , de' quali fecero conto anche i PP. della Chiesa; perche parte di quella hlosofia , che profes- savano essi , e i luro avversarj altresi . Conosciutane la vanita , bastera dame a' lettori un breve saggio. L'unita ch' e contenuta in quell' £-Ai , e la celebre monade ; di cui basti dire cio che ne dice Macrobio (d) : Haec monas initiam finisque omnium, neque ipsa principii aut finis sciens , ad summum re- fertur Deum . Quanto al numero quaternario , Esiodo lo fa sacro in tutt' e trc le decadi ; cio che prova non essere stata Pitagora il primo , che lo mettesso ih onore.E tanto fu in onore presso i Pitagorici, che il massimo lor giura- mento era pel quaternario : n $i xaAs/ue'vw Ts-rpaxTj/'j /uiyt^oc H'v o?xo; , dice Plutar- co (e) , a cui consente Macrobio nel luogo citato. La sua prerogativa cunsistc in questo . Pitagora stabiliva la decade per numero perfetto , e similmente il quaternario , perche in esso la decade si contiene , giacche computandosi i nu- meri , che lo precedono , ed aggiugnendusi esso, viene a formarsi il dieci cosi 1 La prerogativa poi principale del sette e questa ; che sia quasi senza madre, 2 percioeche da niun numero e generato come gli altri , facendo due e due 3 quattro, trc e tre sei ; ma non procedendosi al sette se non per via di rotto 4 o di mezzo . E' anche vergine , perche dentro la diecina niuno ne genera ( f ). To Per altre innumerabili prerogative S. Agostino (g) il chiama perfetto , Filo- ne(/i) protesta> che non puo lodarsi a bastanza , Varrone (i) presso Gellio trova il settenario nel Cielo , nella Terra , nelle opere di natura , e di ar- te , ed in tante di esse, che il leggerlo fa maraviglia. E pur tante non ne addita quante Fabio Paolini ne' sette libri sul Settenario , editi in Venezia nel i58p. che bastici aver nominati . 771. Tm yd? ''AtroWavx etc. Hoc enim ApoUinem ense aureo arm at um genuit Latona . Nacque Apollo nel di 7. del mese Bisio , primo mese dell' anno Del- ficoj o del Targelione Ateniese [k) , nel qua! giorno i cittadini di Atene ono- ravanlo , dice Proclo , lawum gestantes , coronantea canistrum 3 et Deum hymno celtbrantes . Ne solo a' di 7. del Targelione , ma d' ogni mese , nel qual senso e chiamato da Eschilo (Z, ifcfotxayims , septimi diei (cujusque novi mensis ) praefectus i non gik di ogni settimana , come per zelo del Sabato interpre- (a) Odyss. XX. 278. (£>j Plutar. in quaest. Rom. torn. II. p. 270. (c) Schol. Aristophanis in Plutum pag. 3o. (d) De somnio Scipionis lib. 1. p. 3p. (e) De Iside et Osiride torn. II. p. 38i. ( f) Hierocles in Aurea Carmina Carm. 47. (g) Quaest. in Exodum. (h) De Opif. Mundi pag. 28. (i) Lib. 111. cap. 10. (h) Laert. in vita Platonis pag. 70. (/) Septem ad Theb. v. 73.0. 2 6 3 tano Clem. Alessandrino , cd Euscbio Cesariense (a) . V e un'altra ragione , onde il sette sia dedicato ad Apollo , 1' esser numero armonioo , essendo sette le vici che compongono 1' armonia , onde Virgilio citato altrove parlando di Oifeo.Z)): Obloquhur numeris septem discrimina vncum . Ivi. ^vs-dofct dulla spada d' oro e epiteto Omericano e di Virgilio, che il rese armatum auro (c) ; sebbene anco 1' arco e la faretra , a detta di Callimaco , ha d'oro ; anzi d' oro hail vestito , e la fibula , e la lira, e i calzari (d) , di- cono , perche figurato nel sole. Intanto notisi, che a tempo di Omero , Apollo era rappresentato con spada ; ne' secoli posteriori amaron gli artefici di armar- lo d'arou e di saette, inerendo credo ad Omero nel principio dell' lliade . 772. 'Oj-^sjt/ t' , iycim ie etc. Octavatjue at nana, ambae dies mentis egregie crescenti* ad curandum opera mortalium . II numero ottavo , non meno che il settimo e crcduto pieno da M. Tullio (e) : Nam quum aetas tua septenos octies solis anfractus, reditusque converter it ; duoque hi numeri, quorum liter que ple- nus , alter altera de causa habetur , circuitu naturali summam tibi fatalem con- fecerint i in te unum , atque in tiium nomen sese tota convertit civitas . La pre- rogativa del numero otto e 1' essere primo cubo ; come lo denominano Cle- mente , Plutarco , Eulogio , Capella citati da Meursio al capo 10. Per com- prendere il mistero di questo cubo , basta far conto che il quattro non sia che una superficie chiusa entro quattro punti ; a cui aggiugnendone sopra altri quattro, venga a fare otto; ed ecco formato il cubo, o sia il corpo so- lido misurabile per tutte e tie le proporzioni , in lungo cioe , in largo, in profondo . La perfezione anco di questo numero comprovarono colle otto sfere . Ivi. 11 nono era in uguale o maggiore onore che l'otto. E Platone morto per l'appunto in eta di Ji. anno , ch' e formato da nove vie nove , fu percio riputato da' Magi, che a caso si trovavano in Atene , qualcosa piu che uo- mo , e onorato con immolazione afoggia di Nume , o di Eroe almeno (/). La perfezione di questo numero, dice Eulcgio , sta in questo; ch' e il primo quadrato , perche risulta dal tre moltiplicato per tie ; ed e il primo quadra- to , che risulti da numero impari , piii degno del pari, secondo i Pitagorici, che lo chiamarono a'suwas^come dice un alti'o comentatore . Giovanni Pro- tospatario aggiugne , che questo numero era in onore presso gli antichi in vigore delle nove Muse. Virgilio diversamente da Esiodo , ma non men su- perstiziosamente : nona fugae melior , contraria furtis (g) . 774. Ev£tx.uT>t T3 , $uu&it.a.T4 n etc. Undecimwi veto et duodecimos , ambo qui- dem boni , hie quidem tondendis ovibus , die vero laeris segttibus metendis; duo- decinnts tamen undecimo multo melior. Per mictere , Varrone approva tutto il contrario : quaedam jacienda in agtis potius crcscente luna , quam senescen- (n) Strom. V. pag. 713. et Praep. Evang. X11I. 7. {b) Aen. VI. vers. 646. (c) Aen. III. v. 517. (ii/ «j i \uqyiatr iS-nnttiqync-i , araneam vero natura sapientem ad textrinum opus instituit (f) • II che e piu secondo Aristotele , che il la- voro e Ja caccia, e cosi il piu. ascrive alia femmina; e al maschio il solo godere insieme colla femmina della preda : efyd^ereei Si ^ -5-xpsW * S»\eta. , # S' dfflw o-VMUiroXduH (g) . 778. 'Haauf ix. ttXhs j Die adulto . E' ambiguo , onde 1' abbiamo reso anche ambiguamente . 11 Gujeto seguendo i greci chiosatori, spiega quel irXg/a # giorno estivo ; giacche le giornate d' inverno sono dimidiate . Lo Scaligero al contrario ed il Clerc spiegano en plein jour , verso 1' ora del mezzo giorno. Se ho a dire il parer mio , la prima interpretazione mi sodisfa piu che la se- conda , perche le mosche e gli altr'insetti onde i ragni vanno a caccia son frequenti nella state ; e cosi facili a guastar le lor tele , e ad impegnargli spesso a rinnovarle . Dico spesso , perche non e vero , che sol d' estate lavorino, e come Proclo si esprime , a Luglio e in Agosto , quando le giornate son lunghe assai ; molto meno e vero, che aspettino 1' undici e il dcdici della Luna, c l'ore piu calde. Basta disfar le lor tele per vedergli subito in opra a rimet- terle in ordine : e'a'» Si t/j XufJttjvuroa ii d^a^vi'a , irdXtv a^liat Tr« ? oj 5 cioe prudens , ch'c quel che disse Virgilio inopi metuens formica senectae . 779. T»

ib o?S-ov %u\o; wf vsw'f y&j ib iltpavTix.oi' , est rectum lignum navis , et textoiium . Allude all' antico modo di tessere . Collocavano due legni per ritto , a' quali racco- mandavano lo stame perpendicolarmente , che appunto diceasi ^»fx) , e dal P. Lu- pi nell' epitamo di Severa(c;. 780. Mufaj cf l^a.^xida T^/.a-x.ouJ'ix.ccrluj dXiaa-^cu etc. Mensis veto inchoati decimo tertio caveto seme ntem facer e invipias : plantis educandis autem optimus est- 11 mese incominciante nun passa il dieci nel computo pi 11 recente ; a' tempi di Esiodo arrivava al venti ; ma vi era ancora l'altvo computo di /"es-Bvraj , come sopra dichiarammo . 11 rp/s-xsaei'sjiaW I^afxiva ( e lo stesso potria dirsi di simili numerazioni ) e frase esiodea. La giornata, dicon gli Scoliasti , e Plutarco, 8 soggetta al soverchio umore , opinione , che segui anco Y Alamanni (c£) : Quel che siegue costor, contrario al seme E secondo al piantar : che '1 troppo umore Come in quello e nemico , in questo e caro . 781. ev^fi-^cto-dtiu (non ix.T?i^ao-Sou (come contro la fede di quasi tutt' i co» dici vuol Gujeto ) c dubbio se voglia dire innestare , o allevar le piante ; on- de il Salvini usa 1' una e l'altra voce. Secondo Moscopulo e allevarle . eig to ev9-fe-{K?$ou , vytsv , die' egli , 'Kiqftd'h^ajt. » r &\ fl^d^lai dva.Si,'OJL Veiita-ou dqiavn , i. e. ad circumfovendas , et ad efficiendum ut germen emittant optimus. 782. *E»w d" » nio-an etc. Sextus vero medius valde incommodus est plantis . Guasto e il luogo di Polluce , per error di stampa , ove cita questo verso (e), e dovea col Sebeto rassettarsi cosi : 'Hs-zWoj fiiv t*.rlw /uia-lw cresciuta tanto a' di di Manilio ; di cui son quei versi per chi nasce sotto il segno del Tauro (h) : Plt'iadas duoit , quibus aspirantibrn almam In lucem eduntur Bacchi , Venerisque sequaces , Perqtie dapes mensamque super petulantia corda , Et sale mordaci dulces quaei entia risus . . . Semper amare parum est ; cupient et amare videri • J90. Mxi/df et bovc.m valJe mugien- tern, castrato ; mulos autem duodecimo laboriosos - L' otto della Luna nuova c sacro a Nettuno ; a cui s' immolavano arieti e tori: Taurum Neptuno (i) . Vuolsi che gli dedicassero tali animali per essere di lor natura impetuosis- simi j com' eg li e , e L> mostra specialmente ne' tremuoti ascritti a lui. 792.. EixdJi J' iv fXiyotXn etc. Victsimo vero in magna, pic no die 3 prudentem virum generato . A' versi 778. si diehiaro quella formola ^inus i'» irXtiu per am- bigua , potendo significare e le lunghe e piene giornate di state ; e V ora del (a) Orat. XXXlI. torn. II. pag. 662. (b) Aencid. 111. v. 74. pag. z?S. (c) V. Spanhemium Hymn, in Delum p. 477. et 478. {d) XV1I1. 32. (e) Lib. XL : cap. 2. pag. 753. ( f ) Jambl. in vita Pythagorae Lib. I. cap. 28. (.g) Gr. fe- rial, cap. 8. (h) Lib. V. pag. i2p. (£) \Tirg. HI. Aen. vers. up. mezzo di in circa . A quel passo richiamiamo il lettore . 11 ventesimo chia- masi qui oran niorno , perche ha annessa la sorte principale fra le sorti de- gli altri giorni , cioe di poter generave maschio dotto , saggio , d' indole ele- vata . Cosi gl'intcrpreti . Ma essi nos frustrantur , dice l'Einsio, il qual vuo- le, che si possan contare dieci ventesimi , cioe 20. 21. 22. e cosi fino a 2p. e che questo sia L' ultimo , e il gran ventesimo . Si fonda in quel verso di Ari- stofane : o?uv dyouj-av i»v ii>(w etKoi£u<;(a.) , che a giudizio dello Scoliaste fa contro lui. E senza cio, se il gran ventesimo e il 29. perche in plurale Ari- stofane disse etx.dSa$ ? 7p3. [jtdXa yd% 75 voov 7mrux.y.TUivog irriv , Valde enim ammo strictus; 1. e. sa- piens est . 11 Salvini tradusse assai. fedelmente : ch' egli e di mente assai ser-- rata, e stretta; ed e frase molto opportuna a spiegare la felicita di quelle menti , che molte idee, e cognizioni disparate uniscono strettamente insie- me , e con giusta combinazione le compongono , e ne deducono conseguenze opportune. I Greci amano assai questo parlare, pvSia nrunvd ,consilia cordata , ruxvd xfafiH, prudens cor , 01 iruxvoret'oi , sapientiores . I Latini poco lo frequen- tano : nondimeno Manilio aspiro anch' egli alia venusta di questo ellenismo laddove disse (b) : stiictas pondere mentes Prudentes habuere vvi. 7P4. 'Ec9-A» J' ivi^oyivoz JgxflfTK. etc. Bonus autem viriparus decimus. Delia per- fezione del nuraero X. abbiam. pLLilato poco sopra.. Alle notizie ivi addotte aggiugniamo ora un passo di Capella al libro VII. decas vcro ultra omnes habenda quae omnes numeros diversae vii tutis et perfectionis intra se hubet ; e un altro di S. Cirillo in Osea al capo terzo : a-uiifloXov Si TsXeioiTfiiis Si** tg-iv d&Spi$ , nrowdXeto; tav : symbolum ve.ro perfectionis numerus est decimus, quum pirrfectissimus sit . Questa dottrina e anche di S. Agostino , e di quanti altri han prestato orecchio a queste cose . Che se Esiodo comtnenda sopra tutti il ventesimo , e da credere che cio faccia perche contiene il decimo due volte. J$5. ry Si n (uiiXx etc. hoc Vero et oves , et pedes flectentes camuros boves , et ca- nem asperis dentibus , mulosque laboriosos cicurato , manum imponens .11 palpaie i vitelli , e a proporzione gli altri animali , per cicurarli , e raccomandato da chiunque ha scritto del governo di essi . Palladio (c) : boves quum teneri fuerint frequcnti manus attrectatione mansuescant . Columella [d) aggiunge il venir loro davanti , e lo spargerli di vino, e l'usare una voce blanda : turn demum ad alligatos boves neque a posteriore parte , rn que a latere , sed adver- su fixd-^ou , per feed dies ad laedendum ; e Tzetze : dironXeo-fA'xrix.ou etc. fatales enim dies sunt hi ; et quomodo oris tunc affectus , ita diu permanebis . Quantunque la interpietazione del Clerc piu ci soddisfaccia ; abbiam tuttavia nella versione conservato 1' equivoco . 800. 'Ei> Si tiTuqTn (xn-uoz etc. quarto autem mensis uxor em domum ducito . Ma- crobio nel I. de'Saturnali insegna i giorni fausti a celebrare le nozze: ncc hoc praetermiserim quod nuptiis copulandis Kalendas , Nonas , Idus religiosas , id est devitandas c ensue runt (a) , e siegue dichiarandone il perche. Ovidio nel VI. de' Fasti (b) loda il 14. di Giugno come acconcissimo : Tunc mihi post sacras monstratur Junius idus Utilis et nuptis , utilis esse vi'is . Ma Esiodo loda il quarto giorno del mese , dicono, perche sacro a' due feli« cissimi sposi, Mercurio e Venere . 801. Oiuvus x-^ivag etc. observatis avibus , quae ad hanc rem sunt optimae . Pro- clo : quod vetus sit avium divinatio , his etiam probatur ; et quod eaedem aves ad alia quidem sint dexterae, ad aha laevae> plane declai avic , ajens : quae ad hanc rem sunt optimae . 11 che specialmente si avvera nella cornacchia, che infausta per altre cose 3 per nozze era fausta . Cio si credeva } perche la cornacchia e sim- bolo di concordia maritale , come osserva dopo Angelo Poliziano (c) , il P- la Cer- da (cZj . La stessa superstizione di osservar gli uccelli ne' matrimonj fu in antico presso i Romani, come si ha da Tullio (e) ,e piu chiaramente da Valerio Massi- mo ( f): quo ex more nuptiis etiam nunc auspices interponuntur . Qui quamvis auspi- cia petere desierint, ipso tamen nomine veteris consuetudinis vestigia usurpant . 802. Tie (jtnrvecs S' s^aXs'aS-ou . Quintos vero evituto . Tzetze limita questa super- stizione alle nozze: gli altri la estendono al cominciamento d' ogni opera. Virgilio (g) senza limitazione veruna : quint am fuge; ove Servio : quint a Luna nullius operis initium sumas : dicirur enim hie numerus Minervae esse constcra- tus , quam sterilem esse constats unde etiam omnia stenlia quinta Luna nata esse dicuntur , ut Orcus , Furiae , Gigantes ; come meglio spiega Virgilio da citarsi nella nota seguente. 803. 'Ev ire'jUTTTM ja? etc. In quinto enim Furias ajunt obambulare Orcum vin- dicates . Virgilio (7i) rende la ragione soprindicata, per cut questo di sia in- (a) Pag. 325. (b) Vers. 223. (c) Miscell. cap. 67. [d) In Eclogam IX. vers. 1 5. (e) lib. II. de Divinat. (/) Lib. II. pag. 24. (g) Georg. I. 277. (h) Loc. cit. 2<5p fausto : pallidas Orctis , Eumenidesque satae: turn partu Terra nefandn Coeum- que Japetumque creut l non a'Xo;? com' e in Clerc, bene appianata , v. al verso Jpp. 807. uXot6[jov re la^iiv "S-a^ay-nVa prorsus innocuus hominibus . Bo- nus siuuidem est ad plantandum , et generandum, tamviro quam mulieri . Virgi- lio, come dicemmo , al. nono del mese annette il destino d' esser buono a fug- gire , contrario a'fuiti : al pianta-r viti , al domare i buoi , al tessere prefe- risce il diciassette . 814. Ylxvqoi cT' ctJT Ivan , rn/.a-iivdi'a ulu>o$ dqi^hu etc. Pauci vero rursus sciunt tertium nonum mensis optimum rehnendis dolus, et ad jtiguni collo imponen.' dum bobus et mutis; et ec/uis oeleribus . Vi e stato disparer fra gl' lnterpreti au la voce T:iTtrsa&a , che signiiica tre volte nove . Presa ncll' ovvio senso vuol dir 27. e questo signiricato le die Gujeto Presa in senso piii recondito signi- fica la terza volta che il nove si dice in un mese; cioe a' nove > a' dicianno- ve , a'ventinove; e questo c il vero significato che qui le danno i greci Scoliasti , e il latino Clerc- 8 1 5 -"A?%a£-od is irt'ds, relinendo dolio . Circa il doglio , a'versi 8i5. consiglia a saggiarne il vino ai 2p- del mese ; ma a manometterlo , a'versi 8ip. consi- glia il 14. del mese , che seguita , o di altro mese. Proclo mi fa luce a que- sta interpretazione , ove cosi si spiega : xgXj'ug/ tiv iri^ov dvoiynv .^ w otvts nrtt^af AotfxfidvHv , jubet ape) ire dolium , et vim capere experimentum . 817. N>Ta iro\ux.Anifa etc. Navem multa transtra habentem eclerrm deducito in nigrum pontum . oivoirci nrovtav e la frase di Esiodo , il qua] voile dire, che il mare avea colore di vino. Gujeto tradusse purpurenm , Clerc nigrum. C me poter conciliate l'una con F altra spiegazione v a'versi 5p~ V. ancora il dotto Francesco Redi nelle Annotazioni al Ditirambo pag. 1 81 • il quale par che lo prenda per un rosso, che tira al nero. 818. Travqoi Si r dXfiS-e'rt Kix.AHs-xuTi , Sed pauci verum die tint . 1 Greci Scolia- sti credono , che cio sia detto in proposito degli Ateniesi , i quali non chia- mavano quel giorno col vero suo nome . 8ip. TiT(>d$i J' oiys vrifrov etc. Quarto vero aperi dolium . Piae omnibus Nacer dies est medius . Fral'818. e V 8 ip. versi , F edizionc del Trincavello interpo- ne 3 dice il diligentissimo Loesnero , un verso di questo tenore : T»jUO{ dSfKotan irtAtmt T{xv$-*ira, o-idnq<». Tunc immunis carie ( cor. a ^oxtbtotw est recisa fcrro ; ch' e rifevito da noi e spiegalo a' v. 420. Mi fa meraviglia , che la edipionfc del Trincavello regolata sul prezioso Codicc di Demetrio Triclinio , per quanto mi assicura il Sig. Abate Morelli eclebratissimo Bibliotecario di San {a) Cap. Ii. 27 1 Marco, abbia in luogo cosi impropvio , ed alieno quel verso. Ma da cio me- desimo il Lettore potra comprendere quanto quest' opera abbia bisogno di esser rettiiicata su bu^ni MSS. Pruclo riporta questo medesimo verso in luo- go pia pioprio , cioe tra il v. 808. e il v. 809. ove si fa raenzione di taglio di legnaine . N go per quel iriXovrcu con cui termina il v. 808. e mi par difficile ch' Esiodo abbia voluto metterlo si appresso al irtXemi del verso insitizio . Ivi . II precetto e di aptir la botte il decimoquarto del mese . In Atene era una festa di Bacco detta HtSoiytu (a) , che celebravasi agli undici del mese Antesterione , in cui le primizie gustavano del nuuvo vino padroni, amici , servi in abbundanza ; e i Latini avean per costume di fame prima una libazione , pregando ,che loro non nuoeesse , magiovasse anzi alia salute. 820. nrav^oi «?' ajre utr eixaJa etc. pauci vero post vicesvnum mentis optimum , aurora existente , poineridianus vero est detcrior . Ms^erw • irxvqoi S~ ctu re wgr' six.aJ'ce rtkus; d^i^luj e in buona parte de' nostri codici , e in quasi tutt' i libti MSS. cd editi confrontati da Loesnero , che non son pocbi , e quel ch' e piu. in Proclo e in Moscopulo . Non veggo perche abbia a ritenersi il pzaann , e le altre correzioni del Grevio , che appena han l' appoggio di uno o due dei nostri codici. Ma e piu elegante scriver cosi. Sia . Cerchiam noi di emen- dare il menu elegante , o di rapprcsentare il vero testo di Esiodo per quanto si puo ? Non mi diparto intanto dalla opinione del Guieto , il quale vuole che fxir tindfa sia il 24. del mese . Tzetze e Giovanni Protospatario lo prendono pel 21. dicendo il secondo, che gli Ateniesi appunto cosi chiamavano il 21. pf* ux-afa . Ma questa pare un' appellazione nata dopo i tempi d'Esiodo , e nella eta di Solone . A' tempi di Esiodo si procedeva piii semplicemente ; e uno , due, tie , quattro dopo il venti erano 2t. 22- 23. 24. e cosi nel resto. 822. A?rfe uiv riui^ax e€c- Et hi qiiidem dies sunt huminibus magna commodo . Abbiam da ultimo riservato 1' esame su 1' influsso lunare , aociocehe detto tutto , potcssimo sceverarne il vero dal falso , il probabile dall' inverisimile . Che la luna iniluisca su le opere meramente morali , quale il menare a casa !a donna , e solenne supeistizione . Che possa influire in alcune opere iisi- che , qual e il tagliar de' legnami , e il riporre il vino , e qucstione ; ma non tale , che possano adattaisi gl' istessi giorni a ogni clima; ma forse regolan- dosi ogni clima con particolari , e per lungo tempo comprovate osservazioni . Qu<;llo ch' e certo si e , che la luna agisce sulla nostra atmosfera come sul mare; pioducendovi un continu . movimento di flusso e riflusso , a cui son legate le meteore , che tanto influiscono nella economia vegetabile ed ani- male . Prova dell'azione della luna nella nostra atmosfera e il barometro, che si alza quando la luna e nel suo apogeo , e si abbassa quundo e la luna nel perigeo (b) . Escludoila dunque afiatto da qualunque influenza su le cose sublunari e stato un pregiudizio di que' dotti, a' quali e bastato il veder che (a) Plutarch. Sympos. 111. quaest. 7. torn. 11. p. 87. (b / Cours complet d' agriculture. il popolo troppo si era abbandonato a queste osservazioni per condannarle Lutte . Tutte condannar non si possono; ma secondo i cliini, come io dice- va , adottarle , non contentandosi di osservazioni di pochi anni, ma attenen- dosi alia storia d\ molti e molti . 82.3. A/ $' dXXai (j.iTufts'irot etc. Ceteri autem (dies) cassi sunt, nihil fati ha- bentes , nihil ferentes ; sed aim* alium laudat ; pauci vero riorum. Abbiam se- guita nella versione la bella nota di Guieto nel primo verso. Pochi, con- chiude Esiodo , sanno il vero ; anzi , conchiude Plutarco , nelle cose morali, niuno ; in un giorno medesimo i Romanic furon vinti sotto Cepione da'Cim- . bri, e sotto Lucullo vinser Tigrane e gli Armenj (a) . Le Calende le None , le 1 di erano presso loro in osservazione , guardandosi da' giorni che imme- diatamente lor succedevano; e pure in tai giorni avvenner loro cose van- taggiusissime . Gli Ateniesi> nota ^ruclo , ebbono un calendariu di giorni fausti ed infausti proprio loro, e diverso da tutti gli altii: non prova que- sta incoerenza medesima , oltre mille altri fondamenti, che il tenor dei giorni e noto non a pochi, come dice il Poeta , ma a niunu? 825. "AWore u»r^Lin triXtt tifts?* , aWojs i-Mivq , Inter dum noverca est dies,in- terdum mater. Gellio (b) cita questo verso, e vi fa questa chiosa : eo ve) Lib. XVII. cap. 12. (c) Loc. cit. r.py. (d) Deraptu Proserp. 111. pag. 27. 2 73. Codices quibus ad emendandum Hesiodum usi sumus in locis magis dubiis, et controversis . lA-mbrosiani sex. Contulit Clar. D. Aloysius Buchettus anno 1774. non observato plutei et libri numero, cui quique codices responderent . Is Medio- lano Venetias traductus, et R. librorum Censor dictus , repetere memoriam facti non potuit . Opere functus est diligenter ; immortalemque eidem ha- beo eruditi laboris giatiam ; quern si alicubi imperfectum reliquit , facile ex- cusabitur a lectore, qui sciat distracto eum animo , atque occupatissimo per id tempus fuisse . Britannicus I. 2. 3. exhihiti sunt a Robinsonio in Hesiodi laudatissima editione : eos autem Bodlejanos nominat num.699. et23l.et 60 ; quos nos primum , et secundum, et tertium Cod. Britannicum nominamus. Quartu: Britannicus codex est, quern a R. Societate Londinensi profectum ipse Ro- binsonius versavit . Quintus codex , quem Coislianum idem auctor appel- lat , non nisi ex loco , unde prodiit , codex Britannicus nuncupatuf ; cete- rum ejus notitiam in primo Gallico requiras . Sextus et Septimus Britanni- cus quam habeant patriam iguoro; nisi quod ad Jo. Georgium Giaevium ec\s misit ex Anglia Isaacus Vossius chartaceos , et recentes ; quorum pri- mus glossas interlineares continebat , secundus non item . Multa in eorura commendationem , primi praesertim , v-ir doctissimus scribit : ego vero tarn saepe dissentientem a. Scholiastis , a celeberrimis editionibus , a codicibus reliquis , quos videre Graevius non poterat, non magni pendo; immo si quid in observationibus hesiodeis auctor peccat , in hoc codice inculcando , de- fendendo , sequendo , ni fallor , plerumque peccat. De quo licuit ei dicere Phaedrianum illud : Carbonem, ut ajunt , pro thesauro invenimus . Florentini sunt , quos extra Bibliothecam Laurentianam Florentiae repe- ri , alterum apud PP. Benedictinos optimis animadversionibus ornatum , et figuris aratri veteris insignem ; alterum apud NN. Richardios , quem eru- ditissimi Ab. del Signore beneficio tractare licuit. Chartaceus uterque , sed optimae notae . Gallicus primus Procli is est , quem Marquardi Gudii manu postea exa- ratum Graevius legit , et a Vossiano II. distinxit pag. 46. et 22. Itaque miror CI. Montfauconium eundem esse cum Vossiano affirmare . Gallicus secun- dus , ut nuper dixi , Coislianus a Robinsonio appellatur . Fuit autem in bibliotheca Cancellarii Seguerii , et variantes ejus lectiones cum editione Clerici collatas misit ad Robinsonium P. Montfauconius . Gallicus tertius is est j quo CI. Brunckius R. Inscriptionum Academiae Socius usus est , eumque petitum a R. Bibliotheca, et ni fallor optimum, Regium vocat . Germanicos voco a Vindobonensi bibliotheca diversos , quos bene de Hesiodo merentissimms Chr. Frid. Loesnerus consuluit in Poetae editione. Horum primum nomino Lipsiensis bibliothecae Senatoriae proprium ; secun- dum vero bibliothecae Paullinae Lipsiensis, quem Academicum simpliciter auctor appellat •, uterque chartaceus est , uterque ad initia circiter quinti- decimi saeculi referendus . Tertius est bibliothecae Augustanae , ab eodem Loesnero citatus , et ab Heingero , et Reisero ante descriptus in catalogo Manuscriptorum ejus bibliothecae . Mediceos novem contuli an. in3. et diligentius C. V. Gaspar Bencinius bibliothecae Laurentianae Pro-Bibliothecarius an. 1806. eos item descripsit luculenter. Primus e pluteo est XXXI. codex 5. saeculi XIV. chartaceus, quod intelligo , si quid in contrarium non moneo , cum commentariis ad marginem , et glossis interlinearibus . II. eodem ex pluteo est codex 23. 5° 2*24 saeculi XV. ceterum supenoii persimilis . III. codex ejusdem plutei est n. 24. saeculi XVI. cum glossis. IV. codex 2?. plutei ejusdem , saeculi XIII. cum glossis ab alia manu aaeculi XVI. pluribus paginis suppletus . V. co- dex plutei ejusdem 29. membranaceUs cum glossis . Pertinet ad saec. XII. fortasse ad XI. Celeri licet manu conscriptus, pretiosus est, lectiones , no- tasque continet valde observabiles . VI. codex est e pluteo XXXII. uti se- quentes , num.2, positus , e saeculo XIV. cum scholiis , ct glossis. VII. si- milis, sed sign. num. 16. et ad sacc. XIII. pertinens; optimae notae . VIII. 36. saec. XV. cum glossis non perpetuis . IX. codex 41. membranaceus saec. XVI. Vaticanos quatuordecim contulit mihi amicissimus Cajet. Mavinius ejus- dem bibliothecae custos primus, et Tabulario S. Sedis Praefectus, Sanctis- simi D.N. Pii VII. Cubiculaiius ; quos etiam descripsit , et perhumaniter mecum communicavit : sunt autem chaitacei omnes. I. num. 53. saec. XIV. II. num. 44. saec. XIII. cum commentario Tzetzis . III. num. 49. saec. ejus- dem cum commentario Procli: deest aliquid . IV. V. num. 5o. et num. 5l. saeculi ejusdem cum scholiis. VI. num. Sj- saec. XIII. multum deest. VII. num. 121. saec. XIII. cum scholiis. VIII. num. 92. saec. XV. Codices qui sequuntur nuniero quinque ad Fulvium Ursinum V. C. perti- nuerunt.- IX. codex l3 1 1 . cum scholiis est saec. XV. X. codex cum scholiis imperfectus est , et revocatur ad saec. XIII. uti etiam XI. qui nota- tur nuniero Io63. XII. vero qui notatur numero 1384. et XIII. qui nota- tur numero 1421. pertinent ad__saeculum XV. et scholia habent. XlV. de- nique cum scholiis Reginae Christinae olim fuit, et ad saec. XIV. referri debet . Vindobonenses. habui VII. quorum notitia est in libro Danielis Nessel , cui titulus : Com meat aria Lambeciana Viennae , et Norimbergae 1790. qui omnes chaitacei, eodemque ordine a Nesselio citantur v. Hesiodus . Con- tulit autem , sive conferri curavit amicissimus mihi Josephus Eckellius eo tempore Musei Imp. et Reg. Praeses . I. Codex est inter Medicos 16. im- perfectus , et saeculi XV. II. 198. et reliqui inter Philosophicos , omnei saeculi XV. omnes imperfecti praeter sequentem . III. qui signatur num. 200. et integer est. IV. qui habet num. 242. V. habet num. 256. VI. num. 289. VII. n. 292. Tantam codicum messem , quantam vix ulli aut Graeco , aut Latino re- cognoscendo, atque emendando paratam esse autumo, mihi praesto esse duxi -, ut videas , lector humanissime, quantopere inemendatum Hesiodum haberemus , et quot passim locis emendandum . Neque enim fieri potuit , ut integer uno in Codice , quern Graevius tanti fecerat , traditus nobis esset ; in reliquis' autem e tot locis Orbis Terrae congestis nonnisi corruptus le- geretur ; conjecturae autem quibus ad eum emendandum Usi erant Hein- sius , Gujetus , Graevius ipse, Clericus, Robinsonius, Brunckius , tanti fa- ciendae non esse videntur , saltern communiter, quanti tot codicum, addo etiam tot editionum, et ut longius provehatur oratio , tot antiquoium in Hesiodo citando vel explicando consensus . At grammatici erant primae notae qui emendarant . Nimirum grammatici posterioris multo temporis, qui licentias , qui metrum , qui leges , quas Hesiodus Ascrae sequebatur , igno- rabant . Quae quidem aut in MSS. et in veteribu-; requirendae , aut de tarn veteri pceta emendando desperandum est . Quare habe tibi hoc qualecum- que opus , in quo si complura , humanissime lector, requires , quae tenuitati6 nostrae modum excedebant , illiid tamen spero percipies commodum, quod antiquissimum Poetarum graccorum mendis expurgatum compluribus, qua* correctionum nomine viri summi sed codicum indigentes adspeiscrant, ex- purgatum, inquam , atque emaculatum habebis . Vale. Vulgatae lectiones . 2. Asw-re t twinrBts Ambros. I. 2 3.6. Med. I. 2.3. 4. 7. 8. 9. Vat. 3 4 6. 9. 10. 1 1. 12. 14. Vind. I. 4. 5. Schol. omnes, Dio Chr. S. f«a fitv , . . Omnes codd. 5. ?Va ciV Ambr. I. 2. 3. 4. 6 Med. 5. Vat. 1. 2. 13. Vind. Flor. 1. 2. Lectiones aliae . z xs dv Ambr. 4. Med 5. (5. Vat. 2. 7. i3. Vind. 3. lo. rTefyji Ambr. 6. Med. 1.2.3. Vat. 4. 6. Vind. Scholiastae omnes . Editiones omnes . Flor. I. innotis ru Tii^trvt . Aid. Steph. Com. Heins. Eust. in t Horn. 8 Viirirs 5. 5. 2. 5. S. 2. f e'a dg Ambr. 5. Med. reliqui. Flor. I. 2. Vat.3.4.5.6. 7.9. 10. 11. 12. 14. Vind. I. 2. 3. 4. 5. f. Omnes Codd. Robin, fereo- mnes Loesner. Aid. Jun. 1.2. Trine. Steph. Com. Heins. Aristid. p. 363. n e 'pcrw sine jota subscripto Ambr. 1. 2. 3. 4. 5. Med. 4 5. 6. 7. 8. 9. Vat. 1. 3. 5.7.8.9.10.11.12.13. 14. Vind. 1.2.3.4.5. Flor. 2. 12. iiraxvyia-tii Ambr. 4. 5. 6. Med. 6. 7. Vat. 12. Vind. ip. Fflf/'jlf fy Gujetus ex debili c ctura . onje- 22. CtfBflUeVOU Ambr. 2. 3. 6. Florent. Med. 1. 2.3.8. Vat. i.3 4. 5. 11. i3. 14. Vind. 1. 2. 4. Tzetz. Moschopul. 25. xtfapto's xfpctUM Omnes Interpretes , et li- inruAvtvcmt Ambr. Med 2. 3. 4. 8.9. Vat. 3. 4. 6. 1 1. ivcuvn'ette 14. CUm * supra w. gVoo'gWws 1- 10. cum w supra i. Vi n d. 1.3. Procl. ra/«j t' iv Codices omnes. Editi libri an- te Gujetum omnes.. dgofitveu 1.4 5. I. 2 uqiutvett cum *» supra 4- 5 7-9- 8. 12. 3. Gall. 3. Stob. Serm. 29. Kt^af-iH xt^afXi'Jf Aristoteles, qui V. de Rep. cap. aqufjtwai '2.6. 1. 9. IO. 5. n 6 Vulgatae lectiones . Lectiones aliae . bri editi et MSS. item Plato io. citat Hesiodi non verba, sed et antiqui quinque . V. no- sensum . tas . io. "ilfW Atnbr. 2. 4. 5, Flor. 1 . 2. Med. 6. 7. "&<>■» cum adspiratione 1.2.6. I. 2. 3. 4. 8. 9. in 5. erat spiritus lenis . Vat. 1.2.4.6.7.8.9.10.12.13. 5. 11. 14. Vind. 3. 4. 1.5. Schol. omnes . Edit, fere o- mnes.Suidas. Int. Sopho- clis , et Glossator Hesiodi . 33. oipAXo/f Codd. fere omnes . Schol. omnes. Edit, omnes . Ambr. I. 4. 5. 6. Med. 1.2.3.4.6.7.8.9. Vat. 2.3. 4. 8.9.. io. 11. 12. 13 14. Vind. 1.2. 5. Int. omnes. Edit, reliquae. 37. *AXXa rt nroXkd. 'AXXa' itc troWa Lectio intentata usque ad Guj. solus jubet , lege a'XXa t* Gujetum . cui editorum nemo obediit . o'lms dyiuiXipnTK; Ambr. 2. 3. 4. I. 5. 6. Med. 4. 5. 6. 7. 1.2. 3. 8. 9. Vulgatae lectiones Vat. 6. p. 12. Vind. 4. Lectiones aliae I. 3. 4. 7. 10. 11. i3. 14. I. 2. 3. 5. Glossator Hesiod. Moschopulus docet nrotx.i'Xi- (xnri; j^oXo^uxT/f, et reliqua verba ejusdem naturae per /? scribenda . nx $5. ftTrtfoiriuo-ag Ambr. 6. Med. I. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Vat. 8. 9. 10. 11. 14. Vind. 3. 4. 5. Glossator Hes. 8.9. i. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 12. 1. 2. Coisl. 1.4. J. uvefovei/T»( 2. 13. 63. ira? 6ivix.Hi; Ambr. 4. 5. Med. 4. 5. 6. 2- Vat. 2. 6. 2- 8. p. 10. 12. Vind. Procl. Glossator Hesiodi. V. Notas. irafSeviX-oug 1.2.3.6. 1.2. 3. 8. p. 1. 3. 4. 11. i3. 14. 1.2.3.4. 5. Omnes prope editiones an- te Clericum . pi. *ATTp TE XOOtcSv Ambr. 1. 2. Brit, plerique Flor. I. Med. 1.2. 3. 5.8. p. Germ. I. 2. Vat. 1.3.4.2.9.10.11. l3.I4. Vind. 1.3.5. Editiones aliquae . *Ate§> xaxwy 3.4.5,6. 4. 6. 2. 3. 2. 5. 6. 12. 2. 4-_ Editiones aliquae P2. "yifa^ Xttfas Solus Cod. 12. Vat. Magis Keliqui Itali , Brit. Germa- probat Robins, et editores nici fere . Gloss. Hesiodi . prope omnes . Orig. Proclus , Tzetzes. p3. A/4 a 7"? Ambr. I. 2. 3. 5. 6. Med. 1.2. 3. 6. 8. p. Vat. 1. 2. 3. 4. p. 10. 11. 12. i3. 14. Vind. 1. 2. 3. 4. 5. Deest In 4. In 4. in 5. 2- deest : in 6. ad- ditur in margine . In 5. et 2- deest: in 6. addi- tur in margine . Omittitur a Schol. ab Orig. a Plutarcho . Ambr. 5. Med. 4. 5. Vat. p. 10. Vind. 5. Editiones omnes: perperam . e/stive 1.2.3.4.6. 1.2.3.6. 2.8. p. 1.3. 4. 5. 2- 11. 12. i3. 14. I. 2. 3. 4. Praeterea Flor. I. 2. Brit. I. 2. 3. Gall. 3. Germ. I. 2. Plutar. Stob. 2 7 8 Vulgatae lectiones Lectiones aliae pp. Kiyiox°v Ambr. I. 5. 6. Deest in 2. 3. et4- Med. exeat in omnibus codicibus Mediceis . Vat. I. 2. 3. 4. 2- 8. 9. 10. 1 1. 12. 13. 14. Deest in 5. Vind. 1. 2. 3- 4 5. in Plutarchi citatione deest . 102. e?>' "'."ep? ipHfJiif' vel s'ip>/'(Uspo/ O nines fere codd. et Brit. 2. Med. 4. Giaev. Edit. Kreboius Stob. Plutarchus . 102. W inri aW eW Ambr. I. 3. 5. 6. 2. 4. Med. 3. 2 4 5. 6. 1- S. 9. I. » e manu secunda Vat. 2. 3. 9. 10. I 3. 4 2- II. 12. l3. 14. in 5. « supra «e. Vind. I.2.3.45. Flor. 2. Brit. 2. IOj. TTS WW Ambr. 1. 2. 3 6. 4. 5. Med. 1. 2. 3. 8. 0. 4. 5. 6. Vat. 1.3 4. 5. 14. 2. 7. 9. 10. 12. Vind. 1. 2. 3. 4. 5- ' utraque particula abundat ap. Hesiodum . 107. EJ jgt} etc. Extat in omnibus Codd. praeterquam in uno , in quo est deletus , et in ejus locum haec nota addita •%' fortasse ex Procli sententia , qui hunc videtur non agnovisse . Il3. «7Sf TTOVCllV CiTEf yi OCTgf TB Ambr. 2. 3. 4. 5. I. 6. Med. 3. 4. 5. 6. 1.2.2.8.9. Vat. 2. 5. 7.8.9. 10. 11. 12. • 1.3.4. i3. 14. Vind. 3.4. 1.2.5. Tzetzes . Diod.Sic. p. 335 ntf. 'A <-, „ a l - . ,. , 2 <*. 4- Germ. 2. Germ. 3. M»,4 t , Med. 2. 3. 4. 6. 7. 8.9. 1.5. 28o VulgQtae lectiones . Vat. 3.4. 5. 9. II.' Vind. 1.5. Ttfp. T>TX» air' Est in Vatic. 12 et in Brit. 6. Proclus extra locum eum recitat , et exclusum dicit a criticis cum sequente . V. Not. 173. Tf<; 67E0; Ambr. 4. 5. Med. 4. 5. 6. 7. Vat. 2. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 12. Vind. Palat. FI. 2. Lectiones aliae . 2. 6. 2- 8. 10. 12. 14. onrdo-cu . J. 2.3.4.6. Aid. Junt. 1.2. Trine. Cod. Brit. 2. Germ. 3. Flor. 2. Abest ab omnibus fere codicibus, et ab omnibus libris editis ante Graevium ; post Graevium agnosci- tur fere ab omnibus . Tf><5 to ei*s 2. 3. 6. et in 1. Itoj cum e«? sup. «?. 1.2. 3.8.9. I. 3. 4. II. l3. 14. 1.2. 3. 4. 5 6. Gloss. Scholiastae . Brit. I. 2. 5. 7. Fl. I. Germ. 2. 3. editiones omnes citatae v. 5. 187. ov&i ovre Ambr. 2.4. Vatic. I. Stob. Reliqui omnes codices fere. Omnes fere editiones . Tz. 5? o-uvSurpo; irkiova(zi 1.2.3.4.5.6. 1.4.5.6.8. 2. 5. 6. i- 9- 10. i3. 1.2.3.6.7. Flor. I. 2. Germ. 3. t{ etc. versus su- specti . 221. o-xoX/odf tTgV/xauf 28l Lectiones aliae 2IO. Extant in Stob., sed x-t 6i\oi . Extant in omnibus codicibus; et in .plerisque, quo dedimus ordine . Aequa prope codicum auctoritas hine atque hinc. 222. WiX/y is rg] nroXiv >@j AniDi. I. 3. 2. 4. 5 6. Med. 1. 2.3. 6. 8.9. 4-5. 7- Vat. I. 3. 4. n. 5, 6.7. 8.9. 10. 12. 13.24. Vind. 1.2.3. 5.6. 7. 4- 224. tfysXd&wri i% l\da-tt(ri . . . Xasa-i . . , utrtv Ambi. 4 5. 6. 2.3.4.5. Brit. 1.2.3 Med. 4. 0. 0. 7. I. 2. 3. 8.9. Moschop. Vat. 7. 8. 10. 1. 3 4. 5. 9. 11. i3. 14 6 a-wa-i cum 8 SUp.». Vind. 4. 3 6 I. 2. 5.7. Brit. 6. 7. Flor. 2. Gloss. Germ. 2. 3. editiones vers. 5. 23o. i$u£ix.ajt.tTi iSuttiKtlo-t l9u^lX.BIr *Axf» Ambr. 1. 2. 3.4.5.6. Medic. 1. 5. 0. 1. 8. 2. 3.4.9. Vat. I.3.5.6.2.8.9.10.11.12.13.14. 4. Vind. 1. 2. 3. 4. 5. 0. 7. ' Brit. 6. Plato II. de Rep. Schol. Nicandri ad v-447- 237. N«V ero vmi Hn'a-oi/rou tita-trovrou Ambr. 1 2. 3. 6. 4- Med. 1. 2.3. 6.8.9. 4 5. 7- Vat. 1. 3. 4. 11. i3. 1 4- 5. 6. 2- 12. Vind. 1. 2. 3. 5.0. 2. Proclus. Alii item Mosc. Tzetz. Nu'o-a-ovrau ; sed rarissimi . 240. Cfirilvfx tvav ? s7 Ambr. 5. 1 2. 3 4.6. Medic. 4. 5. 6. 7. 1 2 8 9- Vat. 2. 5. 6. 2. 9- 10 12. 1 3 4- 11. i3. 14. Vind. 4. 1. y_ 3. 5.6.2- Brit. 0. Flor. 2. Aesthines in Glos. Cod. Brit. 1.2. 3. 4. 5. 7. Cte.siph. sed deinde dXit^aivK . Germ. 2. 3. Flor. I. Edit, omnes Tzetz. Eust. in I. II. Schol. Pin- q U as retulimus v. 5. sed praeva- dari ad Pyth. 3. Li ban. dec. 43. let tot antiquorum auctoritas . Sen. Horn. 1. 42. 5 2 282 Vulgatae lectiones Lectiones alias 246. oye tsTx°S liyi rel %o; Lectio Codd. editionumque o- Lectio furtasse inaudita ante mnium revocata aRobinsone . Gujetum , Clericum , Graevium. iSo. 'Addfotroi \euTsos Ambros. 2. Moschop. Reliqui codd. italici ; Medic. 6. item Brit. 2. 3. et Germ. 2. Aid. Phurnut. de N. D. t. 28. iuv\o- Trine. Steph. in marg. nauoi; . 3IO. a£j>>«{ Ambr. 2. 3. 5. Medic. Vat. 2. 5. 7. 8. 9. Vind. 7. aepyov- I. 4. 6. 1.2 3 4 6. 7. 8. 9. in 5. deest. 1.3 4 I ! . 12. 14. in6.aspy»c cum evsup. *t. 1.2.3 4.5.6. Ceterum suspectus est versus, quern codex Med. 5. omnium an- tiquissimus, et Stob. c. 29 et binae editiones omittunt . 3 1 8- AfVwf » r avJfctg ptc. Plutarchus habuit suspectum hunc versum ; sed eum Stobaeus c. 29. et codd. agnoscunt . In 5. Me- diceo additur in margine. 3ip. eivo\/3t'nv o\@ov Ambr. 3. 4 5. 6. 3. 6. Med. 6. 7. 6. 7. Vat. 1. 2. 6. 7. 8. 9. 10. 12. Vind 4. 2. 4. Codices Britan. 6. 7, dvo\j3i'*i . . oX0u 12. 1. 2. 4. 5. I.2.3.4.5.8.9. similiter 3 4. 5. I (. 14. similiter 1.2 3.5.6.7. 1.3.5.6.7. Prod. Glos. et Moschop. sub- 284 Vulgatae lectiones . Lcctiones aliae . Tzetz. Stobaeuscap. 29. audiunt ira^axiimi . Cod. Brit. 2. 3.4. 5. Germ. 2. 3. Floren. 1. Editiones cit. ad vers. 5. 32.5. 'Pact t( (iiv (xaufSo-i d(xav%iari Ambr. 1.4.6.6. 3. at 2. (Jtav^olvi Med. 'P«a -re , vel f&et&i (xiv (xav?9oio-i , at 7. dfJ.'xvqifi. 3 3 3. d-ycuemt Omnes codices praeter quatuor, 8.9. Vat. dyiimi , 10. dydtiui qui diversas cxhibent lectiones. 4. Vind. dyai(i<7ni cumesup. ax. 338. fTroi'J'jt ; vel ctrov^y oitovSvkti trvovSriGtv Amtu. 4. 1.2.3 5.6. Med. 2. 1.2.3.4.5.6.8.9. Vat. 7. 12. 2.3 4. 5.6.8.9. 10. 11. 13.14. I. Vind. 1.2.3.4.5.6.2. Cod. Brit. 1 . 4. 5. 6. Germ. 1 .2. 3. Aldus . Junct. 1.2. Trine. Steph. Com. Tzetz. 3 38. Svtsreri $ui9xri $uiirt Ambr. 1.2. 3. 4. 5. 6. Med. 1.2.3. 7. 8.9. 4. 6. 5. Vat. 3. 4 9. 12. 14. 2. 3. 4. 5. 6. %. 8. 10. 1 1. l3. Vind; 1.2.3.4.5.6.7. Glos. Brit. 7.. Editio Steph. et Fl. I. Brit. I. 4. aliae praestantes. 344. rot ii Ambr. 2 4. 5. 6. 1. 3. Med. 1. 2.3.4.7. 8.9. 5. 6. Vat. 2 3.4.6.7 .8.9.10.1 1. 12. l3.I4. I. 5. Vind. 2. 4. 5. 7. I 3.6. 6. Ambr. habet iy*-u> (*.iov , item Fl. 2. et Steph. verbo i^'p. 3 52. ?<7-' *»T>ia/y vel . . . . J.(p»itri Amfar. 6. 2 3. 4. Med. 1. 2.3.7.9. 4. 5. 6.8. Glos. Germ. 3. 4J1. m-^oTaoti^iiai O.nnes codices : irgoToc?»'-£/ifi/ trqivH yvttv Ambr. 3. 4. 0. 1. 2. ;it 5. 7"'»f Med. 4. 0. 6. 7. 1. 2. 3. 8. 9. Vat. 2. 6. 6. 7. 9. 10. 1. 3. 4. 8. 1 1. 12. i3. 14. Vind. 2. 3. 7. sed 5. ir s '"» is j-j/hj Suid. Etymol. magnum , S'chol. Aiistoph. v. 179. Moschop. Tzetz. citant nrqtvx ii : g'x irf/t» nrqivivoi , quod habet v. 329. Suid. v. irqlvivoi , Sch. A- ristophanis loc'. cit. et ita emendacum inveni in codice Riccardiano , .in quo ante legebatur nrqivcov , sicut vgiyvtov in Loesnero : utraque le- ctio in paucis codicibus . 43p. rcoy iqlo-avTK; rwyt iqiacwK, vel... vr' Aiiibi. 2. 3. 5. 6. 1.2.3.4. 1.4. 5.6. Med.omnes 1.2. 7.9. 3.5.6.8. 4. Vat. 3.4. 11. I. 5.6. 7.9. 10. 12. 14. 2. ..vt»8. Vind. ' 2. 3. 4. 5. 7. Tres Scholiastae Hesiodi . Glossae in Hesiodum , Britan. 3. Flor. 1.2. Germ. 3. Suid. in ?uyopaxetv • 442. Deest hie versus in codice Senatorio ; est in reliquis . 448. (puvitv yifdvs reperi in Proclo , et in tribus MSS. et in omnibus, nescio quo pacto , editionibus . Restituo veterem inversum ordinem vCrborum quern habent omncs prope codices , et Tzetzes , et Bisetus ad Aves Aristoph. v. 710. ytqdva iv , atque etiam Brunckius ex MS. 457. piXi-r-nv ixipiv fxiXimv <$il tx l,v fitXirxv tX H Ambr. 2.3. 4. 5. 6. I. Med. 4 b. 6. 7. I. 2. 3. 8. 9. Vat 2. 5. 6. 7. 9. 10. 12. 3. 4. 8. II. 13.14. I. Vind. 4. 5. 7. 2. 3. Tzetz. Brit. 2. Germ. 3. Glossator . 4?p. JV tct' , OmneJ codd. praeter tres , ubi d« tot r quibusadde duoi Bntannicos Robinsonis . 4. fJSTafiur (jiea-dSai Aiubr. 3. 5. 6. 1.2 sed 4. non bene intelligitur . Medic. 4. O.7. 1.2.3.8.9. Vulgatae lectiones Vat. 2. 5.6.9. II. 12. 14 Vind.4 5. 1- Brit. 6. 2. Tzetz. Lectiones aliae 28(? 471. STre'e/Urtiw Ambr. I. 2. 3. 4. 6. Med. 6. Vat. 7. p. Vind. 472. xctxoS-nfxotruvn Ambr. 3. 4. 5. Med. 2. 3.4. 5. 2.8. p. Vat. 3.4. 5. 2 -8. p. 10. 1 1. 1 2. 1 3. 14 Vind. 2. 5. 2- Procl. Tzetz. 1.3. 4.8. 10. 2.3. Brit. I. 2. 3. 4. 5. Germ. 2. 3. Aid. Trine. Steph. Com.Heins. Proclus , Mosch. Glossator ; juxta c^uos : bobus trahentibus loro . xax.xfvir'wv o-irif/ua xa-retx p& in&jv 2. 5. I. 3.4. 5. 6. 1.2. 3. 4- 5. 1- 8. p. sed 6. a-nrtf/uara xfoTrmv t.2. 3. 4. 5. 6. S. 10. 11. 12. i3. I4.in2-etiam et p. xawxp .... a 2. 3. 4! 5. 2- Britan. I. 2. 3. 4. 5. German. 2.3. Trine. Junct. 2. Moschop. Procl. xxx.oS-i/fxoo griff MS'S. o- mnes quos consului , 'exhibeant , divinare non possum; nisi forte He- siodum nolint iomca dialecto usum , quam in primis adamasse etiam testatur Hermogenes . 485. a?ot Amb.2. 4.5. I.2.3.4.5. 1.3. Med. 4. 5. 6. 7. 1.4.5.6.7.9. 1.23.8.9. 2.3.8. Vat. I 2. 5.6. 7.9. 10.12. 2. 5.6. 7.9. 10. 12. 3.4.8. 11. 13.14. 1. 3.4.8. 11. 13.14. Vind. 4. 2.3 5.6.7. simil'ter. Tzetz. Brit. 1.2.3.4- Germ. I. 2.3.F1. 2. Mosch. 4P7. "7r/s'ii , Tzetz. I. vel r rree/.T\i[zpivcv 57?. xa'fipii Ambr. 2. 4. Vat. 6. sed 10. xa?p« cum « sup. « et Germ. 2. 3. et Gall. 3. Vind. 5. 2. 6.9. 11. i3. 14. 5. Germ. 3. Brit. 6. Moschop. xdftpet Reliqui codices nostri : item Brit. 2. 3. 4. S77. 0?6?tt 0j>>« Ambr. I. 2. 4. 3. Med. 1.2 3 4 6.7 9. 5.8. Vat. 1.2.3.4.5.6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 14. i3. Vind, 2. 3. 4. 5. 6. 7. Ties S'choliastae. 292 Vulgatae lectiones Lectiones aliae Ambr. 2. 1.3. at 4. y-xttcxioemi Med. 5.6. 1. 2 . 3 8. 9- at 4. x« w;cs w et y £ Vtv e W Vat. 2. 5. 7.9. 10. 12. 1.3. 4. 6.8. 11. i3. 14. Vind. 5. 2.3.4.6.7. Glos. Cod. Germ. 2. 3. Moschop. 584. x.afjtotno'feog x.cto/JictiuJ'tss Ambr. 1 2. 3. 4. Med. 2.3. 4. 5. 7.8.9. 1.6. Vat, 2. 3.4-5.8. 9. 10. 12. 6. 7. 11. i3. 14. sed 1. x a( cWJ«fs Vind. 2. 3. 5. 6. 7. Brit. 6. 2- 58tf. &i re avSqi^ $i tbi avJfis Ambr. 1.2. 3. sed 4. St r dx.eai'o$ iux-qareos Ambr 24. 1, axpas'u? . 3. nxpee'o; Med. 1 2 3. 5. 2- 8. 9. 4. 6. gt/xpaeoj Vat. 1.3. 4. 6. 8. 9. 5. 2- io-H-12. 13. 14. dxpa/of, sed 2. ... **e f Vind. 2. 6. 4. 2 aS5 ? sed 3. 5. . . . -re'a? Moschop. Procl. Glos. Cod. Brit. 1.3 4. 5. Germ. I.2.3.F1. 1. et2. Aid. Junct. 1. 2. Com. £94. •aptxrwirov tepoaoiira Ambr. I. 4. 2. 3- Med. 1.4. 5. 6. 2. S. 2. 3. 9. Vat. 1. 2. 6. 2. 8.9. 3. 4. II. 14. Vind. 4. 5. 2- 2. 3. 6. Tzetz. Glos. Brit, l . 4. 5. Germ. 3. Fl. 2. Mosch. Procl. / 5P5 1 . Kp^'vwf ■*■' uevats Kpiim t' utvvdu Ambr. I.2.3.4. Med. 1.2.3.4.5.6.2.9. I.2.3.4.9. &• 5.6. 8. sed 7. t' oicva's Vat. 2. 3. 4. 6. 7.8.10. 4.6.12. 1.5. 2. 5. 7.8. 9.*io. 11. 13. 14. sed 11.12. 14. 3. eucvdx Vind. 2. 5.6. 7. 3. oua>dn sed 4. *' «iW8 Germ. 2. 3. Junct. 2. Fl. 2. «*«»«*. 5p5. Tp/f J" J^a-m; . jt' aoix.ov 2 93 Qifm t' uoix-ov Ambr. I. 2. 3. 4. Med. 2 3.4. 5. 7. 8.9. 1. 6. Vat. 1. 3. 3. 4. o. 7.9. 10. 5. 8. 11. 12. l3. 14. Vind. 5. 0. 2. 3. 7. sed 4. 0>»?a f aoixov Cod. B1.1t. 1.2.4.5. Germ. 1.2. Glos. Cod. Brit. 3. Germ. 3. Flor. 1. 2. Editiones omnes cit. ad v. 5. Procl. Am Dr. 2. 4. I. 3. Med. 4. 5. 6. 7. 1. 2. 3. S. 9. Vat.1.2. 5. 7.9. 10.12. 14. 3 4. 8. 11. i3. Vina. 6. 2. 3 4 5. J. Flor. 2. Bru. 2. 5. Germ. 1 . 2. Trine. Ald.Mosch. Procl. 618. cu?y non reperi nisi in Vindobonen. 2. neque Glossator habet, neque Mo5. Floisnt. habtmt tamen editioneo aliquae . Oertissima lectio est <*'?« • 633. Ea.iem prcpe ratio est in fnyavnvis quod non agnoscunt Vaticani quatuordecim , sed tantuin Afnbrosianus 2. Medicei 5. o. et Vindobonen- ses quatuor ; itaque scnbo peya. niirie . •S-fc'pa r' dqy , 5-a'g^ d" a fj- . , 12. sed 5. Hqr\ f dg 640. -9-f'f « ap)a\e'tt Ambi. I. 2 3. 4. Med. 1. 2. 3. 0. 7. 8. 9. 4. sed -9-g'e* Vat. 1. 3. 4. 7. 6. ii; i3. 14. 2. 9. 10. Vind. 2 3. 4. 6. 7. Item Strabo Vind. 5. pag. 409. et Schol. Nicandri ad v. 1 1 . I her. et Eustath. T. II. pag. £43. se d •?•£>?. (J4<5. T.s4«f . Miror Guieto T?s'4aj placuisse , quod - vix reperi in Codice Vmaobonensi 4. t ? i^ vz autem habent bcholiastae , et codices; et ex suo eoa. probat Bruncfcius. 047. pt}y,ou Si Xiuov «7Ffirw fitsXtcu £i aitfirza \i[Xov £ a "■ 2. 3. 4. Med.2.3.8.9. 4-5. 5.6.7. at4 W 2 . 3. 6. 7. 8.9, Vat. I.3.4.8. II. I3.I4- 2.9.IO. 2. 5.V9.IO- 1 2. 1.3.4 5.7.8.1 1. 12 13.14. Vind. 2. 3. 4.5. 5.6.7. at 4./SaA P Je 2. 3. o. 7. Cod. Gail.3. Brit. 1. 2.5. Genu. 3. $ v btscoV T.y.vx.ovrx iiiiav Ambr. I. 2 3. 4. Med. 1.2.3 4.5.7.8.9. 6. sed t jtwovT' . . . . Vat. i. 3 4 6. 8. 9/11. i3. 14. 2. 5. 7- 10. 12. V Vind. 2 3. 4. 5. 6. 7. et Codex Richard, et Brit. 7. Procl. Moschop. Plutar. p. 753. Junct. I. 2. Steph. in rmaig. Tzetzes. <5p8. tijSom v/Saoi Ambr. 1 . 2 3 . 4. Med. 7. 1.2 3 4.5.6.8.9. Vat. 3.5.6. 8. 9. 11. i3. 14. • 1.2 4- 7- 10 12. Vind. 4. 6. 2.3.5.7. Procl. Mosc. Pollux pag. 27. Stob. Cod. Germ. 3. Junct. I. 2. cap. 6^. Plut. pag. 573. Etymol. Magn. JO$ . "}v?ou Svxcv yrifoti fuxcv Procl. Tzetzes, Stob. Plut. Mosch. omnes codd. et editiones ante pag. 527. Graevium ; etiam cod. Brunckii . Vulgatae lectiones 7IO. liTo; r etiraiv Ambros. 3. Med. Vat. 2. 9. Vind. 5. 712. 'Hynr' Ambr. I. 2.0.4. Med. I 2. 3.4 8.9. Vat. 1.3 4. 1 I. 14. Vind. 2 3. 6. 7. Mosch Prod. Lectiones alike tiros httuv I.2.4. "> omnes 1.3. 4. 6.6.7.8. II. 12. i3. 14. 2.3.4.6.7 'H>«t' 5.6. 2.5.6.7.8.9. 12. i3. 45. Cod. Brit. I. 3. Junct. I. 2. Trine. Tzetz. *9$ Amb. I. 2 veixsmea 3. at 4- "«x»we« Med. I. 2. 3. 8. 9. Spd 4. vxxes-afa 5. 6. 7. Vat. 1.2.3 4 8. 9. 1 1. i3. 14. 6. 7. 12. sed. 5. vix»no» Vind. 2 3. 5. 6. in 4. et 7. mxwwf* Mosohop. 721. x-ccko'v &iroi<;. Cur hanc lectionem sequuti fuerint , divinare nescio : earn enim ine eulatam. vix reperi in 5. Vindoboncnsi, et in 2. et 9. Vaticano : reliqui habent htjtj vel aim? vel httw; . 728. dvioVTsg A ibr. 4. M d.6. 7. Vat. 27. 9. 10. 12. 14. Vind. 2. 4. 5. Prod. 73o. diroyuuvubas Ambr. I 2 3. Med. 1.2 3 4. 5. 7-8 9- Vat. I. 2.3. 4. 8. II. i3. 14. Vind. 3. 6. Mosch. a vtov9 , jis 6. 5. 7. 9. 10. 12. 2.4.5.7. Tzetz. 73o. tcta-a-iv nullo in cod. reperi , sed iao-tv , vel rarissime £ cto-i . duvvdcav in 7- dicvduy 12. sed 7- etiivvuv 737. dtvdwv divvo'otv Ambr. 3 I. 2. Med. 1 . 2. 3 4. 6. 8. 9. 5. Vat. 1.3.5. i3 14. 2.4.8.9.10.11. Vind. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Junct. 1. 2. 742 c*' io-vao-Scu . Vind. 3. 5. 6. 7. 4. sed £a'o-i re ywso-9-ou Ambr. 4. I. 2. 3. sed pro ^g habent H . Med. 1. 2. 3.4 5. 7.8.9. spd 6. x«p »tc-/ re ^cc. ., Vat. 4. 6. p.sed 12. a*?**?/ Js' yw ... I. 5. "7.8. IO. 1 1. l3.I4. sed2.xs'?>f ywivbau. Vindob. 3.5.6.2- Brit. 1.3. 4. Germ. 2. 3 Fl. 1.2. Aid. et ceterae editiones cit. ad v. 5. 7^3. Ftivtxo-S-cu prope in omnibus codicibus. yivar^ou in Vat. 6. ytivso\6xit$ . Etimologia di questa vo- ce 247. Diana , quando venisse a luce 266. Diluvio , al fine della terza eta 123. Divinita . Gli antichi ebber di essa idea imperfetta 187. Doveri dell' uomo verso di lei 196. e segg. Si venerava nel levarsi dal letto e nel coricarvisi 198. A lei deesi offerir 1' opera , per- che ben riesca 212- Timore della Di- vinita presente fa astener dal ma- le 247. Doglio , quando debba manomettersi 270. 271. Doni , come, e cui debban farsi20i. Donna .Essa e il male, che mando Giove •al mondo in pena del fuoco rapito da Prometeo 160. Se ne descrive il ca- rattere 162. l63. Consiglia Esiodo il fratello a procacciarsi una donna per la cura della casa e del bestiame 2 10. R iconomia . Precetti , che la riguarda- no 2o3. Einsio crede che le Opere e Giornate d' Esiodo appavtengano alia facolta economica ; riconosce in Pandora la Fortuna ; e pensa ch' Esiodo scrives- se una piena e copiosa georgica oggi smarrita. Si dissente da lui 41. e segg. Enodia , nome di Diana 252. Epimeteo , stimato sciocco 164. Rice- ve Pandora e ne ha male . Ivi . Eroi . Secolo degli Eroi 1^3. Esiodo, figlio di Dio 192. e secondo al- tii di Foronide 238. Originario di Cu- ma I. Dissenso di Eforo e diProclo snlla causa , per cui il padre d' Esiodo si trasportasse da Cuma in Ascra 238. Se fosse parente d' Omero 1 . 2. Se an- teriore a lui 2. r seop\ Gli antichi nel menzionargli rammentano Esiodo per primo 4. Gli dan 1' anteriorita i Mar- mi Arundelliani 4. 5. Se nascesse in Ascra , o in Cuma 7. Finse che il suo sapere venisse dalle Muse 8. e segg . Ha lite con Perse suo fratello , e la perde per la corruttela do' giudici IO. 36. Compone il libro delle Opere per dar consigli al fratello . Ivi . Non seppe suonar la cetra, percio escluso da'Giuochi Pizj . Ivi . Cantava tenen- do in mano un ramo d' alloro . Ivi . Se gareggiasse con Omero , e oveil.e segg. Chi di loro prevalesse 12. l3. 240. Esiodo consulta 1' oracolo di Del- foi4- Accusato di aver violata Cte- mene . Ivi . Percio ucciso l 5. I suoi uccisori periscono miseramente . Ivi. Esiodo pianto dai Locresi , e sepolto nel territorio di Naupatto 16. Le ossa di lui si trasportano in Orcomeno per comando dell' oracolo di Delfo 17. O- nori prestati alia memoria di Esiodo 18. 19. Se gli sia dovuto il nome di poeta 19. e segg. Suoi versi alterati 21. Catalogo delle sue opere, Comentatori antichi di esse , ed edizioni piu rino- mate 22. e segg. Mania di emendare Esiodo 33. 34. Corretto in questa edi- zione ne' passi piu dubbj , ed emen- data la versione latina 34. Qualita ot- time d' Esiodo -, cattive di Perse 35. 36. Divisione delle Opere e Giornate e stile di esse 32 . 38. Stmtenze d' Esi- odo rispondenti ai libri santi 3". 184. Le Opere e le Giornate avean parte nell' educazione de' fanciulli Atenie- si e Romani 38 Esiodo fu in esse e- sempio a Virgilio nella Georgica Sp. Esame d' amendue 39. 40. D' altri e non d'Esiodo e il proemio delle Ope- re 1 53. Non era in lite con Perse, quando lescrisse 187.209. Difeso 187. 199. 201. 2®2. 224. 239: Riprensordi- screto del fratello [89. Versi di Ome- ro inseriti in Esiodo , o viceversa 193. Peritissimo in astronomia pe' suoi tempi 227. Non navigo che dall'Au- lide nell' Eubea 240. 'Eo-S-Xo'f, in significato di ricco e po- tente 181. "Ei^fo? lo stesso che a\\og 166. Euripide , difeso lS5. F, ama . Sua descrizione 257- 258. Fame . Suoi effetti 220. Fanciulli . Precetto di Esiodo , che si permetta loro il moto 256. Favola . Esiodo e il piu anrico autor profano , che abbia fate' uso di es- sa 180. Fenici , espertissimi nel navigarc 243. Ferro . Secolo di ferro e il quinto ram- mentato da Esiodo 176. Sue qualith 177. e segg. Ciascun degli antichi ri- porta ad es-:o la sua eta . Ivi . Feste rustiche 235. 236. Figli . Somiglianza dei figli col padre cre- duto indizio d' onesta. materna l83. Come un sol figlio conservi la casa 206. Nou assicura perd la successio- ne . Ivi . Fieno dee ragunarsi ne'feniliper prov- vista del bestiame quando non puo pascere 235. Fiumi . Religioni degli antichi verso di essi 253. 257- Focolare , sacro presso gli antichi 253. Formica, lavora d' estate 264. Foro , ridotto d' oziosi I hi- Fortezza , raccomandata da Esiodo a Perse 191. Fortuna . V. Einsio. Mediocrita di for- tuna migliore dell' avarizia 158. Frumento , pestavasi ne' mortaj 21 1 . Si custodiva in cupe 234- Fuco , qual insetto sia 304. Furie , quando generate 269. Furto . II vapitore e tormentato dalla coscienza 202. Quello ancora , che rubando poco alia volta si accorge, facendo cio spesso , d' esser divenuto ladro considerabile. Ivi . G-. "ara . Sono due; una buona , l'al- tra cattiva i55. 1 56. Genj . Lo stesso che Angeli e Demo- nj [70. Buoni e cattivi . Ivi . Ciascu- na Deita maggiore avea molti Genj come servi e ministri 185. Gineceo . Ne' Ginccei non penetra fred- do 222. Giorni . II libro de' giorni distinto dal resto in alcuni codici, ed editi : deesi a' moderni Greci 259- Osservazioni de' giorni da chi provenute . Ivi. In uso presso gli antichi . Ivi . II trente- simo ottimo per visitare i lavori . Ivi. Primo giorno del mese sacro pres- so tutti i popoli per antichissima isti- tuzione 261. Varie operazioni pre- scritte in varj giorni ; e su ci6 dissen- so degli antichi 263. e segg. Fausti ed infausti nel calendario degli Atenie- si 272. Giove , presiede ai giudizj 154. Nasco- se agli uomini il vitto 1 58. Seder vi- cino a lui e onore che a pochi si con- cede dei principali Dei 186. Giove Stigio perche invocato nel comincia- mento delle opere rustiche 217- Gio- ve Omagirio 241. Dispotico dell'aria e de' venti 243. Tutto ripeteasi da lui 260. Giusti . Premj di essi, e castighi dei malvagj 1:82. Giustizia . La Divina giustizia non si conosce che nel fine 18 1. Descrizio- ne fattane da Crisippo 1 85. Siede vi- cino a Giove 186. Greci . Aspettano in Aulide il* vento propizio per andar contro Trbja , e 1* ottengono col sacrifizio d' Ifige- nia 241. Grecia , dall' Asia , non dagli Etruschi ebbe la cultura . 8. Attinse cogni- zioni dagli Ebrei 3y. Gru , annunziano i tempi delle fac- cende rustiche 2l5. -Lngiustizia, si commette colle mani e colla lingua 195. Esempj d' ingiusti- zie piu solite commettersi. Ivi . Invcrno . Bella descrizione di esso in Esiodo 222. Invidia 129- JLiampide. Sua saggia risposta 206. Lastri , Sig. Proposto Marco , lodato 235. 237. Legna , quando debbano tagliarsi 269. Leneone . Se questo mese presso iBeoti corrispondesse al Gennajo , ovvero al Febbrajo 221. 222. Lesche , che fossero 220. Letti con gradini presso gli antichi 196. Libazioni , deon farsi con mani pure e lavate25l. Accompagnate da preci . Ivi . Licii. Loro legge intorno ai falsi te- stimonj 188. 3°4 Lingua parca e un tesoro 25o. Lucro ingiusto uguale a danno 200. Luna,non influisce nelle opere rnora- li 22 1 . Nelle fisiche e questione. Ivi. M, -acrobii d'Etiopia celebri per la giu- stizia 182. Malizia imparasi facilmente 189. Malva . V. Asfodelo . Malvagj non deon praticarsi 25o. Matdmonio. Dee 1' uomo menar mo- glie quand' e nel fior dell' eta 245. La donna dee maritarsl di l5. anni . Ivi , e 246. Dee scegliersi ne.l vicina- to . Ivi . L' uomo e la donna non deb- bon essere in eta molto divevsa. Ivi. Moglie buona e gran bene 247. M«|fa e pane 2o2. M£Xa . Doppio significato di questa vo- ce , ed equivoco nato da essa nella . spedizionc d' Ercole 168. Mendicita . Mezzi per iscansarla 209. Mesi. Come gli dividessero i Greci 261. MeVpuK . Si dichiarano due sensi di que- sta voce 244. Mietitura . Si faccia al 'comparir delle Plejadi 2-3o. Miriade , simbolo di gran numero 184. Misura . Deesi restituire con la misu- ra medesima, e anche piu colma di quella con cui e stato a noi misu- rato 200. Mortajo e pestello . Loro dimensioni ed uso 211. Muse , nacquero in Pieria , ma soggior- nano piu volentieri in Elicona 1 53. N avigazione 237- D' inverno pochis- simo in uso presso gli antichi 238. Tempo che se le assegna . Ivi e 243. Ancor fanciulla a tempi d' Esiodo 242. Prima i Corsali , poi gli avari navigaron d' inverno 243. Nemesi , la stessa che la Giustizia 179. 180. Rappresentata mostrando il cubito 244. Necf/a , Festa in Atene 243. No'^»s . Dal non trovarsi questa parola in Omero non pud arguirsi ch' ei sia anteriore ad Esiodo 188. Notte, opportuna per alcuni lavori ru- stici22o. E" degli Dei perchc seguo- no allora le loro apparizioni 252. Numeri . Superstiziose opinioni degli Antichi su di essi 262. 263. 267. ccare 217. Occhio. Qual simbolo fosse presso gli Egizj 187. Oceano , Nume , e partecipe della Dei- ta del Cielo e della Terra 227. O/vo^o'm, era un bicchier comurae , che tuffavasi nel cratere per empir gli altri 254. Olle con piedi 255. O.nero . V. Esiodo e N0/U25 . Oreo, Dio dei giuramenti iSl. 269. Quando generat >. Ivi. Ordine . Nulla e piu bello del buon or- dine 218. Ore , ignote negli antichissimi tem- pi 270. Orientali . Uso loro di ammaestrare i fancitilli con sensati e dilettevoli componimenti da recarsi a memoria. Simile a loro Esiodo in questa Ope- retta, ed altri Greci dopo di lui36. 37- Orione . Suo nascimento 233. '0?|U>» , voce di significato controver- so 193. Oro . Beni del secol d' oro 167. e segg. Ospite . Fra 1' ospite e il supplicante e somiglianza 195. 196. Non si dee es- sere ne ospiti di molti , ne inospita- li . 249. Ottativo , invece dell' indicativo 196. Ozio , origine di molta malizia 220. Ozio-d odiati dalla Divinita , e dagli uomini 192. andora. Sua descrizionc e doni fat- tile dagli Dei 1 60. e segg. V. Einsio. Pani . Di qual figura , e di quante specie fossero presso gli antichi 214. 2l5. Parentela . A lei dee ceder 1' amicizia 248. Talora e il contrario. Ivi . Pavticelle . Falso canone formato dai Grammatici per alcune di esse 240. Perse , scrittore di versi 35. Scioperato 1 56. Esiodo cerca distorlo dal litiga- re l57- Stava in citta, non in campa- gna 226. V. Esiodo . fynXiims .Spiegazione di questa voce 205. Pitagora . Sua superstiziosadottrina su i numeri 262. Tliboiyict , festa di Bacco in Atene 271. Plejadi 207. 208. 23Z- Plutarco , coiresse V Opere e i Giorni d' Esiodo •, e noi gli abbiam quasi com' ei gli ridusse 33. Polipo . Piu cose intorno ad esso 223. Poverta, maestra del male 221. Sommo dei mali 239- Pieconj , fatti in versi dozzinali 241. Primogenitura avuta in pregio in tutti gli animali 225. 232. IIpo/SaTO , significa generalmente -nr^a- vo$a 226. Piometeo. Sua favola dedotta dalla Scrittura 1 5p. Punizione . Molti talora puniti pel de- litto d' un solo 1 83. 184. Popolo puni- to pe' peccati del Re 186. Costante csperienzadi tutta l'antichita profa- na , che niun delitto resti impunito , almen ne'posteri 189. Iluyo^iXoi . Significato ed etimologia di questa voce 204. 2o5. uadta . Che sia 21 5. Q XVagni . Loro caccia , e tempo dei lor lavori 264, Rame . Secolo di rame 172. 1 23. Uso del rame nelle armi , e negli stru- meriti tutti prima del ferro 123. Re . Termine equivoco in Grecia 1 52. Re , Sig. Cav. Filippo , lodato 229. Ricchezze . Piu sono piu dan pensiero; ma piu facilmente si accrescono 206. Sono 1' anima de' mortali 243. Riti del Gentilesimo strani e supersti- 2iosi 252- Rondine . Opinioni degli antichi e dei moderni su questo volatile 228. Oapienti antichi non illuminati dalla S.Religione hanno urtato in qualche scoglio 249. Saturno , dimora negli Elisi 125. Scolimo, quando fiorisca 23l . Scrittura Santa. Da lei debbono toglier- si le interpretazioni delle favole, che riguardano i primi secoli del mondo 53. e segg. I secoli d'oro, d'argento , e di rame hanno il fondo nella Santa 3°5 Scrittura 162. e segg. Semidei , che siano 124- Servi . Esiodo vuol che Perse abbia il servo senza moglie , e la serva sen- za figli 234. Misura di vitto , che lo- \ ro si dava 259 a ^°- Socrate , difcso 190. Solstizio brumale quando cadesse ai \tempi d' Esiodo 222- SpWanzav^imane nel doglio di Pandora l65>Gattiva speranza che produca 221. Stelle , prenunziano le fatiche dell'A- gricoltura 209. Stoici , forse preser da Esiodo il loro rectum e tortum 1 54. Pieni di cavil- li 191. Superstizione 255. A d(po; vale sepolcro e cena ferale 253. Targioni , Sig. Dott. Ottaviano , loda- to 232- Tebe . Sua fondazione , sue porte , c guerra dei sette Prodi 124. Te'Xof , voce di scuola , che significa il fine della beatitudine, a cui deono condurre tutte le opere 191. Tempo 244. Tenebre piu antiche della luce 222- Tereo . Sua favola 222- 228. Ternario , invece del superlativo 184. Terra, maledetta da Dio inperpetuo 16. Terreni. Di due soli generi di essi fa menzione Esiodo 208. Tessitura . Come tessessero gli anti- chi 265. ©«os. Spiegazione di questa voce 252. ©vsiv , in senso di libare 198. Tracia, ferace in cavalli 222. Tripodi . Di due sorte n' ebber gli an- tichi 241 Alcuni avean anse , altri no 242. asi . Non mangiavano gli antichi se non in vasi prima consacrati 255. Vele, ale della nave 232- Vendemmia . Tempo per eseguirla 236. Venere , perche si dicesse auiea 161. Volea Pitagora, che le si sacrificasse alcuna cosa nel sesto giorno del me- se 266. 5« 306 Venti . Esiodo non nomina Euro 225. I venti , che spiran dai fiumi , sono freddi ed umidi 226. Vergogna insieme con Nemesi abban- dona la terra 1 80. Vergogna e il non operare 1 93. Eifetti della nocevole vergogna 194. Veste . Come Perse dovesse intesser la sua 223.224. Vicini . Debbon chiamarsi ai conviti, perche piu pronti si prestino all' uo- po 199. Buon vicino e gran vantag- gio ; com' e svantaggioil cattivo 200. Villico . Ufizio men noto agli antichi 235. Vino . Modo di conservarlo presso gli antichi 2o3. Biblino 23l. 232. Varj colori di esso233. In che proporzio- ne si mescolasse coll' acqua . Ivi . Gli antichi il rendevan gagliardo coll' ar- te. Ivi. Diligenze che prestavano alle uve per fare il buon vino . 236. Virgilio imito Esiodo nellaGeorgica 39. Virtu. Difficolta di essa 189. 190. Viti . Quando si debban potare 228. Quando zappare 229. u ccelli . Uso presso i Romani di os- servargli ne' matrimonj 268. Ugne . Vietavasi tagliarsele ai sacri- fizj 254. Ulisse rappresentato col berretto per- che viaggiatore 225. Uomo . Consenso degli antichi in dar- gli origine Divina 167. Le anime dei primi uomini si convertirono in De- moni o Genj . 1 70. Anche quelle de- gli uomini del secol d' argento 172. Doveri scambievoli degli uomini 198. e segg. Uomo tripode e uomo col bastone 223. Usignuolo , usitato simbolo dei Poeti 180. z aleuco . Sua legge intorno al vino 233. ber CORREZIONI, E AGGIUNTE. Pag. ip. lin. 25. Epicuro 25. 1. 7. Guieto 67. 1. n.De'Dii 70. 1. 24. ge- nus articulate 71. 1. 14. viveano 71. lin. 21. Cui Giove in guardi* de'mortali io5. 1. 20. farati i3p. 1. 2(5. Non attender a prole; 141. 1. 11. Tazza non poire ivi 1. 17. Torre a mangiar 1 55. 1. i5. doppio ^ V 1 ' '> ■\ V : g . \ . .. i s V A 1 - O \ s \* Deacidified using the Bookkeeper pre Neutralizing agent: Magnesium Oxide Treatment Date: July 2006 111 Thomson Park Di Cranberry Township I (724)779-2111 UBRARYOFCOHGReSS^^ III ' WlWW-g # ■■H MM bmwi